ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Ufficio stampa Rassegna stampa 8 aprile 2008 Responsabile : Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected]) 1 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA SOMMARIO Pag. 3 AVVOCATI: Privacy per legali (il sole 24 ore) Pag. 4 TARIFFE: Antitrust: dagli Albi liberalizzazioni frenate (il sole 24 ore) Pag. 5 TARIFFE FORENSI: Le tariffe forensi sono legittime mondo prfoessionisti) Pag. 6 ELEZIONI: Giustizia, ministro Scotti: "Tema sottovalutato nei programmi" (www.metropolisweb.it) Pag. 7 ELEZIONI: Studi ancora penalizzati nella politica di incentivi di Gaetano Stella - Presidente Confprofessioni (il sole 24 ore) Pag. 8 GIUDICI DI PACE: Niente iscrizione all'Albo degli avvocati per il giudice di pace che esercita da più di dieci anni (diritto e giustizia) Pag. 9 GIUDICI DI PACE: Niente Albo avvocati per i giudici di pace (italia oggi) Pag.10 GIUDICI DI PACE: Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 12 febbraio – 4 aprile 2008, n. 8737 - Presidente Vittoria – Relatore Balletti Pm Ceniccola – conforme – Ricorrente Pisarra (diritto e giustizia) Pag.12 ANTIRICICLAGGIO: Antiriciclaggio, professioni a rilento (il sole 24 ore) Pag.13 ANTIRICICLAGGIO: Verifica della clientela ancora in rodaggio (il sole 24 ore) Pag.14 L’INTERVENTO: Giustizia malata, una zavorra per le imprese di Andrea R. Castaldo - Ordinario di Diritto penale, Università degli studi di Salerno (il sole 24 ore) Pag.15 PROFESSIONI: Concorrenza senza steccati (italia oggi) 2 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE In arrivo il codice deontologico Privacy per legali Attività forense a prova di privacy. E’ in arrivo il codice deontologico per avvocati, praticanti e investigatori privati. Il Garante ha messo a punto uno schema preliminare e adesso aspetta le osservazioni delle categorie interessate, che dovranno essere sottoposte all’Authority entro il 30 aprile prossimo. I suggerimenti dovranno essere inviati via mail all’indirizzo codice-forense@ garanteprivacy.it. La bozza delle regole di buona condotta — di cui è possibile prendere visione sul sito dell’Autorità (www.garanteprivacy.it) — interessa l’attività forense svolta in forma individuale, associata o societaria nonché coloro che, sulla base di uno specifico incarico anche da parte di un difensore, effettuano investigazioni private. Nel documento si trovano le regole per raccogliere, utilizzare e conservare i dati personali nel rispetto del Codice della privacy (Dlgs 196/2003). Tema che — si sottolinea nello schema di documento - deve diventare parte della formazione permanente del professionista. Da mettere sotto tutela sono tutte le informazioni personali acquisite nell’ambito di indagini difensive oppure per far valere e difendere un diritto in sede giudiziaria, ma pure nel corso di un procedimento, anche in sede amministrativa, di arbitrato odi conciliazione, così come nella fase propedeutica all’instaurazione di un eventuale giudizio o in quella successiva della sua definizione. A.Che. 3 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Authority. Nuove indiscrezioni sull’indagine Antitrust: dagli Albi liberalizzazioni frenate Ordini ancora poco liberalizzati. Ancora troppe le cautele e le ambiguità, secondo l’Antitrust. «Perchè se si deroga ai minimi ma poi li si vincola al decoro della professione e al rispetto per la prestazione, si vanifica. nella pratica, l’apertura alla concorrenza”. Così come la pubblicità, che salvo in un paio di casi, è molto cauta e, si precisa, «informativa e non comparativa”. Le indiscrezioni che periodicamente emergono sull’indagine conoscitiva dell’Antitrust (in fase di stesura) sull’adeguamento di Ordini e Collegi professionali alla disciplina delle liberalizzazioni decisa dal decreto Bersani del 2006, confermano le indicazioni filtrate un anno fa e le recenti parole dello stesso presidente dell’Authority, Antonio Catricalà (si veda «Il Sole 24 Ore» del 9 marzo scorso). Secondo l’Authority, sinora solo il 30% circa dei 14 Ordini sotto esame si è adeguato pienamente al dettato del decreto. Soprattutto, gli Ordini fanno riferimento, nei codici, alle leggi vigenti (che hanno abolito l’inderogabilità dei minimi, il divieto di pubblicità e di costituire società interdisciplinari). Ma il continuo riferimento al decoro della professione nell’applicazione delle tariffe, così come la pubblicità «informativa, non elogiativa né comparativa», non incoraggiano all’utilizzo delle nuove opportunità. Secondo l’Antitrust, i minimi restano una soglia (sotto la quale non si va anche per timore di essere posti sotto esame dall’Ordine) e sulla pubblicità mancano le iniziative (nessuna sperimentazione in Tv, radio, giornali locali, volantinaggio). Parole di elogio solo per geometri (che ammettono la pubblicità comparativa), periti industriali e psicologi (soprattutto perla carta su prezzi e qualità delle prestazioni elaborata con gli enti dei consumatori). La replica giunge da Raffaele Sirica, presidente del Consiglio nazionale degli architetti e del Cup (il comitato unitario delle professioni): «Continua l’ingiustificata criminalizzazione dei professionisti e l’ennesima censura dell’Antitrust ai codici deontologici». C’è da chiedersi, ha concluso Sirica, «come mai le posizioni degli Ordini trovino più