appoggiamo lo stato islamico contro la santa alleanza

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Settimanale
Nuova serie - Anno XXXIX - N. 38 - 22 ottobre 2015
Fondato il 15 dicembre 1969
Saluto di Giovanni Scuderi alla 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI
Appoggiamo lo Stato Islamico
contro la santa alleanza imperialista
I membri del CC e dell’UP del PMLI devono interpretare nel concreto
a livello più alto possibile le dieci citazioni di Mao sui marxisti-leninisti
PAG. 2
Rapporto di Erne alla 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI
LA SITUAZIONE
INTERNAZIONALE E LA LOTTA
ANTIMPERIALISTA DEL PMLI
PAGG. 3-9
Comunicato della
5ª Sessione plenaria
del 5° Comitato centrale del PMLI
PAG. 10
Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI
Il PMLI boccia il Senato
della repubblica neofascista, piduista,
presidenzialista e interventista
Uniamoci per la vittoria del No al referendum
PAG. 14
Comunicato
della riunione
plenaria della
Commissione
giovani del CC
del PMLI
PAG. 11
60mila studenti in novanta piazze d’Italia
gridano un forte no alla “buona scuola”
Grande successo della seconda mobilitazione
studentesca in una settimana. Puglisi
responsabile scuola PD: gli studenti non
devono essere pagati per lavorare. Qualificata
e combattiva partecipazione del PMLI
Costruire un movimento
studentesco unitario
contro renzi
e la “buona scuola” PAG. 12
Asse tra Confindustria e Renzi
Squinzi chiude sui contratti
e rompe con i sindacati
A rischio il contratto nazionale di lavoro. Anche Landini morbido. Eppure, il salario minimo è accettabile
solo se stabilito dalla contrattazione sindacale, non intacca il contratto nazionale e abbia cifra congrua
Che aspettano i sindacati a indire lo sciopero generale?
PAG. 15
2 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI
N. 38 - 22 ottobre 2015
Saluto di Giovanni Scuderi alla 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI
Appoggiamo lo Stato Islamico
contro la santa alleanza
imperialista
I membri del CC e dell’UP del PMLI devono interpretare nel concreto
a livello più alto possibile le dieci citazioni di Mao sui marxisti-leninisti
Ecco il testo, quasi integrale, del saluto che il Segretario
generale del PMLI, compagno
Giovanni Scuderi, ha rivolto
alla 5a Sessione plenaria del
5° Comitato centrale del PMLI,
tenutasi a Firenze l’11 ottobre
2015.
Care compagne, cari compagni,
benvenuti alla 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del
PMLI, in particolare ai compagni
invitati Andrea, Federico e Enrico tre bandiere rosse che danno
lustro al nostro amato Partito.
Il compagno operaio Andrea
comprova che la classe operaia
costituisce effettivamente la testa e la spina dorsale del PMLI,
ha rilanciato alla grande sul piano
giornalistico il lavoro del Partito
sul fronte operaio e sindacale,
aprendo nuove prospettive per la
penetrazione del Partito nel movimento operaio e sindacale.
Il compagno Federico Picerni,
con il contributo attivo e propositivo del giovane compagno operaio Alessandro, che per lui è più
che una spalla, è riuscito a mettere in moto l’intero Partito sul
fronte giovanile e studentesco. Il
suo discorso su “Mao e l’istruzione nel socialismo”, pronunciato a
nome del CC del PMLI, costituisce un potente strumento per
convincere le studentesse e gli
studenti più coscienti, avanzati e
combattivi che la linea del PMLI
sull’istruzione è quella giusta e
che bisogna applicarla con forza
per combattere la cultura e il potere della borghesia, per risolvere
i problemi delle masse studentesche e perché esse conquistino il
potere politico nelle scuole e nelle università.
Sotto la sua guida, in un tempo relativamente breve, la Commissione giovani è divenuta la
Commissione modello del Comitato centrale. Impeccabile sui
piani della direzione, del gioco di
squadra, della divisione dei compiti, dell’organizzazione, dell’elaborazione, dell’intervento giornalistico, dei comunicati stampa,
delle realizzazioni, l’ultima quella dello splendido vademecum
delle studentesse e degli studenti marxisti-leninisti, della guida
e del sostegno alle studentesse e
agli studenti membri e simpatizzanti del Partito.
Grazie ad essa possiamo finalmente dire che “siamo a posto”
sul fronte giornalistico e studentesco. Ora dobbiamo operare affinché la Commissione di massa
faccia altrettanto sul fronte ope-
raio e sindacale. Specie in questo
momento in cui sono sotto attacco governativo e confindustriale
il diritto allo sciopero, il diritto
al lavoro, il contratto nazionale,
i rinnovi dei contratti di lavoro,
il ruolo dei sindacati dei lavoratori, facendo scempio del diritto
democratico borghese del lavoro
e instaurando relazioni industriali neofasciste sul modello Marchionne alla FCA.
I fronti operaio e sindacale e
giovanile e studentesco sono fondamentali perché, come sappiamo, da essi passa lo sviluppo del
Partito e della lotta di classe.
Il compagno Enrico, ben conosciuto, stimato e amato dalle
masse della sua città, è emerso
come un militante di base esemplare, apportando al Partito nuove esperienze nel lavoro di massa
e di fronte unito, specie in quello
ambientale.
Grandi sono le nostre speranze riposte su di lui. Potrebbe far
volare il Partito sul fronte ecologico e sui temi ad esso connessi.
Cosciente dell’importanza e della gravosità del nuovo compito
che gli ha affidato il Partito, è già
all’opera e sta studiando i testi
dei Maestri sul tema e quelli fondamentali dei borghesi.
Rafforzare le istanze e le
Commissioni centrali del Partito,
compresa la Redazione centrale de “Il Bolscevico”, da sempre
è la nostra politica. Con la convinzione, la cui giustezza è comprovata dalla pratica, che solo
avendo una testa forte è possibile
creare un corpo forte del PMLI.
I membri del CC e dell’UP,
di vecchia e di nuova nomina,
anziani, di media età e giovani,
devono essere coscienti dell’importanza di questo concetto strategico e lavorare sodo su se stessi, e aiutando gli altri membri,
per migliorare la loro qualità sui
piani ideologico, culturale, politico, organizzativo, pratico,
operativo e della combattività.
Soprattutto devono sapere interpretare nel concreto a livello più
alto possibile le dieci citazioni di
Mao sui marxisti-leninisti, specie
nelle parti che richiedono i maggiori sacrifici e una radicale ripulitura dell’individualismo.
I membri del CC e dell’UP
hanno il diritto e il dovere di concorrere attivamente e propositivamente alla direzione generale
del Partito, all’elaborazione della
linea del Partito, alla risoluzione
degli affari generali del Partito,
all’educazione, alla formazione e
all’orientamento dei militanti del
Partito.
Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, pronuncia il saluto con cui si è apertura la 5 ª Sessione plenaria del 5°
CC del PMLI
Ciascuno in base ai propri
compiti e al lavoro da svolgere
nella Commissione di appartenenza, in maniera centralizzata
e coordinata, avendo un atteggiamento critico e autocritico, rispettando il centralismo democratico e le dovute procedure,
cercando di non trasformare le
contraddizioni in seno al popolo
in contraddizioni antagonistiche,
mirando sempre all’unità rivoluzionaria e marxista-leninista del
Partito.
Dall’ultima Sessione plenaria
abbiamo conquistato nuovi militanti: dobbiamo prenderli per
mano e non lasciargliela finché
non sono in grado di camminare
con le loro gambe.
Sulle nostre spalle pesano le
maggiori responsabilità della
vita, dell’azione e dello sviluppo del PMLI. La vita interna del
Partito a tutti i livelli, dal vertice
alla base, è di fondamentale importanza a questo proposito. Essa
va privilegiata rispetto a qualsiasi altro impegno esterno. Chiarirci prima all’interno per poterci
chiarire all’esterno, per portare al
proletariato, alle masse, alle nuove generazioni messaggi proletari rivoluzionari e marxisti-leninisti chiari e convincenti.
Ogni volta che riusciamo a riunirci in Sessione plenaria è un
successo politico e organizzativo,
indipendentemente dai risultati
concreti, poiché è assolutamente
necessario scambiarci le idee e le
esperienze, e discutere le questioni più importanti tattiche e strategiche riguardanti il nostro Partito, il proletariato, l’intero nostro
popolo e la lotta di classe in Italia
e nel mondo.
Questa Sessione plenaria, la
prima sulla politica estera nella
storia del PMLI, è stata possibile grazie all’impegno esemplare e alle capacità ideologiche e
politiche del compagno Erne. In
coerenza con la linea antimperialista del PMLI, sistematizzandola e apportandovi degli sviluppi,
ha studiato con passione l’attuale situazione internazionale che
non ha uguali nel passato e che
presenta delle novità che vanno sapute inquadrare nell’ottica
marxista-leninista della lotta antimperialista.
Speriamo che i suoi impegni
professionali e familiari, piuttosto gravosi, gli consentano quanto prima di poter riprendere il posto di Responsabile della politica
estera della Redazione centrale
de “Il Bolscevico”. Ne abbiamo
un estremo bisogno, date le presenti circostanze internazionali.
Una santa alleanza imperialista è nata per combattere e distruggere lo Stato islamico che
si oppone all’imperialismo. Ovviamente il PMLI non può farne
parte. Il nostro posto naturale è al
fianco di chi combatte l’imperialismo che è il nemico comune di
tutti i popoli del mondo.
Lo Stato islamico non vuole
che l’imperialismo sia il padrone dell’Iraq, della Siria, del Medioriente, dell’Africa del Nord e
centrale, dell’Afghanistan e dello Yemen. Nemmeno noi lo vogliamo, quindi non possiamo non
appoggiarlo. Come ha riaffermato l’Ufficio politico nello storico
documento del 10 gennaio scorso “tutti i popoli hanno diritto
all’autodeterminazione e all’indipendenza e a risolvere da sé le
loro contraddizioni interne”.
Tra noi e lo Stato islamico
esiste un abisso incolmabile dal
punto di vista ideologico, culturale, tattico e strategico, e non
condividiamo tutti i suoi metodi di lotta, atti e obiettivi. Ma un
punto fondamentale ci accomuna, quello della lotta senza quartiere all’imperialismo. È un punto che travalica al momento ogni
e qualsiasi altra divergenza, ed è
il perno della nostra alleanza antimperialista di fatto con esso.
Le alleanze si fanno con le
forze che sono in campo, indipendentemente dalle loro caratteristiche, ideologie e strategia. Le
quali sono quelle che sono, non
possiamo disegnarle come piace a noi, secondo modelli astratti. Dipendono dalle circostanze
e dalle contraddizioni principali
esistenti in un determinato momento.
Come Stalin si alleò con gli
imperialisti americani e inglesi per sconfiggere l’imperialismo aggressore tedesco, come
Mao si alleò con i nazionalisti
del Kuomintang per cacciare dalla Cina gli aggressori imperialisti giapponesi, così noi dobbiamo necessariamente allearci con
lo Stato islamico, altrimenti staremo dalla parte dell’imperialismo aggressore. Un’altra alternativa antimperialista non esiste,
nemmeno quella della neutralità.
Tra l’altro in una situazione in cui
si inaspriscono le contraddizioni
interimperialiste per il dominio
della Siria e dell’Iraq, che possono portare a una guerra mondiale
a cui noi ci opponiamo con tutte
le nostre forze.
Noi siamo a fianco di tutti i
popoli che lottano per la liberazione nazionale, a partire dal
popolo palestinese che combatte l’occupante sionista, nazista e
imperialista israeliano. E ne appoggiamo l’Intifada in corso. Al
contempo condanniamo la strage
di Stato ad Ankara contro il popolo curdo.
L’Italia del nuovo duce Renzi
fa parte della santa alleanza imperialista, è presente in armi in
Iraq e Afghanistan, ed è pronta a
bombardare con i Tornado lo Stato islamico nel territorio strappato all’Iraq. Aspetta solo di avere
la contropartita a cui tiene tanto,
quella della guida della missione
militare in Libia.
Lo dobbiamo ostacolare come
possiamo, denunciandolo su “Il
Bolscevico”, nei luoghi di lavoro, di studio e di vita e nelle piazze. Dobbiamo convincere il nostro popolo a rifiutarsi di fare da
carne da cannone per l’imperialismo italiano. E in caso di partecipazione dell’Italia a una eventuale guerra mondiale di sollevarsi
anche in armi, se occorre, per impedirlo.
L’imperialismo ha tirato fuori tutti i suoi artigli, è giusto che
facciano altrettanto i popoli che
non vogliono essere dominati
dall’imperialismo.
Abbasso l’imperialismo e le
guerre imperialiste!
Viva le guerre di liberazione,
dei popoli e delle nazioni oppressi!
Appoggiamo i movimenti
islamici antimperialisti!
Viva l’Internazionalismo proletario!
Cacciamo il governo imperialista e interventista del nuovo
duce Renzi!
Uniti, combattivi, coi Maestri
e il PMLI vinceremo!
5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI / il bolscevico 3
N. 38 - 22 ottobre 2015
Rapporto di Erne alla 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI
LA SITUAZIONE
INTERNAZIONALE E LA
LOTTA ANTIMPERIALISTA
DEL PMLI
Pubblichiamo qui di seguito il rapporto del compagno
Erne sull’attuale situazione internazionale e la politica antimperialista del PMLI, presentato alla 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI, tenuta a Firenze l’11
ottobre 2015.
Il “prezioso” rapporto, come l’ha definito il compagno
Scuderi nelle conclusioni, è stato condiviso pienamente da
tutti i membri del CC e dagli invitati.
“Ora il nostro compito principale – come ha detto il Segretario generale – è quello di lavorare affinché tutto il Partito si compatti sulla linea antimperialista del CC e si mobiliti per farla conoscere e condividere dalle masse proletarie,
popolari e giovanili, a partire dai sinceri antimperialisti”.
Care compagne, cari compagni,
su incarico del Segretario
generale del Partito vi presento questo Rapporto sulla situazione internazionale e la lotta
antimperialista del PMLI. Sono
trascorsi quasi 7 anni dal glorioso e storico 5° Congresso nazionale del nostro amato Partito. Nel frattempo sono
emerse diverse novità nel
mondo, alcune già individuate
e anticipate dalle Tesi approvate dal suddetto Congresso
e dal mirabile e lungimirante
Rapporto tenuto dal compagno
Giovanni Scuderi, altre che riguardano essenzialmente la
lotta antimperialista di popoli e
Stati manifestatesi con la nascita dello Stato islamico (IS).
Una situazione per certi aspetti
inedita e di difficile decifrazione anche da parte dei sinceri
antimperialisti e dei compagni,
senza la guida del marxismoleninismo-pensiero di Mao e
del PMLI.
