TESINA FORMAZIONE - lavorosocialemeridiano

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Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno
Corso di Formazione per Formatori
Roma, 5 – 16 luglio 2004
Progettare la formazione nella pubblica amministrazione: pratiche e
spazi di applicabilità
di PATRIZIA MARZO
Direttore di Servizio Sociale presso la Prefettura – UTG di Bari
SOMMARIO:
-
Introduzione………………………………………………………………..pag. 2
-
Elementi di progettazione applicata alla formazione………………………pag. 3
-
Il ruolo del formatore nella progettazione della formazione..…………..….pag. 4
-
Analisi delle fasi progettuali………………………………………………..pag. 6
-
a) fissare gli obiettivi dell’intervento……………………………………..………pag.
6
-
b) quantificare i costi economici……………….………………………………...pag.
7
-
c) indicare i tempi di realizzazione……………………………………………….pag.
7
-
d) precisare i contenuti e le metodologie……………………..……………………pag.
8
-
e) stabilire i sistemi di valutazione e di verifica dell’intervento………………………pag.
9
-
Le prospettive della formazione nella pubblica amministrazione………….pag. 10
-
Bibliografia…………………………………………………………………pag. 12
Introduzione
Agli inizi degli anni ‘90, l’Italia ha avviato un processo di modernizzazione della
propria pubblica amministrazione. Tale mutamento trova le sue principali motivazioni e
legittimazioni nell’adeguamento della pubblica amministrazione italiana agli standards di altri
Paesi europei e ad una reale e pressante richiesta della comunità civile di maggiore
efficacia/efficienza dell’azione amministrativa.
Si tratta di un percorso che, nell’arco degli ultimi quindici anni, è stato caratterizzato
da azioni politico-programmatiche di progressivo rinforzo ed evoluzione; movendo, infatti,
dall’affermazione della trasparenza amministrativa, sono stati incentivati molteplici altri
aspetti della vita pubblica italiana, come la semplificazione delle prassi burocratiche, il
rispetto per le pari opportunità fra cittadini, la correttezza della gestione delle informazioni,
l’attenzione alla customer satisfaction.
La stagione delle riforme della pubblica amministrazione italiana, non ancora definita
e conclusa, riguarda, inoltre, gli investimenti sullo sviluppo locale, il decentramento
amministrativo (le cui premesse più significative erano già state delineate con il DPR n. 616
del 1977), le modalità di lavoro “in rete” propedeutiche alla costituzione di partnerships ed
all’applicazione del principio di sussidiarietà fra Soggetti pubblici e fra pubblico e privato.
Il panorama riformista fin qui delineato presenta, inoltre, uno sfondo di carattere
economico quanto mai “ingombrante” sul piano delle responsabilità dei Paesi membri
dell’Unione Europea, e dell’Italia in particolare: si pensi alle misure finanziarie predisposte ed
erogate dalla Comunità Europea per sostenere gli interventi mirati alla concreta realizzazione
delle citate innovazioni.
Prima di usufruire dei fondi comunitari, infatti, la spesa pubblica di questo Paese
assorbiva il 60% del prodotto nazionale, di cui il 50% gravava completamente sui cittadini
mediante le imposte; l’occupazione nel settore pubblico coinvolgeva un ottavo
dell’ammontare complessivo della popolazione attiva 1.
Tuttavia, a fronte di tale investimento di risorse umane e finanziarie, la pubblica
amministrazione è stata prevalentemente percepita dalla popolazione italiana – anche per
ragioni storiche e culturali - come inefficiente, lenta e distante dalle concrete esigenze dei
cittadini (caratteristiche, peraltro, in buona misura realmente presenti).
Per promuovere anche in questo Paese la cultura dell’innovazione amministrativa ed il
complessivo miglioramento della governance, è stato chiesto alle amministrazioni – ed, in
primis, a quelle pubbliche - di coinvolgere tutti gli operatori in un processo di formazione e di
aggiornamento permanente. Pertanto, la formazione si pone in un contesto di questo tipo, più
che come obiettivo, come uno degli strumenti di maggior valore nel processo di innovazione.
