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Introduzione
L
a scienza dell’occlusione si trova attualmente in uno stato
di estrema confusione. Essa risulta molto più diffusa in teoria che applicata nella pratica professionale. Esiste una tale
generale sudditanza verso l’interpretazione meccanicistica
di questa scienza, che quasi tutti i testi che trattano qualsiasi
altro argomento della nostra professione, riservano un certo
numero di pagine alla sua esposizione come se fosse una
verità assoluta che tutti quanti dobbiamo conoscere. Chi osa
mettere in dubbio ciò che i meccanicisti affermano deve sapere che avrà vita dura, come un eretico nel campo di qualsiasi religione. L’interpretazione meccanicistica della scienza
dell’occlusione è stata costruita attorno all’articolatore ed attorno alle teatrali procedure che servono per il rilevamento
grafico dei tragitti condilari, partendo dall’errato presupposto che le articolazioni temporo-mandibolari (A.T.M.) siano
le determinanti posteriori dell’occlusione, essendo la guida
incisiva la determinante anteriore. Pertanto i meccanicisti
propongono lo schema dell’occlusione organica, dove questa in generale ed il disegno cuspidale dei denti in particolare, dovrebbero ripetere la morfologia individuale dell’A.T.M.
Secondo tale teoria, agendo in questo modo, si raggiungerebbero due risultati:
1. Si verrebbe a creare un’armonia fra l’occlusione, la cuspidatura dei denti e le articolazioni, la quale preserverebbe
queste strutture dal logoramento.
2. Si aumenterebbe nel contempo l’efficacia masticatoria evitando il cosiddetto “trauma occlusale masticatorio”.
Questa ipotesi, a tavolino, può sembrare affascinante, anche
se è del tutto priva di scientificità. Nelle bocche naturali non
si riscontra mai, in nessun caso, questo tipo di organizzazione occlusale la quale, va sottolineato, è una pura invenzione
dei meccanicisti. Nella realtà, in contrapposizione a queste
teorie, si riscontra completa indipendenza fra l’occlusione,
la cuspidatura dei singoli denti e la morfologia articolare.
Chi è culturalmente aggiornato sa che le usure dentarie sono
dovute alla parafunzione e non alla disarmonia fra A.T.M.
e disegno cuspidale dei denti, e sa che le lesioni organiche
delle A.T.M. sono provocate anche da altre cause e non solo
dalla malocclusione. Se nelle bocche naturali esiste completa
indipendenza fra l’occlusione e la morfologia articolare, non
si riesce a capire come una teoria che vada nella direzione
opposta abbia potuto incontrare tanti consensi e per così
tanto tempo.
Una teoria che non tiene in nessun modo conto di ciò che
Madre Natura ha escogitato affinché le bocche naturali funzionino bene e che propone soluzioni in antitesi a quelle naturali, è completamente fuori strada. Pertanto non deve destare stupore che quando la ricerca compie errori di percorso,
ciò che ne deriva sia poi confuso e inapplicabile. Ritrovare la
strada maestra dovrebbe essere facile, se non fosse che l’errata teoria meccanicistica, in mezzo secolo di incontrastato
dominio, abbia totalmente inciso sul nostro modo di ragionare, infiltrandosi dovunque, tanto che oggi risulta assai difficile distinguere e separare ciò che nel campo dell’occlusione
è scienza vera da ciò che è pura e cervellotica invenzione.
Siamo stati tutti, per oltre mezzo secolo, così catechizzati dal
culto del determinismo delle A.T.M., che oggi risulta difficile
pensare che queste articolazioni siano equivalenti a tutte le
altre e cioè che siano semplicemente strutture che servono
per il movimento mandibolare, senza necessariamente determinare tutto ciò che avviene nella cavità orale. Se vogliamo
apportare semplicità, chiarezza, applicabilità e scientificità
nel campo confuso e contorto dell’occlusione, dobbiamo prima di tutto liberarci dal concetto di sopravvalutazione delle
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A.T.M., da tutte le procedure che servono per il rilevamento
dei tragitti condilari e da tutto il fardello dottrinale che è stato
costruito attorno all’occlusione organica, perché tutto questo
appartiene all’errore di percorso che ha reso così complicata
la scienza dell’occlusione. Inoltre, siccome l’articolatore è il
fiore all’occhiello dell’interpretazione meccanicistica, bisogna togliere a questo strumento tutta la falsa magia che lo
circonda, tutta la sua immeritata fama, per cui oggi appare
impossibile lavorare in laboratorio senza ricorrere a questo
troppo reclamizzato strumento. La B.I.O.S. rifiuta in blocco tutte le teorie meccanicistiche; considera molto limitato
l’articolatore e velleitarie tutte le procedure e le metodiche
che lo circondano. Essa si prefigge di fornire al dentista ed
all’odontotecnico un’interpretazione dell’occlusione basata
su principi biologici con la quale essi possano dialogare parlando un linguaggio comune, per raggiungere, in reciproca
collaborazione, il traguardo, ossia fornire ai pazienti la miglior prestazione possibile.