In questa sede è opportuno esaminare le principali novità internazionali, rendendo
omaggio e gloria eterna alle
Penne rosse de “Il Bolscevico”,
dirette dal compagno Achille con il supporto e l’ispirazione immancabile e fondamentale del Segretario generale, che
settimanalmente ci illuminano sulla politica interna e estera, in particolare al compagno
Alessandro che da anni regge
l’urto maggiore sul fronte della politica estera. Seppur momentaneamente non più cartaceo ma on line, il nostro amato
giornale sempre più colorato
e più accattivante graficamen-
te, fornisce settimanalmente la
base imprenscindibile per capire e interpretare il mondo d’oggi. Tanto che, come è stato ben
evidenziato, saltare la lettura
de “il Bolscevico” è come saltare un pasto.
Care compagne e cari compagni, questo Rapporto farà la
sua parte, voi dovrete fare la
vostra intervenendo nel dibattito che seguirà, sulla base delle
vostre esperienze e conoscenze, esprimendovi liberamente
e senza remore.
Conclusioni di Giovanni Scuderi
Care compagne e cari
compagni,
questa mattina in apertura dei lavori ho detto: “Speriamo che questa Sessione
possa tingere di rosso questa giornata”. Detto fatto, è
stato risolto il problema. Mi
pare che questa pennellata di rosso l’abbiamo data.
Non mi rimane altro che rivolgere una serie d ringraziamenti. Ringrazio, come
avete fatto lealmente e sinceramente ciascuno di voi il
compagno Erne per il suo
prezioso rapporto che è
stato aggettivato da diversi
interventi in più modi, persino “gioiello”. In effetti si tratta di un avvenimento, un regalo estremamente grosso
fatto al CC, a tutto il Partito
e di riflesso al proletariato e
alle masse popolari.
Ringrazio ciascuno di voi
per gli interventi. Tutti sono
stati importanti e hanno, in
base alla propria esperienza e alle proprie sensibilità
politiche, portato dei contributi interessanti e importanti che hanno approfondito il Rapporto. Non si finisce
mai di imparare, non si finisce mai di aggiungere qualcosa, perché più siamo, più
interveniamo, più portiamo
dei contributi, più arricchiamo noi stessi, arricchiamo
il CC, arricchiamo praticamente tutto il Partito. Ringrazio quei compagni che
sinceramente e lealmente hanno esposto i problemi che avevano all’inizio di
fronte ai fatti di Parigi. Sono
dei contributi di sincerità, di
lealtà e di apertura, dei con-
Il compagno Giovanni Scuderi, al centro, coi compagni invitati, da sinistra a destra, Andrea, Federico ed Enrico, definiti tre bandiere rosse. Alla destra di Scuderi, MinoPasca, portavoce del PMLI, anch’egli invitato
tributi al nostro stile di lavoro, alla nostra comunicativa, al nostro rapporto
politico e personale. Se si
manca di sincerità, di lealtà e di franchezza, e se non
si dice tutto quello che abbiamo in testa e abbiamo
nel cuore poi alla fine finiamo per non capirci o creare delle riserve e delle problematiche. Quindi tutti noi
di fronte al CC, di fronte
al Partito dobbiamo essere delle menti aperte e dei
cuori aperti e mai avere delle riserve. Sputare fuori tutto quello che vogliamo dire,
a quel punto ci aiutiamo l’uno all’altro, perché nessuno
“nasce imparato”, perché
nessuno è perfetto, tutti,
compreso il Segretario generale, abbiamo bisogno
dell’uno e dell’altro
A questo punto registro,
e questo è molto importante, come hanno sottolineato alcuni compagni, con la
massima soddisfazione l’unità del CC sull’analisi della
attuale situazione internazionale e sulla linea antimperialista del Partito. Questa unità è una grandissima
forza del nostro Partito
Ringrazio la Commissione di organizzazione con
alla testa il compagno Dario e gli altri compagni che
hanno lavorato per la realizzazione di questa Sessione
plenaria che è costata non
solo tempo ma è costata
anche molto lavoro e molto sacrificio, in particolare
ringrazio la compagna Carla che, tra l’altro, è il perno
per la pulizia della Sede. Un
esempio concreto su cosa
significa aver cura dei beni
del Partito, se si ha cura dei
beni del Partito si ha cura
del Partito, si ha cura della
causa rivoluzionaria.
Ritengo che questa Sessione plenaria costituisca
una pietra miliare dell’unità,
della vita, della costruzione,
dello sviluppo, dell’elaborazione politica e della formazione del gruppo dirigente
del Partito. Questa Sessione plenaria, a mio avviso,
costituisce inoltre un duro
colpo all’imperialismo nostrale ed estero, un aiuto
concreto allo Stato islamico
e ai movimenti islamici antimperialisti, uno strumento di chiarificazione per il
proletariato e per le masse italiane riguardo agli avvenimenti internazionali in
corso e al giusto atteggiamento da assumere nella
lotta contro l’imperialismo,
una fonte di ispirazione per
i sinceri antimperialisti italiani. Ora, come ha detto il
futuro Segretario generale
del Partito, il nostro compito
principale è quello di lavorare affinché tutto il Partito si
compatti sulla linea antimperialista del CC e si mobiliti
per farla conoscere e condividere dalle masse proletarie, popolari e giovanili.
Viva la 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI!
Applichiamo a livello politico, giornalistico e pratico
la sua linea antimperialista!
Uniti e combattivi, coi
Maestri e il PMLI vinceremo!
4 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI
N. 38 - 22 ottobre 2015
L’IMPERIALISMO E I POPOLI E NAZIONI OPPRESSI
Fin da quando il capitalismo
si è trasformato in imperialismo
a cavallo tra l’ottocento e il novecento, come rileva Lenin nella magistrale opera del 1916
“L’imperialismo fase suprema
del capitalismo”, l’esportazione
di capitali ha assunto una maggiore importanza rispetto all’esportazione delle merci, tanto
che oggi la circolazione di capitali su scala mondiale, sfruttando internet e i nuovi mezzi
telematici, è diventata vertiginosa e si attua in tempo reale.
Questi flussi finanziari che circolano alla velocità della luce
condizionano governi ed economie di interi paesi. I grandi finanzieri e le multinazionali
hanno così in mano un enorme
potere che usano unicamente
per arricchirsi sempre più, per
fare affari più lucrosi e per diventare ancora più potenti. Secondo una stima dell’Unctad,
l’agenzia del commercio delle Nazioni Unite, nel 2012 la
classifica delle prime cento potenze economiche mondiali in
base al prodotto interno lordo
vede la presenza di ben 55 società multinazionali contro 45
Stati sovrani. Sono 55 giganti mondiali più potenti economicamente di tanti Stati, che
controllano la comunicazione,
l’informazione, il web, l’alimentare. Il loro fatturato non è intaccato dalla crisi economica, i
loro tentacoli sono estesi in tutto il mondo e permettono loro
di compensare agevolmente il
calo delle vendite in un continente con l’aumento in un altro. Come rilevava Lenin “Alcune decine di migliaia di
grandi aziende sono tutto;
milioni di piccole aziende,
niente”.
Ogni superpotenza per difendere l’espansione delle
proprie multinazionali attacca in tutti i campi, finanziario,
economico, commerciale, politico e militare. Attualmente nel
mondo sono due le contraddizioni fondamentali. Quella tra
l’imperialismo e i popoli e nazioni oppressi e quella interimperialistica. La prima contraddizione, che è antica quanto il
capitalismo e l’imperialismo,
è inevitabilmente destinata a
svilupparsi e a sfociare in rivolte di massa, in lotte di liberazione nazionale e in rivoluzioni.
Oggi la lotta all’imperialismo
si compie in tutt’altra condizione rispetto al secolo passato,
quando ancora esistevano l’Unione Sovietica di Lenin e Stalin, la Cina di Mao e il campo
socialista internazionale.
Il vuoto che si è venuto a
creare nella lotta all’imperialismo, per il cedimento dei partiti comunisti storici e per il comportamento non coerente al
marxismo-leninismo-pensiero
di Mao dei partiti che si richiamano al comunismo presenti nei paesi in cui divampano i
conflitti, ha consentito a diverse organizzazioni islamiche
di prendere la testa dei movimenti di liberazione nazionale, usando metodi e mezzi diversi da quelli novecenteschi
quando i popoli lottavano
all’interno dei propri paesi contro l’aggressore esterno. Oggi
le lotte di resistenza antimperialistiche islamiche escono
dai rispettivi paesi per essere
portate fin dentro i paesi imperialisti. Non a caso nell’importante Documento dell’Ufficio
politico del PMLI del 10 gennaio di quest’anno all’indomani degli attentati di Parigi si rilevava questa novità: “Ormai
dall’11 settembre di New York,
- si legge - la guerra di resistenza all’imperialismo, sotto
forma di azioni terroristiche, è
portata fin dentro i Paesi imperialisti, ed è impensabile fermarla se gli imperialisti non si
ritirano dai Paesi che occupano e che controllano. Per contro i governanti imperialisti invitano all’unità nazionale per
difendere la libertà e i “valori”
dell’Europa e dell’Occidente.
In realtà invitano a difendere
il capitalismo, la dittatura della borghesia, le loro istituzioni antipopolari e la loro politica imperialista e interventista.
Un invito che va decisamente
respinto per non essere coinvolti nelle guerre imperialiste e
nei crimini che commettono gli
imperialisti in nome della falsa
democrazia e della falsa umanità. Tutti i popoli hanno diritto
all’autodeterminazione e all’indipendenza e a risolvere da sé
le loro contraddizioni interne.
Bisogna lottare contro l’imperialismo, segnatamente contro
l’Unione europea imperialista
e contro il governo del Berlusconi democristiano Renzi,
che è in prima linea sul fronte
dell’interventismo militare imperialista”.
Una sintesi marxista-leninista eccezionale, che squarcia il pensiero unico borghese capitalista e imperialista.
A cui ha indirettamente risposto l’11 gennaio il ministro degli Esteri del governo Renzi il
crociato Gentiloni intervistato da “la Repubblica”: “Illudersi che questa minaccia possa
essere fronteggiata senza intervenire, astenendosi, credendo di poterci rinchiudere
nelle nostre frontiere è un’idea pericolosa... Noi dobbiamo colpire, sradicare, estirpare la minaccia nel luogo in
cui è più radicata, quello dello Stato islamico... Il non intervento è illusorio e pericoloso,
così come sarebbe ancora più
pericoloso pensare che il tema
non riguardi noi, ma che ci sia
qualcun altro che lo faccia per
noi... Tant’è che per battere lo
Stato islamico c’è una coalizione di 60 paesi. E per questo il
governo chiede unità al parlamento, non solo per rafforzare e riorganizzare il dispositivo che contrasta il terrorismo
all’interno del Paese, ma per
combatterlo fuori”. Con l’elmetto anche il neo presidente della Repubblica Mattarella
che gli ha fatto eco nel suo discorso di giuramento in parlamento, per cui la minaccia islamica “è molto più profonda e
più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia,
di tolleranza e di convivenza.
Per minacce globali servono
risposte globali. Un fenomeno
così grave non si può combattere nel fortino degli Stati nazionali”.
Bisogna prendere atto che
con gli attentati dell’11 settembre del 2001 è nato un nuovo
tipo di resistenza all’imperialismo. Solo il nostro Partito, unico nello scenario nazionale, e
fors’anche a livello mondiale,
smo e paesi e popoli islamici
oppressi.
Non dobbiamo avere nessun dubbio che quella in atto
non è né una guerra di religione né una guerra di civiltà. È
una guerra tra imperialismo e
popoli oppressi, dove in gioco è l’autodeterminazione o
meno delle nazioni e dei popoli islamici. Una guerra che
non cesserà finché l’imperialismo continuerà ad ingerirsi
rialisti e li sosteniamo fino in
fondo nella loro lotta per l’indipendenza e la sovranità nazionali e per la liberazione da ogni
forma di occupazione e rapina di tipo egemonico. Ma certo non ne abbracciamo l’intera concezione del mondo e la
raccapricciante organizzazione sociale reazionaria e oscurantista di tipo feudale di cui
sono portatori. Né accettiamo
tutti gli atti dello Stato islami-
Il compagno Scuderi abbraccia calorosamente il compagno Erne al termine della lettura del Rapporto
ha colto perfettamente questa
novità.
Per portare il popolo a sposare la propria politica imperialista i guerrafondai devono giocoforza esaltare la superiorità
del sistema politico e dei “valori” occidentali in contrapposizione alla “barbarie” dei combattenti islamici antimperialisti,
devono demonizzarli come tagliagole assetati di sangue, responsabili dei più efferati e gratuiti crimini ai danni di bambini,
donne e innocenti senza mai
far emergere le loro ragioni, i
loro programmi politici, i contenuti delle loro denunce. Devono insomma rovesciare verità e menzogna. Ecco perché
non fanno mai chiarezza su
chi sono gli aggressori e invasori e chi invece gli aggrediti e
vittime. Nessuno deve sapere
le ragioni vere della guerra in
atto, qual è la contraddizione
principale, che è tra imperiali-
negli affari interni di quelle nazioni saccheggiandole, aggredendole, invadendole, bombardandole e imponendo loro
governi e organizzazioni statali
fantoccio, come hanno fatto gli
USA coi governi da Kharzai in
poi in Afghanistan o quello sciita in Iraq.
Noi marxisti-leninisti italiani
dobbiamo gridare forte: lasciate in pace quei popoli, lasciateli
decidere liberamente da soli il
loro destino e lasciateli risolvere autonomamente le loro contraddizioni interne e, d’incanto,
si dissolverà ogni nube di guerra.
Il carattere dell’antagonismo che contrappone l’imperialismo ai popoli e ai paesi
islamici è esclusivamente di
carattere politico, economico
e militare. E in questo conflitto ognuno sceglie con chi stare. Noi stiamo dalla parte dei
combattenti islamici antimpe-
co, come l’aggressione al Kurdistan siriano, dove il popolo
curdo locale chiede e reclama
l’autonomia. Seppur impregnato dall’ideologia del “socialismo libertario”, dall’anarchismo, dal femminismo, dalla
cosiddetta “ecologia sociale”,
il fronte popolare di liberazione
guidato dal PKK, il Partito dei
lavoratori curdi inizialmente
ispirato al marxismo-leninismo
e dal 1999 condotto ufficialmente da Ocalan a sposare la
teoria del cosiddetto “municipalismo libertario”, rappresenta le legittime ambizioni alla
fondazione di uno Stato autonomo curdo, partendo dalla
regione autonoma di Rojava.
Dichiaratasi autonoma nel novembre 2013 Rojava, non riconosciuta dalla Siria di Assad, è
costituita da 3 cantoni, Jazira,
Kobane e Afrin, che stanno resistendo agli attacchi dell’IS.
In questo quadro condannia-
mo la strage di Stato di ieri ad
Ankara contro il popolo curdo.
