Collana Mono
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Danilo Cafaro
NUOVO APPROCCIO
DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO
NELLA PATOLOGIA
INFIAMMATORIA
DEL CANALE ANALE
Studio comparativo mesalazina VS
mesalazina + Probiotico
+ Acido butirrico + Inulina
Advanced Therapy in Clinical
Proctology Practice
M.G.E.
MELIGRANA GIUSEPPE EDITORE
O
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Danilo Cafaro
Nuovo approccio diagnostico-terapeutico nella patologia infiammatoria del canale anale - Studio comparativo mesalazina VS mesalazina + Probiotico + Acido butirrico + Inulina. Advanced Therapy in Clinical Proctology Practice.
Collana Mono. 4
Copyright © Meligrana Giuseppe Editore, 2009
Copyright © Danilo Cafaro
Tutti i diritti riservati
Meligrana Giuseppe Editore
Via della Vittoria, 14
89861 - Tropea (VV)
Tel. (+39) 338 6157041 - (+39) 329 1687124
www.meligranaeditore.com
[email protected]
I edizione: aprile 2009
ISBN: 978-88-95031-33-0
L’editore e l'autore ringraziano gli aventi diritto che non sono riusciti a raggiungere e si dichiarano disponibili nei loro confronti per la corresponsione dei diritti.
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INTRODUZIONE
L’anite rossa sebbene sia un quadro di frequente osservazione nell’ambito della
patologia proctologica, tuttavia non è di facile definizione e spesso non viene
neppure considerata in termini diagnostici e terapeutici. Definita nella terminologia proctologica popolare come “ano riscaldato”, venne dai proctologi francesi elegantemente battezzata “anite rossa”, termine generico che indica uno stato infiammatorio dell’ano o una condizione di iperemia del canale anale prossimale e/o
distale ad interessamento prevalentemente mucoso.
Dal punto di vista nosografico l’anite è stata in qualche modo assimilata alla
proctite. Le aniti-proctiti comprenderebbero tutte le lesioni infiammatorie e infettive dell’ano, includendo criptiti, papilliti e sconfinando nelle ragadi e nella patologia emorroidaria. È poco chiaro quale sia la vera causa di questa infiammazione.
Diarree croniche aspecifiche, alterazione della flora batterica intestinale, antibioticoterapia, parassitosi, eritema perianale, infezioni ginecologiche e urinarie sono
tutti elementi che vanno considerati nell’affrontare gli stati infiammatori dell’ano.
Un ruolo di rilievo, secondo Duhamel, è da attribuire all’anite rossa come fattore predisponente della ragade, poiché potrebbe essere causa di un ipertono paradosso che non lascerebbe dilatare l’ano senza dolore, reso fragile
dall’infiammazione con conseguente trauma della sua superficie al passaggio di feci dure.
Altra condizione patologica facilmente correlabile con l’anite è rappresenta dalla malattia emorroidaria. Sebbene il suo ruolo nella eziopatogenesi sia poco chiaro,
dato che la causa scatenante della patologia emorroidaria è da ricercare verosimilmente in fattori meccanici (stipsi, prolasso), l’anoderma infiammato che ricopre i
gavoccioli emorroidali può esacerbare la sintomatologia rendendo la superficie più
a rischio di traumi e di sanguinamenti.
In un mio recente studio si è osservata una stretta correlazione tra aniteproctite e l’alterazione della flora batterica. Questo ha dimostrato come l’integrità
della flora batterica intestinale e i prodotti di sintesi (Acido Butirrico) di alcuni dei
suoi batteri (lattobacilli e bifidobatteri) svolge un ruolo estremamente importante
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per il benessere della mucosa enterica. La flora Batterica intestinale rappresenta un
sistema biologico di notevole importanza fisiologica, equiparabile, per peso e funzioni, ad uno dei grandi organi del corpo, dotato di un numero di cellule superiore
a quello di tutte le cellule somatiche, il cui ruolo, peraltro che non è ancora del tutto chiarito può essere favorevole all’ospite. Concorrono alla sua costituzione circa
500 specie batteriche, per la sua complessità e varietà la microflora intestinale rappresenta una enorme fonte di attività enzimatica capace di modificare o degradare
le sostanze che passano nel canale digerente, nonché di sintetizzare sostanze complesse da altre più semplici. L’anite rossa è quindi una manifestazione anatomoclinica che si associa spesso alla patologia emorroidaria ed all’ipertono sfinteriale o
al dismicrobismo della flora intestinale con aree di abrasione perianale e di flogosi,
la cui sintomatologia più eclatante sono lievi rettorragie, dolore anale, senso di ano
umido o prurito.
