JEAN-BAPTISTE DE LAMARCK. A cura di Patrizia ARCURI. A.A. 2015/2016. Introduzione. “Do we not therefore perceive that by the action of the laws of organization…nature has in favorable times, places, and climates multiplied her first germs of animality, given place to developments of their organizations…and increased and diversified their organis? Then…aided by much time and by a slow but constant diversity of circumstanes, she has gradually brought about in this respect the state of things wich now observe. How grand is this consideration, and especially how remote is it from all that is generally thought on this subject!” "Non dobbiamo, dunque, percepire che con l'azione delle leggi di organizzazione, ... in tempi, luoghi, e climi favorevoli la natura ha moltiplicato i suoi primi germi di animalità, dato luogo agli sviluppi delle loro organizzazioni ... e ha aumentato e diversificato i loro organi? Poi ... aiutata dal molto tempo e da una lenta ma costante diversità di circostanze, essa (la natura) tenendo conto di questo, ha progressivamente portato allo stato di cose che ora osserviamo. Quanto grande è questa considerazione, e soprattutto quanto lontana è da tutto ciò che viene generalmente pensato su questo argomento!” Testo di una conferenza tenuta da Lamarck al Musée National d’Histoire Naturelle di Parigi, maggio 1803. Jean-Baptiste de Lamarck è stato un naturalista, botanico, enciclopedista e chimico francese. Egli introdusse verso la fine del XVIII secolo il termine “biologia” ed elaborò la prima teoria dell’evoluzione degli organismi viventi basata sull’adattamento e sulla ereditarietà dei caratteri acquisiti, conosciuta come “lamarckismo”. Le sue teorie scientifiche sono state tuttavia in gran parte ignorate o comunque contrastate per lungo tempo, né durante la sua vita ha ottenuto il consenso e la stima di alcuni suoi colleghi, come Buffon e Cuvier, tanto da morire in povertà e nell’oscurità. Per contro, da alcuni studiosi come Charles Darwin, Lyell e Haeckel e altri è stato invece definito un grande zoologo ed un precursore di evoluzione. Charles Darwin nel 1861 ha scritto di lui: “Lamarck was the first man whose conclusions on the subject excited much attention. This Justly celebrated naturalist first published his views in 1801…he first did the eminent service of arousing attention to the probability of all changes in the organic, as well as in the inorganic world, being the result of law, and not of miraculous interposition.” "Lamarck è stato il primo uomo le cui conclusioni su questo argomento hanno suscitato molta attenzione. Questo naturalista giustamente celebre ha pubblicato per la prima volta le sue opinioni nel 1801 ... in primo luogo ha fatto il servizio 1 eminente di attirare l'attenzione sul fatto che tutti i cambiamenti che si verificano sia nel mondo organico, così come in quello inorganico, sono frutto di probabilità di e che essa è il risultato di un diritto, e non di una interposizione miracolosa." Biografia. Jean-Baptiste de Lamarck, il cui nome completo è Jean-Baptiste Pierre Antoine de Monet cavaliere di Lamarck, nacque il 1° agosto 1744 a Bazentin-le-Petit, nel nord della Francia. Inizialmente destinato dalla famiglia alla vita ecclesiastica, dopo la morte del padre decise invece di intraprendere la vita militare. Partecipò alla Guerra dei Sette Anni e combatté in Germania sotto il comando del Duca De Broglie ma al termine della suddetta guerra, in precarie condizioni di salute, si congedò dalle armi. Si stabilì a Parigi dove inizialmente seguì i corsi della Facoltà di Medicina che poi abbandonò per dedicarsi invece alla storia naturale ed in particolare alla botanica, seguendo con grande interesse i corsi di botanica sotto la supervisione di Bernard De Jussieu. Cominciò a farsi conoscere con il catalogo descrittivo “Le flore francaise”, la sua prima opera pubblicata in tre volumi nel 1778, dove Lamarck attaccava il sistema “linneano” ed i metodi artificiali di classificazione affermando invece la necessità di comprendere il procedimento effettivo (marche) seguito dalla natura, anziché imporle un ordine arbitrario. Fece quindi un viaggio attraverso l’Europa come accompagnatore del figlio di Buffon. Al ritorno lavorò alla Encyclopédie methodique continuando il lavoro di Diderot e D’Alembert. Ebbe poi la cattedra di “zoologia dei vermi e degli insetti”, diventata poi “Zoologia degli invertebrati” al Muséum national d’histoire naturelle. Da allora concentrò i suoi interessi sulla zoologia, dedicandosi in particolare ai molluschi, viventi e fossili. A lui si devono il riordinamento, le divisioni e le suddivisioni degli animali, la suddivisione in vertebrati ed invertebrati e i termini di biologia e ambiente, esposto nella grande Encyclopédie, alla cui redazione sosituì D’Alembert. Con Cuvier fu uno dei fondatori della paleontologia. 