ascolto nel Parlamento Ue e nella Corte di Giustizia, che in Italia». Laura Cavestri 4 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA MONDO PROFESSIONISTI Le tariffe forensi sono legittime "Il mantenimento di un tetto massimo delle tariffe professionali, anche con riferimento alle prestazioni che hanno ad oggetto il diritto societario o amministrativo, è nell'interesse dei consumatori e li garantisce da eventuali abusi contrattuali". Lo afferma il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa nel commentare la decisione della direzione Mercato interno della Commissione europea di procedere nella procedura di infrazione per violazione degli articoli 43 e 49 e di intimare all'Italia l'abrogazione dei tetti massimi entro due mesi pena il deferimento davanti alla Corte di giustizia delle comunità europee. D'altra parte gli avvocati hanno dalla loro i precedenti giurisprudenziali. "La disciplina italiana delle tariffe nei servizi professionali, -prosegue Alpa- in particolare nei confronti delle attività forensi è stata ritenuta conforme all'ordinamento comunitario dalla giurisprudenza consolidata, costante e anche recente della Corte di giustizia Ue. Si invita pertanto -conclude- il governo italiano a resistere alle pressioni della Commissione europea in quanto in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia". Sulla stessa linea il presidente dei giovani avvocati (Aiga), Valter Militi secondo il quale la decisione del Commissario al Mercato Interno "è l'ennesimo portato di quel pensiero unico che fa della concorrenza senza regole un dogma indiscutibile pur limitandone gli effetti ai rapporti civili e commerciali e senza considerare che anche in questi ambiti possono entrare in gioco diritti fondamentali della persona". Comunque, continua il leader dei giovani avvocati, "l'impostazione di McCreevy è più coerente di quella di Bersani che abolì solo i minimi tariffari, misura che lungi dal favorire il consumatore, ha recato benefici solo alla committenza forte". In buona sostanza, si tratta, ha concluso Militi, dell'ennesima sconfessione del decreto sulla competitività ed averlo sempre ripetuto non fa che aumentare l'amarezza". 5 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA WWW.METROPOLISWEB.IT Giustizia, ministro Scotti: "Tema sottovalutato nei programmi" NAPOLI - IL ministro della Giustizia Luigi Scotti si dice ´´meravigliato´´ per la ´´sottovalutazione della giustizia che c´e´ nei programmi elettorali di tutti i partiti´´. Il ministro, che si e´ confrontato a Napoli con gli interventi tesi e polemici degli avvocati, in una iniziativa organizzata dall´Unione regionale dei consigli dell´Ordine Forense della Campania, ha detto di condividere ´´buona parte delle analisi ascoltate´´. ´´Riconosciamolo, la situazione e´ drammatica´´ ha detto il ministro e richiamandosi ad uno degli interventi ha aggiunto ´´34 riti differenziati sono una enormita´, siamo alla impraticabilita´ giuridica´´. D´accordo con le critiche degli avvocati il ministro si e´ detto anche sul problema dei minimi tariffari. ´´La loro abolizione significa portare la concorrenza sul terreno di prodotti scadenti. Questo aspetto va rivisto e credo che ormai anche le forze politiche che hanno proposto l´abolizione si siano ricredute´´. ´´E´ vero - ha proseguito Scotti, richiamando un´espressione dell´avvocato Andrea Pisani Massamormile - c´e´ bisogno di combattenti, ed e´ vero che fare il magistrato oppure l´avvocato in alcuni distretti e´ un atto di eroismo, ma dobbiamo vivere in un paese nel quale non sia piu´ necessario fare gli eroi´´. Ai giornalisti che gli hanno chiesto se condividesse anche la richiesta, riproposta dagli avvocati, della separazione delle carriere tra magistratura giudicante ed inquirente, il ministro ha replicato: ´´La priorita´ sono i tempi della giustizia, una macchina che non funziona. Io abbandonerei certe divaricazioni di carattere ideologico. la risposta che dobbiamo dare ai cittadini e´ quella sulla lunghezza dei processi´´. 6 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE CATEGORIE E PROGRAMMI/Confprofessioni Studi ancora penalizzati nella politica di incentivi di Gaetano Stella - Presidente Confprofessioni Imprese e professionisti,le scelte per il Paese»: Ferruccio de Bortoli in un editoriale pubblicato agli inizi della campagna elettorale (si veda «Il Sole 24 Ore» del 16 febbraio) auspicava «che non si perda la necessaria attenzione al cuore produttivo e sociale del nostro Paese, costituito dalle imprese, gli autonomi e i professionisti». De Bortoli sollecitava attenzione alla «generazione pro-pro (produttori e professionisti) che racchiude un universo di eccellenze». Nonostante i richiami, le ricette economiche e sociali di Walter Veltroni, così come quelle di Silvio Berlusconi, benché ancora da misurare sul piano delle coperture finanziarie e da soppesare in un contesto economico che una crescita ormai prossima allo zero, non sono all’altezza non tanto delle aspettative, ma delle potenzialità di un comparto, quello professionale, che copre i quattro punti cardinali della crescita del nostro Paese: economia, salute, territorio e giustizia, incrociando quotidianamente i bisogni e le speranze delle imprese e dei cittadini. Cosa c’è dietro una diagnosi, un master plan fiscale, il calcolo di una volumetria