07.Temporelli 34-43 - Giornale Italiano di Cardiologia

RASSEGNA
Sindrome serotoninergica: perché anche il cardiologo
la dovrebbe conoscere (e temere)
Pier Luigi Temporelli1, Alessandro Boccanelli2, Giovambattista Desideri3, Pompilio Faggiano4,
Gabriele Mora5, Fabrizio Oliva6, Pierfranco Terrosu7
1
Divisione di Cardiologia Riabilitativa, Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Istituto Scientifico di Veruno, Veruno (NO)
2
Health Care and Research Foundation, Roma
3
Divisione di Geriatria, Università degli Studi, L’Aquila
4
Divisione di Cardiologia, Spedali Civili, Brescia
5
U.O. Riabilitazione Neurologica/SLA, Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Milano
6
Unità di Cure Intensive Cardiologiche, Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”, A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano
7
U.OC. Cardiologia, Ospedale SS. Annunziata, ASL 1, Sassari
The serotonin syndrome (SS) represents a life-threatening adverse drug reaction, caused by serotonin overload in the central and peripheral nervous system, producing autonomic instability, neuromuscular and cardiovascular abnormalities, and cognitive alterations. The incidence of SS has been growing over the last few
years, as a consequence of population aging and the steadily increasing use of pro-serotoninergic agents in
clinical practice, in the presence of various comorbidities, mainly cardiovascular. Cardiologists often use combination therapies including serotoninergic agents, and should therefore consider the risk of serotoninergic
adverse events caused by inappropriate drug interactions. SS is often difficult to diagnose and may be lifethreatening if not adequately managed. Considering the several published case reports of overdose or not recommended associations, a greater awareness by clinicians about the potential risks associated with inappropriate use of these drugs is needed, as well as better information on the clinical features and therapeutic approaches to SS.
Key words. Cardiac toxicity; Drug interactions; Serotoninergic syndrome.
G Ital Cardiol 2015;16(1):34-43
INTRODUZIONE
L’utilizzo dei farmaci serotoninergici, su tutti gli inibitori del
reuptake della serotonina (selective serotonin reuptake inhibitors, SSRI), è aumentato rapidamente negli ultimi decenni, soprattutto in conseguenza dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumentata prevalenza dei disturbi psichiatrici1. Un
profilo di sicurezza migliore rispetto agli antidepressivi triciclici
(noti per gli eventi avversi anticolinergici e il rischio di sovradosaggio potenzialmente letale) e un regime posologico di facile gestione hanno favorito il loro utilizzo da parte non solo
degli psichiatri ma anche dei medici di famiglia e degli internisti2. La somministrazione di questi farmaci è sempre più frequente anche in presenza di comorbilità, in particolare cardiovascolari: vari studi hanno dimostrato infatti la loro sicurezza in
pazienti con infarto miocardico, una condizione spesso associata a depressione3,4. I cardiologi si trovano quindi spesso a
© 2015 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 10.10.2014; nuova stesura 13.11.2014; accettato 14.11.2014.
Il dr. Temporelli dichiara: attività di consulenza per Astra; letture per
Menarini, Mundipharma, Sigma-Tau, SPA. Il dr. Faggiano dichiara:
letture per Astra, Chiesi, MSD, Mundipharma. Gli altri autori
dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Pier Luigi Temporelli Divisione di Cardiologia Riabilitativa,
Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Istituto Scientifico di Veruno,
Via per Revislate 13, 28010 Veruno (NO)
e-mail: [email protected]
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dover gestire una terapia polifarmacologica che comprende anche agenti serotoninergici e, di conseguenza, a dover considerare il rischio di eventi avversi derivanti da potenziali interazioni farmacologiche. Tra questi, la sindrome serotoninergica (SS)
rappresenta una delle più temibili, in quanto difficile da identificare ma potenzialmente letale se non adeguatamente trattata. Poiché è relativamente frequente l’utilizzo di associazioni
farmacologiche controindicate o non raccomandate con agenti serotoninergici, è auspicabile una forte e diffusa consapevolezza da parte dei clinici dei potenziali rischi derivanti dall’utilizzo inappropriato di questi farmaci, così come una maggior
informazione sulle caratteristiche cliniche e sulle modalità di
gestione della SS5.
DEFINIZIONE
La SS rappresenta una reazione avversa a farmaco, potenzialmente letale, derivante da un eccesso intersinaptico di serotonina a livello del sistema nervoso centrale e periferico, responsabile di instabilità autonomica, anomalie neuromuscolari e cardiovascolari e alterazioni cognitive6,7. L’eccesso di serotonina
può derivare dall’associazione di due o più farmaci ad azione
serotoninergica, sebbene in alcuni pazienti possa insorgere anche dopo l’assunzione di un singolo agente8: poiché in quest’ultimo caso la reazione si può sviluppare in seguito sia a sovradosaggio sia ad utilizzo di una dose terapeutica, alcuni autori considerano la SS come una reazione di tipo idiosincrasico9.
LA SINDROME SEROTONINERGICA IN CARDIOLOGIA
CHIAVE DI LETTURA
Ragionevoli certezze. La sindrome
serotoninergica (SS) rappresenta una reazione
avversa a farmaco potenzialmente letale,
derivante da un eccesso di serotonina a livello del
sistema nervoso centrale e periferico, responsabile
di instabilità autonomica, anomalie
neuromuscolari e cardiovascolari e alterazioni
cognitive. L’incidenza della SS è andata
aumentando negli ultimi anni, come conseguenza
dell’invecchiamento della popolazione e del
sempre più diffuso utilizzo di agenti proserotoninergici nella pratica clinica. Un profilo di
sicurezza migliore rispetto agli antidepressivi
triciclici e un regime posologico di facile gestione
hanno favorito il loro utilizzo da parte non solo
degli psichiatri, ma anche dei medici di famiglia e
degli internisti. La somministrazione di questi
farmaci è sempre più frequente anche in presenza
di comorbilità, in particolare cardiovascolari: vari
studi hanno dimostrato infatti la loro sicurezza in
pazienti con infarto miocardico, una condizione
spesso associata a depressione. Tuttavia, gli agenti
serotoninergici non sempre vengono utilizzati in
modo appropriato: in molti casi infatti la SS
deriva dalla loro somministrazione a dosaggi
eccessivi o in associazioni non raccomandate.
