ne (art. 934 c.c.), ciascuno dei comunionisti acquista la proprietà di

LA SOPRAELEVAZIONE
253
ne (art. 934 c.c.), ciascuno dei comunionisti acquista la proprietà di una
quota ideale di esso corrispondente a quella spettantegli sul suolo, a
meno che gli effetti dell’accessione, prima del loro verificarsi, non siano
esclusi o modificati in conseguenza di accordo tra le parti (Cass. 22 settembre 1989, n. 3933).
4.
I limiti.
È ius receptun (Cass. 3 dicembre 1994, n. 10397; Cass. 28 gennaio
1983, n. 805) che il diritto di costruire nuovi piani o fabbriche spetta ex
lege al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale, ovvero
al proprietario esclusivo del lastrico solare, salve le limitazioni dei
commi 2 e 3 dell’articolo in disamina; l’esercizio di tale diritto non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini, ma può
soltanto essere limitato o vietato in forza di un’espressa pattuizione
(contenuta ad es. nel regolamento condominiale di tipo contrattuale),
costitutiva di una servitù assimilabile a quella di altius non tollendi. I titoli, quindi, in base ai quali si può escludere il diritto di sopraelevazione
sono: l’atto costitutivo del condominio; il regolamento di condominio
formato dall’originario venditore ed imposto ai successivi acquirenti dei
singoli appartamenti.
Il divieto di sopraelevazione ha origine contrattuale e, come tale, appare perfettamente valido. Insegna la giurisprudenza che l’art. 1127 c.c., disciplinante il regime legale delle sopraelevazioni, è derogabile, come emerge dalla espressa riserva contenuta nel comma 1, da una convenzione preesistente o coeva alla costituzione del condominio: a ciò consegue che il divieto assoluto di sopraelevazione – stabilito dal regolamento di condominio a carico dell’ultimo piano dell’edificio ed a favore tanto delle
parti di proprietà comune quanto delle unità immobiliari in proprietà esclusiva dell’edificio – avente sostanzialmente natura di servitù altius non tollendi, può essere fatto valere sia dai singoli condomini che dal condominio (Cass., sez. II, 25 ottobre 1988, n.
5776). Correttamente la Corte d’appello desume il divieto di sopraelevazione dal contratto di acquisto ricevuto dal notaio in data 3 settembre 1973, dove si dice che l’acquirente dichiara di conoscere e di accettare, obbligandosi per sé e per gli aventi causa, i
patti condominiali, quali risultano dal regolamento depositato con il verbale 2 maggio
1973 redatto dal notaio. Orbene, nel suddetto regolamento all’art. 7 si stabilisce essere
“tassativamente vietata ogni sopraelevazione totale o parziale, a carattere provvisorio
o duraturo qualsiasi uso fosse destinata e da chiunque voglia essere fatta, ed in
254
LE PARTI COMUNI. L’UTILIZZO. LE TABELLE MILLESIMALI
special modo dai proprietari dell’ultimo piano o del lastrico solare”. Poiché il regolamento di condominio costituisce in concreto parte integrante del contratto di acquisto
e, come tale, può ben imporre limiti al diritto di proprietà, la sentenza della Corte
d’appello si sottrae alle censure (Cass. 3 dicembre 1994, n. 10397).
Nel caso in cui il regolamento condominiale preveda l’assoluto divieto di sopraelevazione, l’erezione da parte del proprietario dell’ultimo
piano di un comignolo sul tetto di proprietà comune per la fuoruscita
del fumo di un camino installato nella sua abitazione, ove non comporti
pregiudizio per la stabilità e la sicurezza del fabbricato ovvero l’alterazione del suo decoro architettonico, non costituisce innovazione vietata
ai sensi dell’art. 1122 c.c. bensì una mera modificazione del tetto comune, consentita a termini dell’art. 1102 c.c., allorquando non incida sulla
sostanza e struttura del bene comune, sì da alterare l’originaria ed unica
funzione di copertura dell’edificio, senza impedire agli altri condomini
l’eventuale identico uso del tetto stesso (Cass. 8 agosto 1990, n. 8040).
a) Condizioni statiche dell’edificio.
