Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno Corso di Formazione per Formatori Roma, 5 – 16 luglio 2004 Progettare la formazione nella pubblica amministrazione: pratiche e spazi di applicabilità di PATRIZIA MARZO Direttore di Servizio Sociale presso la Prefettura – UTG di Bari SOMMARIO: - Introduzione………………………………………………………………..pag. 2 - Elementi di progettazione applicata alla formazione………………………pag. 3 - Il ruolo del formatore nella progettazione della formazione..…………..….pag. 4 - Analisi delle fasi progettuali………………………………………………..pag. 6 - a) fissare gli obiettivi dell’intervento……………………………………..………pag. 6 - b) quantificare i costi economici……………….………………………………...pag. 7 - c) indicare i tempi di realizzazione……………………………………………….pag. 7 - d) precisare i contenuti e le metodologie……………………..……………………pag. 8 - e) stabilire i sistemi di valutazione e di verifica dell’intervento………………………pag. 9 - Le prospettive della formazione nella pubblica amministrazione………….pag. 10 - Bibliografia…………………………………………………………………pag. 12 Introduzione Agli inizi degli anni ‘90, l’Italia ha avviato un processo di modernizzazione della propria pubblica amministrazione. Tale mutamento trova le sue principali motivazioni e legittimazioni nell’adeguamento della pubblica amministrazione italiana agli standards di altri Paesi europei e ad una reale e pressante richiesta della comunità civile di maggiore efficacia/efficienza dell’azione amministrativa. Si tratta di un percorso che, nell’arco degli ultimi quindici anni, è stato caratterizzato da azioni politico-programmatiche di progressivo rinforzo ed evoluzione; movendo, infatti, dall’affermazione della trasparenza amministrativa, sono stati incentivati molteplici altri aspetti della vita pubblica italiana, come la semplificazione delle prassi burocratiche, il rispetto per le pari opportunità fra cittadini, la correttezza della gestione delle informazioni, l’attenzione alla customer satisfaction. La stagione delle riforme della pubblica amministrazione italiana, non ancora definita e conclusa, riguarda, inoltre, gli investimenti sullo sviluppo locale, il decentramento amministrativo (le cui premesse più significative erano già state delineate con il DPR n. 616 del 1977), le modalità di lavoro “in rete” propedeutiche alla costituzione di partnerships ed all’applicazione del principio di sussidiarietà fra Soggetti pubblici e fra pubblico e privato. Il panorama riformista fin qui delineato presenta, inoltre, uno sfondo di carattere economico quanto mai “ingombrante” sul piano delle responsabilità dei Paesi membri dell’Unione Europea, e dell’Italia in particolare: si pensi alle misure finanziarie predisposte ed erogate dalla Comunità Europea per sostenere gli interventi mirati alla concreta realizzazione delle citate innovazioni. Prima di usufruire dei fondi comunitari, infatti, la spesa pubblica di questo Paese assorbiva il 60% del prodotto nazionale, di cui il 50% gravava completamente sui cittadini mediante le imposte; l’occupazione nel settore pubblico coinvolgeva un ottavo dell’ammontare complessivo della popolazione attiva 1. Tuttavia, a fronte di tale investimento di risorse umane e finanziarie, la pubblica amministrazione è stata prevalentemente percepita dalla popolazione italiana – anche per ragioni storiche e culturali - come inefficiente, lenta e distante dalle concrete esigenze dei cittadini (caratteristiche, peraltro, in buona misura realmente presenti). Per promuovere anche in questo Paese la cultura dell’innovazione amministrativa ed il complessivo miglioramento della governance, è stato chiesto alle amministrazioni – ed, in primis, a quelle pubbliche - di coinvolgere tutti gli operatori in un processo di formazione e di aggiornamento permanente. Pertanto, la formazione si pone in un contesto di questo tipo, più che come obiettivo, come uno degli strumenti di maggior valore nel processo di innovazione. Si deve tenere presente, comunque, che anche la moderna concezione della formazione (come delineata dalla cosiddetta Direttiva Frattini, dai modelli mutuati dal management e dagli ultimi contratti collettivi nazionali) richiede significative evoluzioni culturali: non sono certo più accettabili le esperienze di apprendistato di un tempo! 