Aspetti controversi. La SS rimane un’entità
clinica assai poco nota, e un accurato computo
della sua prevalenza è oggi impossibile, in quanto
si stima che oltre l’85% dei clinici non sia in grado
di riconoscerla e di diagnosticarla. I cardiologi in
particolare dovrebbero essere in grado di
identificarla, trovandosi spesso a dover gestire
una terapia polifarmacologica comprendente
anche agenti serotoninergici, con il rischio di
comparsa di eventi avversi derivanti da
inappropriate interazioni farmacologiche.
Prospettive. Alla luce dei numerosi casi clinici
descritti in letteratura, derivanti da dosaggi
eccessivi o associazioni non raccomandate, è
auspicabile una maggior consapevolezza da parte
dei clinici dei rischi potenzialmente associati
all’utilizzo inappropriato dei farmaci
serotoninergici, così come una migliore
informazione sulle caratteristiche cliniche e sulle
modalità di gestione della SS.
La diagnosi è spesso resa difficoltosa dal fatto che non sempre la classica triade semeiologica caratterizzata da alterazioni
cognitive, iperattività autonomica e anomalie neuromuscolari è
presente come tale. Inoltre, le manifestazioni cliniche della SS
possono variare in intensità (spesso elusive, talora letali), ed è
importante riconoscerne le caratteristiche anche nelle forme più
lievi per poter intervenire tempestivamente con misure adeguate, sospendendo immediatamente il farmaco responsabile ed
evitando l’utilizzo di altri agenti ad azione pro-serotoninergica6.
EPIDEMIOLOGIA
La SS rimane un’entità clinica poco nota, ed un accurato computo della sua prevalenza è oggi impossibile in quanto si stima
che oltre l’85% dei clinici non sia in grado di riconoscerla e di
diagnosticarla6. L’incidenza della SS rispecchia l’aumentato utilizzo di agenti pro-serotoninergici nella pratica clinica: nel 2002
negli Stati Uniti sono stati segnalati 7349 casi di tossicità da SSRI,
di cui 93 fatali10. Studi di sorveglianza post-marketing hanno evidenziato un’incidenza della SS pari a 0.4 casi per 1000 mesi/paziente in corso di trattamento con antidepressivi11. Nel 15% dei
casi, la SS deriva da un sovradosaggio di farmaci SSRI12. In una
recente indagine australiana su oltre 1000 pazienti deceduti in
trattamento con farmaci serotoninergici (stato di Victoria, anni
2003-2008), il 46% dei decessi è risultato in realtà attribuibile ad
associazioni farmacologiche inappropriate o controindicate5.
EZIOLOGIA E FISIOPATOLOGIA
La serotonina (o 5-idrossitriptamina, 5-HT) è sintetizzata dall’aminoacido triptofano ed esercita la sua azione a livello centrale e periferico agendo su almeno 7 diversi tipi recettoriali. A
livello centrale, l’azione della serotonina ha effetti sull’umore,
sull’affettività, sul comportamento sessuale, sul sonno, sul vomito, sulla termoregolazione, sull’assunzione di cibo e sulla percezione del dolore. A livello periferico esercita la sua azione su
muscoli e nervi, contribuendo alla regolazione del tono vascolare e della motilità gastrointestinale6,13.
La fisiopatologia della SS è poco chiara: si ritiene che le manifestazioni cliniche della sindrome derivino dalla stimolazione
dei recettori 5-HT1A e 5-HT2 da parte di aumentati livelli di serotonina (Figura 1)13. I meccanismi responsabili dell’aumentata
disponibilità di serotonina sono riportati in Tabella 17.
Lo sviluppo di SS è imputabile ad un elevato numero di farmaci, sia in monosomministrazione (Tabella 2) che in associazione (Tabella 3)6. Tra i principali responsabili, oltre agli SSRI troviamo gli inibitori delle monoamino-ossidasi (IMAO), i farmaci
triciclici, gli analgesici oppioidi, alcuni antibiotici, agenti anti-emicrania, e tra i farmaci da banco, alcuni antitussivi, agenti dimagranti, antiemetici, prodotti erboristici e sostanze d’abuso. In alcuni casi la SS è derivata dall’associazione alla terapia in atto con
SSRI di farmaci inibenti le isoforme del citocromo CYP2D6 e
CYP23A414. I casi più gravi derivano in genere dall’associazione
di due farmaci agenti sul sistema serotoninergico con meccanismi d’azione diversi, quali per esempio gli IMAO (soprattutto se
non selettivi ed irreversibili) associati a oppiacei, dextrometorfano, SSRI o metilendiossimetanfetamina (“ecstasy”)13,15.
Inibitori selettivi del reuptake della serotonina
SSRI con azione serotoninergica clinicamente rilevante includono paroxetina, fluvoxamina, fluoxetina, sertralina e citalopram16. Il sovradosaggio di farmaci SSRI determina segni e/o
sintomi di SS nel 15% dei pazienti17, nella generalità dei casi
non particolarmente gravi18.
Inibitori del reuptake di serotonina e noradrenalina
Gli inibitori del reuptake di serotonina e noradrenalina (serotonin and norepinephrine reuptake inhibitors, SNRI), quali duloxetina e sibutramina, sono in grado di indurre SS in quanto dotati di un’azione di inibizione del reuptake della serotonina clinicamente rilevante. Un discorso a parte merita venlafaxina,
che pur presentando una debole azione di inibizione del reupG ITAL CARDIOL | VOL 16 | GENNAIO 2015
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PL TEMPORELLI ET AL
Figura 1. Meccanismi fisiopatologici della sindrome serotoninergica.