Il nostro sostegno allo Stato islamico non è in nessun
modo contraddetto dal nostro
rifiuto della sua strategia di
un mondo islamico e dei suoi
principi religiosi, politici e sociali. L’abbiamo sempre detto,
scritto e fatto. Abbiamo sostenuto e celebrato la rivoluzione antimperialista islamica di
Khomeini in Iran, mandando a una Conferenza rituale a
Teheran uno dei nostri massimi dirigenti nazionali, il compagno Dario Granito, rispondendo all’invito indiretto dell’allora
governo di Teheran. Abbiamo
sostenuto questo Paese fino
alla presidenza antimperialista
di Ahmadinejad, senza mai rinunciare ai nostri principi e alle
nostre convinzioni marxiste-leniniste circa l’utilizzo della religione come oppio dei popoli e
sull’organizzazione reazionaria e oscurantista della società,
come non possiamo oggi sostenere l’attuale politica interna
ed estera iraniana, che da un
lato ha ceduto all’imperialismo
occidentale limitando il suo
programma nucleare e dall’altro mira, col suo interventismo
politico, economico e militare,
a svolgere un ruolo egemone
nella regione, combattendo insieme all’imperialismo americano lo Stato islamico.
È stato Stalin ad insegnarcelo nella sua opera “Principi del leninismo” ben 91 anni
fa: “Nelle condizioni dell’oppressione imperialistica, il
carattere rivoluzionario del
movimento nazionale non
implica affatto obbligatoriamente l’esistenza di elementi proletari nel movimento,
l’esistenza di un programma
rivoluzionario o repubblicano del movimento, l’esistenza di una base democratica del movimento. La lotta
dell’emiro afghano per l’indipendenza dell’Afghanistan
è oggettivamente una lotta
rivoluzionaria, malgrado il
carattere monarchico delle
concezioni dell’emiro e dei
suoi seguaci, poiché essa
indebolisce, disgrega, scalza l’imperialismo...
La lotta dei mercanti e
degli intellettuali borghesi
egiziani per l’indipendenza
dell’Egitto - continua Stalin -,
è, per le stesse ragioni, una
lotta oggettivamente rivoluzionaria, quantunque i capi
del movimento nazionale
egiziano siano borghesi per
origine e appartenenza sociale e quantunque essi siano contro il socialismo... E
non parlo del movimento nazionale degli altri paesi coloniali e dipendenti più grandi,
come l’India e la Cina, ogni
passo dei quali sulla via della loro liberazione, anche se
contravviene alle esigenze
della democrazia formale, è
un colpo di maglio assestato
all’imperialismo, ed è perciò
incontestabilmente un passo rivoluzionario”.
Queste frasi di Stalin ribadiscono e al tempo stesso attua-
N. 38 - 22 ottobre 2015
lizzano alla situazione odierna un principio fondamentale
del marxismo-leninismo-pensiero di Mao che ci permette
di orientarci correttamente nei
confronti delle lotte antimperialiste, per quanto complesse,
peculiari e diverse appaiono
tra loro. Come in tutti i fenomeni si tratta sempre di individuare la contraddizione principale
che è la lotta antimperialista,
la lotta di popolo contro l’occupante militare oppressore, la
lotta di liberazione nazionale
dall’aggressore straniero. Ed è
questa che va appoggiata senza tentennamenti e riserve,
senza farsi condizionare dalla
propaganda dell’imperialismo
che taccia di terrorista qualsiasi forza o movimento osi impugnare le armi e combattere
contro la sua rapacità e prepotenza. Che poi a ben guardare sono le stesse accuse che i
nazisti rivolgevano ai partigiani nella guerra di resistenza al
mostro nazifascista.
Un bivio è di fronte a noi e a
5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI / il bolscevico 5
tutti i veri e sinceri antimperialisti: o l’imperialismo o i popoli islamici antimperialisti, non
esiste una terza scelta davanti a noi. Che ci piaccia o no i
movimenti antimperialisti non
potranno mai conformarsi ai
nostri desideri e speranze soggettivi perché essi sono il frutto
delle contraddizioni e della situazione internazionale attuale, dove l’ideologia e la politica
comuniste, per i motivi già detti sopra, non riescono a esercitare alcuna influenza come
invece avveniva in passato,
quand’era vivo Mao ed esisteva un campo socialista.
Dopo anni, decenni di guerre imperialiste in Afghanistan,
Iraq, Palestina, Libia e nell’intero Nordafrica, la rivolta dei
popoli arabi ha al fine portato
alla proclamazione dello Stato
islamico che contrappone la
guerra di liberazione alla guerra di occupazione, il terrorismo
rivoluzionario al terrorismo
controrivoluzionario. I primi
terroristi sono stati gli eserciti
imperialisti americani, israeliano e europei che si sono macchiati di crimini inenarrabili e
incancellabili come il genocidio sionista ai danni del popolo palestinese, un popolo eroico di cui appoggiamo la terza
Intifada in corso contro gli occupanti sionisti, nazisti e imperialisti israelian, l’invasione
dell’Iraq e della Libia e le esecuzioni sommarie di Saddam,
di Gheddafi e dei loro governi
e sostenitori, le stragi nei villaggi, l’uso dei droni, i bombardamenti a tappeto contro civili,
bambini e persino ospedali, gli
stupri delle mogli e delle figlie
dei combattenti antimperialisti,
la tortura fisica esercitata sul
posto e nelle carceri dei paesi
imperialisti come quella statunitense di Guantanamo ai cosiddetti “terroristi islamici”.
A questa guerra di dominio e
di saccheggio degli imperialisti
che ricorrono in modo sistematico al terrorismo, gli antimperialisti islamici contrappongono
una propria guerra di resisten-
za che fa uso anche di azioni terroristiche fuori dai confini dei propri Paesi, fin dentro
quei Paesi imperialisti aggressori affinché non si sentano al
sicuro neppure nelle loro retrovie. Noi marxisti-leninisti non
possiamo condividere gli atti
terroristici indiscriminati contro incolpevoli o innocenti civili,
il taglio delle teste e la distruzione dei siti archeologici. Al
loro posto agiremmo in modo
diverso, ma questo non ci impedisce di capire la loro rabbia
e le ragioni che scatenano tale
reazione. E in ogni caso dobbiamo prendere atto che non si
sono piegati all’imperialismo e
lo combattono con ogni mezzo godendo del consenso di
consistenti fette delle popolazioni locali. Se costoro fossero
semplicemente dei pazzi sanguinari, non riusciremmo mai a
spiegare il loro successo nella guerra di resistenza all’imperialismo, né l’estensione dei
territori da essi controllati in
Iraq, Siria, Libia e laddove vi-
vono popolazioni locali e etnie
molto diverse fra loro, né l’arruolamento nel suo esercito di
un numero sempre crescente
di giovani provenienti da ogni
parte del mondo, compresi gli
USA, l’UE e la Russia.
Come dimostrano i fatti, lo
Stato islamico è il nemico comune di tutti i paesi imperialisti.
Da tempo esso è combattuto in
armi, dal cielo, dalla coalizione
internazionale di 60 paesi con
alla testa gli USA. Di recente
è bombardato autonomamente sia dalla Francia del socialista Hollande sia dalla Russia
del nuovo zar Putin. Mentre è
in corso una trattativa per creare una nuova coalizione internazionale che comprenda
anche la Russia, ciascuno dei
suoi membri lavora per il dominio della Siria, una volta eliminato l’IS.
Tutto questo dovrebbe far
riflettere i sinceri antimperialisti
italiani ancora perplessi o contrari a sostenere lo Stato islamico.
Tutti i popoli del mondo devono unirsi per combattere
l’imperialismo
sostenendosi
l’un l’altro. Attaccare l’imperialismo da tutti i lati e in ogni parte del mondo, anche nelle sue
roccaforti, vuol dire indebolirlo, fiaccarlo, demonizzarlo, dividerlo, disperderne le forze.
Ciascun popolo deve mettere nel mirino in primo luogo il
“proprio” imperialismo. La vittoria di un popolo è la vittoria
di tutti gli altri popoli. Noi dobbiamo sostenere tutti i popoli
che combattono l’imperialismo
indipendentemente dalle forze
che li dirigono. Noi appoggiamo i paesi che si oppongono ai
ricatti, ai soprusi, all’ingerenza,
alla sopraffazione, all’oppressione e all’aggressione dell’imperialismo, qualsiasi siano le
forze che li governano, anche
se siamo contrari alla loro politica interna e a certi loro atti di
politica estera. Noi dobbiamo
lottare affinché vengano cancellati i debiti ai paesi più poveri.
LE DIVISIONI TRA GLI ISLAMICI
Una gran confusione regna
attualmente sul fronte dell’informazione riguardante gli
islamici. Per l’imperialismo occidentale tutti i movimenti che
gli si oppongono sono criminali e terroristi, quando nella
realtà di volta in volta scelgono le alleanze a loro momentaneamente più favorevoli. La
storia recente ha visto l’appoggio imperialista capitanato dagli USA ai mujahiddin afghani nella lotta di resistenza
al socialimperialismo sovietico, per poi bombardare e invadere lo stesso paese dopo
l’attacco subito l’11 settembre
2001, così è stato per l’Iraq di
Saddam, armato e foraggiato nell’aggressione all’allora
bastione antimperialista della
Repubblica islamica dell’Iran
di Khomeini per poi scaricarlo e raderlo al suolo anni dopo
con il pretesto dell’esistenza
delle fantomatiche “armi di distruzioni di massa”, fino all’appoggio odierno al governo sciita di Al Abadi nella lotta contro
lo Stato islamico, così come
è stato con Gheddafi in Libia.
L’imperialismo da sempre foraggia le monarchie reazionarie del Golfo a partire dall’Arabia Saudita e sfrutta ai propri
fini le plurisecolari divisioni
presenti nel mondo islamico, a
partire dalla principale che divide sunniti da sciiti.
Le divisioni tra sunniti e sciiti
risalgono alla morte del fondatore dell’Islam, il profeta Maometto, nel 632 d.c.: la maggioranza di coloro che credono
nell’Islam, i sunniti, che attualmente sono più dell’80% di tutti i musulmani, pensavano che
l’eredità religiosa e politica di
Maometto potesse andare a
qualunque musulmano eletto
per buona moralità, dottrina e
sano di corpo e di mente, mentre per gli sciiti invece il successore doveva essere esclusivamente un consanguigno
del profeta. Tutti i musulmani
sono d’accordo che Allah sia
l’unico dio, che Maometto sia
il suo messaggero, e che ci si-
ano cinque pilastri rituali dell’Islam, tra cui il mese di digiuno,
il Ramadam, e il Corano, libro
sacro. Mentre i sunniti si basano sulla pratica del profeta e
sui suoi insegnamenti la “sunna”, che prevede la direzione
di un califfo, gli sciiti vedono
le figure religiose degli ayatollah come riflessi di dio in terra, l’ Imam letteralmente “persona che sta davanti”, colui
che guida la comunità islamica negli affari spirituali, politici,
materiali e sociali, immune da-
viene definita “mezzaluna sciita” oggi parte dall’Iran, passa
dall’Iraq e dal regime di Assad
in Siria e arriva fino a Hezbollah in Libano, in Kuwait e nello Yemen, e si oppone al blocco sunnita guidato dall’Arabia
Saudita.
L’attuale bastione antimperialista islamico, lo Stato islamico proclamato il 29 giugno
del 2014, è sunnita, come sunniti sono i miliziani di Al Qaeda.
Seppur gli avvenimenti dello scorso gennaio in Fran-
mentre l’IS mira a consolidare i
propri successi a livello regionale e locale. Ogni provincia
ha il suo emiro capo al tempo
stesso politico e militare.
Già prima della fulminea
avanzata dell’Is in Iraq era stato lo stesso capo di Al Qaeda
Al Zawahiri a mandare segnali di avvicinamento al Califfo in
nome di una lotta comune che
allora era verso il regime di Assad in Siria e oggi contro la coalizione internazionale guidata
dagli USA di Obama, ma i fat-
La presidenza della 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI, con al centro il Giovanni
Scuderi, Segretario generale del PMLI. Da sinistra a destra, Loris Sottoscritti, Denis Branzanti, Monica
Martenghi, Emanuele Sala
gli errori perché guidato dalla
volontà divina e credono che il
dodicesimo e ultimo imam discendente da Maometto sia
nascosto e un giorno riapparirà per compiere la volontà divina.
La rivalità tra sciiti e sunniti è scoppiata a livello politico
a partire dalla rivoluzione khomeinista in Iran nel 1979, che
ha portato all’instaurazione di
una teocrazia islamica sciita in
forte contrapposizione con tutti i paesi del Golfo Persico governati dai sunniti. Quella che
cia sembrerebbero dimostrare analogie e contatti tra i due
gruppi, l’attacco alla rivista
islamofobica “Charlie Hebdo”
è stato rivendicato da Al Qaeda e compiuto da due miliziani dell’organizzazione dello Yemen, mentre l’attentatore del
supermercato kosher parigino
ha proclamato di aver giurato
fedeltà al capo dei musulmani,
il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi.
Prioritario per Al Qaeda è
sempre stato colpire il “nemico
lontano” cioè l’occidente imperialista con azioni terroristiche,
ti recenti hanno dimostrato la
temporanea impossibilità di fusione a livello di movimento e
dirigenze.
Entrambi sono gruppi jihadisti sunniti. I loro obiettivi finali sono identici: eliminazione
dell’influenza occidentale nel
mondo islamico; unità dell’Umma sotto un Califfo, autorità
sia politica che religiosa; eliminazione degli attuali regimi “apostati” e dei gruppi che
non accettano l’interpretazione radicale dell’Islam, propria
dello jidaismo; superiorità del-
la sharia, la legge islamica,
sulla “legge degli uomini”. Entrambe le organizzazioni hanno tendenze universali e reclutano combattenti stranieri. Il
maggior numero di questi ultimi proviene da paesi islamici,
in prevalenza arabi, ma non
mancano neppure gli europei.
Anche la loro origine e le
loro priorità strategiche sono
differenti. Al Qaeda, “la base”,
nasce dalla mobilitazione dei
mujaiddin, reduci dalla lotta di
liberazione contro l’occupazione del socialimperialismo
sovietico dell’Afghanistan. Fu
creata da Osama Bin Laden
come un’organizzazione inizialmente molto centralizzata,
appoggiata di fatto dal regime
talebano di Kabul. La sua strategia dava e dà ancora priorità all’attacco contro il nemico
esterno, cioè l’Occidente, in
particolare contro gli USA definiti “il grande Satana”. Solo
dopo il loro ritiro sarebbe possibile la presa del potere da
parte degli jihadisti. Le capacità operative, addestrative e logistiche di Al Qaeda sono state
fortemente ridotte dagli attacchi militari americani dopo l’attacco dell’11 settembre, fino
all’uccisione illegale di Bin Laden in Pakistan. Di fatto Al Qaeda non esiste più come organizzazione centralizzata. Le
capacità operative sono state
assorbite da vari gruppi regionali, che lottano per ragioni locali, con l’eccezione di quello
della Penisola arabica che dallo Yemen adotta una strategia
più globale. Il suo capo, l’egiziano Aymat al Zawahiri non
possiede il carisma di Bin Laden e la direzione centrale ha
perso la capacità di effettuare
attacchi sofisticati e massicci.