o la retorica di un’arringa? Ci sono 1,8 milioni di professionisti, lo zoccolo duro di un comparto produttivo con oltre 4 milioni di operatori che producono il 12,5% del Pil nazionale, «che fa, investe, innova, studia», al pari delle aziende. Purtroppo, la nostra classe politica ha una rappresentazione errata dei professionisti e dei saperi che possono mettere al servizio del sistema Italia; una visione distorta, frutto dell’equivoco — mai del tutto chiarito — che ruota intorno al riassetto degli Ordini e dei Collegi professionali: una litania che va avanti da almeno 15 anni e che ha relegato le attività intellettuali a un ruolo di comparsa sulla scena economica e sociale. Nell’ultimo decennio libere professioni e forze politiche hanno maturato principi condivisi, sfociati nella cosiddetta “bozza Mantini-Chicchi”: un approccio di “autoriforma” che, anche grazie al contributo di Confprofessioni, la Confederazione che rappresenta 16 sigle associative di categoria, chiarisce a chi spetti il controllo, il governo e la gestione del comparto del lavoro intellettuale. Se fosse questo il nodo che soffoca .o sviluppo de! sistema professionale, qualsiasi maggioranza politica che verrà potrebbe già disporre delle basi per varare la riforma nei primi cento giorni di Governo e a costo zero. Ma non è questo il punto. Il nuovo contesto economico e l’evoluzione normativa comunitaria, prima ancora delle liberalizzazioni del ministro Pierluigi Bersani, hanno dato un nuovo assetto al sistema professionale, che ha saputo cogliere al volo le nuove esigenze del mercato, introducendo una serie di strumenti innovativi (per esempio le coperture assicurative di responsabilità professionale, la formazione continua, il praticantato retribuito, le nuove forme di previdenza e di assistenza sanitaria per i dipendenti messi in campo da Confprofessioni) che pongono gli studi sullo stesso piano delle imprese. L’introduzione “coatta” del capitale nelle società tra professionisti, fermo restando la titolarità del valore intellettuale della prestazione e del rapporto che lega il professionista al suo cliente, potrebbe poi ulteriormente limare le distanze tra aziende e studi. Ma a questo punto i conti non tornano. Sul fronte legislativo, l’azione degli ultimi Governi ha disboscato una fitta trama di norme in nome della semplificazione, fino a spingersi alla riduzione del cuneo fiscale. Bene, ne hanno beneficiato le imprese, gli studi un po’ meno. E la stessa equazione si ripete anche con gli incentivi di natura fiscale e contributiva che, sistematicamente non trovano applicazione nel comparto professionale. Se non dopo le dure battaglie di Confprofessioni, come accaduto per i contratti d’inserimento. Sono solo alcune considerazioni, tra le tante, ma danno la sensazione ai professionisti che la campagna elettorale li abbia messi in secondo piano. 7 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA DIRITTO E GIUSTIZIA Niente iscrizione all'Albo degli avvocati per il giudice di pace che esercita da più di dieci anni La Cassazione sottolinea le differenze fra giudici onorari e di carriera: i primi non hanno diritto ad essere iscritti nell’albo degli avvocati, anche se hanno esercitati per più di dieci anni. A questa conclusione sono pervenute le Sezioni unite civili della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 8737 del 4 aprile 2008 (qui leggibile come documento correlato), hanno respinto il ricorso di un giudice di pace che chiedeva, dopo aver esercitato per più di un decennio, l’iscrizione di diritto, nell’albo degli avvocati. Il Consiglio dell’Ordine di Busto Arsizio aveva respinto la richiesta. Lo stesso aveva fatto il Consiglio nazionale forense. Così il giudice ha impugnato la decisione in Cassazione ma, ancora una volta, senza alcun successo. Sullo sfondo, come sempre accade in questi casi, c’è una richiesta se non di equiparazione, fra magistratura onoraria e di ruolo, almeno un avvicinamento. Ma davanti alla Suprema corte le differenze sono diventate ancora più evidenti. Fermo restando, ha premesso il Collegio esteso, che “i giudici di pace fanno parte dell’ordine giudiziario siffatta appartenenza (come magistrato onorario) è meramente formale e non riveste carattere organico”. Non solo. «La netta distinzione tra magistrati di ruolo e magistrati onorari deriva sia dal sistema di nomina (mediante concorso pubblico il primo), sia dalla temporaneità e tendenziale gratuità delle funzioni esercitate dal secondo». Da qui deriva, fra l’altro, hanno spiegato ancora le Sezioni unite civili di Piazza Cavour, la legittimità della differenza dei compensi riservati ai giudici togati. Ciò a discapito delle richieste che da anni i magistrati onorari fanno sull’adeguamento dei loro compensi. Per tutti questi motivi la Cassazione ha messo la parola fine alla vicenda affermando espressamente che «l’esercizio delle funzioni di giudice di pace non può essere equiparato a quello di magistrato inquadrato nell’ordine giudiziario e, quindi, non può consentire l’iscrizione di diritto del giudice di pace nell’albo degli avvocati per il mero decorso dell’arco temporale stabilito dalla legge». (deb.alb) 8 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Cassazione: per chi è in carica da 10 anni Niente Albo avvocati per i giudici di pace La Cassazione aumenta le