VI – Pòlis: dal IV sec. a.C. all`ellenismo

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STORIA
VI
(PRIMA PARTE) PÒLIS: DAL IV SEC. A. C. ALL’ELLENISMO
Abbattuta la potenza ateniese, Sparta si impone sulle città greche, ma il suo egemonismo suscita
solo insofferenze e odi, né si reggerebbe senza l’oro del «gran re» – che tuttavia lo distribuisce anche ad altre pòleis, e punta poi su Tebe. Però neanche l’ascesa di Tebe risolve alcunché, e la Grecia
delle pòleis va in disgregazione – come vuole il «gran re». Ma nel vuoto politico si inserisce il Regno di Macedonia, che giunge a imporsi sulla Grecia e si rivolge contro l’Impero persiano. Anche
in Occidente le pòleis sono disperse e in difficoltà crescenti − e, nel centro d’Italia, avanza Roma.
L’egemonia spartana
Il vincitore di Atene, Lisandro, impone ovunque o regimi oligarchici, o autoritarie decarchie 1 , o
gli armosti (i comandanti) delle guarnigioni spartane. Sparta attua una dittatura militare (con tributi
di 1.000 talenti l’anno). Ma non è all’altezza: circa 2.000 spartiati (tanti nel 402 a. C.) dominano,
oltre ai loro iloti e perieci, gran parte dell’Ellade, imponendo solo una statica conservazione. E
Sparta si attira un odio tale da far rimpiangere l’egemonia di Atene. Né riesce alcuna modifica del
kosmos di Sparta 2 , mentre il trattato con il «gran re», se dà i fondi indispensabili, accetta l’autorità
persiana sulle pòleis di Anatolia, Ellesponto, Tracia. E se il «gran re» la rivendica? Non opporsi sarebbe il crollo immediato della già invisa egemonia. Opporsi? Nuove guerre, e senza l’oro del «gran
re».
La crisi dell’egemonia spartana. Caduta nel 404 a. C. ad Atene l’egemonia spartana, con il ritorno della democrazia 3 , negli anni seguenti la dittatura di Sparta frana ovunque. Nel frattempo,
contro la pressione dell’Impero persiano 4 sulle città ioniche: nel 400 a. C. Sparta interviene e vince,
finché, nel 398 a. C., l’impero non chiede una tregua. Il «gran re» ne approfitta per inviare in Grecia
emissari e oro, e ha successo, specie con Tebe 5 . Con la ripresa dell’azione spartana nella Ionia 6 ,
Tebe si leva in armi e batte nel 395 a. C. un esercito di Sparta (ad Aliarto, in Beozia) 7 . A Tebe si
uniscono Atene, Argo e Corinto, nell’alleanza di Corinto – in stretti rapporti con il «gran re». Nel
394 a. C., all’isola di Cnido, la flotta persiana 8 travolge quella spartana; poi, è tanto incontrastata da
compiere scorrerie sulle coste greche, come non avveniva dalle «guerre persiane», mentre va avanti
il conflitto fra Sparta e la coalizione nemica 9 . Nel 393 a. C. ad Atene, con l’oro ricevuto dal «gran
re», si ricostruiscono le Lunghe Mura e si stringono alleanze con varie isole egee. Ma la situazione
1
I «governi dei dieci», che sono dei dispotici “direttorii” filospartani.
Modifica che avrebbe portato a una diversa egemonia spartana sulla Grecia; ma lo stesso Lisandro, che si rende conto
della necessità di una trasformazione dell’ordinamento di Sparta e che tenta di attuarlo, tuttavia fallisce.
3
Ricordiamo: ad Atene il «collegio dei trenta» (i trenta tiranni), capeggiati da Crizia (zio del filosofo Platone), ha imposto un regime di terrore, riducendo a soli 3.000 i cittadini di pieno diritto e uccidendo molti ateniesi, fra cui anche
Teramene, sospetto perché “moderato”. Le città vicine si riempiono di fuoriusciti, che, guidati da Trasibulo e Anito, nel
403 a. C. occupano il Pireo e accendono l’insurrezione ad Atene; cadono dei soldati del presidio spartano e lo stesso
Crizia, ma «tiranni» e sostenitori si apprestano a dar battaglia. Sopraggiunge l’esercito spartano, guidato dal re Pausania, personalmente contrario alla dittatura di Sparta, che opera per la pacificazione − i «tiranni» e i loro seguaci si arroccano a Eleusi; ma nel 401 a. C. Atene la riprende.
4
Il nuovo «gran re» è Artaserse II (sul trono nel 404 a. C.); Sparta ne appoggia il fratello minore, Ciro, che nel 401 a.
C. avanza, ma muore nella pur vittoriosa battaglia di Cunassa (presso Babilonia).
5
I buoni rapporti fra Tebe e i persiani risalgono al tempo delle «guerre persiane».
6
E altre vittorie spartane, sotto la guida del re Agesilao (396-395 a. C).
7
Lo stesso Lisandro resta fra i caduti.
8
Al comando del satrapo Farnabazo e dell’ateniese Conone, che era uno dei comandanti della flotta ateniese distrutta a
Egospotami, “prudentemente” non rientrato a suo tempo ad Atene – per non essere processato e sicuramente condannato; Conone rientra, festeggiato, ad Atene nel 393 a. C., dopo la vittoria di Cnido.
9
Chiamato «guerra di Corinto» per le ampie e contrapposte operazioni militari condotte intorno alla città.
2
1
generale è grave: i commerci ristagnano, per il continuo stato di guerra e per la perdita da parte di
Atene del ruolo di grande centro mercantile; i mari sono insicuri; i rapporti con la Sicilia ostacolati
da Cartagine − ed è crescente il peso dell’Impero persiano. I greci lo comprendono: nel 393 a. C. si
fondono Corinto e Argo – evento unico nella storia greca –, e, nel 392 a. C., trattano per una pace
globale. Però Sparta, per ricostruire la propria egemonia, vuole tutte le pòleis «indipendenti» (incapaci di resistere alla sua potenza) e, per assicurasi il «gran re», gli riconosce ufficialmente le città
anatoliche. Perciò il congresso di pace – a Sardi, in terra persiana – fallisce: la guerra continua.
Dal 391 al 388 a. C. Sparta subisce rovesci in Anatolia e in Grecia, mentre Atene riprende
l’espansione nell’Egeo ed Ellesponto. Sparta invia l’emissario Antalcida dal «gran re» e, grazie ai
fondi ricevuti e agli aiuti navali dell’alleata Siracusa, blocca l’Ellesponto, impedendo l’afflusso di
derrate ad Atene. Cosí si giunge, nel 387 a. C., al secondo congresso di pace – sempre a Sardi – in
cui è imposto il trattato di Antalcida con il «gran re», approvato nel 386 a. C. dai greci riuniti a
Sparta. È la pace di Antalcida, o pace del re: pace fra tutti; restituzione al «gran re» delle città anatoliche, isole antistanti e Cipro; indipendenza di tutte le altre pòleis 10 . A un secolo di distanza,
l’Impero persiano umilia gli eredi dei suoi vincitori e ne impone la divisione: anche Argo e Corinto
si devono separare e Tebe deve sciogliere la Lega beotica. L’ombra del «gran re» si estende fino allo Ionio, pur senza dominio diretto (altrimenti, è sicura sollevazione di gran parte dei greci). Perciò
serve sostenere un’egemonia di Sparta, che, nei quindici anni seguenti, applica la «pace del re» 11 ,
estende la sua preminenza dal Peloponneso alla Calcidica, è in buoni rapporti con Macedonia, Tessaglia, Epiro e Siracusa. Ma è un’egemonia ridotta e instabile.