Tale scopo viene raggiunto attraverso l’osservazione, la comprensione e l’imitazione delle bocche naturali senza ricorrere a nessuna invenzione. Noi riteniamo che la figura più
esperta nel campo occlusale sia Madre Natura, la quale da
tempo immemorabile costruisce ogni giorno migliaia e migliaia di occlusioni per i nuovi individui che quotidianamente
si aggiungono a quelli già esistenti, e che nel far questo si
serve delle leggi che governano “l’evoluzione” umana, dove
tutto ciò che non serve viene eliminato e tutto ciò che serve
viene costantemente migliorato in modo che predomini solo
ciò che funziona meglio. Madre Natura tiene in continuazione conferenze e corsi gratuiti sull’occlusione che sono i soli
che noi dobbiamo frequentare per apprendere ed eseguire
correttamente il nostro lavoro. Chi vuole far meglio di Madre
Natura pecca di presunzione e non fa altro che confondere
le idee. La B.I.O.S. cerca di arrivare alla buona occlusione
attraverso la strada dell’applicazione dei principi e dei concetti biologici, con un cammino semplice che tutti possiamo
comprendere ed applicare.
Analisi storico-critica della scienza
dell’occlusione
“Non si può conoscere una scienza senza conoscere la
sua storia”
La scienza dell’occlusione è nata più di due secoli fa, presso i costruttori di protesi totali mobili che si costruivano in
quel tempo. I nostri antenati si trovavano di fronte al grave problema che le protesi totali mobili che costruivano,
in bocca non stavano ferme, nel senso che si dislocavano
troppo facilmente. Ciò era dovuto alla scarsa qualità dei
materiali allora disponibili ed alla mancanza di conoscenze scientifiche, specie per quanto riguarda la giusta estensione dei bordi protesici. Si racconta di un certo Baunel,
protesista di quel tempo, il quale di notte, nel dormiveglia,
ebbe un’intuizione: “Se sulle dentiere montassimo i denti
in modo che quando la mandibola va “avanti ed indietro”
e lateralmente destra e sinistra, tutti i denti rimanessero
sempre fra di loro in contatto, forse le dentiere si dislocherebbero meno facilmente”. Questo modo di montare
i denti viene detto “schema occlusale bilanciato” o più
semplicemente “occlusione bilanciata” (Fig. 1). Va subito
ricordato che nelle bocche naturali non si trova mai, in
nessun caso, lo schema occlusale bilanciato se non in casi
di bruxismo distruttivo e avanzato (Figg. da 2 a 4). Pertanto
Introduzione
Figg. da 2 a 4 In natura lo schema dell’occlusione bilanciata si
trova solo nelle bocche molto usurate dal bruxismo
Fig. 1 Protesi totale montata secondo lo schema dell’occlusione bilanciata
cogliamo qui l’occasione per dire anche che siamo contrari al concetto derivante dalla scuola di P. Planas (RNO) dove
si afferma che i denti si consumano durante la masticazione
piuttosto che durante la parafunzione, mentre prendiamo in
considerazione la sua teoria della masticazione prevalente.
