Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Taranto

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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
17 febbraio 2006
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 LIBERALIZZAZIONE SERVIZI: Servizi, sì alla liberalizzazione soft
(italia oggi)
Pag. 5 LIBERALIZZAZIONE SERVIZI: Una vittoria politica
(quotidiano dei professionisti)
Pag. 6 LIBERALIZZAZIONE SERVIZI: Primo via libera da Strasburgo alla... ex
Bolkestein (diritto e giustizia)
Pag. 7 LIBERALIZZAZIONE SERVIZI:Le barriere occulte abbattute dai giudici
(il sole 24 ore)
Pag. 9 ASSICURAZIONI: Rc auto, non c’è chiarezza (quotidiano dei professionisti)
Pag.10 PROCESSO CIVILE: Cassazione, multa ai ricorsi temerari (il sole 24 ore)
Pag.11 ARBITRATO: L'
arbitrato allarga i suoi orizzonti (italia oggi)
Pag.14 ARBITRATO: Le novità in materia di arbitrato (italia oggi)
Pag.15 STUDI PROFESSIONALI: Logo dello studio con cessione rebus (il sole 24 ore)
Pag.16 ANTIRICICLAGGIO: Tributaristi ancora proteste: «anche per noi
l’antiriciclaggio » (quotidiano dei professionisti)
Pag.17 GIUDICI DI PACE: Incompatibilità leggera per i giudici di pace (il sole 24 ore)
Pag.18 PREVIDENZA FORENSE: Il sistema previdenziale sostenibile
di Stefano Rosa - Responsabile Nazionale Aiga per la Previdenza
(diritto e giustizia)
17/02/2006
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
ITALIA OGGI
Primo via libera dell'
europarlamento alla direttiva Bolkestein. Sanità e professionisti esclusi
Servizi, sì alla liberalizzazione soft
Scompare definitivamente il principio del paese d'
origine
Una liberalizzazione soft per il mercato dei servizi europeo. Con 394 voti a favore, 213 contrari e 34
astensioni il Parlamento europeo ieri ha chiuso due anni di contestazioni e proteste da parte dei
lavoratori e imprese dell'
Europa a 25 dando il suo primo via libera a una direttiva che, di fatto, porta
solo il nome dell'
ex commissario Ue Fritz Bolkestein che l'
aveva proposta. Scomparsa la minaccia
dell'
invasione di lavoratori dell'
Est sottoposti a norme contrattuali, fiscali e sociali meno rigide con
l'
abolizione del principio del paese d'
origine, il nuovo testo introduce per la prima volta in Europa la
libertà di circolazione dei servizi in attuazione di un principio scolpito nel Trattato di Roma del 1957
assieme alla libertà di movimento delle persone, merci e capitali. Per lo sviluppo dell'
economia europea
questa riforma risulta un passaggio essenziale: il mercato dei servizi, infatti, da solo produce il 70% del
pil europeo e dà lavoro al 68% degli occupati. Il voto di ieri, però, è stato solo il primo passo di un iter
che potrebbe essere ancora lungo. Il testo uscito da Strasburgo dovrà passare al vaglio del consiglio, per
poi tornare di nuovo in aula e ancora al consiglio per l'
approvazione definitiva. La Commissione
europea ha annunciato di voler riscrivere, entro aprile, la direttiva sulla base del voto
dell'
europarlamento e quindi il testo potrebbe non tornare a Strasburgo prima dell'
autunno.
No al paese d'
origine. Nella seduta di ieri l'
assemblea di Strasburgo ha deciso su 404 emendamenti che
hanno modificato radicalmente i contenuti della direttiva, sommersa sin dalla sua nascita dalle critiche
di mezza Europa e sulla quale, già a novembre 2005, la commissione per il mercato interno del
Parlamento europeo aveva proposto significative modifiche. ´Il parlamento ha ribaltato il senso della
direttiva'
, ha dichiarato la relatrice Evelyne Gebhart (Pse), ´e l'
ha riorientata in un'
ottica sociale, a
vantaggio dei cittadini'
.
Il primo a essere eliminato, grazie a un emendamento di compromesso concordato nei giorni scorsi tra i
popolari (Ppe) e i socialisti (Pse) europei che da soli rappresentano la maggioranza dei seggi, è stato il
contestato principio del paese d'
origine. La regola che avrebbe consentito a qualsiasi lavoratore di
prestare ovunque i suoi servizi secondo regole e le tariffe del proprio paese d'
origine ha fatto posto alla
libertà di circolazione dei servizi, questa volta, nel pieno rispetto delle regole locali. In base alla nuova
norma, ciascuno stato dovrà riconoscere il diritto dei prestatori di servizi di operare in uno stato diverso
da quello in cui hanno sede e dovranno garantire il libero accesso e svolgimento del servizio sul proprio
territorio. In pratica, il prestatore di servizio dovrà applicare le regole del previste dallo stato dove
opera. Quest'
ultimo, pur dovendo rimuovere tutti gli ostacoli determinati da requisiti ´sproporzionati,
discriminatori e ingiustificati'
, potrà intervenire imponendo le sue condizioni all'
esercizio delle attività
´per motivi di sicurezza pubblica, protezione dell'
ambiente e della salute'
. Per il prestatore non sarà
necessario aprire un ufficio o una sede nel territorio dove effettua il servizio, né ottenere da quest'
ultimo
un'
autorizzazione, inclusa la registrazione in un albo professionale. Infine, al paese ospitante spetta il
compito di controllare che il prestatore rispetti le norme nazionali.
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
L'
applicazione della direttiva. La nuova Bolkestein taglia le gambe a qualsiasi proposito di
liberalizzazione selvaggia. Nel testo sono previste una raffica di esenzioni (si veda la tabella in pagina)
che, infatti, lasciano poco spazio a ipotesi di dumping sociale.
Queste regole, inoltre, non incidono sul diritto del lavoro (azioni sindacali e diritto ai contratti
collettivi), né pregiudicano l'
applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori e tutte le disposizioni
comunitarie che riguardano i lavoratori dipendenti. In questo modo, tariffe e trattamenti sociali saranno
garantiti secondo le regole locali.
Sportelli unici. Per accelerare la creazione di un mercato unico, entro tre anni dall'
entrata in vigore delle
norme, saranno creati dei punti di contatto, chiamati sportello unico, dedicati a sbrigare le pratiche
amministrative di chi vuole prestare i propri servizi all'
estero. Questi uffici saranno coordinati dalla
Commissione Ue attraverso uno sportello centrale. Dopo cinque anni l'
esecutivo di Bruxelles potrà
effettuare una ricognizione sugli effetti del processo di liberalizzazione aprendo la possibilità anche a
ulteriori modifiche. (riproduzione riservata) Chiara Cinti
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QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI
Una vittoria politica
La Bolkestein votata senza il principio del «Paese d’origine», sostituito da quello di «destinazione».