(1) Un’aumentata disponibilità di triptofano determina un incremento proporzionale della formazione di serotonina (5-HT). (2) Aumento del rilascio di serotonina (es. anfetamine, tramadolo, meperidina, venlaflaxina). (3) Inibizione del metabolismo della serotonina
(es. IMAO) e aumento della concentrazione pre-sinaptica di serotonina. (4) Alterazione del
trasporto della serotonina nei neuroni pre-sinaptici da parte di agenti bloccanti il reuptake (es. inibitori selettivi del reuptake della serotonina, antidepressivi triciclici) ed aumento conseguente della concentrazione sinaptica di serotonina. (5) Stimolazione dei recettori 5-HT post-sinaptici da parte di agonisti recettoriali diretti.
5-HT, 5-idrossitriptamina; IMAO, inibitori delle monoamino-ossidasi.
Modificata da Bijl13.
Tabella 1. Meccanismi d’azione dei farmaci serotoninergici implicati nella genesi della sindrome serotoninergica.
Meccanismo
Farmaco
Aumento della produzione della serotonina
Aumento del rilascio della serotonina
Inibizione del metabolismo della serotonina
L-triptofano
Anfetamine, tramadolo, meperidina, venlaflaxina, mirtazapina, anoressizzanti
Inibitori non selettivi delle MAO (tranilcipromina)
Inibitori delle MAO-B (es. selegilina)
Inibitori selettivi: citalopram, fluvoxamina, fluoxetina, paroxetina, sertralina,
venlafaxina a basse dosi
Inibitori non selettivi: venlafaxina ad alte dosi, trazodone
Antidepressivi triciclici: amitriptilina, clomipramina, imipramina
Tramadolo, tapentadolo
Sibutramina
Buspirone, petidina, LSD, litio carbonato
Inibizione del trasporto e reuptake della serotonina
Stimolazione dei recettori serotoninergici
LSD, dietilamide dell’acido lisergico; MAO, monoamino-ossidasi.
take della serotonina, si associa a un rischio di SS superiore a
quello osservato per gli SSRI (30 vs 15%)17, probabilmente a
causa di una più accentuata azione di rilascio di serotonina.
Antidepressivi triciclici
Gli antidepressivi triciclici presentano affinità per il trasportatore
della serotonina che varia anche di 1000 volte tra una molecola
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e l’altra. A seconda della diversa azione di inibizione del reuptake che ne deriva, alcuni, come clomipramina o imipramina, possono indurre SS anche letale in combinazione con IMAO, anche
a dosaggi terapeutici19,20; altri, come amitriptilina, dotata di
un’azione di inibizione del reuptake della serotonina più debole,
non provocano SS anche in caso di sovradosaggio, e possono
quindi essere associati con gli IMAO senza rischio di tossicità21.
LA SINDROME SEROTONINERGICA IN CARDIOLOGIA
Tabella 2. Farmaci in uso in Italia associati alla sindrome serotoninergica.
Classe farmacologica
Principio attivo
Antidepressivi (inibitori selettivi del reuptake della serotonina)
Antidepressivi (triciclici)
Antidepressivi (inibitori delle MAO)
Anticonvulsivanti
Analgesici
Antiemetici
Antiemicranici
Antibiotici ed antivirali
Sertralina, fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, citalopram
Clomipramina, venlafaxina, duloxetina
Fenelzina
Valproato
Meperidina, tramadolo, fentanil, tapentadolo, pentazocina
Metoclopramide, ondansetron, granisetron
Sumatriptan
Linezolide (tramite inibizione delle MAO); ritonavir (tramite inibizione
dell’isoenzima 3A4 del citocromo P450)
Sibutramina
Destrometorfano
MDMA (o “ecstasy”), LSD, 5-metossidiisopropiltriptamina, Syrian rue
Triptofano, hypericum perforatum (erba di San Giovanni), ginseng
Litio carbonato
Anoressizzanti
Antitussivi
Farmaci da abuso
Integratori dietetici/prodotti erboristici
Altro
LSD, dietilamide dell’acido lisergico; MAO, monoamino-ossidasi; MDMA, metilenediossimetanfetamina.
Tabella 3. Associazioni di farmaci in uso in Italia potenzialmente in grado di indurre una grave sindrome serotoninergica.
Farmaco 1
Farmaco 2
Inibitori selettivi del reuptake
della serotonina
Fenelzina
Venlafaxina, mirtazapina, fenelzina,
imipramina
Meperidina, inibitori selettivi
del reuptake della serotonina
Citalopram
Venlafaxina, mirtazapina
Linezolide
Tramadolo
Inibitori delle monoamino-ossidasi
I farmaci IMAO di prima generazione, ad azione irreversibile
(es. tranilcipromina), se sovradosati possono indurre SS grave
anche in monoterapia21. Altri IMAO più recenti possono indurre SS letale se combinati con SRI selettivi o non selettivi o induttori del rilascio della serotonina22.
Oppiacei
Gli oppiacei fenilpiperidinici (meperidina, tramadolo, tapentadolo, metadone, fentanil, dextrometorfano e propoxifene) sono inibitori del reuptake della serotonina e possono quindi indurre SS anche letale quando associati a IMAO. Tramadolo e
meperidina, oltre all’effetto di inibizione del reuptake della serotonina, possono agire come induttori del rilascio del neurotramettitore22. Un’attenzione particolare merita il dextrometorfano, antitussivo utilizzato in molti prodotti da banco, in grado
di indurre SS se associato ad altri agenti serotoninergici. La morfina e i suoi analoghi, quali codeina, ossicodone e buprenorfina, non sono dotati di azione inibitoria sul reuptake della serotonina e non sono quindi associati a rischio di SS, sia in monoterapia che in associazione22.
Precursori e induttori del rilascio della serotonina
La comparsa di sintomi serotoninergici in pazienti depressi trattati con L-triptofano e IMAO ha portato alla prima descrizione
della SS nel 196023. Il triptofano, poco efficace come antidepressivo, ha un residuo utilizzo soprattutto per i disturbi del
sonno. Anfetamine e stimolanti illegali del sistema nervoso centrale, quali l’ecstasy, agiscono come induttori del rilascio della
serotonina e possono quindi provocare SS potenzialmente letali
quando combinati con IMAO. Analogamente a tramadolo e
meperidina, anche venlafaxina, oltre ad inibire il reuptake, promuove il rilascio di serotonina22.
