Esame di Economia Politica - Istituzioni (A-K)

Esame di Economia Politica - Istituzioni (A-K)
Svolgimento della prova scritta del 8 aprile 2009
NB questo è uno svolgimento completo, e potrebbe essere molto più sintetico
FILA 3
1) (a) Si spieghi il significato del tasso di interesse “critico minimo”.
Il tasso di interesse critico è un livello del tasso di interesse così basso che induce uno
speculatore a detenere tutta la propria ricchezza finanziaria in moneta anziché titoli.
[Parte facoltativa per super−
−volonterosi] Esso è definito a partire dal guadagno
percentuale che uno speculatore si attende di ottenere dall’acquisto, e poi rivendita
futura, di un titolo a cedola fissa c, guadagno che si compone della parte interessi (i)
e del guadagno percentuale in conto capitale, dato da
ve − v
dove v è il prezzo
v
corrente del titolo e ve è il prezzo futuro atteso. Visto che il prezzo del titolo è dato
da c i (non serve dilungarsi a spiegare perché questo è vero), il suo prezzo atteso è
c ie , e ie è il tasso futuro atteso. Dunque il guadagno percentuale per lo speculatore
è dato dall’espressione i +
ve − v
c i −c i
i
=i+ e
= i + − 1 , che si pretende essere
v
ci
ie
positivo per indurre lo speculatore a detenere titoli anziché moneta. Il tasso di
interesse critico ic è quel tasso corrente che, sostituito a i nella precedente
espressione, la annulla, cioè con i dovuti passaggi ic =
ie
. Ogni speculatore ha il
1 + ie
suo tasso critico, a seconda delle sue aspettative sul tasso futuro.
Il tasso di interesse critico minimo ic _ min è il tasso critico più basso fra quelli di tutti
gli speculatori. A questo tasso tutti gli speculatori detengono tutta la propria ricchezza
finanziaria in moneta, indipendentemente da quanta ne sia offerta. Questa situazione è
chiamata trappola della liquidità. Corrisponde al tratto orizzontale in fondo a destra
della curva di domanda di moneta, o al tratto iniziale orizzontale della curva LM.
Si supponga che in questo momento il tasso di interesse di equilibrio sia pari al tasso
“critico minimo”. Usando lo schema IS-LM …
Se la situazione è quella descritta, allora l’equilibrio iniziale è rappresentato dal
seguente grafico IS-LM, dove Y1 è il reddito di equilibrio iniziale.
i
LM1
IS1
ic _ min
Y
Y1
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…si spieghi, a parole e graficamente, l’effetto delle seguenti politiche: (b) aumento
della spesa pubblica, proposto dall’economista A …
Un aumento della spesa pubblica fa aumentare la domanda autonoma. Il reddito di
equilibrio del mercato dei beni, allora, aumenta dato il moltiplicatore, senza che il
tasso di interesse si sia modificato: la curva IS si sposta parallelamente a destra.
L’aumento del reddito fa aumentare la domanda di moneta per usi transattivi, e dunque
per mantenere in equilibrio il mercato della moneta la domanda per usi speculativi
deve diminuire. Tuttavia, siccome siamo nel tratto della trappola della liquidità, non
occorre che il tasso di interesse aumenti: gli speculatori continuano a detenere tutta la
ricchezza finanziaria in moneta, anche se ora ne detengono meno. Dunque, nel nuovo
equilibrio il reddito aumenta, ma il tasso di interesse rimane invariato al livello ic _ min .
Detto in altri termini, non si verifica alcun effetto spiazzamento. Graficamente:
i
LM1
IS1
IS2
ic _ min
Y1
Y
Y2
L’economista A, se intendeva ottenere un aumento del reddito, ha ragione.
(c) riduzione del coefficiente di riserva obbligatoria, proposta dall’economista B.
Una riduzione del coefficiente di riserva obbligatoria fa aumentare il moltiplicatore
monetario: a parità di moneta offerta dalla banca centrale, l’offerta complessiva di
moneta aumenta. La curva LM si sposta a destra (o se volete in basso, tuttavia non nel
tratto della trappola della liquidità). Ma, data l’iniziale situazione di trappola della
liquidità, il tasso di interesse non diminuisce, quindi gli investimenti non aumentano e,
infine, il reddito rimane invariato. Se l’economista B intendeva ottenere un aumento
del reddito, ha toppato. Graficamente:
i
LM1
LM2
IS1
ic _ min
Y
Y1
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2) Si consideri la seguente funzione del consumo: C = c0 + c1 (1 − t )Y , dove i diversi
simboli hanno l’usuale significato. (a) si spieghi il significato di tutti i termini che vi
appaiono, e in particolare si dica da cosa può dipendere il primo addendo del lato
destro dell’espressione…
C è il consumo delle famiglie, che decidono quanto spendere per consumi sulla base
del loro reddito disponibile. Il reddito disponibile è pari al reddito prodotto dalle
imprese meno l’eventuale tassazione più gli eventuali trasferimenti da stato a famiglie
(p. es. pensioni). Nell’espressione assegnata non appaiono i trasferimenti (il cui
simbolo sarebbe TR), ma solo l’aliquota della tassazione. Quindi il reddito disponibile
delle famiglie in questo caso è Y d = Y − tY = (1 − t )Y . Il termine c0 che appare nella
funzione del consumo è il consumo autonomo, nel senso che non dipende dal reddito:
esso potrebbe dipendere dalla ricchezza (reale e finanziaria) delle famiglie, la quale
può subire variazioni durante fasi di bolla speculativa o di crollo sul mercato
finanziario o immobiliare. Volendo essere un poco sofisticati, il termine c0 può anche
dipendere dalla vita residua attesa, dal numero di anni residui di lavoro e dall’età di
pensionamento, nel senso che la ricchezza, assieme ai redditi annui, deve essere in
grado di finanziare i consumi per tutta la vita residua. Il termine c1 è la propensione
marginale al consumo, che indica di quanto aumenta il consumo se il reddito aumenta
di una unità: deve essere positiva e in genere inferiore a uno. Essendo il reddito
disponibile Y d = (1 − t )Y , ecco che il consumo che dipende da esso vale c1 (1 − t )Y , da
cui l’espressione iniziale.