Nelle bocche naturali normali troviamo invece lo “schema
occlusale naturale” caratterizzato dalla funzione di gruppo
in mutua protezione, il quale recita così: a bocca chiusa contattano solo i denti posteriori mentre il gruppo di denti anteriori non contatta (fessura interincisiva); se la mandibola va
avanti, contatta solo il gruppo anteriore, mentre il gruppo
dei denti posteriori perde contatto; se la mandibola si muove
di lato, contattano solo alcuni denti di quel lato o contatta
solo il canino (disclusione canina pura), mentre il gruppo dei
denti del lato opposto non presenta alcun contatto. Esiste
perciò una grande differenza fra “occlusione bilanciata” ed
occlusione naturale. L’intuizione di Baunel (ripresa in tempi
moderni da Pedro Planas), a prima vista, può apparire affascinante, mentre invece è facilmente criticabile. Difatti lo
schema occlusale bilanciato funziona solo a bocca chiusa,
mentre non appena apriamo la bocca, appare subito evidente che non serve aver montato i denti in quel modo perché le
dentiere non si dislochino. Malgrado ciò, l’occlusione bilanciata ebbe grande successo, si diffuse rapidamente in tutto il
mondo e dominò incontrastata per circa un secolo e mezzo
senza che mai venisse verificata la sua scientificità. Personalmente penso che questo successo sia dovuto soprattutto alla
terminologia. Se definiamo “bilanciato” lo schema occlusale
proposto da Baunel, lo schema occlusale naturale con funzione di gruppo in mutua protezione, per contrapposizione,
sembra essere “sbilanciato” e di conseguenza da rifiutare.
Al di là della terminologia, dovendo scegliere fra ciò che fa
Madre Natura e ciò che ha suggerito Baunel, non dovrebbero esserci difficoltà!
Dal punto di vista pratico, per realizzare in laboratorio lo
schema occlusale naturale è sufficiente usare strumenti semplici per relazionare i modelli, mentre se si vuole ottenere
quanto suggerisce Baunel in laboratorio, occorre un articolatore “regolabile individualmente”. L’articolatore è nato
per realizzare l’occlusione bilanciata e si può dire che non
sarebbe mai nato se Baunel avesse dormito in pace quella
notte! L’occlusione bilanciata oltre a non risolvere il problema dell’instabilità delle dentiere, è risultata essere un invito
per il paziente a parafunzionare. Il paziente parafunzionale
digrigna in continuazione e così facendo usura i denti, favorisce il riassorbimento delle creste ossee e stanca la sua
muscolatura. Questi inconvenienti, però, non sono mai stati
attribuiti all’errore della teoria, ma sempre ostinatamente al
fatto che gli articolatori non erano ancora sufficientemente
perfezionati per costruire occlusioni che fossero perfettamente bilanciate.
Nel 1900 la teoria dell’occlusione bilanciata venne estesa
anche alla protesi fissa. La motivazione, ovviamente, era diversa. Con l’occlusione bilanciata in protesi fissa, si cercava
di porre rimedio ai danni paradontali che allora si pensava
fossero dovuti al “trauma occlusale masticatorio”, invece che
a fenomeni che possono anche riconoscere una componente
traumatica, ma che riconoscono nella presenza della placca
batterica il momento eziopatogenetico principale, come fu
scoperto più tardi. Attorno al 1920, apparve a Los Angeles
la figura di Mc. Collum, un dentista molto stimato per la sua
onestà intellettuale, il suo rigore operativo e la sua onestà
professionale. Mc. Collum fondò la “scuola gnatologica”
che si proponeva di studiare a fondo l’occlusione. Sfortunatamente Mc. Cullum credeva nell’occlusione bilanciata sia in
protesi mobile che fissa. Si racconta che la vita professionale
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Introduzione
Fig. 5 Assiografo
Fig. 6 Articolatore a valori medi
di Mc. Collum sia stata molto travagliata per gli insuccessi a
cui andava incontro con il suo accurato lavoro. Mc. Collum,
con la sua onestà, ammetteva gli insuccessi, ma attribuiva
la loro causa al fatto che non aveva ancora sufficientemente
perfezionato gli strumenti (pantografo ed articolatore) che
servivano a realizzarla. Non riusciva a spiegarsi perché il
dentista della porta accanto, che notoriamente non si creava
tanti problemi, non avesse questi insuccessi.
nanti posteriori dell’occlusione, essendo la guida incisiva la
determinante anteriore. Con l’interpretazione meccanicistica
la morfologia delle A.T.M. viene ricavata mediante la metodica della registrazione grafica dei tragitti condilari durante
i movimenti puri estremi di protrusiva e laterali della mandibola, col pantografo o con apparecchiature equivalenti (arco
gotico, assiografo ecc.) (Fig. 5). Questi dati vengono poi
trasferiti sugli articolatori individuali che, impostati in questo modo, permetterebbero di ottenere lo schema occlusale
dell’occlusione organica. Siccome questa procedura risulta
essere piuttosto complessa, viene accettata dai meccanicisti
una procedura semplificata che fa ricorso alle cosiddette cere
di posizionamento ed all’uso di articolatori semindividuali o
semiaggiustabili. Con questa procedura la morfologia delle
A.T.M. viene ottenuta in modo approssimativo e ciò toglie
molta credibilità al fatto che l’occlusione debba dipendere
dall’esatta morfologia delle A.T.M.. Infine ci sono gli articolatori a valori medi, coi quali la morfologia delle A.T.M.
