L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
EVGENIJ ONEGIN
Scene liriche in tre atti
Musica: Pëtr Il’ič Čajkovskij
Libretto: Konstantin Šilovskij e Pëtr Il’ič Čajkovskij
Prima rappresentazione:
Mosca, Teatro Malyi
29 marzo 1879
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
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EVGENIJ ONEGIN
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento disponibili presso la Biblioteca del CRAL o reperibili pres so altre
biblioteche:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, 2011, pagg.
64-67
- Giorgio Pestelli, Gli immortali, 2004, pag. 96
- Rodolfo Venditti, Piccola guida alla grande musica, vol. 4, 1995,
pagg. 63-64
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, 1991,
pagg. 394-396
- Luigi Bellingardi, Invito all’ascolto di Pëtr Il’ič Čajkovskij, 1990,
pagg. 54-61 nuovo acquisto
- Rodolfo Venditti, Piccola guida alla grande musica, vol.
4, 1995, pagg. 39-85
- Luigi Bellingardi, Invito all’ascolto di Pëtr Il’ič Čajkovskij,
1990, nuovo acquisto
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol.
VIII, 1988, pagg. 47-67
- Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le
composizioni, 2005, pagg. 223-235
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SULLE FONTI DEL LIBRETTO:
- Aleksandr Sergeevič Puškin, Evgenij Onegin, 1980
NARRATIVA E DINTORNI:
- Alexandra Orlova, Čajkovskij. Un autoritratto, 1993
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- Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij :la vita, tutte le
composizioni, 2005
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-Aldo Nicastro, Pëtr Il’ič Čajkovskij, 1995
http://sbam.erasmo.it
- Franco Sgrignoli, Čajkovskij, 1982
- Kurt von Wolfurt, Ciaikovski, Edizioni Accademia,
Diverse edizioni
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ALL’INIZIO
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NUOVI ACQUISTI
Luigi Bellingardi, Invito all’ascolto di Pëtr Il’ič Čajkovskij
La collana propone a tutti coloro che intendono accostarsi alla musica di tutti i tempi un «invito» allo studio e all'analisi dei
vari autori, fornendo gli strumenti necessari per penetrare nel mondo espressivo dei musicisti e coglierne i rapporti con la loro
epoca. Ogni volume, dedicato a un singolo artista, è così articolato: le cronologie parallele, che danno risalto alle
corrispondenze significative tra la biografia dell'artista e i fatti della storia politica, musicale e culturale; il profilo della vita del
musicista e della sua personalità artistica e intellettuale; la produzione musicale, analizzata opera per opera in un panorama
completo e inquadrata criticamente; gli orientamenti della critica; la bibliografia essenziale; il catalogo dell'opera dell'artista;
la discografia essenziale; l'indice dei nomi; l'indice delle opere.
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SPIGOLATURE
1/9
Il personaggio « Čajkovskij»
“[…] nel 1933, in Italia, si poteva addirittura leggere sulla ‘Rassegna Musicale’ che «fuori della Russia più nessuno lo [Čajkovskij]
vuole sentire».