Si deve tenere presente, comunque, che anche la moderna concezione della formazione
(come delineata dalla cosiddetta Direttiva Frattini, dai modelli mutuati dal management e
dagli ultimi contratti collettivi nazionali) richiede significative evoluzioni culturali: non sono
certo più accettabili le esperienze di apprendistato di un tempo!
1
Cfr. G. Brosio, Economia e Finanza pubblica;
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
Al contrario, oggi si avverte l’esigenza di una formazione qualitativamente valida, il
più possibile capillare nei confronti degli operatori pubblici, continuativa e sistematizzata,
organizzata secondo parametri scientifici precisi: una concezione di formazione orientata
contestualmente all’accrescimento del know-how del personale in servizio e ad un maggiore
adeguamento della pubblica amministrazione alla progressiva complessità sociale.
La presente riflessione intende offrire un contributo specifico relativo alla
progettazione della formazione, che, in un contesto di costante innovazione e riorganizzazione, assume un valore caratterizzante per tutti coloro che operano/tentano di
operare nell’ambito della formazione del personale della pubblica amministrazione.
Appare appena opportuno sottolineare la stretta connessione che intercorre fra la
qualità della progettazione ed il successo dei percorsi formativi: una relazione che la scrivente
ha già avuto modo di verificare nell’ambito della progettazione sociale di cui si occupa da
diversi anni.
Elementi di Progettazione applicata alla Formazione
Nella pianificazione degli interventi di valorizzazione delle risorse umane, diversi
autori collocano la fase della progettazione della formazione successivamente
all’individuazione del target cui è destinato l’intervento ed alla relativa analisi dei bisogni
formativi. In effetti, tali segmenti sono collocabili in una dimensione di ricerca e di
approfondimento cui potrebbe non seguire un intervento formativo vero e proprio.
Considerando, quindi, che una pubblica amministrazione abbia, nel proprio ambito,
individuato un preciso target, di cui abbia colto il fabbisogno formativo con sufficiente
correttezza, per poter procedere alla progettazione di un percorso di formazione, essa
dovrebbe:
fissare gli obiettivi dell’intervento;
precisare i contenuti e le metodologie didattiche;
indicare i tempi di realizzazione;
quantificare i costi economici;
stabilire i sistemi di valutazione e di verifica dell’intervento stesso.
Come per ogni altro ambito che richieda una specifica progettazione, anche per la
formazione il progetto rappresenta un processo sperimentale, nel quale ogni passaggio è
collegato a quello precedente ed a quello successivo mediante un nesso logico di causalità (i
costi sono congruenti al conseguimento degli obiettivi ed ai contenuti dell’intervento, ecc..).
E’ fondamentale che l’intero processo non si discosti mai da alcuni pre-requisiti
essenziali per la formulazione del progetto, che possono essere sintetizzati come segue.
Il gruppo di progetto deve tenere sempre presente il senso della mission del proprio
operato, rappresentata dal gap fra la situazione formativa esistente e le idee che riguardano la
situazione auspicata.
Un ulteriore necessaria condizione è rappresentata dalla qualità del percorso
progettuale e dell’idea da realizzare.
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
Per misurare la qualità della progettazione sono stati individuati – da studiosi ed
organizzazioni - numerosi sistemi di criteri e parametri, calibrati in relazione ai diversi ambiti
della progettazione. Esistono liste di indicatori elaborate per i progetti di prevenzione (Janssen
e Geelen), di prevenzione rivolta alle comunità (OSAP), di miglioramento dell’efficacia degli
interventi socio-sanitari (Molleman ed altri)2. Negli ultimi anni, in un’ottica di sempre
maggiore investimento sulla qualità, sono stati elaborati sofisticati sistemi di certificazione
(norme tipo ISO) che valutano anche la sostenibilità ambientale, la sicurezza sui luoghi di
lavoro e la sicurezza dei dati. I risultati dell’applicazione di tali sistemi sta apportando
significativi contributi alla diffusione della percezione della qualità da parte dei consumatori
di beni e servizi.