Triptani
I triptani sono agonisti dei recettori 5-HT1B, 5-HT1D e 5-HT1F
indicati per la terapia acuta del dolore da emicrania. Pur non essendo tali agenti dotati di azione sui recettori 5-HT2A implicati nella patogenesi della SS, la Food and Drug Administration ha
emanato nel 2006 un alert sul possibile rischio di SS in caso di
contemporanea somministrazione con SSRI o SNRI24.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Le manifestazioni cliniche della SS sono molto variabili: si distinguono sintomi principali e secondari, interessanti tre ambiti principali (psichico, autonomico e neuromuscolare) (Tabella
4). Le caratteristiche più tipiche sono l’iperreflessia e le clonie
(inducibili, spontanee o oculari)13.
Le manifestazioni cliniche variano in base alla gravità della
sindrome: nei casi più lievi, i pazienti possono essere apiretici
ma tachicardici, ipo/ipertesi e con segni autonomici, quali tremore, diaforesi o midriasi. L’esame neurologico può evidenziare tremore intermittente o mioclonie, oltre a iperreflessia. Nei
casi moderati si hanno in genere alterazioni dei segni vitali (tachicardia, ipertensione e ipertermia fino a 40°C), con obiettività caratterizzata da midriasi, aumento dei borborigmi, diaforesi, iperreflessia e mioclonie più accentuate a livello degli arti inferiori. In caso di SS grave i pazienti possono presentare ipertensione severa e tachicardia, con possibile shock, delirio, rigidità e ipertono muscolare più accentuato a carico degli arti inferiori, e grave ipertermia (>41°C)6.
L’esordio della sintomatologia è in genere rapido nei casi più
gravi (entro alcuni minuti dalla somministrazione del/dei farmaci) e l’evoluzione può essere rapidamente progressiva e potenzialmente fatale; nei casi lievi, al contrario, i sintomi sono elusiG ITAL CARDIOL | VOL 16 | GENNAIO 2015
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PL TEMPORELLI ET AL
Tabella 4. Manifestazioni cliniche della sindrome serotoninergica.
Ambito
Sintomi maggiori
Sintomi minori
Psichico (cognitivo e/o comportamentale)
Confusione, semi-coma
Autonomico
Febbre o ipertermia
Diaforesi
Neuromuscolare
Iperreflessia
Tremori
Brividi
Ipertono, mioclonie (spontanee/inducibili/oculari)
Iperreattività, agitazione
Insonnia
Irrequietezza
Tachicardia
Ipotensione
Ipertensione
Dispnea, tachipnea
Rossore al volto
Diarrea
Incoordinazione
Midriasi
Acatisia
Atassia
vi, subacuti o cronici. La risoluzione dei sintomi non avviene
spontaneamente, ma solo sospendendo l’agente scatenante6.
DIAGNOSI
La diagnosi della SS è esclusivamente clinica, basata sul riscontro
di segni e sintomi specifici che compaiono in genere dopo un incremento del dosaggio (o sovradosaggio) di un farmaco serotoninergico o dopo l’aggiunta di un secondo agente pro-serotoninergico a una terapia già in atto. Di rilievo, alcuni farmaci serotoninergici hanno un’emivita molto lunga (es. fluoxetina) e possono dar luogo a SS anche dopo settimane dalla sospensione13.
La presenza di tremore, clonie, o acatisia in assenza di altri
segni extrapiramidali deve far sorgere il sospetto di SS, confortato dai dati anamnestici e obiettivi e dalla valutazione del-
l’evoluzione temporale della sintomatologia. La presenza di clonie (inducibili, spontanee o oculari) è la caratteristica più distintiva della SS, sebbene nei casi più gravi il loro riscontro venga reso difficoltoso dalla rigidità muscolare (Figura 2)6.
L’anamnesi deve indagare l’eventuale assunzione di farmaci, non solo etici ma anche da banco, di sostanze d’abuso, integratori dietetici, prodotti erboristici (hypericum, più comunemente noto come erba di San Giovanni, ginseng, estratti di soia). L’esame obiettivo deve comprendere la valutazione dei riflessi osteo-tendinei, della presenza di clonie e rigidità muscolari, delle dimensioni e della reattività pupillare, della presenza
di diaforesi e secchezza della mucosa orale e dell’intensità dei
borborigmi6.
Ai fini diagnostici i criteri maggiormente utilizzati sono quelli di Hunter et al. (Tabella 5)17,25. È stato anche proposto un al-
Figura 2. Algoritmo diagnostico per la sindrome serotoninergica.
Modificata da Boyer e Shannon6.
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G ITAL CARDIOL | VOL 16 | GENNAIO 2015
LA SINDROME SEROTONINERGICA IN CARDIOLOGIA
Tabella 5. Criteri diagnostici per la sindrome serotoninergica.
Criteri di Hunter (2003)
La diagnosi è confermata se viene soddisfatto almeno uno dei seguenti
5 criteri:
– Clonie spontanee isolate
– Clonie inducibili e agitazione o diaforesi
– Clonie oculari e agitazione o diaforesi
– Tremore e iperreflessia in assenza di altri sintomi extrapiramidali
– Ipertono e temperatura corporea >38°C e clonie oculari o
inducibili
goritmo diagnostico, dimostratosi semplice, più sensibile (84 vs
75%) e ugualmente molto specifico (97 vs 96%) (Figura 2)6.
Non esistono esami di laboratorio specifici per la SS; nei casi gravi si può riscontrare acidosi metabolica, rabdomiolisi, aumento delle aminotransferasi e della creatinina, insufficienza
renale, coagulopatia intravascolare disseminata6.
La diagnosi differenziale comprende tre condizioni principali: l’intossicazione da anticolinergici17, l’ipertermia maligna26
e la sindrome neurolettica maligna27. La distinzione rispetto alla SS deve essere fatta sulla base delle manifestazioni cliniche
e dell’anamnesi farmacologica (Tabella 6).