distanze fra giudici onorari e di carriera: i primi non hanno diritto a essere iscritti nell'Albo degli avvocati, anche se sono in carica da più di dieci anni. I magistrati togati, invece, sì. Lo hanno deciso le Sezioni unite civili della Corte di cassazione che, con la sentenza n. 8737 del 4 aprile 2008, hanno respinto il ricorso di un giudice di pace che chiedeva, dopo aver esercitato per molti anni, l'iscrizione, cosiddetta di diritto, nell'Albo degli avvocati. Il Consiglio dell'Ordine di Busto Arsizio aveva respinto la richiesta. Dello stesso parere era stato anche il Consiglio nazionale forense. Così il giudice ha impugnato la decisione in Cassazione ma, ancora una volta, senza alcun successo. Sullo sfondo, come sempre accade in questi casi, c'è una richiesta se non di equiparazione, fra magistratura onoraria e di ruolo, almeno di avvicinamento. Ma al «Palazzaccio» il divario fra le due categorie si è aperto ancora di più: la Suprema corte ha fatto una serie di precisazioni mettendo l'accento sulle sostanziali differenze fra magistrati onorari e giudici che la stessa Corte ha definito «di carriera». Fermo restando, ha premesso il Collegio esteso, che «i giudici di pace fanno parte dell'ordine giudiziario, siffatta appartenenza (come magistrato onorario) è meramente formale e non riveste carattere organico». Non solo. «La netta distinzione tra magistrati di ruolo e magistrati onorari deriva sia dal sistema di nomina (mediante concorso pubblico il primo), sia dalla temporaneità e tendenziale gratuità delle funzioni esercitate dal secondo». Da qui deriva, fra l'altro, hanno spiegato ancora le Sezioni unite civili di piazza Cavour, la legittimità della differenza dei compensi riservati ai giudici togati. Ciò a discapito delle richieste che da anni i magistrati onorari fanno sull'adeguamento dei loro compensi. Per tutti questi motivi la Cassazione ha messo la parola fine alla vicenda affermando espressamente che «l'esercizio delle funzioni di giudice di pace non può essere equiparato a quello di magistrato inquadrato nell'ordine giudiziario e, quindi, non può consentire l'iscrizione di diritto del giudice di pace nell'Albo degli avvocati per il mero decorso dell'arco temporale stabilito dalla legge». Ora, se il giudice di Busto Arsizio vuole proprio esercitare come avvocato dovrà fare la pratica forense e poi sostenere l'esame di stato. Debora Alberici 9 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 12 febbraio – 4 aprile 2008, n. 8737 Presidente Vittoria – Relatore Balletti Pm Ceniccola – conforme – Ricorrente Pisarra Svolgimento del processo Con provvedimento in data 24 aprile/4 giugno 2005 il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Busto Arsizio rigettava la domanda di iscrizione all'albo degli avvocati presentato dal dott. Michele Aldo Pisarra che assumeva di averne maturato il diritto avendo svolto, per un periodo superiore a dieci anni, le funzioni di "giudice di pace". Il cennato provvedimento veniva impugnato dal dott. Pisarra con ricorso in data 30 maggio 2005 al Consiglio Nazionale Forense, che, con decisone del 15 dicembre 2005/21 novembre 2006, rigettava detto ricorso. Per l'annullamento di tale decisione il dott. Michele Aldo Pisarra propone ricorso alle Sezioni Unite ex art. 56 del r.d.l. n. 1578/1933 assistito da un motivo. Il Consiglio Nazionale Forense e il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Busto Arsizio non hanno spiegato attività difensiva, ancorché ritualmente raggiunti dalla notificazione del ricorso. Motivi della decisione I - Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente -denunciando "violazione dell'art. 26 lett. b del r.d.l. n. 1578/1933 convertito in legge n. 36/1934" formula il seguente quesito di diritto: «se l'esercizio delle funzioni di giudice di pace possa essere equiparato a quello di Magistrato inquadrato nell'Ordine Giudiziario e per l'effetto consentire, ai sensi dell'art. 26 cit., per il mero decorso dell' arco temporale stabilito ex lege, l' iscrizione di diritto nell'albo degli avvocati». II/a - Il ricorso come dianzi proposto si appalesa infondato. Al riguardo deve premettersi che, se anche non può disconoscersi che il giudice di pace - il quale esercita la giurisdizione e la funzione conciliativa in materia civile ex art. 1, primo comma, della legge n. 374/1991 e, in materia penale, ha la competenza siccome fissata degli artt. 35 e 36 della legge n. 374 cit. - faccia parte dell'"Ordine Giudiziario" (testualmente, ex art. 1, secondo comma, della legge n. 374 cit.: «l'ufficio del giudizio di pace è ricoperto da un magistrato onorario appartenente all'ordine giudiziario» pur tuttavia siffatta appartenenza (come "magistrato onorario") è meramente formale e non riveste carattere organico (così Cass. n. 4905/1997). Per vero la netta differenziazione tra “magistrati di ruolo” e "magistrati onorari” deriva sia dal sistema di nomina ,- mediante concorso per il primo, tranne le eccezioni espressamente previste [così per quella ex. art. 106, 3° comma, Cost. il quale prevede, con deroga alle regole del concorso (di cui all'art. 33, comma 5°, Cost.), la nomina a consigliere di cassazione per meriti insigni] -, sia dalla temporaneità (per la durata dell'ufficio di giudice di pace v. art. 7 della legge n. 374 cit.) e tendenziale gratuità (l'art. 11 della