Gli affiliati di Al Qaeda agiscono in Occidente in piccoli gruppi, costituiti soprattutto su base
familiare, difficilmente infiltrabili
dai servizi segreti dell’imperialismo, o con singoli.
L’IS nasce invece con il
nome di Al Qaeda in Iraq nelle
province sunnite dell’Iraq (An-
bar, Ninive e Kirkuk) per opporsi all’aggressione americana. Dopo l’11 settembre tra le
montagne dell’Afghanistan nasceva l’alleanza tra il giordano
Al Zarkawi e il saudita Bin Laden, malgrado le divergenze in
termini di visioni ed obiettivi. Al
Zarkawi puntava ad estendere l’influenza dell’Islam sunnita partendo dal Medio Oriente, da una base territoriale, Bin
Laden aveva obiettivi territoriali meno concreti e una battaglia
più idealista e globale: la lotta e
l’odio per l’Occidente corrotto.
Fu proprio l’odio per l’Occidente però il collante che spinse Al
Qaeda nel 2004 a sostenere la
lotta in Iraq di Al Zarkawi contro
le truppe occidentali. Un sostegno sopravvissuto all’uccisione di Al Zarkawi in un raid aereo statunitense nel 2006, a cui
subentrò prima Abu Omar al
Qurashi al Baghdadi e poi nel
2010 l’attuale califfo. La sua rinascita fu dovuta soprattutto
alla politica settaria dell’allora
premier iracheno fantoccio degli USA Nouri Al Maliki, discriminatoria nei riguardi dei sunniti che fino a Saddam avevano
dominato il paese. Fu sostenuto dall’appoggio crescente di
masse locali e assunse prima
il nome di Stato Islamico dell’Iraq (ISI) e quando scoppiò il
conflitto in Siria, quello di ISIS
(detto anche ISIL, in arabo Daesh), Stato Islamico dell’Iraq e
della Siria o del Levante. Il suo
leader, Abu Bakr Al Baghdadi
inizialmente cooperò con altre formazioni al qaediste che
operavano contro il regime di
Damasco, in particolare con
Jabhat al Nursa (Fronte della vittoria). Dopo le travolgenti vittorie conseguite nel Nord
dell’Iraq Al Baghadi il 29 giugno 2014 ha proclamato lo
Stato islamico transfrontaliero
fra Iraq e Siria, di cui si è autoproclamato Califfo assumendo
il nome di Ibrahim. Concentrò
conseguentemente la lotta delle sue milizie contro il “nemico vicino” per allargare il proprio territorio. I rapidi successi
6 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI
nelle province sia occidentali
sia settentrionali dell’Iraq furono resi possibili dall’appoggio
delle milizie sunnite e di molti
ex ufficiali di Saddam. L’IS ha
sempre avuto una solida base
finanziaria. Inizialmente i fondi
provennero dai paesi del Golfo preoccupati dalla leadership
sciita di Baghdad e dall’alleanza che si stava consolidando
tra questa e l’Iran sciita. Successivamente si è accresciuto
enormemente con il sequestro
dei depositi bancari delle città conquistate in Iraq e in Siria, con la vendita di petrolio
e di opere d’arte, con le tasse
sui territori conquistati e con i
proventi del pagamento dei riscatti.
A differenza di Al Qaeda
dunque l’IS possiede un territorio, ha dimostrato eccellenti qualità non solo militari, ma
anche amministrative e sofisticate capacità mediatiche.
Militarmente dispone di comandanti capaci, la sua forza militare regolare è caratterizzata da estrema flessibilità
tattica. È in grado di impiegare
gli armamenti pesanti strappati all’esercito iracheno o siriano
in fuga da Mosul e dalle altre
città conquistate. Il 17 maggio
scorso la conquista della città irachena di Ramadi e il 21
maggio quella siriana di Palmira dopo diversi giorni di combattimento hanno dimostrato
tutto ciò.
Al-Raqqa in Siria è di fatto
Musul (Irak), 16 giugno 2014. Corteo a sostegno dello Stato islamico
la capitale dello Stato islamico.
Le istituzioni, restaurate e ricostruite, stanno fornendo servizi. La diga della capitale continua a fornire acqua ed energia
elettrica. La polizia e i soldati
combattenti dello Stato islamico provenienti da qualsiasi parte del mondo ricevono alloggi
confiscati ai musulmani non
sunniti oppure abbandonati.
Vengono forniti i servizi di welfare e viene praticato il controllo dei prezzi, ai benestanti ven-
gono imposte tasse personali.
Non esistono bollette dell’acqua e della luce fornite gratuitamente, ogni mese una fornitura alimentare completa viene
data ai meno abbienti, le visite
mediche e i farmaci sono gratuiti.
Lo Stato islamico non riconosce l’Onu, che ha “depredato la Palestina e istituito lo
Stato d’Israele”, non accetta il
Fondo monetario internazionale che ha messo il cappio al
collo alle nazioni musulmane
con milioni di dollari di debito.
Lo Stato islamico ha abbattuto fisicamente il confine
tra Siria e Iraq come definito
dall’accordo Sykes-Picot, ufficialmente Accordo sull’Asia
Minore, un accordo segreto siglato il 16 maggio 1916 tra i governi del Regno Unito e della
Francia che definiva le rispettive sfere d’influenza nel Medioriente in seguito alla sconfitta
dell’impero ottomano nella pri-
ma guerra mondiale imperialista. Attualmente occupa un territorio grande quanto il Regno
Unito. Con le alleanze e le richieste di associazione al califfato lo Stato islamico ha messo
piede anche in Africa a partire
dalla Libia, dove la città di Derna, conquistata dai jihadisti libici di Ansar Al Sharia nell’aprile
del 2014, ha aderito dall’ottobre dello stesso anno allo Stato islamico. Così come hanno
fatto le città di Zuara e Sirte.
N. 38 - 22 ottobre 2015
Etichettati anch’essi come
una massa di terroristi e criminali sanguinari, in Africa la giuda dell’antimperialismo islamico è rappresentata da Boko
Haram.
Dall’arabo
“L’educazione
occidentale è peccato”, Boko
Haram è stata fondata nel
2002 dal religioso Mohammed
Yusuf per combattere il regime
nigeriano al servizio dell’imperialismo. Con un esercito di
280mila uomini addestrati per
la maggior parte dai talebani
afghani, dopo aver giurato fedeltà a Al Qaeda ha ricevuto
oltre 3 milioni di dollari da Bin
Laden, il gruppo ha iniziato la
sua lotta nella parte settentrionale del grande Paese africano
dove i musulmani sono la maggioranza. Nel 2009 dopo l’uccisione di Yusuf in una operazione militare governativa, alla
sua guida è arrivato l’attuale leader, Abubakar Shekau che ha
giurato fedeltà allo Stato islamico.
Dalla parte dell’IS stanno anche le “Brigate di sunniti liberi di Baalbeck” in Libano,
Ansar Beit Al Maqdis nel Sinai
egiziano, Tehrik - e - Khilafat in
Pakistan, Afghanistan, India,
Turkmenistan e Uzbekistan,
Biff (Bergsamaro Islamic Freedom Fighters) nelle Filippine.
Mentre esistono una miriade di
altri gruppi, in origine alleati di
Al Quaeda, che si sono divisi
sull’appoggio all’IS.
LE CONTRADDIZIONI INTERIMPERIALISTICHE
L’imperialismo non è, non
lo è mai stato e mai lo sarà un
blocco monolitico. Al suo interno esistono delle forti e ineliminabili contraddizioni dovute
ai contrappposti interessi economici, finanziari, commerciali,
politici e militari dei vari paesi
imperialisti. Quest’ultimi sono
uniti nel depredare le ricchezze dei paesi del mondo e nel
soggiogare i rispettivi popoli,
ma si dividono quando si tratta
di spartirsi il bottino. Lo scontro
maggiore avviene sempre tra i
paesi imperialistici più potenti, soprattutto quando si rompono gli equilibri, a causa dello sviluppo ineguale dei paesi
capitalisti, e qualcuno di loro
mira ad avere sotto il proprio
dominio una parte più grande
del mondo. Dopo il prolungato
conflitto per l’egemonia mondiale tra USA e socialimperialismo sovietico, abbiamo assistito all’ascesa dell’Unione
europea e del Giappone. Oggi
invece l’imperialismo presenta
più di una potenza in grado di
competere nell’arena per il dominio imperialista del mondo.
Alle suddette superpotenze si
affiancano minacciosamente
la Cina e la Russia, mentre altri
paesi premono a passi da gigante per contare di più, l’India
è uno dei più accreditati.
Beneficiando di un modello
di sviluppo capitalistico iniziato dalle “riforme” di Deng Xiaoping, basato sullo sfruttamento selvaggio dei lavoratori e
dell’ambiente per alimentare il
ciclo produzione-esportazionecapitalizzazione-investimenti di fatto oggi la Cina guidata
dal presidente e segretario del
Partito revisionista e fascista Xi
Jinping, è già la prima economia del mondo, il primo attore
del commercio internazionale,
il primo detentore dei risparmi, il primo paese come investimenti esteri in entrata ed in
uscita, il primo finanziatore dei
progetti al di fuori dei confini
nazionali, il primo mercato delle materie prime.
Nel 2014 la Cina ha investi-
to 18 miliardi di dollari in Europa, più del doppio dell’anno
precedente. Dal 2005 Pechino ha prestato 120 miliardi di
dollari all’America Latina (56,3
al Venezuela, 19 all’Argentina, 7,5 all’Ecuador), in Africa 1
miliardo di dollari allo Zimbabwe, in Europa 30 concessi alla
Russia e 18 all’Ucraina.
La Cina possiede già da
tempo tre grandi banche specializzate nella promozione
del commercio e degli investimenti internazionali nonché
nell’assistenza allo sviluppo:
la China Import-Export Bank,
la China Development Bank e
la Sinosure. Esse, prese insieme, svolgono un volume di finanziamenti che è superiore a
quello delle analoghe strutture dei sette paesi occidentali
più ricchi messi insieme. Ora,
nell’ambito della messa a punto di una nuova politica impe-
I primi pionieri del PMLI, i compagni Mino Pasca, Giovanni Scuderi e Patrizia Pierattini. L’altra pioniera,
Nerina “Lucia” Paoletti è deceduta il 6 aprile 2006
rialista, i responsabili del paese stanno varando cinque
nuove istituzioni, tutte in collaborazione con altri Stati. Si
tratta della Banca dei Brics, cui
partecipano Cina, India, Brasile, Russia e Sud Africa, di una
struttura parallela che consisterà in un fondo per la protezione degli stessi dalle oscillazioni dei cambi, di un fondo per
i finanziamenti dei progetti della cosiddetta “Nuova Via della Seta”, di un ulteriore fondo
destinato a finanziare i progetti
dei paesi partecipanti all’organizzazione per la cooperazione cosiddetta di Shangai (Sco
development fund), della quale
fanno parte alcuni paesi come
osservatori oltre alla Cina,
Russia, India, i paesi dell’Asia
Centrale, Pakistan e Iran; infine della Asian international development bank (Aiib), la Banca asiatica per gli investimenti
infrastrutturali, che è decollata
nonostante l’opposizione degli Usa e che ha già calamitato
l’interesse di alleati storici degli
americani come il Regno Unito o l’Australia. Un sistema che
sfida ormai apertamente l’egemonia statunitense per quanto
riguarda il finanziamento delle
politiche di “sviluppo del mondo”.
Il sistema dell’imperialismo
finanziario creato dall’occidente a Bretton Woods nel dopoguerra, che comprende Banca
mondiale, FMI e Centro mondiale per il commercio è andato
in frantumi. I paesi emergenti
che oggi producono il 57% del
Pil mondiale (dati 2014) sono
fortemente sottorappresentati
in tali organizzazioni. I tentativi di riformare il sistema dando
più voce agli stessi, non hanno
sortito alcun effetto.
Ad aprile di quest’anno la
Cina ha firmato col Pakistan
un pacchetto di 51 accordi per
progetti che apriranno un “corridoio economico” tra i due paesi. Con questi accordi il socialimperialismo cinese rafforza
gli scambi economici col Pakistan e contemporaneamente espande il suo spazio commerciale a spese del principale
concorrente americano, aprendosi uno sbocco sul Mar Arabico e garantendosi una via più
diretta verso Europa, Africa e
Medioriente.
Nessuna superpotenza negli ultimi tre anni ha incrementato il budget militare quanto la
Cina, impegnata in una corsa
al riarmo senza precedenti. Ai
primi di marzo il silenzio sulla corsa agli armamenti, mantenuto per un decennio da Hu
Jintao, è stato rotto dalla portavoce dell’Assemblea nazionale del popolo, Fu Jing: “La
Cina ormai è un grande Paese e ha bisogno di una forza
militare capace di proteggere la sua sicurezza nazionale e il suo popolo”. L’intelligence straniera è convinta che la
spesa militare cinese, rispetto alle cifre ufficiali, ammonti
ad oltre il doppio. La Cina nel
2014 è diventato il primo importatore mondiale di armi e
il terzo esportatore. In cinque
anni l’export bellico di Pechino è cresciuto del 143%. Nel
2014 Pechino ha investito in
armi 132 miliardi di dollari, che
N. 38 - 22 ottobre 2015
quest’anno saliranno a 148,
con un incremento annuo della spesa bellica del 12,2%. La
Russia ha rivelato il 10 maggio
che la Cina ha ordinato all’ex
Urss il sistema di missili terra
aria S-400, stanziando oltre tre
miliardi di dollari. Al varo della
prima portaerei atomica “Liaoning”, acquistata quattro anni
fa dall’Ucraina, ne è seguita
una seconda, entro dicembre
aumenterà di 50 navi la propria
flotta costiera, passerà da 66
a 78 sottomarini di profondità,
varerà più imbarcazioni e aerei
da guerra di ogni altro paese.
Tuttavia negli ultimi tre mesi
anche la superpotenza cinese
ha constatato come il capitalismo provoca gli stessi effetti
ovunque. La bolla speculativa
scoppiata a giugno, come negli USA nel 2008, è stata fatta crescere incontrollatamente
dalla cricca socialimperialista
al governo, per forzare il paese nella corsa alla supremazia
mondiale a scapito dei piccoli
risparmiatori, milioni e milioni
di persone a cui era stato prospettato l’Eldorado investendo tutti i propri risparmi nella
Borsa. I ripetuti crolli della Borsa di Shangai in agosto hanno
provocato l’ennesimo tsunami finanziario con ripercussioni planetarie. La sopravvalutazione della moneta nazionale,
lo yuan, che faceva comodo a
tutte le altre economie più forti, americana, europea, giapponese e dei Paesi emergenti, che contavano sull’immenso
mercato cinese e la sua capacità di assorbimento di prodotti
esteri per tirare la propria ripresa, non poteva durare stante la
frenata della crescita del Pil cinese dalle abituali due cifre al
7% previsto ufficialmente per
quest’anno.