viene riprodotta in modo statistico (Fig. 6). Questi articolatori vanno considerati a tutti gli effetti come strumenti prêt a
porter, che apparentemente servono per ottenere occlusioni
organiche mentre in realtà vengono usati, più o meno consapevolmente, come se fossero semplicemente degli occlusori.
Tale equivoco spiega proprio il successo commerciale di questi apparecchi. Pochi sono i dentisti e gli odontotecnici che,
con coerenza, usano gli articolatori per ottenere occlusioni
organiche, mentre la maggior parte dei tecnici, di fatto, usa
l’articolatore come se fosse un occlusore. Si fa poi molta confusione fra l’occlusione organica e l’occlusione bilanciata.
Ricordiamo qui di seguito i principali requisiti che contraddistinguono l’occlusione organica (Stallard- Stuart):
1. La guida incisiva (determinante anteriore) deve avere lo
stesso grado di inclinazione dei tragitti condilari (nelle teorie
apparentemente più avanzate si fa un calcolo di tipo logaritmico, ma la sostanza non cambia di molto) (Figg. 7 e 8).
2. Le curve di Spee e di Wilson devono comportarsi come
curve di compensazione (Fig. 9).
3. I denti devono essere modellati con solchi di scorrimento
corrispondenti ai movimenti puri, estremi di protrusiva e laterali (solchi di protrusiva, solchi lavoranti, solchi bilancianti).
4. L’ubicazione delle cuspidi, la loro altezza, il grado di inclinazione dei versanti cuspidali e la profondità delle fosse
devono corrispondere alla morfologia articolare.
5. Il movimento del Bennett, quello immediato e quello progressivo influenzano il modo in cui deve essere modellato il
disegno cuspidale dei denti.
Ora sappiamo che il dentista della porta accanto faceva
come fanno i protesisti pratici in tutto il mondo, e cioè non
applicava gli errati principi che sostenevano gli appassionati dell’occlusione bilanciata. Si narra che gli insuccessi di
Mc. Collum, il quale era molto rigido nel suo operare, siano
stati molto gravi e che alcuni dei suoi pazienti ai quali egli
aveva costruito la bocca fissa con l’occlusione bilanciata, si
siano addirittura suicidati. Ciò avrebbe portato lo stesso Mc.
Collum, alla fine della sua vita professionale, a cadere in
profonda depressione e a lasciarsi morire senza mai avere lontanamente sospettato che la causa dei suoi insuccessi
fosse l’occlusione bilanciata. Tali insuccessi furono clamorosi
non solo sotto l’aspetto parafunzionale, ma anche perché i
danni parodontali invece di diminuire aumentavano. Attorno
al 1950 Stallard e Stuart, allievi della scuola gnatologica
fondata da Mc. Collum, che fino a poco tempo prima avevano sostenuto e propagandato l’occlusione bilanciata, con un
clamoroso dietro-front, annunciarono a tutto il mondo, solennemente, che l’occlusione bilanciata era un errore enorme,
proprio perché induceva il paziente a parafunzionare. Essi
dichiararono che si erano accorti da tempo che le intuizioni
del maestro erano errate, ma che pietosamente, avevano atteso la sua morte prima di dichiararlo pubblicamente.
Sfortunatamente Stallard e Stuart al posto dell’occlusione bilanciata, non proposero l’occlusione naturale, come avrebbero dovuto fare, ma suggerirono un tipo di occlusione da
loro inventata e che essi definirono “occlusione organica”.
L’occlusione organica fa dipendere l’occlusione in generale
ed il disegno cuspidale dei denti in particolare dalla morfologia delle A.T.M.