legge n. 374 cit. sancisce che «l'ufficio del giudice di pace è onorario» e prevede solo la corresponsione di specifiche «indennità») delle funzioni esercitate dal secondo. Pervero, il periodo di esercizio dell'attività giurisdizionale per l'iscrizione all'albo degli avvocati, richiesta per i magistrati, 10 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA attiene ad una scelta del legislatore, ma non fa venire meno la rilevanza attribuita al superamento del concorso; né un argomento contrario può evincersi dalla richiesta della laurea in giurisprudenza che come si sostiene - non avrebbe senso per il magistrato ordinario; il requisito ha, infatti, carattere generale, e, anche se ultroneo per il magistrato ordinario, ben può riferirsi, ad esempio, al professore di ruolo nelle università, che non ne deve essere necessariamente munito. II/b - I cennati argomenti sinteticamente esposti confermano che il legislatore, in applicazione del 2° comma dell' art. 106 Cost. ha tenuto ferma, per la categoria di cui si discute, la sostanziale distinzione già esistente nella legge sull'ordinamento giudiziario fra ''giudici di carriera e giudici onorari" (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 11272/1998). Anche la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 4 7 9/2000, ha motivato la declaratoria di manifesta infondatezza della questione di costituzionalità degli artt. 3 della legge n. 27/1981 e 1 e 2 della legge n. 425/1984, rimarcando come non siano tra loro raffrontabili, ai fini di uno scrutinio di costituzionalità, la posizione dei magistrati professionali e quella dei magistrati onorari, né le varie categorie di magistrati onorari tra di loro, trattandosi di pluralità di situazioni, differenti tra loro, per le quali il legislatore, nella sua discrezionalità, ben può stabilire trattamenti differenziati. Sotto altro, se pure pertinente, profilo questa Corte ha statuito che la disciplina dei compensi per il giudice di pace è dettata esclusivamente dalle fonti che specificatamente li contemplano, dovendosi escludere ogni integrazione mediante il ricorso a regole dettate per rapporti di natura diversa e dovendosi, in particolare, escludere l'estensibilità ai giudici di pace di indennità (nella specie, quella di cui all'art. 3 legge n. 27 del 1981 come interpretato dall'art. 1 legge n. 425 del 1984) previste per i giudici togati, che svolgono professionalmente e "in via esclusiva" funzioni giurisdizionali ed il cui trattamento economico è articolato su parametri del tutto differenti (Cass. n. 1622/2001). Più di recente la Corte Costituzionale ha espressamente confermato che «secondo la giurisprudenza della Corte, la posizione dei magistrati che svolgono professionalmente ed in via esclusiva funzioni giurisdizionali non è raffrontabile a quella di coloro che svolgono funzioni onorarie, ai fini della valutazione del rispetto del principio di uguaglianza invocato dal giudice rimettente: situazioni diverse devono essere disciplinate in modo diverso, per evitare che un giudizio di forzata parificazione possa produrre, a sua volta, nuove e più gravi disparità di trattamento giuridico» (Corte Cost. n. 60/2006). III - In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte con riferimento all'excursus giurisprudenziale sinteticamente summenzionato, vale ribadire l'infondatezza del ricorso proposto da Michele Aldo Pisarra, per cui - in senso specularmene opposto alla conclusione del quesito di diritto formulato dal ricorrente - si statuisce che «l'esercizio delle funzioni di giudice di pace non può essere equiparato a quello di magistrato inquadrato nell'"ordine giudiziario" e, quindi, non può consentire l'iscrizione di diritto del giudice di pace nell'albo degli avvocati per il mero decorso dell'arco temporale stabilito ex lege». Non è da provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, nel quale gli intimati non hanno svolto attività difensiva. P.Q.M. la Corte, a Sezioni Unite civili, rigetta il ricorso; nulla sulle spese del giudizio di cassazione. 11 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Obblighi comunitari. Più indicazioni (12mila) ma gli Albi segnano il passo Antiriciclaggio, professioni a rilento Sono in aumento costante le segnalazioni delle operazioni sospette di riciclaggio trasmesse all’Ufficio italiano cambi: lo scorso anno hanno raggiunto quota 12 mila, contro le 9.800 del 2006 e le 8.500 del 2005. Ma il contributo dei professionisti, già minimo nel 2006 (gli obblighi si applicano agli studi dal 22 aprile di due anni fa), si è ridotto ancora. Infatti nel 2007 solo 174 segnalazioni — vale a dire l’1,45% del totale—sono partite dagli studi, contro le 237 dell’anno precedente. I dati — trasmessi nei giorni scorsi al ministero dell’Economia dall’Unità di informazione finanziaria (Uif) succeduta all’Uic parlano chiaro. La massa delle segnalazioni arriva dagli operatori finanziari, chiamati a sorvegliare le transazioni già da tempo. I professionisti, invece, sono ancora in rodaggio e faticano ad adattarsi al molo di “controllori” delle operazioni dei clienti. Il risultato è il basso numero di segnalazioni. Il 60,3% (105 su 174) è arrivato dai circa 5 mila notai, che distanziano di molto gli altri professionisti mobilitati dalle norme antiriciclaggio: solo 31 sono stati i campanelli d’allarme