La SS può essere confusa anche con il quadro tipicamente
associato alla sospensione del trattamento con i farmaci SSRI,
caratterizzato da vertigini, letargia, nausea, insonnia, agitazione e depressione28,29.
TRATTAMENTO
La SS non si risolve spontaneamente; l’intervento consiste in
primo luogo nella sospensione di qualsiasi farmaco serotoninergico; oltre a eventuali terapie anti-serotoninergiche e terapie per limitare l’eccitabilità neuromuscolare, è essenziale intervenire con misure sintomatiche per controllare l’ipertermia,
l’instabilità autonomica e l’agitazione7. I casi lievi o moderati si
risolvono, in seguito ad adeguato trattamento, entro 24-72h
dalla sospensione dell’agente scatenante, sebbene in alcuni pazienti la sintomatologia possa persistere più a lungo in caso di
assunzione di farmaci serotoninergici dotati di un’emivita prolungata o con metaboliti attivi6. I casi gravi possono richiedere
tempi di risoluzione più prolungati in quanto, se complicati da
ipertermia grave, rabdomiolisi, coagulazione intravascolare disseminata e sindrome da distress respiratorio, possono richiedere il ricovero in terapia intensiva13.
Per trattare l’ipertermia è necessario eliminare l’eccessiva
attività neuromuscolare: sebbene le benzodiazepine possano
essere utili a questo scopo nei casi moderati, nei casi gravi (temperatura corporea >41.1°C) è necessario indurre una paralisi
con agenti non depolarizzanti (vecuronio) e ricorrere quindi all’intubazione orotracheale e alla ventilazione assistita. È consigliabile evitare l’utilizzo della succinilcolina, a causa del rischio
di aritmie potenzialmente associate all’iperkaliemia conseguente alla rabdomiolisi30.
La correzione dell’instabilità autonomica consiste nella stabilizzazione del ritmo e della pressione arteriosa. Nei pazienti
con ipertensione e tachicardia si può intervenire con agenti a
breve durata d’azione, quali nitroprussiato o esmololo. In caso
di ipotensione derivante da interazioni farmacologiche con
IMAO è necessario intervenire con basse dosi di amine simpatico-mimetiche (es. noradrenalina, fenilefrina). L’utilizzo di farmaci quali betabloccanti, bromocriptina e dantrolene non è raccomandato30.
Per controllare l’agitazione, le benzodiazepine si sono dimostrate efficaci, essendo in grado di ridurre l’iperstimolazione
adrenergica associata alla SS31.
Per ottenere una rapida risoluzione dei sintomi si può utilizzare la ciproeptadina, antistaminico di prima generazione e
antagonista dei recettori serotoninergici 5-HT1A/2A, dimostratasi talora efficace32.
PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI E SINDROME
SEROTONINERGICA
Soprattutto a seguito dell’aumentato utilizzo di farmaci antidepressivi serotoninergici nei pazienti con patologie cardiovascolari, la SS ha destato recentemente l’interesse anche dei cardiologi, pur restando in questo contesto clinico ancora non adeguatamente considerata. Nei pazienti con coronaropatia, la prevalenza della depressione maggiore è quasi del 20% e raggiunge il 27% nel caso delle forme minori3. In pazienti con infarto miocardico acuto, la depressione si associa ad un’aumentata mortalità indipendentemente dalla gravità della patologia
cardiaca33. L’utilizzo dei farmaci SSRI in pazienti coronaropatici
si è dimostrato sicuro, sebbene la loro efficacia in termini di miglioramento della prognosi rimanga da verificare34. D’altra parte, esistono ancora dati limitati e non definitivi sulla sicurezza
dei farmaci SSRI nei pazienti con scompenso cardiaco35.
Vi è aneddotica che suggerisce che una patologia cardiovascolare potenzialmente riconducibile alla SS sarebbe rappresentata dalla cardiomiopatia da stress: si tratta di una disfunzione transitoria e reversibile del ventricolo sinistro, in assenza
di coronaropatia, indotta da stress intenso, la cui variante più
comune (takotsubo) è caratterizzata da marcata ipocinesia o
addirittura discinesia apicale con ipercinesia dei segmenti basali36. La SS comporta un notevole stress per l’organismo e potrebbe quindi rappresentare una possibile causa scatenante della cardiomiopatia da stress37.
SCENARI CLINICI
Sono brevemente riportati e discussi alcuni emblematici casi clinici di SS, segnalati di recente in letteratura.
Tabella 6. Diagnosi differenziale della sindrome serotoninergica.
Sindrome anticolinergica
Ipertermia maligna
Sindrome neurolettica maligna
Riflessi normali, midriasi, delirio con
agitazione, secchezza della mucosa orale,
cute calda, secca ed eritematosa, ritenzione
urinaria e assenza di borborigmi
Ipertono, iporeflessia, ipertermia, cute con
alternanza di aree cianotiche e arrossate,
acidosi metabolica
Bradicinesia o acinesia, rigidità muscolare,
ipertermia, stato di coscienza fluttuante e
instabilità autonomica
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PL TEMPORELLI ET AL
Antidepressivi e sindrome serotoninergica
Un uomo di 39 anni, in terapia da 18 mesi con paroxetina per attacchi di panico, ha sviluppato insufficienza ventricolare sinistra
acuta e disturbi della conduzione cardiaca con rabdomiolisi, coagulazione intravascolare disseminata, insufficienza renale, insufficienza epatica fulminante, oltre alla triade sintomatologica tipica
della SS, con alterazioni dello stato cognitivo (disorientamento, agitazione), disfunzione autonomica (febbre, tremori) ed attività neuromuscolare anomala (atassia, iperreflessia, mioclonie). Tutte le terapie in atto sono state sospese; dopo 24h di emofiltrazione continua la diuresi si è normalizzata e la funzione epatica è migliorata
rapidamente. Disorientamento, agitazione, iperreflessia e mioclonie si sono ridotte nell’arco delle successive 72h. Il dosaggio dei livelli ematici di paroxetina ha evidenziato una concentrazione molto oltre il range terapeutico. Indagini genetiche hanno evidenziato
eterozigosi per un allele inattivato del CYP2D6 (“metabolizzatore
intermedio”), isoenzima citocromiale deputato al metabolismo della paroxetina1.
