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Responsabile:
Dott.ssa Giuseppina Napoletano
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N. 1 - 2016
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Caso clinico
Le newsletter e gli aggiornamenti in
epidemiologia sono reperibili nel sito
della Regione del Veneto al seguente
indirizzo:
http://www.regione.veneto.it/web/sanita
/viaggiare-in-salute
Nel sito del Dipartimento di Prevenzione
ULSS 20 all’indirizzo:
http://prevenzione.ulss20.verona.it/viagn
ews.html
Supporto tecnico
Andrea Comin
Dott.ssa Silvia Vittorii
Tratto dall’articolo “Imported plague---New York City, 2002 “.
DC Perlman et al. MMWR Morb Mortal Wkly Rep. 2003 Aug 8; 52(31):725-8.
Nel novembre 2002 un uomo di 53 anni proveniente da Santa Fe County,
Nuovo Messico, si presenta in un pronto soccorso di New York City insieme con la
moglie per l’insorgenza da due giorni di febbre (T.C. 40.2°C) con brivido e
sudorazione, astenia e tumefazione dolente a livello inguinale sinistro. L’esame
clinico rileva anche cianosi degli arti inferiori con ipotensione arteriosa
(78/50mmHg); la saturazione dell’ossigeno nel sangue è 98% in aria ambiente. Il
paziente riferisce all’ingresso che il Dipartimento di Salute del Nuovo Messico
(NMDOH) aveva identificato qualche mese prima Yersinia pestis in un ratto trovato
morto nella sua proprietà e nelle pulci. Gli esami ematochimici evidenziano GB
24.700/μL, PLT 72.000/μL; dall’emocoltura viene isolato il batterio Y. pestis,
confermato anche da altre metodiche (PCR e immunofluorescenza diretta).
Il paziente riceve un trattamento con gentamicina, doxiciclina, ciprofloxacina e
vancomicina, ma le sue condizioni peggiorano e viene trasferito in Terapia
Intensiva in stato di shock con diagnosi di peste settica, insufficienza renale acuta,
ARDS (Sindrome da Distress Respiratorio Acuto) e CID (Coagulazione
Intravascolare Disseminata). Viene sottoposto ad emodialisi e a ventilazione
meccanica; a causa dell’ischemia periferica vengono amputati entrambi i piedi.
Anche la moglie di 47 anni viene ricoverata con gli stessi sintomi e segni clinici,
sebbene meno gravi. Trattata con terapia empirica (gentamicina, doxiciclina,
ticarcillina-acido clavulanico), guarisce senza complicazioni.
Una finestra sul mondo
Dall’aspirazione del materiale linfonodale (inguinale) non viene isolato alcun
patogeno, ma la sierologia per Yersinia pestis evidenzia un aumento di 4 volte del
titolo anticorpale in due campioni di siero prelevati a distanza, confermando la
diagnosi di peste bubbonica. Il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) e
il NMDOH eseguono un’indagine sulla proprietà dei coniugi e nei suoi dintorni
disponendo trappole per ratti, e dalle loro pulci viene isolato Y. pestis.
Introduzione e storia
Il patogeno responsabile della peste fu identificato nel 1894 dal medico
Alexandre Yersin, da cui ebbe il nome di Yersinia pestis, e da un medico
giapponese, indipendentemente. Giunse in Europa probabilmente dall’Asia insieme
con le carovane e con i ratti numerosi nelle navi all’epoca dei grandi viaggi
commerciali. La “peste nera” o “morte nera” però, così come venne definita la
peste del Medioevo, è nota all’uomo fin dai tempi antichi. A partire dal XIV secolo si
ebbero in Europa numerose e periodiche epidemie: da ricordare quella descritta da
Boccaccio nel Decameron che contagiò tutta l’Europa tra il 1347 e il 1353
riducendone drasticamente la popolazione e l’epidemia del 1630 in Italia
settentrionale resa famosa da Manzoni nei Promessi sposi. Fig. 1 e 2.
Fig. 1. Incisione di Lodovico Pogliaghi
Fig. 2. La diffusione della peste bubbonica in Europa (anni 1347 - 1351 ed oltre)
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Una finestra sul mondo
Tra il ‘600 e il ‘700 ci furono epidemie anche in varie zone dell’Europa, come
Londra, Vienna, Francia (Marsiglia). In seguito, il miglioramento delle condizioni
socio-economiche e igienico-sanitarie dei paesi occidentali contribuì a far
scomparire la peste che rimase una malattia limitata a casi isolati.
La peste continuò però a manifestarsi con violenza in altre parti del mondo
(Africa equatoriale, Asia); in particolare, a fine ’800 una tremenda pandemia
coinvolse la Cina, poi Taiwan, India e Giappone. Da ricordare infine che negli Stati
Uniti d’America l’ultima epidemia urbana a trasmissione interumana si verificò nel
1924-1925 a Los Angeles.