Affinché un progetto abbia successo, vi è, ancora, da considerare l’elemento
fondamentale dell’analisi del rischio, che va effettuata all’inizio di ogni iniziativa. L’analisi
del rischio ha il duplice scopo di “determinare le condizioni di successo e identificare i rischi
del fallimento”3 di qualunque azione progettuale.
A differenza, infatti, del caso di fatalità - che implica l’assoluta imprevedibilità degli
eventi - il rischio è altamente prevedibile ed evitabile, grazie anche alle recenti metodologie
utilizzate, fra l’atro, nell’industria e nel management (come, ad esempio, il risk management
planning, il project management, ecc.). La gran parte di queste metodologie è riuscita a
dimostrare il diretto legame fra la prevenzione/riduzione del rischio e la qualità del progetto.
Un elemento costitutivo della progettazione degli interventi formativi è, infine,
rappresentato dalla fantasia e dalla creatività del progettista. Pur non essendo richiesta, a
quest’ultimo, una originalità “ad ogni costo”, è necessario che colui che formula un progetto
di formazione sviluppi una capacità di inventiva tale da promuovere l’interesse, l’interazione e
la motivazione non solo degli utenti/fruitori della formazione, ma anche degli enti erogatori
dei finanziamenti mirati alle iniziative di formazione.
La figura del formatore può costituire un utile elemento di promozione delle citate
abilità anche nella progettazione delle iniziative di formazione. Vediamo come.
Il ruolo del formatore nella progettazione della formazione
All’interno della progettazione della formazione sono individuabili compiti e funzioni
che l’amministrazione delega alla figura del formatore o concorda con quest’ultimo.
Di conseguenza, la natura del rapporto che si instaura fra il formatore e
l’amministrazione di appartenenza (o, comunque, committente) può essere di piena
titolarità/responsabilità dell’iniziativa o di collaborazione: per meglio chiarire le modalità, i
tempi e i limiti del rapporto formatore-amministrazione, potrebbe essere utile il seguente
grafico.
2
3
Cfr. Guida Pedagogica per il Personale sanitario, (a cura di G. Palasciano e A. Lotti)
G. Iacono, Gestire i rischi di progetto, F. Angeli, Milano, pag. 20
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
FASI
PROGETTUALI
1) fissare gli
obiettivi
2) precisare i
contenuti e le
metodologie
3) indicare i
tempi
4)quantificare
i costi
TIPO DI RAPPORTO
AMMINISTRAZIONE FORMATORE
collaborazione
RUOLO DEL
FORMATORE
Il formatore aiuta
l’amministrazione nella
misura in cui ha
collaborato all’analisi dei
bisogni formativi
delega
Il formatore è responsabile
dell’organizzazione della
formazione, per cui si
occupa di individuare i
relatori, le metodologie e i
contenuti più idonei al
perseguimento degli
collaborazione
b.1) il formatore collabora con
l’amministrazione alla corretta
gestione dei fondi;
b.2) il formatore potrebbe
presentare il progetto presso altri
enti erogatori di fondi
collaborazione
Il formatore collabora con
l’Ente committente nell’
individuazione e nella
fruizione di possibili
finanziamenti.