Un paziente di 29 anni in monoterapia con venlafaxina 18.75
mg, ha sviluppato improvvisamente sintomatologia tipica di SS il
giorno dopo l’incremento di posologia del farmaco a 37.5 mg. La
SS si è risolta 2 settimane dopo la sospensione della venlafaxina e il
trattamento con proclorperazina e lorazepam per via endovenosa38.
I meccanismi alla base della comparsa di SS in questi pazienti sono molteplici e non soltanto imputabili all’aumento dei
livelli di serotonina derivante dall’azione del farmaco serotoninergico, ma anche a cause farmacocinetiche e farmacogenetiche. Paroxetina è infatti metabolizzata a livello epatico dall’isoenzima CYP2D6, ed esistono notoriamente differenze interindividuali – legate ai polimorfismi del gene codificante il
CYP2D6 – per quanto riguarda la capacità di metabolizzare paroxetina, altri SSRI, SNRI, triciclici e molti altri farmaci substrati
del CYP2D6 (tra i farmaci cardiovascolari, si rammenta il propafenone, la flecainide, la maggioranza dei betabloccanti, chinidina e amiodarone; di rilievo, questi ultimi due antiaritmici
sono veri e propri inibitori del CYP2D6)39,40. I pazienti portatori di alleli responsabili di una ridotta attività di questi enzimi presentano una ridotta capacità di clearance dei substrati: questi
soggetti “metabolizzatori lenti/intermedi” sono più esposti al rischio di interazioni tra antidepressivi ed altri farmaci, e quindi
al rischio di comparsa di SS40-42. Circa il 5-15% dei soggetti di
razza bianca è metabolizzatore lento43,44.
La SS può manifestarsi in seguito a monoterapia con antidepressivi, sia a basse, sia ad alte dosi, anche in assenza di altri agenti serotoninergici7. Una valutazione degli effetti del sovradosaggio di vari SSRI ha evidenziato la comparsa di SS nel
14% dei 469 pazienti esposti a sovradosaggio12.
È possibile che in futuro gli studi di farmacogenomica, consentendo la genotipizzazione dei metabolizzatori CYP2D6, possano contribuire ad una migliore caratterizzazione influenzando in tal modo la predizione del rischio.
Una paziente di 46 anni con storia di depressione di lunga durata in terapia con IMAO e litio ha sviluppato cefalea, senso di disagio toracico, stordimento e nausea, dopo assunzione di feniletilamina. Al pronto soccorso sono stati riscontrati pressione arteriosa elevata (210 mmHg), iperreflessia di grado 3+ a tutte le estremità e segni suggestivi di scompenso cardiaco alla radiografia del
torace. Dato il sospetto di SS suggerito dall’anamnesi, la paziente
è stata trattata con nitroglicerina, furosemide e lorazepam. Un ECG
ha evidenziato sottoslivellamento del tratto ST nelle derivazioni laterali e inferiori, con livelli elevati di troponina I: è stata quindi impostata la terapia per infarto miocardico, sebbene le alterazioni
elettrocardiografiche si siano poi risolte e la coronarografia non abbia evidenziato alcuna ostruzione coronarica. La ventricolografia
40
G ITAL CARDIOL | VOL 16 | GENNAIO 2015
ha evidenziato ipocinesia basale con ipercinesia apicale. Dopo normalizzazione dei livelli pressori è stata avviata terapia con aspirina,
betabloccante a basso dosaggio, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, IMAO a basse dosi e litio (con la raccomandazione di evitare l’assunzione di feniletilamina). Un ecocardiogramma a distanza di 2 settimane ha confermato la completa risoluzione del quadro, con assenza di anomalie della motilità di parete e normalizzazione della frazione di eiezione37.
Ad oggi, questo è il solo caso descritto di cardiomiopatia
da stress (con un profilo takotsubo inverso) conseguente a SS.
Lo sviluppo di SS in questa paziente è derivato verosimilmente
dall’assunzione contemporanea di IMAO e feniletilamina e litio.
Poiché la feniletilamina viene normalmente inattivata dalla monoamino-ossidasi, l’utilizzo contemporaneo di IMAO comporta un incremento fino a 1000 volte della sua concentrazione,
con conseguente rischio di tossicità. Per quanto riguarda il meccanismo responsabile della comparsa della cardiomiopatia, si
può ipotizzare sia un aumentato rilascio di catecolamine indotto dalla feniletilamina, sia una stimolazione diretta dei recettori serotoninergici a livello del miocardio. La feniletilamina
non è commercializzata in Italia; l’alcaloide naturale è presente nel cioccolato e in diversi alimenti che subiscono fermentazione microbica (es. i formaggi), in supplementi nutrizionali ed
anoressanti.
Oppioidi e sindrome serotoninergica
Tramadolo
Due pazienti anziani (donna di 85 anni, uomo di 84 anni), in trattamento da diversi mesi con tramadolo per lombalgia cronica al
dosaggio rispettivamente di 100 mg/die e 25 mg/die, apparentemente ben tollerato, dopo pochi giorni dalla vaccinazione antinfluenzale hanno sviluppato ipotensione e perdita dell’equilibrio, allucinazioni ed agitazione psicomotoria; la tomografia computerizzata dell’encefalo non ha evidenziato alcuna causa organica e la
sintomatologia si è risolta entro 36-72h dalla sospensione del tramadolo45.
In 10 pazienti trattati con dosi terapeutiche di tramadolo contemporaneamente a farmaci antidepressivi è comparsa sintomatologia tipica della SS, dopo un intervallo variabile da 12h a varie settimane dall’associazione terapeutica; in tutti i soggetti, fortunatamente, la sintomatologia si è risolta senza sequele dopo la sospensione di uno o tutti i farmaci ad azione serotoninergica, riduzione della dose o somministrazione di un antagonista serotoninergico quale la ciproeptadina7.