L’abbigliamento (Fig. 3) utilizzato dai medici durante le epidemie di peste per
proteggersi dal contagio era composta da una maschera con la caratteristica
protuberanza a becco di uccello, al cui interno era contenuta una miscela di erbe
balsamiche (per non sentire l’odore esalato dai corpi degli appestati), una tonaca
nera lunga fino ai piedi e, a completare, una bacchetta usata per sollevare vesti e
coperte dei malati.
Fig. 3. "Il medico della peste", acquaforte di Paulus Fürst (1656)
Epidemiologia
La distribuzione geografica della malattia è piuttosto focalizzata (vedi mappa in
Fig. 4).
Fig. 4. Distribuzione dei casi di peste nel mondo. Dati da OMS
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Una finestra sul mondo
L’OMS riporta globalmente dai 1000 ai 3000 casi di peste ogni anno, soprattutto
in Africa, Asia e Sud America, mentre la malattia è assente in Europa e in Australia.
Il Madagascar è una delle principali zone di endemia della peste, con un terzo dei
casi mondiali notificati ogni anno.
Nei paesi colpiti, sebbene la peste sia principalmente una malattia rurale, lo
sviluppo di focolai urbani è sempre da temere a causa della mobilità della
popolazione, delle caratteristiche di povertà, della concentrazione umana e della
carenza di servizi igienico-sanitari nelle città.
In Africa, Sud America, India, dove le condizioni igienico-sanitarie sono
scadenti, la peste è una malattia dei poveri, mentre in alcune regioni dei paesi
industrializzati (USA) tende ad essere una malattia sporadica, legata ad attività
all’aperto.
Tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2015, sono stati notificati globalmente
3248 casi di peste umana, di cui 584 mortali (18%).
In Africa, la peste è endemica in 4 Stati: Madagascar, Repubblica Democratica
del Congo (regione nord-est), Uganda (regione Arua) e Tanzania (regione
Manyara). Tra gli altri paesi africani che notificano più frequentemente epidemie
figurano Zambia, Angola, Uganda, Kenya, mentre non vengono rilevati casi nel
nord Africa. Dal 2014 una recrudescenza della peste sta colpendo il Madagascar; il
primo caso fu identificato il 31 agosto 2014 in un villaggio del distretto di
Tsiroanomandidy (regione di Bongolova), a 220 km a ovest della capitale
Antananarivo. Nel 2014 fu notificato un totale di 482 casi, con almeno 79 decessi.
Da agosto 2015 nella capitale Antananarivo si sono verificati almeno 174 casi.
Nel continente americano, il Perù dal 2013 notifica regolarmente casi di peste in
4 regioni del nord-ovest del paese. Negli Stati Uniti, la maggior parte dei casi è
sparsa nelle aree rurali e semi-rurali e si verifica prevalentemente nel nord del
Nuovo Messico, nord Arizona, sud Colorado, California, sud Oregon e nel lontano
Nevada occidentale. L’infezione circola tra i roditori selvatici e casi umani si
verificano il più delle volte in ambienti peri-domestici per contatto con gli animali
domestici (cani o gatti). Tra il 1988 e il 2002 sono stati riportati complessivamente
112 casi umani di peste dagli stati della costa occidentale (Fig. 5).
Nel 2014 si verificò in Colorado un caso mortale di peste polmonare in un
adolescente probabilmente morso da pulce infetta.
Da aprile 2015 ad oggi i casi notificati sono stati 11 con 3 decessi.
Fig. 5. Casi di peste negli Stati Uniti, 1970–2012.
Dalla metà del 1900, la peste negli Stati Uniti si è verificata tipicamente nelle
aree rurali occidentali. Il puntino rosso evidenziato nello stato Illinois era un caso di
laboratorio (CDC). Per quanto riguarda l’Asia, la peste è endemica in Cina, India,
Myanmar e Vietnam, anche se negli ultimi decenni i casi notificati sono rari: in Cina
l’ultima epidemia risale al 2009 (provincia Qinghai), mentre in India al 2002 (16
casi di peste polmonare nello stato di Himachal Pradesh).
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Una finestra sul mondo
Eziopatogenesi
L’agente eziologico della peste è il batterio Yersinia pestis, microrganismo di
forma ovoidale (a tipo “spilla da balia”), Gram-negativo, appartenente alla famiglia
Enterobacteriaceae, di dimensioni piuttosto piccole (0,7 x 2,5 μm), aerobio e
anaerobio facoltativo (Fig. 6). Se ne conoscono tre biogruppi con caratteristiche
genomiche ed epidemiologiche peculiari: Y. pestis antiqua, Y. pestis orientalis e Y.
pestis medievalis. I fattori di virulenza finora identificati sono numerosi, tra cui
un’endotossina lipopolisaccaridica.
