Menopausa Vi sono ormoni che condizionano più di quanto si possa immaginare la vita di una donna nelle più significative manifestazioni. . Ne condizionano la bellezza, il comportamento, la fertilità, la salute e fors'anche l'intelligenza. Stiamo parlando degli estrogeni, il cui ruolo diviene evidente quando vengono a mancare. Col nome di "estrogeni" si intendono ormoni prodotti dall’ovaio, capaci di indurre nelle femmine dei mammiferi l’estro (condizione che favorisce l'accoppiamento e la fecondazione, attraverso cicliche modificazioni morfologiche, funzionali e comportamentali). Durante la vita fertile della donna, sotto l'azione sinergica delle due gonadotropine ipofisarie (FSH e LH), per ogni ciclo, un follicolo ovarico viene portato a maturazione, fin quando non scoppia, a circa metà del ciclo, spedendo in orbita l'uovo in esso contenuto. E’ il fenomeno chiamato "ovulazione". L’uovo espulso inizia il suo viaggio attraverso le tube uterine, pronto all'eventuale incontro col più "vivace" dei milioni di spermatozoi che, risalendo le vie genitali femminili, partecipano alla "gara per la vita". Nello stesso tempo gli estrogeni e il progesterone (l’ormone prodotto dal "corpo luteo", residuo del follicolo scoppiato, il cui nome fa intuire il ruolo protettivo della gestazione) preparano la mucosa uterina per accogliere nel migliore dei modi l'eventuale "coppia" in arrivo. Se il fatale incontro non avviene, l’alcova viene smontata: la mucosa uterina si stacca, dando origine al "flusso mestruale". Quindi ricomincia un nuovo ciclo. Tra i quaranta e i cinquanta anni, il sofisticato meccanismo preposto alla continuazione della specie umana comincia a dare i primi segni di esaurimento: l'ovaio diviene meno sensibile allo stimolo delle gonadotropine ipofisarie, l'ovulazione diviene sempre più rara e sempre più scarso diviene il livello di progesterone. E’ la situazione definita "premenopausa". Col procedere dell’involuzione ovarica, diminuisce gradualmente anche la produzione di estrogeni. Venendo a mancare entrambi gli ormoni che stimolavano la maturazione della mucosa uterina, manca anche il flusso mestruale. La mancanza di questo evento segna l'inizio della "menopausa". Evento che si manifesta intorno ai cinquant'anni. La menopausa e i disturbi correlati Anche nell'Ottocento la menopausa si verificava intorno ai cinquant'anni, ma la vita media della donna era di quarantanove anni. Oggi l’aspettativa di vita delle donne italiane è di circa ottantaquattro anni (una delle più lunghe al mondo), per cui la maggior parte di esse si trova a vivere un terzo della propria vita nel periodo post-menopausale. Questo lungo periodo, seppur fisiologico, può essere punteggiato da una serie di disturbi, sia precoci che tardivi, sia generali che locali, sia evidenti che subdoli, che possono incidere in modo significativo sulla qualità della vita. Il periodo della menopausa può essere vissuto dalle donne in modi diversi, addirittura opposti. Per alcune rappresenta un periodo di esaltante occasione per dedicarsi a nuovi interessi. Per altre è un periodo molto difficile, pieno di insoddisfazioni per una serie di "perdite" che mettono a dura prova il loro equilibrio psichico: perdita del ruolo riproduttivo, perdita del ruolo materno per l'emancipazione dei figli e loro conseguente abbandono del nucleo familiare ("sindrome del nido vuoto") . Quasi tutte accusano disturbi neuro-vegetativi, che solitamente regrediscono in modo spontaneo entro alcuni mesi, ma che a volte persistono per anni. Il più classico di questi disturbi è la caldana, sensazione improvvisa di calore al volto, al collo, al petto, con sudorazione notturna ("svegliarsi in un bagno di sudore"). Altri disturbi sono i dolori muscolari e articolari, il prurito e il formicolio alle estremità, la cefalea, le palpitazioni, il "nodo alla gola". La causa di tale perturbamento è un "riaggiustamento" neuro-ormonale dopo la caduta improvvisa degli estrogeni, con un netto aumento delle gonadotropine ipofisarie, non più frenate dagli ormoni ovarici; una riduzione delle endorfine (le“droghe”endogene) e di alcuni neurotrasmettitori, in particolare la dopamina, implicati in innumerevoli funzioni cerebrali, quali la memoria, l'affettività, il tono dell'umore, l'attenzione , la libido, il sonno. La carenza di estrogeni è anche universalmente riconosciuta come concausa dell'osteoporosi post-menopausale, per l’accellerazione di perdita di massa ossea, particolarmente rapida nel primo periodo dopo la cessazione dei flussi, per poi rallentare e stabilizzarsi dopo 8-10 anni. L’entità di questo processo non è uguale per tutte le donne: alcune (le fast bone losers) hanno una perdita di massa ossea che supera il 2,7% all'anno, e sono predestinate ad una osteoporosi sicura; altre hanno una perdita annua tra l'1,4 e il 2,7%, che le pone in una fascia a rischio, che necessita di un controllo assiduo; altre ancora (le slow bone losers) hanno una perdita annua al di sotto dell' 1,4 %, per cui sono a basso rischio di osteoporosi. E’ possibile individuare attraverso valutazioni cliniche, strumentali (densitometria ossea) e biochimiche (markers di formazione e di riassorbimento osseo) le donne ad alto turnover osseo. Ma la cosa che in questo periodo della vita di una donna probabilmente fa più male, forse più che una frattura ossea da osteoporosi, è veder la propria immagine sfiorire per il progressivo deteriorarsi della pelle. Questa diviene più sottile, meno elastica per diminuzione del collagene e delle fibre elastiche, più secca per la diminuita attività delle ghiandole sebacee e sudoripare: le rughe avanzano inesorabilmente. L'invecchiamento