Nel 382 a. C. un sopruso spartano indigna tutti: un contingente di Sparta diretto nella Calcidica,
passando vicino Tebe – rifiutatasi di fornire truppe per l’impresa –, si accorda con gli oligarchi tebani, prende con un colpo di mano la Cadmea (l’acropoli di Tebe) e fa cadere la democrazia nella
città. I tebani fuoriusciti, rifugiati ad Atene, denunciano l’accaduto e si preparano all’azione. E da
Tebe scaturisce la fine dell’egemonia di Sparta, e della sua stessa potenza.
L’egemonia tebana
Alla fine del 379 a. C., i fuoriusciti tebani, sostenuti da truppe ateniesi, rientrano in città: gli
spartani sgomberano la Cadmea, Tebe restaura la sua democrazia e ricostituisce la Lega beotica.
Sparta invia l’esercito, guidato dal re Cleombroto, che non giudica opportuno assediare la città e si
ritira, lasciando in Beozia dei reparti di controllo − questi, nel 378 a. C., per rappresaglia contro Atene, tentano occupare il Pireo, ma falliscono. Atene nel 377 a. C. si allea con Tebe, che, intanto, sta
dotando la Lega beotica di un forte esercito. E Atene ricostituisce la Lega marittima.
È passato un secolo dalla Lega di Delo e Atene vuole evitare i vecchi errori: autonomia delle pòleis socie 12 , né funzionari in queste città, né coloni nei loro territori, nessuna presenza nel consiglio
della Lega 13 . Però, nonostante ciò, Atene ne controlla ben presto forze e fondi. All’alleanza di Tebe
e Atene si unisce anche Giasone di Fere, il tagòs, «principe» (tiranno) della Tessaglia, che ha un
robusto esercito (20.000 opliti e 8.000 cavalieri). E procede la guerra contro Sparta.
L’affermazione di Tebe e la caduta di Sparta. Nel 377-376 a. C. le forze tebane e ateniesi bloccano
le truppe spartane in Beozia, rifiutando la battaglia campale. Nel 376-375 a. C. si accosta ad Atene
anche la Macedonia 14 . E il «gran re» non prende posizione: finanzia Sparta, ma non punta solo su di
essa − è guerra fra greci, non contro l’Impero persiano.
10
Escluse alcune isole egee, lasciate ad Atene.
Scioglie ogni lega, fa cadere dovunque possibile la democrazia, sottomette le recalcitranti Mantinea (385-384 a. C.) e
Fliunte (379 a. C.), esige dalle Cicladi un tributo annuo, piega la stessa Atene e abbatte la Lega calcidica – che si era
formata intorno alla città di Olinto.
12
Escludendo dalla lega le città anatoliche, per non violare la «pace del re».
13
Le città devono fornire navi e truppe, o contributi; per il resto, il consiglio della Lega è libero di prendere le proprie
decisioni e di accordarsi, poi, con Atene.
14
Alleata preziosa, fra l’altro, per la ricchezza di legname − necessario alla costruzione delle navi.
11
2
Atene presto si allarma per le spese di guerra, la crescente potenza di Tebe e della Tessaglia, il
sostegno a Sparta dell’impero e di Siracusa. Nel 374 a. C., con la mediazione del «gran re» e di
Dionisio, tiranno di Siracusa, Sparta conclude la pace con Atene – riconosciuta, con la sua Lega
marittima, come “contrappeso” alla potenza spartana. Ma le ostilità non cessano. Nel 373-372 a. C.,
Tebe costringe a entrare nella Lega beotica tutte le città beote, e distrugge di nuovo la ricostruita
Platea. Nel 371 a. C., con la mediazione del «gran re», è proposta ai contendenti riuniti a Sparta una
nuova pace 15 , che non viene concordata 16 .
Per concludere il conflitto, il re Cleombroto guida 10.000 opliti spartani su Tebe e nel luglio del
371 a. C. si scontra a Leuttra (in Beozia) con Epaminonda e Pelopida alla testa di 7.000 opliti. Epaminonda adotta la nuova tattica dell’ordine obliquo: spinge avanti la rafforzata ala sinistra del
suo esercito, 50 file di opliti – le prime della «falange sacra», soldati scelti, guidati da Pelopida.
L’ala destra nemica è travolta: Cleombroto e circa 400 spartiati sono fra i caduti; l’ala sinistra
nemmeno interviene e può solo ritirarsi. Per Sparta è un colpo mortale: l’Etolia si costituisce in
Lega, e cosí nel Peloponneso l’Arcadia, dove rientrano i fuoriusciti democratici. Tebe si allea con la
Focide e con l’Arcadia; nel 370 a. C., Epaminonda arriva in Laconia, fino a Sparta: con il suo aiuto,
gli iloti insorgono in Messenia e, nel 369 a. C., fondano Messene, loro capitale, alle pendici del
monte Itome 17 . Persa la Messenia e sfaldata la Lega del Peloponneso, ha termine la potenza di
Sparta.
L’egemonia tebana e il suo crollo. Nel 368 a. C. Tebe, diretta da Epaminonda e Pelopida, si volge
contro la Macedonia 18 ; attacca in seguito la Tessaglia, indebolita dall’assassinio di Giasone di Fere
(nel 370 a. C.), ma il nuovo tiranno, Alessandro di Fere, cattura Pelopida e si allea con Atene. A
Tebe, per l’eccesso di impegni e spese militari, e gli ultimi cattivi esiti, Epaminonda e l’assente Pelopida sono destituiti. Ma Epaminonda, pur come soldato semplice, salva truppe tebane in difficoltà
in Tessaglia; rieletto comandante, nel 367 a. C. invade la Tessaglia, costringe il tiranno all’accordo
e libera Pelopida. Poi, scende ancora nel Peloponneso 19 .
Tebe cerca di imporre la pace sotto la sua supremazia – con i “buoni uffici” del «gran re». Tenuto un primo congresso a Susa, in Persia, si ha nel 366 a. C., a Tebe, quello dei delegati di tutti i greci, che stabilisce la koinè eirène, «pace generale»: riconoscimento delle condizioni di egemonia esistenti. Ma Sparta rivuole la Messenia, Atene include Samo nella Lega e l’amplia in Tracia e
nell’Ellesponto 20 − la pace è solo un armistizio. Epaminonda fa allestire nel porto di Larimna, nel
364 a. C., 100 triremi e riporta notevoli, benché effimeri, successi sugli ateniesi.
L’egemonia tebana segue le orme di quella spartana: senza prospettive e senza pace, legata agli
interessi dell’impero, e costellata da eccessi di ferocia 21 . Infine, il peso dell’egemonia è insostenibile e, ai primi disastri, crolla. Nel 364 a. C. Pelopida vince a Cinoscefale (Tessaglia) i tessali insorti,
ma cade in battaglia. Nel 362 a. C. Epaminonda scende ancora nel Peloponneso, dove c’è
un’intricata situazione di guerra 22 , per sostenere gli alleati e ristabilire la supremazia tebana. La bat15
Su questi accordi: rinnovato riconoscimento della Lega marittima di Atene; ritiro delle forze spartane presenti in Beozia; riconoscimento della Lega beotica, purché sia garantita l’autonomia delle città socie.
16
Tebe è rappresentata da Epaminonda – che ha fatto dell’esercito beotico una forte macchina bellica –, il quale vuole
siglare la pace per tutti i beoti, sancendo cosí la supremazia di Tebe: Sparta si oppone e Atene non lo sostiene − Tebe
allora rompe con Atene e continua la guerra contro Sparta.