L’art. 1127 è innovativo rispetto all’art. 12 del r.d.l. 15 gennaio 1934,
n. 56. Mentre a norma della abrogata disposizione, l’accertamento delle
condizioni statiche e l’eventuale rafforzamento e consolidamento costituivano per il condomino che intendeva costruire sopra l’ultimo piano
dell’edificio, dei veri e propri oneri cui era subordinato il diritto di sopraelevazione, sicché gli altri condomini non potevano opporsi a quell’accertamento e a quelle opere di rafforzamento, ma avevano possibilità di opposizione solo nel caso in cui la sopraelevazione fosse stata effettuata senza il preventivo accertamento e nel caso in cui le effettuate opere di rafforzamento e di consolidamento fossero inidonee, invece
l’art. 1127 non prevede più l’onere di accertamento e di messa in opera
degli accorgimenti di rafforzamento e consolidamento, ma solamente
sottopone il diritto a sopraelevare del proprietario dell’ultimo piano o
del lastrico solare a tre limiti, dati dalle condizioni statiche del fabbricato, dal turbamento delle linee architettoniche dell’edificio, e dalla diminuzione notevole di aria e luce nei piani sottostanti. In ordine al primo
limite è vietata diretta mente la sopraelevazione, né in difetto di consenso unanime delgi altri condomini, il condomino può ovviare a tale divie-
LA SOPRAELEVAZIONE
255
to procedendo direttamente alle opere di rafforzamento e di consolidazione, mentre in relazione agli altri due è ammessa esplicitamente l’opposizione dei condomini (Cass. 19 novembre 1963, n. 2998, in Mass.
Giur. it., 1963, c. 1020). Non può costruire in sopraelevazione in modo
da ampliare ed estendere l’area dell’ultimo piano o del lastrico solare o
in altro materiale infisso sui muri perimetrali, o creazione di terrazzi
poggianti su piloni di sostegno, ciò non essendo consentito né dall’articolo in disamina, nell’ambito del quale il normale limite di edificazione
va individuato, quanto ad estensione e capacità di sostegno, nei muri
perimetrali esterni; né dal principio generale espresso negli artt. 840 e
934 c.c., quando la nuova opera, superando il limite dei muri perimetrali, venga ad incidere sulla colonna d’aria, cioè sulla superficie delle aree
di suolo sottostante, quand’anche di proprietà comune: né infine dalle
norme riguardanti la condizione, l’uso, le semplici modificazioni e innovazioni sulle parti comuni di un edificio; i muri perimetrali considerati nella loro struttura unitaria, si presumono comuni, in quanto necessari all’esistenza e alla statica dell’immobile ed in quanto aventi funzione di delimitare il suolo su cui sorge l’edificio e sul quale si espande in
altezza lo “ius aedificandi”, cioè l’area superficiaria (Cass. 12 ottobre
1971, n. 2873, in Giust. civ. mass., 1971, I, p. 99). È legittimo l’innalzamento di un muro perimetrale comune per fini di sopraelevazione, è illegittimo quando si faccia uso del medesimo per creare sostegni per
sporti pensili, terrazze o piattaforme, dando ad essa una destinazione
nuova e non certamente normale rispetto a quella del muro sottostante,
ed apportando in tal modo immutazioni che non possono farsi rientrare
tra le modifiche permesse al condomino.