Tale tipo di occlusione non causerebbe parafunzione ed
avrebbe il pregio di aumentare la capacità masticatoria diminuendo i danni al parodonto. Deve essere ancora una volta
sottolineato che l’occlusione organica è un’invenzione dei
ricercatori che non trova mai riscontro nelle bocche naturali. Con l’invenzione dell’occlusione organica nacque l’interpretazione meccanicistica della scienza occlusale, la quale
si basa su un’affermazione gratuita e priva di fondamento
scientifico, secondo la quale le A.T.M. sarebbero le determi10
Introduzione
Figg. 7 e 8 Inclinazione dei tragitti condilari e guida incisiva
trapposta a quella meccanicistica con un grande apporto di
preziose conoscenze scientifiche che ormai fanno parte irrinunciabile del nostro sapere. Sfortunatamente, ad un certo
punto del suo cammino, l’interpretazione funzionalistica ha
contrapposto ai tracciati condilari dei meccanicisti i tracciati chinesiografici ed il concetto di miocentrica. Quest’ultimo
percorso ha suscitato molte critiche circa la validità di alcuni
concetti e l’utilità pratica di alcune procedure. Va ricordato
anche che lo studio più recente sulla propriocezione e sui
recettori offre spazi per considerare le forme anche dei denti
posteriori (per esempio, settimi) come guide protettive in senso propriocettivo delle A.T.M.. La B.I.O.S. si basa sui principi
e sui concetti scientifici che tutti più o meno già conosciamo
e non ama le apparecchiature complicate di tipo meccanico, elettrico od elettronico che intendono sostituirsi a queste conoscenze. Comunque alla chinesiografia ed alla myo
monitorizzazione viene riconosciuta una grande importanza
nel capitolo del trattamento delle sindromi disfunzionali delle
A.T.M. dovute a patologia muscolare (tecniche di decondizionamento).
Conclusione
Fig. 9 Curve di Spee e Wilson
Chi usa gli articolatori per ottenere questi requisiti, anche se
è fuoristrada, almeno è coerente e sa cosa vuole ottenere.
Chi, invece, usa l’articolatore senza prefiggersi di raggiungere questi obbiettivi, usa l’articolatore perché “così fan tutti”
senza alcuna coerenza e con una grande confusione nella
testa, sperando che l’articolatore per magia dia automaticamente dei pregi al suo lavoro senza sapere esattamente quali
essi siano. La B.I.O.S., che esporremo nei capitoli seguenti,
parte da due presupposti fondamentali:
1. L’unico schema occlusale valido è quello che si riscontra
nelle bocche naturali e cioè quello caratterizzato dalla funzione di gruppo (anteriori che proteggono i posteriori) in
mutua protezione, intesa nel modo in cui è stato precedentemente descritto.
2. Le A.T.M. sono articolazioni come tutte le altre, il cui compito è quello di permettere il movimento mandibolare senza
determinare alcuna altra cosa.
Per completare il capitolo dell’analisi storico-critica della
scienza dell’occlusione, dobbiamo anche commentare l’interpretazione funzionalistica di questa scienza, che si è con-
L’analisi storico-critica della scienza dell’occlusione ha messo
in evidenza che questa scienza è “nata male”, col grosso
peccato originario della teoria dell’occlusione bilanciata, per
poi proseguire in modo peggiore con l’affermazione priva
di ogni fondamento scientifico secondo la quale le A.T.M.
sarebbero le determinanti posteriori dell’occlusione. L’errata
teoria dell’occlusione bilanciata ha avuto come conseguenza
pratica la nascita dell’articolatore. Difatti solo con l’articolatore si possono costruire occlusioni bilanciate, quelle in cui
durante i movimenti protrusivi e latero-protrusivi della mandibola tutti i denti rimangono sempre fra di loro in reciproco
contatto. Questo errato tipo di schema occlusale, completamente diverso da quello che si riscontra nella normalità delle bocche naturali sane, è stato talmente propagandato che
molti dentisti e molti odontotecnici hanno acquisito l’errata
convinzione che nel lavoro protesico lo si debba ad ogni
costo realizzare.
L’articolatore è stato talmente sopravvalutato che, senza accorgersene, si è caduti in un grosso equivoco: è il comportamento dell’articolatore in laboratorio ad indicarci come
dovrebbe funzionare la bocca e non il comportamento della
bocca a suggerirci come dovrebbe essere fatto lo strumento
di lavoro. Se usciamo fuori da questo enorme equivoco e
consideriamo come modello da imitare la buona bocca naturale dove esiste lo schema occlusale con prevalente funzione
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