della pelle, in parte geneticamente determinato, inizia a 25 anni, in modo lento, progressivo, diverso da soggetto a soggetto. Ogni donna arriva alla soglia della menopausa con una propria "riserva cutanea". Le " favolose bionde e magre" sono quelle ad avere la riserva più ridotta e a risentire più precocemente del processo involutivo per la carenza di estrogeni. Le grassottelle sono, almeno sotto quest’aspetto, privilegiate: la loro pelle è protetta dalla quota di estrogeni derivante dalla trasformazione ormonale che avviene nel tessuto adiposo. La caduta di estrogeni in menopausa è responsabile anche di disturbi urogenitali, consistenti in prurito, bruciore, secchezza e atrofia vulvare e vaginale, dispareunia (minzione dolorosa), che si riflettono negativamente sulla sessualità. La modificazione del grado di acidità vaginale (passaggio del Ph da 4,5-5 a 6- 8) consente la crescita di molti batteri e quindi la facilità di processi infettivi e infiammatori. La la parte esterna dell'uretra (il canale che va dalla vescica all'esterno) e' estrogeno-dipendente, per cui la carenza di questo ormone è responsabile della sindrome uretrale consistente in incontinenza, bruciori, aumentato bisogno di urinare, spasmi vescicali. Questi disturbi sono vissuti da molte donne con paziente rassegnazione, come ineluttabile legge del tempo. Molti di questi disturbi potrebbero essere evitarli con una terapia ormonale sostitutiva (TOS). Terapia che è sempre stata accompagnata dal timore di una aumentata possibilità di tumori a carico della mucosa uterina (endometrio) o della mammella. Allo stato attuale delle conoscenze si può dire che la corretta associazione agli estrogeni di un preparato progestinico per alcuni giorni al mese è in grado di annullare l'incrementato rischio di tumore uterino. Più controversa è la relazione fra terapia ormonale sostitutiva e carcinoma della mammella, il cui rischio non è ridotto dall'associazione di estrogeni e progesterone. A tale riguardo le grandi metanalisi (cioè le analisi di più studi) concordano su alcuni punti: fino a cinque anni di impiego continuativo della terapia ormonale sostitutiva il rischio di sviluppare un tumore alla mammella è analogo a quello naturale; il rischio relativo per la terapia protratta oltre i cinque anni sembra alla luce dei dati finora noti compresa fra 1,3 e 1,7 %, quindi molto basso; in ogni caso le donne che sviluppano un tumore mammario dopo aver assunto estrogeni in menopausa hanno una prognosi migliore delle donne che non hanno fatto uso di terapia ormonale sostitutiva. Finora si riteneva che la terapia sostitutiva potesse correggere la complicanza più minacciosa, sebbene meno appariscente, per le donne in menopausa, cioè la graduale perdita della protezione verso le malattie cardio-vascolari. Infatti mentre le donne in età fertile hanno una frequenza di infarti cardiaci sei volte inferiore agli uomini, quelle in post-menopausa perdono progressivamente tale prerogativa, fino a raggiungere dopo dieci anni quasi la parità con gli uomini per la frequenza di tali eventi, che, per di più, tendono a presentarsi in forma più aggressiva, essendo più elevata la percentuale di donne che soccombono ad un infarto rispetto agli uomini. L’opinione predominante era che la terapia sostitutiva potesse ripristinare, attraverso molteplici meccanismi, la favorevole situazione metabolica della pre-menopausa. Del tutto recentemente un ampio studio americano ha spiazzato le opinioni finora dominanti arrivando alla conclusione che l’assunzione associata di estrogeni e progestinici dopo la menopausa non presenterebbe i vantaggi finora sperati per la prevenzione della malattia cardiovascolari. Viene invece confermata l’efficacia per la prevenzione dell’osteoporosi e per la prevenzione dell’incidenza del tumore del colon, nonché l’assoluta efficacia contro i disturbi neurovegetativi iniziali. Degna di nota è la dimostrazione ottenuta in animali che gli estrogeni sono in grado di esercitare un effetto trofico sul sistema nervoso centrale, sia attraverso l'induzione di alcuni fattori neurotrofici (come il nerve-growth factor), sia attraverso il miglioramento della circolazione, dell'utilizzazione del glucosio e la modulazione dei neuro-trasmettitori. E' stato osservato che le donne obese, nelle quali esiste una quota permanente di estrogeni proveniente dalla trasformazione ormonale nel tessuto adiposo, hanno una minore incidenza di morbo di Alzheimer. Quindi parrebbe di poter ipotizzare che una terapia estrogenica sostitutiva in menopausa possa esercitare effetti positivi anche sul decadimento cerebrale. Allo stato attuale le indicazioni per la terapia ormonale sostitutiva sono ancora dibattute e non esistono consensi e linee guida definitivi. La sua prescrizione dovrebbe derivare da un’attenta valutazione dei benefici e dei rischi certi e possibili. Indicazioni chiare sono la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi e l’attenuazione dei disturbi neuro-vegetativi. Benefici dubbi riguardano la prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari e del morbo di Alzheimer. Richiedono una particolare cautela la storia personale e familiare di cancro mammario e la presenza di geni di suscettibilità. L’ipertrigliceridemia è una controindicazione per l’uso di estrogeni per via orale ( ma non per via transdermica). Le controindicazioni non sono sovrapponibili a quelle comunemente attribuite ai contraccettivi orali che hanno un effetto estrogenico molto più potente che la terapia sostitutiva in menopausa: condizioni come ipertensione, fumo e obesità potrebbero, invece, trarne beneficio.