La sopraelevazione realizzata dal proprietario dell’ultimo piano di
edificio condominiale, in violazione delle prescrizioni e cautele tecniche
fissate dalle norme speciali antisismiche, è riconducibile nell’ambito
della previsione dell’art. 1127, comma 2, c.c., in tema di sopraelevazioni
non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato; a fronte di tale
opera, pertanto, deve riconoscersi la facoltà del condominio di ottenere
una condanna alla demolizione del manufatto, nonché la legittimazione
alla relativa azione dell’amministratore del condominio medesimo, vertendosi in materia di atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio (artt. 1130, n. 4 e 1131 c.c.) (Cass., sez. un., 8 marzo
1986, n. 1552). Tale controversia investe posizioni di diritto soggettivo,
e spetta di conseguenza alla giurisdizione del giudice ordinario, anche
256
LE PARTI COMUNI. L’UTILIZZO. LE TABELLE MILLESIMALI
quando venga ulteriormente dedotta l’inosservanza della legislazione
speciale in materia di costruzioni in località sismiche, mentre restano in
proposito irrilevanti le questioni sulla possibilità dell’istante, ove sussista tale inosservanza, di ottenere una riduzione in pristino, ovvero il solo risarcimento del danno, poiché le questioni medesime riguardano il
diverso problema dei limiti interni delle attribuzioni del giudice ordinario (Cass., sez. un., 8 marzo 1986, n. 1552):
Le norme giuridiche che si assumono violate sono, congiuntamente, l’art. 1127-2 –
secondo cui la sopraelevazione dell’ultimo piano di un edificio condominiale non è
ammessa se le condizioni statiche dell’edificio stesso non lo consentono – e determinate regole che la legislazione speciale impone di osservare per le costruzioni nella
località sismiche, tra le quali è pacifico rientra la città di Palermo. Ora nessun dubbio
può sussistere che la violazione del divieto stabilito dall’art. 1127-2 (norma inderogabile) implica lesione di un diritto. Altrettanto deve dirsi quanto alle (altre) norme di edilizia per la cui violazione il combinato disposto degli artt. 871-82 e 872-2 c.c. esplicitamente conferisce, a chi ne abbia subito danno, il diritto ad esserne risarcito. Poiché,
dunque, alla (1) di dette norme l’ordinamento fa coincidere la lesione di un diritto, è
per ciò stesso incontrovertibile che sussiste il presupposto della giurisdizione ordinaria, mentre la questione se oltre al risarcimento l’interessato possa ottenere anche la
riduzione in pristino non riguarda più la giurisdizione (cioè la distribuzione della controversie fra giudici diversi: limite esterno) bensì soltanto ciò che si può chiedere ed
ottenere dal giudice competente (cioè il limite interno della giurisdizione di ciascun
giudice) e questo costituisce l’oggetto della censura “sub” a). L’art. 1127-2 c.c. va interpretato non (restrittivamente) nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se
le strutture dell’edificio non consentono di sopportare il peso, ma (estensivamente) nel
senso che il divieto sussiste anche nel caso che le strutture dell’edificio sono tali che,
una volta elevata la nuova fabbrica, non consentono di sopportare l’urto di forze in
movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, se leggi speciali antisismiche prescrivono particolari cautele tecniche da adottarsi nella sopraelevazione di
edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127-2 e se ne deve tener conto
al fine di accertare od escludere il limite, di natura inderogabile, posto da tale norma al
diritto del condomino. Così inteso, il rapporto tra la norma generale e la norma speciale indicate non si giova del richiamo che, per effetto dell’art. 872-2, le norme della
sezione VI del Titolo II del Libro II fanno alle leggi speciali nella materia da esse
regolata, perché in nessuna di esse è possibile riscontrare tale richiamo, la possibilità
per la parte di ottenere la demolizione dell’opera costruita contro il divieto di cui all’art.
1127-2 discende direttamente da questo articolo, interpretato, come si è detto, in
collegamento con le speciali prescrizioni antisismiche. Ad analoga conclusione, sia
pure argomentando, in via autonoma, dalla disciplina speciale, senza specifico riferimento all’art. 1127-2, perviene Cass. n. 2335/1981 – in un’analoga fattispecie di sopraelevazione di fabbricato in zona sismica – secondo cui la stabilità delle strutture da
LA SOPRAELEVAZIONE
257
prendere in considerazione in tali zone non è quella che esclude la possibilità di crolli
in condizioni di queste ma la stabilità antisismica, cioè quella che esclude il pericolo di
crollo nell’eventualità di un sisma. Quanto al primo motivo non è il caso di approfondire la questione, che è stata numerose volte conformemente risolta dalla giurisprudenza nel senso di ritenere l’amministratore del condominio pienamente legittimato, a
norma del combinato disposto degli artt. 1130 n. 4 – l’amministratore deve compiere
gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio – e 1131 – nei limiti
delle attribuzioni stabilite dall’articolo precedente (o dei maggiore poteri conferitigli dal
regolamento o dall’assemblea) l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti
e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi – ad agire per ottenere
le demolizione di manufatti pregiudizievoli di quei diritti, non potendosi l’espressione
“atti conservativi” intendersi riferita alle sole azioni cautelari “stricto sensu” (Cass. nn.
2445/1962, 3561/1972, 35190/1980, 6322/1980, 152/1985 e 1912/1985: in genere; nn.