L’alleanza fra Socialisti e Popolari ha avuto la meglio
Alla fine ha avuto ragione l’alleanza nell’Europarlamento di Strasburgo fra Popolari e Socialisti. La Bolkestein è
stata votata con la rimozione del principio di applicazione delle regole del paese di origine (sostituito con quello
del paese di destinazione contenuto nell’articolo 16 della direttiva) da una larga maggioranza: 394 deputati
favorevoli, 215 contrari e 33 astenuti. Dal testo è stato escluso anche il paragrafo 3, quello relativo alle «politiche
sociali e di protezione dei consumatori» inizialmente interpretato come limitativo alla libera concorrenza per le
prestazioni dei servizi sul territorio di uno Stato membro. Secondo il nuovo testo, i paesi possono anche imporre
limitazioni alla libera prestazione dei servizi per motivi di ordine pubblico, sicurezza e salute pubblica, mentre
per tutto il resto l’attuale direttiva rimanda a quella del ’96 contenente norme sul distaccamento dei lavoratori
nell’Unione europea.Il primo segno di gaudio è stato espresso dal capogruppo del Pse, Martin Schulz (quello a
cui Berlusconi diede del kapò) che ha consegnato – seduta stante – un mazzo di fiori alla relatrice, la socialista
Eveljne Gebhardt, autrice del compromesso con i Popolari di Hans Gert Poettering. I membri del Gue, la sinistra
unitaria del Parlamento europeo, scontenti dal resoconto dell’aula, tanto da definire il nuovo testo “un
compromesso al ribasso”, potranno consolarsi con l’imposizione a carico della Commissione europea di valutare
gli effetti della nuova direttiva nei cinque anni successivi all’entrata in vigore. La votazione favorevole della
Bolkestein era attesa e prevista, tanto da spostare il significato della votazione sulla vittoria della nuova alleanza
nell’emisfero di Strasburgo piuttosto che sulla vittoria della stessa direttiva. Non a caso anche la Commissione
europea, per bocca del suo portavoce Johannes Laitenberger, si è detta soddisfatta del sì, soprattutto per l’assetto
politico.«Il Parlamento europeo – ha sottolineato Laitenberger – ha votato a favore della direttiva servizi. Si tratta
di una buona notizia perché questo ampio consenso offre solide basi. Un anno fa nessuno avrebbe creduto nella
possibilità di avere una direttiva in materia, ma oggi queste possibilità si fanno più concrete ». Secondo la Ces, la
Confederazione Europea dei Sindacati, il voto dell’Europarlamento rappresenta un vero successo per i lavoratori
europei su cui incombeva il rischio di un dumping sociale. Il timore era infatti che con l’applicazione del
principio del paese di origine, un lavoratore proveniente da un paese a basso reddito venisse pagato con le sue
tariffe di riferimento anche lavorando in paesi con redditi e tariffe più alti.«Ciò mostra chiaramente – ha
commentato John Monks, segretario generale della Ces – che i parlamentari sono riusciti a trovare un
compromesso che permette di aprire il mercato dei servizi salvaguardando il modello sociale europeo, anche se
restano ancora da fare miglioramenti. La maggior parte delle richieste avanzate dalla confederazione sono state
accolte, dall’esclusione per le agenzie interinali ed i servizi di sicurezza privati al rispetto previsto per i diritti
fondamentali di negoziazione e di azione collettiva; dall’esclusione dei servizi di interesse generale ed alcuni
servizi di interesse economico generale all’abolizione del principio del paese d’origine». Ma nonostante questo,
al dumping sociale grida ancora Roberto Musacchio, esponente di Rifondazione comunista all’Europarlamento
scontento anche del nuovo testo che «porterà a trasformare il lavoro dipendente in lavoro autonomo.
Il voto mostra l’affermarsi di una grande coalizione tra centrodestra e centrosinistra in Europa che ha dato vita ad
un cattivo compromesso».Il malcontento non riguarda però solo la sinistra radicale e a tenere buona compagnia a
Rifondazione Comunista, c’è Alleanza Nazionale e Uen, cioè la destra moderata: Roberta Angelilli e Cristiana
Moscardini hanno definito la nuova Bolkestein «un vero e proprio pasticcio, pieno di contraddizioni ed
equivoci».La delegazione di Alleanza nazionale è stata infatti fra i voti astenuti, perché dalla «direttiva delle
lobby – hanno commentato Muscardini ed Angelilli – restano esclusi i settori forti, come i servizi bancari e
finanziari. Il testo attuale è farraginoso, schizofrenico ed oscilla tra la liberalizzazione e la completa chiusura del
mercato».
La Bolkestein passerà adesso al vaglio del Consiglio europeo che dovrà completare il lavoro del Parlamento e
della Commissione. Elisabetta Tonni
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Primo via libera da Strasburgo alla... ex Bolkestein
Il nuovo testo, frutto dell’accordo bipartisan tra Socialisti e Popolari europei, elimina il principio del
“paese di origine” dalla proposta di direttiva sulla liberalizzazione dei servizi. Di fatto è stato stravolto
su questo punto il testo originario. Più precisamente, ha detto la relatrice, la socialdemocratica tedesca
Evelyne Gebhardt gli eurodeputati hanno “completamente ribaltato la direttiva Bolkestein, l’abbiamo
fatto in un’ottica sociale in favore dei Paesi membri”. La nuova stesura prevede che le leggi che il
prestatore dovrà rispettare sono quelle del Paese dove si troverà ad operare e non quelle dello Stato di
origine dell’azienda. Un ribaltone, rispetto alla filosofia originaria di un neoliberismo accentuato, che
secondo l’insolito asse di segno opposto concorde a Strasburgo dovrebbe garantire dai rischi di
dumping sociale. Un fenomeno potenziale, avevano paventato da destra e da sinistra, vignettizzato dalla
metafora dell’idraulico polacco che – applicando le regole del Paese d’origine – sarebbe andato in giro
per l’Europa a fare impianti e riparazioni senza uno scudo previdenziale adeguato, con oneri fiscali
minori e, soprattutto, offrendo il proprio lavoro “sottocosto” rispetto a qualunque Paese ospitante. Una
concorrenza selvaggia, secondo i contrari alla Bolkestein , da avversare in nome dei diritti dei
lavoratori; vale a dire in difesa di quelli deboli e sfruttabili pronti a trasferirsi in Paesi più benestanti,
ma anche in difesa di quelli degli Stati più sviluppati che, altrimenti, sarebbero stati costretti a ritoccare
verso il basso le proprie tariffe pur di restare sul mercato. Lo spettro del dumping sociale ha convinto al
di là delle posizioni effettive dei partiti in materia di mercato. Al principio che Frits Bolkenstein voleva
introdurre si è sostituita un’accentuazione di o quello della libera circolazione dei servizi, che non è
certo una novità assoluta (contenziosi a parte con i singoli Stati), mentre una nuova serie di previsioni
pongono limitazioni allo stabilimento in un altro Stato dell’Unione soltanto per motivi connessi alla
sicurezza sociale, a quella ambientale e alla salute pubblica. Così l’Europarlamento ha detto “sì”, dopo
oltre due ore di animata discussione dedicata a centinaia di emendamenti (sul testo base) esprimendosi
in conclusione con 394 voti favorevoli, 213 contrari e 34 astenuti.È comunque doveroso ricordare che
questo è solo il primo via libera, all’interno della procedura di codecisione, a quella che si può ormai
ragionevolmente definire la ex Bolkestein. Il testo infatti dovrà ora passare all’esame del Consiglio e
quindi tornerà all’attenzione dell’Assemblea. Se non vi dovesse essere accordo tra le due istituzioni (e
nessuno oggi può escludere qualche correzione di tiro anche significativa) si aprirebbe infatti la fase di
conciliazione. Questa si svolge attraverso un comitato apposito (pari numero di rappresentanti tra
Parlamento e Consiglio, con la partecipazione di rappresentanti della Commissione) che, una volta
trovato l’accordo al proprio interno, invia il nuovo testo ancora una volta all’Assemblea e al Consiglio,
in terza lettura, al fine di ottenere il voto favorevole e l’adozione del provvedimento. Se si considerano i
soli tempi tecnici, l’intera procedura, nel caso dell’iter più accidentato, porterebbe alla vigenza della
nuova direttiva non prima del 2008 e, nella peggiore delle ipotesi, due anni più tardi.Quanto alla
posizione italiana, il voto ha seguito l’assoluta trasversalità di altre rappresentanze, con il blocco
opposto in larga parte comunque coalizzato. Più precisamente Forza Italia e Udc (gruppo Ppe), hanno
votato a favore del compromesso così come hanno fatto Ds (gruppo Pse) e Margherita (gruppo
Liberaldemocratici, non omogeneo nel voto su scala europea). Verdi, Rifondazione e Comunisti italiani
si sono espressi contro, come la Lega. Ha invece optato per l’astensione Alleanza nazionale che non
aveva tuttavia nascosto alcune perplessità sul nuovo testo. (m.c.m.)