Neanche a farlo apposta, intanto, uno stuolo di biografi incominciava a comporre romanzi sulla sua vita, basandosi sullo
sterminato epistolario lasciato dal compositore e sulla monumentale biografia pubblicata dal fratello nel 1902. E non erano
certo pochi gli aspetti che si prestavano alla costruzione del personaggio: il rapporto con la madre nella prima infanzia e poi con
la sorella (rapporti che alcuni biografi, improvvisatisi psicanalisti, hanno subito classificato in termini di complesso di Edipo);
l'omosessualità (da alcuni apertamente sbandierata, da altri fatta solo intuire con riferimenti ambigui, all'insegna del falso
pudore); il disastroso matrimonio, durato in pratica solo una settimana; il lunghissimo rapporto quasi amoroso, ma
esclusivamente epistolare, con la sua protettrice Nadežda von Meck; l'improvvisa interruzione, dopo quattordici anni e senza
un motivo apparente, di questo rapporto e della pensione che lei gli elargiva; la morte, avvenuta nel giro di tre giorni, facendo
subito sospettare un suicidio. C'erano tutti gli ingredienti per inventare il «personaggio Čajkovskij», e grande abbondanza
dell'elemento fondamentale in operazioni di questo genere: il mistero .” (1)
Čaikovskij grafomane
“Čajkovskij si può definire un grafomane in quanto i suoi scritti, in prevalenza lettere, occupano diciassette volumi dell'edizione
di Stato delle sue opere complete. Dedicava ogni giorno molte ore alla corrispondenza e in uno stesso giorno scriveva a più di
una persona. Spesso il confronto fra le varie versioni di uno stesso avvenimento è illuminante per definire i suoi conflitti
interiori. Un rapporto esclusivamente epistolare gli consentiva anche di continuare a «vivere per seguire al meglio la mia
vocazione, non avendo alcuna consuetudine con le persone». “ (2)
_____
(1) Franco Sgrignoli, Čajkovskij, Fabbri, 1982
(2) Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le composizioni, Bompiani, 2005
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SPIGOLATURE
2/9
Fanny, la governante del “ragazzo di vetro”
.“Nel 1844, [in casa Čajkovskij] fu assunta una governante francese, Fanny Dürbach […]. Fanny passò quattro anni e mezzo in
casa Čajkovskij, anni importantissimi per la formazione del piccolo Pëtr che trovò in lei quell'affetto e quelle attenzioni che la
madre non sapeva o non poteva dargli. […]
Nel 1845 era stata assunta una serva liberata, Mar'ja Palčikova, con il compito di insegnare il pianoforte al piccolo Pëtr […].
Fanny non amava la musica; giudicava che Pëtr vi dedicasse troppo tempo e soprattutto le sembrava che la musica provocasse
nel «bambino di vetro» emozioni troppo forti. […] Fanny raccontò in seguito […]:
«Una volta i Čajkovskij avevano ospiti e per tutta la serata si era fatto musica. Era un giorno di vacanza, anche i bambini furono
ammessi fra i grandi. Pierre [sic] all'inizio era allegro e vivace, poi verso la fine della serata si sentì così stanco da andare di sopra
prima del solito. Poco dopo andai nella camera dei bambini e trovai che non dormiva ancora. Al contrario, aveva gli occhi lucidi
e piangeva nervosamente. Gli chiesi cosa avesse e mi rispose: ‘Oh, è la musica, la musica!’. Gli dissi che in quel momento non
c'era nessuna musica, ma il bambino piangendo e indicando la sua testina mi disse: ‘Falla smettere! E qui, è qui. Non, mi dà
pace’»[…]. Questa fragilità nervosa assunse in seguito proporzioni patologiche e tormentò Čaikovskij per sempre. Era una
fragilità che aveva anche origini ereditarie: nella famiglia della madre, infatti, c'erano stati vari casi di convulsioni nervose, se
non proprio di epilessia.” (1)
La ricerca della donna-madre
“Čajkovskij cercava nelle donne l'immagine sublimata della donna-madre, e comunque evitava con esse un rapporto che
implicasse sacrifici e impegni materiali precisi, come sarebbero stati quelli di una famiglia. Il processo di sublimazione e
mitizzazione della donna era cominciato fin dall'infanzia quando la madre Aleksandra, troppo presa dai problemi pratici della
vita quotidiana e dalle numerose maternità, aveva dovuto affidare i figli alle governanti. Come affermò Fanny Dürbach,
Aleksandra era una donna affascinante, ma incapace di slanci affettuosi e Pëtr era un bambino desideroso d'affetto: in certa
misura la madre restava l'oggetto del desiderio mai appagato. Quando poi Pëtr venne allontanato da casa per studiare, il mito
della madre ebbe modo di consolidarsi. L'evento decisivo fu la morte di Aleksandra: dopo il dolore restavano solo ricordo e