1068/1978, 1154/1974 e 4761/1978 sul punto specifico della demolizione e della riduzione in pristino) … Per quanto concerne gli altri motivi si rammenta … a) premesso
che la sopraelevazione in edifici non intelaiati, quale quello “de quo”, è costituita dalla
legislazione antisismica – l. n. 1648/1962 – solo quando la struttura esistente, unitamente a quella della sopraelevazione, costituisca un complesso che corrisponde alle
norme della legge stessa (art. 19) il giudice accertò che tal corrispondenza mancava
perché, per gli edifici non intelaiati non è permessa un’elevazione superiore a tre piani
oltre ad un piano seminterrato o cantinato (art. 10) mentre nella specie i piani erano
otto oltre l’interrato; b) ritenne quindi operante la presunzione, “juris tantum”, di pericolo di crollo in caso di sisma, derivante dall’inosservanza di quelle norme; c) ritenne
la presunzione non vinta dal parere dato dai consulenti non essendosi raggiunta la
certezza che una volta sopraelevato (2) l’edificio avrebbe resistito, in caso di sisma, “a
tutte le sollecitazioni”, come prescritto dalla legge (art. 9).
b) Aspetto architettonico
La disciplina dettata nel vigente codice civile in materia di condominio ha abrogato la previgente disciplina dettata dalla l. 15 gennaio 1934,
n. 56 ed il comma 3 dell’art. 1127 c.c. è venuto, così, a sostituire l’art. 12
della detta legge, la cui “ratio” ha sostanzialmente recepita ma anche
puntualizzata, dacché, in tema di sopraelevazioni realizzate sull’ultimo
piano dell’edificio, l’essere stata condizionata la legittimità dell’opposizione dei condomini alla ricorrenza d’un “pregiudizio” all’aspetto architettonico:
Se equivale, da un lato, alla precedente previsione di una “alterazione notevole”
dell’aspetto stesso, dall’altro ha, tuttavia, inteso accentuare, mediante l’uso del diverso
258
LE PARTI COMUNI. L’UTILIZZO. LE TABELLE MILLESIMALI
unico termine contenente un espresso specifico riferimento alle conseguenze dannose, il concetto d’un’incidenza di particolare rilievo della nuova opera sopraelevata sullo
stile architettonico dell’edificio, “id est” sulle linee caratteristiche principali di esso, e
sottolinearne l’imprescindibile correlazione con la diminuzione del pregio estetico e,
quindi, del valore economico dell’insieme e, di riflesso, anche delle singole unità delle
quali si compone. Non ogni sopraelevazione od ogni costruzione sull’ultimo piano o
sul lastrico solare possono essere inibite al proprietario dell’uno o dell’altro, ma solo
quelle che determinino il detto pregiudizio, ipotesi il cui verificarsi è condizionato alla
concorrenza, in una alla già detta rilevante difformità rispetto alle linee caratteristiche
principali dell’edificio, anche dell’immediata sua apprezzabilità in quanto ravvisabile
“ictu oculi” ad un’osservazione dell’insieme operata in condizioni soggettive ed obiettive di normalità, “id est” da parte delle persone di media preparazione che si trovino
sulla strada, in quanto tali condizioni sono quelle che ricorrono in occasione dell’apprezzamento del pregio estetico dell’edificio nel suo complesso quale componente
della valutazione economica delle singole sue porzioni di proprietà esclusiva. Il maggior rigore con il quale il legislatore ha regolato la legittimazione dei condomini ad opporsi, in materia di danno estetico, alle sopraelevazioni rispetto alle innovazioni, per le
quali la lesione del “decoro” architettonico dell’edificio è denunziabile anche ove incida su caratteristiche, secondarie, purché integrative della “facies” di esso e ferma
sempre la correlazione con il danno economico, è giustificato dalla considerazione
che, nel primo caso, l’agente opera su bene proprio (ultimo piano) o propria se pure
con funzione comune (lastrico solare), mentre nel secondo l’agente opera su beni comuni. … particolarmente laddove, pur essendosi dato atto delle modeste dimensioni
del manufatto e senza considerare che trovasi incontestatamente al nono piano, se ne
afferma la chiara visibilità non solo dagli edifici circostanti, il che è irrilevante per quanto sopra già esposto, ma anche dalla strada in prossimità della facciata, ed il consequenziale effetto visivo d’uno “stravolgimento” dell’ordine del prospetto, cui sono sottesi la notevole gravità della lesione e, quindi, il danno economicamente apprezzabile
(Cass. 12 settembre 2003, n. 13426).