17
Nello stesso anno, Epaminonda torna nel Peloponneso – contro gli effetti dell’alleanza fra Sparta, che è “alle corde”,
e Atene, preoccupata della forza di Tebe –, prende Sicione e Pellene, devasta le terre di Trezene ed Epidauro, e sostiene
la fondazione della capitale degli arcadi, Megalopoli.
18
Costringe all’accordo il reggente Tolomeo e fa venire a Tebe, in ostaggio, il principe Filippo.
19
Per sostenere l’Arcadia contro la pressione di Sparta, che cerca una qualche rivincita, e ottiene l’adesione dell’Acaia
all’alleanza con Tebe.
20
Sfruttando l’occasione favorevole fornita dalla lunga rivolta (dal 370 fino al 359 a. C.) dei satrapi persiani
dell’Anatolia contro il «gran re».
21
Come, per esempio, la distruzione di Orcomeno, antica città della Beozia, quale ritorsione per il sostegno dato a un
tentativo di alcuni esuli tebani di abbattere la democrazia a Tebe.
22
Nel conflitto scoppiato (nel 364 a. C.) fra l’Elide, sostenuta da Sparta, e l’Arcadia, appoggiata da Atene, gli arcadi
hanno occupato Olimpia e usato il tesoro del santuario di Zeus per pagare 5.000 mercenari; il sacrilegio ha spaccato la
3
taglia decisiva è a Mantinea: 20.000 opliti di Sparta, Atene e Mantinea; 20.000 di Epaminonda −
Epaminonda è colpito a morte e lo scontro è in parità. Ma l’egemonia tebana cade insieme a Epaminonda.
Viene conclusa una nuova «pace generale», senza efficacia: le guerre si trascinano; Atene è esausta, Sparta non ha piú forze, Tebe è ridimensionata. La Grecia delle pòleis è in disgregazione.
La Sicilia e la Grande Ellade
Cartagine ha ripreso l’offensiva dal 409 a. C., con successi. Anche perciò, nel 405 a. C. si afferma a Siracusa la tirannide di Dionisio I, che dota la città di possenti fortificazioni, fa installare e
perfezionare le artiglierie 23 , fa costruire navi piú capaci 24 ; costringe all’obbedienza a Siracusa le altre pòleis della Sicilia e guida campagne contro i cartaginesi, confinandoli nella Sicilia occidentale
(392 a. C.). Contando sulla fidata Locri, arriva a controllare anche la Calabria, e conduce ancora altre operazioni nell’Adriatico 25 e nel Tirreno 26 . Poi si scontra di nuovo con i cartaginesi (382-375 a.
C. circa), riuscendo, infine, a stabilire il fiume Alico come confine fra i rispettivi possessi 27 .
Verso il 370 a. C. Dionisio ha un esteso dominio, che però resta instabile, in primo luogo perché
i greci in Occidente sono ormai in minoranza e sotto la pressione, con fasi piú o meno aggressive,
ma costanti, oltre che dei cartaginesi, dei popoli italici. Il figlio, Dionisio II, continua la politica paterna, finché una rivolta non lo caccia da Siracusa (354 a. C.). Torna dalla Calabria e riprende il potere (347 a. C.), ma è definitivamente abbattuto da Timoleone, chiamato in soccorso da Corinto dai
siracusani, e giunto con 10 navi e un migliaio di uomini. Timoleone organizza le forze di Siracusa e
abbatte quasi tutte le tirannidi in Sicilia; nel 341 a. C. batte i cartaginesi tornati all’offensiva 28 ; infine, stringe le pòleis siciliane in una lega intorno a Siracusa e dà alla città una costituzione oligarchica. Però, dopo la sua morte, Siracusa non risolve le rinnovate tensioni interne e, nel 316 a. C., si
impone un nuovo «signore» (tiranno) della città, Agatocle, che in seguito assume il titolo di re.
Intanto, le pòleis dell’Italia meridionale hanno costituito una loro lega, che però vacilla sotto la
pressione dei popoli italici. Le città della Grande Ellade si trovano in sempre maggiori difficoltà e
la pòlis piú forte, Taranto, dal 342 a. C. inizia un gioco pericoloso: chiede aiuto in Grecia, da dove
arrivano condottieri con i propri eserciti, ma costoro operano a fini di dominio personale, mentre
Taranto vede di liberarsene appena conseguiti i successi sufficienti contro i nemici.
L’affermazione della Macedonia
L’esigenza posta alle pòleis, che ha cercato di imporsi sia attraverso gli accordi, sia attraverso il
seguito di guerre, non si è realizzata: è mancata la costituzione di un’autorità intercittadina, costituita dalle città stesse, capace di assicurarne la pace e la tutela, la parità e la reciprocità, e di dispiegarne le energie. Fallite le leghe e fallita ogni egemonia, trionferà l’Impero persiano? La sua supremazia resta indiretta: il «gran re» non può sottoporre la Grecia ai suoi satrapi 29 .
Si afferma non l’aggregazione intorno a un’autorità intercittadina, ma la subordinazione a una
potenza sovracittadina. E favorita da due fattori: primo, l’aspirazione a modi di esistenza, riassumibili in pace e benessere, fondati sul nuovo senso dell’individuo nella pòlis in crisi, piú rapportato a
se stesso, alla cerchia di familiari e amici, alla vita privata e quotidiana. Secondo, una minaccia esterna, potente e pericolosa per questi interessi e aspirazioni, contro cui mobilitare forze ed energie.
Queste condizioni già conducono all’instaurazione di nuove tirannidi, nei conflitti senza sbocco
Lega arcadica fra Mantinea, che si rivolge a Sparta, e Tegea e Megalopoli, fedeli a Tebe.
23
Catapulte e baliste, macchine basate sulla spinta di leve a torsione, che lanciano massi, dardi, proiettili incendiari.
24
Tetrère e pentère: navi militari piú ampie e veloci, sempre a tre ordini di remi sovrapposti, non con piú file – altrimenti i remi sarebbero troppo lunghi e quindi non maneggiabili –, però con 4 o 5 vogatori per remo, invece di uno solo.
25
Dove prende l’isola di Issa e la città di Lisso.
26
Contro gli etruschi: nel 383 a. C., la flotta siracusana, piombando dalla Corsica, saccheggia Pyrgi, il porto di Cere.
27
È il confine che, pur attraverso successivi conflitti, resterà immutato fino all’intervento romano.
28
La sconfitta di Cartagine è tale che i cartaginesi per molto tempo non si muoveranno dai loro possessi nell’isola.
29
O, a ogni modo, è ancora troppo presto: disgregazione e indebolimento dovrebbero essere piú avanzati.
4
fra oligarchia e democrazia in varie città 30 e a prime forme del potere sovracittadino 31 . Ma la compiuta espressione di questo nuova potenza è costituita dall’opera del re Filippo II di Macedonia, che
rafforza il suo regno e impone la sua egemonia alla Grecia, con successo definitivo sulle pòleis –
anche se non mancheranno successive rivolte e guerre, generate sia dall’instabilità, sia dalla volontà
di indipendenza delle città greche –, per rivolgersi, poi, contro l’Impero persiano.
La Grecia, l’Impero persiano, la Macedonia. Filippo, nato nel 383 a. C., rientra in Macedonia nel
359 a. C. e ne assume la reggenza 32 . In Grecia la situazione continua a deteriorarsi, in un seguito di
altre guerre 33 . Nel frattempo, l’Impero persiano si rafforza sotto il nuovo «gran re» (sul trono dal
359 a. C.), Artaserse III, che soffoca rivolte di satrapi e riconquista l’Egitto, ancora insorto 34 .
