Epitteto
La vita, la filosofia e le opere di Epitteto
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1. Stoicismo
1.1. Tutto è logòs
1.2. Il fato
1.3. Il dominio sulle passioni
1.4. I tre tipi di azioni eticomorali, la vita virtuosa
1.5. Cosmopolitismo e regola
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dell’impegno civile
1.6. Gli Stoici romani dell’età
imperiale
2. Epitteto
3. Vita di Epitteto
4. Opere
4.1. Il “ Manuale ” di Epitteto
4.1.1. I contenuti
5. La filosofia di Epitteto
5.1. Tre concetti basilari di
Epitteto
5.2. Due massime di Epitteto
che definiscono - con le sue
parole - la regola aurea della
felicità
5.3. La diairesi e la proairesi
5.4. Visita all’edificio
filosofico di Epitteto
6. Il moralismo religioso di
Epitteto
7. Un’ermeneutica del
cambiamento in Epitteto
7.1. Epitteto a questo
proposito
7.2. I riferimenti del suo
pensiero
7.3. Il soggetto
percettore
7.4. L’oggetto percepito
8. Aforismi
1. Stoicismo
Con il nome di stoicismo è noto un vasto movimento filosofico fondato da Zenone di Cizio attorno al 300 a.C.
e che si protrae fino al terzo secolo d.C., rifiorendo in epoca romana. Lo stoicismo si divide
convenzionalmente in tre periodi:
· L'Antica Stoà: (III-II secolo a.C.). Cleante e Crisippo, seguendo l'insegnamento del maestro Zenone,
fissano i punti della dottrina stoica;
· La Media Stoà: (II-I secolo a.C.). Lo stoicismo viene contaminato dall' epicureismo, dal neoplatonismo e dal
pensiero orientale;
· La Nuova Stoà: (I-III secolo d.C.). E' il periodo in cui lo stoicismo diventa la filosofia più diffusa fra gli
intellettuali romani: Seneca, l'Imperatore di Roma Marco Aurelio e lo schiavo Epitteto ne sono gli esempi più
eclatanti. Lo stoicismo in epoca imperiale venne rivalutato e corretto da contaminazioni ciniche.
L'origine dello stoicismo è attribuibile a Zenone di Cizio,
nato a Cizio nel 333 a.C., nei pressi dell'isola di Cipro.
All'età di vent'anni egli si trasferì ad Atene per frequentare
l'Accademia platonica, qui fondò la sua scuola i cui adepti si
riunivano sotto un portico dipinto ( Stoà poikile), nome dal
quale derivò quello della sua dottrina. A lui sembra
attribuibile, malgrado i suoi scritti siano andati perduti, la
divisione della filosofia in logica, fisica ed etica. Inoltre pare
che gli si possa ascrivere l'assunto portante dello stoicismo,
ovvero l'idea che la ragione permei il mondo e lo costringa
nella sua logica. Morì nel 263 a.C.
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Lucio Anneo Seneca nacque a Cordoba, in Spagna, nel 4 a.C. e morì a Roma nel 65 d.C. Fu precettore di
Nerone nonché suo consigliere. Nel 62 si ritirò dalla vita politica e tre anni dopo, accusato di tradimento, fu
costretto dallo stesso Imperatore a suicidarsi. Seneca fu da sempre cultore dello stoicismo, ne La tranquillità
dell'anima ci dà l'esempio dell'imperturbabilità come rimedio al dolore dell'anima.
Marco Aurelio fu Imperatore romano e filosofo. Nato a Roma nel 121 d.C., fu adottato Antonino divenendone
il successore nel 161 d.C. La sua opera filosofica si concentra nei Ricordi (in greco, Tà eis heautòn, "a se
stesso"), in cui conduce il suo pensiero verso l'introspezione psicologica e le considerazioni morali, sempre
partendo dal fondamento della dottrina stoica che vuole il destino di ogni cosa vincolato al logos e alla legge
razionale che tutto permea e tutto decide. Muore a Vindobona, l'odierna Vienna, nel 180 d.C.