5) stabilire la
valutazione/
verifica
Formatore
Utenza
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
Dallo schema si possono evidenziare alcuni importanti elementi relativi al ruolo del
formatore:
l’attività del formatore è pertinente alla fase progettuale della formazione,
il formatore garantisce, per tutto il ciclo progettuale, la modalità sistemica di relazione
fra i diversi attori,
il formatore ha un ruolo attivo nell’implementare le motivazioni e l’apprendimento
degli utenti,
il formatore/progettista della formazione esprime sensibilità, è “intonato alle
condizioni che si modificano”, è orientato alla verifica continua e a “procedere per
continue approssimazioni e negoziazioni che richiamano a una condivisione
progettuale sia i destinatari che coloro che conducono l’azione”4,
la figura del formatore può coincidere con quella del docente,
sono richieste al formatore notevoli capacità di comunicazione, di organizzazione, di
problem solving e di lavoro “in rete” con altri operatori, docenti, enti.
Il formatore riveste un ruolo-chiave non solo nel contesto della progettazione
dell’iniziativa, ma anche nelle successive fasi del project management, ossia della
realizzazione, della verifica e dell’eventuale feed-back che l’amministrazione potrebbe
richiedere a distanza di alcuni mesi dalla conclusione del percorso formativo.
Come si può osservare, in ciascuna delle macro-fasi, il formatore non assume mai una
posizione di estraneità o di subordinazione rispetto all’amministrazione committente: è
fondamentale, infatti, che per tutta la durata del percorso progettuale l’amministrazione ed il
formatore mantengano una posizione di reciproca consapevolezza e di rispetto dei ruoli. Si
tratta di un’esigenza che influisce pesantemente sul raggiungimento degli obiettivi del
progetto.
Analisi delle fasi progettuali
Nell’esaminare le fasi della progettazione, si cercherà di sintetizzare gli aspetti più
problematici ed innovativi riferibili al particolare ambito della formazione.
a) fissare gli obiettivi dell’intervento
Considerando, dunque, già effettuate l’individuazione del target e l’analisi dei bisogni
formativi, la progettazione procede con la formulazione degli obiettivi che l’intervento
formativo intende conseguire.
Gli obiettivi si distinguono dalle finalità del progetto - che rivestono un carattere più
generale ed “etico” - per alcuni specifici aspetti: essi devono aderire il più possibile ai criteri
di “pertinenza, logica, precisione, realizzabilità, osservazione e misurabilità”5.
4
5
G. Cepollaro, Formazione e Sviluppo locale, in Animazione Sociale, ed. Gruppo Abele, n.3 marzo 2002, pag.78
Cfr. la “Guida Pedagogica”, OMS, 2002.
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
Ciascuna di queste caratteristiche può essere verificata con sufficiente precisione
mediante un indice di performance, ossia la descrizione di un obiettivo che consente di
dimostrare l’effettiva capacità di realizzazione dello stesso. La congruenza degli obiettivi con
le fasi precedenti e successive del percorso progettuale resta, ad ogni modo, la massima
garanzia per la realizzazione dell’iniziativa.
b) precisare i contenuti e le metodologie
I contenuti di un percorso formativo in una pubblica amministrazione non possono
essere esclusivamente stabiliti in relazione al fabbisogno prevalente dei partecipanti e/o agli
obiettivi più urgenti dell’ente promotore.
Talvolta è necessario che il formatore svolga una funzione di catalizzatore di interessi
e di motivazioni “complementari” alle immediate esigenze dell’amministrazione ed a quelle
dei lavoratori: “un appiattimento sulla domanda esplicita dei destinatari implica spesso una
de-responsabilizzazione del ruolo del progettista, uno svuotamento del senso estetico che
caratterizza qualsiasi relazione di sostegno e che attraverso la collusione ostacola l’emergere
di nuovi apprendimenti”6.
Ancora una volta l’Unione Europea offre indicazioni precise rispetto ai contenuti
ritenuti imprescindibili ai fini del raggiungimento di una condizione di omogeneità e di parità
del livello formativo complessivo delle pubbliche amministrazioni dei diversi Stati membri.