I macedoni sono greci, ma per secoli ai margini dell’Ellade. Il paese è agricolo e pastorale, e il
Regno macedone, con capitale prima Ege, poi Pella, ha un carattere militare: i re, della casata degli
Argeadi, sono i capi dell’esercito, oltre che massimi giudici e sacerdoti. Rispetto ai nobili, gli etèri
della cavalleria, i sovrani sono ancora i “primi fra pari”; anche i semplici uomini liberi della fanteria
sono i pezetèri, «compagni» del re. I re macedoni hanno avuto buoni rapporti con Pisistrato, si sono
sottomessi ai persiani, sempre seguendo la civiltà greca e cercando di parteciparvi 35 .
Filippo eredita un regno minacciato 36 e instabile 37 . È, però, un uomo astuto e paziente, abile politico e diplomatico, comandante valente 38 , accorto nella scelta dei collaboratori. Innanzitutto, trasforma l’esercito: educa a corte i giovani nobili, allenandoli come cavalieri in armatura completa 39 ;
perfeziona la falange, dotando gli opliti delle sarisse (aste da urto lunghe fino a 7 metri); organizza
la fanteria leggera; adotta l’«ordine obliquo» 40 ; addestra l’esercito a manovre combinate di cavalleria, falange, fanteria leggera. Nel contempo, si consolida 41 e, dal 356 al 354 a. C., è riconosciuto re
dall’esercito, dalla nobiltà, da tutto il paese, con il nome di Filippo II. Nel 354 conta su un regno assestato; è alleato con la Lega calcidica 42 ; trae ottimi soldati, oltre che dai macedoni, dalle genti illiriche e traciche; ha già il sostegno del santuario di Delfi; fonda la città di Filippi, presso le miniere
del Pangeo, i cui metalli preziosi servono per l’azione politica e militare. E interviene in Grecia.
L’ascesa della Macedonia. Filippo si inserisce nella «guerra sacra» a fianco dei tessali, battendo i
focesi 43 , ma non riesce a penetrare nella Grecia centrale: le Termopili sono sbarrate da truppe di
Atene e di Sparta, alleate dei focesi. Filippo segue altre vie: nel 351 a. C. opera ancora in Tracia;
l’anno dopo attacca la Lega calcidica, dimostratasi alleata poco affidabile 44 , e, nel 348 a. C., rade al
30
A Corinto e in altre pòleis del Peloponneso, della regione del Mar Nero, a Lesbo, etc.
Il dominio di Evagora a Cipro, il quale, unificata l’isola, si limita però solo a contenere l’invadenza di fenici e persiani; quello di Giasone e Alessandro di Fere in Tessaglia, dominio che, tuttavia, non esce dai confini della regione; piú
ancora il potere di Siracusa in Sicilia.
32
È figlio del re Aminta III, che ha regnato dal 393 al 370 a. C.; tornato da Tebe, dove era stato tenuto in ostaggio, diventa reggente perché l’erede al trono, suo nipote Aminta (figlio del re Perdicca III, che ha regnato dal 365 fino al 359),
è ancora minorenne.
33
Insorge nel 357 a. C. la guerra sociale, fra Atene e parte dei soci della sua Lega marittima, che si conclude (354 a.
C.) con la sconfitta di Atene e lo sfaldamento della lega; nel 356 a. C., scoppia la guerra sacra, detta cosí perché i focesi, contro la supremazia dei tebani e dei tessali su Delfi, prendono il santuario delfico e ne usano il tesoro per assoldare
forze mercenarie – la guerra dissanguerà la Grecia fino al 346 a. C.
34
La riconquista sarà portata a termine nel 343 a. C.
35
Hanno chiamato a corte Pindaro, Erodoto ed Euripide; hanno fatto partecipare i macedoni ai Giochi olimpici; hanno
istituito a Pella, situata sul monte Olimpo, periodiche gare atletiche e musicali.
36
Da nord, dai popoli illirici − i peoni e gli illiri.
37
Per la presenza di vari pretendenti al trono.
38
E seguito dagli uomini, perché compartecipa in prima persona ai rischi e alle fatiche dei soldati.
39
Filippo costituisce, cioè, una forma di cavalleria pesante.
40
La tattica elaborata da Epaminonda.
41
Respinge le incursioni illiriche, si sbarazza dei diversi pretendenti al trono, nel 357 a. C. opera con successo in Tracia, dove prende le città di Anfipoli, Pidna, Potidea, Metone – e perde un occhio nell’assedio di Metone.
42
Alla quale dà la città di Potidea.
43
Giunto con truppe insufficienti, nel 353 a. C. il re è sconfitto, ma torna l’anno dopo e sgomina i focesi.
44
Non disposta a seguire Filippo nella sua azione in Grecia e intenta, invece, a rafforzare se stessa anche a spese del re.
31
5
suolo Olinto, la maggiore città della lega. Ora Filippo minaccia gli interessi ateniesi nella regione
degli stretti – Atene vi esercita la sua influenza e vi conta per le derrate alimentari –, mentre è riuscito (349 a. C.) a staccare l’Eubea da Atene.
Atene è divisa: i democratici “estremi” sono antimacedoni e tesi a riaffermare la potenza della
città; i “conservatori” sono filomacedoni e vedono in Filippo il solo capace di portare pace e unità
alle pòleis, e di contrastare l’Impero persiano. Prevalgono i democratici, ma il loro esponente, il
grande oratore Demostene, riconosce il desiderio di pace dei concittadini: però le trattative in Macedonia si prolungano. Filippo conquista altre zone della Tracia, costringe alla resa i focesi e piega i
beoti. Nel 346 a. C. stipula con Atene la pace di Filocrate (il capo dell’ambasceria ateniese 45 ). Nello stesso tempo, costretti i focesi a restituire i tesori usurpati a suo tempo a Delfi e a smilitarizzarsi,
prende il loro posto nell’anfizionia delfica 46 e impone una «pace generale».
Il re macedone, diventato l’arbitro della Grecia 47 , continua nei suoi piani 48 : nel 343 a. C. combatte contro gli illiri, di nuovo minacciosi (e si salva da una grave ferita); assorbe, poi, nei suoi domini la Tessaglia e conclude un’intesa con il «gran re» 49 , che lo lascia libero da interferenze persiane. Nel 342-341 a. C. Filippo riduce la Tracia a provincia macedone 50 , si collega con gli etoli e riapre le operazioni contro Atene, con cui la «pace di Filocrate» è già svanita. Nel frattempo cerca di
stabilire ad Atarneo, in Anatolia, una “testa di ponte” per operazioni contro l’Impero persiano.
Atene, di cui Demostene ha la guida, caccia i macedoni installati nell’Eubea e, nel 340 a. C., costituisce la Lega ellenica, con Corinto, Megara, Corcira, l’Eubea, l’Acaia e l’Acarnania. Filippo attacca nel Bosforo le città di Perinto e Bisanzio 51 , ma le operazioni falliscono. Allora, nel 339 a. C.,
il re solleva in Grecia una seconda guerra sacra contro Atene – con il pretesto di “sacrilegi” degli
ateniesi – e si fa designare comandante dall’anfizionia delfica. Nell’inverno del 339-338 a. C. è
bloccato a Elatea, nella Focide, da forze mercenarie della Lega ellenica, a cui ha aderito anche Tebe. Nel 338 a. C. Filippo attacca e scende nella valle del fiume Cefiso, dove, nell’estate, affronta,
presso Cheronea, l’esercito della Lega. È lo scontro decisivo: l’uso della cavalleria, al comando del
figlio diciottenne, Alessandro, e la tattica dell’«ordine obliquo» mettono in rotta le forze della Lega
ellenica. A Cheronea la vecchia Grecia delle pòleis indipendenti e in perenne dissidio, delle leghe
instabili e delle paci provvisorie, cede sul campo di battaglia: il suo tempo è finito.