1.1. Tutto è logòs
L'assunto fondamentale dello stoicismo è che tutto è sorretto dalla ragione . Per gli stoici, contrariamente a
quanto sostenuto dagli epicurei, nel cosmo non vi è nulla di casuale ma tutto è guidato da una legge
razionale che essi chiamano logos, recuperando l'antico termine eracliteo.
Il logos razionale determina ogni aspetto della realtà in
modo necessario, per cui ogni cosa accade nell'unico
modo in cui sarebbe potuta accadere. L'intero corso degli
eventi, l'intero universo, è nel suo insieme perfetto e
predeterminato, per cui ogni aspetto della realtà accade in
un certo modo e non in un altro perché il logos non poteva
che determinarlo in quell'unico modo.
Tutti i fenomeni e gli accadimenti del mondo, i quali non sono altro che la manifestazione del logos, hanno
un proprio fine, anche quelli all'apparenza dannosi o inutili, così Crisippo giustificava anche le catastrofi e i
terremoti come purificazione ed espiazione dei mali del mondo.
Questa conclusione rispecchia a dovere il senso che gli stoici danno al mondo: ogni cosa ha una sua
ragione, ogni aspetto della realtà, anche il più terribile o il più apparentemente trascurabile, possiede un suo
perché nella logica dell'intero e del tutto (questo argomento sarà poi recuperato da Leibniz per affermare che
quello che viviamo è "il migliore dei mondi possibili").
Da questo atteggiamento filosofico nascerà l'attenzione dello stoicismo per la logica. Molti dei concetti di
logica classica che verranno utilizzati in epoche successive derivano dal lavoro di organizzazione della
disciplina sviluppato proprio dalle scuole stoiche le quali, assieme all'opera di Aristotele, verranno a formare
il "corpo logico" proprio dell'antichità (gli stoici si dedicheranno ad approfondire gli aspetti della logica
dialettica).
Da ricordare per l'importanza la distinzione operata dagli stoici tra segno, significante e significato, una sorta
di anticipazione delle teorie semiotiche moderne.
1.2. Il fato
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Se ogni cosa nell'universo accade secondo la legge del logos, ogni aspetto della realtà non può che
accadere nel solo modo in cui accade. Tale argomento è una critica al concetto di libero arbitrio sostenuto
invece dagli epicurei, per gli stoici l'agire umano non può che essere vincolato dalla legge che determina
ogni cosa.
La legge "divina" che regola il funzionamento di ogni
aspetto della realtà (e per gli stoici il termine "divino" ha
un significato diverso rispetto al Dio della tradizione
cristiana a loro posteriore, il quale invece "dona" agli
uomini il libero arbitrio, per questo concetto si veda
Agostino), è chiamata dagli stoici pronoia.
Essa è la provvidenza, quel principio che "prevede" e
"predetermina" il mondo nel suo insieme, il termine
pronoia deriva infatti dal prefisso pro- ("che sta davanti") e
da nous ("intelletto"), per cui pronoia è ciò che si pone
prima dell'intelletto umano (il quale è circostanziato)
travalicandolo e determinandolo in anticipo (alla
provvidenza spetta infatti il compito di predeterminare
ogni evento, passato, presente e, soprattutto, futuro).
Dunque per gli stoici la pronoia determina ogni cosa, per cui ogni aspetto dell'esistenza è fato, è destino (in
greco heimarméne). Se ogni aspetto è già determinato nel disegno del fato, allora la libertà dell'uomo è solo
apparente. L'unica libertà che è concessa all'uomo è allora quella di non contrastare il destino seguendo il
volere del fato.
Se l'uomo intendesse piegare il mondo al suo volere, cercando di conformarlo ai suoi progetti, sarebbe
comunque destinato al fallimento se il fato volesse il contrario. L'autentica libertà dell'uomo è dunque quella
di volere ciò che il fato vuole, in modo da porre il destino come guida e non come antagonista al proprio
progetto di vita.
