Migrazioni vecchie e nuove: la lezione del Brasile "trentino"

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MIGRAZIONI VECCHIE E NUOVE: LA LEZIONE DEL BRASILE "TRENTINO"
Ugo Rossi - Governatore del Trentino
Su “Trentino” del 23 settembre 2015
Il viaggio che ho fatto recentemente in Brasile assieme a una delegazione trentina, da un lato
per incontrare le comunità create in quel grande paese latinoamericano dai nostri emigrati, a
140 anni dalle prime partenze, dall'altro per gettare le basi di nuove partnership economiche,
ha offerto qualche spunto di riflessione anche riguardo al tema del momento a livello nazionale
ed europeo, quello delle migrazioni internazionali.
Cosa abbiamo trovato in Brasile, in paesi e città come Curitiba, Florianopolis, Nova Trento,
Rodeio, Rio dos Cedros, Bento Goncalves (nomi che fanno battere il cuore a tanti trentini, che
sanno di avere laggiù un ramo della propria famiglia?). Il primo dato che vorrei sottolineare è il
seguente: abbiamo trovato una fortissima "trentinità", a volte persino più marcata rispetto a
quella presente qui, nelle nostre valli. Tutti i membri della delegazione - che comprendeva
anche i consiglieri provinciali Maestri e Civettini, i rappresentanti delle associazioni Trentini nel
mondo e Unione delle famiglie trentine all'estero e i vertici di due importanti realtà economiche,
Federazione trentina della cooperazione e Dolomiti Energia - credo abbiano vissuto questa
missione innanzitutto come un'immersione nel Trentino delle tradizioni, delle radici, di un
bacino di memorie che risalgono a quando il nostro territorio era parte del Tirolo storico,
essendo iniziata l'emigrazione verso le Americhe nel 1874-75. Dai cognomi alla lingua, dalle
abitudini alimentari ai canti, ai costumi tradizionali ai racconti, spesso drammatici, di chi ha
custodito i ricordi degli avi, tutto laggiù ci parla del Trentino. Il che è tanto più sorprendente se
pensiamo che, nonostante i legami tenuti o riscoperti dalla Provincia autonoma di Trento e dal
mondo dell'associazionismo, le persone incontrate, alcune delle quali arrivate in posizione
chiave nelle istituzioni o nell'economia brasiliana (sindaci, governatori di stati importanti e fra i
più ricchi del paese, imprenditori), sono ormai in gran parte oriunde trentine di quarta o quinta
generazione.
Accanto a ciò, nel corso degli incontri che si sono susseguiti ad un ritmo davvero serrato, è
emerso anche un altro dato. Questi "trentini brasiliani", a cui ci legano sia le memorie comuni
sia anche i progetti più recenti che stiamo sviluppando assieme, sono pienamente inseriti nella
realtà del Paese e dello Stato in cui vivono. Sono, appunto, brasiliani, e non solo: in alcune
regioni - in particolare a Rio grande do Sul - sono anche Gaúchos. Alcuni di loro hanno studiato
per anni all'università di Trento, prima di fare ritorno a casa: oggi sono diventati punti di
riferimento importanti, per i Circoli e le Famiglie trentine, per le nostre imprese che esportano in
Brasile o stringono accordi di joint ventures. Ma vivono in pieno il loro Paese e il loro tempo,
fatto di internet, di evoluzione tecnologica, di viaggi, di aperture, di plurilinguismo. Esprimono
un'attitudine nei confronti della vita concreta e attuale, che mescola intraprendenza e voglia di
fare a spirito solidaristico. Guardano all'Europa, all'Italia e al Trentino come a delle importanti
fonti di ispirazione ma senza sudditanza, con orgoglio e piena consapevolezza di ciò che a loro
volta hanno da offrire. Fra cui lavoro e opportunità di business.
La lezione che si può trarre mi pare pertanto possa essere questa: le radici, nell'era della
globalizzazione, sono importanti, sono come una cartina geografica o una bussola, danno un
orientamento, imprimono una direzione all'esistenza. Conservare le radici però non significa
chiudersi, rifiutare ciò che è altro da sé, le lingue e le culture altrui, le sollecitazioni della
modernità, le sfide che ci arrivano ogni giorni attraverso centinaia, migliaia di input, di stimoli, di
occasioni. I "trentini brasiliani" ne sono una prova, con il loro attaccamento alla trentinità e al
tempo stesso con il loro essere al 100 per cento brasiliani e al 100 per cento cittadini del
mondo.
Se questo è vero, mi pare se ne possa ricavare anche un messaggio di speranza per il futuro di
un'Europa che vive con apprensione - a volte giustificata - l'arrivo di tanti migranti e tanti
profughi. Certo, queste persone portano con sé culture, tradizioni, esperienze diverse dalle
nostre. Parlano lingue che non comprendiamo. A volte ci sembrano, pur con tutta la buona
volontà, estranee. Ma la storia delle migrazioni - una storia plurisecolare - mostra che prima o
poi da tutto questo nasce qualcosa di nuovo. Un'identità complessa, che non ha dimenticato il
passato e la terra di origine ma che è capace di mettersi in gioco continuamente, di integrarsi, di
dare un contributo reale, positivo, al paese di accoglienza.
E' questa la grande scommessa che i trentini emigrati in Brasile e in tanti altri paesi del mondo
hanno, nella stragrande maggioranza dei casi, vinto. Ed è questa la scommessa che dobbiamo
accettare oggi anche in Europa, anche in Trentino: i migranti che per un periodo breve o lungo
si stabiliscono qui e noi che li accogliamo, consapevoli entrambi che vivere assieme comporta
in pari misura il riconoscimento di diritti e l'assunzione di doveri, che stabilirsi lontano da casa è
spesso fonte di sofferenze (quante sofferenze nelle memorie dei nostri primi emigrati!), che uno
sforzo di adattamento è richiesto ad entrambi. Che se ci impegnamo possiamo ricavarne tutti
dei benefici.
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