1 Cfr. G. Brosio, Economia e Finanza pubblica; Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. Al contrario, oggi si avverte l’esigenza di una formazione qualitativamente valida, il più possibile capillare nei confronti degli operatori pubblici, continuativa e sistematizzata, organizzata secondo parametri scientifici precisi: una concezione di formazione orientata contestualmente all’accrescimento del know-how del personale in servizio e ad un maggiore adeguamento della pubblica amministrazione alla progressiva complessità sociale. La presente riflessione intende offrire un contributo specifico relativo alla progettazione della formazione, che, in un contesto di costante innovazione e riorganizzazione, assume un valore caratterizzante per tutti coloro che operano/tentano di operare nell’ambito della formazione del personale della pubblica amministrazione. Appare appena opportuno sottolineare la stretta connessione che intercorre fra la qualità della progettazione ed il successo dei percorsi formativi: una relazione che la scrivente ha già avuto modo di verificare nell’ambito della progettazione sociale di cui si occupa da diversi anni. Elementi di Progettazione applicata alla Formazione Nella pianificazione degli interventi di valorizzazione delle risorse umane, diversi autori collocano la fase della progettazione della formazione successivamente all’individuazione del target cui è destinato l’intervento ed alla relativa analisi dei bisogni formativi. In effetti, tali segmenti sono collocabili in una dimensione di ricerca e di approfondimento cui potrebbe non seguire un intervento formativo vero e proprio. Considerando, quindi, che una pubblica amministrazione abbia, nel proprio ambito, individuato un preciso target, di cui abbia colto il fabbisogno formativo con sufficiente correttezza, per poter procedere alla progettazione di un percorso di formazione, essa dovrebbe: fissare gli obiettivi dell’intervento; precisare i contenuti e le metodologie didattiche; indicare i tempi di realizzazione; quantificare i costi economici; stabilire i sistemi di valutazione e di verifica dell’intervento stesso. Come per ogni altro ambito che richieda una specifica progettazione, anche per la formazione il progetto rappresenta un processo sperimentale, nel quale ogni passaggio è collegato a quello precedente ed a quello successivo mediante un nesso logico di causalità (i costi sono congruenti al conseguimento degli obiettivi ed ai contenuti dell’intervento, ecc..). E’ fondamentale che l’intero processo non si discosti mai da alcuni pre-requisiti essenziali per la formulazione del progetto, che possono essere sintetizzati come segue. Il gruppo di progetto deve tenere sempre presente il senso della mission del proprio operato, rappresentata dal gap fra la situazione formativa esistente e le idee che riguardano la situazione auspicata. Un ulteriore necessaria condizione è rappresentata dalla qualità del percorso progettuale e dell’idea da realizzare. Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. Per misurare la qualità della progettazione sono stati individuati – da studiosi ed organizzazioni - numerosi sistemi di criteri e parametri, calibrati in relazione ai diversi ambiti della progettazione. Esistono liste di indicatori elaborate per i progetti di prevenzione (Janssen e Geelen), di prevenzione rivolta alle comunità (OSAP), di miglioramento dell’efficacia degli interventi socio-sanitari (Molleman ed altri)2. Negli ultimi anni, in un’ottica di sempre maggiore investimento sulla qualità, sono stati elaborati sofisticati sistemi di certificazione (norme tipo ISO) che valutano anche la sostenibilità ambientale, la sicurezza sui luoghi di lavoro e la sicurezza dei dati. I risultati dell’applicazione di tali sistemi sta apportando significativi contributi alla diffusione della percezione della qualità da parte dei consumatori di beni e servizi. Affinché un progetto abbia successo, vi è, ancora, da considerare l’elemento fondamentale dell’analisi del rischio, che va effettuata all’inizio di ogni iniziativa. L’analisi del rischio ha il duplice scopo di “determinare le condizioni di successo e identificare i rischi del fallimento”3 di qualunque azione progettuale. A differenza, infatti, del caso di fatalità - che implica l’assoluta imprevedibilità degli eventi - il rischio è altamente prevedibile ed evitabile, grazie anche alle recenti metodologie utilizzate, fra l’atro, nell’industria e nel management (come, ad esempio, il risk management planning, il project management, ecc.). La gran parte di queste metodologie è riuscita a dimostrare il diretto legame fra la prevenzione/riduzione del rischio