I contenuti formativi devono essere formulati, pertanto, tenendo conto dei seguenti
elementi:
-
le pari opportunità: l’accesso alla formazione deve essere prioritariamente
consentito ai lavoratori col minore livello di scolarità e/o a coloro i quali espletano
le funzioni inferiori, nonché a tutti coloro che rischiano l’esclusione professionale
e sociale a causa di una mancata riqualificazione; percorsi preferenziali di
formazione devono, inoltre, essere opportunamente formulati per i dipendenti
diversamente abili e per le donne in una condizione di svantaggio sul piano della
conciliazione dei tempi vita-lavoro;
-
il contrasto al digital divide: ossia la predisposizione di ogni opportuna misura
volta al superamento della disuguaglianza digitale fra i generi, al fine di consentire
l’accesso delle donne alle innovazioni tecnologiche ed informatiche ai mezzi di
comunicazione ed alle telecomunicazioni;
-
la transnazionalità: sostegno attivo alla cittadinanza europea mediante
sperimentazioni ed azioni in partnership con altre amministrazioni pubbliche
transnazionali, per consentire un concreto confronto/scambio di buone prassi ed
un accrescimento delle competenze linguistiche europee;
-
la comunicazione istituzionale: movendo dalla consapevolezza del cambiamento
del ruolo del cittadino-utente da esclusivo fruitore di servizi ad attore/promotore di
politiche sociali, è sempre più opportuno preparare il personale della pubblica
amministrazione all’ascolto empatico e all’organizzazione di sistemi di ascolto e
di raccolta di dati e suggerimenti provenienti dall’utenza;
6
G. Cepollaro, Formazione e Sviluppo locale, op. cit., pag.78
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
-
-
-
la semplificazione amministrativa: la promozione di ogni utile intervento
formativo che aiuti il personale della pubblica amministrazione a “governare il
cambiamento” amministrativo in atto, mediante l’integrazione degli uffici, la
semplificazione del linguaggio burocratico, la facilitazione dell’accesso al
pubblico;
la privacy: la conoscenza ed il rispetto delle norme e dei codici che ne sanciscono
i limiti e gli obblighi, pur conservando la possibilità di offrire risposte
personalizzate ai casi particolari;
le strategie amministrative: ossia la possibilità di coinvolgere i livelli decisionali
degli enti e delle amministrazioni nei processi di ricerca, analisi, progettazione e
verifica del comportamento istituzionale complessivo.
Il progetto di un’azione formativa deve, inoltre, specificare le metodologie più idonee
alla trasmissione ed alla sedimentazione dei contenuti e degli obiettivi del progetto medesimo,
tenuto conto delle peculiarità dell’apprendimento degli adulti che, per sua natura, è un
processo di continua costruzione della realtà (sociale, organizzativa, lavorativa..) nella quale
essi vivono ed operano.
Molteplici sono le metodologie utilizzabili nell’ambito della formazione: dalla lezione
in aula alla formulazione dei pacchetti di auto-formazione, dalla formazione a distanza
(FAD), alla ricerca-azione (action research), all’e-learning, alla media-education, al
brainstorming, all’out–door training, all’uso delle metafore, alle simulazioni, ai giochi di
ruolo, ai lavori a piccoli gruppi.
E’ indispensabile che ciascuna di queste metodologie sia, di volta in volta, utilizzata (o
esclusa) in relazione alle particolari condizioni organizzative, alla qualità degli strumenti
tecnologici e dei sussidi didattici disponibili ed in funzione dei particolari obiettivi che il
percorso formativo intende perseguire.
Progettare la formazione significa, infatti, progettare anche il contesto entro il quale
favorire il più possibile l’apprendimento, l’acquisizione di nuove abilità e la possibilità di
sperimentare il cambiamento personale e professionale da parte degli utenti.
c) indicare i tempi di realizzazione
Nel predisporre un progetto di formazione, è necessario che i tempi siano pensati in
relazione a tre importanti variabili: la durata del progetto formativo, i tempi
dell’apprendimento, la frequenza della proposta formativa.