rimpianto e cominciava la ricerca di sostituire l'oggetto del desiderio. Ma l'oggetto doveva restare irraggiungibile, al pari della
madre.” (1)
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(1) Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le composizioni, Bompiani, 2005
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SPIGOLATURE
3/9
Ristrettezze economiche e guardaroba
“L'aspetto esteriore di Čajkovskij doveva essere bizzarro per effetto delle ferree restrizioni economiche che aveva dovuto
affrontare a Pietroburgo. Arrivò a Mosca indossando una pelliccia di tasso, vecchia e un po' spelacchiata che gli aveva regalato
Apukhtin [Aleksej Nikolaevič Apukhtin, poeta, compagno di collegio di Čajkovskij, ndr]. L'elegante Rubinštejn [Nikolaj
Grigor’evič Rubinštejn, pianista e direttore d’orchestra (fratello di Anton Grigor’evič), che ospitò Čajkovskij nel suo
appartamento a Mosca, ndr] gli impose di rinnovare il suo guardaroba e cominciò regalandogli sei camicie. La spelacchiata
pelliccia venne sostituita con un indumento altrettanto stravagante: una finanziera che il violinista Wieniawsky aveva
dimenticato in casa di Rubinštejn; purtroppo però il violinista era alto e grosso e Čajkovskij, di corporatura minuta, sembrava
caduto dentro la finanziera.” (1)
La «donna senza volto»
“È la fine del 1875. Un allievo di Ciaikowskij, il violinista Kotek, chiede al maestro di trascrivere per pianoforte alcune sue pagine
orchestrali: la richiesta viene fatta per conto di una ricca signora presso la quale Kotek si reca a suonare. Si tratta di una donna
quarantacinquenne, madre di undici figli e già nonna, vedova di un costruttore di strade ferrate. Ha un patrimonio favoloso, è
appassionata di musica, è entusiasta delle composizioni di Ciaikowskij. Si chiama Nadezda Filaretovna von Meck. Ha nove anni
più del musicista. […] Inizia […] una corrispondenza epistolare che diventerà sempre più fitta e più confidenziale, ma che
costituirà l'unico mezzo di comunicazione tra i due […]; tra i due verrà concordato di non incontrarsi mai, anche se la donna
diventerà mecenate del musicista e, con le sue immense ricchezze, gli assicurerà denaro, ospitalità nelle sue ville e nelle sue
tenute, viaggi e soggiorni spesati in Europa, senza mai nulla chiedergli se non di continuare a comporre le sue musiche esaltanti.
[…]
Quel rapporto durerà ben quattordici anni e produrrà un epistolario immenso […]. I due non si incontreranno mai, secondo una
regìa perfetta, volta ad evitare accuratamente il faccia a faccia. E quando un giorno, a Firenze, dove lei ha messo a disposizione
di lui una villa principesca, abitando in un'altra residenza, i due si incontreranno durante una passeggiata in carrozza perché la
regìa sarà stata scompaginata da un imprevisto, l'imbarazzo di entrambi sarà grande ed essi non si scambieranno neppure una
parola.
Tutto ciò nonostante che, nel corso della lunga relazione, un figlio di lei sposi una nipote di lui nel 1884.” (2)
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(1) Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le composizioni, Bompiani, 2005
(2) Rodolfo Venditti, Piccola guida alla grande musica, vol. 4, Edizioni Sonda, 1995
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4/9
«Ho deciso di sposarmi»
“Sullo scorcio del 1876, nella corrispondenza di Čajkovskij affiora una importante decisione: […] si era accentuato in lui il
desiderio di rimediare definitivamente al senso di solitudine che lo perseguitava e ai sensi di colpa che si facevano sempre più
assillanti. Pensò che il rimedio consistesse nel matrimonio e comunicò questa sua decisione a[l fratello] Modest: «Attraverso
un momento particolarmente difficile ... Posso solo dirti che ho deciso di sposarmi. Devo farlo non solo per la mia personale
salvezza, ma anche per te e per Kolja [Nikolaj Konradi, bambino sordomuto di cui Modest Čajkovskij era tutore, ndr] , e per
Saša [Aleksandra, sorella di Pëtr Il’ijč Čajkovskij], e per tutti coloro che amo.»” (1)
E ancora: “ «Da oggi mi preparerò seriamente ad unirmi in matrimonio con qualcuno. Trovo che le nostre inclinazioni sono il più
grande e insuperabile ostacolo alla nostra felicità e che noi dobbiamo combattere la nostra natura con tutte le forze ». […]
«Farò il possibile per sposarmi questo stesso anno e se non avrò il coraggio di farlo cercherò almeno di rinunciare alle mie
abitudini […]».