L’egemonia macedone e la guerra contro l’Impero persiano. Filippo, come non ha voluto annientare gli avversari a Cheronea, frenando la cavalleria lanciata all’inseguimento, cosí non riduce la
Grecia a provincia (né sarebbe, forse, possibile, per l’ostilità che susciterebbe). Conclude la pace
con Atene prima di entrare nell’Attica; del resto, controlla il Chersoneso tracico e quindi dei rifornimenti alla città. La Lega marittima viene sciolta, ma Atene conserva le proprie colonie, l’isola di
Delo e la flotta. È piú duro con Tebe, che perde la direzione della Lega beotica, deve porre filomacedoni ai posti di comando e accogliere una guarnigione macedone sulla Cadmea. Nell’inverno del
338-337 a. C., Filippo invade la Laconia e riduce il territorio di Sparta, ma la lascia libera − e isolata.
Nel 337 a. C. il re convoca il congresso panellenico 52 e fonda la Lega di Corinto, diretta da un
sinedrio federale, dove le pòleis o le leghe sono rappresentati in proporzione alle loro forze militari.
45
Composta anche da Demostene e da Eschine – altro grande oratore ateniese che, conosciuto Filippo, diventa suo sostenitore.
46
Ricordiamo che si tratta dell’associazione della massima parte dei greci presso il santuario delfico.
47
È indicato dall’ateniese Isocrate – filomacedone e grande oratore – quale guida dell’unità panellenica contro l’Impero
persiano.
48
Pur trovando anche il tempo per dedicarsi alle sue maggiori passioni personali, il buon vino e le donne: sposato con
Olimpiade, principessa dell’Epiro, che gli dà il figlio Alessandro, ha in seguito almeno altre quattro compagne, avendone diversi figli, e verso il 338 a. C. si sposerà con la giovane Cleopatra.
49
L’intesa, con cui riconosce l’Asia ai persiani e si vede riconosciuta la Grecia e le aree fino agli stretti, è provvisoria.
50
Tale forma di assoggettamento di un territorio conquistato è del tutto nuova in Grecia.
51
Sempre per colpire le aree d’influenza e le vie di approvvigionamento di Atene, oltre che per avere la strada libera in
Anatolia, contro i persiani.
52
Da cui è esclusa solo Sparta.
6
Il sinedrio dirige la lega, stabilisce i fondi, truppe e navi di ogni socio, punisce chi viola le regole,
proclama la «pace generale» in Grecia, decide pace e guerra. Filippo è il capo: fra il re e i greci è
sancita un’alleanza «eterna». Le pòleis si piegano al potere del re di Macedonia; ma l’unificazione
della Grecia attuata da Filippo contempera la potenza sovracittadina e l’autonomia delle singole pòleis: i limiti sono il divieto di guerra fra loro e di rivolgimenti politici interni con la forza. Solo nei
punti piú “caldi” – a Tebe, a Corinto, a Calcide – sono insediate guarnigioni macedoni.
Nell’autunno del 337 a. C. Filippo, evocando “misfatti” recenti e antichi 53 , fa dichiarare dalla
Lega di Corinto guerra all’Impero persiano. Nella primavera del 336 a. C. reparti guidati da Parmenione e Attalo passano in Anatolia, per preparare il terreno. Filippo sta per partire, ma vuole prima
ricomporre i contrasti con il figlio Alessandro 54 . Nelle celebrazioni a Ege, Filippo è ucciso nel teatro da un ufficiale della sua guardia 55 . Tutto passa sulle spalle di Alessandro, appena ventenne.
L’impresa di Alessandro e l’ellenismo
Alessandro (nato il 356 a. C.) porta a termine l’incredibile impresa paterna: conquista l’Impero
persiano. Tutto a “ritmo accelerato”: Alessandro – denominato «grande»: Magno –, amante degli
esercizi fisici, colto, appassionato dei poemi e degli eroi omerici, nel 336 a. C. è giovane, ma già
maturo per l’esperienza politica e militare al seguito del padre. Conta sui migliori collaboratori di
Filippo e l’assemblea dell’esercito lo acclama re. Alessandro ha doti eccezionali di politico e stratega, è convinto della propria “natura divina”, di un destino “sovrumano”, è determinato negli scopi,
capace di abbattere ogni ostacolo – compresi collaboratori e amici. Riconosciuto come capo dalla
Lega di Corinto ed esaltato dal santuario di Delfi, elimina ogni “minaccia” alla stabilità del trono 56 .
Nel 335 a. C., consolida i confini nord-occidentali del regno; durante la campagna, corre la voce
della sua morte: Tebe insorge e Atene, l’Arcadia, l’Elide, l’Etolia l’aiutano. Ma Alessandro piomba
su Tebe, che si arrende, mentre la rivolta in Grecia si spenge: la città viene distrutta 57 , i tebani venduti schiavi, il territorio diviso fra le città beote. Dato il terribile monito, Alessandro è mite con gli
altri – intanto, Atene si congratula per la punizione di Tebe! Il re ritiene la Grecia ormai sicura, e la
flotta ateniese gli è utile. Nella primavera del 334 a. C. Alessandro passa l’Ellesponto 58 .
La conquista dell’Impero persiano. Dal 336 a. C., Codomanno, di un ramo collaterale degli Achemenidi, è divenuto il sovrano Dario III 59 , e il «gran re» non è impreparato 60 : già i suoi mercenari
greci, al comando di Mennone di Rodi, hanno messo in difficoltà i reparti inviati nel 336 a. C. da
Filippo e un grosso esercito persiano si concentra in Anatolia.
Alessandro ha 30.000 fanti e 5.000 cavalieri – di cui vengono dalla Grecia solo 7.000 fanti e 500
cavalieri, oltre a 160 navi, in gran parte ateniesi. Non è un esercito enorme, ma potente, sperimentato e fidato. E Alessandro ha un piano preciso: conquistare l’Anatolia, scendere lungo la SiriaPalestina e occuparla, prendere l’Egitto, tagliando fuori dal Mediterraneo le forze persiane; poi affondare nell’interno dell’impero. Memnone propone ai persiani un contropiano efficace: tenere i
centri piú fortificati, e ritirarsi, facendo terra bruciata, per stremare Alessandro sulle grandi distan53
Dall’appoggio persiano nel 340 a. C. a Perinto, assediata da Filippo alla distruzione persiana dei templi ad Atene e in
altre città, nel 480 a. C.
54
Rimasto a corte insieme alla madre Olimpiade, a causa delle nuove nozze del re con Cleopatra; la riconciliazione avviene ed è attestata dalle nozze di Alessandro di Epiro, fratello di Olimpiade, con la nipote, cioè la figlia avuta da Olimpiade con Filippo.
55
Per rancori privati, ma corrono voci sulla non estraneità di parte della nobiltà macedone e della stessa Olimpiade.
56
Perdono cosí la vita Attalo, zio della giovane vedova di Filippo, Cleopatra; la stessa Cleopatra, costretta al suicidio da
Olimpiade, che ne fa eliminare anche la figlia; i nobili ostili della casata dei Lincesti, coinvolti nel processo per
l’uccisione di Filippo; tutti i fratellastri di Alessandro, escluso Arrideo, innocuo in quanto deficiente.
57
Escluse, per volontà di Alessandro, la casa che era stata del poeta Pindaro e la Cadmea.
58
Ha affidato la Macedonia e la Grecia al generale Antipatro (già collaboratore di Filippo), con una forza di 12.000
fanti e 5.000 cavalieri.