(b) supponendo che la spesa pubblica sia pari a G, che gli investimenti siano pari a I e
che l’economia non faccia scambi con l’estero, si determini il reddito di equilibrio…
Dati i termini appena definiti, e quelli definiti prima, il totale della domanda aggregata
è Z = c0 + c1 (1 − t )Y + I + G . La condizione di equilibrio tra offerta (misurata dal
reddito) e domanda aggregata è Y = Z . Ne segue Y = c0 + c1 (1 − t )Y + I + G . Per
trovare il reddito di equilibrio dobbiamo risolvere in Y, e dunque:
1
Y − c1 (1 − t )Y = c0 + I + G ⇒ [1 − c1 (1 − t )]Y = [c0 + I + G ] ⇒ Y =
[c0 + I + G ]
1 − c1 (1 − t )
Il termine tra parentesi quadra è la cosiddetta domanda autonoma, cioè quella che non
dipende dal reddito.
(c) si individui il moltiplicatore e si spieghi da cosa dipende, e come, il suo valore.
1
, e cresce al crescere della propensione
1 − c1 (1 − t )
marginale al consumo, mentre diminuisce al crescere dell’aliquota della tassazione.
Il moltiplicatore è il termine
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3) Si consideri un’economia ricardiana caratterizzata dalla seguente funzione di
produzione: X = cN − dN 2 . (a) si determini il prodotto marginale, spiegandone il
significato, e se me tracci il grafico…
Questa funzione, posto che si consideri N ≤ c
, è coerente con le ipotesi ricardiane,
2d
infatti f ′( N ) = c − 2dN > 0 , sempre posto che N ≤ c ; inoltre f ′′( N ) = −2d < 0 . Il
2d
prodotto marginale, f ′( N ) , è la variazione del prodotto in seguito all’aumento del
numero dei lavoratori; esso è decrescente, f ′′( N ) < 0 , perché ogni aumento di lavoro è
applicato a terre sempre meno fertili. In altri termini, il prodotto marginale è il
prodotto ottenuto sull’ultima terra aggiuntiva. Il grafico del prodotto marginale è il
seguente:
f’(N)
c
N
(b) a partire dal grafico del prodotto marginale si individuino i livelli della rendita, dei
salari e dei profitti, supponendo che il saggio di salario sia w e che la forza lavoro sia
N*;
L’ipotesi di concorrenza fra proprietari terrieri fa sì che sulla terra marginale, cioè
sull’ultimo impiego di lavoro, non si paghi rendita. Allora, se il salario è w,
supponendo che si impieghino N* lavoratori, il profitto ottenuto sulla terra marginale,
cioè in corrispondenza dell’ultimo lavoratore impiegato, è f ′( N *) − w ; siccome il
capitale anticipato per l’ultimo lavoratore è dato proprio dal suo salario, il saggio di
f ′( N *) − w f ′( N *)
c − 2dN
=
−1 =
− 1 . (Notare che il prodotto
profitto è pari a
w
w
w
marginale deve essere almeno pari al salario, altrimenti nessun capitalista investirebbe
per ottenere profitti negativi). La concorrenza fra capitalisti fa sì che sulle terre più
fertili della marginale la rendita pagata si spinga sino al punto che il saggio di profitto
residuo su quelle terre è pari a quello della terra marginale. Dunque la rendita pagata su
ogni (‘piccola’) terra, cioè in corrispondenza di ogni lavoratore N<N*, è data dal
segmento verticale fra il grafico di f ′( N ) e l’altezza di f ′( N *) . Il totale della rendita,
R, è dunque la ‘somma’ (l’integrale) di tutte le rendite pagate su tutte le terre (cioè per
ogni lavoratore), e corrisponde a tutta l’area fra f ′( N ) e le linea orizzontale di altezza
f ′( N *) , misurata sino a N*. Il monte salari W, cioè il totale dei salari pagati wN * , è
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dato dall’area del rettangolo di base N* e di altezza w. Il totale dei profitti Π è la
somma di tutti i profitti ottenuti dai capitalisti per ogni lavoratore impiegato, cioè è
l’area del rettangolo che ha per base N* e per altezza f ′( N *) − w . Graficamente:
f’(N)
c
R
f ’(N*)
Π
w
W
N
N*
(c) si determini come si modifica la rendita all’aumentare del saggio di salario.
Se il saggio di salario aumenta, ma il numero dei lavoratori rimane invariato,
banalmente la rendita rimane invariata; infatti la rendita totale dipende solo da quanto
lavoro viene utilizzato, cioè quante terre vengono messe a coltura. Se il salario passa
da w a w1, ciò che cambia è solo la distribuzione fra salari e profitti, a favore dei primi:
i profitti diminuiscono da Π a Π1, e il monte salari aumenta da W a W1. Graficamente
abbiamo quanto segue:
f’(N)
c
R
f ’(N*)
w1
w
Π1
W1
N
N*
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