e la qualità del progetto. Un elemento costitutivo della progettazione degli interventi formativi è, infine, rappresentato dalla fantasia e dalla creatività del progettista. Pur non essendo richiesta, a quest’ultimo, una originalità “ad ogni costo”, è necessario che colui che formula un progetto di formazione sviluppi una capacità di inventiva tale da promuovere l’interesse, l’interazione e la motivazione non solo degli utenti/fruitori della formazione, ma anche degli enti erogatori dei finanziamenti mirati alle iniziative di formazione. La figura del formatore può costituire un utile elemento di promozione delle citate abilità anche nella progettazione delle iniziative di formazione. Vediamo come. Il ruolo del formatore nella progettazione della formazione All’interno della progettazione della formazione sono individuabili compiti e funzioni che l’amministrazione delega alla figura del formatore o concorda con quest’ultimo. Di conseguenza, la natura del rapporto che si instaura fra il formatore e l’amministrazione di appartenenza (o, comunque, committente) può essere di piena titolarità/responsabilità dell’iniziativa o di collaborazione: per meglio chiarire le modalità, i tempi e i limiti del rapporto formatore-amministrazione, potrebbe essere utile il seguente grafico. 2 3 Cfr. Guida Pedagogica per il Personale sanitario, (a cura di G. Palasciano e A. Lotti) G. Iacono, Gestire i rischi di progetto, F. Angeli, Milano, pag. 20 Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. FASI PROGETTUALI 1) fissare gli obiettivi 2) precisare i contenuti e le metodologie 3) indicare i tempi 4)quantificare i costi TIPO DI RAPPORTO AMMINISTRAZIONE FORMATORE collaborazione RUOLO DEL FORMATORE Il formatore aiuta l’amministrazione nella misura in cui ha collaborato all’analisi dei bisogni formativi delega Il formatore è responsabile dell’organizzazione della formazione, per cui si occupa di individuare i relatori, le metodologie e i contenuti più idonei al perseguimento degli collaborazione b.1) il formatore collabora con l’amministrazione alla corretta gestione dei fondi; b.2) il formatore potrebbe presentare il progetto presso altri enti erogatori di fondi collaborazione Il formatore collabora con l’Ente committente nell’ individuazione e nella fruizione di possibili finanziamenti. 5) stabilire la valutazione/ verifica Formatore Utenza Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. Dallo schema si possono evidenziare alcuni importanti elementi relativi al ruolo del formatore: l’attività del formatore è pertinente alla fase progettuale della formazione, il formatore garantisce, per tutto il ciclo progettuale, la modalità sistemica di relazione fra i diversi attori, il formatore ha un ruolo attivo nell’implementare le motivazioni e l’apprendimento degli utenti, il formatore/progettista della formazione esprime sensibilità, è “intonato alle condizioni che si modificano”, è orientato alla verifica continua e a “procedere per continue approssimazioni e negoziazioni che richiamano a una condivisione progettuale sia i destinatari che coloro che conducono l’azione”4, la figura del formatore può coincidere con quella del docente, sono richieste al formatore notevoli capacità di comunicazione, di organizzazione, di problem solving e di lavoro “in rete” con altri operatori, docenti, enti. Il formatore riveste un ruolo-chiave non solo nel contesto della progettazione dell’iniziativa, ma anche nelle successive fasi del project management, ossia della realizzazione, della verifica e dell’eventuale feed-back che l’amministrazione potrebbe richiedere a distanza di alcuni mesi dalla conclusione del percorso formativo. Come si può osservare, in ciascuna delle macro-fasi, il formatore non assume mai una posizione di estraneità o di subordinazione rispetto all’amministrazione committente: è fondamentale, infatti, che per tutta la durata del percorso progettuale l’amministrazione ed il formatore mantengano una posizione di reciproca consapevolezza e di rispetto dei ruoli. Si tratta di un’esigenza che influisce pesantemente sul raggiungimento degli obiettivi del progetto. Analisi delle fasi progettuali Nell’esaminare le fasi della progettazione, si cercherà di sintetizzare gli aspetti più problematici ed innovativi riferibili al particolare ambito della formazione. a) fissare gli obiettivi dell’intervento Considerando, dunque, già effettuate l’individuazione del target e l’analisi dei bisogni formativi, la progettazione procede con la formulazione degli obiettivi che l’intervento formativo intende conseguire. Gli obiettivi si distinguono dalle finalità del progetto - che rivestono un carattere più generale ed “etico” - per alcuni specifici aspetti: essi devono aderire il più possibile ai criteri di “pertinenza, logica, precisione, realizzabilità, osservazione e misurabilità”5. 