Il trattamento della anite rossa è un trattamento di tipo medico con l’uso di
farmaci flebotropici, unguenti topici antiemorroidari o antinfiammatori, autodilatazioni e applicazione di calore per cercare di risolvere l’ipertono sfinteriale. In alcuni casi sono indicati legature elastiche o terapia sclerosante delle emorroidi soprastanti o peggio ancora con trattamento chirurgico di “emorroidectomia” o
“sfinterotomia” che di per sé rappresentano un eccesso terapeutico e che comunque non risolvono del tutto la sintomatologia che tende a ripresentarsi.
In questo lavoro abbiamo fornito alcune informazioni sull’azione dei probiotici
e dei suoi prodotti di sintesi e alcune indicazioni diagnostiche per un miglior inquadramento della patologia che può in alcuni casi mascherare importanti alterazioni fisiopatologiche del canale ano-rettale e infine abbiamo cercato di confrontare il trattamento dell’Anite rossa con solo Mesalazina ad uso topico verso il trattamento combinato Mesalazina + probiotico + un complesso di acido butirrico ed
inulina, per studiare se l’effetto di una terapia che associ l’attività antinfiammatoria
della mesalazina e dei prodotti di sintesi della flora batterica migliori la sintomatologia dei pazienti.
L'autore
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1.
PRINCIPALI EFFETTI
BENEFICI DEI PROBIOTICI
Grazie all’apporto enzimatico, la flora probiotica contribuisce a migliorare la
digestione degli alimenti. In particolare la digestione delle proteine. E’ noto come
le molecole proteiche siano di difficile digeribilità: in presenza di batteri probiotici,
le proteine ingerite sono trasformate dagli enzimi proteinasi dei probiotici in molecole più piccole (polipeptidi e poi aminoacidi) e quindi più digeribili. Tale proprietà può essere particolarmente apprezzata in pediatria, in geriatria, durante la
convalescenza e in tutti i casi di malassorbimento. Anche i grassi subiscono una
degradazione ad opera della flora probiotica: sono trasformati dall’enzima lipasi
dei probiotici in acidi grassi e glicerolo. Oltre ad essere una funzione particolarmente utile nelle preparazioni dietetiche di neonati, anziani e convalescenti, diventa particolarmente indicata nel trattamento delle malattie del metabolismo con la
deconiugazione di sali biliari e trasformazione del colesterolo nei lipidi sierici nelle
ipercolesterolemie e iperlipidemie in genere. Infine la somministrazione delle cellule di batteri lattici a ratti ed a conigli, fa diminuire i valori di colesterolo plasmatici, evidenziando l’influenza sull’assorbimento intestinale del colesterolo endogeno o derivante dalla dieta.
La maggior parte dei batteri, che costituiscono la flora sottodominante (popolazione inferiore a 107 per grammo) in particolare Lattobacilli, produce una rilevante quantità di b-galattosidasi. Il fatto assume una particolare rilevanza nei soggetti che presentano intolleranza al lattosio, in quanto la b-galattosidasi prodotta
dai batteri lattici sembra stimolare la produzione della lattasi residua a livello
dell’enterocita, di conseguenza si ha una migliore tolleranza al lattosio poiché
l’enzima ne determina l’idrolisi a glucosio a galattosio, facilmente assorbibili dalla
mucosa intestinale.
Sono inoltre attivate altre reazioni enzimatiche capaci di intervenire sui residui
inutilizzabili del contenuto intestinale. La digeribilità degli alimenti potrebbe essere
aumentata anche dalla predigestione dei fattori antinutrizionali come l’acido fitico
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ed i glucosinati, in substrati assimilabili dall’ospite. I ceppi probiotici permetterebbero inoltre di migliorare l’assimilazione degli amminoacidi essenziali per l’ospite,
sintetizzandoli o inibendo l’azione delle desaminasi e delle decarbossilasi batteriche prodotte dalla microflora del tratto digerente.
L’azione più importante della microflora probiotica è indubbiamente il suo
ruolo di protezione dalle infezioni e dalla colonizzazione del tubo digerente da
parte di germi patogeni.