Il codice civile, nel riferirsi quanto alle sopraelevazioni, all’aspetto
architettonico dell’edificio e, quanto alle innovazioni, al decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa portata, intendendo per
aspetto architettonico la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell’edificio, sicché l’adozione, nella parte sopraelevata, di uno
stile diverso da quello della parte preesistente dell’edificio comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell’aspetto architettonico complessivo (percepibile da qualunque osservatore), e denotando per decoro architettonico una qualità positiva dell’edificio derivante dal complesso delle caratteristiche architettoniche principali e secondarie, onde
una modifica strutturale di una parte anche di modesta consistenza
LA SOPRAELEVAZIONE
259
dell’edificio o un’aggiunta quantitativa diversa dalla sopraelevazione,
pur non incidendo normalmente sull’aspetto architettonico, può comportare il venir meno di altre caratteristiche influenti sulla estetica dell’edificio e così sul detto decoro architettonico incorrendo nel divieto ex
art. 1120 (Cass. 28 novembre 1987, n. 8861).
Si può tranquillamente affermare che il pregiudizio all’aspetto architettonico dell’edificio, ad impedimento delle sopraelevazioni da parte
del proprietario dell’ultimo piano, consiste in una minorazione del valore dell’immobile e ciò a differenza della semplice “alterazione” prevista
dall’art. 1120, comma 2, c.c. come comunque impeditiva della innovazioni eseguite specificamente sulla cosa comune, tuttavia tale minorazione di valore può risultare implicita nella stessa descrizione degli elementi di contrasto della eseguita sopraelevazione rispetto all’edificio, il
che può avvenire, indicando ad esempio la diversità dei materiali di
composizione del manufatto, nella minore altezza rispetto agli altri piani, nel tipo di copertura (Cass. 14 luglio 1988, n. 4613).
c) Diminuzione di aria e luce.
Un altro limite alla sopraelevazione è dato dalla diminuzione notevole
11
di aria e luce nei piani sottostanti (Cass. 10 novembre 1970, n. 2333) .
L’articolo in disamina delinea una responsabilità da atto lecito, poiché, salvo che alla sopraelevazione non ostino le condizioni statiche dell’edificio o che non sia compromesso l’aspetto architettonico dell’edificio stesso o che non sia diminuita notevolmente la fruibilità della luce e
dell’aria in danno dei piani sottostanti, la realizzazione della sopraelevazione corrisponde ad un diritto per i soggetti indicati dalla norma. Tale
responsabilità da atto lecito sorge, peraltro, solo se la sopraelevazione
venga realizzata con la creazione di nuovi piani o di nuove fabbriche,
poiché, com’è reso evidente, oltre che dalla lettera dell’art. 1127, che,
appunto, parla di “nuovi piani o nuove fabbriche”, anche e soprattutto
dal particolare criterio di calcolo prescritto dallo stesso articolo, è solo
la creazione di nuovi piani o di nuove fabbriche che determina un più
intenso sfruttamento, da parte del condominio che sopraeleva, dell’area
11
G. BRANCA, op. cit., p. 462 “Il limite deve essere rispettato anche se la diminuzione si
verifica rispetto ad un solo appartamento”.
260
LE PARTI COMUNI. L’UTILIZZO. LE TABELLE MILLESIMALI
comune sulla quale sorge il fabbricato, rispetto alla quale la colonna
d’aria soprastante costituisce solo una proiezione. Sicché, per il vigente
ordinamento, la suddetta responsabilità si configura non in ogni caso di
sopraelevazione, intesa come pura e semplice costruzione oltre l’altezza
precedente del fabbricato, bensì solo nel caso di costruzione di uno o
più nuovi piani o di una o più nuove fabbriche sopra l’ultimo piano dell’edificio, quale che sia il rapporto con l’altezza precedente (Cass. 30 luglio 1981, n. 4861; Cass. 14 novembre 1991, n. 12173). Ne deriva che,
se la mera costruzione oltre l’altezza precedente del fabbricato non
comporta la responsabilità da atto lecito a fortiori in essa non sarà ravvisabile una responsabilità da atto illecito; salvo che, ovviamente, non
risultino violati altri, specifici diritti di condomini.
d) Altri limiti e casi.