2 Lamarck muore a Parigi nel 1829; il suo corpo soggiornò solo per cinque anni in una fossa comune del Cimitero di Montparnasse per via della concessione tombale ottenuta dai parenti. In seguito il corpo venne disseppellito insieme ad altri resti mortali ed andò perduto. itratto di Jean-Baptiste de Lamarck. Il pensiero scientifico di Lamarck si fondava su tre presupposti: Le cause dei fenomeni vitali vanno cercate nella chimica della materia vivente. La scienza riguarda processi continui regolati da leggi. La scienza prosegue la casualità deterministica. La teoria dell’evoluzione biologica di Lamarck. Lamarck fu il primo ad elaborare un vero e proprio modello teorico dell’evoluzione. Prima di lui diverse ipotesi evoluzionistiche erano state avanzate da naturalisti o filosofi fin dall’antichità (a partire da Anassimandro), ma prima si riteneva generalmente che le specie esistessero così come esse erano state create, secondo quanto detto nella Genesi biblica, e che fossero rimaste immutate durante tutta la storia della Terra (Teoria del “Fissismo”). Con la sua opera “Philosophie zoologique”, pubblicata nel 1809, Lamarck avanzò la sua teoria sull’evoluzione, che suscitò critiche da parte dei suoi contemporanei. A partire dalle sue osservazioni sugli invertebrati (si deve proprio a lui la distinzione tra vertebrati e invertebrati), egli formulò l’ipotesi che in tutti gli esseri viventi sia sempre presente una spinta interna al cambiamento che sarebbe prodotta da due forze: la capacità degli organismi di percepire i propri bisogni e la loro interazione con l’ambiente in funzione di un migliore adattamento. Nel tentativo di dare una spiegazione a quella Libro “Philosophie zoologique” che era la prima teoria evoluzionistica, egli si basò su tre idee: 3 LA VARIETÀ DEI VIVENTI: poche specie erano riuscite a rimanere immutate nel tempo. L’USO E IL NON USO DEGLI ORGANI (ARTI, ETC.): le specie avevano con il tempo sviluppato gli organi del loro corpo che permettevano di sopravvivere adattandosi all’ambiente. Per spiegare questa idea ricorse all’esempio delle giraffe: in un primo momento, secondo Lamarck, sarebbero esistite solo giraffe con il collo corto; queste ultime, per lo sforzo fatto per arrivare ai rami più alti, sarebbero riuscite a sviluppare collo e zampe anteriori e quindi ad avere organi adatti alle circostanze. Per converso, il non-uso di determinati organi portavano alla loro perdita. L’EREDITARIETÀ DEI CARATTERI ACQUISITI PER USO E DISUSO: le specie trasmettevano ai discendenti i caratteri acquisiti (il collo e le zampe più lunghi nel caso delle giraffe). Egli elabora due teorie evoluzionistiche: l’evoluzione stessa si evolve. EVOLUZIONE I: è valida per gli organismi più semplici fino alla tenia. Viene affrontata passivamente. Qualsiasi modificazione ambientale determina cambiamenti fisiologici e poi anatomici. I discendenti ricevono alla nascita le modificazioni acquisite dai genitori. EVOLUZIONE II: è valida dalla pulce in su e viene affrontata attivamente. Qualsiasi modificazione ambientale provoca un cambiamento dei bisogni vitali, in particolare quelli alimentari, e in seguito cambiamenti comportamentali. Di conseguenza c’è una modificazione fisio-anatomica che porta ad una modificazione comportamentale, dei bisogni, per poi tornare all’ambiente stesso. In questo modo i vari adattamenti, accumulandosi e trasmettendosi attraverso le generazioni, avrebbero dato luogo a nuove specie, diverse da quelle originarie per effetto del costante adattamento all’ambiente. Secondo Lamarck i principi sopra elencati, fornivano la spiegazione più plausibile dell’esistenza dei fossili, delle attuali diversità delle forme viventi e delle evidenti parentele tra gli organismi. Ogni specie sarebbe il risultato di una continua ed incessante trasformazione ed è proprio questo concetto il fondamento delle teorie evolutive. Superamento del lamarckismo. Lamarck fondò, quindi, questa nuova teoria evoluzionistica che prese da lui il nome: il lamarckismo. Tuttavia dopo la sua morte, numerosi scienziati s’imbatterono in queste teorie: alcuni le contestarono, altri no. Il geniale lavoro del citologo August Weissman e le successive ricerche e scoperte della moderna biologia hanno dimostrato che il meccanismo mediante il quale le specie mutano non è la trasmissione dei caratteri acquisiti. Va però osservato