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IL SOLE 24 ORE
Inchiesta/La giurisprudenza Ue
Le barriere occulte abbattute dai giudici
Le sentenze della Corte del Lussemburgo hanno spesso aperto la strada alla liberalizzazione del
mercato
BRUXELLES. Nel campo dei servizi non esistono sentenze epocali come la "Cassis de Dijon" o la
"Bosman", i due pronunciamenti che stabilirono la legittimità della circolazione di ogni prodotto nel
mercato unico, se in regola con la legislazione nazionale, e aprirono le squadre di calcio a un numero
illimitato di giocatori stranieri. Senza clamorosi colpi di piccone, ma con ben assestate pressioni di
grimaldello, la Corte di giustizia europea ha però già aperto la strada alla libera circolazione dei servizi,
sancita dai Trattati. Principio che è uno dei pilastri del mercato unico, da ben prima che ci si
accapigliasse sulla direttiva" Bolkestein". Varie sentenze hanno sancito l'
illegittimità di vincoli che, in
modo occulto, comportino una discriminazione ingiustificata a danno di aziende, professionisti o
prestatori di servizi di altri Paesi europei. Ma hanno anche affermato i diritti di fruitori di servizi, come
i pazienti che vogliano farsi rimborsare cure sanitarie all'
estero. Proprio l'
esigenza di tenere conto di
alcune sentenze ("Decker" e "Kohll" C-120/95 e C-158/99) fu citata quando si lanciò la prima proposta
di direttiva, anche se poi ieri in aula è caduto l'
articolo 23 sui diritti dei pazienti. Ma resteranno
comunque in vigore i principi affermati dalle sentenze della Corte: i pazienti hanno diritto a essere
rimborsati per i costi delle cure sostenute in un altro Stato Ue, anche se solo in misura equivalente a
quanto avrebbero ricevuto dall'assistenza sanitaria nazionale. Per le cure ospedaliere, i giudici europei
hanno invece stabilito ("Smits e Peerbooms" C-157/99 e altre) la necessità di un'autorizzazione
preventiva da parte dell'
autorità nazionale, a meno che non sia ottenibile in un lasso di tempo
giustificabile in relazione allo stato di salute del paziente. In caso di interminabili liste d'
attesa, esiste il
diritto, insomma, di andare in un ospedale straniero, anche senza autorizzazione dell'Asl.
L'
Italia ha fatto scuola con la condanna ricevuta nel gennaio 2002 per la legislazione su fiere ed
esposizioni (causa C-439/99), poi riformata. La Corte ha stabilito che l'
attività di chi volesse
organizzare una fiera in Italia, veniva ingiustamente ostacolata da un fuoco di sbarramento di requisiti,
in parte fissati da leggi regionali: dall'
esigenza di disporre una sede permanente a livello nazionale, a
quella di avere un particolare status giuridico o di esercitare attività senza fini di lucro.
Per i giudici europei anche la richiesta a un prestatore di servizi straniero di un'
autorizzazione
amministrativa, non richiesta a un proprio cittadino, costituisce una restrizione ingiustificata (sentenza
C-355/98).
Importante anche la condanna di una legge di Parigi (sentenza "Caixa Bank" C-442/02) che ha stabilito
l'
illegittimità dell'
obbligo imposto alle banche di non remunerare i conti di deposito a vista, considerata
una barriera di fatto per ostacolare l'
accesso al mercato francese a operatori stranieri nei servizi bancari,
Una misura nazionale di natura restrittiva può essere giustificata, secondo la Corte europea, solo da
«ragioni imperiose di interesse generale». Si impone però un test di proporzionalità rispetto agli
obiettivi, che né la misura italiana sulle fiere né quella francese sui depositi a vista hanno superato.
L'
avvocato generale Miguel Poiares Maduro ha anche recentemente sostenuto (cause c-94/04 e c202/04), che gli onorari minimi obbligatori degli avvocati italiani costituiscono ostacoli, contrari alla
libera prestazione dei servizi tutelata dall'
articolo 49 dei Trattati.
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I tariffari obbligatori italiani non sarebbero infatti giustificati da esigenze inderogabili di interesse
pubblico e impedirebbero agli avvocati stranieri di praticare tariffe più basse, anche quando ciò fosse
possibile .
Bocciati anche i vincoli che riservavano in Italia solo ai Centri elaborazione dati servizi di
compilazione delle buste paga (sentenza "Payroll" C- 79/01), in quanto ostacolavano l'
arrivo di aziende
straniere,
In opposizione alla fobia dell'
idraulico polacco va poi la bocciatura della Corte del 2000 (sentenza c358/98) dell'
obbligo di iscriversi all'
albo regionale delle imprese artigiane, che veniva imposto in Italia
alle imprese di pulizia. Ancora una barriera occulta.
