Interrogazione n. 1130 presentata in data 25 settembre 2008 ad iniziativa del Consigliere Altomeni “Situazione energetica e le conseguenze del raggiungimento del picco petrolifero” a risposta orale Il sottoscritto Consigliere Michele Altomeni, Premesso: che la situazione di emergenza che investe il settore energetico è ormai di dominio pubblico, e non solo relegata al mondo degli ambientalisti, che l’avevano prevista già da tempo nel disinteresse di gran parte del mondo accademico, politico ed economico; che dal settore energetico dipende strettamente il modello economico che si è affermato in occidente in seguito alla rivoluzione industriale e che si è poi via via imposto, con le buone o con le cattive, in gran parte del pianeta; che il settore energetico è oggi in gran parte dipendente dalle fonti di origine fossile; che una crisi della disponibilità delle fonti energetiche fossili lascia immaginare scenari drammatici che includono una pesante recessione economica accompagnata da una forte crisi sociale e instabilità politica, a livello sia locale che internazionale; Preso atto che il consumo medio di petrolio per persona in Italia è di 5 litri al giorno, cioè di un barile al mese. Il consumo di una famiglia equivale circa ad un’autocisterna all’anno. Il mondo ne consuma 25 miliardi di barili all’anno; Constatato che dal 1998 l’aumento del prezzo del petrolio è stato praticamente continuo ed inarrestabile, partendo da meno di 20 dollari al barile, fino ai livelli raggiunti negli ultimi mesi ritenuti dai più impossibili fino a pochissimo tempo fa (vedi grafico); In termini reali, la crisi petrolifera del 1973 fu determinata dal raggiungimento di un prezzo che oggi sarebbe di 40 dollari al barile, quindi molto inferiore al prezzo attuale; Questo aumento del prezzo naturalmente ha fatto sì che la spesa per l’acquisto del petrolio abbia inciso in maniera crescente nel bilancio del nostro Paese (vedi grafico); Rilevato che alcuni studiosi, a partire dalle teorie del geologo M. King Hubbert e dalle rielaborazioni dell’associazione ASPO (associazione che studia il picco del petrolio e che ha sede in numerosi paesi) ritengono che siamo oramai giunti al picco e che il prezzo del petrolio da ora in avanti non farà che crescere fino a raggiungere, in tempi brevi, un costo di produzione tale da non renderla più sostenibile; Secondo Hubbert, la produzione di una risorsa minerale segue una “curva a campana”. Il picco di questa curva è il punto di massima produzione: al di là del quale la produzione comincia inesorabilmente a diminuire. La teoria di Hubbert non si applica soltanto a qualcosa che accadrà, o potrebbe accadere, nel futuro. Piuttosto, è una descrizione di casi storici ben noti. Più di una volta è stato possibile osservare sperimentalmente che la produzione di una risorsa esauribile segue una “curva a campana”. Storicamente, forse il primo di questi è stata la produzione di olio di balena negli Stati Uniti nel secolo diciannovesimo. Un altro caso è quello della produzione di carbone in Pennsylvania, come mostrato qui di accanto. Il caso forse più noto è quello del petrolio negli Stati Uniti, dove la produzione ha mostrato un picco nettissimo del 1970. Negli anni ’60, Hubbert stesso aveva previsto il picco degli Stati Uniti per il 1970. A quel tempo, era stato accusato di essere un folle visionario; ma i suoi detrattori devono essere rimasti molto sorpresi quando hanno visto la sua predizione realizzarsi. In tempi più recenti, un picco è stato osservato per la produzione di petrolio nell’Unione Sovietica nel 1990 e un altro per la produzione di petrolio del mare del Nord nel 1999. Non sempre si osservano picchi netti e curve chiaramente “a campana”. In generale, si può dire che la curva di Hubbert si osserva quando l’estrazione della risorsa avviene in condizioni di libero mercato. Se questo non è il caso, per esempio per via di interventi governativi, formazione di monopoli, oligopoli o cartelli, oppure guerre e/o disastri naturali, allora la curva di produzione può essere irregolare e mostrare parecchi massimi. Questo sembrerebbe il caso della produzione da parte dei paesi che aderiscono all’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC). Possiamo distinguere diverse fasi del ciclo di Hubbert: • La prima fase: espansione rapida. Inizialmente, la risorsa è abbondante e bastano modesti investimenti per estrarla. In questa fase, la crescita della produzione è esponen-ziale. • La seconda fase: inizio dell’esaurimento. Le riserve “facili”, ovvero quelle meno costose, sono quelle estratte per prime. Con l’esaurimento delle risorse facili, comincia a essere necessario sfruttare risorse più difficili e questo richiede investimenti sempre più consistenti. La produzione continua a crescere, ma non più esponenzialmente come nella prima fase. • La terza fase: il picco e il declino. A un certo punto, il graduale esaurimento rende talmente elevati gli investimenti necessari che non sono più sostenibili. La produzione raggiunge un massimo (il picco di Hubbert) e poi comincia a declinare. • La quarta fase: il declino finale. In questa fase, normalmente non si fanno più investimenti significativi. La produzione continua, ma il declino procede fino a che non diventa talmente ridotta da cessare