Alla von Meck spiegò che quel matrimonio era dettato soprattutto dal desiderio di accontentare la propria famiglia e illustrò le
condizioni poste alla futura moglie: «Ho vissuto per trentasette anni provando un' innata avversione per il matrimonio .ed è
veramente sconvolgente essere costretto dalle circostanze ad assumere la posizione del fidanzato che, per di più, non prova la
minima attrazione per la propria futura moglie ... , ma se mi sposo senza amore è solo perché le circostanze della vita hanno
fatto sì che non possa fare altrimenti».” (1)
Il matrimonio fu un fallimento.
Čajkovskij nel suo rifugio in campagna
“La sua giornata in campagna segue questo orario: levata alle 8, poi lettura della Bibbia; indi letture filosofiche oppure letture in
lingua inglese; passeggiata di mezz'ora; composizione dalle 9,30 alle 13, poi pranzo; dopo pranzo due ore di passeggiata, con
annotazione di temi eventualmente presentatisi alla mente; alle ore 16 tè, lettura di giornali, intrattenimento con eventuali
ospiti; poi fino alle 19 composizione; alle 20 cena; dopo cena con familiari ed amici, conversando o giocando a carte, gioco di cui
è appassionatissimo.” (2)
_____
(1) Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le composizioni, Bompiani, 2005
(2) Rodolfo Venditti, Piccola guida alla grande musica, vol. 4, Edizioni Sonda, 1995
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5/9
La morte di Čajkovskij
“Il 30 ottobre 1893, […] Ciaikowskij cenò in ristorante in compagnia di amici: mangiò, bevve e conversò fino alle due di notte. Il
giorno dopo non stava bene: a pranzo con Modest [uno dei fratelli di Čajkovskij, ndr] e Bob [Bob Davydov, nipote di Čajkovskij,
ndr] non volle mangiare nulla e a un certo punto si versò un bicchiere di acqua non bollita (c'era un'epidemia di colera ed era
elementare precauzione bere acqua bollita). Mentre trangugiava quel bicchiere Modest e Bob gli afferrarono il braccio per
impedirgli di bere, ma arrivarono troppo tardi.
Ben presto si manifestarono sintomi che il medico Bertenson, chiamato sollecitamente, individuò come tipici del colera. Le cure
immediatamente prestategli si rivelarono inutili e le sue condizioni andarono rapidamente aggravandosi. […] Morì il 6
novembre 1893. […]
Quella morte scatenò dubbi e polemiche. Il bere acqua non bollita fu una distrazione? O una bravata? O un suicidio? Oppure il
bicchiere di acqua non bollita fu inventato solo per nascondere un autoavvelenamento con arsenico?
[…] Si tratta di un problema di cui si è molto discusso e la cui soluzione va lasciata agli studiosi: fra essi c'è anche chi ha
ipotizzato che un giurì d'onore abbia imposto a Ciaikowskij di suicidarsi per salvare l'onore della Scuola di Giurisprudenza di cui
egli era stato allievo, preservandola dallo scandalo che l'avrebbe travolta se fossero divenute di pubblico dominio le attenzioni
omosessuali che il musicista avrebbe rivolto al nipote di un alto dignitario della corte zarista, alto dignitario che non sarebbe
stato disposto a lasciar passare sotto silenzio la vicenda.” (1)
Čajkovskij e Čechov
“Quando Čajkovskij morì, Čechov inviò a[l fratello] Modest un telegramma: «La notizia mi ha colpito. Ammiravo e amavo
profondamente Pëtr Il'ijč, gli dovevo molto. Partecipo con tutto il cuore. Čechov». Solo dopo la morte di Čajkovskij, Čechov fece
rappresentare le sue commedie più celebri: ma è un fatto che i protagonisti, le atmosfere, i sentimenti rappresentati in Zio
Vania, Le tre sorelle, Il giardino dei ciliegi, sono gli stessi dell'opera Evgenij Onegin di Čajkovskij. Anche il personaggio centrale
del Gabbiano, il malinconico Konstantin Treplëv, con i suoi intimi conflitti fra vita e arte e con il suo amore infelice ha molti
punti in comune con Čajkovskij stesso. Del resto, per una strana coincidenza, il cognome Čajkovskij significa «di gabbiani» in
quanto appartiene alla vasta categoria di cognomi russi formati aggiungendo la desinenza aggettivale «skij» alla radice di un
nome, in questo caso čajka (čajkov, genitivo plurale), che significa appunto gabbiano.” (2)
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(1) Rodolfo Venditti, Piccola guida alla grande musica, vol. 4, Edizioni Sonda, 1995
(2) Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le composizioni, Bompiani, 2005
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6/9
Il libretto e la sua fonte
“L'Onegin di Puškin, a quarantasette anni dal completamento e a quarantaquattro dalla prima pubblicazione (nel 1833),
apparteneva ormai alla mitologia letteraria nazionale. […] Il protagonista di questo primo - e forse unico - romanzo in rime della
moderna letteratura aveva tracciato per le generazioni a venire il prototipo di un intellettuale avulso dal suolo nativo, di un
vagabondo spirituale […], che non trova pace peregrinando in vane ricerche del senso della vita. […]
Čajkovskij non ignorava certo il capolavoro, ma non aveva mai considerato prima d'allora la possibilità di tradurlo in musica. [...]