L'
Europarlamento ha fatto cadere poi gli articoli 24 e 25 della direttiva, a tutela dei lavoratori distaccati
all'
estero, Ma anche in questo caso continueranno a far fede sentenze degli eurogiudici, come quella (C244/04) che il mese scorso ha condannato la Germania per aver chiesto il visto a lavoratori
extracomunitari alle dipendenze di una società di un altro Paese Ue. Un altro requisito
"sproporzionato"rispetto all'
esigenza di far funzionare il mercato dei servizi in Europa.
ENRICO BRIVIO
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QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI
Rc auto, non c’è chiarezza
Sono aumentate rispetto all’inflazione.
No, sono diminuite. E’ un po’ questa la cronistoria delle tariffe Rc Auto, cui oramai siamo abituati da
tempo. E come le stagioni, anche questa polemica ciclicamente ritorna. Il costo della Rc Auto continua
ad impegnare il tempo di categorie di consumatori e professionisti del settore che, durante un convegno
voluto dall’Adiconsum sul nuovo codice delle assicurazioni, hanno aperto un dibattito molto acceso
proprio sul costo dell’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile. Con molta chiarezza il
presidente dell’Isvap, Giancarlo Giannini, durante il convegno ha sostenuto che «c’è un preoccupante
elemento di controtendenza nella Rc auto, con un aumento medio delle tariffe». «Sicuramente – ha
continuato Giannini – nell’ultimo anno e mezzo le tariffe sono state al di sotto dell’inflazione, ma
recentemente con l’aumento costo medio dei risarcimenti danni, si sta delineando a livello tariffario
qualche minima tendenza al rialzo delle tariffe. Non si tratta ancora di una tendenza consolidata, ma
dovremo seguirla con attenzione». A Giannini ha fatto immediatamente eco Paolo Landi, presidente
dell’Adiconsum, che ha denunciato aumenti delle tariffe Rc Auto superiori all’infl azione. «Gli aumenti
medi – dice Landi – sono superiori all’infl azione e si aggirano tra il 2-3%.
Noi siamo convinti che con l’attuazione del risarcimento diretto le compagnie potrebbero ridurre le
tariffe di almeno un 10%». Una provocazione, secondo il presidente dell’Ania, Fabio Cerchiai, che
sostiene una crescita delle tariffe Rc auto inferiore all’inflazione. Cerchiai ha sostenuto che «negli
ultimi due anni e mezzo l’inflazione è cresciuta del 5,3%, mentre l’incremento tariffario dell’Rc auto è
stato di poco superiore al 3%. Quindi la crescita è stata inferiore all’inflazione». Ma non è solo questo.
Secondo Cerchiai «la spesa che effettivamente gli automobilisti italiani hanno registrato è stata del
2,3% al lordo dell’incremento del parco circolante, il che vuol dire un aumento di spesa media dello
0,5%. Sono convinto – ha aggiunto Cerchiai – che nel 2005 la spesa sarà ancora minore». Le
preoccupazioni del presidente dell’Isvap, Giancarlo Giannini, comunque, per Cerchiai «sono
condivisibili per il semplice fatto che alcune compagnie hanno certamente aggiustato
livelli tariffari che erano fermi da molti anni. Però – ha concluso Cerchiai – possiamo ancora avere
fiducia in un periodo nel quale la dinamica tariffaria si svilupperà con livelli non preoccupanti e ben
lontani da quelli del passato». Salvatore Montillo
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IL SOLE 24 ORE
Nuovo rito di legittimità in vigore da marzo
Cassazione, multa ai ricorsi temerari
ROMA. Il processo civile si prepara a fare i conti con un nuovo sistema di regole, che investe tutte le
fasi del rito, dall'
introduzione del giudizio all'
esame di legittimità. Da marzo, infatti, oltre alle
modifiche al procedimento di merito (varate con il pacchetto competitività - legge 80/05 - e già corrette
e prorogate più volte), entreranno in vigore anche quelle sulla Cassazione.
La riforma del giudizio di legittimità è contenuta nel decreto legislativo n. 40 del 2 febbraio 2006,
pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 39 di mercoledì. Il provvedimento attua la delega contenuta
nella legge 80/05 e riordina anche la disciplina dell'arbitrato. In questo caso, l'
obiettivo è potenziare i
sistemi alternativi di soluzione delle controversie e alleggerire il carico della giustizia ordinaria,
rafforzando l'
efficacia del lodo e i poteri degli arbitri.
Nelle intenzioni del legislatore, l'
obiettivo della riforma del processo civile in Cassazione è restituire
alla Corte il ruolo di garante dell'
interpretazione uniforme della legge, ponendo un argine alla deriva
che la sta trasformando in terzo grado di merito.
Per raggiungere questo risultato si tenta di ridurre i ricorsi, aumentando i filtri. Ne sono un esempio le
sanzioni contro le istanze temerarie: chi presenta ricorsi o resiste in Cassazione «anche solo con colpa
grave» rischia una multa, che la Corte deciderà secondo equità e che il condannato pagherà alla
controparte. La somma non potrà, comunque, superare il doppio dei massimi tariffari.
Su un altro versante, viene ridimensionata la gamma delle sentenze inappellabili e perciò direttamente
contestabili in Cassazione. Un intervento apprezzato, nelle sue finalità, dalla stessa assemblea generale
della Suprema corte, nel suo parere sul decreto legislativo. Tuttavia, la relazione sottolinea che altri
aspetti della riforma rischiano, contrariamente alle intenzioni dichiarate, di appesantire il carico di
lavoro dei giudici di legittimità. Si tratta, per esempio, delle norme che affidano alla Cassazione il
controllo sull'
applicazione e interpretazione dei contatti collettivi. Per essere ammesso, inoltre, il
ricorso di legittimità dovrà essere completato dalla formulazione «di un quesito di diritto».
Anche quando l'
istanza non ha i requisiti per essere dichiarata ammissibile, però, il procuratore generale
può chiedere alla Suprema corte (che però può attivarsi anche d'
ufficio) di esaminarlo per enunciare,
«nell'
interesse della legge», il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi.
E se la questione è «di particolare importanza» possono essere chiamate in causa le Sezioni unite. La
pronuncia, comunque, non avrà effetti sul procedimento di merito.
La Suprema corte, poi, dovrà concludere la decisione di tutti i ricorsi per Cassazione con la
formulazione di un principio .d diritto. Oggi, questo obbligo è previsto solo quando viene accolto un
ricorso per violazione o falsa applicazione delle leggi. Altro punto controverso è quello che esplicita il
divieto, per le sezioni semplici, di decidere discostandosi dai principi di diritto già enunciati, sulla
stessa materia, dalle Sezioni unite. Insomma, se il collegio giudicante pensa di non poter applicare
quelle linee guida, non può decidere la causa, ma deve rimetterla alle Sezioni unite.
Per il processo civile in Cassazione si assisterà, quindi, a un cambio di marcia, che farà il paio con le
implicazioni, sul rito penale, della legge sulla inappellabilità delle assoluzioni,che a sua volta incide
sull'attività della Suprema corte.
