studio della controparte gamma dei lampi radio tramite l

Università Degli Studi Di Trieste
DIPARTIMENTO DI FISICA
Corso di Laurea Triennale In Fisica
STUDIO DELLA CONTROPARTE
GAMMA DEI LAMPI RADIO TRAMITE
L’ESPERIMENTO FERMI/LAT
Relatore:
Prof. Francesco Longo
Studentessa:
Francesca Del Puppo
Prima Sessione
Anno Accademico 2015/2016
La vita, non ti da le persone che vuoi
Ti da le persone di cui hai bisogno:
per amarti, per odiarti, per formarti,
per distruggerti e per renderti
la persona che era destino che fossi.
Albert Einstein
"Alle mie guide nel cielo
e ai miei genitori."
2
Indice
Introduzione
5
1 Fast Radio Burst
1.1 Primo lampo radio veloce scoperto e prime ipotesi . . . .
1.2 Teorie sull’origine dei lampi radio . . . . . . . . . . . . .
1.3 Localizzazione dei lampi radio veloci . . . . . . . . . . .
1.4 Il senso della ricerca della controparte gamma negli FRB
1.4.1 Lampi gamma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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9
10
11
12
2 FERMI/LAT
2.1 Large Area Telescope . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.1 Il tracciatore-convertitore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.2 Calorimetro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
14
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18
3 Analisi con i Fermi Tools
3.1 Analisi Likelihood . . . . . . . . . . . . . .
3.1.1 La forma funzionale del Likelihood
3.1.2 Analisi Unbinned . . . . . . . . . .
3.1.3 Stima della migliore verosimiglianza
3.1.4 Selezione dei dati del modello . . .
3.1.5 Selezione del modello . . . . . . . .
3.1.6 Preparazione dei dati fit . . . . . .
3.2 Risultati ottenuti . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Upper Limit . . . . . . . . . . . . . . . . .
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31
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4 Discussione
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5 Conclusione
37
A Script Python
38
B Tabella dati ottenuti
39
4
Bibliografia
40
5
Introduzione
L’obiettivo di questo studio è quello di analizzare i Fast Radio Burst rilevati dal 2008
ad oggi. Questo studio viene fatto tramite i dati rilevati dall’esperimento FERMI/LAT
mediante due diverse analisi: l’analisi "Likelihood" e la successiva individuazione di
un upper Limit per ciascun lampo radio veloce rilevato. Questo studio, attraverso il
confronto con i modelli teorici, si pone l’obiettivo di capire il motivo per cui si cerca una
controparte gamma negli FRBs. Quindi inizialmente verrà esposto l’oggetto dell’analisi,
ne saranno delineate le caratteristiche principali e saranno riportate le teorie principali
che cercano di attribuire un’origine a questi fenomeni di cui ancora non si conosce molto
ma si percepiscono le implicazioni che potrebbero avere qualora fossero noti con maggiori
dettagli. Successivamente sarà presentato il Fermi/LAT dal quale si sono analizzati i dati.
Infatti sono stati presi i dati rilevati da questo telescopio al momento e nella posizione
di ciascun FRB e attraverso gli strumenti messi a disposizione per le analisi dei dati del
LAT stesso, si sono potute svolgere le due analisi menzionate sopra.
Si è proseguito con la descrizione degli strumenti d’analisi e con la teoria probabilistica
su cui si basano, dopodiché sono state presentate le due differenti indagini svolte. La
prima ovvero la "Likelihood" fornisce la probabilità che i dati si trovino in accordo con
la presenza di una sorgente nella posizione della sorgente oppure che siano in accordo con
la presenza di nessuna sorgente in quel luogo. La seconda, ovvero l’Upper Limit fornisce
invece un valore di flusso per il quale la sorgente sarebbe rilevata, qualora non lo fosse
con altre analisi. Sono poi riportati i risultati ottenuti dal lavoro svolto.
Di seguito sono stati enunciati degli studi che individuano proprio nei lampi di raggi
gamma l’origine dei lampi radio veloci. In queste ricerche viene ipotizzato che da un
GRB si possa poi creare un FRB e ciò motiva l’analisi svolta su due diversi intervalli
temporali, ovvero tra ±1000s rispetto al tempo iniziale del FRB e tra 0 e 1000s. Infatti
se nel primo range temporale si rilevasse un’emissione in gamma, si avrebbe un’evidenza
sperimentale della teoria proposta.
Infine si sono tratte le conclusioni in base ai dati ottenuti e alle teorie analizzate,
non riscontrando alcun legame tra lampi radio veloci e lampi di raggi gamma. L’origine
dei FRBs non è ancora stata individuata anche se l’ipotesi che possa essere collegata ai
lampi di raggi gamma si sta affievolendo in quanto le varie ricerche fatte negli anni non
hanno portato ad alcuna evidenza del legame tra questi due fenomeni.
6
Capitolo 1
Fast Radio Burst
I lampi radio veloci (Fast Radio Bursts FRB) sono dei segnali di onde radio (quindi
con frequenza tra 0 e 300 GHz) molto luminosi che in genere durano pochi millisecondi e
che pare abbiano origine extragalattica. Furono individuati per la prima volta nel 2007
ed in seguito numerosi fisici cercarono di dare una spiegazione a questo evento. Data
la loro breve durata e la corrispondente difficoltà di rilevazione sono fenomeni molto
rari; in questi anni infatti si è riusciti a rilevare una quindicina di eventi, riassunti in un
catalogo:1
Figura 1.1: Catalogo Fast Radio Burst
Da questi pochi eventi non si è potuto risalire alla loro sorgente, ma sono stati
ipotizzati numerosi modelli teorici che cercano di spiegarne la natura.
1
Catalogo tratto da: http://www.astronomy.swin.edu.au/pulsar/frbcat/
7
1.1
Primo lampo radio veloce scoperto e prime ipotesi
La prima rilevazione di questi lampi radio che illuminano il cielo per pochi millisecondi risale al 2007 per merito del radiotelescopio di Parkes situato in Australia di cui
l’astrofisico Duncan Lorimer[1]ne ha analizzato i dati.
Figura 1.2: Parkes nel 2007, alla prima rilevazione di un lampo radio
Già in questo evento si era osservato un effetto particolare attribuito alla dispersione
prodotta dai plasmi diffusi che riempiono lo spazio interstellare e intergalattico: quanto
appena descritto consiste nel fatto che il segnale radio rilevato risulta distribuito, ovvero
che le sue onde ad alta frequenza arrivano prima di quelle a bassa frequenza. La dispersione permette di avere un’idea della lontananza della sorgente che ha emesso il lampo,
infatti quanto più il segnale è distribuito, tanto più plasma ha attraversato e quindi tanto
più lontana è situata la sua sorgente.[1]
Analizzando i dati Lorimer e i suoi colleghi hanno stimato che l’esplosione poteva essere localizzata a qualche miliardo di anni luce di distanza dalla Terra. Se effettivamente
provenissero da luoghi tanto lontani, i Fast Radio Burst potrebbero essere uno strumento
di misura per le grandi distanze cosmologiche e per ottenere informazioni sulla materia
presente tra stelle e galassie che per ora non si è potuta studiare in altri modi. Nel 2007
sono stati effettuati dei rilievi su porzioni limitate di cielo e si sono potute segnalare
8
una decina di altre rilevazioni di FRB; operando un’estrapolazione di tali dati su tutto
il cielo emerge che in realtà nel cielo appaiono circa 10000 lampi radio veloci al giorno.
Supponendo valida l’ipotesi che questi FRB abbiano origine oltre la Via Lattea, significa
che ognuno di questi rilascia nel giro di pochi millisecondi un’energia pari a quella prodotta dal Sole in un tempo compreso tra un’ora e un anno. In tutta questa descrizione e
questi studi restano comunque ancora sconosciute le sorgenti dei Fast Radio Burst. Ad
oggi sono più le teorie riguardanti questi eventi che il numero di eventi registrati.
1.2
Teorie sull’origine dei lampi radio
Le teorie più rilevanti circa l’origine degli FRB sono suddivise in due grandi categorie:
• Alcune sostengono che gli FRB siano causati da collisioni esplosive, relativamente
rare, tra oggetti molto densi, come coalescenza2 di buchi neri o stelle di neutroni;
• Altre ipotizzano che gli FRB siano causati da un assortimento di esplosioni più
vicine a noi, potenzialmente periodiche e piuttosto comuni di giovani stelle in rapida
rotazione ovvero le pulsar3 .
La prima categoria di modelli teorici si fonda sull’ipotesi che gli FRB siano eventi
molto energetici che si verificano occasionalmente, spesso a miliardi di anni luce di distanza dalla Terra, mentre la seconda categoria postula che gli FRB siano meno energetici,
potenzialmente ripetibili, e più vicini, ovvero a distanze che non superano le centinaia di
anni luce dalla Terra.