59
Lo ha elevato alla corona il potente ciambellano di corte, l’eunuco Baogas, il quale ha deposto Arses, il figlio di Artaserse III, che era morto nel 338 a. C., e il nuovo «gran re» ha provveduto, subito dopo, a fare avvelenare Baogas.
60
Benché l’impero sia scosso da lotte dinastiche, da rivolte di satrapi e da sollevazioni di interi paesi.
7
ze; attaccare per mare le isole egee e la Grecia. Ma i satrapi del «gran re» decidono di dare battaglia, nel maggio del 334 a. C., presso il fiume Granico (in Anatolia): le truppe persiane sono travolte e i mercenari greci del «gran re» hanno gravi perdite. La vittoria fa grande impressione
nell’Ellade. Tutta l’Anatolia passa ad Alessandro 61 , che, giunto a Mileto, rinvia la flotta in Grecia 62 . Passato l’inverno in Frigia 63 , a primavera scende lungo la costa della Siria-Palestina – muore
intanto Memnone di Rodi, il solo comandante nemico capace di contrastarlo.
Dario III richiama la flotta dalle acque greche, per averla a disposizione, ma perde ogni possibilità di contrattacco nelle retrovie del nemico. Il «gran re» ha, però, raccolto un esercito superiore
quattro volte per numero, e conta su una grossa cavalleria e su 30.000 mercenari greci. E punta su
una battaglia risolutiva. Lo scontro a Isso (presso Alessandretta), nel novembre del 333 a. C., è ancora indeciso, ma Dario fugge: le sue forze volgono in rotta; solo i mercenari greci si ritirano in
buon ordine. Alessandro si impadronisce del campo persiano, di un immenso bottino e di madre,
moglie, un figlio e due figlie del «gran re». La vittoria fa in Grecia un’impressione ancora maggiore.
Termina l’occupazione della costa, distruggendo Tiro 64 e prendendo Gaza, Alessandro occupa
l’Egitto, dove è incoronato faraone e fonda, nel 331 a. C., nel delta occidentale del Nilo, la città di
Alessandria, fronteggiata dall’isola di Faro. Nell’oasi di Siwa, i sacerdoti di Amon 65 lo riconoscono
«figlio di Amon»: era consuetudine per ogni faraone, ma desta un’immensa emozione nell’Ellade.
Nella primavera, Alessandro avanza in Mesopotamia e il primo ottobre del 331 a. C. affronta a
Gaugamela, presso Arbela (presso l’antica Ninive), Dario III, che ha ancora riunito un esercito numericamente superiore e mette in campo i carri falcati 66 : l’ala destra di Alessandro vince, quella sinistra è battuta; il condottiero macedone sfonda il centro nemico con la sua cavalleria, però i mercenari greci del «gran re» si riorganizzano; di nuovo Dario fugge e le sue truppe, che sono annientate. Alessandro si impadronisce di un gran tesoro reale ad Arbela. È la vittoria definitiva.
Il proseguimento della conquista, fino in India. Alessandro giunge a Susa, dove prende un maggiore tesoro reale 67 , poi a Persepoli, dove c’è un altro enorme tesoro reale, e dà alle fiamme la reggia
degli Achemenidi: “vendetta” è fatta. Il re macedone occupa le altre due capitali, Pasagarde, dove
trova ancora un tesoro reale, ed Ecbatana. Adesso giudica conclusa la spedizione come capo della
Lega di Corinto e lascia liberi i greci del suo esercito, ma molti restano con lui come mercenari.
Nel frattempo Antipatro ha schiacciato una rivolta in Tracia e nel 331 a. C. ha represso una rivolta in Grecia, guidata da Sparta. Alessandro ha ordinato la clemenza per i rivoltosi: si dimostra una
politica giusta, tanto che non si saranno altre rivolte in Grecia, finché vivrà. Nel 330 a. C. Alessandro insegue Dario 68 , in luglio lo trova morto (ucciso dal satrapo Besso)nella località di Ecatompilo,
ne ordina la sepoltura con tutti gli onori reali, considerandosi il legittimo successore.
Nel 330 a. C. Alessandro inizia la campagna iranica, in cui fonda altre due città di nome Alessandria (ora Hert e Qandahàr) e cattura Besso, che fa uccidere in quanto regicida. Prosegue la campagna sull’altopiano 69 , fonda la città di Alessandria eschàte, «ultima», e sposa Roxane, figlia di un
nobile del luogo. Nel 327 a. C. conclude la campagna, che è stata una vera scoperta geografica, ordinata e sistematizzata dai geografi – i bematisti, cioè «misuratori di passi» – al seguito delle truppe.
Intanto, Alessandro si circonda di una corte reale di tipo orientale, con il connesso clima di reve61
Eccetto Alicarnasso e altre città, dove si è insediato Memnone con forze mercenarie greche, che resistono a oltranza.
Perché la possa difendere da eventuali attacchi e sbarchi persiani.
63
Dove, nella città di Gordio, è conservato il carro attribuito al mitico re Gordio, unito al giogo per i cavalli da un nodo
inestricabile, e l’oracolo prometteva il possesso dell’Asia a chi l’avesse sciolto: Alessandro taglia il nodo con la spada.
64
L’assedio dura sette mesi e si conclude nel luglio del 332 a. C: con la distruzione della città
65
Assimilato dai greci a Zeus.
66
Dotati di lunghe falci, prominenti dai mozzi delle ruote ai due lati del carro.
67
Qui ritrova le opere d’arte prese da Serse durante la seconda «guerra persiana» e le rispedisce in Grecia.
68
Che tenta di riorganizzare le sue forze presso il Mar Caspio.
69
Dove in uno scontro con il popolo dei massageti, il re macedone subisce le maggiori perdite di tutta la spedizione:
2.000 soldati.
62
8
renza e sospetto, congiure e delitti: nel 330 a. C. è scoperto un complotto, per cui Alessandro fa uccidere Filota, il capo dello squadrone dei cavalieri scelti 70 , e invia in tutta fretta dei sicari a eliminare il padre di Filota, il generale Parmenione, rimasto a Ecbatana con parte delle truppe, per timore di
sue reazioni. Nel 328 a. C., in un alterco scoppiato in un banchetto, Alessandro uccide di sua mano
Clito, amico d’infanzia, che gli aveva salvato la vita nella battaglia al Granico. Nel 327 a. C. vuole
imporre l’uso orientale della proskinèsis, la «prosternazione», al sovrano, ma molti greci e macedoni si rifiutano a un atto cosí servile 71 . Però il suo prestigio fra i soldati resta intatto.
Nel 327 a. C. Alessandro avvia la campagna indiana, per cui raccoglie ben 100.000 uomini, di
cui i tre quarti sono orientali 72 e solo la metà i combattenti. La campagna porta a nuove scoperte
geografiche e alla conquista della Valle dell’Indo nel 326 a. C., ma a prezzo di tremende fatiche: infine, i soldati si rifiutano semplicemente di proseguire, nonostante la collera di Alessandro, che deve dare l’ordine di rientrare. Il ritorno è in parte per terra, con altre pesanti fatiche e una grave ferita
per Alessandro 73 ; in parte per mare, dove la flotta, allestita in India e al comando di Nearco, trova
la via fino alla foce dell’Eufrate, scoprendo altre terre 74 . All’inizio del 324 a. C. Alessandro entra in
trionfo a Pasagarde: è signore di Macedonia, Grecia, Impero persiano e Valle dell’Indo.