Così per rilanciare le esportazioni e la competitività la
Cina in crisi economica e finanziaria ha svalutato la moneta, una barbarie intrinseca
al capitalismo che il marxismoleninismo-pensiero di Mao
e la storia hanno già ampiamente dimostrato fallimentare. Anche perché tutte le altre
superpotenze puntano sulle
esportazioni per uscire dalla
crisi e questa situazione non
potrà portare altro che a moltiplicare le crisi di sovrapproduzione, le bolle speculative provocate dalla enorme massa di
capitale finanziario accumulato che si sposta da un paese
all’altro a caccia del massimo
profitto e le guerre commerciali e valutarie tra le superpotenze imperialiste. Una situazione qualitativamente, anche
se non quantitativamente, simile a quella anteriore alla prima guerra mondiale, e che nel
5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI / il bolscevico 7
tempo, come insegna Lenin,
porta inevitabilmente alle guerre militari per stabilire chi tra
di esse debba prevalere e chi
soccombere.
Dal canto suo anche la
Russia di Putin non scherza
e accelera: spese militari cresciute dell’8,1% nel 2014, di
un 15% nel 2015 se sanzioni
e crisi economica non lo limiteranno. “Se volessimo potremo prendere Estonia, Lettonia,
Lituania e Polonia fino al confine tedesco in due settimane”
ha affermato lo zar del Cremlino. Più armi, dai micidiali bom-
americani spendono 7,5 milioni
di dollari al giorno.
Le contraddizioni USA-Russia sono esplose sulla questione dell’Ucraina. È passato più
di un anno dall’intervento imperialista realizzato da USA ,
NATO e UE nell’ex repubblica
sovietica, nella loro competizione con la Russia per stabilire quali monopoli controlleranno le risorse energetiche della
regione. Un caso lampante e
tangibile che dimostra quanto siano reali i pericoli di una
terza guerra mondiale. Le costanti violazioni da entrambe le
nell’ambito della Federazione ucraina, quanto il governo
fascista di Kiev, sponsorizzato dall’Unione europea e dagli
USA, che ha equiparato il comunismo al nazismo e messo
fuori legge i 3 Partiti che nominalmente si richiamano al comunismo.
Di fatto Cina, Russia e USA
stanno ingaggiando una partita per il dominio del mondo. La
Cina vuole essere considerata un protagonista politico, non
più solo gigante economico e
la forza trainante in Asia. La
Russia di Putin dopo le umilia-
lismo americano.
Dal canto suo l’Unione europea imperialista non ha ancora digerito la più pesante crisi
economica, produttiva e finanziaria dal 1929, e si barcamena per ritagliarsi i suoi spazi nello scacchiere mondiale.
Lo strangolamento della Grecia, favorito dalla capitolazione di Tsripas, ha messo a nudo
tutta la sua politica antidemocratica e antipopolare, dettata
da quei monopoli che l’hanno
fortemente voluta. Attraverso l’euro, la BCE e i vincoli di
Maastricht l’Unione europea fa
dell’imperialismo americano
Obama ha dichiarato nel 2013
durante la sua visita in Australia: “Dopo un decennio in cui
abbiamo combattuto due guerre che ci sono costate un caro
prezzo, di sangue e economico, gli Stati Uniti stanno volgendo la loro attenzione verso
il vasto potenziale della regione Asia-Pacifico. Come regione con più rapida crescita al
mondo è fondamentale per
raggiungere la mia massima
priorità. Con la maggior parte della potenza nucleare del
mondo e metà della popolazio-
pagare il costo della crisi e della concorrenza mondiale con
gli USA e i Brics innanzitutto ai
propri lavoratori e masse popolari, ma anche ai popoli dei paesi terzi in cui si è ingerita pesantemente negli ultimi anni.
La riduzione della spesa pubblica, per rientrare nel famigerato rapporto deficit/Pil imposto da Bruxelles, si è tradotta
negli ultimi anni in tagli drastici
ai servizi essenziali, quali pensioni, istruzione, sanità, trasporto pubblico, ricerca scientifica, infrastrutture necessarie
allo sviluppo, assistenza e previdenza, mentre non sono state minimamente toccate le voci
di spesa riguardanti, a vario titolo, dallo Stato alle grandi imprese e alle banche private, o
le missioni di guerra imperialista in ogni parte del mondo,
l’acquisto di nuove armi, o le
“grandi opere” inutili.
L’interesse dell’imperialismo
mondiale si sta concentrando
oggi sul continente asiatico,
che ospita due dei più grandi
paesi popolati al mondo, Cina
e India. 1 miliardo e 300mila i
cinesi, 1 miliardo e 100mila gli
indiani. Sommando anche i paesi asiatici destinati a diventarne satelliti, Giappone compreso, con 3,5 miliardi di persone
il sud est asiatico conta 5 volte
la popolazione del continente
europeo, Russia compresa, 8
volte l’Unione europea, 13 volte gli abitanti degli Stati Uniti.
Delineando
le
priorità
ne umana, sarà l’Asia a definire se il secolo a venire sarà
segnato da conflitti o dalla cooperazione, da inutili sofferenze o dal progresso umano. Ho
quindi fatto una scelta deliberata e strategica, come nazione del Pacifico, gli Stati Uniti
avranno un ruolo più ampio e
a lungo termine nel plasmare
questa regione e il suo futuro.
Come programmiamo e preventiviamo per il futuro, destineremo le risorse necessarie
per mantenere la nostra forte
presenza militare in questa regione. I nostri interessi duraturi richiedono la nostra presenza duratura”. Di fatto gli USA
hanno deciso di riposizionare la propria marina militare in
modo che il 60% delle loro navi
da guerra verrà assegnato alla
regione Asia-Pacifico entro il
2020.
In questo scenario si inquadra la disputa tra USA e Cina
per il controllo degli arcipelaghi del Pacifico, le Spratly e
le Paracel, una serie di isolotti del Mar Cinese Meridionale,
nelle acque davanti al Vietnam,
non abitate ma sempre più popolate da insediamenti militari costruiti dai paesi che si affacciano su quel mare e che le
reclamano come proprie, dalla
Cina al Vietnam, dalle Filippine
alla Malesia. La loro importanza è data dal fatto che si trovano in un mare ricco di risorse
energetiche e soprattutto lungo le vitali rotte marittime che
9 ottobre 2015. Giovani palestinesi lanciano sassi contro l’esercito sionista nei pressi di Gerusalemme Est
bardieri Sukhoi 34 che insieme
agli enormi vettori atomici Tupolev 95, hanno compiuto negli
ultimi tempi oltre 100 incursioni in Europa, dai cieli finnici e
svedesi fino al Portogallo.
Intanto ingenti forniture di
armi e soldati russi sono giunte a settembre in Siria al fianco
delle forze di Assad contro l’IS
che avanza.
È del 13 giugno l’annuncio
degli Usa del prossimo invio di
250 tank pesanti M1 Abrams,
blindati per trasporto truppe,
artiglieria, intelligence elettronica, per affiancare il pre schieramento di 5mila soldati USA
nei paesi Baltici, in Polonia,
Ungheria, Romania e Bulgaria.
Dall’altra parte del mondo nella guerra allo Stato islamico gli
parti del fragile accordo di cessate il fuoco raggiunto a Minsk,
così come l’intensificazione
delle sanzioni contro la Russia
sono indicative di questa situazione. La regione del Donbass
è intanto divenuta ostaggio
delle contraddizioni interimperialiste. Noi marxisti-leninisti
italiani dobbiamo sostenere gli
interessi del popolo ucraino, intrappolato in logiche di divisione nazionalista, sulla base di
particolarismi etnici, linguistici
e religiosi e appoggiare l’indipendenza del paese. Dobbiamo denunciare tanto l’imperialismo russo che si è annesso
la Crimea e reclamare che stia
alla larga dalle repubbliche di
Donesk e del Donbass che devono avere la loro autonomia
Kunduz (Afghanistan), 3 ottobre 2015. L’ospedale di “Medici senza frontiere” in fiamme sotto il bombardamento delle forze Nato (dal sito “Medici senza frontiere”)
zioni degli anni gorbacioviani e
eltsiniani, vuole riconquistare il
rango di superpotenza, soprattutto nel versante occidentale
europeo, nel nome del ritrovato panrussismo nazionalista. E
gli USA di Obama devastati dai
disastri morali, strategici e economici dell’era Bush, vogliono
restare rilevanti ovunque e tornare ad essere il perno attorno al quale, dopo il collasso del
socialimperialismo sovietico, il
resto del mondo ruotava.
Attualmente l’iniziativa politica e militare è nelle mani della Russia per quanto riguarda
la Siria e il Medioriente. Ciò potrebbe inasprire lo scontro con
gli USA per l’egemonia in quel
paese e in quella nevralgica regione arrivando fino al conflitto
armato, provocando inevitabilmente una nuova guerra mondiale.
Noi non appoggiamo né l’una né l’altra superpotenza negli scontri in atto, in particolare
in Siria e in Ucraina, che servono esclusivamente gli interessi della classe dominante
borghese e dell’economia capitalistica dei rispettivi paesi,
senza apportare un minimo
beneficio ai loro popoli e ai popoli che vorrebbero dominare.
Per questo riteniamo che sia
un gravissimo errore da parte
di certe forze politiche e movimenti italiani che si definiscono
comunisti o di sinistra l’appoggio diretto o indiretto all’imperialismo russo contro l’imperia-
8 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI
portano merci e petrolio per tutto il Sudest asiatico. Lo scorso
30 maggio il ministro della Difesa americano Ash Carter ha
intimato a Pechino che gli USA
avrebbero inviato una flotta navale di superficie e dei sottomarini davanti alle installazioni
cinesi in costruzione, una esibizione di muscoli per ribadire,
sue parole, che “gli Stati Uniti intendono restare la principale potenza militare nell’Asia
Orientale per decenni a venire”.
La crescente integrazione
economica dell’Asia meridionale e dell’Asia orientale ha rafforzato l’importanza strategica
degli Oceani Indiano e Pacifico
come corridoio di scambio permanente per il commercio globale e l’energia. Gli USA intendono sviluppare i loro legami
strategici con l’India in questo
contesto. Questo spiega l’accordo nucleare indo-statunitense, gli accordi sulla difesa e
in altri settori come l’agricoltura
e l’istruzione. Altresì l’India può
rivestire il ruolo di alleato decisivo nel contenimento della
Cina. L’intera economia mondiale ha scoperto nell’elefante
indiano una nuova locomotiva.
Un’inchiesta del “New York Times” prevede che il 2016 sarà
l’anno di un sorpasso storico:
la velocità di crescita dell’economia indiana sarà superiore a
quella cinese.
USA e Cina sono ai ferri corti anche sul piano commerciale. Per rompere i rapporti economici della Cina con i paesi di
quest’area strategica e aprire i
mercati di questi paesi ai beni
e servizi americani, gli Stati
Uniti si stanno muovendo verso l’obiettivo della Trans-Pacic
Partnership (TPP), un accordo
con 11 paesi del Pacifico per
creare la più grande zona di libero scambio al mondo. Con il
TTP gli USA hanno segnato un
importante punto a loro favore
contro la Cina.
Ed ancora USA e Unione Europea hanno risposto a
Cina e Russia con il famigerato
Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti per
dominare il mondo, il TTIP, in
sostanza un accordo di libero
commercio tra le due aree, che
cancelli ogni ostacolo ai grandi
monopoli americani e europei
di commerciare liberamente e
battere l’agguerrita concorrenza delle altre potenze imperialiste per la leadership planetaria, una “Nato economica”
come l’ha definito Hilary Clinton. Il TTIP è un mandato per
il saccheggio mondiale da parte delle multinazionali, l’aggiramento delle procedure democratiche e l’erosione di tutti i
diritti dei popoli e della sovranità nazionale degli Stati, un programma a favore delle privatizzazioni selvagge che sancisce
i privilegi delle più potenti multinazionali del mondo a scapito dei popoli. Il PMLI e “Il Bolscevico” hanno aderito a “Stop
TTIP Italia”. È un nostro dovere
antimperialista partecipare attivamente al fronte unito mondiale per denunciare e combattere questo nuovo mostro della
legislazione imperialista, che
si sta definendo nel silenzio e
nella segretezza fatti calare da
USA e UE sulle spalle e all’insaputa dei popoli.
Con il TTIP insomma gli
USA controlleranno da vicino i pruriti interventisti dell’UE
mentre scavano un solco tra
l’Europa e la Russia per evitare
un progressivo avvicinamento economico tra i due. Con la
crisi ucraina e le sanzioni alla
Russia l’UE non può che guardare e abbracciare totalmente
il TTIP, che diventa una parte
importante della più vasta strategia americana per indebolire
l’Europa occidentale e dividere
il continente europeo emargi-
nando la Russia, dall’altro lato
è evidente che questo Trattato
ha una smaccata funzione anticinese, che dall’altra parte del
globo sta chiudendo una serie
di trattati e accordi che escludono di fatto l’imperialismo
americano da vaste aree del
care l’alleato USA nel Pacifico,
contro il socialimperialismo cinese.
Anche in Medioriente, come
in parte abbiamo già visto, scenari e rapporti di forza stanno
mutando. L’Iran del presidente Hassan Rohani, capitolato
le sue posizioni e puntare all’egemonia sulla base della sua
forza economica. Non a caso
l’accordo sul nucleare è stato
voluto e ideato soprattutto dagli USA di Obama che in questo momento ha bisogno di un
alleato come Teheran per usci-
Niscemi (Caltanissetta), 9 agosto 2013. Manifestazione nazionale contro il MUOS. Le bandiere del PMLI
sventolano sotto le antenne radio installate nella base Usa occupata dai manifestanti (foto Il Bolscevico),
pianeta.
Intanto il Giappone, uscito
con le gambe rotte dalle ultime crisi economiche e finanziarie, ha revisionato la costituzione per garantirsi un esercito
e dispositivi militari in grado di
supportare i suoi monopoli nel
mondo, cancellandone di fatto
il divieto di azioni militari all’estero. Ad inizio di quest’anno
il governo di destra di Shinzo
Abe ha varato un aumento record per il bilancio militare, destinando all’esercito 36 miliardi
di euro, necessario ad affian-
all’imperialismo mondiale sul
nucleare con l’accordo siglato a Vienna il 14 luglio, punta all’egemonia nella Regione
contro lo Stato islamico. Con la
progressiva caduta delle sanzioni internazionali, che hanno
penalizzato per anni la borghesia iraniana, l’Iran potrà riavere a disposizione le centinaia di
miliardi di dollari congelati all’estero e potrà riprendere la piena cooperazione economica
con tutti i paesi. Ma soprattutto
potrà sedere al tavolo quantomeno delle potenze locali, con
re dall’impasse in cui si trova la
politica imperialista americana
nella Regione una volta emersa la forza dello Stato islamico.