A ridosso della prima scoperta di tali fenomeni nel 2007 era stata avanzata una
teoria, confutata solo all’inizio del 2015, che ipotizzava che l’origine di questi eventi fosse
di natura terrestre, ovvero si supponeva fossero dovuti a interferenze umane prodotte
da dispositivi elettronici che emettevano radiazioni nelle zone limitrofe all’osservatorio
durante le osservazioni e potevano influenzarne le misure.
Un’altra spiegazione avanzata da James Cordes[2] considera questi eventi come emissioni prodotte da pulsar relativamente comuni, anche se nessuno ne ha mai osservato
uno tanto intenso da produrre un FRB; infatti è assodato che una pulsar collocata nella
Nebulosa del Granchio emette con regolarità forti impulsi ma nessuno di essi è stato
registrato come un lampo radio veloce.
Queste teorie definite "semplici" riguardo gli FRB hanno spinto numerosi fisici a
pensare che si tratti di brillamenti che provengono da stelle piuttosto ordinarie all’interno
della Via Lattea e di altre galassie molto vicine. In realtà secondo Maura McLaughlin
queste ipotesi sono incompatibili con le misure fatte dal suo gruppo sull’asimmetria delle
curve di luce alle diverse frequenze degli FRB prodotta dal passaggio attraverso una
2
3
Fenomeno fisico attraverso il quale due entità si uniscono per formarne una di dimensioni maggiori
stella di neutroni la cui formazione è osservata tramite impulsi emessi ad intervalli regolari.
9
fitta regione di plasma. La nube di plasma intorno al FRB studiato dal suo team era
spessa almeno dieci volte la distanza Terra-Sole e cioè era più spesso di un ordine di
grandezza rispetto agli strati di plasma che circondano le stelle tipiche. "Questo esclude
l’origine stellare" afferma McLaughlin. Altri fisici invece, come ad esempio Avi Loeb[3],
sostengono il modello dei brillamenti stellari e affermano che lo studio condotto dal
gruppo della McLaughlin non giunga ad alcuna conclusione.
Come si evince da questa panoramica non si è ancora giunti ad un modello che dia una
spiegazione esauriente dei lampi radio veloci, tuttavia una conclusione che pare condivisa
dalla maggioranza dei fisici è che ci siano diverse categorie di FRBs, differenziate in base
alla sorgente ed alla loro manifestazione, Lorimer stesso afferma che sia molto probabile
l’esistenza di numerose popolazioni di FRBs.
In particolare tra gli astrofisici non si trova accordo unanime sulla distanza di questi
eventi dalla Terra anche se l’ipotesi più probabile è che essi nascano in galassie remote.
1.3
Localizzazione dei lampi radio veloci
Per ora non c’è accordo sulla sorgente e sulla localizzazione di questi lampi radio
veloci in quanto è assai difficile riuscire a individuarne le coordinate celesti prima che i
fenomeni scompaiano: la difficoltà della misurazione è ovviamente causata dalla durata
degli FRBs che è dell’ordine dei millisecondi. Va tuttavia tenuto presente però che
trovare la loro distanza sarebbe possibile misurando il redshift, ovvero lo spostamento
di tali radiazioni verso il rosso, legato alla distanza dalla sorgente stessa: risulta chiaro
infatti che la frequenza della luce registrata nelle osservazioni è certamente inferiore a
quella di emissione, questo è dovuto al suo allontanamento rispetto all’osservatore.
Una collaborazione internazionale a cui partecipa anche l’INAF-Osservatorio Astronomico di Cagliari, ha stabilito la galassia di provenienza e il valore di redshift del
lampo radio veloce FRB 150418 del 18 aprile 2015. Per questo successo è stato fondamentale il radiotelescopio da 64m del Commonwealth Scientific and Industrial Research
Organization (CSIRO) di Parkers in Australia.
L’importante risultato è stato ottenuto grazie ad un’allerta internazionale che lo staff
del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization aveva diramato proprio il 18 aprile 2015 facendo in modo che diversi telescopi, in varie zone della Terra,
potessero essere orientati nella giusta direzione. Furono tre: Australian Telescope Compact Array(ATCA), telescopio Subaru dell’Osservatorio nazionale del Giappone (NAOJ)
e il Sardinia Radio Telescope (SRT) dell’INAF, le strutture e i team di ricerca che risposero all’appello, e in breve tempo si disposero per osservare il segnale. Tale evento
presentò degli afterglow per circa 6 giorni e permise rilevazioni accurate. Tra le molte
osservazioni svolte, questo lasso di tempo molto più lungo rispetto ai precedenti, ha permesso di misurare il redshift del lampo radio e di rilevarne la posizione celeste con una
precisione 1000 volte più elevata rispetto alle localizzazioni dei precedenti FRB. Proprio
10
in questa direzione sospetta, ad una distanza di circa 6 miliardi di anni luce da noi,
gli strumenti hanno identificato una galassia ellittica che potrebbe essere la sorgente di
questo lampo.
La combinazione tra valore del redshift, che come anticipato permette di calcolare
la distanza dalla sorgente, e la dispersione, permettono di pesare la materia ordinaria
presente nell’universo, in quanto il fenomeno della dispersione è dovuto alla materia
ordinaria4 attraversata dalla radiazione.
L’identificazione della sorgente di questo particolare lampo radio ha consentito di
circoscrivere le possibili origini di questi eventi a situazioni catastrofiche, altamente energetiche e non ripetitive. Questa evidenza smentirebbe la possibilità che i lampi abbiano
origine da sistemi relativamente stabili come una pulsar, e si porrebbe in aperta contraddizione con altri studi (come quelli esposti sopra)[2] che invece ne individuano l’origine
in queste stelle di neutroni.
Quanto finora enunciato porta alla conclusione che ci siano almeno due classi diverse dei lampi radio veloci. Andrea Possenti, direttore dell’Osservatorio di Cagliari e
scopritore della prima pulsar doppia nel 2003, sostiene[4] che la conferma che almeno
una delle due classi di FRB provenga da distanze molto lontane, sancisce l’apertura di
una nuova era nella cosmologia osservativa in cui gli FRBs potranno giocare un ruolo
complementare a quello di altri indicatori cosmologici, come le supernovae di tipo Ia.
1.4
Il senso della ricerca della controparte gamma negli
FRB
Per comprendere alcuni elementi in più sulla natura degli FRBs risulta strategico
studiarne la loro controparte gamma.
E’ stato un particolare FRB denominato FRB 140514, avvenuto il 14 maggio 2014 e
osservato in tempo reale da Emily Petroff[5] a suggerire la possibilità di una correlazione
promettente tra le due radiazioni. Rilevato questo lampo gli astronomi riuscirono ad
orientare verso il punto in cui era stato localizzato dodici tra telescopi spaziali e terrestri. Ciascuno di essi monitorava il cielo a diverse lunghezze d’onda, cercando segnali
di follow-up5 ma non furono trovate controparti né nello spettro X, né nell’ultravioletto,
nell’infrarosso e nel visibile6 . Questa mancanza di segnale in certe zone dello spettro non
ci permette di risalire a quale sia la natura di questi FRBs ma permette di escludere
4
La teoria più accreditata indica che l’universo è costituito da energia oscura per il 68%, da materia
oscura per il 27% e da materia ordinaria per il restante 5%, tuttavia di questo 5% le misurazioni
astrofisiche danno informazione solo di circa la metà; l’altro 50% è stato battezzato come materia
mancante
5
Osservazioni successive alla scoperta di un dato evento astronomico.
6
Le rispettive lunghezze d’onda sono: X: 10nm − 1pc, ultravioletto: 400nm − 10nm, infrarosso:
1mm − 700nm e visibile: 700nm − 400nm
11
qualche ipotesi presentata in precedenza. In particolare si può escludere il fatto che i
lampi radio siano associati a normali eventi di supernova che avvengono nell’universo
vicino a noi. I dati relativi a questo particolare lampo, ovvero FRB 140514 permettono
di stimarne la distanza a circa 5.5 miliardi di anni luce dalla Terra.
Figura 1.3: Rappresentazione pittorica della rilevazione di un lampo radio tramite il
Radiotelescopio Parkes
Da tutto questo ne viene un’ipotesi che ha iniziato a diventare importante riguardo
l’origine di questi FRBs: risulterebbe che essi siano in qualche modo collegati ai lampi di
raggi gamma. Quest’ultimi sono fortissime emissioni di radiazione nello spettro gamma7 ,
anche se il loro meccanismo di emissione non è ancora stato chiarito. In particolare i
lampi gamma con cui si cerca una particolare relazione sono i così detti lampi gamma
corti, ossia di breve durata, emessi ad esempio da un magnetar8 .