GIANLUCA DI DONFRANCESCO
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ITALIA OGGI
Le novità in materia di giustizia ´alternativa'sono contenute nel dlgs n. 40 del 2 febbraio 2006
L'arbitrato allarga i suoi orizzonti
Più poteri agli arbitri: decideranno sui diritti indisponibili
Aumentano i poteri degli arbitri. Durante l'
istruzione probatoria, per esempio, possono ora avvalersi
dell'
assistenza giudiziaria. Questa una delle novità che ha introdotto in materia di arbitrato il decreto
legislativo 2/2/2006, n. 40, ´Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di
Cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato'
, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15
febbraio. Dopo decenni di sottovalutazione, per non dire d'
emarginazione, l'
istituto è stato fatto oggetto
di rilevanti attenzioni e di sostanziose innovazioni, in linea con le evoluzioni segnalate a livello
europeo.
La vecchia visione dell'
istituto si evolve verso una visione dello stesso quale strumento di
semplificazione dei rapporti, di riduzione dei tempi di risoluzione delle controversie, di minor costo
della procedura e, in ultima analisi, nell'
ambito di una considerazione economica complessiva di valore
della controversia all'
interno del rapporto giuridico cui esso afferisce.
Dopo il rilevante intervento in tema di arbitrato e conciliazione, avvenuto in occasione della riforma del
diritto societario, con cui si è creata una vera e propria ´infrastruttura'di risoluzione delle controversie
di diritto societario, si è inteso chiudere il cerchio sugli organismi di risoluzione alternativa delle
controversie in materia civile.
Ciò è avvenuto mentre la sentenza della Corte costituzionale n. 8 del giugno 2005, n. 221, ha dato
nuovo slancio all'
arbitrato, evidenziando che il dato caratterizzante delle varie iniziative di cosiddetta
giustizia ´alternativa'è nella loro volontarietà: le parti concordemente debbono avviare la procedura o
in ogni caso accettare il risultato degli esperimenti arbitrali. Entrambe operano una valutazione di
convenienza, che fa favorire lo strumento ´alternativo'a quello ordinario del ricorso alla magistratura,
onoraria o togata. Con la sentenza la Corte riconosce alla volontarietà, vera pietra angolare
dell'
arbitrato, anche la possibilità di derogare alle possibili impugnazioni del lodo, sino a ora
considerate come forma di garanzia ultima del sistema ordinario, contro le eventuali degenerazioni
della giustizia privata. La sentenza afferma, infatti, che purché a ciascuna delle parti sia assicurata la
libertà di sottrarsi all'
arbitrato previsto dalla legge o da una fonte eteronoma, ben può essere prevista la
non impugnabilità del lodo per errores in iudicando, in quanto la garanzia costituzionale attiene alla
libertà di scelta dello strumento dell'
arbitrato e non già, assicurata che sia tale consapevole e libera
scelta, a peculiari modalità di svolgimento dell'
arbitrato stesso. Un passo decisivo che potrebbe aiutare
molto il superamento delle mille sfaccettature delle attuali possibili impugnazioni, che in definitiva
rendono meno trasparente e conveniente il ricorso all'
arbitrato.
Il rapporto dell'
arbitrato con il codice di procedura civile mostra profili non univoci, ossia si tratta di
interventi mirati, da un lato, a salvaguardare lo spirito di autonomia dell'
arbitrato e, dall'
altro, a dare
comunque degli indirizzi per far sì che si possa parlare di arbitrato come di un procedimento a tutti gli
effetti. In linea generale l'
aiuto che il potere statuale dà all'
arbitrato è in certi momenti assai importante;
in altri però l'
attività svolta dal giudice ordinario sembra sia stata prevista più per riaffermare il primato
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della giustizia dello stato piuttosto che per rendere efficace lo spirito di collaborazione su un piano di
eguaglianza.
In primo luogo, la razionalizzazione della disciplina è stata realizzata con l'
individuazione della
disponibilità dell'
oggetto quale unico e sufficiente presupposto dell'
arbitrato, salva diversa disposizione
di legge. Si è quindi risolta nel senso più coerente con gli approdi della giurisprudenza e della dottrina
più accreditata la problematica dei presupposti delle ´controversie arbitrabili'(così la rubrica del nuovo
articolo 806). La disponibilità dell'
oggetto come unico e sufficiente presupposto dell'
arbitrato sposta
quindi l'
angolo visuale dalle ´questioni'che possono essere decise dagli arbitri ai ´diritti'controversi.
La conseguenza in sostanza più rilevante è la tendenziale irrilevanza della circostanza che gli arbitri, nel
percorso logico della decisione, devono affrontare questioni relative a diritti indisponibili; in tal caso,
gli arbitri decideranno anche se la decisione riguarda questioni che vertono su materie che non possono
formare oggetto di arbitrato, a meno che la questione pregiudiziale non debba essere decisa con
efficacia di giudicato in base a una espressa previsione di legge (art. 819); in questo ultimo caso è
prevista la sospensione del procedimento (art. 819-bis, comma 1, n. 2 ). La nuova intitolazione del capo
I (´della convenzione d'
arbitrato'
) sottolinea il ruolo dell'
autonomia negoziale, da cui derivano numerose
conseguenze.
La clausola compromissoria o il compromesso, con espressione sintetica spesso denominati
´convenzione arbitrale'
, dato che ai due negozi conseguono effetti analoghi, può prevedere le regole
procedimentali che gli arbitri devono osservare e può autorizzarli a decidere secondo equità mentre, di
regola, essi devono decidere secondo diritto.
Le parti possono prevedere espressamente una convenzione d'
arbitrato sia in materia contrattuale (art.
808-ter) sia in materia non contrattuale (art. 808-bis); per evitare incertezze nell'
interpretazione
dell'
accordo, e per favorire il più possibile il ricorso all'
arbitrato rituale, l'
art. 808-ter pretende una
chiara esternazione (per iscritto) della volontà di dirimere il contenzioso mediante arbitrato irrituale,
rafforzando la volontà delle parti mediante l'
annullabilità del lodo contrattuale pronunziato in
violazione delle domande e delle regole stabilite dalle parti stesse. La disposizione appare preferibile
rispetto al testo precedente, che riferiva il divieto di arbitrato non ai diritti coinvolti ma alla natura delle
controversie. Oltre ad alcune ipotesi specifiche, infatti, non potevano farsi decidere da arbitri ´le
controversie (...) che non possono formare oggetto di transazione'
.
Naturalmente rimane il problema di definire quali diritti siano indisponibili, ma la difficoltà si poneva
anche prima. È stata confermata la previsione che la convenzione arbitrale deve sempre essere redatta
per iscritto e determinare l'
oggetto della controversia, a pena di nullità (articolo 807), e rimane ferma
anche la possibilità che le parti si accordino nel senso che la controversia sia decisa con determinazione
contrattuale (arbitrato ´irrituale'o ´libero'
); anche in questo caso la previsione deve essere espressa per
iscritto. Una disciplina specifica è dedicata alle ipotesi in cui il lodo contrattuale ´è annullabile'
.