Con la Turchia che aspetta quantomeno che cada Assad in Siria per far valere le
ambizioni egemoniche locali dell’imperialismo turco e per
dispiegare tutta la sua forza
militare contro l’IS, i bombardamenti del 24 luglio scorso
contro postazioni dell’IS in Siria e la concessione agli USA
della strategica base militare
di Incirlik sono solo l’antipasto,
N. 38 - 22 ottobre 2015
mentre condanniamo la strage
di Stato di ieri ad Ankara contro
il popolo curdo l’Arabia Saudita
che non ha truppe di terra da
schierare e finanzia gruppi della resistenza siriani in attesa
che cada l’asse sciita TeheranDamasco-Hezbollah e pensa a
fronteggiare l’espansionismo
dell’Iran in Yemen, con il governo fantoccio iracheno debolissimo, chi può dare un contributo importante nella lotta all’IS
è l’Iran che diventa un nuovo
decisivo alleato dell’imperialismo americano nella regione,
affiancando e in concorrenza
con gli storici alleati Israele e
Arabia Saudita.
Alla luce di tutto ciò i pericoli di guerra imperialista sono
oggi i più gravi dalla fine degli anni ’80. Altro che mondo
di pace! Finché esisterà l’imperialismo la pace nel mondo
sarà sempre in pericolo. La rivalità tra le superpotenze conduce inevitabilmente alla guerra imperialista, è stato così nel
passato, non può che essere
così nel futuro. Nessun paese
imperialista può sottrarsi alla
legge economica fondamentale del capitalismo che è quella della ricerca del massimo
profitto, in patria e all’estero. È
questa la legge che spinge inesorabilmente l’imperialismo al
dominio economico mondiale
e quindi alla guerra imperialista. “La supremazia mondiale - rilevava Lenin - è in sintesi il contenuto della politica
imperialista, che viene continuata dalla guerra imperialista”. Per Mao “la guerra è
la continuazione della politica con altri mezzi. Quando
la politica raggiunge un certo stadio del suo sviluppo
che non può essere superato con altri mezzi abituali,
scoppia la guerra per spazzare via gli ostacoli che impediscono il cammino”.
UN MONDO DI FAME, POVERTA’, MIGRANTI E
PROFUGHI GENERATO DALL’IMPERIALISMO
L’imperialismo è presente
dappertutto con i suoi capitali,
le sue banche, le sue multinazionali, le sue fabbriche, le sue
merci, la sua tecnologia, la sua
cultura borghese e reazionaria,
le sue armate. Il suo mercato
non ha più confini. Il risultato
è che tutt’oggi oltre 963 milioni di persone nel mondo vivono
in condizioni di povertà. Ogni 5
secondi un bambino muore di
fame. Sono oltre 700 milioni i
lavoratori che vivono con meno
di 1,25 dollari al giorno e circa
1 miliardo e 200 milioni con
meno di due dollari al giorno.
Senza contratto di lavoro né
tutele sociali, nel 2020, stando così le cose, due terzi della popolazione attiva mondiale
si troverà a lavorare in queste
condizioni.
Un miliardo e trecento milioni è il numero di persone che
non ha accesso a fonti d’acqua potabile. L’85% dell’acqua disponibile sul pianeta è
usata dal 12% della popolazione mondiale. 790 milioni di
persone dei paesi poveri soffrono di sottoalimentazione
cronica, di esse i due terzi risiedono in Asia e nell’area del
Pacifico. Ogni anno 30 milioni
di persone muoiono di fame,
eppure le derrate alimentari
crescono ad un tasso superiore a quello della popolazione e non sono mai state così
abbondanti come oggi. Un
quinto dei bambini del mondo non assume una quantità
sufficiente di calorie o di proteine. Due miliardi di persone soffrono di anemia. Ancora due miliardi di persone non
hanno accesso all’elettricità.
Quasi un miliardo di persone non sa leggere, né scrive-
La statuetta con la riproduzione dell’opera di una artista sovietica che
celebra la vittoria sul nazifascismo donata al Comitato centrale dal un
compagno invitato
re il proprio nome. La spesa
annuale per la lotta all’AIDS,
una malattia che miete ancora
3 milioni di vite all’anno, equivale alla spesa di 3 giorni in
armamenti. Ogni anno il mondo spende 1 trilione di dollari
in difesa, circa 325 miliardi in
agricoltura e solo 60 miliardi
in aiuti allo sviluppo. Per ogni
dollaro speso in cooperazione
allo sviluppo, 10 dollari sono
spesi per gli armamenti.
Per ogni dollaro di sussidio
ricevuto i paesi in via di sviluppo spendono 13 dollari per ripagare il debito. Sette milioni
di bambini muoiono ogni anno
a causa della crisi del debito
pubblico del loro paese.
Secondo le più recenti stime dell’Onu il soddisfacimento universale dei bisogni sanitari e nutrizionali costerebbe
13 miliardi di dollari, quanto all’incirca viene speso ogni
anno dai ricchi negli Stati Uniti e nell’Unione europea in profumi. Per assicurare a tutta la
popolazione mondiale l’accesso al soddisfacimento dei bisogni di base, cibo, acqua potabile, istruzione e assistenza
sanitaria, basterebbe prelevare meno del 4% del patrimonio
dei 225 individui più ricchi del
mondo. Le tre persone più ricche del mondo hanno una ricchezza complessiva superiore
al Prodotto interno lordo dei 48
paesi più poveri. Il reddito complessivo dei 50 milioni di persone più ricche del mondo (solo
l’1% della popolazione mondiale) è equivalente a quello
dei 2 miliardi e 700 milioni di
persone più povere (il 57% della popolazione mondiale). Tra
il 2013 e il 2014 le 85 persone più ricche del mondo, che
hanno la stessa ricchezza della metà della popolazione più
povera del mondo, hanno collettivamente aumentato la loro
ricchezza di 668 milioni di dollari al giorno.
La fame e la miseria hanno
causato una emigrazione biblica, che si riversa nei paesi capitalisti e imperialisti dove gli
immigrati trovano una vita da
bestie. Questa situazione è assolutamente intollerabile. Noi
chiediamo ai governi di spalancare le porte agli immigrati
e ai profughi e di dire basta al
traffico di vite umane. Frontiere aperte per i migranti. Uguali diritti per indigeni e migranti.
Chiudere i luoghi di concentramento e detenzione dei migranti. Asilo politico per tutti i
profughi.
La politica dei respingimenti e non dell’accoglienza resta invece il cardine dell’azione dell’UE. Il governo fascista
ungherese di Viktor Orban ha
addirittura blindato il paese
costruendo muri di filo spinato lungo il confine con Serbia
e Romania ed usato il manganello contro i profughi.
Gli eserciti dei paesi imperialisti devono essere immediatamente ritirati dai paesi
dove non solo hanno peggiorato le condizioni economiche e
sociali, aumentato le sofferenze della popolazione civile, ma
hanno fatto lievitare in maniera
impressionante il numero dei
rifugiati e di migranti che tentano disperatamente di approdare sull’altra sponda del Mediterraneo e trovando spesso
una terribile morte.
Alla 2ª Sessione plenaria del
5° Comitato centrale del PMLI,
tenutasi a Firenze il 7 febbraio
2010, il compagno Scuderi disse che per il PMLI non esistono
migranti clandestini e regolari,
ma una sola categoria quella
dei migranti. Ed aggiunse: “Per
noi il razzismo è insopportabile
e inammissibile alla pari del fascismo e del nazismo”. La no-
N. 38 - 22 ottobre 2015
stra posizione su questo tema
è quella classica sempre sostenuta e insegnata dai grandi maestri del proletariato internazionale, Marx, Engels,
Lenin, Stalin e Mao, e che si
fonda su tre chiari principi, che
non si possono eludere e a cui
bisogna rimanere saldamente
ancorati, se non si vuole scivolare anche senza rendersene
conto nell’ideologia borghese,
con tutti i suoi corollari del nazionalismo, del fascismo e del
razzismo: l’internazionalismo
proletario deve essere alla
base dei rapporti tra i popoli
dei paesi imperialistici e quelli
dei paesi sfruttati e oppressi, in
particolare i primi devono rifiutare di farsi strumento di questo sfruttamento e oppressione
nelle mani dei propri governi
neofascisti, razzisti, xenofobi,
interventisti e imperialisti.
La solidarietà di classe deve
essere alla base dei rapporti
5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI / il bolscevico 9
tra lavoratori nativi e lavoratori immigrati, che da un punto di
vista non miope ed individualista ma lungimirante e collettivo hanno gli stessi interessi
di fondo e lo stesso nemico di
classe contro cui unire le forze
per migliorare e progredire tutti insieme.
La responsabilità delle migrazioni di massa è dell’imperialismo, compreso quello
italiano, che sfrutta, affama e
fomenta guerre nei paesi poveri per depredarne le ricchezze e tenerli sottomessi.
È il padronato che approfitta
dei migranti, facilmente ricattabili e schiavizzabili, come serbatoio di manodopera a basso
prezzo, e fomentando anche
la rivalità e l’odio razziale con
gli altri lavoratori per dividere
le masse e dominarle meglio.
La stessa sorte del resto già
vissuta dai nostri stessi immigrati nelle Americhe, in Svizze-
Ankara, 11 ottobre 2015. Manifestazione contro la strage di Stato
ra, Germania, Belgio, Francia.
È quello che fa la Lega neofascista di Salvini, seminando
razzismo e xenofobia tra i lavoratori e la popolazione che
riesce a influenzare approfit-
tando della desertificazione
ideologica, culturale e politica
lasciata dai partiti della “sini-
stra” borghese nella loro inarrestabile deriva a destra. Ma
proprio per questo occorre rifiutare questa logica perversa
e puntare invece sulla solidarietà di classe con i lavoratori migranti, sulla loro sindacalizzazione e conquista all’unità
di lotta con gli altri lavoratori,
in modo da non lasciarli soli
come carne da macello nelle
mani degli schiavisti, dei razzisti e della criminalità organizzata.
Un mondo di fame e povertà dunque, che acuisce le differenze tra ricchi e poveri in
maniera inesorabile ad ogni
crisi ciclica del capitalismo e
dell’imperialismo, come quella
ancora in atto in gran parte del
mondo. Ormai dovrebbe essere chiaro anche ai sassi che
esse potranno essere eliminate solo nel socialismo e con la
distruzione del capitalismo e
dell’imperialismo.
LA LOTTA ANTIMPERIALISTA DEL PMLI
Il contributo più grande, più
concreto e più efficace che noi
marxisti-leninisti italiani possiamo dare alla lotta contro l’imperialismo è quello di combattere con tutte le nostre forze
contro l’imperialismo italiano
e il governo di Renzi, questo
nuovo duce erede di Mussolini,
Craxi e Berlusconi, che ne regge le sorti, fino alla loro caduta
e distruzione.
Sin dal suo insediamento abbiamo smascherato l’attivismo imperialista in politica
estera, orientato ad assicurarsi, neppure in modo sottinteso, un posto al sole ad ogni
costo nello scenario internazionale. Ecco alcuni di questi
atti. L’appoggio con voto al democristiano Juncker alla guida
della Commissione UE e l’austerità “flessibile”di Bruxelles;
l’operazione “Mare sicuro” con
il dispiegamento di navi e droni per proteggere le vie del gas
e del petrolio davanti alle coste
del Nord Africa; dall’incontro
con Putin per ribadire l’unità di
lotta italo-russo contro lo Stato
islamico; le cariche della polizia contro gli immigrati rifugiati
nel nostro Paese, ultime quelle
dello sgombero di Ventimiglia;
l’esaltazione e l’ispirazione al
capofila degli imperialisti americani nell’incontro con Obama;
il pompaggio dell’UE imperialista nel suo semestre di presidenza; l’invio di 4 Tornado in
Kuwait per la guerra allo Stato islamico; la riconferma della
presenza di forze armate italiane in tanti paesi esteri, in particolare in Iraq e Afghanistan,
dove addestrano i soldati per
combattere
rispettivamente
l’IS e i talebani; le operazioni
di vigilantes sui cieli dei confini orientali dell’UE; la reiterata
richiesta a guidare un’operazione militare internazionale
contro la Libia per “stroncare”
l’immigrazione e le basi dello
Stato islamico; il ruolo di prima
fila nello strangolamento del
popolo greco da parte dell’UE.
Significativamente sul primo numero della risorta “Unità” del PD di Renzi del 30 giugno scorso, il ministro degli
Esteri Gentiloni ha tracciato il
“nuovo ordine Mediterraneo”
imperialista, con al primo posto la lotta allo Stato islamico.
In sostanza per l’Italia il Mediterraneo è il “nostro spazio vitale” dove sono in gioco gli interessi economici, energetici e
di sicurezza dell’Italia. In questo quadro vanno collocati gli
incontri con il golpista egiziano Al Sisi e col duce nazista
sionista Netanyahu. Se da un
lato Renzi ha legato e schierato ancor più strettamente e
senza condizioni il nostro Paese a fianco di Egitto e Israele
per combattere lo Stato islamico e contro le aspirazioni alla
libertà del popolo palestinese e
dei popoli arabi e islamici della
Regione, dall’altro ha reclamato a chiare lettere il ruolo imperialista dell’Italia. Se l’imperialismo USA cerca l’alleanza
con Teheran l’Italia del neoduce Renzi vuole percorrere una
strada propria.
L’attentato dell’11 luglio al
Consolato italiano al Cairo è
stato solo un avvertimento lanciato al governo nostrano. Al
contrario di quello che sostengono i guerrafondai Renzi e
Gentiloni, per evitare che altri attacchi possano provocare
nuovi lutti e distruzioni ai danni del popolo italiano, è necessario che l’Italia si ritiri senza
indugi dalla guerra allo Stato
islamico. Non possiamo accettare che i Tornado italiani portino altre morte e distruzione
in Iraq come paventato il 7 ottobre dal ministro della Difesa
Pinotti. Il governo del neoduce
Renzi non avrà mai l’appoggio
dei marxisti-leninisti in caso di
coinvolgimento diretto dell’Italia.
Battersi contro l’imperialismo italiano vuol dire anche
lottare risolutamente contro
tutte le alleanze imperialiste
a cui partecipa il nostro Paese, partendo dalla richiesta di
uscita dell’Italia fino allo scioglimento dell’alleanze stesse.
Sottovalutare o ignorare questa battaglia, accettare anche
una sola delle organizzazioni
imperialiste o fare la “sinistra”
di esse significa fare il gioco
dell’imperialismo e tradire le
aspirazioni e le lotte dei popoli
e delle nazioni alla libertà, all’e-
mancipazione e al benessere.