Proprio per questo possibile legame quindi si va a cercare un’eventuale controparte
gamma nei lampi radio veloci.
1.4.1
Lampi gamma
I gamma ray burst (GRB), lampi gamma, sono intensi lampi di raggi gamma che
possono durare da pochi millisecondi a diverse decine di minuti ed è proprio la durata
7
8
Lunghezza d’onda tipica: ≤ 1pm
Stella di neutroni dotate di un intenso campo magnetico
12
che li distingue in corti o lunghi. Queste potenti esplosioni costituiscono il fenomeno più
potente finora osservato. Tali lampi gamma hanno una frequenza di all’incirca uno al
giorno e presentano una distribuzione isotropa nel cielo, cioè essi appaiono in ogni parte
del cielo in modo casuale ed imprevedibile. I GRBs sono eventi cosmologici situati in
galassie esterne alla Via Lattea e spesso molto lontane9 .
Anche per essi per ora esistono diversi modelli teorici, in particolare, secondo le teorie
più accreditate, essi sono generati dall’accrescimento di materia su un buco nero. Questo
disco di accrescimento attorno ad un buco nero può essere causato da diversi fenomeni
quali ad esempio: il collasso gravitazionale10 di una stella rotante e molto massiccia, la
coalescenza di due stelle di neutroni o di una stella di neutroni e un buco nero.
Figura 1.4: Immagine pittorica della sorgente di un lampo di raggi gamma
9
Il più lontano lampo gamma osservato ad oggi è stato localizzato ad una distanza di oltre 13 miliardi
di anni luce dalla Terra[6] [7]
10
Progressiva compressione di un corpo massiccio sotto l’influenza della sua stessa forza di gravità
13
Capitolo 2
FERMI/LAT
Questo esperimento nasce per risolvere una serie di interrogativi riguardanti diversi
fenomeni che emettono radiazione gamma, ovvero ad altissima energia (cioè con energie
dell’ordine dei MeV e fino ai GeV). Fermi/LAT è uno dei due strumenti scientifici a
bordo di "Fermi Gamma-ray Space Telescope"[8]. Quest’ultimo è un telescopio spaziale
progettato per la rilevazione della radiazione elettromagnetica emessa da corpi celesti
nell’intervallo di energie tra 8 keV e 300 GeV, per l’appunto i raggi gamma. I due
apparati a bordo del telescopio sono:
• "LAT: Large Area Telescope" sensibile ai raggi gamma nel range energetico: 20
MeV; 300 GeV
• "GBM: Gamma Ray Burst Monitor" sensibile a fenomeni con energia più bassa,
infatti il range energetico nel quale opera è: 8 KeV; 40 MeV.
Questo telescopio è stato lanciato l’11 giugno 2008 ed è stato progettato per una durata minima di 5 anni, per ora la "Senior Review 2014" della NASA ha proposto il
prolungamento di Fermi fino al 2018. I principali obiettivi di questo telescopio sono
cinque:
• studio dei meccanismi di accelerazione di particelle e dell’emissione di radiazione
elettromagnetica in nuclei galattici attivi 1 , pulsar2 e resti di supernova3 ;
• studio di sorgenti gamma non ancora identificate;
• studio di radiazione gamma diffusa galattica ed extra-galattica;
• studio di emissione ad alta energia nei Lampi gamma;
1
Nucleo compatto ed estremamente luminoso posto al centro delle galassie attive
stella di neutroni la cui formazione è osservata tramite impulsi emessi ad intervalli regolari.
3
materiale liberato dall’esplosione di una supernova.
2
14
• rivelazione indiretta della materia oscura, attraverso il suo decadimento o la sua
annichilazione in fotoni, elettroni o positroni.
Figura 2.1: Interno del Telescopio Fermi
Con i dati raccolti dal Fermi Gamma-ray Telescope è possibile trovare spiegazioni
anche in altri ambiti:
• in astronomia di studiare come i buchi neri possono accelerare getti di gas ad una
velocità prossima a quella della luce;
• in fisica di studiare particelle subatomiche ad energie molto maggiori rispetto a
quelle viste con gli acceleratori di particelle presenti sul nostro pianeta;
• in cosmologia di reperire informazioni riguardanti la nascita e la prima evoluzione
dell’universo.
15
Per questo progetto assieme alla NASA stanno collaborando il DOE degli Stati Uniti,
oltre a istituzioni di Italia, Francia, Germania, Giappone e Svezia.
Numerose sono le scoperte dal 2008 ad oggi e in particolare, una di sicura importanza
per questo lavoro è stata la pubblicazione del catalogo di tutti i GRBs rilevati fino ad
oggi, questo primo catalogo è stato pubblicato nel 2014[9].
2.1
Large Area Telescope
Il Large Area Telescope (LAT), uno dei due apparati a bordo del Telescopio Fermi,
serve a rilevare i fotoni ad alta energia. In particolare esso è costituito in modo tale
da poterne misurare direzione, energia e tempi di arrivo, rigettando il fondo proveniente
dai raggi cosmici. Verranno ora illustrati i componenti principali e il funzionamento di
LAT[10] .
Figura 2.2: Diagramma schematico del LAT
I raggi γ, al contrario della luce visibile, non possono essere riflessi o rifratti, ma
interagiscono con la materia attraverso il fenomeno della "pair creation", o, in italiano,
creazione di coppie: ciò consiste nella creazione di un elettrone e un positrone a partire
da un raggio gamma4 .
4
L’energia totale deve essere maggiore di 2me
16
Large Area Telescope ha un campo di vista molto ampio per un telescopio di questo
tipo, ovvero circa 2.5 sr. Questo valore corrisponde a quasi un quinto del cielo, quindi
riesce ad osservare ogni punto del cielo per circa 35 minuti ogni 3 ore. Rispetto al diretto
predecessore: il telescopio EGRET, LAT ha guadagnato una sensibilità pari a circa due
ordini di grandezza grazie ad una migliore risoluzione energetica, angolare e temporale,
ad un’area efficace di 9500 cm2 e un tempo morto5 ridotto pari a 26.5 µs[10].
LAT è costituito da una matrice di 4x4 moduli, esso è formato da un tracciatoreconvertitore e un calorimetro supportati da una struttura di alluminio con piccola massa.
2.1.1
Il tracciatore-convertitore
Il tracciatore-convertitore ha sedici piani di materiale con alto numero atomico, tungsteno, in cui i raggi γ incidenti danno origine alle coppie e+ e− . Questi piani sono intervallati da rivelatori al silicio a microstrip (228 mm di passo e 400 mm di spessore) che
rilevano il passaggio delle particelle cariche appena create. In questo modo si ha traccia
del passaggio di tali particelle e da essa si riesce a ricostruire la direzione di provenienza
dei raggi gamma. Ciascun modulo tracciatore ha diciotto piani, ognuno di essi è formato
da due strati di silicio.
Figura 2.3: Tracciatore-convertitore che costituisce LAT
L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che è uno dei tre enti della collaborazione6
italiana che partecipa al progetto, ha costruito e testato il tracciatore al silicio.
5
tempo in cui un apparato di misura, dopo aver ricevuto un’informazione è pronto ad eseguire una
nuova misura.
6
Agenzia spaziale italiana, Istituto nazionale di astrofisica e Istituto nazionale di fisica nucleare
17
2.1.2
Calorimetro
Il calorimetro svolge in particolare due compiti nel Large Area Telescope:
• Misurare l’energia del fotone incidente a partire dallo sciame elettromagnetico
creato dalle coppie prodotte dal fotone stesso;
• Misurare il profilo longitudinale dello sciame e rigettare il fondo.
Ciascun calorimetro ha 96 cristalli di ioduro di cesio isolati otticamente uno dall’altro
e sistemati orizzontalmente in otto strati da dodici cristalli ciascuno. Lo spessore di una
barra del calorimetro è comparabile con la lunghezza di radiazione del ioduro di cesio.
La lunghezza totale del calorimetro è circa uguale a 8.6 lunghezze di radiazione. Si può
arrivare a misurare energie fino all’ordine del T eV .
Figura 2.4: Calorimetro del LAT
Sui detector di LAT incidono anche le particelle cariche provenienti dai raggi cosmici e
sono proprio queste che costituiscono il fondo da cui il calorimetro deve distinguere i raggi
gamma. Per respingere tale fondo inoltre LAT si serve di un rivelatore anti-coincidenza
ACD, che rileva solo le particelle provenienti dai raggi cosmici.