4 5 G. Cepollaro, Formazione e Sviluppo locale, in Animazione Sociale, ed. Gruppo Abele, n.3 marzo 2002, pag.78 Cfr. la “Guida Pedagogica”, OMS, 2002. Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. Ciascuna di queste caratteristiche può essere verificata con sufficiente precisione mediante un indice di performance, ossia la descrizione di un obiettivo che consente di dimostrare l’effettiva capacità di realizzazione dello stesso. La congruenza degli obiettivi con le fasi precedenti e successive del percorso progettuale resta, ad ogni modo, la massima garanzia per la realizzazione dell’iniziativa. b) precisare i contenuti e le metodologie I contenuti di un percorso formativo in una pubblica amministrazione non possono essere esclusivamente stabiliti in relazione al fabbisogno prevalente dei partecipanti e/o agli obiettivi più urgenti dell’ente promotore. Talvolta è necessario che il formatore svolga una funzione di catalizzatore di interessi e di motivazioni “complementari” alle immediate esigenze dell’amministrazione ed a quelle dei lavoratori: “un appiattimento sulla domanda esplicita dei destinatari implica spesso una de-responsabilizzazione del ruolo del progettista, uno svuotamento del senso estetico che caratterizza qualsiasi relazione di sostegno e che attraverso la collusione ostacola l’emergere di nuovi apprendimenti”6. Ancora una volta l’Unione Europea offre indicazioni precise rispetto ai contenuti ritenuti imprescindibili ai fini del raggiungimento di una condizione di omogeneità e di parità del livello formativo complessivo delle pubbliche amministrazioni dei diversi Stati membri. I contenuti formativi devono essere formulati, pertanto, tenendo conto dei seguenti elementi: - le pari opportunità: l’accesso alla formazione deve essere prioritariamente consentito ai lavoratori col minore livello di scolarità e/o a coloro i quali espletano le funzioni inferiori, nonché a tutti coloro che rischiano l’esclusione professionale e sociale a causa di una mancata riqualificazione; percorsi preferenziali di formazione devono, inoltre, essere opportunamente formulati per i dipendenti diversamente abili e per le donne in una condizione di svantaggio sul piano della conciliazione dei tempi vita-lavoro; - il contrasto al digital divide: ossia la predisposizione di ogni opportuna misura volta al superamento della disuguaglianza digitale fra i generi, al fine di consentire l’accesso delle donne alle innovazioni tecnologiche ed informatiche ai mezzi di comunicazione ed alle telecomunicazioni; - la transnazionalità: sostegno attivo alla cittadinanza europea mediante sperimentazioni ed azioni in partnership con altre amministrazioni pubbliche transnazionali, per consentire un concreto confronto/scambio di buone prassi ed un accrescimento delle competenze linguistiche europee; - la comunicazione istituzionale: movendo dalla consapevolezza del cambiamento del ruolo del cittadino-utente da esclusivo fruitore di servizi ad attore/promotore di politiche sociali, è sempre più opportuno preparare il personale della pubblica amministrazione all’ascolto empatico e all’organizzazione di sistemi di ascolto e di raccolta di dati e suggerimenti provenienti dall’utenza; 6 G. Cepollaro, Formazione e Sviluppo locale, op. cit., pag.78 Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. - - - la semplificazione amministrativa: la promozione di ogni utile intervento formativo che aiuti il personale della pubblica amministrazione a “governare il cambiamento” amministrativo in atto, mediante l’integrazione degli uffici, la semplificazione del linguaggio burocratico, la facilitazione dell’accesso al pubblico; la privacy: la conoscenza ed il rispetto delle norme e dei codici che ne sanciscono i limiti e gli obblighi, pur conservando la possibilità di offrire risposte personalizzate ai casi particolari; le strategie amministrative: ossia la possibilità di coinvolgere i livelli decisionali degli enti e delle amministrazioni nei processi di ricerca, analisi, progettazione e verifica del comportamento istituzionale