[L’opera] fu composta per i suoi due terzi tra il giugno e la prima metà di luglio [1877], ossia nell'interregno fra gli approcci di
Antonina [futura moglie, ndr]e il matrimonio, ma venne ultimata in partitura solo nel febbraio del 1878. Ora, se v'è un evento
per il quale sembra di poter condividere la tesi della gran parte dei biografi čajkovskiani di un intrecciarsi della psicanalisi alla
storia del musicista, questo è il fatale episodio della relazione con Antonina e del concrescere, con essa, della stesura
dell'Onegin. […] Come negarsi a un'[…] [analogia] tra l'infelice Tat'jana dell'Onegin e la derelitta Antonina? «Avrei desiderato
confinare la mia vita entro un affetto familiare... Ma non ero destinato a tanta felicità, essa è estranea al mio cuore; la vostra
bellezza è vana, ed io non ne son degno. Credetemi, vi giuro che il matrimonio sarebbe una tortura per noi»: sembrano parole
che Pëtr Il'ič potrebbe aver rivolto alla moglie in qualunque momento del loro tormentoso ménage, e non è invece che la
laconica ripulsa che Onegin indirizza a Tat'jana, nella riduzione del testo di Puškin […] operata da Šilovskij e dallo stesso
Čajkovskij, nel finale dell'atto I del nuovo test[o] operistico.” (1)
“Nel 1877 Ciaikovski, in collaborazione col suo allievo Scilovski, aveva cercato di ricavare dal famoso romanzo in versi di Puskin
un libretto d'opera. Senonché nessuno dei due essendo poeta, é naturale che, accanto a splendidi versi, presi tali e quali da
Puskin, venissero fuori espressioni banali e rime dilettantesche.
A proposito di Onieghin, Turgheniev scrisse a Lev Tolstoi:
«Che musica notevole! Particolarmente ben riuscite sono le parti lirico-melodiche. Ma che libretto sciagurato!»” (2)
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(1) Aldo Nicastro, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Edizioni Studio Tesi, 1990
(2) Kurt von Wolfurt, Ciaikovski, Edizioni Accademia, 1977
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7/9
L’«Onegin» aristocratico di Puškin e l’«Onegin» borghese di Čajkovskij
“Quando [Čajkovskij] insieme all' amico Šilovskij scrisse il libretto di Eugenio Onegin, venne accusato di aver «imborghesito »
l'aristocraticissimo personaggio e il relativo ambiente creati da Puškin. Ma nei cinquanta anni che separano il romanzo in versi
del grande poeta russo e l'opera di Čajkovskij, la Russia era profondamente cambiata: non esisteva più la servitù della gleba, si
andava in campagna in ferrovia, i mercanti collezionavano quadri e oggetti preziosi. A scuola, sugli stessi banchi studiavano il
principe […] e il figlio di un qualsiasi piccolo burocrate. […]
Un esempio per tutti basta a spiegare chiaramente la differenza tra il mondo aristocratico ed esclusivo di Puškin e quello
borghese di Čajkovskij: la prima scena dell'Eugenio Onegin di Čajkovskij si svolge nel giardino di una casa di campagna dove un
gruppetto di donne è intento a preparare le marmellate per l'inverno. Si tratta di una scenetta di vita quotidiana […], piuttosto
che la trasposizione dei versi di Puškin in cui la marmellata viene citata con un certo disprezzo e con sufficienza, fra le varie cose
offerte ad Eugenio in occasione della sua prima visita in casa di Tatjana.” (1)
Čajkovskij difende l’«Onegin»
“«Si pretende che Onegin non sia fatto per le scene [...] Se voi trovate dell'autenticità in Aida, per esempio, io vi giuro che tutto
l'oro del mondo non potrebbe tentarmi a comporre un'opera su un simile soggetto! lo voglio degli esseri umani, non delle