18
Capitolo 3
Analisi con i Fermi Tools
Dopo aver cercato di analizzare le teorie inerenti il fenomeno oggetto del presente
studio, di seguito si passa a descrivere l’analisi effettuata sui vari lampi radio veloci
rilevati dal 2008 in poi, ovvero dalla data in cui è stato lanciato il Telescopio Fermi. Il
progetto Fermi mette a disposizione una serie di strumenti, i così detti "Fermi Tools",
ovvero un insieme di pacchetti software di analisi attraverso i quali è possibile avviare
diverse indagini di porzioni di cielo in degli intervalli di tempo desiderati. Lo studio fatto
prevede due diverse analisi Likelihood dei vari lampi radio veloci, qui di seguito saranno
illustrate sia nella loro formulazione teorica che nei risultati ottenuti.
3.1
Analisi Likelihood
Per analizzare i dati ottenuti da LAT si costruisce la likelihood, ovvero la probabilità
da applicare a questi dati, che verrà poi usata per trovare i parametri che meglio fittano
il modello, essa viene indicata con L ed è la probabilità di ottenere i dati forniti da un
modello di input.
Il modello in questione è la distribuzione delle sorgenti di raggi γ presenti nel cielo;
esso, oltre alla loro localizzazione contiene le intensità e gli spettri di queste sorgenti.
Un presupposto implicito in questa descrizione è che si deve essere capaci di comprendere sufficientemente bene la risposta del detector (LAT) rispetto al flusso incidente.
Ciò significa che si deve avere una buona conoscenza dei raggi gamma nel cielo che vanno
a costituire l’input model. Ci si aspetta dunque un’alta probabilità di ottenere i dati
da un modello che sia il più possibile fedele alla realtà piuttosto che da uno poco fedele
ad essa. In ogni caso va considerata la credibilità dei modelli mettendoli a confronto;
i dati infatti, devono favorire il modello che meglio riproduce i dati osservati, stante le
caratteristiche del rilevatore.
19
3.1.1
La forma funzionale del Likelihood
I dati ottenuti attraverso LAT vengono suddivisi in diversi bins in quanto i dati sono
caratterizzati da diverse variabili. Quindi, sebbene si ottengano moltissimi conteggi,
ciascun bin ne contiene un numero ragionevolmente piccolo. Il numero di dati osservati
in ciascun bin è caratterizzato dalla distribuzione di Poisson; per un numero piccolo di
dati la distribuzione di Poisson1 non può essere approssimata alla distribuzione Normale.
La Lihelihood L è il prodotto delle probabilità di osservare i dati rilevati in ciascuno
dei bin in cui tutti i dati sono stati suddivisi.
Supponiamo che il numero di eventi aspettati nell’i-esimo bin sia mi . Teniamo presente che questo mi è una funzione del modello sorgente e quindi varierà da modello a
modello. La probabilità di rilevare ni eventi nell’i-esimo bin è data da:
pi = mni i
e−mi
ni !
(3.1)
La Likelihood L è il prodotto delle probabilità pi di ciascun intervallo, quindi:
L=
Y
pi
(3.2)
i
Si può notare che questo prodotto è fattorizzabile nel prodotto di una parte dipendente dai dati e dal modello sorgente, cioè che contiene anche ni :
mni i
ni !
(3.3)
e da una seconda parte che invece è indipendente dai dati e dipende solo dal modello,
ovvero da mi :
e−mi .
(3.4)
Nellla Likelihood L, il prodotto degli esponenziali può essere espresso come esponenziale della somma dei vari mi e ciò è equivalente al numero totale di eventi che il modello
sorgente di input predice come rilevabili: Npred .
Quindi per la Likelihood otteniamo questa espressione:
L = e−Npred
Y mni
i
i
ni !
(3.5)
Questa probabilità, con bins di dimensione finita e ni maggiori di 1 (cioè più conteggi
in ciascun bin), costituisce la base dell’analisi "Binned Likelihood".
1
Essa tende alla distribuzione Normale nel caso di numero di eventi che tende all’infinito
20
3.1.2
Analisi Unbinned
Suddividere i dati in tanti bin comporta una perdita d’informazione, quindi ci deve
essere un giusto compromesso tra il numero di bins in cui si suddividono i dati, il che
implica un controllo anche sul numero di eventi per ciascun bin, e la precisione con cui si
conoscono i dati. Bins più piccoli comportano una maggiore precisione nella Likelihood.
Se si suppone di far diventare molto piccole le dimensioni dei bins, ovvero ni sia 0 o
1, la Likelihood diventa il prodotto dell’esponenziale come in precedenza e del prodotto
dei soli mi , dove l’indice i ora non è più l’indice sui bins ma sugli eventi, quindi:
Y
L = e−N pred
mi .
(3.6)
i
Essendo mi calcolato usando il valore preciso per ogni evento e non una media sugli
eventi contenuti in un bin, questa è la più accurata "Likelihood" che si possa ottenere.
Per quanto descritto si comprende che è sempre consigliabile fare un’analisi di tipo
Unbinned, perché più accurata, e solo qualora questa non riesca a convergere per la
presenza di troppi dati si passa ad un’analisi di tipo Binned.
Nel lavoro compiuto è stata prodotta l’analisi "Unbinned" in quanto il numero di dati
non era eccessivamente elevato e si riusciva ad ottenere una risposta in tempi ragionevoli.
3.1.3
Stima della migliore verosimiglianza
Solitamente questo tipo di analisi viene attuato quando si conosce già la presenza di
una data sorgente e si vogliono determinare i valori migliori per i parametri del modello
spettrale che descrive la sorgente.
Ci si aspetta che il modello migliore abbia la probabilità più alta di trovarsi in accordo
con i dati e quindi, si variano i parametri spettrali finché non si trovano i parametri che
massimizzano la Likelihood.
3.1.3.1
Test del χ2
Quanto descritto consiste in un test di verifica d’ipotesi, dove l’ipotesi è il modello di
input e la verifica consiste nel vedere se ci sia accordo tra i dati osservati e il modello. In
particolare in questo caso si usa il test del χ2 , ovvero quello che utilizza la distribuzione
della variabile casuale χ2 per decidere se rifiutare o accettare l’ipotesi iniziale.
Dalla definizione data in precedenza per la Likelihood, si sa che essa è il prodotto
~ Masdelle probabilità di ciascun bin e inoltre è noto che esso è funzione dei parametri θ.
simizzare la Likelihood quindi si riduce a porre a 0 la sua derivata rispetto ai parametri,
ovvero:
∂L θ~
= 0.
(3.7)
∂θj
21
Massimizzare la Likelihood è equivalente a massimizzarne il suo logaritmo in quanto
esso è una funzione monotona crescente e spesso risulta più comodo massimizzare il logaritmo. Se le variabili casuali2 che si considerano sono distribuite secondo una gaussiana,
la funzione di Likelihood corrispondente sarà:
 2 
N
Y
xi − µi θ~


L x1 , ..., xN ; θ~ =
exp −
(3.8)

2
2σ
i
i=1
Se ora si prende il logaritmo, si ottiene:
−2 ln L x1 , ...xN ; θ~ = −2
N
X
i=1
2 
~

 xi − µ i θ
2 ~
=
χ
θ

−
2σi2
 (3.9)
Quindi, nel caso in cui si possono assumere distribuzioni gaussiane, la massimizzazione
del Likelihood corrisponde alla minimizzazione del χ2 , infatti si ha:
χ2 = −2 ln L.
(3.10)
Si noti che il limite in cui questa uguaglianza vale, ovvero il limite in cui possiamo
supporre distribuzione gaussiana, è quello di molti eventi per ciascun bin, solo in questo
caso infatti la distribuzione di Poisson può essere approssimata ad una gaussiana e ha
senso quanto esposto sopra.
Per fittare lo spettro della sorgente di interesse sono tuttavia necessari dei passaggi
preliminari.
3.1.4
Selezione dei dati del modello
Nota la sorgente da studiare, si devono scegliere i dati da analizzare. A causa della
possibilità che i fotoni nella regione di interesse possano provenire da sorgenti diverse
rispetto a quella di interesse, si è costretti a considerare anche queste sorgenti nel modello
per renderlo più realistico. Ciò significa che, qualora si fosse interessati allo studio di
una sorgente, è necessario inserire nel modello una serie di sorgenti vicine e certamente
il modello sarà tanto più verosimile quante più sorgenti vengono inserite. La distanza
rispetto alla sorgente di interesse che bisogna considerare dipende dalla precisione che si
vuole ottenere, infatti la migliore accuratezza del risultato si avrebbe solo considerando
tutti i fotoni che arrivano entro il campo di vista del rivelatore. Tuttavia questo risulta
2
Variabile che può assumere valori diversi in dipendenza da qualche fenomeno aleatorio
22
molto difficile da fare e le sorgenti oltre una certa distanza hanno un’influenza davvero
irrilevante rispetto a quelle più vicine.