Nuovi piani, e morte. Durante le assenze di Alessandro, si sono verificati degli “scricchioli” premonitori sull’unità e “tenuta” futura del grande impero 75 . Ma il re mette in moto nuovi progetti: a
Babilonia – scelta come futura capitale dell’impero – fa costruire un porto capace di 1.000 navi, da
cui muoverà per l’Arabia, mentre cerca un piú rapido collegamento con l’Egitto (ignorando la realtà
geografica); il re si prepara alla partenza 76 , mentre studia i piani di una campagna contro Cartagine,
per conquistare i paesi del Mediterraneo occidentale. Ma un’improvvisa malattia coglie Alessandro
dopo un banchetto: per dieci giorni lotta contro la morte, non abbandonato dalla febbre dopo il
quarto giorno 77 ; la sera del 13 giugno del 323 a. C. muore – non ha ancora trentatre anni. La sua figura si ammanta subito di un alone mitico e, con l’appellativo di Magno, passa alla storia, e alla
leggenda 78 .
Alessandro non lascia eredi 79 . I successori, i diàdochi, sono i suoi generali 80 , di cui ognuno vuole essere l’unico: per una quarantina d’anni si succedono intrighi e battaglie, e l’unità dell’impero si
dissolve. Ai diàdochi seguono i discendenti, epígoni, i re dei regni ellenistici, che continuano a
combattersi, cercando la supremazia, ma la suddivisione in regni dell’impero resta stabile.
La formazione dell’ellenismo
Si apre quella fase storica denominata ellenismo, che si sviluppa nel III sec. a. C. e continua nel
II e oltre, derivato dalla fusione della civiltà greca, dominante, con la realtà di Vicino oriente-Egitto
70
Il motivo è che Filota, pur avendo avuto notizia del complotto, non aveva avvertito Alessandro per tempo.
Fra cui c’è Callistene, nipote di Aristotele e storico della spedizione, che poco dopo è accusato di essere l’ispiratore
della congiura dei “paggi” (giovani inservienti), dei quali è il maestro, e perciò viene imprigionato e piú tardi ucciso.
72
I macedoni rifiutano di accoglierli nelle loro file: sono i vinti, quindi inferiori.
73
Nell’assedio di una città che rifiutava di sottomettersi.
74
E riportando la notizia dei grandi cetacei, mai visti prima dai greci.
75
Tentativi di rendere autonome intere regioni sia da parte di satrapi persiani lasciati da Alessandro al loro posto, sia da
parte di alcuni dei nuovi governatori macedoni da lui installati; e vi sono stati episodi di corruzione e di appropriazione
personale di ricchezze dell’impero, che hanno visto come protagonisti alcuni degli uomini di fiducia da lui messi nei
posti di comando.
76
Dopo aver assoggettato il popolo dei cossei, stanziato nella regione di Susa, durante l’inverno del 324-323 a. C.
77
Non sappiamo di che si tratti − nonostante le varie ipotesi fatte: malaria, polmonite, conseguenze della grave ferita di
due anni prima, il logoramento della fibra del giovane re, ma niente di certo.
78
Questo, benché i giudizi su i lui siano contrastanti nel tempo, già a partire dai suoi contemporanei, alcuni dei quali lo
esaltano, altri invece lo criticano, piú o meno severamente.
79
Il figlio − di Alessandro e della moglie Roxane −, nasce dopo la sua morte.
80
Antipatro, Antigono, Tolomeo, Lisimaco, Seleuco, Cratero, Perdicca, Leonnato, Poliperconte ed Eumene –
quest’ultimo è l’unico non macedone, ma greco, segretario di Filippo e di Alessandro, estensore delle loro effemeridi, i
diari giornalieri.
71
9
e le diversità dei vari paesi, e fondato sulle città, autonome, ma subordinate ai re.
Se il “cuore” del mondo ellenistico è l’Egeo – il mare comune, solcato da navi mercantili e flotte
militari –, le città che vi sorgono e vi si affacciano ne sono le metropoli e il tessuto unitario 81 : il
centro dell’economia, della ricchezza, dei privilegi, dello sviluppo della cultura e dell’arte – non
senza profonde contraddizioni in tutti i campi. E le forze culturali e artistiche valide si estendono
oltre le frontiere, né i re cercano di condizionarle: si servono di scienziati, sapienti, letterati, fondano istituzioni culturali, tengono a corte intellettuali e poeti (e ne sono adulati), ma non sanno e non
possono, né vogliono, dominare cultura e arte.
L’ellenismo opera in profondità in tutto il Mediterraneo. Intanto però, dalla fine del IV e nel III
sec. a. C., in Italia avanza Roma, che avrà il suo maggiore impatto con la civiltà ellenistica – e cherealizzerà l’unità politica dell’ellenismo stesso, sotto la sua potenza imperiale (prima della res publica, poi dell’impero «in senso proprio»).
I diàdochi, gli epígoni e i regni ellenistici. Restando formalmente in attesa del figlio di Alessandro
e Roxane, i generali si suddividono l’impero. Parte notevole della Grecia, di nuovo raccolta intorno
ad Atene, animata da Demostene, insorge: il diàdoco Leonnato cade in battaglia, ma Antigono e
Cratero domano la rivolta, per terra e per mare, nel 322 a. C.; Demostene, braccato e senza via di
scampo, si suicida. Fra i diàdochi, intanto, insorgono conflitti, in cui cadono Cratero e Perdicca.
Nel 321 a. C., a Triparadiso (in Siria), i diàdochi si accordano su una rinnovata spartizione
dell’impero, ancora provvisoria. Nel 319 a. C. si riaccende la guerra: Eumene cade nel conflitto, che
si estende a quasi tutti i paesi dell’impero, per terminare nel 316 a. C., quando Antigono resta padrone di tutti i territori asiatici. Ma intende ricostruire l’unità dell’impero e si scontra, perciò, con
l’ostilità degli altri diàdochi. La guerra riprende nel 315 e si conclude nel 311 a. C. con un accordo
di spartizione permanente fra i diàdochi superstiti: Antigono mantiene il Vicino oriente, accettando
il dominio separato di Seleuco, installato a Babilonia; Tolomeo prende l’Egitto; Lisimaco la Tracia;
Cassandro (figlio di Antipatro, nel frattempo defunto) la Macedonia. La Grecia è proclamata «libera», ossia aperta alle iniziative dei diversi diàdochi.
La situazione rimane instabile. Nel 310 a. C. Cassandro, per eliminare ogni ostacolo al suo potere in Macedonia, fa uccidere il figlio di Alessandro e Roxane, e la stessa Roxane; ricomincia la
guerra fra i diàdochi, di cui ognuno, fra il 306 e il 305 a. C., si proclama re. La guerra procede fino
alla battaglia di Ipso (in Frigia) del 301 a. C., dove Antigono è sconfitto e ucciso; suo figlio Demetrio ripara a Cipro con la flotta. Ha cosí fine ogni prospettiva di riunificare l’impero: Cassandro regna sulla Macedonia e domina la Grecia; Lisimaco ha in mano la Tracia e l’Anatolia occidentale;
Tolomeo regna sull’Egitto e tiene la Siria-Palestina; Seleuco domina sul resto del Vicino Oriente.