La durata del percorso formativo dovrà tenere conto non solo dei risultati emersi
dall’analisi dei bisogni, ma anche delle caratteristiche del target (numero dei partecipanti,
caratteristiche professionali e personali dei componenti del gruppo, ..) e degli obiettivi che si
intende conseguire.
E’ importante, inoltre, considerare i tempi dell’apprendimento in relazione ai contenuti
che vengono trasmessi: l’acquisizione di tecnologie o procedure innovative richiede, ad
esempio, una durata mediamente superiore al semplice aggiornamento.
Appare fondamentale, infine, anche la frequenza delle proposte formative: l’Unione
Europea ha fornito, in proposito, utili indicazioni soprattutto in relazione al lifelong learning,
ossia il “miglioramento della formazione professionale, dell’istruzione, dell’orientamento,
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
nell’ambito di una politica di apprendimento durante tutto l’arco della vita”7.
In particolare, il Consiglio europeo ha stabilito entro il 2010 un coinvolgimento nelle
attività di formazione permanente pari al 15% della popolazione lavorativa europea fra i 25 ed
i 64 anni.
Per il nostro Paese di tratta di triplicare l’impegno, in quanto, al 2002, meno del 5%
dei lavoratori risultava partecipare a tali attività.
d) quantificare i costi economici
Alla base di ogni decisione di carattere economico, la pubblica amministrazione ha la
necessità di effettuare l’analisi benefici-costi (ABC), ossia lo strumento di economia del
benessere che, più di qualunque altro, permette di valutare se e quanto è efficiente una
determinata allocazione di risorse rispetto all’aumento di benefici sociali.
Lo strumento economico dell’ABC si rivela tanto più utile ed opportuno nel caso della
progettazione sociale e, quindi, anche di azioni di formazione, in quanto rende la valutazione
delle medesime iniziative decisamente più semplice e precisa.
In questa prospettiva, le iniziative di formazione appaiono immediatamente inscrivibili
nei servizi a consumo sia individuale che collettivo, sia a valenza interna che esterna all’ente.
A fronte, infatti, di investimenti e costi economici (talvolta anche molto contenuti ottenuti
anche mediante finanziamenti esterni all’ente promotore, come vedremo in seguito), i benefici
di una buona azione formativa ricadono inevitabilmente tanto sul singolo operatore quanto sui
rapporti con il suo gruppo di lavoro, migliorando complessivamente il clima lavorativo
interno all’ente ed i rapporti con i cittadini e gli altri Soggetti esterni ad esso.
e) stabilire i sistemi di valutazione e di verifica dell’intervento.
Come per altri ambiti socio-economici, anche per la formazione – sia quella mirata al
conseguimento di specifici obiettivi sia quella permanente, sul modello del lifelong learning –
è indispensabile progettare chiarendo sin dai primi momenti i sistemi di valutazione e quelli di
verifica dell’intervento che si vuole realizzare.
La valutazione viene utilizzata per misurare l’efficacia degli interventi in relazione al
grado di cambiamento/innovazione che il percorso formativo riesce ad apportare nei confronti
delle tre categorie di utenti: “i partecipanti ai corsi, le amministrazioni ed i cittadini”8.
Non è, quindi, possibile, valutare un progetto di formazione esclusivamente in base ai
meri “costi economici” che questo comporta, come spesso (ed erroneamente) è accaduto nella
pubblica amministrazione.
Mediante lo studio diacronico della valutazione (ex ante, in itinere ed ex post), i
sistemi di auto/etero-valutazione, l’analisi S.W.O.T9. ed il benchmarking non competitivo, è
possibile ridurre sensibilmente gli sprechi di denaro, di tempo, di strumenti ed altre risorse e,
contestualmente, potenziare gli effetti dell’operato degli enti pubblici.