Nel modello è quindi possibile inserire sorgenti appartenenti ad una regione molto
ampia ("Source Region") e i dati di una piccola porzione di cielo: ROI ("Region of
Interest"). Le informazioni (posizione e spettro) riguardanti le sorgenti non appartenenti
alla regione di interesse devono essere ottenute in precedenza ricavandole da ad esempio
il catalogo di tutte le sorgenti scoperte.
Per quanto riguarda invece le sorgenti appartenenti alla ROI è possibile scegliere
se fissare i loro parametri e lasciare variabili solo quelli della sorgente di interesse o se
lasciarli tutti variabili. Lasciare i parametri variabili significa che l’analisi cerca anche
i parametri che meglio fittano le variabili incluse nel modello. Ciò deve essere valutato
in ogni singolo caso in base anche al numero di sorgenti appartenenti alla regione di
interesse e alla conseguente difficoltà di far convergere l’analisi.
Il raggio della ROI va scelto di volta in volta, tuttavia per sorgenti che producono
un’energia compresa tra 100 MeV e 1 GeV circa è consigliabile usare un raggio di circa
15 − 20◦ .
3.1.5
Selezione del modello
I modelli utilizzati dai "Science Tools" sono salvati nel formato XML. Questa abbreviazione sta per "eXtensible Markup Language", ovvero un linguaggio che permette
di definire e salvare dati. Ci sono vari modi per creare il modello in questo formato. I
parametri del modello hanno degli attributi:
• value: il valore del parametro, può essere un punto di partenza iniziale da cui fare il
fit oppure il risultato di un fit precedente. Questo è ciò che vede l’"ottimizzatore";
• scale: fattore di scala per il parametro;
• name: nome dato al parametro;
• max: valore massimo che può assumere il parametro;
• min: valore minimo che può assumere il parametro;
• free: può assumere due valori: 0 se eseguendo il fit, il valore del parametro deve
restare fisso; 1 se il valore del parametro deve essere fittato.
Ci sono inoltre quattro scelte per il modello spaziale:
• SkyDirFunction: sorgente puntiforme;
• ConstantValue: sorgente diffusa con un flusso costante per steradiante;
23
• SpatialMap: sorgente diffusa variabile nello spazio;
• MapCubeFunction: mappa tridimensionale (2 coordinate celesti e energia), usata
per mappare le emissioni diffuse.
Per scegliere il modello spettrale da inserire nell’input model si hanno diverse opportunità. Le unità di misura del modello spettrale sono: cm−2 s−1 M eV −1 per le sorgenti
puntiformi, mentre per le sorgenti diffuse sono: cm−2 s−1 M eV −1 sr−1 .
Le possibili scelte per il modello spettrale sono:
• PowerLaw: semplice legge di potenza;
• BrokenPowerLaw: semplice legge di potenza con il numero intero di eventi tra due
energie come normalizzazione;
• PowerLaw2: legge di potenza a due componenti;
• BrokenPowerLaw2: analogo al BrokenPowerLaw ma con due componenti;
• LogParabola: funzione usata per modellare blazar3 ;
• ExpCutoff: legge di potenza con un taglio esponenziale;
• BPLExpCutoff: taglio esponenziale rotto da una legge di potenza;
• ConstantValue: funzione a valore costante;
• Gaussian: funzione che può modellare una linea emissiva;
• BandFunction: funzione usata per modellare gli spettri dei lampi di raggi γ;
• FileFunction: funzioni tabellate con una normalizzazione variabile. La funzione è
data in due colonne: la prima è l’energia e la seconda è il flusso.
Nel modello vanno inseriti i contributi di emissioni galattiche ed extragalattiche diffuse
che contribuiscono una parte di fondo. Essi sono messi a parte nel modello di input.
Ciascuno di essi ha una propria forma funzionale. Nell’analisi svolta i modelli più usati
sono stati: PowerLaw e BrokenPowerLaw. Di questi sarà data la funzione che li descrive.
3
Sorgente altamente energetica, variabile e molto compatta associata a un buco nero supermassiccio
che si trova al centro di una galassia ospitante.
24
3.1.5.1
PowerLaw
La funzione che regola questo modello, ovvero la semplice legge di potenza è:
γ
dN
E
= N0
(3.11)
dE
E0
dove i parametri nel modello XML sono:
• Prefactor = N0
• Index = γ
• Scale = E0
3.1.5.2
BrokenPowerLaw
La funzione che regola questo modello è:
γ1
dN
E
= N0
seE < Eb
dE
Eb
γ2
E
dN
= N0
altrove
dE
Eb
(3.12)
(3.13)
dove i parametri nel modello XML sono:
• Prefactor = N0
• Index1= γ1
• Index2 = γ2
• BreakValue = Eb
3.1.6
Preparazione dei dati fit
Per verificare l’accordo tra modello di input e dati è necessario fare prima una serie
di analisi in modo da individuare la Regione di Interesse e preparare le informazioni
da inserire nel modello. Una prima selezione dei dati di LAT viene fatta con gtselect.
Questo tool crea un file di eventi filtrato scegliendo i dati da un file di input in base
alle indicazioni che fornisce l’utente: posizione, tempo, raggio della regione d’interesse,
energia. Successivamente si procede con un secondo tipo di selezione degli eventi, ovvero
quella fatta con gtmktime. Questo fornisce un file in cui vengono mantenuti solo i dati
25
(GTI) ovvero in buon intervallo temporale. Il taglio ai dati che fa questo tool si basa sui
parametri del satellite4 .
Dopo aver individuato i dati da analizzare si procede creando con gtbin una "Count
maps". I dati sono suddivisi in pixels di dimensioni decise dall’utente che serviranno a
creare la "mappa degli eventi".
3.1.6.1
Livetime Cube e Exposure Map
Le risposte dello strumento LAT sono funzioni dell’angolo di inclinazione, ovvero
dell’angolo tra la direzione della sorgente e la normale a LAT. Il numero di dati che
una sorgente può produrre dipende da quanto tempo la sorgente rimane con una certa
inclinazione rispetto a LAT durante l’osservazione. Questa quantità denominata "livetime" dipende solo dalla storia dell’orientazione di LAT durante l’osservazione e non dalla
sorgente.
L’array che contiene le "livetime" per ogni punto del cielo è detto "livetime cube" e
si genera con il tool gtltcube. Questo strumento calcola il "livetime cube" per l’intero
cielo durante il range temporale in cui il satellite riesce a prendere dati, quindi lo stesso
file generato da gtltcube può essere utilizzato per analizzare differenti porzioni di cielo
nello stesso arco temporale in cui è stato generato il "livetime cube".
Il Likelihood può essere suddiviso in due fattori:
• il primo dipende
dai dati ed è differente a seconda si tratti di Binned o Unbinned
Q mni i
analisi: i ni ! ;
• il secondo è uguale all’esponenziale dell’opposto del numero totale di eventi attesi:
e−Npred .
Vedremo ora che l’Exposure Map permetterà di calcolare l’esponente che compare
nel Likelihood, ovvero: Npred .
L’"Exposure Map" è l’esposizione totale, area moltiplicata per il tempo, di una data
porzione del cielo che produce eventi nella Regione di Interesse. Gli eventi prodotti
da una sorgente in una data posizione del cielo sono dati dall’integrale del flusso della
sorgente e dell’Exposure map in quella posizione. Per generarla viene utilizzato il tool:
gtexpmap. Il calcolo dell’esposizione utilizzato dal Likelihood consiste nell’integrale
della risposta totale sull’intera regione di interesse:
Z
(E, p̂) =
dE 0 dp̂0 dtR (E 0 , p̂0 ; E, p̂, t)
(3.14)
ROI
4
A disposizione degli utenti c’è un server da cui scaricare i dati di Fermi/LAT che fornisce due file
con estensione .fits, uno riguardante gli eventi e l’altro contenente le informazioni del satellite.
26
Le quantità primate indicano le grandezze misurate, E sta per energia mentre con p̂
si intende la direzione. Questa funzione può essere poi utilizzata per calcolare in numero
di eventi aspettato per una data sorgente:
Z
N pred = dEdp̂Si (E, p̂) (E, p̂)
(3.15)
dove Si (E, p̂) è l’intensità dei fotoni provenienti dalla sorgente i-esima.
3.1.6.2
Calcolo della Likelihood con gtlike
Infine si può procedere con il comando gtlike che porterà ad avere i valori dei parametri che massimizzano il Likelihood, ovvero i parametri che descrivono il migliore accordo
tra dati e modello. Il massimo del Likelihood si trova calcolando iterativamente la funzione per diversi set di parametri, stimandone ogni volta le derivate rispetto ai parametri
finché non si trovano i parametri che portano queste derivate il più vicino possibile a 0.