Innovativa è la previsione che esclude la possibilità di conseguire giudizialmente l'
esecutività del lodo
contrattuale (articolo 808-ter).
Essenziale e innovativa appare poi la norma di cui all'
articolo 808-quater, secondo cui ´nel dubbio'la
convenzione arbitrale deve interpretarsi nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le
controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui si riferisce. Tutti da esaminare sono poi gli
effetti della disposizione di cui all'
articolo 808-quinquies, secondo la quale se il procedimento arbitrale
si conclude senza pronuncia sul merito, la convenzione arbitrale rimane valida, e pertanto vincolante
per le parti contraenti.
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Durante l'
istruzione probatoria gli arbitri possono avvalersi dell'
assistenza giudiziaria nelle forme
previste dall'
art. 816-ter, nominare consulenti tecnici (non solo persone fisiche) e richiedere
informazioni scritte alla p.a. Sono stati quindi disciplinati l'
intervento di terzi e la successione del diritto
controverso, e alcune conseguenze della morte, estinzione o perdita di capacità delle parti; per queste
ultime vicende, la norma attribuisce agli arbitri il potere di prendere le misure idonee a garantire
l'
applicazione del contraddittorio ai fini della prosecuzione del giudizio, contemperando altresì
l'
interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio con quello degli arbitri di non rimanere vincolati
senza limiti (806-sexies). Importante è pure la previsione di una disciplina specifica dell'
arbitrato con
pluralità di parti (816-quater), mentre merita attenzione la previsione secondo cui, al ricorrere dei
presupposti indicati, se non si raggiunge l'
accordo sullo svolgimento di un unico arbitrato in cui siano
presenti tutte le parti, il procedimento ´iniziato da una parte nei confronti di altre si scinde in tanti
procedimenti quante sono queste ultime'
, non consentendosi alle parti di sciogliersi dalla convenzione
di arbitrato. Fa eccezione l'
ipotesi del litisconsorzio necessario, naturalmente, nel qual caso, se non si
raggiunge l'
accordo circa la trattazione unitaria, l'
arbitrato è ´improcedibile'
. È ribadita l'
estraneità della
tutela cautelare al giudizio arbitrale, e sono previsti espressamente i casi di sospensione del
procedimento arbitrale (819-bis). A proposito delle questioni di merito, è innanzitutto precisato che gli
arbitri possono conoscere dell'
eccezione di compensazione nei limiti del valore della domanda, anche se
il controcredito non è compreso nell'
ambito della convenzione di arbitrato (817-bis); viene poi prevista
la normale conoscibilità da parte degli arbitri delle questioni pregiudiziali di merito anche se relative a
materie che non possono formare oggetto di convenzione (819). L'
art. 819-ter disciplina i rapporti tra
arbitri e autorità giudiziaria.
L'
articolo 829, terzo comma, pur dettando norme limitative della possibilità di contestare il lodo per
errori di diritto, ammette sempre ´l'
impugnazione delle decisioni per contrarietà all'
ordine pubblico'
. La
norma di delega aveva invece previsto che l'
impugnativa dovesse essere sempre consentita quando la
decisione fosse stata assunta dagli arbitri in ´contrasto con i principi fondamentali dell'
ordinamento
giuridico'
. Entrambe le categorie, ordine pubblico e principi fondamentali dell'
ordinamento giuridico,
appaiono di difficile definizione, e non è questa la sede in cui possono essere compiutamente
analizzate. Tuttavia, delle due l'
una, o le due espressioni sono equipollenti, e allora non si comprende
quale necessità ci fosse di modificare la scelta terminologica adottata dal legislatore delegante, oppure
le due espressioni hanno un diverso significato, e il legislatore delegato ha modificato la previsione
della legge delega.
Viene disciplinato il rinvio a regolamenti arbitrali, con prevalenza della convenzione d'
arbitrato nei casi
di contrasto tra convenzione d'
arbitrato e regolamento arbitrale. Sono previste regole particolari per
garantire l'
imparzialità delle istituzioni arbitrali.
L'
art. 832 prevede che, se l'
istituzione arbitrale rifiuta di svolgere i compiti che le sono attribuiti dal
regolamento, la convenzione d'
arbitrato mantiene efficacia e il procedimento arbitrale si svolge secondo
le regole generali. (riproduzione riservata) Nino Ferrelli
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ITALIA OGGI
Le novità in materia di arbitrato
Disponibilità del bene quale unico e sufficiente presupposto dell'
arbitrato
Gli arbitri possono decidere sui diritti indisponibili anche se la decisione riguarda questioni che vertono
su materie che non possono formare oggetto di arbitrato, a meno che la questione pregiudiziale non
debba essere decisa con efficacia di giudicato in base ad una espressa previsione di legge
Favorito il più possibile il ricorso all'
arbitrato rituale
Gli arbitri possono avvalersi dell'
assistenza giudiziaria
Ammesso l'
arbitrato con pluralità di parti
È ribadita l'
estraneità della tutela cautelare al giudizio arbitrale, e sono previsti espressamente i casi di
sospensione del procedimento arbitrale
L'
articolo 829, terzo comma ammette sempre <<l'
impugnazione delle decisioni per contrarietà
all'
ordine pubblico»
Nuovo ruolo dei regolamenti arbitrali
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IL SOLE 24 ORE
PROFESSIONI/ L'
agenzia delle Entrate:compenso per l'
utilizzo deducibile per cassa
Logo dello studio con cessione rebus
Il compenso corrisposto per l'
acquisto di un marchio che identifica uno studio professionale è
deducibile per il soggetto che lo corrisponde e genera un reddito diverso per il percettore.
Lo ha precisato l'
agenzia delle Entrate nella risoluzione 30/E del 16 febbraio 2006 in risposta a una
istanza di interpello. Il caso riguardava il regime tributario applicabile all'acquisto, da parte di un
avvocato, del marchio di un noto studio legale, allo scopo di incrementare la propria clientela e
applicare tariffe più elevate.
Nella risposta l'
Agenzia inquadra il problema riportando la questione nei giusti binari e affermando che
il marchio rappresenta un segno distintivo tipico dell'
imprenditore che differenzia un bene o un servizio
nell'
ambito del contesto imprenditoriale. L'
attività professionale, invece, a differenza di quelle
commerciali,è caratterizzata dall'
esistenza dell'
intuitus personae e, pertanto, non è possibile separare il
marchio dalla figura del professionista, né renderlo suscettibile di autonoma rilevanza e trasferibilità,
essendo l'
esercizio dell'
attività professionale e i vantaggi economici connessi alla clientela direttamente
ed esclusivamente riconducibili alla figura del professionista. Peraltro il realizzo di somme a fronte
della concessione del marchio professionale non trova alcuna conformità con le norme previste dagli
ordinamenti professionali e con le norme deontologiche.