suonati dai 60 mila dottori commercialisti e 16 dai 40 mila ragionieri (il cui dato è accorpato a quello dei tributaristi) che l’anno scorso erano ancora divisi in due Albi; i 170 mila avvocati hanno inviato 8 segnalazioni e i 22 mila consulenti del lavoro appena una. Il calo degli avvisi inviati dai professionisti dipende soprattutto dai notai, che nel 2006 avevano inoltrato 170 avvisi. «Nel primo anno di applicazione degli obblighi — spiega Bruno Barzellotti, componente del Consiglio nazionale del notariato — alcuni notai hanno comunicato tutte le transazioni. Un numero inferiore rivela un uso più accorto dello strumento». Sono invece rimaste quasi invariate, dai 2006 al 2007, le segnalazioni di dottori commercialisti e ragionieri. in particolare, non è possibile stimare l’impatto dell’arruolamento dei tributaristi nella lotta al riciclaggio, operativo dai 25 maggio dell’anno scorso: le loro comunicazioni sono accorpate a quelle dei ragionieri, passate dalle 15 del 2006 alle 16 del 2007. «Le nostre segnalazioni potrebbero aumentare già da quest’anno - annuncia Enrico Maria Guerra, componente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili—perché il decreto legislativo 231/07, che ha riscritto le regole antiriciclaggio, ha esteso il monitoraggio ai reati fiscali». Neppure avvocati e consulenti del lavoro sono stupiti dèfl’esiguo numero delle operazioni sospette individuate dai-colleghi. Giuseppe Colavitti, responsabile dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense, ricorda che «gli avvocati sono chiamati a monitorare un’area limitata di operazioni», mentre Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei consulenti, evidenzia che «i nostri clienti sono per lo più piccole e medie imprese, dove il fenomeno di riciclaggio è residuale». Ma che ne è stato delle 12 mila segnalazioni arrivate all’Uic nel 2007? Per saperlo sarà necessario attendere. Infatti, se una parte delle comunicazioni (900) stata archiviata direttamente dall’organismo, altre 300 sono state inviate all’autorità giudiziaria e sulle restanti stanno lavorando gli organi investigativi. Valentina Maglione 12 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Denaro sporco. I vincoli dettati dall’antiriciclaggio piombano negli studi Verifica della clientela ancora in rodaggio Adempimenti mutuati da soggetti più strutturati La verifica della clientela rappresenta, senza alcun dubbio, uno degli oneri più incombenti per il professionista dettati dalla disciplina sull’antiriciclaggio. Il decreto legislativo n. 231/07, attuativo della direttiva 2005/60/Ce, introduce infatti alcune rilevanti novità in riferimento proprio agli adempimenti connessi alla verifica della clientela. Novità, queste, che a ben vedere non appaiono esenti da notevoli profili di criticità. In generale può osservarsi che il provvedimento attuativo ha ‘iniettato” nella disciplina antiriciclaggio alcuni principi generali comuni ai più recenti interventi normativi comunitari destinati agli intermediari finanziari. Si pensi al principio della proporzionalità degli obblighi rispetto ai servizi offerti e al tipo di cliente ovvero al principio di adeguata ed effettiva conoscenza della clientela, presenti anche nella cosiddetta “direttiva Mifid” interna di servizi di investimento (direttiva 2004/39/Ce). Segnale, questo, che se da una parte testimonia l’esigenza di convergenza e omogeneizzazione dei comportamenti degli intermediari finanziari dall’altro conferma la tendenza, non sempre scevra da critiche, a estendere adempimenti e modalità operative proprie di determinati soggetti ad altri (le categorie professionali) profondamente diversi per natura, funzioni e struttura operativa. Gli obblighi. Ai fini della concreta attuazione dei sopraindicati principi, fondamentali risultano gli obblighi connessi all’adeguata verifica del cliente che dovranno essere assolti in riferimento all’intera durata del rapporto professionale. Questa nozione, che sostituisce quella relativa agli adempimenti identificativi a oggi noti ai professionisti, fa riferimento a un amplificato obbligo di conoscenza del cliente, al tempo stesso proporzionato al rischio di riciclaggio associato al tipo di cliente. In particolare, in base alla rinnovata disciplina, agli adempimenti identificativi (relativi alla verifica dell’identità del cliente sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente ovvero dell’identità dell’eventuale titolare effettivo) si aggiungeranno, in presenza di un rapporto continuativo, ulteriori adempimenti diretti a ottenere informazioni sullo scopo e sulla sua natura e a svolgere un controllo costante nel corso del rapporto stesso. I dubbi operativi. Come si può osservare si tratta di un ulteriore aggravamento degli adempimenti cui però non appare accompagnarsi la necessaria chiarezza sulle relative procedure operative. In tal senso non appare esaustiva l’individuazione dei contenuti e delle modalità concrete di attuazione dell’obbligo di un controllo costante che, in base a quanto attualmente previsto dalla normativa (articolo 19, comma 1, lettera c del Dlgs n. 231/07), si esplica nell’analisi delle transazioni concluse, nella verifica della compatibilità con la conoscenza del cliente, delle sue attività e dell’origine dei fondi e nel costante aggiornamento dei dati acquisiti. Il