Tramadolo è un analgesico oppioide comunemente utilizzato soprattutto nell’anziano e nel paziente psichiatrico, grazie al suo basso potenziale di abuso7; è spesso somministrato in
pazienti con sindromi depressive conseguenti a condizioni di
dolore cronico46, o in associazione agli SSRI per la gestione della depressione refrattaria47. Esercita la sua azione analgesica come agonista centrale del recettore degli oppioidi e come inibitore del reuptake della serotonina e della noradrenalina48, potendo quindi indurre la comparsa di SS anche se non associato
ad altri farmaci serotoninergici49. Più spesso tuttavia, la SS compare in caso di somministrazione di tramadolo contemporaneamente a farmaci antiemetici ed antidepressivi: un’analisi retrospettiva ha rilevato l’associazione della prescrizione di tramadolo ed antidepressivi nei 30 giorni precedenti nel 20.7%
dei casi50. Si segnala la purtroppo non infrequente co-somministrazione, nella pratica clinica corrente, di tramadolo e metoclopramide o ondansetron, comuni antiemetici utilizzati per il
trattamento della nausea e vomito che possono insorgere dopo le prime somministrazioni di tramadolo. Se i due antiemeti-
LA SINDROME SEROTONINERGICA IN CARDIOLOGIA
ci hanno un’azione di induzione del rilascio di serotonina, ondansetron è inoltre in grado di bloccare i recettori 5-HT3, con
conseguente iperstimolazione dei recettori 5-HT1A51.
Una recente analisi dei decessi registrati dal 2002 al 2008
nello stato di Victoria (Australia), associati all’utilizzo di farmaci serotoninergici, tra cui tramadolo, venlafaxina, fluoxetina,
sertralina, citalopram e paroxetina, ha identificato 326 casi fatali attribuibili ad associazioni farmacologiche inappropriate
(92%) se non controindicate (8%), potenzialmente responsabili
di reazioni avverse e conseguente tossicità fatale5. Il meccanismo alla base della comparsa di SS in caso di somministrazione concomitante di tramadolo e antidepressivi SSRI o SNRI dipende anche dalle proprietà farmacocinetiche e farmacogenetiche già in precedenza menzionate. Anche tramadolo è infatti metabolizzato a livello epatico dall’isoenzima CYP2D6, ed esistono notoriamente differenze interindividuali della capacità di
metabolizzare il tramadolo ed altri substrati del CYP2D6, legate ai polimorfismi del gene per il CYP2D639.
Per quanto riguarda i due pazienti in cui la SS è stata innescata dalla somministrazione del vaccino antinfluenzale, la spiegazione eziopatogenetica è da ricercare nell’alterato metabolismo del tramadolo (normalmente inattivato dal CYP3A4 e
CYP2B6, e convertito dal CYP2D6 nel suo metabolita attivo
M1) indotto dal vaccino antinfluenzale: quest’ultimo infatti promuove la liberazione di interferone e riduce l’attività del
CYP3A4 e del CYP2B6, raggiungendo l’effetto massimo 7 giorni dopo la vaccinazione, con un’azione in genere più accentuata negli anziani52.
Tapentadolo
In una donna di 24 anni con dolore lombare acuto, 2h dopo l’assunzione di una singola dose di tapentadolo 100 mg è insorta palpitazione severa, associata a oppressione toracica, arrossamento al
volto, tremore, vertigini. Al momento della reazione non erano in
atto altre terapie. L’ECG evidenziava tachicardia (140 b/min) ed elevazione del tratto ST nella derivazione precordiale V2. L’anamnesi
era negativa per disordini psichiatrici, cardiovascolari o endocrini,
così come per reazioni simili ad altri analgesici oppioidi assunti in
passato per lombalgia. Tapentadolo è stato subito sospeso. Tremori, palpitazioni e oppressione toracica si sono risolti a 2h dall’inizio del trattamento con desametasone e clorfeniramina maleato; la frequenza cardiaca si è normalizzata dopo 4h, l’ECG dopo 10h. Le vertigini si sono risolte completamente dopo 48h. Secondo i segnalatori del caso clinico, tapentadolo dovrebbe essere
somministrato con cautela nei pazienti con cardiopatie pregresse o
in associazione con farmaci simpatico-mimetici53.
Tapentadolo è un agonista dei recettori μ per gli oppioidi e
inibitore del reuptake di serotonina e noradrenalina, indicato
per il trattamento del dolore acuto di grado moderato-severo,
la cui azione analgesica comporterebbe meno effetti collaterali tipici degli altri analgesici oppioidi, quali confusione, stitichezza, nausea, spasmo ureterale o biliare54. Il rischio di SS anche con questo farmaco è stato tuttavia segnalato nella recente letteratura scientifica43,55, e casi isolati di SS in connessione
temporale all’utilizzo di tapentadolo con altri farmaci serotoninergici sono riportati nella scheda tecnica del farmaco56. Come precedentemente descritto, la tachicardia è tra i principali
sintomi cardiovascolari serotoninergici da iperattività autonomica. Un altro meccanismo alla base della reazione avversa potrebbe consistere nell’aumentato livello circolante di noradrenalina conseguente a inibizione del reuptake del neurotrasmettitore, probabilmente co-responsabile delle anomalie car-
diovascolari osservate. La similitudine strutturale tra tapentadolo e le catecolamine57 potrebbe conferire all’analgesico
un’azione simpatico-mimetica β-selettiva, in grado di accentuare la tachicardia, con palpitazioni, oppressione toracica, vertigini, tremore, senza effetti sulla pressione arteriosa, data l’assenza di azione agonista a livello dei recettori α.