complessivo. Il progetto di un’azione formativa deve, inoltre, specificare le metodologie più idonee alla trasmissione ed alla sedimentazione dei contenuti e degli obiettivi del progetto medesimo, tenuto conto delle peculiarità dell’apprendimento degli adulti che, per sua natura, è un processo di continua costruzione della realtà (sociale, organizzativa, lavorativa..) nella quale essi vivono ed operano. Molteplici sono le metodologie utilizzabili nell’ambito della formazione: dalla lezione in aula alla formulazione dei pacchetti di auto-formazione, dalla formazione a distanza (FAD), alla ricerca-azione (action research), all’e-learning, alla media-education, al brainstorming, all’out–door training, all’uso delle metafore, alle simulazioni, ai giochi di ruolo, ai lavori a piccoli gruppi. E’ indispensabile che ciascuna di queste metodologie sia, di volta in volta, utilizzata (o esclusa) in relazione alle particolari condizioni organizzative, alla qualità degli strumenti tecnologici e dei sussidi didattici disponibili ed in funzione dei particolari obiettivi che il percorso formativo intende perseguire. Progettare la formazione significa, infatti, progettare anche il contesto entro il quale favorire il più possibile l’apprendimento, l’acquisizione di nuove abilità e la possibilità di sperimentare il cambiamento personale e professionale da parte degli utenti. c) indicare i tempi di realizzazione Nel predisporre un progetto di formazione, è necessario che i tempi siano pensati in relazione a tre importanti variabili: la durata del progetto formativo, i tempi dell’apprendimento, la frequenza della proposta formativa. La durata del percorso formativo dovrà tenere conto non solo dei risultati emersi dall’analisi dei bisogni, ma anche delle caratteristiche del target (numero dei partecipanti, caratteristiche professionali e personali dei componenti del gruppo, ..) e degli obiettivi che si intende conseguire. E’ importante, inoltre, considerare i tempi dell’apprendimento in relazione ai contenuti che vengono trasmessi: l’acquisizione di tecnologie o procedure innovative richiede, ad esempio, una durata mediamente superiore al semplice aggiornamento. Appare fondamentale, infine, anche la frequenza delle proposte formative: l’Unione Europea ha fornito, in proposito, utili indicazioni soprattutto in relazione al lifelong learning, ossia il “miglioramento della formazione professionale, dell’istruzione, dell’orientamento, Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. nell’ambito di una politica di apprendimento durante tutto l’arco della vita”7. In particolare, il Consiglio europeo ha stabilito entro il 2010 un coinvolgimento nelle attività di formazione permanente pari al 15% della popolazione lavorativa europea fra i 25 ed i 64 anni. Per il nostro Paese di tratta di triplicare l’impegno, in quanto, al 2002, meno del 5% dei lavoratori risultava partecipare a tali attività. d) quantificare i costi economici Alla base di ogni decisione di carattere economico, la pubblica amministrazione ha la necessità di effettuare l’analisi benefici-costi (ABC), ossia lo strumento di economia del benessere che, più di qualunque altro, permette di valutare se e quanto è efficiente una determinata allocazione di risorse rispetto all’aumento di benefici sociali. Lo strumento economico dell’ABC si rivela tanto più utile ed opportuno nel caso della progettazione sociale e, quindi, anche di azioni di formazione, in quanto rende la valutazione delle medesime iniziative decisamente più semplice e precisa. In questa prospettiva, le iniziative di formazione appaiono immediatamente inscrivibili nei servizi a consumo sia individuale che collettivo, sia a valenza interna che esterna all’ente. A fronte, infatti, di investimenti e costi economici (talvolta anche molto contenuti ottenuti anche mediante finanziamenti esterni all’ente promotore, come vedremo in seguito), i benefici di una buona azione formativa ricadono inevitabilmente tanto sul singolo operatore quanto sui rapporti con il suo gruppo di lavoro, migliorando complessivamente il clima lavorativo interno all’ente ed i rapporti con i cittadini e gli altri Soggetti esterni ad esso. e) stabilire i sistemi di valutazione e di verifica dell’intervento. Come per altri ambiti socio-economici, anche per la formazione – sia quella mirata al conseguimento di specifici obiettivi sia quella permanente, sul modello del lifelong learning – è indispensabile