Consiglio nazionale. Consapevole dì queste e altre criticità che, di fatto, rischiano di rendere scarsamente efficace la normativa rispetto alle finalità di prevenzione e contrasto di fenomeni di riciclaggio, il Consiglio nazionale ha costituito un apposito gruppo di lavoro che sta predisponendo le procedure per il concreto adempimento, da parte degli iscritti, degli obblighi di adeguata verifica della clientela e, al tempo stesso, ha richiesto in una prospettiva di fattiva collaborazione con le istituzioni, i necessari chiarimenti al ministero dell’Economia e delle finanze sui profili di maggiore criticità della rinnovata disciplina. Massimo Mellacina 13 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Giustizia malata, una zavorra per le imprese di Andrea R. Castaldo - Ordinario di Diritto penale, Università degli studi di Salerno Il rapporto tra impresa e diritto è un grande assente della campagna elettorale, nonostante sia centrale perle implicazioni sullo sviluppo economico del Paese Ma è mancata soprattutto una visione d’insieme in grado di leggere — oltre il tradizionale dato della crisi della giustizia — le ricadute negative in termini economicofinanziari. E’ utile allora richiamare futuro Governo e nuovo Parlamento a una presa d’atto dello stato dell’arte e ai rimedi per evitare l’implosione del meccanismo. L’affanno dell’attuale sistema giustizia (civile e penale) è dovuto all’inflazione del numero di norme e alla concomitante lentezza nella decisione applicativa, in ipotesi di contenzioso. E’ un circuito che si autoalimenta. Nell’ambito imprenditoriale, peraltro, dagli anni ‘70 si è fatta strada una pervasiva cultura della regolamentazione, refrattaria al colore politico, in virtù dell’idea che il precetto (e la relativa sanzione) fossero il rimedio migliore per disciplinare attività, governo e controllo dell’impresa. Molto spesso, peraltro, l’intervento penale è stato visto come l’unico deterrente in grado di assicurare rispetto e generare virtuosismi nella governance. Si è aggiunto, complice una tecnica legislativa non di rado scadente, il difetto di una scarsa chiarezza della norma, che ha inevitabilmente generato il ricorso al giudice. Ultimo anello della catena, l’allungamento dei tempi, l’incertezza della decisione nell’an e nel quando. Il meccanismo perverso sedimentatosi negli anni nel tessuto sociale è stato anche alimentato ad arte da chi ha sfruttato il proprio torto per convertirlo di fatto in ragione, lucrando da lungaggini processuali, formalismi esasperati e interpretazioni ondivaghe giurisprudenziali. Insomma, fare impresa oggi rappresenta un’attività complessa e rischiosa, dove le tradizionali difficoltà del mestiere sono aggravate da un approccio problematico con il mondo giuridico. D’altra parte, un forte dissuaso- re della capacità d’investimento è rappresentato dall’incertezza del diritto e dalla denegata giustizia. L’equazione tra sviluppo d’impresa e corretto funzionamento del pianeta giustizia è una costante osservabile in qualsiasi rappresentazione democratica di Stato. Senza contare come attrarre capitali sia in larghe zone del nostro territorio ancora più disincentivato dalla forte densità di organizzazioni criminali,che impediscono all’impresa sana di stare sul mercato in condizioni di competitività. Negli ultimi tempi, poi, la politica legislativa verso l’impresa si è connotata per una sostanziale traslazione sul privato di obblighi rientranti nel potere pubblico: lo Stato ha delegato compiti di tutela e di prevenzione, istituzionalmente a esso spettanti, all’imprenditore, in alcuni misi sanzionando anche penalmente l’inosservanza (ad esempio nelle norme prevenzionali su sicurezza e ambiente, o in tema di antiriciclaggio).Se perla pubblica amministrazione ciò ha comportato risparmi di costi e scarico di responsabilità, l’imprenditore ha vissuto questa linea come un implicito messaggio di sfiducia nei suoi confronti, alimentando il diffuso malcontento per la giustizia e la distanza con il corpo politico. La non più rinviabile inversione di tendenza che il prossimo Governo avrà in carico dovrà cimentarsi con poche, ma significative linee-guida. Innanzi tutto, rinunciare alla tentazione di normativizzare ogni passaggio della vita d’impresa: una politica quindi «per sottrazione» rispetto all’attuale opzione contraria. Un asset equilibrato con una legislazione primaria d’indirizzo e una normativa regolamentare attuativa, mettendo ordine al caos imperante mediante il ricorso al testo unico. Recuperando inoltre la sanzione civile e amministrativa come terreno naturale di soluzione della trasgressione d’impresa, riservandosi un uso mirato e residuale dell’intervento penale per tutelare gli interessi più rilevanti. L’agenda dell’Esecutivo dovrà inoltre avere tra le priorità il ripristino di misure minimali di efficienza ed efficacia della giustizia. La certezza del diritto (elemento scontato ma purtroppo alla deriva) andrà coltivata sia come certezza del processo (tempi ragionevoli di durata, incidendo su sistemi formali ormai superati, ad esempio le notifiche) sia come certezza del risultato (decisioni che, pur rispettose dell’autonomia del giudicante, si inquadrino in filoni omogenei di orientamento giurisprudenziale, incentivando la cultura del precedente). Infine, la certezza dell’applicazione del risultato: ossia dell’attuazione concreta della sentenza, quale forma di ristoro del danneggiato e in generale momento essenziale perché tutti gli attori del processo comprendano il significato non simbolico della sanzione, percependo la minaccia della pena in funzione di orientamento culturale e tavola di valori ai quali riferirsi nella vita relazionale. 