completamente. Considerando il petrolio convenzionale molte regioni del mondo hanno già passato il loro picco petrolifero. Questi sono invece i dati della produzione petrolifera globale. Nella curva, possiamo riconoscere una fase iniziale di rapida crescita esponenziale (circa il 7% all’anno) interrotta dalla fase delle “crisi del petrolio” dal 1973 al 1985 circa. Dopo questa fase, la produzione ha ricominciato a crescere a un ritmo molto più lento, circa l’1,5 per cento all’anno. Dal 2000, circa, la produzione non è aumentata o è aumentata debolmente. Questo andamento può essere interpretato come un’approssimazione delle prime fasi della curva a campana di Hubbert. A partire da questi dati è possibile estrapola-re la curva nel futuro e ottenere un valore approssimato per il momento per il quale ci aspettiamo il picco. Come esempio, ecco l’interpretazione del geologo francese Jean Laherrere che stimava per il petrolio convenzionale il picco verso il 2005, mentre quello per il petrolio “non convenzionale” dovrebbe arrivare molto più tardi, verso il 2070. La curva totale, somma delle due risorse, arriva al picco verso il 2010. Altri esperti sono arrivati a risultati simili. Ecco un altro esempio, la stima del geologo britannico Colin Campbell. Qui, il picco per il petrolio convenzionale arriva verso il 2005, mentre quello per tutti i liquidi verso il 2010 circa. Ci sono molte altre interpretazioni basate in vari modi sulla teoria di Hubbert. La maggior parte arriva a stimare la data del picco entro il primo decennio del ventunesimo secolo. Esistono però anche interpretazioni che partono da dati geologici più ottimisti e che arrivano a stimare il picco verso il 2030 o anche più in là. Tutti quelli che hanno ragionato su questo argomento hanno sostenuto che al picco ci possiamo aspettare un rapido aumento dei prezzi del petrolio come pure una fase di instabilità geopolitica. Entrambe le condizioni sono soddisfatte al momento attuale, per cui più di un autore è del parere che potremmo essere molto vicini al picco o addirittura averlo già passato. Tutte le sorgenti di energia non rinnovabili sono soggette al ciclo di Hubbert. Rimpiazzare il petrolio con gas, carbone oppure con uranio ci farebbe saltare da una curva a campana a un’altra. Pensare di risolvere la crisi energetica investendo su altre fonti non rinnovabili non ha senso, perché il picco previsto per il gas naturale e l’uranio non sono di molto spostati nel futuro. Mentre per il carbone si può ipotizzare un picco più lontano, ma le controindicazioni sono numerose da altri punti di vista. Al contrario, le fonti rinnovabili hanno un comportamento completamente diverso e non presentano picchi di produzione, ma tendono a stabilizzarsi nel tempo. Ed è quindi in quella direzione, oltre che verso il risparmio energetico, che dovrebbero investire amministratori e soggetti economici seri e lungimiranti. Attestato che la Regione Marche, con il Piano Energetico Ambientale si è data una strategia che privilegia le fonti rinnovabili rispetto a quelle fossili, e punta sul risparmio dei consumi, non solo in considerazione dell’esaurimento e dei costi, ma anche in relazione a problemi di tipo ambientale e sanitario. Allo stato dei fatti tuttavia la strategia del PEAR sembra essere portata avanti con una convinzione non adeguata alle reali esigenze dettate da quanto esposto sopra, a cui va aggiunta l’emergenza climatica e sanitaria che non hanno qui bisogno di essere ulteriormente illustrate. Ritenuto che se le teorie degli scienziati di ASPO dovessero rivelarsi veritiere, come molti dati dimostrano, i tempi per attuare una strategia di transizione risultano essere molto ristretti, tanto che in ogni caso saremmo già in ritardo per evitare completamente gravi stravolgimenti politici, economici e sociali anche nella nostra regione; Anche se siamo in enorme e colpevole ritardo, dato che queste conoscenze erano già ampiamente disponibili, ma la classe politica ed imprenditoriale ha preferito ignorarle e dilazionare interventi adeguati, è dovere di ogni istituzione, compresa la Regione Marche, fare tutto quanto in proprio potere per limitare i danni e i disagi che si stanno già verificando in termini di carovita, inquinamento, malattia e mortalità e che si verificheranno di qui in avanti in misura ancora maggiore INTERROGA il Presidente della Giunta regionale per sapere: 1) se sia a conoscenza delle teorie derivate dagli studi di Hubbert e se ne condivida le previsioni; 2) se condivida che non abbia senso investire ulteriormente su fonti energetiche non rinnovabili ma che ogni sforzo debba essere fatto in direzione del risparmio energetico e della riduzione dei consumi in primo luogo e delle fonti realmente rinnovabili in seconda istanza; 3) se condivida che la situazione di emergenza non possa essere affrontata con palliativi o misure di basso impatto, ma che sia necessario adottare immediatamente soluzioni radicali e prescrittive, e che quindi non ci si possa limitare a forme di incentivo, ma che occorra adottare leggi e atti precisi che indichino una direzione chiara, ad esempio in tema di trasporti, di edilizia e urbanistica, di politiche economiche; 4) in questo senso, che cosa intende fare la Regione Marche nel corso della vigenza dell’attuale legislatura.