Quindi, nell'
ipotesi in cui un avvocato intenda fruire del «buon nome» di un noto studio legale,
operando alla stregua di una filiale o di uno studio a esso associato o collegato,non è possibile
configurare l'
operazione come cessione di un bene immateriale, in quanto la nozione di marchio attiene
alla sfera dell'
impresa e non a quella professionale. Secondo l'
Agenzia, infatti, il marchio è
normalmente legato a una azienda, anche se dotato di autonoma trasferibilità rispetto all'
azienda stessa
e, pertanto, nella fattispecie esaminata dalle Entrate, nella quale, a fronte del corrispettivo pagato, viene
consentito al professionista l'
utilizzo di un segno grafico idoneo a richiamare l'
immagine di uno studio
famoso, rappresenta un normale contratto di natura obbligatoria.
In analogia con quanto affermato nella risoluzione 108 del 29 marzo 2002, l'
agenzia delle Entrate
precisa che il costo sostenuto per fruire del buon nome dello studio titolare del marchio, al fine di
incrementare la propria clientela, appare senz'
altro inerente all'
esercizio dell'
attività professionale e,
pertanto, deducibile nella determinazione del reddito di lavoro autonomo. Questo costo, quindi, in
all'
interno dell'
articolo 54 del Tuir, è deducibile, secondo il principio di cassa, nel periodo di imposta in
cui lo stesso è stato sostenuto.
Per contro, le somme corrisposte al titolare del marchio assumono rilevanza anche ai fini delle
determinazione del reddito di quest'
ultimo. Quèsti importi, infatti, devono essere assoggettati a
tassazione in capo al soggetto percepente, tra i redditi diversi, e in particolare tra quelli derivanti dall'
assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere (lettera l, comma l dell'
articolo67 del Tuir)
Per quanto riguarda l'
Iva, l'
agenzia delle Entrate precisa che essendo soddisfatto sia il requisito
oggettivo (prestazione di fare, non fare o permettere ai sensi dell'
articolo 3 del Dpr 633/72), sia quello
soggettivo, in quanto la prestazione è innegabilmente connessa all'
attività professionale esercitata, la
prestazione è soggetta a Iva. GIAN PAOLO TOSONI
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QUOTIDIANO DEI PROFESSIONISTI
Tributaristi ancora proteste: «anche per noi l’antiriciclaggio »
L’Int (Istituto Nazionale Tributaristi) scrive al ministro Giulio Tremonti. Continua, infatti, la polemica
sollevata dalla mancata inclusione di alcune categorie professionali nel regolamento sugli obblighi
antiriciclaggio, emanato dal ministero dell’Economia e delle Finanze pochi giorni fa. L’articolo 2 del
regolamento di attuazione degli articoli 3 (comma 2, 8) e 4, del decreto legislativo del 20 febbraio 2004,
numero 56, in materia di antiriciclaggio, non comprende, infatti, tra i destinatari, i periti, i consulenti ed
altri soggetti che svolgono attività in materia di amministrazione, contabilità e tributi.
Dopo la Lapet, che solo quattro giorni fa aveva inviato una richiesta di chiarimenti al ministro
Tremonti, tocca ora ai tributaristi della Int che, con una lettera inviata dal presidente, Riccardo
Alemanno, si domandano come mai dopo la loro inclusione nel dlgs di recepimento della direttiva Ce in
materia (Legge Comunitaria 2005), oggi ne siano esclusi. Secondo il presidente Alemanno «se
l’anomalia dipende esclusivamente dal fatto che il regolamento è stato predisposto già da alcuni mesi e
l’inclusione nella Legge Comunitaria 2005 dei tributaristi è invece recentissima, si può rimediare con
una interpretazione autentica ed estensiva della norma regolamentare».
Come già aveva fatto la Lapet, anche i tributaristi di Alemanno ritengono quella del ministero
dell’Economia una svista, ma, in polemica con l’associazione presieduta da Roberto Falcone, in una
nota l’Int fa sapere di non credere ad oscure manovre e perciò «non scomodano retro pensieri su
presunte volontà di non inclusione, cercando così di evitare, cosa che non a tutti i rappresentanti dei
tributaristi riesce, atteggiamenti vittimistici che mal si conciliano con l’essere professionisti». S.M
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IL SOLE 24 ORE
Incompatibilità leggera per i giudici di pace
ROMA. Nuovi limiti ai casi di incompatibilità dei giudici di pace. Li ha stabiliti la Corte costituzionale
con la sentenza n. 60 depositata ieri. La Consulta ha imposto una correzione della legge istitutiva del
giudice di pace (legge374/91, modificata dalla legge 468/99) e ha giudicato in contrasto con la
Costituzione la norma che sancisce l'
incompatibilità nell'
intero territorio nazionale nel caso in cui il
coniuge, il convivente, parenti fino al secondo grado o affini entro il primo grado del giudice svolgano
abitualmente attività professionale per imprese di assicurazione. La Corte ha stabilito che
l'
incompatibilità deve essere limitata «al circondario del tribunale nel quale detta attività professionale è
esercitata». «Ferma restando l'
insindacabilità delle scelte discrezionali del legislatore, quando sorrette
da valutazioni non irragionevoli,si deve notare - si .legge nella sentenza - che la previsione di una
incompatibilità parentale assoluta ed estesa a tutto il territorio nazionale, dettata solo per i giudici di
pace, si presenta come una deroga estranea al sistema delle norme sulle incompatibilità dei giudici, sia
professionali che onorari».
Questo tipo di incompatibilità, secondo la Corte, «esclude dalla possibilità di ottenere la nomina a
giudice di pace una categoria potenzialmente molto vasta di cittadini, in possesso degli ulteriori
requisiti di legge, per la semplice circostanza di avere parenti o affini operanti, nel settore in questione.
In qualunque luogo della Repubblica»,
La Corte conclude affermando che «l'
istituzionalizzazione di un sospetto di influenzabilità dei parenti o
affini di soggetti che operano nel ramo assicurativo appare insufficiente contrappeso rispetto alla
restrizione della sfera giuridica degli aspiranti giudici di pace in confronto alle altre categorie di giudici
onorari».
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Il sistema previdenziale sostenibile
di Stefano Rosa - Responsabile Nazionale Aiga per la Previdenza
Le problematiche afferenti la sostenibilità dei sistemi previdenziali delle casse private, ed in particolare della
cassa forense, sono ormai sul tappeto e ben inquadrate. La relazione della Commissione Amoroso, licenziata
neanche un mese fa in termini di indagine conoscitiva sulla sostenibilità del sistema delle casse private nel medio
lungo periodo, è assolutamente eloquente.
È ora quindi di passare ad una attenta analisi delle soluzioni prospettate per individuare quella che, offrendo le
migliori garanzie di rispetto delle esigenze di tutti i soggetti interessati, dovrà essere adottata quale riforma
condivisa .