I diversi meccanismi che formano la prima linea di difesa dell’ospite dalle infezioni intestinali sono chiamati resistenza alla colonizzazione, esclusione competitiva o effetto barriera. La repressione dei germi patogeni può avvenire in vari modi:
la produzione di acidi organici, come l’acido lattico o acetico o l’acido butirrico
la competitività mediante la repressione della crescita dei batteri antagonisti o mediante la produzione da parte dei probiotici di sostanze antimicrobiche del
tipo della batteriocina, in grado di inibire i germi che spesso provocano le infezioni.
Sembra che i batteri probiotici abbiano un’azione stimolante sul sistema immunitario dell’ospite, dato che agiscono sia sulle cellule coinvolte nell’immunità
naturale che in quelle interessate dall’immunità specifica. Pare che i probiotici stimolano l’attività dei macrofagi. I meccanismi per il momento ci sono ancora in
parte sconosciuti, tuttavia sperimenti in vitro e sui ratti hanno dimostrato che solo
i batteri capaci di sopravvivere e svilupparsi nel tratto gastroenterico dell’ospite
siano in grado di agire sull’attivazione dei magrofagi. Inoltre sembra che la presenza dei microrganismi probiotici favorisca la produzione di anticorpi, con particolare riferimento alle IgA secretorie nel lume intestinale. Le IgA possono inibire
l’adesione dei batteri patogeni alla superficie delle mucose provocando
l’agglutinazione dei batteri, fissandosi sulle adesine, ovverosia sui fattori di adesione presenti alla superficie dei batteri, interferendo con le interazioni adesine/recettori cellulari. Grazie alla loro azione sul sistema immunitario, i batteri lattici potrebbero essere utilizzati a scopi preventivi nelle infezioni intestinali, come
protezione contro altri danni che implichino il sistema immunitario, come immunomodulatori.
L’inattivazione dei composti tossici tramite i batteri lattici rappresenta un altro
aspetto molto importante dell’azione probiotica e terapeutica dei batteri probiotici. Pare che questi batteri attenuino il catabolismo intradigestivo, orientando la
funzione epatica. Possono accumularsi nella microflora intestinale per ridurre
l’assorbimento di sostanze tossiche come l’ammoniaca, gli amminati e gli indoli;
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sembra inoltre che diminuiscano la biotrasformazione dei Sali biliari e degli acidi
grassi in prodotti tossici.
Un’altro ruolo importante dei probiotici viene osservato nella colonizzazione
della mucosa vaginale. Il tratto urogenitale della donna sana è un ecosistema caratterizzato da una flora microbica complessa, il cui equilibrio è soggetto a numerose
fluttuazioni. Fin dal primo studio approfondito i lattobacilli sono stati riconosciuti
come la specie dominante nella microflora vaginale normale in età puberale. Il
predominio dei lattobacilli nel tratto urogenitale dei soggetti sani è stato correlato
al loro effetto protettivo nei confronti dell’invasione delle cavità corporee corrispondenti ad opera di microrganismi patogeni, sia endogeni che esogeni. Lo studio comparato della microflora urogenitale delle donne in buone condizioni di salute e delle donne colpite da infezioni urinarie o vaginali ha dimostrato chiaramente come gli episodi infettivi siano sempre associati ad una diminuzione importante
o addirittura ad una scomparsa dei lattobacilli endogeni. Queste osservazioni avvalorano l’idea che i lattobacilli endogeni svolgano, nella prevenzione delle infezioni
uroginecologiche, un ruolo simile a quello che hanno nell’intestino. Allo stato attuale delle conoscenze sembra che si possa prendere in considerazione l’uso di
ceppi accuratamente selezionati di lattobacilli a fini profilattici, anziché terapeutici,
nel trattamento delle infezioni vaginali o urinarie ricorrenti. La somministrazione
di lattobacilli rappresenta un’integrazione importante, se non un’alternativa interessante, alle lunghe terapie antibiotiche attualmente prescritte in presenza di episodi infettivi ripetuti.
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2.
L’ACIDO BUTIRRICO
NELLA TERAPIA INFIAMMATORIA
DEL COLON
Un ecosistema intestinale ben equilibrato è condizione indispensabile per le
funzioni energetiche e metaboliche della mucosa del colon, le cui alterazioni contribuiscono o sono alla base di numerose manifestazioni patologiche intestinali ed
extraintestinali. Le principali funzioni del grosso intestino sono regolate da una serie di sostanze derivanti dalla fermentazione, prodotta da alcuni batteri della microflora intestinale, sul materiale indigerito giunto nel colon. Fra gli oltre 400 ceppi batterici finora isolati che popolano l’intestino umano ve ne sono alcuni, in particolare bifidobatteri e i lattobacilli, che attaccano e fermentano il materiale alimentare indigerito giunto nel colon, che producono sostanze come gli acidi grassi
a catena corta fornitrici di energia metabolica ai colociti. Questi acidi grassi, soprattutto l’acido butirrico, derivante principalmente dalla fermentazione batterica
anaerobica dei carboidrati, rappresenta circa 80% della concentrazione anionica
del colon.