14 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI I tributaristi dell'Ancot difendono il riconoscimento delle associazioni Concorrenza senza steccati È il mercato che seleziona i professionisti Continuano le prese di posizione contro la nostra figura professionale e la regolamentazione delle associazioni professionali da parte del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti. Quest'ultimo ha annunciato il ricorso alla magistratura per l'impugnativa del decreto 206/2007 di recepimento della direttiva comunitaria e definisce la regolamentazione delle associazioni una specie di «condono» quando gli atti di professione rientrano nell'ambito delle competenze tipiche di professioni già dotate di un ordine. È necessario chiarire che l'art. 33 della Costituzione si fonda su un concetto unico e inequivocabile. L'esame di stato serve quando si devono esercitare atti di professione soggetti a «riserva» in quanto investono interessi costituzionalmente garantiti, altrimenti perde di senso. Infatti, se un atto professionale può essere eseguito da qualsiasi persona, perché mai lo stato se ne dovrebbe occupare? A questa conclusione è pervenuta l'Autorità garante del mercato e della concorrenza più di dieci anni fa. Abbiamo posto il problema a Giuseppe Lupoi, coordinatore nazionale del Colap che ci ha risposto: «La maggior parte degli atti di professione che sono tipici dei dottori commercialisti non sono soggetti a riserva: ne discende che per porre in essere quegli atti non è necessario superare un esame di stato e non è necessario essere iscritti all'albo dei dottori commercialisti. La conclusione è che quell'ordine è totalmente inutile e la sua istituzione è una delle tante stranezze del panorama legislativo nazionale. Ce lo teniamo, così come siamo costretti a tenerci tante cose di cui non avremmo bisogno, ma di cui non siamo capaci di sbarazzarci; ma non può essere questo un buon motivo per impedire che altri eseguano atti “tipici” di quei professionisti: il solo pensarlo equivale a ipotizzare di creare nuove riserve professionali, quando la rapidità dell'evoluzione della conoscenza tira nella direzione opposta». Sulla questione per la quale la regolamentazione delle associazioni si configurerebbe come una sorta di «condono». Arvedo Marinelli, presidente nazionale dell'Ancot si è così espresso: «Nella nostra battaglia per la regolamentazione delle associazioni, ce ne hanno dette tante. Mai, però, abbiano ascoltato espressioni così sprezzanti. Sanno i signori del Consiglio nazionale come operano le associazioni professionali? Sanno quali sono i percorsi formativi che devono essere dimostrati? Sanno quante ore/anno di nuova formazione devono fare gli iscritti? Sanno che ogni tre anni sono tutti assoggettati a verifica? Sanno che tutti i professionisti iscritti alle associazioni hanno l'obbligo di stipulare un'assicurazione? E non credono che tutto questo sistema di aggiornamento possa essere almeno paragonabile al tanto mitizzato esame di stato, fatto una volta nella vita? Certo che lo sanno e hanno paura perché, sul mercato, subiscono la concorrenza dei tributaristi». A meno di una settimana dalle prossime elezioni, nei programmi dei partiti non abbiamo riscontrato esplicitamente riferimenti alla riforma delle professioni. Arvedo Marinelli e Giuseppe Lupoi hanno più volte sollecitato tutte le parti politiche a organizzare incontri e tavole rotonde per presentare le nostre istanze e conoscere le posizioni dei nostri interlocutori. Un primo segnale è pervenuto dal Partito democratico che ha organizzato due eventi che si terranno oggi a Roma e a Milano. Il primo, dal titolo «Il Partito democratico incontra il mondo delle nuove professioni» si svolgerà con inizio alle ore 9,30 presso la sala delle Conferenze in via Sant'Andrea delle Fratte, 16. Interverranno il ministro Cesare Damiano, i senatori Giorgio Tonini e Tiziano Treu, i rappresentanti delle associazioni del Colap con Giuseppe Lupoi e Arvedo Marinelli. Il secondo, dal titolo «Le professioni non regolamentate e il lavoro professionale “debole”» si svolgerà dalle ore 18 presso la sala Bauer della Società Umanitaria in via F. Daverio, 7. Interverranno i senatori Tiziano Treu e Giorgio Roilo e i rappresentanti delle associazioni del Colap con Lupoi ed Ernesto Rimoldi. «Finalmente un segnale importante da parte della politica italiana», ha affermato Giuseppe Lupoi. Un impegno da parte delle forze politiche di dare ascolto a 3 milioni di professionisti italiani che ogni giorno contribuiscono allo sviluppo del nostro paese». Marinelli ha così concluso: «Siamo convinti che l'iter della riforma riprenderà la sua strada. Se non fosse così, tutte le polemiche innescate indeboliranno il mondo delle professioni sia ordinistico sia associativo, ma soprattutto il peso politico dei professionisti italiani». Vito Mastrorocco 15 Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it - e-mail: [email protected] – [email protected]