Fig. 6. Immagine al microscopio elettronico di una massa di batteri Yersinia pestis.
Responsabili della trasmissione del batterio sono le pulci Xenopsylla cheopis,
Nosopsylòlus fasicatus e talvolta Pulex irritans, che normalmente sono parassiti dei
roditori selvatici (come topi, ratti, scoiattoli, marmotte, conigli), che fungono da
serbatoio naturale del batterio; in qualche caso le pulci possono infettare anche gli
animali domestici (cani e gatti). Fig. 7.
Normalmente, Yersinia circola tra queste specie senza causare alti tassi di
mortalità (peste selvatica), quindi questi animali sono sostanzialmente delle riserve
infettive di lungo termine e non rappresentano un pericolo per l’uomo.
Occasionalmente, tuttavia, un’epidemia può uccidere anche grandi quantità di
roditori (ad esempio i ratti urbani Rattus rattus e Rattus norvegicus), e le pulci, in
cerca di nuovi ospiti, si trasmettono anche agli esseri umani, diffondendo la
malattia. La peste di conseguenza è più diffusa dove le abitazioni sono infestate da
pulci e ratti, quindi in condizioni di scarso livello di igiene.
L’uomo tuttavia può contrarre la peste in vari modi: non solo nel modo più
frequente, ovvero tramite la puntura delle pulci di animali infetti, ma anche per
contatto diretto con gli organi di un animale pestoso o per inalazione di aerosol
infettivo (tosse e starnuti) di una persona o di un animale malato.
Fig. 7. L’ecologia della peste negli Stati Uniti (CDC)
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Una finestra sul mondo
Una volta superata la barriera linfoghiandolare, il patogeno si distribuisce ai vari
organi (fegato, milza, meningi, polmoni); particolarmente importante risulta la
localizzazione polmonare, punto di partenza della trasmissione aerogena dell’agente
patogeno.
Clinica
La peste è una malattia grave, soprattutto nella sua forma polmonare e
setticemica (Fig. 8).
Il periodo di incubazione è breve, in media 2-8 giorni (fino a 15 giorni) e
l’esordio della sintomatologia è per lo più improvviso.
Peste bubbonica. E’ la forma clinica più frequente (80-85%), chiamata così
perché il batterio raggiunge i linfonodi regionali che drenano il sito di ingresso del
patogeno (quasi sempre localizzato in regione inguinale oppure ascellare); a questo
livello si forma un bubbone costituito appunto da un gruppo di linfonodi ingrossati
(2-5cm) e dolenti, circondati da edema, spesso emorragico.
La palpazione di questa zona è molto dolente e la cute soprastante è calda,
arrossata, edematosa. Inoltre è presente febbre con brivido, cefalea, vomito,
astenia marcata. Sono presenti anche fenomeni tossici generali come tachicardia,
emorragie, diarrea, oliguria ed interessamento meningeo. Se non curata, la
malattia progredisce rapidamente e la letalità è di oltre il 60%.
Quando la malattia non ha decorso fulminante, l’evoluzione avviene verso la
suppurazione del bubbone con fuoriuscita di materiale ricco di Y. pestis. Nei casi
favorevoli si ha sfebbramento per lisi durante la 2a settimana di malattia; il decesso
si verifica invece, il più delle volte, nei primi 6-7 giorni.
Durante le epidemie si può verificare anche la pestis minor, una forma di
malattia caratterizzata da una manifestazione clinica più modesta per mancanza
degli intensi fenomeni tossici.
Peste polmonare. E’ la forma clinica più grave. Invariabilmente fatale se non
trattata subito, è particolarmente contagiosa e può scatenare terribili epidemie
tramite il contagio interumano diretto; il paziente pertanto deve essere tenuto in
isolamento fino a dopo almeno 2 giorni di terapia antibiotica ed evidenza di segni di
miglioramento clinico. E’ la conseguenza del contagio per via inalatoria dell’agente
patogeno.
I sintomi comprendono febbre elevata, tosse produttiva con emottisi, dispnea
intensa fino all’insufficienza respiratoria. La prognosi della peste polmonare è seria
e condizionata dalla tempestività della terapia.
Peste setticemica o pestis siderans. Anche questa è una forma
particolarmente grave, caratterizzata da una sintomatologia di tipo settico: febbre
con brivido, compromissione del sensorio, vomito, diarrea, oligo-anuria e alterazioni
ematochimiche per coagulazione intravascolare disseminata; la reazione
linfoghiandolare locale (bubbone) in questo caso è solo modesta o addirittura
assente, e l’exitus è pressoché costante.
Fig. 8. Forme cliniche di peste (bubbonica, setticemica, polmonare)