progettare chiarendo sin dai primi momenti i sistemi di valutazione e quelli di verifica dell’intervento che si vuole realizzare. La valutazione viene utilizzata per misurare l’efficacia degli interventi in relazione al grado di cambiamento/innovazione che il percorso formativo riesce ad apportare nei confronti delle tre categorie di utenti: “i partecipanti ai corsi, le amministrazioni ed i cittadini”8. Non è, quindi, possibile, valutare un progetto di formazione esclusivamente in base ai meri “costi economici” che questo comporta, come spesso (ed erroneamente) è accaduto nella pubblica amministrazione. Mediante lo studio diacronico della valutazione (ex ante, in itinere ed ex post), i sistemi di auto/etero-valutazione, l’analisi S.W.O.T9. ed il benchmarking non competitivo, è possibile ridurre sensibilmente gli sprechi di denaro, di tempo, di strumenti ed altre risorse e, contestualmente, potenziare gli effetti dell’operato degli enti pubblici. 7 Consiglio europeo di Lisbona, marzo 2000, in C. Ciacia, La formazione nella Comunità Europea e i programmi per la pubblica amministrazione, 2004. 8 Cfr. la Direttiva Frattini sulla “Formazione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni” del 13.12.2001. 9 SWOT, acronimo di Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats, ossia l’analisi dei punti di forza, debolezza, opportunità e minacce relative ad un dato progetto. Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. La diffusione del principio di qualità è sempre più una realtà nei contesti della pubblica amministrazione. Per coloro che si occupano di welfare-system ed, in particolare, di community-care, è risultato evidente negli ultimi anni il cambiamento culturale della nozione di qualità - intesa sia come valutazione sia come miglioramento della qualità -, avvenuto nell’ambito dei Servizi alla persona. Un mutamento transitato dal modello della verifica reciproca fra colleghi (peer reviews) all’approccio “ispezionistico” mediato dalla produzione delle linee-guida, alla promozione del controllo “dal basso” esercitato dai cittadini, all’approccio alla qualità (oggi prevalente) proveniente dalle teorie dell’imprenditorialità e del management. I sistemi di riprogettazione dei processi e delle strutture (reengineering), il Total Quality Management e la learning organization stanno sempre più coinvolgendo la pubblica amministrazione non solo a causa dell’accresciuta esigenza di miglioramento del benessere organizzativo e della qualità dei servizi/prestazioni offerte ai cittadini, ma anche per la crescente consapevolezza dei vantaggi (non solo economici) prodotti dalla prevenzione dei disagi e delle patologie nelle organizzazioni lavorative (come i fenomeni di mobbing, di stress e burn-out). Le prospettive della Formazione nella Pubblica Amministrazione Il Ministero del Welfare ha recentemente dichiarato che l’Italia risulta il fanalino di coda dei Paesi europei per la formazione “on the job” attuata nello scorso anno: le imprese italiane che fanno formazione rappresentano in questo Paese poco più del 22%, contro una media U.E. del 62%! Anche i nuovi Paesi membri sembrano presentare livelli di offerta formativa più elevati dell’Italia10. All’interno di questo dato apparentemente disperato, vi sono, tuttavia, importanti distinzioni da considerare: ad esempio il divario fra nord e sud (con un netto vantaggio per le imprese del nord), la differenza del trend fra medie/grandi aziende e piccole imprese (le aziende grandi fanno più formazione), le difformità esistenti fra settori produttivi diversi nell’organizzazione di stage e di tirocini formativi. Esistono, cioè, settori produttivi, aree geografiche, livelli di scolarizzazione e dimensioni aziendali che offrono iniziative di formazione di qualità in misura di gran lunga superiore rispetto alla miseria del dato iniziale. Sono, questi ultimi, i segnali di un duplice problema di carattere culturale, da un lato, e di disponibilità/opportunità di accesso, dall’altro, ai quali la pubblica amministrazione italiana sta cercando di rispondere attraverso una propria via alla formazione, anche sulla base delle esperienze provenienti dall’imprenditoria internazionale. Alla consapevolezza della formazione permanente come valore aggiunto nella produttività e nel reddito, da parte dell’imprenditoria privata, sta progressivamente seguendo una presa di coscienza altrettanto significativa, da parte delle istituzioni pubbliche, del potenziale virtuoso che la formazione può sviluppare soprattutto rispetto all’innovazione amministrativa, al miglioramento della qualità del rapporto con la società civile, alla prevenzione delle patologie lavorative ed alla promozione della cittadinanza attiva. E’ in queste direzioni che il nostro Paese ha cominciato ad introdurre i primi significativi strumenti per la realizzazione, la diffusione ed il consolidamento di un sistema formativo efficace nella pubblica amministrazione. 