Fentanil
Una paziente di 68 anni in terapia multifarmacologica, comprendente vari agenti pro-serotoninergici, quali paroxetina, bupropione e duloxetina, è sottoposta a mastectomia in anestesia generale. L’anestesia è stata indotta con propofol, succinilcolina e
fentanil. Al termine dell’intervento sono stati somministrati fentanil, ondansetron, e idromorfone. Per alleviare il dolore postchirurgico è stata somministrata una dose aggiuntiva di fentanil: la
paziente ha mostrato confusione e agitazione, con una pressione arteriosa di 180/80 mmHg, una frequenza cardiaca di 96
b/min, frequenza respiratoria di 14 respiri/min, iperreflessia degli
arti inferiori. Dopo la somministrazione di un’ulteriore dose di
idromorfone, la paziente è diventata apneica (saturazione di O2
<90%) e la temperatura corporea è salita a 39°C. Sulla base del
quadro clinico è stata posta diagnosi di SS: la paziente è stata sottoposta a ventilazione assistita per altre 36h, fino a completa risoluzione del quadro ottenuta dopo sospensione di tutti i farmaci serotoninergici58.
Due pazienti in terapia cronica con SSRI hanno sviluppato delirio, clonie inducibili, agitazione e diaforesi dopo somministrazione endovenosa di fentanil durante intervento chirurgico. La relazione temporale tra l’insorgenza dei sintomi e l’assunzione di fentanil in corso di terapia con SSRI ha fatto nascere il sospetto diagnostico di SS, dopo aver escluso le possibili diagnosi alternative
(sindrome neurolettica maligna, intossicazione da anticolinergici,
astinenza da alcool o sedativi, utilizzo di sostanze allucinogene,
ipoglicemia, alterazioni metaboliche). L’ipotesi diagnostica è stata
ulteriormente suffragata dalla risoluzione del quadro dopo sospensione dei farmaci SSRI59.
Rispetto ad altri oppiacei, fentanil presenta il vantaggio di
una breve durata d’azione e di un minimo rilascio di istamina60,
ma è dotato di azione serotoninergica, per cui potrebbe indurre lo sviluppo di SS se utilizzato in pazienti già in terapia con farmaci serotoninergici61. Sono stati descritti in letteratura vari casi di SS sviluppata da pazienti, trattati con farmaci serotoninergici, dopo somministrazione di fentanil per procedure chirurgiche58,59.
Il meccanismo alla base di queste reazioni avverse potrebbe derivare dal fatto che fentanil (come altri oppioidi fenilpiperidinici) esercita una debole azione di inibizione del reuptake
della serotonina, oltre ad aumentarne il rilascio22. La suscettibilità individuale a questo tipo di interazione potrebbe dipendere dalle varianti degli isoenzimi 3A4 e 3A5 del citocromo P450,
deputati al metabolismo di fentanil, che possono determinare
una predisposizione individuale allo sviluppo di tossicità62. Anche il polimorfismo dei geni per i recettori serotoninergici potrebbe essere un fattore chiave nel determinare la suscettibilità individuale allo sviluppo di SS63, così come potrebbero svolgere un ruolo anche variazioni della proteina di trasporto deputata al reuptake della serotonina59.
I casi descritti dimostrano come i pazienti in terapia con SSRI
o altri agenti serotoninergici siano potenzialmente a rischio per
lo sviluppo di SS, sebbene sia impossibile allo stato attuale
quantificare esattamente tale rischio. Poiché l’utilizzo dei farmaci SSRI e di altri agenti serotoninergici è molto aumentato
negli ultimi anni, è necessario che i clinici siano consapevoli delG ITAL CARDIOL | VOL 16 | GENNAIO 2015
41
PL TEMPORELLI ET AL
le possibili interazioni tra agenti dotati di azione pro-serotoninergica.
Ipotermia e sindrome serotoninergica
Recentemente sono stati segnalati casi di SS durante la fase di
riscaldamento in pazienti sottoposti ad ipotermia terapeutica
per arresto cardiaco extraospedaliero. In questo contesto l’iperattività delle vie serotoninergiche potrebbe essere scatenata
sia dai farmaci impiegati sia da una condizione di ischemia cerebrale generalizzata conseguente all’arresto cardiaco64.
CONCLUSIONI
Sebbene la SS rappresenti una condizione clinica abbastanza
rara, derivante prevalentemente dall’associazione di più farmaci
ad azione serotoninergica, si tratta comunque di una patologia
grave, potenzialmente letale, che deve quindi essere evitata e,
nel caso si manifesti, prontamente riconosciuta e adeguatamente trattata. Poiché l’utilizzo dei farmaci serotoninergici è
sempre più diffuso, soprattutto in pazienti con comorbilità e
quindi in polifarmacoterapia, è necessario che non solo neurologi e psichiatri, ma anche gli altri specialisti che più frequentemente gestiscono questa tipologia di pazienti, in particolare
intensivisti, cardiologi, internisti e geriatri, siano in grado di riconoscere le manifestazioni cliniche della sindrome, in modo
da poterla gestire in maniera tempestiva ed evitare i rischi connessi a un suo rapido aggravamento.
RIASSUNTO
La sindrome serotoninergica (SS) rappresenta una reazione avversa a farmaco potenzialmente letale, derivante da un eccesso di serotonina a livello del sistema nervoso centrale e periferico, responsabile di instabilità autonomica, anomalie neuromuscolari e cardiovascolari e alterazioni cognitive. L’incidenza della SS è andata
aumentando negli ultimi anni, come conseguenza dell’invecchiamento della popolazione e del sempre più diffuso utilizzo di agenti pro-serotoninergici nella pratica clinica, in presenza di comorbilità, in particolare cardiovascolari. I cardiologi si trovano spesso a
dover gestire una terapia polifarmacologica comprendente anche
agenti serotoninergici, ed è bene quindi considerare il rischio di
eventi avversi derivanti da inappropriate interazioni farmacologiche. La SS è spesso difficile da identificare, e può essere fatale se
non adeguatamente trattata. Alla luce dei numerosi casi clinici descritti in letteratura, derivanti da dosaggi eccessivi o associazioni
non raccomandate, è auspicabile una maggior consapevolezza da
parte dei clinici dei rischi potenzialmente associati all’utilizzo inappropriato di questi farmaci, così come una migliore informazione
sulle caratteristiche cliniche e sulle modalità di gestione della SS.
Parole chiave. Interazioni farmacologiche; Sindrome serotoninergica; Tossicità cardiovascolare.
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G ITAL CARDIOL | VOL 16 | GENNAIO 2015
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