Il butirrato è il principale acido grasso a catena corta che si genera da questo
processo e la sua produzione giornaliera si aggira intorno ai 300-400 nmol, in piccolissima parte nell’ilio terminale, massima a livello del cieco e in quantità leggermente inferiore nel colon distale. I numerosi studi effettuati nell’ultimo decennio
hanno ben definito le funzioni principali del butirrato che, oltre a fornire energia
metabolica ai colociti e regolare il loro processo replicativo, mantenendosi vitali ed
efficienti, ha un importante effetto benefico sui processi infiammatori a carico del
colon, effetto riconducibile ad un aumento della sintesi della mucina e delle proteine cellulari e alla ridotta produzione di mediatori dell’infiammazione. Kobayaschi, Orchel e Ruemmele affermano che l’acido butirrico controlla anche
l’accrescimento patologico delle cellule del colon, regolando la loro replicazione
attraverso meccanismi di blocco della sintesi del DNA ed il ripristino
dell’apoptosi. La conferma dell’importanza del buttirato nell’integrità e nella fisio11
logica funzionalità del colon è dimostrata dal riscontro che molti processi patologici caratterizzati da infiammazione, alterazioni motorie e tumori colorettali si accompagnano ad una ridotta concentrazione di butirrato nel colon. Queste ormai
accertate proprietà benefiche dell’acido buttirico ne hanno suggerito negli ultimi
anni l’utilizzo nella terapia di malattie a carattere infiammatorio e degenerativo del
colon. In un recente studio condotto da Torsoli su 40 pazienti affetti da Rettocolite-ulcerosa di intensità lieve-moderata, endoscopicamente e istologicamente
accertata, il trattamento con clisteri di acido butirrico in aggiunta alla mesalazina si
è dimostrato molto più efficace della sola mesalazina nel ridurre la sintomatologia
e nel mantenimento dello stato di quiescenza. L’efficacia del butirrato nella rettocolite-ulcerosa è giustificata dal fatto che i pazienti affetti da tale patologia presentano basse concentrazioni fecali di acidi grassi a catena corta e un difetto di ossidazione del butirrato.
Un effetto terapeutico del butirrato è stato dimostrato esservi anche nelle lesioni attiniche del colon. La radioterapia che frequentemente segue il trattamento
acuto delle lesioni neoplastiche degli organi della regione pelvica, è molto spesso
seguita da effetti collaterali quali diarrea muco-sanguinolenta, tenesmo, dolore. Tali sintomi sono causati da danno della mucosa intestinale e dell’endotelio vascolare. Vernia et al. In uno studio in doppio cieco condotto su 20 pazienti affetti da
proctite attinica, trattati per via topica con clisteri di butirrato ha ottenuto una
buona cicatrizzazione delle ferite della mucosa e di conseguenza nella riduzione
dei sintomi rispetto ai pazienti trattati con placebo. Per sopperire alla carenza di
acidi grassi nel colon e affinché il butirrato possa esercitare una efficace attività terapeutica è necessario una sua concentrazione nel colon di circa 700 mmol/die.
Poiché la somministrazione per via orale di butirrato non può rimediare al suo deficit nel colon, perché una volta ingerito viene totalmente assorbito dall’intestino
prossimale, sono necessarie delle formulazioni in grado di oltrepassare la barriera
gastrica e del tenue e liberare il butirrato a livello del grosso intestino. La ricerca
scientifica, di recente, è riuscita ad ottenere una formulazione di acido butirrico in
compresse, che utilizzando una particolare tecnica brevettata (Nutraceutical Multimatrix), che consiste nel rivestimento delle compresse con una matrice idrofila e
una matrice amfipatica, consente di oltrepassare la barriera gastroenterica e rilasciare il principio attivo interamente nel colon. Accertata l’efficacia dell’acido butirrico nel trattamento topico delle lesioni infiammatorie e degenerative del colon
fa si che un trattamento con questo prodotto trovi un impiego razionale nella terapia dei processi infiammatori del colon-retto.
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