Esistono diversi algoritmi che si occupano di questa massimizzazione. Essi variano per
la rapidità con cui convergono al risultato, la quantità di memoria che occupano, e la
precisione con cui essi forniscono i valori dei parametri stessi. Nel lancio del gtlike è
possibile scegliere quale algoritmo utilizzare, questi vengono detti "optimizer" e sono:
• DRMNGB: trova il minimo locale di una funzione continua e differenziabile soggetta
a semplici limiti superiori ed inferiori. Utilizza una variante del "Metodo delle
tangenti di Newton";
• DRMNFB: simile al precedente ma gestisce in un modo diverso le informazioni ottenute, ciò permette di non incontrare più i problemi di convergenza che si avevano
con DRMNGB;
• MINUIT: Tutte le variabili sono trattate come limitate, non è permessa alcuna
interazione da parte dell’utente;
• NEWMINUIT: Codice totalmente nuovo ma basato sul MINUIT originale per
quanto riguarda algoritmi e funzionalità ma usa solo alcune delle caratteristiche
di MINUIT, neanche qui non è permessa alcuna interazione da parte dell’utente
ma non ci sono più limiti al numero di parametri "liberi", tutte le variabili sono
considerate limitate;
• LBFGS: simile ai primi due ma la lettera L sta per "Limited memory".
Una strategia ragionevole da seguire è quella di fare una prima analisi con DRMNFB,
più veloce e meno preciso e solo successivamente un’analisi più accurata con NEWMINUIT.
27
L’output di un’analisi Likelihood restituisce i valori dei parametri: Prefactor, Index,
Scale, Npred, ROI distance, il valore della TS e il flusso. Dei primi si è già discusso in
precedenza, ora sarà descritta la statistica di test, ovvero TS (Test Statistics). Questa
quantità è massima quanto il Likelihood risulta massimizzato ed è definita in questo
modo:
Lmax,0
T S = −2 ln
(3.16)
Lmax,1
dove Lmax,0 è il massimo valore del Likelihood per un modello senza alcuna sorgente
aggiunta cioè l’ipotesi nulla, e Lmax,1 è il massimo valore del Likelihood per un modello
con l’aggiunta della sorgente in una specifica posizione.
La TS è una funzione monotona crescente di Lmax,1 e questo è il motivo per cui quando
è massimizzato il Likelihood lo è anche la TS. Nel limite di numero elevato di dati, il
teorema di Wilkes afferma che la statistica di test per l’ipotesi nulla è asintoticamente
distribuita come χ2x dove il pedice x sta ad indicare il numero di parametri che servono a
descrivere la sorgente da aggiungere. Quindi, se il valore della statistica di test è prossimo
allo 0, si ha accordo con l’ipotesi nulla e cioè non risulta essere presente alcuna sorgente.
Se invece il valore della TS è alto si ha accordo con l’ipotesi che prevede l’esistenza di
una sorgente.
3.2
Risultati ottenuti
Lo studio svolto ha previsto l’analisi "Unbinned Likelihooh" di 14 FRB, ricavandone
quindi per ciascuno, un valore della statistica di test. Di seguito sarà riportata una tabella
con i valori ottenuti e successivamente saranno discussi. Una delle teorie che ipotizza un
legame tra FRBs e GRBs, in particolare quella avanzata da Bing Zhang e discussa nel
capitolo successivo, prevederebbe che ci sia un FRB dopo che è avvenuto un GRB. Per
verificare se esiste una relazione di questo tipo tra i due fenomeni si è fatta una prima
analisi su un intervallo temporale che va anche all’indietro rispetto al tempo di inizio del
lampo. Quindi la prima tabella riporta i valori ottenuti da un’ analisi che comprende i
dati contenuti in un range energetico di 100 MeV-500 GeV e in un range temporale di
±1000s rispetto al tempo di inizio del FRB. In alcuni casi non era presente alcun dato in
questo arco di tempo ed è stato quindi necessario ampliare l’intervallo a ±10000s rispetto
sempre all’inizio del lampo. Questa scelta di ampliamento dell’intervallo è dettata dal
fatto che, essendo il telescopio Fermi in survey, se non si trova nella zona del FRB, si è
costretti a prendere un tempo sufficientemente lungo da permettergli di tornare in quella
zona. Questo corrisponde a far sì che possa compiere due orbite complete e ciò lo fa in
circa 9000 s.
Dalla teoria precedente si sa che i risultati dell’Analisi Likelihood sono flusso e TS,
tuttavia nelle tabelle presentate sarà presente solo il valore ottenuto per la statistica di
28
test. Come si potrà osservare infatti, questa ha valori molto bassi, prossimi allo 0 e ciò
sarebbe in accordo con l’ipotesi nulla. Quest’ultima non prevede alcuna sorgente nella
posizione in cui si stanno cercando dei segnali e quindi non avrebbe senso parlare di
flusso di una sorgente di cui si sta ipotizzando la non esistenza. Quindi sebbene l’analisi
fornisca dei valori per il flusso, essendo questi privi di significato, non verranno riportati
nelle tabelle sottostanti.
Nella prima tabella saranno riportati i lampi radio veloci per i quali si sono rilevati
fotoni già nell’intervallo ±1000s rispetto all’inizio del lampo.
FRB
FRB090625
FRB110220
FRB110626
FRB121102
FRB130626
FRB130628
FRB130729
FRB131104
Posizione
RA DEC
226.444; -60.030
50.829; -54.766
355.862; -41.752
174.950; -0.225
7.450; 27.420
225.955; 30.656
324.788; 54.745
260.550; -21.925
TS
Algoritmo
tempo
0.020636
0.0595744
0.07451
0.06517
0.2895
0.62684
0.099322
0.27044
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
DRMNFB
DRMNFB
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
Tabella 3.1: TS con tempi tra ±1000s
Nella seguente tabella invece sono riportati gli FRBs per i quali è stato necessario
ampliare l’intervallo temporale.
FRB
FRB110523
FRB110703
FRB120127
FRB121002
FRB140514
FRB150418
Posizione
RA DEC
56.120; -37.820
80.998; -59.019
49.287; -66.204
308.220; -26.265
50.841; -54.612
232.665; -3.235
TS
Algoritmo
tempo
0.13803
1.0026
0.30965
0.0306
0.10545
0.31075
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
±10000s
±10000s
±10000s
±10000s
±10000s
±10000s
Tabella 3.2: TS con tempi tra ±10000s
Come si può notare dalle tabelle, la maggior parte degli FRBs è stata analizzata
scegliendo come algoritmo "NEWMINUIT", solo in due casi questo algoritmo non è riu29
scito a far convergere il fit. Per questi due casi si è ottenuto un risultato in due modi:
cambiando l’optimizer impiegato nell’analisi oppure fissando tutte le sorgenti che non
fossero quella di interesse e quelle diffuse.
Nelle successive tabelle saranno riportati i dati ottenuti con un’ analisi analoga alla
precedente ma con i tempi che sono in un range temporale che va dall’inizio del lampo
a +1000s e alcune volte a +10000s, questo ampliamento è dovuto sempre alle ragioni di
cui si è discusso in precedenza.
La prima tabella riporta gli FRBs per i quali si sono ottenuti dati tra 0 e 1000 s:
FRB
FRB090625
FRB110220
FRB110626
FRB121102
FRB130626
FRB130628
FRB130729
FRB131104
Posizione
RA DEC
226.444; -60.030
50.829; -54.766
355.862; -41.752
174.950; -0.225
7.450; 27.420
225.955; 30.656
324.788; 54.745
260.550; -21.925
TS
Algoritmo
tempi
0.014
0.0059
0.290
0.202
0.069
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
DRMNFB
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
DRMNFB
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
Tabella 3.3: TS con tempi tra 0 e 1000s
La successiva tabella ha invece i lampi per cui si è dovuto ampliare l’intervallo:
FRB
FRB110523
FRB110703
FRB120127
FRB121002
FRB140514
FRB150418
Posizione
RA DEC
56.120; -37.820
80.998; -59.019
49.287; -66.204
308.220; -26.265
50.841; -54.612
232.665; -3.235
TS
Algoritmo
tempi
0.0312
0.021
0.00224
0.054
0.070
0.124
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
Tabella 3.4: TS con tempi tra 0 e 10000s
30
Per tre FRBs nella tabella 3.3 il valore della TS è segnalato con un "-" in quanto non è
presente alcun fotone in questo range temporale. Come si vede nella nella tabella 3.1, per
essi l’analisi portava ad un risultato nell’intervallo (−1000; +1000) s il che significa che
i fotoni rilevati erano tutti appartenenti all’intervallo: −1000s; 0. Ovvero tutti i fotoni
rilevati erano antecedenti il lampo radio veloce. Per questi FRBs è stata poi rifatta
l’analisi ampliando l’intervallo, cioè tenendo in considerazione i dati dall’inizio del lampo
fino a +10000s dopo lo stesso. Per questi FRBs sono riportati nella successiva tabella i
valori ottenuti ampliando il range temporale:
FRB
FRB110220
FRB121102
FRB130626
Posizione
RA DEC
50.829; -54.766
174.950; -0.225
7.450; 27.420
TS
Algoritmo
tempi
0.55
0.0048
0.0127
NEWMINUIT
DRMNFB
NEWMINUIT
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
Tabella 3.5: TS con tempi tra 0 e 10000s
Come in precedenza anche nelle ultime tre tabelle non è stato possibile inserire il
flusso in quanto la statistica di test ha valori troppo bassi per prevedere l’esistenza di
una sorgente e quindi per darne un suo flusso.