7
Consiglio europeo di Lisbona, marzo 2000, in C. Ciacia, La formazione nella Comunità Europea e i
programmi per la pubblica amministrazione, 2004.
8
Cfr. la Direttiva Frattini sulla “Formazione e la valorizzazione del personale delle pubbliche
amministrazioni” del 13.12.2001.
9
SWOT, acronimo di Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats, ossia l’analisi dei punti di forza,
debolezza, opportunità e minacce relative ad un dato progetto.
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
La diffusione del principio di qualità è sempre più una realtà nei contesti della
pubblica amministrazione. Per coloro che si occupano di welfare-system ed, in particolare, di
community-care, è risultato evidente negli ultimi anni il cambiamento culturale della nozione
di qualità - intesa sia come valutazione sia come miglioramento della qualità -, avvenuto
nell’ambito dei Servizi alla persona. Un mutamento transitato dal modello della verifica
reciproca fra colleghi (peer reviews) all’approccio “ispezionistico” mediato dalla produzione
delle linee-guida, alla promozione del controllo “dal basso” esercitato dai cittadini,
all’approccio alla qualità (oggi prevalente) proveniente dalle teorie dell’imprenditorialità e del
management.
I sistemi di riprogettazione dei processi e delle strutture (reengineering), il Total
Quality Management e la learning organization stanno sempre più coinvolgendo la pubblica
amministrazione non solo a causa dell’accresciuta esigenza di miglioramento del benessere
organizzativo e della qualità dei servizi/prestazioni offerte ai cittadini, ma anche per la
crescente consapevolezza dei vantaggi (non solo economici) prodotti dalla prevenzione dei
disagi e delle patologie nelle organizzazioni lavorative (come i fenomeni di mobbing, di stress
e burn-out).
Le prospettive della Formazione nella Pubblica Amministrazione
Il Ministero del Welfare ha recentemente dichiarato che l’Italia risulta il fanalino di
coda dei Paesi europei per la formazione “on the job” attuata nello scorso anno: le imprese
italiane che fanno formazione rappresentano in questo Paese poco più del 22%, contro una
media U.E. del 62%! Anche i nuovi Paesi membri sembrano presentare livelli di offerta
formativa più elevati dell’Italia10.
All’interno di questo dato apparentemente disperato, vi sono, tuttavia, importanti
distinzioni da considerare: ad esempio il divario fra nord e sud (con un netto vantaggio per le
imprese del nord), la differenza del trend fra medie/grandi aziende e piccole imprese (le
aziende grandi fanno più formazione), le difformità esistenti fra settori produttivi diversi
nell’organizzazione di stage e di tirocini formativi. Esistono, cioè, settori produttivi, aree
geografiche, livelli di scolarizzazione e dimensioni aziendali che offrono iniziative di
formazione di qualità in misura di gran lunga superiore rispetto alla miseria del dato iniziale.
Sono, questi ultimi, i segnali di un duplice problema di carattere culturale, da un lato,
e di disponibilità/opportunità di accesso, dall’altro, ai quali la pubblica amministrazione
italiana sta cercando di rispondere attraverso una propria via alla formazione, anche sulla base
delle esperienze provenienti dall’imprenditoria internazionale.
Alla consapevolezza della formazione permanente come valore aggiunto nella
produttività e nel reddito, da parte dell’imprenditoria privata, sta progressivamente seguendo
una presa di coscienza altrettanto significativa, da parte delle istituzioni pubbliche, del
potenziale virtuoso che la formazione può sviluppare soprattutto rispetto all’innovazione
amministrativa, al miglioramento della qualità del rapporto con la società civile, alla
prevenzione delle patologie lavorative ed alla promozione della cittadinanza attiva.
E’ in queste direzioni che il nostro Paese ha cominciato ad introdurre i primi
significativi strumenti per la realizzazione, la diffusione ed il consolidamento di un sistema
formativo efficace nella pubblica amministrazione.