Per questo il PMLI chiede di sciogliere l’Unione europea, un’organizzazione monopolistica e imperialistica, una
superpotenza mondiale. Essa
non è affatto una conquista dei
popoli del vecchio continente, come amano presentarla
la borghesia di destra e di “sinistra”. Tutto è stato compiuto
e si compirà al di sopra delle
loro teste dai circoli borghesi
dominanti europei conformemente ai loro interessi di classe e alle loro aspirazioni egemoniche, regionali e mondiali.
Anzi quelle pochissime volte
che i popoli sono stati chiamati
al referendum su specifici pun-
ti, hanno sonoramente bocciato l’Europa imperialista, come
dimostrano gli ultimi quattro referendum popolari (Francia e
Olanda che dicono no alla Costituzione Ue nel 2005, l’Irlanda che dice no al Trattato di Lisbona nel 2008, fino a quello
greco del giugno scorso).
Il caso della Grecia e il tradimento del suo premier Tsipras
che ha accettato il diktat e il
programma di lacrime e sangue di Bruxelles, svendendo la
grande vittoria del referendum
del 5 luglio scorso, hanno dimostrato ancora una volta che
da un lato bisogna distruggerla, cominciando a tirarne fuori
l’Italia, dall’altro che è andato
Il compagno Scuderi canta “Il Sole rosso”, uno degli inni del PMLI, a
conclusione della Sessione
in fumo il modello governativo
e dell’“Altra Europa” di Syriza
sostenuto dagli imbroglioni politici di “sinistra” italiani ed europei.
Il PMLI chiede di sciogliere
la Nato, quest’alleanza militare dell’imperialismo occidentale nata col collante dell’anticomunismo ed oggi operante
nella cosiddetta “lotta al terrorismo” su scala planetaria. Il suo
“nuovo concetto strategico” ha
decretato che può intervenire dentro e fuori i suoi confini
dove e tutte le volte che ritenga
minacciate la stabilità e la sicurezza degli alleati, in tutti i campi e settori, in maniera unilaterale e insindacabile. In questo
scenario non c’è una ragione
una che giustifichi la sua esistenza. Nell’immediato occorre
battersi affinché l’Italia esca da
questa alleanza imperialista,
iniziando dallo smantellamento
delle sue basi, logistiche e militari, presenti nel nostro Paese,
che già più di una volta sono
servite da trampolino per aggressioni militari a popoli e Stati sovrani.
Siamo nettamente contrari
alla esercitazione Nato, la più
grande dalla caduta del muro
di Berlino, denominata Trident
Juncture 2015, in corso in Italia, Spagna e Portogallo, e
condanniamo il governo Renzi per averle messo a disposizione le basi e i porti della
Sardegna. Al contempo diamo
il nostro appoggio e la nostra
adesione alla manifestazione
che si svolgerà a Napoli il 24
ottobre contro tale esercitazione militare foriera di guerre imperialiste.
Il PMLI chiede di sciogliere l’Onu, che non risponde più
all’esigenza della sua costituzione. L’imperialismo ha riscritto il diritto internazionale a
suo uso e consumo, partendo
dalla cancellazione dell’impedimento all’ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano, sancito dall’articolo 2 della
Carta istitutiva dell’Onu e la
sua sostituzione con la teoria
del “diritto-dovere di ingerenza umanitaria” per giustificare
le aggressioni imperialiste nel
mondo. È giunto il momento di
farla finita con questa organizzazione imperialista campione della politica dei due pesi e
delle due misure. Occorre una
nuova Organizzazione mondiale, senza membri permanenti e privilegiati, senza diritti
di veto, con uguali diritti e doveri, fondata sui principi del rispetto reciproco, della sovranità e dell’integrità territoriali, di
non aggressione, di non ingerenza nei rispettivi affari interni, di uguaglianza e di reciproco vantaggio.
L’imperialismo in ultima analisi non è così potente e invincibile come appare. Può essere
sconfitto anche da un piccolo
popolo purché questo sia unito, determinato, deciso a impugnare le armi e a proseguire la
lotta fino alla vittoria. Tanti sono
i fatti storici che lo comprovano, come la strepitosa vittoria
di questi giorni dei talebani che
hanno conquistato Kunduz,
una delle più importanti città
dell’Afghanistan, nonostante
il contrasto armato delle forze
Nato e USA e i bombardamenti
aerei di quest’ultimi, che nella
notte tra il 2 e 3 ottobre si sono
macchiati dell’ennesimo crimine di guerra, bombardando un
ospedale di Medici senza frontiere e provocando oltre venti
morti, tra cui tre bambini.
Seguendo questi esempi della resistenza dei popoli all’imperialismo, il nostro
popolo, che ha una grande
esperienza di lotta armata antinazista e antifascista, qualora fosse coinvolto da Renzi o
da un suo successore in una
guerra mondiale deve infuocare le piazze fino a impugnare
con forza le armi per impedirlo.
Abbasso l’imperialismo e la
guerra imperialista!
Viva la guerra di liberazione dei popoli e delle nazioni
oppressi! Appoggiamo i movimenti islamici antimperialisti!
Viva l’internazionalismo proletario!
Viva la politica antimperialista del PMLI!
Cacciamo il governo interventista e imperialista del nuovo duce Renzi!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
10 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI
N. 38 - 22 ottobre 2015
Comunicato della
5ª Sessione plenaria
del 5° Comitato centrale del PMLI
“Speriamo che questa sessione tinga di rosso questa giornata”, auspicava in apertura dei
lavori il compagno Giovanni
Scuderi, Segretario generale del
Partito, che presiedeva la 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato
centrale del PMLI tenuta l’11 ottobre a Firenze nella Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” sul tema “La situazione
internazionale e la lotta antimperialista del PMLI”. Un obiettivo pienamente raggiunto grazie
al saluto e alle conclusioni del
compagno Giovanni Scuderi, al
Rapporto del compagno Erne e
agli interventi delle compagne e
dei compagni del CC e degli invitati che hanno fatto di questa
Sessione una pietra miliare nella storia del PMLI, dal respiro
congressuale, per la convinta e
cosciente unità del CC sull’analisi degli sviluppi della situazione internazionale e i conseguenti
necessari sviluppi della linea in
politica estera del Partito.
La Sessione plenaria si è
aperta al canto de “Il Sole Rosso”, uno dei tre Inni del Partito.
Il compagno Giovanni Scuderi prima della lettura del saluto
sottolineava che pur senza alcuna direttiva in merito quasi tutti i compagni presenti avessero
addosso una maglietta rossa e in
particolare quella del Partito, segno di un attaccamento particolare al PMLI.
Il Segretario generale ha dato
il benvenuto a tre compagni invitati Andrea, Federico e Enrico “tre bandiere rosse che danno
lustro al nostro amato Partito”.
Nel suo saluto, Scuderi, ha posto
l’attenzione sul rafforzamento
delle istanze e delle Commissioni centrali, sulla vita interna del
Partito, sul corretto metodo di
lavoro e sulle responsabilità che
pesano su tutti i compagni, sui
dirigenti in particolare. A questo
proposito egli ha invitato i membri del CC e dell’UP del PMLI
a “essere coscienti dell’importanza di questo concetto strategico e lavorare sodo su se stessi,
e aiutando gli altri membri, per
migliorare la loro qualità sui piani ideologico, culturale, politico,
organizzativo, pratico, operativo
e della combattività. Soprattutto devono sapere interpretare nel
concreto a livello più alto possibile le dieci citazioni di Mao sui
marxisti-leninisti, specie nelle
parti che richiedono i maggiori
sacrifici e una radicale ripulitura
dell’individualismo”.
Nel presentare il tema della
Sessione plenaria, la prima sulla politica estera nella storia del
PMLI, Scuderi ha sottolineato
che essa “è stata possibile grazie all’impegno esemplare e alle
capacità ideologiche e politiche
del compagno Erne. In coerenza con la linea antimperialista
del PMLI” e indicava i due elementi centrali di riferimento della posizione del Partito; il primo
è quello di essere al fianco di chi
combatte l’imperialismo, nella
situazione attuale lo Stato islamico seppur con esso esista un
abisso incolmabile su tanti piani, nel momento in cui si stanno
inasprendo le contraddizioni imperialiste che possono portare a
una guerra mondiale. Il secondo
la riaffermazione del diritto dei
popoli all’autodeterminazione e
a risolvere da sé le loro contraddizioni interne. Il CC ha salutato
con calorosi applausi l’appoggio
del PMLI al riesplodere della rivolta palestinese contro gli imperialisti sionisti e nazisti e alla
possibile terza Intifada e la condanna dell’attentato del 10 ottobre a Ankara contro il popolo
curdo.
Applausi hanno accompagnato il passaggio a conclusione del
saluto del Segretario generale in
cui incita l’intero Partito a ostacolare la santa alleanza imperialista contro lo Stato islamico a
cominciare dal denunciare con
tutti i nostri mezzi a disposizione, su “Il Bolscevico”, nei luoghi di lavoro, di studio, di vita
e nelle piazze l’Italia del nuovo duce Renzi che ne fa parte e che è pronta a bombardare
con i tornado lo Stato islamico
nel territorio strappato all’Iraq.
“Dobbiamo convincere il nostro
popolo a rifiutarsi di fare carne
da cannone dell’imperialismo
italiano. E in caso di partecipazione dell’Italia a una eventuale
guerra mondiale di sollevarsi anche in armi, se occorre, per impedirlo”.
Il Rapporto
Il compito di analizzare nel
dettaglio le novità della situazione internazionale e della lotta
antimperialista è stato svolto in
maniera esemplare dal prezioso
Rapporto tenuto dal compagno
Erne, atteso e seguito con molta attenzione dal CC. Un Rapporto rosso, ben documentato,
ricco di dati e dialettica, di respiro congressuale, che fotografa con assoluta chiarezza e
semplicità la mutata situazione
internazionale, va a fondo in tutte le sue contraddizioni e aspetti
più complessi e traccia la conseguente politica estera del PMLI
sul solco del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, dell’internazionalismo proletario e
dell’antimperialismo. Il Rapporto è stato interrotto più volte da
applausi che ne hanno scandito
i passaggi principali. Da quello
a sostegno del diritto dei popoli di decidere il proprio destino
al sostegno alla lotta del popolo palestinese, dalla richiesta che
l’Italia si ritiri senza indugi dalla guerra all’Is alla condanna del
razzismo e alla richiesta di spalancare le porte a immigrati e
poveri, alla riaffermazione che
fame e povertà potranno essere eliminate solo nel socialismo
con la distruzione del capitali-
Milano, 19 settembre 2015. Manifestanti arabi e palestinesi si uniscano al PMLI per rivendicare “uno Stato
due popoli” alla corteo No Expo – Palestina libera (foto Il Bolscevico)
smo e dell’imperialismo.
Applaudito il ringraziamento alla Redazione centrale e al
compagno Alessandro, ringraziato anche dal compagno Scuderi a nome del CC, per il lavoro
finora svolto con gli articoli su
“Il Bolscevico”.
Con forti applausi e un “bravo, bravo” ripetuto più volte
dai presenti ha accompagnato
la conclusione della lettura del
Rapporto.
Il dibattito
L’importanza del brillante
Rapporto del compagno Erne
per fare chiarezza sul complesso
argomento, primo fra tutti all’interno del Partito, è stato evidenziato da tutti gli interventi che
hanno espresso un totale consenso e che, come ha sottolineato
il compagno Scuderi nelle conclusioni, sono stati importanti,
in base alle singole esperienze e
sensibilità politiche perché hanno approfondito una relazione
seppur esaustiva e hanno arricchito tutto il Partito. Più intervenuti hanno elogiato il Rapporto
come una lezione marxista-leninista di politica estera e definito
“strategica” questa Sessione del
CC. Che in effetti, come precisava il compagno Scuderi, “sostituiva” di fatto per questo aspetto il 6° congresso che purtroppo
non siamo in condizione di celebrare. È stata denunciata la propaganda imperialista che, grazie
anche alla confusione generata
dai trotzkisti e dai falsi comunisti, distorce i fatti lasciando
al solo PMLI il dovere antimperialista di fare chiarezza. Il CC
all’unisono ha inoltre confermato la richiesta di aprire le frontiere ai migranti, sottolineando
che questa posizione è del tutto
sostenibile tagliando spese che
vanno unicamente a favore della borghesia e dell’imperialismo,
come la spesa militare. Tutti gli
intervenuti hanno concordato
che il CC e l’Ufficio politico, e
di conseguenza l’intero Partito,
escono fortemente rafforzati da
questa Sessione.
Molto importanti sono state le franche e oneste autocritiche pronunciate da alcuni compagni, dando peraltro modo al
compagno Scuderi di ribadire
che è normale avere dei dubbi,
che vanno sciolti attraverso il
confronto col Partito, attraverso
le procedure corrette per risolvere le contraddizioni interne: prima di tutto, dialogando con l’Istanza superiore, senza decisioni
emotive e impulsive. Il Segretario generale, con la modestia che
lo contraddistingue, ha precisato che egli per primo deve fare
delle ricerche e confrontarsi con
i responsabili nazionali di settori
sulle questioni che non ha molto chiare.
La serie di interventi ha in altri casi sollecitato il compagno
Scuderi a precisazioni o approfondimenti che hanno reso ancora più efficace e viva la riflessione collettiva.
Come quando ha indicato
che “nei nostri interventi orali e
scritti ci sono tre cose che dobbiamo fare sempre, curare che
essi abbiano la massima dialettica, argomentazione e documentazione. Sono tre passaggi fondamentali”. E che “per quanto
riguarda la documentazione occorre cercare alla fonte i documenti ufficiali, utilizzando nel
modo corretto Internet”.
Anche il compagno Erne ha
ripreso brevemente la parola per
sottolineare in riferimento agli
attacchi dell’Is su Kobane che
noi sosteniamo la legittima richiesta dei curdi siriani di avere uno Stato autonomo e il diritto
di autodeterminazione del popolo curdo; non possiamo però riconoscere in quella repubblica
di Rojava quel modello di socialismo sbandierato da anarchici e
trotzkisti, un “socialismo libertario”, che definisce la proprietà
privata “intoccabile”.
Nelle conclusioni il compagno Scuderi ha sottolineato
nei ringraziamenti il contributo complessivo fornito dal compagno Erne, dagli interventi e
anche dai dubbi sollevati con
sincerità dai compagni che ha
prodotto l’unità del CC sull’analisi della situazione internazionale e la linea di politica estera, una unità che dà una forza
grandissima al Partito. Questa
Sessione può essere considerata come una pietra miliare nella
vita, unità, costruzione, sviluppo e formazione del gruppo dirigente del Partito. Un caloroso
applauso ha chiuso questa parte
dei lavori della giornata.