Tempi di realizzazione, moduli comunque elastici di adattamento congiunturale nel medio-lungo periodo e
quant'
altro sarà necessario fare per la concreta messa a regime del nuovo sistema, potranno trovare sempre
migliori approfondimenti ed accorgimenti attraverso lo studio, la elaborazione e i suggerimenti degli esperti. Ma
una cosa va fatta subito: dettare le regole ossia perimetrare con accortezza il solco entro il quale gli strumenti
dovranno essere usati.
Oggi abbiamo ascoltato le proposte di soluzione provenienti dal mondo scientifico e da quello istituzionale ed a
queste vorremmo aggiungere la Nostra, che è la voce dei giovani avvocati, coloro che sono investiti in modo
importante dal problema in quanto rischiano, in caso non si risolva, di trascinarlo con sé o, meglio, portarselo
dietro per tutto il corso della vita lavorativa senza che alla fine vi sia l'
appagamento delle legittime aspettative e
quindi con il paradossale risultato di vedere distorto il patto di equità generazionale sotteso al sistema
pensionistico in maniera clamorosa: infatti, ed è questo il punto, i giovani avranno partecipato al patto fornendo
energie e risorse agli anziani e quest'
ultimi avranno goduto della contribuzione giovanile senza avere apportato
nulla.Anche nella citata relazione della Commissione Bicamerale si legge che «i giovani dovranno, con i loro
contributi, garantire al tempo stesso la «solidarietà» ai professionisti in pensione e creare un montante per
garantirsi la propria pensione. È una situazione paradossale in cui i giovani devono provvedere, in parte, alle loro
future pensioni e, per altra parte, a colmare quel debito attuariale e latente che il sistema retributivo ha creato».
Il mondo scientifico, mediante il Nostro ospite prof. Angrisani, profila la soluzione di corroborare il pilastro
obbligatorio a ripartizione con una quota a capitalizzazione consistente al punto da divenire quota strutturale e
così, praticamente di sostegno.
Il pianeta istituzionale, a mezzo del Suo autorevole rappresentante presidente De Tilla, annuncia che la soluzione
tecnica, ed anche politica, consiste nella realizzazione di un secondo pilastro complementare dotato di tale forza
e autonomia da relegare il problema della sostenibilità a parva materia. In sostanza il primo pilastro potrà essere
anche dimenticato perché il problema non è se avere uno o due sorsi d'
acqua in più o in meno durante la Nostra
vecchiaia: sarebbe quasi offensivo per l'
intelligenza delle persone. Bisogna passare ad un modo nuovo di
ragionare pur non svincolandosi dai paradigmi di solidarietà ed equità ma creando i presupposti perché ognuno
abbia la garanzia del proprio futuro partecipandone in modo diretto la costruzione.
Va detto che la soluzione scientifica appare apprezzabile in quanto connotata da elementi tecnici indiscutibili e
peraltro volti ad una mediazione oggettiva degli interessi in gioco. Comunque non sono ravvisabili conflittualità
di altro carattere che non sia quello delle scuole di pensiero dei vari economisti ed attuari.
La nuova soluzione istituzionale appare invece affascinante, accattivante e certamente valida in termini
propositivi anche se andranno valutati gli elementi di contorno relativi alla concreta realizzazione. Dovranno
essere armonizzati gli aspetti, in rapida elencazione, della tipologia delle prestazioni con l'
amministrazione delle
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risorse, dei soggetti destinati al deposito con la gestione finanziaria e naturalmente, last but not least, la
correlazione dapprima tra tutte le casse private, quali vari soggetti compartecipi, e poi con gli organi ed enti
gestori di vigilanza.
La differenza, per quanto ci riguarda, potrà essere anche relativa ma è importante che all'
interno delle soluzioni
prospettate, venga considerata quella che invece è la proposta tecnica dell'
Aiga.
Ferme restando le dichiarazioni di principio che l'
Associazione ha avanzato in ogni sede di discussione e così
riassumibili:
1) il calcolo attuariale va esteso a dimensioni ben più ampie di quelle previste dall'
attuale normativa passando
dagli odierni 15 ad almeno 40 anni;
2) il periodo di esenzione/riduzione dell'
obbligo contributivo va ampliato ai primi dieci anni dall'
iscrizione
all'
albo professionale;
3) il computo della pensione andrà effettuato tenendo conto dell'
intero arco della la vita lavorativa;
4) è necessario il passaggio dal sistema a ripartizione a un sistema misto che preveda l'
innesco di parametri
propri del sistema contributivo;
5) l'
abbandono delle ipotesi di riforma congegnata esclusivamente sulle misure parametriche e in particolare di
quelle incidenti soltanto sulla leva delle entrate;
6) occorre intervenire, in nome di un'
effettiva solidarietà capace di distribuire equamente benefici e sacrifici,
anche sulla leva delle uscite (ovvero sul debito pensionistico) superando le difficoltà derivanti dalla pretesa
intangibilità dei cosiddetti diritti quesiti, attraverso un sistema di opportuni incentivi e disincentivi. Questi
possono riguardare le modalità di calcolo della pensione, vigenti al tempo in cui essa è maturata, ma non la
possibilità, oggi disinvoltamente concessa, di andare in pensione, rimanendo iscritto all'
albo. La possibilità di
percepire la pensione senza cancellarsi dall'
albo potrebbe infatti essere riconosciuta a condizione che il
pensionato scelga di sottoporre una quota delle annualità, computate per il calcolo della pensione, al sistema
contributivo.
Oggi l'
Aiga, quale sintesi tecnica della propria posizione politica, chiede che la riforma strutturale del sistema
previdenziale della cassaforense, da realizzare in ogni caso anche preliminarmente ad ogni ipotesi di
compartecipazione o di unione delle casse private, preveda di innestare all'
interno del canale principale della
contribuzione obbligatoria una derivazione di carattere complementare che abbia il duplice intento in primis di
salvaguardare le pensioni future mantenendole allo stesso livello di prestazione attuale e, caratteristica altrettanto
irrinunciabile, di non incidere in termini di prelievo nelle tasche dei giovani professionisti.In pratica, per quanto
riguarda i giovani avvocati, si deve pensare che il contributo integrativo del 2 per cento oggi è destinato non al
trattamento pensionistico bensì all'
assistenza, che però non presenta aspetti di crisi finanziaria né attuale né futura
(anche perché corroborato dal contributo soggettivo di solidarietà del 3 per cento sui redditi oltre una certa
misura). Peraltro costituisce un introito per la Cassa pari a 125 milioni di euro all'
anno per cui copre in maniera
abbondante la solidarietà assistenziale.
La quota residua, magari incrementata dall'
aumento almeno di un punto del contributo soggettivo di solidarietà,
potrà essere destinata a creare la sacca cd complementare, secondo proporzione legata al gettito contributivo
obbligatorio di ciascuno, e quindi costituire la base della riforma per una nuova previdenza.
L'
innalzamento delle previsioni attuariali, auspicato dall'
Aiga e sancito quale principio logico tecnico
indiscutibile dalla Commissione Bicamerale, costituirà lo strumento di calibro e controllo per adeguare
costantemente la riforma nel modo migliore.
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