Questi valori per la TS, sia con il primo intervallo di tempo che con quello dimezzato,
suggerirebbero l’accordo con l’ipotesi nulla, ovvero con l’esclusione dell’esistenza di una
sorgente in quel punto.
3.3
Upper Limit
Sebbene dai dati ottenuti non sembra essere presente una sorgente, si è tuttavia
a conoscenza della presenza di questi lampi radio veloci in quelle posizioni e in quel
momento e quindi si procede con un altro tipo di analisi: Upper Limit.
Questo tipo di analisi si applica quando non si riesce a trovare il valore di una data
grandezza, in questo caso il flusso, e si cerca quindi di trovarne il valore per il quale la
sorgente sarebbe stata rilevata.
Anche questa analisi si può fare attraverso i FermiTools, più precisamente è possibile trovare l’Upper Limit con dei calcoli Likelihood gestiti tramite python. Di seguito
saranno riportate le tabelle contenenti i risultati ottenuti per questi valori di flusso per
i quali gli FRBs potrebbero essere rilevati.
Questa prima tabella si riferisce ai dati appartenenti ad un range temporale di ±1000s
rispetto all’inizio del lampo:
31
FRB
FRB090625
FRB110220
FRB110626
FRB121102
FRB130626
FRB130628
FRB130729
FRB131104
Posizione
RA DEC
226.444; -60.030
50.829; -54.766
355.862; -41.752
174.950; -0.225
7.450; 27.420
225.955; 30.656
324.788; 54.745
260.550; -21.925
Flusso in
f otoni·cm2
s
(1.46) · 10−5
(4.66) · 10−6
(4.15) · 10−7
(4.56) · 10−6
(1.80) · 10−6
(3.41) · 10−7
(2.97) · 10−6
(3.15) · 10−6
Algoritmo
Tempi
NEWMINUIT
NEWMINUIT
DRMNFB
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
±1000s
Tabella 3.6: Upper Limit con tempi: ±1000s
Questa seconda tabella invece si riferisce ai dati nell’intervallo di ±10000s rispetto
all’inizio del FRB:
FRB
FRB110523
FRB110703
FRB120127
FRB121002
FRB140514
FRB150418
Posizione
RA DEC
56.120; -37.820
80.998; -59.019
49.287; -66.204
308.220; -26.265
50.841; -54.612
232.665; -3.235
Flusso in
f otoni·cm2
s
(8.61) · 10−8
(1.04) · 10−7
(1.01) · 10−7
(9.01) · 10−7
(3.03) · 10−6
(1.31) · 10−6
Algoritmo
Tempi
DRMNFB
DRMNFB
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
±10000s
±10000s
±1000s
±10000s
±10000s
±10000s
Tabella 3.7: Upper Limit con tempi: ±10000s
Anche da questi dati si nota che non per tutti gli FRB è stata possibile l’analisi più
accurata con NEWMINUIT.
Successivamente saranno riportate la tabelle con i valori dell’Upper Limit trovati per
gli stessi eventi di cui si è discusso sopra dove però i risultati sono stati ottenuti in dei
range temporali dimezzati rispetto ai precedenti. Questo è in accordo con quanto discusso per l’analisi Likelihood sui due intervalli scelti nel corso di tutto il lavoro svolto.
La prima delle seguenti due tabelle avrà i valori ottenuti nel range temporale che va
da 0 a 1000 s dopo il lampo:
32
FRB
FRB090625
FRB110220
FRB110626
FRB121102
FRB130626
FRB130628
FRB130729
FRB131104
Posizione
RA DEC
226.444; -60.030
50.829; -54.766
355.862; -41.752
174.950; -0.225
7.450; 27.420
225.955; 30.656
324.788; 54.745
260.550; -21.925
Flusso in
f otoni·cm2
s
(1.54) · 10−5
(1.47) · 10−6
(3.64) · 10−7
(1.77) · 10−6
(1.82) · 10−7
Algoritmo
Tempi
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
0; 1000s
Tabella 3.8: Upper Limit con tempi tra 0 e 1000s
La seguente tabella invece riporta i valori dell’upper limit ottenuto con un’analisi
nell’intervallo: 0;10000 s:
FRB
FRB110523
FRB110703
FRB120127
FRB121002
FRB140514
FRB150418
Posizione
RA DEC
56.120; -37.820
80.998; -59.019
49.287; -66.204
308.220; -26.265
50.841; -54.612
232.665; -3.235
Flusso in
f otoni·cm2
s
(1.15) · 10−6
(3.54) · 10−7
(4.05) · 10−7
(1.64) · 10−6
(1.42) · 10−6
(1.75) · 10−6
Algoritmo
Tempi
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
Tabella 3.9: Upper Limit con tempi tra 0 e 10000s
Anche in questo caso, come per l’analisi Unbinned Likelihood descritta al paragrafo
precedente, sono stati segnalati con un "-" gli FRBs per cui non sono stati rilevati fotoni
considerando l’intervallo 0; +1000s, a differenza della stessa analisi svolta nell’intervallo
temporale raddoppiato di ±1000s in cui si erano ottenuti dei dati. Per questi tre lampi
si è ottenuto un risultato dell’upper limit considerando un intervallo di tempo più ampio,
ovvero fino a 10000s dopo l’inizio del lampo. I risultati ottenuti in questo modo sono i
seguenti:
33
FRB
FRB110220
FRB121102
FRB130626
Posizione
RA DEC
50.829; -54.766
174.950; -0.225
7.450; 27.420
Flusso in
f otoni·cm2
s
(7.05) · 10−7
(2.04) · 10−5
(1.34) · 10−6
Algoritmo
Tempi
NEWMINUIT
NEWMINUIT
NEWMINUIT
0; 10000s
0; 10000s
0; 10000s
Tabella 3.10: Upper Limit con tempi tra 0 e 10000s
34
Capitolo 4
Discussione
Dopo aver presentato l’oggetto di approfondimento e l’analisi svolta, verranno presentati degli studi che cercano di trovare una controparte gamma nei FRBs. La natura fisica
di questi lampi radio veloci non è ancora chiara, sebbene si sia compreso che dovrebbero
appartenere a due differenti categorie.
Nel 2013, Thornton[11] discusse varie possibilità sull’origine di questi lampi e in
particolare osservò che la frazione di eventi di FRBs è molto più alta di quella dei lampi
di raggi gamma (GRBs) e della fusione di stelle compatte, ma poteva essere consistente
con quella degli "soft gamma repeater"1 , che sono oggetti astronomici che emettono
lampi di raggi gamma e raggi-X a intervalli di tempo irregolari o con supernovae a
collasso nucleare2 .
Sulla linea delle teorie avanzate da Falcke e Rezzolla[12], lo studio di Bing Zhang[13]
propose una possibile correlazione tra FRBs e GRBs. Falcke e Rezzolla suggerirono
un’eventuale origine per gli FRBs, ovvero essi potrebbero essere generati quando una
stella di neutroni supra-massiva collassa gravitazionalmente in un buco nero. A partire da
quest’ ipotesi, lo studio di Zhang suggerisce che una piccola frazione di queste implosioni
può avvenire poco dopo (circa 102 − 104 s) la formazione di una stella di neutroni super
massiva, che può produrre un FRB dopo che sono avvenuti dei GRBs e dei successivi
afterglow in raggi X. Non tutti i GRBs possono dare origine ad un FRB, ma una buona
frazione di essi può crearli.
Se le osservazioni rilevano il periodo di emissioni in raggi X, il successivo rilevamento o
meno di un FRB ne implica la natura, o meglio esclude che sia generato nel modo descritto
sopra. Per diversi FRBs non è supposta alcuna correlazione con i GRBs, tuttavia in
certi casi sono previsti dei tenui segnali e delle indagini supplementari in condizioni
ottimistiche su diverse lunghezze d’onda, potrebbero portare all’osservazione di FRB.