marionette … Cosa desidero, in realtà? Né regnanti, né sommosse, né divinità, né marce, in una parola nessuno degli ordinari
attributi del grand-opéra! Mi serve un dramma intimo e profondo, basato su situazioni e conflitti che io abbia vissuto per mio
conto o che abbia osservato, e che mi inducano a emozione ... Se il mio entusiasmo per Evgenij Onegin costituisce una prova
della mia ristrettezza di spirito, tanto peggio! Giacché una sola cosa conta per me: la mia opera deve procedere dall'intimo,
senza nulla di artificioso, di stentato, di frastornante».” (2)
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(1) Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le composizioni, Bompiani, 2005
(2) Aldo Nicastro, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Edizioni Studio Tesi, 1990
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8/9
Čajkovskij dubbioso sul suo «Onegin»
“Peter Iljic alla signora von Meck: .
Kamenka, 30 agosto 1877
[…] Mi chiede del mio Evghenij Onieghin. Non ho lavorato molto. Tuttavia ho finito qui d'istrumentare il primo quadro del primo
atto. Ora che l'entusiasmo iniziale é svanito ed ho acquistato un certo distacco dalla mia opera, mi sembra che non avrà
successo presso il pubblico. La vicenda é troppo semplice, mancano gli effetti scenici, e la musica non ha né splendore, né forza
di persuasione. Ma forse alcuni eletti ascolteranno commossi la mia musica e avvertiranno i sentimenti che mi hanno mosso nel
comporla. Con ciò non intendo però minimamente affermare che la mia musica sia troppo bella per il grosso pubblico. Non
arrivo neppure a concepire come si possa scrivere intenzionalmente o per la massa o per gli eletti. Ci si deve lasciar condurre
dalla propria ispirazione, senza mirare in una direzione o nell'altra. É così che ho composto il mio Onieghin.” (1)
Čaikovskij detta le regole per la messa in scena di «Evgenij Onegin»
“Čajkovskij era fermamente convinto della necessità di apportare un mutamento nel teatro musicale russo, quando descrisse a
Karl Albrecht, ispettore della musica nei Teatri Imperiali, cosa serviva per mettere in scena Evgenij Onegin: « 1. Cantanti di
media forza, ma ben preparati e sicuri del fatto loro. 2. Cantanti che sappiano recitare semplicemente, ma bene. 3. Mi serve
una messa in scena senza lusso, ma che corrisponda rigorosamente all'epoca. I costumi devono obbligatoriamente appartenere
all'epoca in cui si svolge l'azione (cioè agli anni intorno al 1820). 4. I cori non devono essere un gregge di pecore, come sulle
scene imperiali, ma delle creature umane che prendono parte all'azione. 5. Il direttore non deve essere una macchina, né un
musicista alla Nápravník [Eduard Nápravník (1839-1916), compositore e direttore d’orchestra, ndr] la cui sola preoccupazione è
che si esegua bene un do e non un do diesis ».” (2)
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(1) Kurt von Wolfurt, Ciaikovski, Edizioni Accademia, 1977
(2) Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le composizioni, Bompiani, 2005
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9/9
«Evgenij Onegin»: scene liriche
“Čajkovskij aveva sottoposto la parte [dell’Onegin] già compiuta agli amici, […] ricevendone approvazioni per la musica e
critiche per la presunta mancanza di azione; rispose che non intendeva recedere dal progetto, sapendo benissimo che l'opera
non poteva essere destinata alle consuete scene operistiche, data la sua eccezionalità […].
L'opera ebbe un sottotitolo significativo: «scene liriche».