che Lamarck non riconduceva l’evoluzione solo a cause esterne (l’ambiente in cui l’individuo si doveva adattare per evitare di morire), ma 4 riconosceva negli organismi una tendenza naturale a modificarsi secondo i bisogni imposti dall’ambiente. Per quanto riguarda la legge dell’uso e il non uso degli organi, a differenza di quanto riteneva Lamarck, questa può interessare solo il singolo individuo (come l’atrofia muscolare per il mancato uso), in quanto le modificazioni somatiche dovute all’uso e al disuso non possono essere trasmesse alla progenie a causa della segregazione precoce di cellule somatiche e germinali. Le strutture vestigiali presenti in alcune specie (es. cinto pelvico delle balene o arti atrofizzati nei boidi) non si sono formate attraverso un principio di “uso e disuso” bensì per mezzo di un processo di selezione naturale di varianti presenti nella popolazione. Per quanto riguarda la legge dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti, questa fu superata dalla scoperta della differenziazione molto precoce tra cellule somatiche e cellule riproduttive nell’embrione. Si dimostrò, infatti, che un carattere che un individuo acquista durante la sua esistenza, non può essere trasmesso ai suoi discendenti in quanto si tratta di una mutazione somatica che non insiste sul suo patrimonio genetico e quindi non può essere trasmessa ereditariamente. Pensiamo ad esempio al muscolo di uno sportivo: esso non è un carattere ereditabile dalla progenie. Darwin, in seguito, diede una diversa interpretazione del meccanismo mediante il quale si realizzano le mutazioni, nel tempo e nelle generazioni; la riscoperta degli studi di Gregor Mendel e le ricerche di August Weismann confermarono l’ipotesi darwiniana. Tuttavia, nonostante alcune ipotesi di Lamarck si siano dimostrate infondate come l’ereditarietà dei caratteri acquisiti attraverso l’uso e il disuso, egli rimane il precursore delle scienze evolutive, il primo scienziato ad affermare la trasformazione dei viventi nel tempo. In questo modo Lamarck portò la biologia fuori dal creazionismo e fondò una prospettiva dinamica della storia della natura. Successivamente il lamarckismo è continuato ufficialmente sotto varie forme, fino agli anni trenta del secolo scorso, ad opera di alcuni biologici e filosofi come Edmond Perrier, Felix Le Dantec, Alfred Giard, Paul Bert, Etienne-Jean Marey, Joseph-Pierre Durand e altri. Il lamarckismo influenzò pesantemente e negativamente anche il pensiero filosofico e sociale della metà dell’Ottocento con Herbert Spencer ed Ernst Haeckel che lo utilizzavano per affermare l’ereditarietà dei ruoli sociali tra gli uomini dovuta ai caratteri acquisiti con il mestiere o con la posizione sociale. Sarebbe però ingiusto accusare i lamarckiani di aver fornito una teoria che giustificava il potere delle classi dominanti. Nell’interpretazione lamarckiana la più importante lotta per l’esistenza era quella contro l’ambiente e questa idea veniva usata per postulare solidarietà e cooperazione. Da un punto di vista biologico, invece, l’avvento dell’epigenetica ha portato alcuni studiosi a rivalutare le teorie di Lamarck, tanto che si è arrivati a parlare di “rivincita di Lamarck”. 5 Si è infatti osservato come il fenotipo di un individuo non sia solo l’espressione delle informazioni contenute nel DNA, ma sia fortemente influenzato anche dall’ambiente, che può agire sul genoma mediante meccanismi di tipo epigenetico; degli studi condotti evidenziano inoltre la possibilità di trasmettere alla progenie alcune modificazioni epigenetiche, quali quelle causate dalle infezioni virali o dalla nutrizione materna. In generale, comunque, a causa della necessità di chiarire molti aspetti dell’epigenetica, gli studiosi sono cauti nel riabilitare le teorie lamarckiane che comunque sono ritenute non valide a livello macroscopico. Conclusioni. Di recente si è riacceso l’interesse nei confronti del lamarckismo in concomitanza con gli studi di epigenetica che hanno evidenziato la possibilità di ereditare caratteri acquisiti dalla generazione precedente, tramite meccanismi che non intaccano le sequenze genomiche: “eredità lamarckiana”. Numerosi studi in vari modelli animali hanno confermato questa teoria: nell’uomo, in particolare, l’esposizione a diversi fattori e situazioni, ad esempio fumo e fame, ha prodotto come risultato una modificazione nella regolazione genica, sia nella popolazione esposta, sia nella sua progenie. Si ritiene che i meccanismi di metilazione del DNA e modificazione degli istoni siano alla base di questi fenomeni. Sitografia. www.wikipedia.org 6