L’installazione di una veranda a vetri, a copertura del terrazzo dell’ultimo piano dell’edificio condominiale, effettuata dal relativo proprietario, è soggetta a vari divieti previsti dalla normativa dell’art. 1127: infatti l’illegittimità di tale installazione, pertanto, postula il verificarsi non
di una e semplice modificazione della linea stilistica del fabbricato, ma
di una concreta diminuzione del valore economico dello stesso, in relazione al suo aspetto esteriore; la relativa indagine va condotta in stretta
correlazione con la visibilità della nuova opera, tenuto conto che nessun
pregiudizio può essere riscontrato in manufatti che, secondo la valutazione di ogni concreta circostanza, istituzionalmente demandata al giudice di merito, siano assolutamente invisibili ai terzi, ovvero siano visibili in posizione tanto distanti e particolari da non lasciar spazio ad una
eventuale compromissione estetica (Cass. 24 ottobre 1978, n. 4804, in
Mass. Foro it., 1979, I, c. 376). Nel caso in cui l’appartamento sito all’ultimo piano confini con il vano della scala comune anche al proprietario
di un appartamento sito su una verticale diversa, colui che sopraeleva
non può occupare con la sua opera anche l’area di detto vano, salvo che
non risulti diversamente dal titolo (Cass. 30 gennaio 1979, n. 669). Se si
costituisce una servitù in base alla quale il proprietario del fondo servente che sia proprietario anche del piano attiguo, non può elevare costruzioni se non rispettando delle determinate distanze, la servitù stessa
deve ritenersi costituita a vantaggio degli altri piani appartenenti ai vari
LA SOPRAELEVAZIONE
261
condomini, con esclusione di quello di proprietà del condomino proprietario del fondo servente: ciò considerando che i singoli piani o le
singole parti sono di proprietà esclusiva dei singoli condomini e in applicazione del principio nemini res sua servit (Cass. 27 luglio 1960, n.
2190 in Riv. giur. edilizia, 1960, I, p. 654).
5.
Opposizione alla sopraelevazione.
L’opposizione alla sopraelevazione può essere esercitato da ogni singolo condomino ai sensi dell’art. 1171 c.c. ed è produttiva di effetti giuridici solo per chi l’abbia esercitata e non per gli altri condomini che
passivamente l’abbiano di fatto riconosciuta.
Il proprietario dell’ultimo piano che voglia sopraelevare, deve accertare, preventivamente, in confronto dei condomini, se le condizioni statiche del fabbricato lo consentano; ove non lo faccia possono gli altri
condomini ottenere, con la denuncia di nuova opera, la sospensione
della fabbrica (Cass. 10 luglio 1945, n. 537, in Rep. Foro it., 1945, c.
1079; App. Milano 16 marzo 1951, in Mon. Trib., 1951, 181; Cass. 28
novembre 1978, n. 5608, in Mass. Foro it., 1979, I, c. 361). Tali condizioni rappresentano un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione e non già l’oggetto di verificazione e consolidamento per il futuro esercizio di tale diritto; è da ritenersi, pertanto, esclusa la legittimità di opere preventive di rafforzamento delle strutture portanti in vista
di una sopraelevazione, e ciò in particolare quando dette opere possono
effettuarsi solo mediante l’invasione della sfera di godimento esclusivo
di uno o più partecipanti alla comunione (Cass. 8 aprile 1975, n. 1277,
in Mass. Foro it., 1975, c. 293). Il divieto di sopraelevazione, nel caso in
cui le strutture siano inidonee a sorreggere il nuovo piano, ha carattere
assoluto e non può essere rimosso neanche dall’unanime consenso di
tutti i condomini.
È richiesto, invece, per la preventiva esecuzione delle opere di consolidamento, eseguite le quali, risorge il diritto del proprietario dell’ultimo piano di eseguire il sopralzo non condizionato dall’assenso, concorde o maggioritario, degli altri comunisti. Il consenso non richiede la
forma scritta, non implicando un atto di disposizione di diritti reali, sia
nel caso in cui i lavori di consolidamento impongono l’introduzione o il