10 Cfr. Il Sole 24 Ore del 26 luglio 2004 Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. In particolare, il Dipartimento della Funzione Pubblica, mediante la Direttiva Frattini, le sperimentazioni del Progetto Cantieri P.A. l’elaborazione e la diffusione dei Manuali per il Benessere Organizzativo, la Customer Satisfaction, ha recentemente colmato alcune delle più gravi lacune sulla formazione ancora presenti in Italia. Nella Direttiva Frattini, infatti, viene esplicitato il senso della formazione nella pubblica amministrazione, chiarendo gli obiettivi, illustrando le modalità e gli strumenti per la concreta attuazione degli interventi formativi, individuando gli attori della formazione, le risorse e le aree prioritarie d’interesse verso cui indirizzare gli interventi. Gli spazi di applicabilità della formazione nella pubblica amministrazioni sono, dunque, finalmente possibili e vasti e più che mai necessari, soprattutto in relazione alle contemporanee esigenze dell’apprendimento istituzionale: “..i fattori di mutamento che esigono velocità, flessibilità e pertinenza delle prestazioni alle materie trattate sono molti ed in continuo aumento. L’apprendimento non è un lusso, ma una necessità”.11 Il ruolo del formatore, così come definito e sancito dai citati atti, è quello, in definitiva, di un animatore, di un facilitatore della formazione e dell’apprendimento istituzionale: egli ha la possibilità di promuovere la progettazione della formazione, di parteciparvi attivamente con altri attori istituzionali, di facilitare il reperimento dei finanziamenti disponibili per le iniziative formative e di monitorare e verificare gli effetti di tali iniziative. Della figura del formatore, dice Simonetta Simoni: “il formatore, consulente o ricercatore esperto di tematiche organizzative viene spesso identificato con un sapere consolidato che ha la soluzione giusta, il modello più efficiente, la ricetta che rende tutto funzionale e che elimina gli elementi di disordine. Ci si aspetta un esperto che abbia certezze e verità, suffragate da dati e fatti”12. In realtà, il formatore, lungi dall’essere un “tuttologo”, resta colui che facilita i processi di osmosi, di scambio e di crescita reciproca fra istituzioni e società civile, in un percorso di progressivo apprendimento ed acquisizione di intelligenza e saperi. 11 12 C. Donolo, L’intelligenza delle istituzioni, Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 219 S. Simoni, Le culture organizzative dei Servizi, Carocci, Roma, 2003, pag.21 Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato. BIBLIOGRAFIA AA.VV., Dizionario del cittadino europeo, B. Mondadori, Varese, 2002 (a cura di) F.Avallone e M.Bonaretti, Manuale del Benessere Organizzativo, Presidente Consiglio dei Ministro, Dipartimento della Funzione Pubblica G. Brosio, Economia e Finanza pubblica, Nuova Italia Scientifica, Roma, 1994 G. Cepollaro, Formazione e Sviluppo locale, in Animazione Sociale, ed. Gruppo Abele, n.3 marzo 2002 S. Cook, Guida pratica al benchmarking, F. Angeli, Milano, 2003 O. De Leonardis, Le Istituzioni. Come e perché parlarne, Carocci, Roma, 2001 C. Donolo, L’intelligenza delle istituzioni, Feltrinelli, Milano 1997 Dipartimento della Funzione Pubblica, Direttiva Frattini sulla “Formazione e la valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni” del 13.12.2001 G. Iacono, Gestire i rischi di progetto, F. Angeli, Milano Il Sole 24 Ore, Dossier Consulenza & Formazione, 26 luglio 2004 L. Mauri e C. Penati (a cura di), Pagine Aperte 2, F. Angeli, Milano, 1996 G. Palasciano e A. Lotti (a cura di), Guida pedagogica per il Personale sanitario, Organizzazione Mondiale della Sanità, Edizioni dal Sud, Modugno (BA), 2002 S. Simoni, Le culture organizzative dei servizi, Carocci, Roma, 2003 J.Van der Stel e D. Voordewind (a cura di), Manuale di prevenzione alcol, droghe e tabacco, F. Angeli, Milano, 2001 Errore. Il numero non può essere rappresentato nel formato specificato.