Mentre per Epicuro la serenità dell'anima si fonda sul fatto che nulla nella realtà è sottoposto ad alcuna legge
restrittiva per la libertà degli uomini, e che quindi ogni uomo è libero di ricercare la felicità, per gli stoici la
serenità è invece raggiungibile proprio a partire dal senso del destino per cui ogni cosa che accade nel
mondo non dipende dalla volontà degli individui ed è quindi inevitabile.
1.3. Il dominio sulle passioni
La natura del cosmo è la ragione del logos. Ogni cosa è permeata da questa legge per cui non solo la natura
(la physis) soggiace al volere della ragione, ma anche l'uomo, il quale è parte della natura e del cosmo.
La vita degli uomini è scontro tra lògos e phatos, dove per
phatos si intende l'errore della ragione indotto dagli istinti.
Il vero ostacolo verso una piena armonia con la natura
dell'universo è dunque la passione, vera malattia
dell'anima che allontana l'uomo dal logos. ll saggio deve
astenersi dal dominio delle passioni, egli deve
contemplare il mondo con distacco come se assistesse
ad una rappresentazione nella quale egli non può
intervenire. Il destino degli uomini è infatti già deciso dal
logos, ragion per cui ogni cosa accade
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indipendentemente dal "disturbo" operato delle passioni.
Ecco dunque che il saggio stoico pratica l'apatia ( apathos, "assenza di passione") e l'atarassia ( a-taraxsis,
"assenza di turbamento", "imperturbabilità" di fronte agli
eventi).
Il destino determina ogni cosa, dunque determina anche la passione come allontanamento dalla ragione,
tuttavia le passioni sono un genere di sensazioni che disturbano la contemplazione della verità, quella verità
per cui è il logos a reggere ogni cosa nel cosmo. La vita autentica è dunque la contemplazione della verità
del logos, la vita autentica è nell'essere a conoscenza della verità e condurre la propria vita in funzione di
essa.
Le passioni sono di ostacolo ad una vita serena perché conducono l'uomo a volere ciò che non può
realizzarsi. Ogni volta che l'uomo desidera l'impossibile (desidera ciò che dovrebbe accadere e non accetta
invece ciò che accade) egli va incontro al dolore.
Ecco che il saggio stoico non lotta contro il fato ma lo accetta, e nel momento in cui egli lo accetta non si
lascia condurre da esso ma diventa egli stesso il proprio destino. In questo modo l'uomo diventa
autenticamente ciò che è: accettare il proprio destino implica essere realmente ciò che si è, entro la propria
natura e non oltre.
1.4. I tre tipi di azioni etico-morali, la vita virtuosa
Seguendo il precetto della vita secondo natura, ovvero l'agire conforme all'ordine razionale che compete a
tutte le cose, si possono distinguere tre tipi di azioni etico-morali:
- Le azioni doverose, da perseguire sempre e ad ogni costo, poiché in perfetta armonia con la ragione. Esse
sono l'impegno civile (contrapposto al disimpegno epicureo), il rispetto degli obblighi familiari, dei patti e
dell'amicizia;
- Le azioni ingiuste, da evitare in quanto frutto dell'abbandono alle passioni, uniche vere nemiche della verità
e della vita, malattie dell'anima (l'ira, l'odio, la ferocia, ma anche la malinconia e il sentimento di frustrazione);
- Le azioni indifferenti, ovvero quelle dettate da comportamenti che mirano a ricercare la ricchezza, la
bellezza, la gloria, ecc. Il saggio stoico non si cura delle possibilità oggettive della sua esistenza, i suoi
precetti gli impongono l'indifferenza verso gli eventi elargiti dal fato. Tutte le azioni che sono indifferenti al
raggiungimento della virtù sono definite dagli stoici come adiaforie (da adiaphorìa, composto dal privativo ae da diaphoros, differente, ovvero che non fa alcuna differenza .
Scopo della vita per gli stoici è vivere un'esistenza virtuosa,
la virtù è nel vivere seguendo il sentiero della ragione. La
felicità è racchiusa dunque nel comprendere di essere
individui razionali che sono parte di un cosmo retto su basi
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