Seguono trent’anni di conflitti fra i diàdochi superstiti, nelle aree di maggior contatto fra i rispettivi domini e oggetto dei loro contrastanti interessi. In questo periodo emergono e si affermano le
figure dei condottieri, personaggi che si “specializzano” nell’attività militare, tramite la guerra acquistano potenza e ricchezze, ma non riescono a costruirsi possessi stabili. Fra i tanti condottieri,
ricordiamo i due maggiori: il primo è il figlio di Antigono, Demetrio detto il Poliorcete («espugnatore di città») 82 ; il secondo è Pirro, re dell’Epiro 83 . Intanto, uscito di scena Cassandro (defunto nel
296 a. C.), nella battaglia di Curupedio (in Anatolia) del 281 a. C., Lisimaco, che era riuscito ad
ampliare il suo dominio al Regno di Macedonia, viene sconfitto e ucciso da Seleuco. Lo stesso Seleuco è assassinato nel 280 a. C., mentre è in marcia verso a Macedonia. Tolomeo era deceduto di
morte naturale nel 283 a. C., lasciando il trono agli eredi. Termina cosí, nel 280 a. C., l’era dei dià81
L’“opinione pubblica” delle città mantiene un peso politico rilevante; ad Atene, città della cultura, giungono intellettuali e studenti da ogni parte, e i re ellenistici vi edificano portici, templi e statue a propria gloria, ricevendo onori divini; Alessandria d’Egitto, Pergamo, Rodi e altre città emulano Atene, e i re ellenistici fondano decine di nuove città.
82
Demetrio Poliorcete acquista ampi domini e consegue grande potenza, ma il potere che ha raggiunto sempre crolla,
per risorgere piú volte, finché, definitivamente sconfitto, non muore come prigioniero di Seleuco (nel 280 a. C.).
83
Pirro conduce molte operazioni in Grecia, raggiunge il dominio della Macedonia e successivamente lo perde; interviene nella Grande Ellade (280 a. C.) chiamato da Taranto contro Roma, e poi in Sicilia, riportando una serie di successi, ma giungendo infine al fallimento; riprende poi l’azione in Macedonia e in Grecia, finché non muore in combattimento ad Argo (nel 272 a. C.).
10
dochi.
Gli epígoni e la costituzione dei vari regni ellenistici. Con gli epígoni, i discendenti dei diàdochi,
la divisione dell’impero in regni si viene stabilizzando, accompagnata però da altre guerre (nelle aree di contatto e contrasto fra i regni stessi), a cui si intrecciano le invasioni di popoli celtici, i galati, che dalla Grecia giungono fino in Anatolia e vi si stabiliscono.
Solo nel 272 a. C. il mondo ellenistico si assesta su divisione definitive (pur con molte successive variazioni di dettaglio): il Regno di Macedonia, sotto gli antigonidi (i discendenti di Antigono);
il Regno di Siria, o del Vicino oriente, sotto i seleucidi (i discendenti di Seleuco); il Regno d’Egitto,
sotto i lagidi (i discendenti di Tolomeo, figlio di Lago). Si sono, inoltre, costituiti dei regni minori:
il Regno di Pergamo, il Regno del Ponto e il Regno di Bitinia (tutti in Anatolia e sul Mar Nero). In
Grecia restano le divisioni secondo le pòleis e le leghe fra le città, sotto la supremazia, pur contrastata, del Regno di Macedonia.
Il Regno di Siria è il piú esteso e popoloso: due le capitali, Antiochia e Seleucia, per l’estensione
del regno stesso, dove l’ellenizzazione promossa dai seleucidi attraverso la fondazione di molte città determina una forma di unificazione civile, relativa alla vita cittadina, ma non politica; il regno
resta soggetto a spinte di disgregazione, anche perché l’interesse dei sovrani rimane sempre rivolto
verso il Mediterraneo. Il Regno d’Egitto è il piú solido e organizzato: la capitale è Alessandria e il
regno non viene mai direttamente toccato dalle guerre del periodo; nelle campagne è mantenuta,
anzi accentuata, la minuziosa amministrazione dei faraoni, unita a una forte pressione fiscale, mentre gli interessi dei lagidi sono volti alla Siria meridionale e all’Egeo. Il Regno di Macedonia, capitale Pella, resta simile a quello del tempo di Filippo II, specialmente per la realtà economica e
sociale; gli interessi degli antigonidi sono diretti a stabilizzare il dominio sulla Grecia e a imporsi
nell’Egeo.
Le aree strategiche di scontro fra i diversi regni e forze minori sono: l’Egeo (isole e coste); la Siria-Palestina e le coste fenicie; la Grecia. La situazione è di equilibrio militare-politico, instabile,
sempre rimesso in discussione e sempre ristabilito. Questo, fino all’inizio dell’avanzata romana.
Il potere, l’organizzazione e le finanze dei regni. Il Regno di Siria, il piú vasto, si estende per 3 milioni di km2 di territorio e ha circa 30 milioni di abitanti. Segue il Regno d’Egitto, con circa 120.000
km2 di territorio e 10 milioni di abitanti. Il Regno di Macedonia conta su un po’ meno di 90.000
km2 di territorio e circa 4 milioni di abitanti. Le città incluse nei diversi regni ellenistici sono entità
politiche, connesse al regno dal legame diretto con la persona del re, in un rapporto giuridicamente
mal definito. Infatti, tutte le città continuano nelle loro funzioni 84 , ma solo perché è loro permesso
dalla potenza reale sovracittadina, a cui sono sottoposte. Il re, “protettore” delle città, consente che
mantengano il proprio regime (spesso anche democratico) e gestiscano la giustizia e
l’amministrazione (ma può intervenire sui bilanci); ne permette, cioè, l’autonomia, effettiva sul piano locale, ma fittizia sul piano generale, della pace e della guerra, o di specifiche decisioni del sovrano. Sulle ordinanze del re, le città possono discutere in teoria, ma in pratica sono comandi a cui
devono obbedire. Comunque, la posizione delle città rimane incerta, e la loro maggiore o minore
indipendenza dipende dalla concreta potenza dei sovrani.
Per il resto, ogni re è padrone del suo regno: ha il potere legislativo, giudiziario ed esecutivo, e
ministri e funzionari sono tutti suoi “delegati”. Ma non c’è un arbitrio assoluto da parte dei sovrani,
perché le linee di conduzione di un regno sono obbligate: relativa autonomia delle città; tassazione
(sulle terre del re e quelle in affitto, sulle attività economiche, etc.) e amministrazione; esigenze di
funzionari e addetti; vie terrestri e marittime, frontiere, forze militari.
Il Regno di Macedonia ha la piú differenziata realtà interna (terre dei nobili o dei semplici liberi,
città autonome, etc.), che lo è ancor piú in Grecia, dove ha la supremazia non il dominio, perciò il
potere del re deve affrontare compiti complessi e le finanze sono basate su fonti disparate.
Il Regno di Siria, che mantiene le antiche province persiane, ha una diffusa presenza di città au84
Controllano il proprio territorio, e assicurano le attività e le proprietà, oltre che la libertà, dei propri cittadini.
11
tonome; le finanze si fondano sulla millenaria conduzione centralizzata e amministrata delle terre, e
sulle imposte sui flussi commerciali 85 .
Il Regno d’Egitto non ha città autonome – fuorché Alessandria, città cosmopolita e splendida,
sede di gran parte della vita urbana del regno, e Tolemaide nell’Alto Egitto 86 – ed è una “macchina”
per arricchire il potere centrale, tramite le tasse sui commerci nelle città e tramite l’economia agricola centralizzata e amministrata, con controlli tanto minuziosi da diventare soffocanti 87 .
Piú specifica, e differente secondo le varie condizioni locali, è la situazione dei regni minori.
Firenze, 6 maggio 2011
MARIO MONFORTE
85
Vasti: dall’Asia e dall’India giungono fino in Fenicia.
Vi sono altre città autonome nei possessi dei lagidi, ma fuori dell’Egitto: nella Cirenaica, in Siria, a Cipro, etc.
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Controlli relativi ad acquisti e vendite, tasse e rendite − è un tipo di economia in cui viene imposto e generalizzato
l’uso del denaro, riducendo cosí in miseria gran parte dei contadini, abituati all’economia naturale, di consumo diretto e
versamenti in natura (donde le loro frequenti rivolte).
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