We, the People

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10 novembre 2016
We, the People
“Noi, popolo degli Stati Uniti, allo scopo di
perfezionare ulteriormente la nostra Unione, di
garantire la giustizia, di assicurare la tranquillità
all’interno, di provvedere alla comune difesa,
di promuovere
il benessere
generale e di
salvaguardare
per noi stessi e
per i nostri
posteri il dono
della libertà,
decretiamo e
stabiliamo
questa
Costituzione degli Stati Uniti d’America.” dal
Preambolo della Costituzione Americana, 17
settembre 1787.
Il preambolo della costituzione americana, le
prime tre parole della più importante carta
che regola gli Stati Uniti lo avevano già definito
il 17 settembre del 1787. We the people viene
prima di tutto. E We the People ha scelto:
Donald Trump sarà il 45esimo presidente degli
Stati Uniti.
Dopo aver conquistato gli americani Trump ha
convinto anche Wall Street. Nessuna tragedia
per l’elezione dell’ex ”impresentabile”. Colti da
un’improvvisa eccitazione, gli investitori hanno
messo in atto una delle più clamorose e rapide
inversioni a U nella storia dei mercati finanziari,
acclamando il nuovo presidente degli Stati
Uniti con un forte recupero. Niente di tutto
quello che era stato previsto dai sondaggi o
dagli analisti economici è accaduto.
Gli esperti di Lyxor si aspettavano un balzo
dell’oro a 1.335 dollari l’oncia, gli analisti di
Barclays un calo dell’S&P500 tra l’11 e il 14%.
Immensi
capitali
avrebbero
dovuto
abbandonare i lidi tempestosi dell’equity per
cercare rifugio su Bund, oro e franco svizzero.
Non è finita così. O meglio le abbiamo viste
tutte. L’oro impennarsi del 3,8%, l’euro passare
da 1,12 a 1,09 sul dollaro, il Nikkei perdere il 6%,
i future europei indicare un’apertura a -4% per
poi chiudere positivi.
Il primo discorso di Trump è stato illuminante.
L’uomo anti-commercio, anti-Cina, antiMessico è prima di tutto un uomo “probusiness”. Quella che avete ascoltato finora
era la campagna elettorale, adesso si
governa. Al centro infrastrutture, lavoro,
economia. Basta divisioni “cammineremo
insieme come non abbiamo mai fatto prima”
stendendo la mano a tutti i suoi avversari,
Clinton per prima.
Trump è un venditore, quello che farà non è
per forza quello che abbiamo visto nella
pubblicità delle promesse elettorali. Il mercato
ha deciso di scommettere sul suo lato
concreto.
Successe lo stesso anche per gli altri presidenti:
il guerrafondaio Nixon firmò il ritiro dal Vietnam.
Il Cowboy Reagan portò alla fine della guerra
fredda. Bush padre alzò le tasse, aveva
promesso un taglio. Il figlio, decisamente più
mite, portò l’America in guerra in Iraq e
Afghanistan. Obama ha riacceso la lotta tra
bianchi e neri. E proprio la ricca eredità di
Obama peserà come un macigno: difficile
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fare meglio. Disoccupazione ai minimi, Borsa
americana ai massimi storici con la Fed che da
troppo tempo posticipa un rialzo dei tassi.
Guardiamo al programma di Trump in
retrospettiva per capire come si muoverà il
mercato. Un trilione di dollari per le
infrastrutture, non sarà questa la cifra, e
probabilmente non si costruirà nemmeno un
muro lungo 3.169 km tra il confine di Usa e
Messico, ma il settore delle costruzioni in Borsa
ha già festeggiato. Poi viene l’oil, taglio ai
vincoli per l’estrazioni e alle tasse. Acquisti
anche sui i big pharma, via l’Obama care e le
restrizioni sui prezzi dei medicinali Pfizer (+7%),
Allergan (+8%). Armamenti con Lockheed
Martin (+6%) e Northrop Grumman (+6%).
Il crollo del muro di Berlino
Il 9 novembre non è solo la data dei risultati
delle elezioni Usa. Nell’89 ci fu il crollo del muro
di Berlino. Oggi solo una ricorrenza storica ma
sufficiente a ricordare come tutto ciò che
accade in America (23,18% del Pil mondiale)
ha un riflesso qui in Europa. Cosa succederà sui
nostri mercati? Trump non riuscirà a tagliare
come promesso del 20% le tasse alle imprese
portandole dal 35% al 15% per riportare a casa
le aziende Usa fuggite all’estero e attrarre
quelle di altri Paesi. Ma probabilmente
diminuirà la pressione fiscale. Stessa guerra
portata avanti anche da Obama ma per via
giudiziaria. Ieri in Borsa abbiamo registrato una
buona reazione di tutte le società europee
con forte esposizione agli Usa. Prime fra tutte
quelle
del
settore
costruzioni,
HeidelbergCement +4%, bene Buzzi e Salini;
acquisti su aerospazio e difesa Bae System
+5,5%, Leonardo +7,6%. Acquisti sui pharma
Merck +4,8%. Se questi sono i vincitori non
dobbiamo scordarci i vinti, soprattutto gli
spagnoli per la forte esposizione storica e
culturale al Messico: Bbva ha perso il 6%, con il
pesos messicano finito sui minimi del 1997 sul
dollaro (-12%).
La vittoria di Trump in Borsa non ci consegna
un risultato o nero o bianco, bisogna
selezionare con cura. Ma questo è solo l’inizio.
E come sappiamo i mercati reagiscono
sempre con una certa euforia. Vedi Brexit.
Sui fondamentali i problemi rimangono
soprattutto a livello di variabili macro. Il debito
Usa sta correndo verso il 110% del Pil e va
fermato. Questo lascia spazi di manovra
limitati. Per quanto riguarda l’oil, se si tagliano
tasse e vincoli, la produzione del secondo
Paese al mondo per estrazione di greggio e
gas potrebbe salire ancora vanificando i già
deboli accordi dei Paesi Opec e non Opec
per una riduzione. Il super dollaro che Trump
non ama sarà comunque sostenuto da una
politica di rialzo tassi che invece il neo
presidente crede necessaria. Un problema non
da poco per i Paesi periferici dell’area euro
vedi Italia e spread sotto pressione. E ancora
non dimentichiamoci che le Borse Usa sono sui
massimi ma il Pil non corre più come prima.
Ma una cosa è certa, come ha commentato
Barack Obama: “Il sole splenderà anche
domani”. Bisognerà selezionare con cura su
quali settori.
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