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Una finestra sul mondo
Diagnosi
Si basa innanzitutto sul sospetto clinico-epidemiogico: sintomi quali febbre e
linfadenopatia localizzata, in un soggetto proveniente da area a rischio, devono
allertare il medico e indurlo a includere la peste nelle ipotesi di diagnosi
differenziale (carbonchio, malattia da graffio di gatto, tularemia, ecc.).
Ciò è abbastanza agevole in periodo epidemico, mentre può risultare difficile nei
paesi non endemici o dove la malattia è rara e il medico ha poca familiarità con
essa.
Per ridurre il rischio di mortalità diventa essenziale riconoscere i sintomi
rapidamente e intervenire nelle prime ore dalla loro comparsa.
La diagnosi di conferma viene fornita dall’isolamento dell’agente eziologico
tramite l’esame microbiologico diretto (sia con colorazione di Giemsa, Wayson e
Gram, sia utilizzando il test di immunofluorescenza diretta) e colturale del materiale
linfoghiandolare (Fig. 9), oppure dell’espettorato, del sangue o del liquido cerebrospinale.
In mancanza dell’isolamento microbiologico, la diagnosi di peste può essere
confermata con la dimostrazione di un aumento di almeno 4 volte del titolo
anticorpale in due campioni di siero prelevati a distanza di 3-4 settimane l’uno
dall’altro; è considerato significativo comunque anche un titolo > 128 in un unico
campione. La tecnica più spesso utilizzata è l’emoagglutinazione passiva. Infine
esiste anche un test immuno-enzimatico che consente una diagnosi sierologica più
rapida (IgM).
Fig. 9. Medici esaminano un bubbone causato dalla peste
Terapia e profilassi
La precocità della diagnosi e la tempestività del trattamento condizionano la
prognosi del paziente, che resta comunque seria nella forma polmonare e nella
forma setticemica.
Il batterio Yersinia pestis è generalmente sensibile agli antibiotici diretti contro i
batteri Gram-negativi, quali streptomicina (farmaco di prima scelta), gentamicina,
doxiciclina e cloramfenicolo (quest’ultimo indicato soprattutto per le forme a
localizzazione meningea perché supera agevolmente la barriera emato-liquorale),
che vanno tutti somministrati per una durata di almeno 10 giorni. Il paziente
inoltre, nelle forme contagiose, deve essere tenuto in isolamento respiratorio per
48 ore dall’inizio di un’appropriata terapia antibiotica e con risposta clinica
favorevole.
In Italia la peste è una malattia per la quale, sia per i casi accertati che per
quelli sospetti, è richiesta la segnalazione immediata ovvero entro 12 ore (classe I)
perché soggetta al Regolamento sanitario internazionale.
Per i viaggiatori e i turisti, il rischio di contagio è minimo dato che la peste è
essenzialmente una malattia legata a condizioni di vita di estrema povertà a cui è
improbabile che un viaggiatore sia esposto.
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Per chi si trova in zone colpite o ha uno stretto contatto con gli animali (es.
cacciatori, campeggiatori), le precauzioni da attuare sono quelle di non toccare
roditori vivi o morti, evitare le punture delle pulci usando repellenti cutanei a base
di DEET e abiti coprenti impregnati di insetticida (permetrina), evitare di
frequentare luoghi infestati da pulci.
Attualmente non si dispone di un efficace vaccino contro la peste, per cui non è
possibile effettuare un trattamento preventivo di questa malattia. La prevenzione si
basa soprattutto sulla lotta contro i roditori e le pulci, sulla bonifica delle abitazioni
e sul corretto smaltimento dei rifiuti domestici.
Esiste comunque una chemioprofilassi post-esposizione con l’assunzione di un
breve ciclo di terapia antibiotica a base di tetracicline per 7 giorni per i soggetti a
rischio (contatti, personale sanitario), allo scopo di prevenire l’insorgenza della
malattia.
Bibliografia e siti utili

Moroni M., Esposito R., De Lalla F. “Malattie Infettive”, 6° ed. Masson, pp.
722-723

Epicentro, http://www.epicentro.iss.it

CDC. Center for Disease Control and Prevention, http://www.cdc.gov/plague

WHO. World Health Organization, http://www.who.int/plague

Heymann D. L. “Manuale per il Controllo delle Malattie Trasmissibili” 18° ed.
Dea, pp 547-554

W. H. McNeill “La peste nella storia. Epidemie, morbi e contagio
dall'antichità all'età contemporanea” Torino, Einaudi, 1981.

Pubmed, http://www.promedmail.org. Plague.
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