"Alla cortese attenzione”
Sen. Maurizio SACCONI
Presidente Commissione Lavoro
Senato della Repubblica
Sen. Pietro ICHINO
Commissione Lavoro e
Previdenza Sociale
Senato della Repubblica
E p.c. Prof. Giovanni PITRUZZELLA
Presidente Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato
Dott. Raffaele CANTONE
Presidente Autorità Nazionale
Anti Corruzione
Roma, 2 dicembre 2015
Oggetto: Approvazione DDL “appalti” atto Senato 1678-B
Egregi Senatori,
ho appreso delle vostre perplessità relativamente all’inserimento, attraverso modifiche intervenute
durante l’approvazione del DDL alla Camera dei Deputati, di una normativa per tutelare la continuità
occupazionale nel cambio di appalti in attività di Call Center.
Mi preme segnalarvi le tante crisi sociali che si sono determinate negli ultimi anni che hanno
coinvolto decine di migliaia di lavoratori che si sono ritrovati disoccupati a causa di cambi d’appalto.
Cambi di appalto che, utilizzando il diverso costo del lavoro previsto dalla normativa italiana (vedi
decontribuzione per i neo assunti) si svolgevano attraverso una forte alterazione della concorrenza.
Infatti, in un servizio in cui il costo del lavoro è pari al 75% del valore totale dell’appalto, differenziali
di costo come quelli previsti dalla normativa italiana falsano pesantemente la concorrenza dando un
ingiustificato vantaggio ad una azienda nuova, che quindi si presenta con personale neo assunto,
rispetto all’impresa che svolgeva in precedenza tale servizio.
Proprio tale distorsione del mercato, che alimenta una spesa pubblica ingiustificata in quanto lo Stato
paga per gli ammortizzatori sociali e per la decontribuzione del servizio senza creare nemmeno un
posto di lavoro aggiuntivo, ha portato tutte la parti coinvolte - committenti, fornitori del servizio e
organizzazioni sindacali - a sostenere l’introduzione di tale vincolo per permettere una corretta
competizione sul mercato e garantire continuità occupazionale al personale coinvolto.
Del resto, come ampiamente dimostrato, in tutti i Paesi europei sono in vigore norme analoghe
introdotte in sede di recepimento della direttiva europea n. n.2001/23/CE. È il caso della TUPE
inglese, dell’Employment Protection Act svedese o delle disposizioni francesi o belghe .
A voi esperti giuslavoristi e fautori dei principi liberali e del libero mercato, non può sfuggire che già
alla fine dell’800 nelle norme consuetudinari inserite nei contratti tipo delle Camere di Commercio
era sancito il diritto dei lavoratori di mantenere l’occupazione, diritto che venne ripreso anche nella
dichiarazione XVIII della Carta del lavoro (periodo corporativo).
Peraltro, nella legge sull’impiego privato (il r.d.l. n.1825 del 1924) all’art.11 era prevista l’ipotesi di
“cessione o trasformazione in qualsiasi modo di una ditta”, la nuova ditta, ove non intendesse
assumere l’impiegato, dovesse nei confronti di quest’ultimo essere tenuta all’osservanza degli
obblighi gravanti ”per effetto della legge sul precedente datore di lavoro “.
Norme introdotte all’epoca non per una particolare attenzione sociale, ma proprio perché necessarie
a garantire una corretta ed equilibrata sfida sul mercato.
La clausola sociale approvata alla Camera dei Deputati poche settimane fa e attualmente in
discussione al Senato della Repubblica, peraltro, ha un grande consenso anche tra l’opinione
pubblica. Sono state raccolte infatti, in meno di un mese, circa 20.000 firme con una petizione in cui i
cittadini chiedono al Parlamento di approvare la norma in esame, petizione che saremmo onorati di
potervi consegnare.
Per tutte le considerazioni sopra riportate sono a chiedervi di procedere, senza indugio e senza
perplessità, all’approvazione della norma in esame evitando di assumervi la responsabilità di
consegnare decine di migliaia di famiglie all’incertezza e alla disperazione.
Cordiali saluti"