10
Cfr. Il Sole 24 Ore del 26 luglio 2004
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
In particolare, il Dipartimento della Funzione Pubblica, mediante la Direttiva Frattini,
le sperimentazioni del Progetto Cantieri P.A. l’elaborazione e la diffusione dei Manuali per il
Benessere Organizzativo, la Customer Satisfaction, ha recentemente colmato alcune delle più
gravi lacune sulla formazione ancora presenti in Italia.
Nella Direttiva Frattini, infatti, viene esplicitato il senso della formazione nella
pubblica amministrazione, chiarendo gli obiettivi, illustrando le modalità e gli strumenti per la
concreta attuazione degli interventi formativi, individuando gli attori della formazione, le
risorse e le aree prioritarie d’interesse verso cui indirizzare gli interventi.
Gli spazi di applicabilità della formazione nella pubblica amministrazioni sono,
dunque, finalmente possibili e vasti e più che mai necessari, soprattutto in relazione alle
contemporanee esigenze dell’apprendimento istituzionale: “..i fattori di mutamento che
esigono velocità, flessibilità e pertinenza delle prestazioni alle materie trattate sono molti ed in
continuo aumento. L’apprendimento non è un lusso, ma una necessità”.11
Il ruolo del formatore, così come definito e sancito dai citati atti, è quello, in definitiva,
di un animatore, di un facilitatore della formazione e dell’apprendimento istituzionale: egli
ha la possibilità di promuovere la progettazione della formazione, di parteciparvi attivamente
con altri attori istituzionali, di facilitare il reperimento dei finanziamenti disponibili per le
iniziative formative e di monitorare e verificare gli effetti di tali iniziative.
Della figura del formatore, dice Simonetta Simoni: “il formatore, consulente o
ricercatore esperto di tematiche organizzative viene spesso identificato con un sapere
consolidato che ha la soluzione giusta, il modello più efficiente, la ricetta che rende tutto
funzionale e che elimina gli elementi di disordine. Ci si aspetta un esperto che abbia certezze e
verità, suffragate da dati e fatti”12.
In realtà, il formatore, lungi dall’essere un “tuttologo”, resta colui che facilita i
processi di osmosi, di scambio e di crescita reciproca fra istituzioni e società civile, in un
percorso di progressivo apprendimento ed acquisizione di intelligenza e saperi.
11
12
C. Donolo, L’intelligenza delle istituzioni, Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 219
S. Simoni, Le culture organizzative dei Servizi, Carocci, Roma, 2003, pag.21
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
BIBLIOGRAFIA
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(a cura di) F.Avallone e M.Bonaretti, Manuale del Benessere Organizzativo, Presidente Consiglio
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2002
S. Cook, Guida pratica al benchmarking, F. Angeli, Milano, 2003
O. De Leonardis, Le Istituzioni. Come e perché parlarne, Carocci, Roma, 2001
C. Donolo, L’intelligenza delle istituzioni, Feltrinelli, Milano 1997
Dipartimento della Funzione Pubblica, Direttiva Frattini sulla “Formazione e la valorizzazione del
personale delle pubbliche amministrazioni” del 13.12.2001
G. Iacono, Gestire i rischi di progetto, F. Angeli, Milano
Il Sole 24 Ore, Dossier Consulenza & Formazione, 26 luglio 2004
L. Mauri e C. Penati (a cura di), Pagine Aperte 2, F. Angeli, Milano, 1996
G. Palasciano e A. Lotti (a cura di), Guida pedagogica per il Personale sanitario, Organizzazione
Mondiale della Sanità, Edizioni dal Sud, Modugno (BA), 2002
S. Simoni, Le culture organizzative dei servizi, Carocci, Roma, 2003
J.Van der Stel e D. Voordewind (a cura di), Manuale di prevenzione alcol, droghe e tabacco, F.
Angeli, Milano, 2001
Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.
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