Čajkovskij restò fedele all'idea di far eseguire l'opera in forma semi-privata, invece di destinarla ai grandi teatri. Infatti, se ne
ebbe una prima rappresentazione, col pianoforte in luogo dell'orchestra, a Pietroburgo, in casa della cantante Yuliya Abaza […];
ma la vera prima, con l'orchestra e allievi di canto del conservatorio, […] ebbe luogo al Teatro Malyj di Mosca il 29 marzo 1879.
L'accoglienza del pubblico fu piuttosto fredda; più favorevole quella dei critici, […] che compresero immediatamente di aver
ascoltato un capolavoro; i colleghi furono divisi, Taneev si rimangiò le critiche, Anton Rubinštejn [Anton Grigor’evič Rubinštejn
(1829-1894), pianista e compositore russo, brillante virtuoso tra i più grandi dell’epoca, ndr] , arrivato da Pietroburgo, non
pronunciò parola in evidente segno di dissenso. In sala circolarono commenti scandalizzati per le alterazioni che Čajkovskij
aveva osato apportare al poema di Puškin, un classico che, in quell'occasione, apparve profanato. Tuttavia Evgenij Onegin passò
con successo al Bol'šoj, il 23 gennaio 1881.” (1)
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(1) Claudio Casini – Maria Delogu, Čajkovskij: la vita, tutte le composizioni, Bompiani, 2005
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TRAMA
1/2
L'azione si svolge a Pietroburgo all'inizio del secolo XIX.
Atto primo.
Scena prima. Nel giardino di casa della vedova Làrina.
La vedova e la nutrice Filippievna si scambiano alcune parole mentre si odono cantare Tatiana e Olga, figlie della padrona di
casa. Si festeggia la fine della mietitura: Olga partecipa spensierata e allegra alla festa. Tatiana, di carattere romantico e
malinconico, si tiene un poco in disparte. Arrivano in visita Lenski, fidanzato di Olga, e un suo amico, Eugenio Onieghin.
Onieghin è un giovane elegante, istruito, scettico ed egoista, annoiato del mondo. Tuttavia colpisce la fantasia di Tatiana, che se
ne innamora.
Scena seconda. La stanza di Tatiana.
Di notte Tatiana scrive una lunga lettera appassionata a Onieghin, rivelandogli i propri sentimenti e chiedendo di incontrario.
Scena terza. In giardino.
Onieghin giunge di buon grado all'appuntamento, è cortese, ma freddo: dichiara di non sentirsi portato per il matrimonio
avendo un carattere poco fermo; prega perciò Tatiana di dimenticarlo.
Atto secondo.
Scena prima. Una sala in casa della vedova Làrina.
Si festeggia con un ballo il compleanno di Tatiana. Onieghin sente alcuni pettegolezzi tra le signore che si riferiscono al fatto che
egli abbia ballato con Tatiana. Allora invita Olga insistentemente fino a provocare la gelosia di Lenski, che dopo averlo
rimproverato e accusato lo sfida a un duello con la pistola. Monsieur Triquet, nel frattempo, dedica a Tatiana una sua
composizione poetica.
Scena seconda. Presso un vecchio mulino all'alba del mattino successivo.
Lenski è assistito dall'amico Zaretski e Onieghin dal suo cameriere francese Guillot. I due contendenti sembrano esitare di
fronte allo scontro per l'amicizia che li ha legati fino al giorno innanzi.! Ma nessuno osa fare il primo passo. I secondi caricano le
pistole e misurano le distanze. Lenski è ucciso al primo colpo.
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L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
EVGENIJ ONEGIN
TRAMA
2/2
Atto terzo.
Scena prima. Una sfarzosa sala del palazzo del principe Gremin a Pietroburgo.
C'è una festa e Onieghin è tra gli ospiti. Sono trascorsi sei anni dalla morte di Lenski e Onieghin è appena tornato da un lungo
viaggio compiuto per placare il proprio rimorso. Qui egli rivede Tatiana che ora è la moglie del principe Gremin, e concepisce
per lei una grande passione.
Scena seconda. Il salotto di Tatiana.
In seguito alla richiesta di Onieghin, Tatiana lo riceve. Di fronte alle dichiarazioni appassionate del giovane, pur sentendo la
tentazione di cedere, rimane ferma nella decisione di restare fedele al marito: ella si oppone con fermezza alle proposte di fuga
di Onieghin. Congeda quindi il giovane per sempre.
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da: Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, Arnoldo Mondadori Editore, 1991
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