1
Si ipotizza essi siano un tipo di magnetar o stelle di neutroni.
Tipo di supernova che si forma a partire dal collasso interno e dalla conseguente violenta esplosione
di una stella di massa superiore ad almeno 9 volte la massa del Sole (stella massiccia)
2
35
Figura 4.1: Raffigurazione del possibile legame tra GRB e FRB; sono rappresentati due
possibili afterglow nei raggi-X; i tempi entro cui sono previsti gli FRBs dopo i GRBs
sono di circa 102 − 104 s
Lo stesso Zhang indica nella sua trattazione sull’argomento che in realtà c’era già
un’evidenza sperimentale di quanto sosteneva. Infatti nel 2012, Bannister[14] e colleghi
cercarono evidenze di emissioni radio da nove lampi di raggi gamma; questo studio venne
fatto mediante un telescopio di 12 m a 1.44 GHz con una risoluzione temporale che va
da 64µs a 1 s. Vennero rilevati singoli impulsi radio nei primi minuti seguenti due diversi
GRBs. I dati ottenuti erano incompatibili e quindi non riconducibili ad alcuna sorgente
nota nella zona. Inoltre i tempi di arrivo di queste emissioni radio era in accordo con il
tempo della fase di plateau in cui erano rilevati raggi X.
Dalla ricerca di un legame tra GRBs e FRBs si è cercato di comprendere la natura
degli FRBs, tuttavia in uno studio di He Gao[15] e colleghi, viene evidenziato come un
legame tra questi due fenomeni avrebbe notevoli altre implicazioni. Infatti essi sostengono che qualora venisse accertata la correlazione tra i due eventi, si potrebbero dedurre
i valori di alcuni parametri cosmologici e si otterrebbero delle conseguenti restrizioni
all’equazione di stato dell’energia oscura.
36
Capitolo 5
Conclusione
Da questo lavoro di tesi quindi si capisce quanto non sia affatto irrilevante cercare un
legame tra GRBs e FRBs poiché, oltre a scoprire informazioni riguardanti la natura dei
lampi radio veloci, si possono ottenere notevoli implicazioni cosmologiche.
Ad oggi ci sono poche evidenze[14] di relazioni tra i due eventi e anche i dati analizzati
non mostrano alcuna osservazione da parte di Fermi/LAT dei lampi radio veloci, tuttavia
si stanno ancora svolgendo diverse ricerche che ne cercano una connessione. Anche se
si sta facendo sempre più strada l’ipotesi che in realtà FRBs e GRBs non siano eventi
riconducibili ad un’ origine comune e che quindi non si possa cercare un legame tra loro;
per ora però non si trovano né conferme né smentite a questa questione.
Una soluzione è difficile da trovare anche a causa della rarità dei lampi radio veloci
e dalla loro brevità, si hanno infatti pochi eventi rilevati, 17 ad oggi, e non sempre i
telescopi riescono a rilevarli in tempo reale perché non sono orientati sulla regione del
lampo nell’istante in cui esso avviene.
Lo studio presentato non ha evidenziato alcun legame tra i due eventi ma ha permesso
di trovare i valori del flusso di fotoni per i quali si sarebbero rilevati i lampi.
Per approfondire questo studio si potrebbero fare le analisi concentrandosi sulla durata propria del lampo, infatti esso dura pochi millisecondi e l’analisi è stata fatta su
tempi molto più ampi, in modo da verificare la presenza di eventuali fotoni nel momento
del FRB stesso. Certamente per studiare meglio il fenomeno sarebbe utile avare a disposizione altre evidenze di altri lampi radio veloci, perché per ora se ne conoscono solo
una decina. Un ulteriore sviluppo del lavoro potrebbe essere cercare di fare un’analisi
combinata dei vari FRBs noti per cercarne un’eventuale correlazione con significatività
maggiore in raggi gamma.
37
Appendice A
Script Python
Di seguito è riportato lo script usato per trovare l’upper limit del flusso dei lampi
radio veloci:
#!/bin/python
SC = raw_input("Inserisci file SC: ");
FRB_STR = "FRB";
FRB_DATA = raw_input("Inserisci la data FRB: ");
FRB = FRB_STR + FRB_DATA;
OPT = "NewMinuit";
import pyLikelihood;
from UnbinnedAnalysis import *;
obs = UnbinnedObs(’region_filtered_gti.fits’,SC,expMap=’unbin_expmap.fits’,
expCube=’ltcube.fits’,irfs=’CALDB’);
like = UnbinnedAnalysis(obs,’input_model.xml’,optimizer=OPT);
print obs;
print like;
bin7obs = UnbinnedObs(’region_filtered_gti.fits’,SC,
expMap=’unbin_expmap.fits’,expCube=’ltcube.fits’,irfs=’CALDB’);
bin7like = UnbinnedAnalysis(bin7obs,’input_model.xml’,optimizer=OPT);
print bin7like.fit(verbosity=0,covar=True);
print bin7like.Ts(FRB);
from UpperLimits import UpperLimits;
ul=UpperLimits(bin7like);
ul[FRB].compute();
print "ANALISI FATTA CON: ",OPT;
print ul[FRB].results;
exit();
38
Appendice B
Tabella dati ottenuti
FRB
TS
FRB090625
FRB110220
FRB110523
FRB110626
FRB110703
FRB120127
FRB121002
FRB121102
FRB130626
FRB130628
FRB130729
FRB131104
FRB140514
FRB150418
0.01374
0.55246
0.03120
0.00588
0.02108
0.00224
0.0306
0.00483
0.2895
0.29027
0.20235
0.06852
0.07023
0.12432
2
Flusso in f otoni·cm
s
Likelihood
(2.43 ± 4.14) · 10−8
(0.88 ± 2.05) · 10−8
(7.40 ± 5.38) · 10−9
(1.46 ± 2.50) · 10−9
(1.97 ± 3.60) · 10−9
(3.39) · 10−9
(2.29) · 10−9
(1.39) · 10−8
(1.59) · 10−9
(1.42 ± 0.76) · 10−9
(5.13 ± 2.33) · 10−8
(2.44) · 10−10
(0.94 ± 4.89) · 10−8
(5.31 ± 9.32) · 10−8
Flusso f otoni·cm
s
Upper Limit
(1.46) · 10−5
(4.66) · 10−6
(8.61) · 10−8
(4.15) · 10−7
(1.04) · 10−7
(1.01) · 10−7
(9.01) · 10−7
(4.56) · 10−6
(1.80) · 10−6
(3.41) · 10−7
(2.97) · 10−6
(3.15) · 10−6
(3.03) · 10−6
(1.31) · 10−6
2
Tabella B.1: Raccolta di tutti i dati ottenuti per TS e Upper Limit nei rispettivi intervalli
temporali: ±1000s e ±10000s
39
Bibliografia
[1] D.R. Lorimer, et al., 2007, Science, 318, 777
[2] L. G. Spitler, J. Cordes, et al., 2014,arXiv:1404.2934 [astro-ph.HE]
[3] A. Loeb, Y. Shvartzvald, D. Maoz, 2013, arXiv:1310.2419 [astro-ph.HE]
[4] E.F. Keane, et al.,2016, Nature, 530, 453-456
[5] E. Petroff, et al., 2014, Oxford Journals, Volume 447, Issue 1, 246-255
[6] R. Salvaterra, et al., 2009, Nature, 461, 1258-1260
[7] N.R. Tanvir, et al., 2009, Nature, 461, 1254-1257
[8] Pagina ufficiale Fermi Telescope "http://fermi.gsfc.nasa.gov/ssc/"
[9] M. Ackermann, et al., 2014, arXiv:1303.2908 [astro-ph.HE]
[10] W.B Atwood, et al., 2009, The Astrophysical Journal, 697, 1071-1102
[11] Thornton, D., et al., 2013, Science, 341,53
[12] Falcke H. e Rezzolla L., 2013, arXiv:1307.1409 [astro-ph.HE]
[13] Bing Zhang, 2013, arXiv:1310.4893 [astro-ph.HE]
[14] Bannister K. W., et al., 2012, The Astrophysical Journal, Volume 757, 1
[15] He Gao, et al., 2014, arXiv:1402.2498 [astro-ph.CO]
[16] Kiyoshi Masui, et al., 2015, Nature, 528, 523-525
[17] E. Petroff, et al., 2016, arXiv:1601.03547 [astro-ph.HE]
[18] Shotaro Yamasaki, et al., 2016, arXiv:1604.03077 [astro-ph.HE]
40