Lavori che sono proseguiti con l’approvazione di una serie di provvedimenti tra i quali
quello riguardante l’avvicendamento alla guida della Commissione per il lavoro di massa
del CC. Il compagno Emanuele Sala, non più in grado di assolvere pienamente il suo incarico a causa della perdita totale
della vista e dell’impossibilità
del Partito di assegnargli un assistente politico, sarà sostituito
come Responsabile della Commissione dal compagno Andrea
Cammilli, il quale ha dato prova di avere le necessarie qualità ideologiche, politiche, dialettiche, organizzative e pratiche di
dirigente operaio marxista-leninista e che ha già svolto il ruolo di primo collaboratore a supporto al compagno Sala. Il CC a
nome dell’intero Partito ha tributato un sentito e commosso ringraziamento al compagno Sala
per gli inestimabili contributi
che ha dato sul fronte operaio e
sindacale e nel lavoro di massa
del PMLI e che potrà continuare
a dare come autorevole membro
della Commissione.
Il CC ha nominato la Commissione per la stesura del Comunicato della 5ª Sessione plenaria e ha designato l’oratore
della prossima commemorazione pubblica di Mao, che sarà tenuta dal compagno Scuderi sul
tema “Da Marx a Mao”. Ha ringraziato un compagno che ha
donato una statuetta con la riproduzione dell’opera di una artista
sovietica che celebra la vittoria
sul nazifascismo.
La Sessione è terminata col
canto de Il Sole Rosso e dell’Internazionale e le grida di “Viva
Marx, viva Engels, viva Lenin,
viva Stalin, viva Mao Zedong”.
Un apprezzatissimo e ricco pranzo collettivo ha chiuso la rossa
giornata.
Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI
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Editore: PMLI
chiuso il 14/10/2015
ISSN: 0392-3886
ore 16,00
PMLI / il bolscevico 11
N. 38 - 22 ottobre 2015
La Commissione giovani
del CC del PMLI si è riunita in
seduta plenaria il 10 ottobre
2015 presso la Sede centrale
del PMLI e de “Il Boslcevico” a
Firenze per fare il punto sulla
situazione giovanile in Italia e
delineare i compiti del Partito
sul fronte giovanile e studentesco a breve-medio termine,
sulla base di una relazione
presentata dal compagno Federico Picerni, Responsabile
della Commissione.
La relazione ha denunciato la situazione drammatica in
cui vivono i giovani oggi in Italia, condannati al precariato
dal “Jobs act”, e la fascistizzazione e aziendalizzazione della scuola pubblica ad opera
della “riforma” Renzi-Giannini, facendo inoltre un quadro
dell’attuale mobilitazione studentesca che appoggiamo e
che ci auguriamo rivendicherà
quel potere nelle scuole che
spetta di diritto agli studenti.
Riallacciandosi ai drammatici
avvenimenti estivi che hanno
visto giovani morti per droga,
ha inoltre denunciato come la
droga sia un mostro funzionale al capitalismo sia in termini di profitto, sia per inibire la
Comunicato della riunione plenaria della
Commissione giovani del CC del PMLI
combattività dei giovani.
La Commissione ha quindi tratto un bilancio critico e
autocritico dell’attività svolta
sin qui ed ha preso una serie di misure per passare ad
una fase ancora più matura e
avanzata del proprio lavoro,
in particolare migliorando la
divisione dei compiti al suo interno e la responsabilizzazione di ciascun membro, e mettendo pienamente in pratica
i tre elementi per il successo
del lavoro giovanile: la linea
giovanile e studentesca; il lavoro della Commissione centrale giovani rispettando e sviluppando tale linea; l’impegno
coerente e perseverante del
Partito, a cominciare dai suoi
giovani militanti, ad applicare
la linea.
Nell’interessante discussione seguita alla relazione,
tutti i membri della Commissione si sono presi l’impegno
a migliorare ulteriormente il
loro lavoro collettivo, tenere
sotto tiro i provvedimenti del
governo e fare fuoco e fiamme soprattutto sui problemi
dei giovani precari e disoccupati e degli studenti, intervenire con maggiore tempesti-
vità, superare i propri limiti e
studiare di più tutti quei punti sui quali sono maggiormente indietro. La Commissione
ha sottolineato che considera “fondamentale” il compito
di seguire, orientare e aiutare
i giovani militanti e simpatizzanti nel loro lavoro studentesco, nonché di stimolare l’intero Partito a portare le nostre
rivendicazioni fra le masse
giovanili e studentesche.
La riunione ha quindi approvato il Vademecum delle
studentesse e degli studenti marxisti-leninisti, un tipo di
documento inedito nella storia
del PMLI. Come è stato detto
nella relazione, è “un bellissimo lavoro collettivo dell’intero Partito visto che ci siamo
avvalsi di tutta l’elaborazione
fatta fin qui sulla linea studentesca”. Si tratta di “uno strumento utilissimo, snello, di
facile consultazione per impostare correttamente il lavoro studentesco del Partito e
singolarmente dei compagni
che vi prendono parte diretta”.
La Commissione invita l’intero
Partito, a partire dalle studentesse e dagli studenti, a studiare, applicare e far applica-
re le indicazioni contenute nel
Vademecum
Infine è stato stabilito il piano delle proprie future attività
in ordine di priorità, sono stati assegnati i compiti a breve-medio termine e preparate alcune circolari interne al
Partito.
La Commissione Giovani ribadisce la necessità delle studentesse e degli studenti marxisti-leninisti, di lavorare
assiduamente e in maniera
continuativa all’interno della propria scuola e università,
del movimento studentesco e
di ricercare il contatto e il confronto con gi studenti, intervistandoli sui loro problemi. È
necessario continuare a diffondere il volantino su “Mao
e l’istruzione nel socialismo”
e spronare tutti gli studenti e
i giovani con cui siamo o veniamo a contatto a leggerlo e
commentarlo. In questo quadro dobbiamo cercare di intervistare gli studenti davanti
alle scuole, agli atenei e alle
manifestazioni, magari preparando prima un breve questionario, chiedendogli quali sono
i problemi che sentono maggiormente e stimolando la loro
riflessione sulla “Buona scuola” e sul governo Renzi.
La Commissione saluta
con entusiasmo le manifestazioni studentesche svoltesi il
giorno precedente 9 ottobre
che, insieme a quelle del 2
ottobre, hanno registrato un
grande successo, e appoggia
con decisione la mobilitazione
delle studentesse e degli studenti contro la “Buona scuola”. È un’occasione d’oro che
non dobbiamo lasciarci sfuggire, e la Commissione pertanto ringrazia vivamente le
compagne e i compagni che
erano in piazza il 9 ottobre
insieme agli studenti, talvolta in primissima fila. Dobbiamo perseverare nel lavoro di
massa studentesco migliorandolo, realizzare esperienze
modello del lavoro studentesco e conquistare più militanti e simpatizzanti studenti per
aprirci le porte del movimento
studentesco.
La Commissione esprime inoltre solidarietà alle studentesse e agli studenti di
Torino sgomberati dalle “forze dell’ordine” dallo stabile
dell’ex gasometro Italgas che
avevano occupato.
A conclusione della riunione, la Commissione è stata
ricevuta dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, il quale ha
espresso la sua massima
soddisfazione per i suoi risultati ed ha affermato di ritenerla una commissione modello,
auspicando che continuerà su
questa strada. Il compagno
Scuderi ha quindi rivolto due
preziose raccomandazioni ai
membri della Commissione:
“Tenere alto il livello del lavoro
giornalistico, seguire l’attualità
e intervenire tempestivamente”; “Continuare a guidare, seguire e ispirare e, se necessario, criticare le Istanze di base
e in particolare i compagni
studenti”, se non fanno bene
il loro lavoro giovanile e studentesco. I compagni si sono
impegnati a tenere a mente
queste raccomandazioni, riflettere sul loro contenuto e
metterle in pratica.
La giornata si è conclusa
nell’entusiasmo dei compagni, determinati a mettercela tutta per essere all’altezza
delle aspettative dell’intero
Partito.
I MEDIA SULLA POSIZIONE DEL PMLI SU L’IS
Quelli maggiori l’hanno ignorata. “Il Sole 24 ore” ha chiesto un’intervista a Scuderi
o a un altro dirigente nazionale del PMLI, ma poi non si è fatto più vivo
12 il bolscevico / contro la “buona scuola”
N. 38 - 22 ottobre 2015
60mila studenti in novanta piazze d’Italia
gridano un forte no alla “buona scuola”
Grande successo della seconda mobilitazione studentesca in una settimana. Puglisi responsabile scuola PD:
gli studenti non devono essere pagati per lavorare. Qualificata e combattiva partecipazione del PMLI
Costruire un movimento studentesco
unitario contro renzi e la “buona scuola”
Le studentesse e gli studenti
non danno tregua al governo che
ha fascistizzato la scuola pubblica
e, ad appena una settimana dalla
mobilitazione del 2 ottobre (vedi il
numero scorso de “Il Bolscevico”),
venerdì 9 ottobre sono scesi nuovamente nelle piazze e nelle strade
di novanta città, in 60mila, per ribadire la loro opposizione alla “Buona
scuola”.
L’appello per questa nuova giornata era stato lanciato dalla Rete
della Conoscenza, che raggruppa
Unione degli Studenti e Coordinamento universitario “Link”, dietro lo
slogan “Siamo in credito, vogliamo
potere”. Vi hanno poi aderito anche la Rete degli studenti medi, sia
pure con lo slogan “Another brick
for the future” (un altro mattone per
il futuro), l’Unione degli Univeristari
e una miriade di collettivi. Anche la
FLC-CGIL ha appoggiato la mobilitazione “per cambiare radicalmente
la legge sulla brutta scuola”.
Le manifestazioni
e i temi
La giornata si è aperta ancor prima dell’alba con un blitz degli studenti davanti al Ministero dell’Istruzione a Roma, ed è proseguita con
un corteo di 5mila studenti dietro lo
striscione “Riprendiamoci la scuola”.
Nel mirino degli studenti c’era
tutta la scuola come viene ridisegnata dalla legge 107, con i
presidi-manager, la manodopera
studentesca gratuita mascherata
da “alternanza scuola-lavoro”, la
cancellazione degli spazi democratici degli studenti. “Chiediamo il
ritiro di questa riforma”, approvata
“in modo totalmente antidemocratico e contro le ragioni di centinaia
di migliaia di studenti, insegnanti,
genitori e personale Ata”, e la costruzione di “una scuola democratica, gratuita, di qualità”, ma anche
“un mercato del lavoro senza precarietà” e per questo “scenderemo
Napoli, 9 ottobre 2015. Manifestazine degli studenti contro la “buona scuola” (foto Il Bolscevico)
in piazza oggi e nei prossimi mesi”:
queste le parole di Riccardo Laterza, portavoce della Rete della Conoscenza, a skuola.net. Al centro
c’era anche la battaglia per il diritto
allo studio, contro il nuovo calcolo
ISEE e ISPE che nega le borse di
studio a migliaia di studenti.
“La buona scuola siamo noi”,
“La scuola è nostra”, “Chiediamo
il futuro, prendiamo il presente”,
“Potere a chi studia”, “Siamo tutti antifascisti”, questi alcuni degli
striscioni e degli slogan che hanno
animato le manifestazioni, colorate,
combattive e cariche di entusiasmo. Nel corso delle quali sono state anche imbrattate sedi di banche,
come nel caso di Unicredit a Milano, nella stessa città i manifestanti (un migliaio) hanno circondato il
consolato ungherese con filo spinato contro le politiche razziste del
fascista Orban. L’accoglienza per
i migranti è stata infatti un’altra richiesta degli studenti scesi in piazza il 9. (Si veda servizio a parte)
A Torino gli studenti hanno
occupato l’ex stabile Italgas per
Modena
Ottimo corteo organizzato dalla “Rete degli
studenti medi”. Interesse tra gli studenti per la
posizione del PMLI contro la “Buona scuola”.
Censurata dai media l’intervista a Picerni
Modena, 9 ottobre 2015. Il bel cartello del PMLI contro la “buona
scuola” portato nel corteo studentesco dai compagni modenesi (foto
Il Bolscevico)
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Modena del PMLI
Anche a Modena, nell’ambito
delle manifestazioni riguardanti
la mobilitazione nazionale del 9
ottobre, il PMLI è sceso in piazza
assieme agli studenti. La “Rete
degli studenti medi”, organizzatrice dell’evento, è partita dall’autostazione attraversando Via Emilia
protestare contro la privatizzazione delle residenze universitarie,
venendo sgomberati con violenza
dalle “forze dell’ordine”. A Bologna
gli studenti sono tornati in piazza
per nulla intimoriti dalle cariche del
2 ottobre, solidali anche col collettivo lgbt “Atlantide” sgomberato
dalla giunta locale PD. Così come
a Firenze (si veda servizio a parte)
e Siena, dove è stata occupata la
sede dell’Azienda regionale per il
diritto allo studio. Ben due cortei
a Napoli (si veda servizio a parte),
dove gli studenti hanno anche manifestato contro la mafia, e a Palermo dietro lo striscione “Ribaltiamo
il governo Renzi”. Duemila studenti
a Bari gridavano: “contro la scuola
dei padroni, dieci cento mille occupazioni”.
Il PMLI, a cominciare dai suoi
militanti e simpatizanti studentesse
e studenti, fra cui si sono distinte
le giovani compagne, era presente
in diverse piazze, come illustrato
nei servizi locali pubblicati a parte.
Sono state diffuse migliaia di volantini su “Mao e l’istruzione nel socia-
lismo” e con gli estratti dell’articolo
“Vogliamo potere” (n. 36 de “Il Bolscevico” e sito del PMLI). A Roma
la bandiera del PMLI è arrivata alla
testa del corteo. A Modena una testata locale ha intervistato il compagno Federico Picerni, Responsabile della Commissione Giovani del
PMLI, salvo poi censurarlo.
Centro per arrivare in Piazza Grande dove si è tenuta un’assemblea
pubblica.
Pochi giorni prima la rete
studentesca aveva manifestato
proprio nell’autostazione, ritrovo
di migliaia di studenti modenesi, contro il sovraffollamento dei
mezzi pubblici e il caro prezzo degli abbonamenti, dopo il malore di
una studentessa all’interno di una
corriera.
Al concentramento del corteo
il compagno Federico Picerni,
Responsabile della Commissione
giovani del Comitato centrale del
PMLI, è stato intervistato dalla
Gazzetta di Modena, una delle più
importanti testate giornalistiche
locali, esponendo la posizione del
Partito sulla “Buona scuola” e sul
governo studentesco, ma l’intervista è stata censurata, sull’evento
sono state spese poche parole e
niente di più.
I marxisti-leninisti modenesi sono stati altresì ben accettati
dalle masse studentesche, esponendo durante il corteo il cartello
“Per avere una ‘buona scuola’
occorre che essa sia governata
dalle studentesse e dagli studenti”, diffondendo i volantini sul
contributo del PMLI al dibattito
studentesco “Vogliamo potere” e
sul discorso del compagno Picerni tenuto alla commemorazione di
Mao del 6 settembre a nome del
CC del PMLI oltre alle copie stampate de “Il Bolscevico”. La stampa
cartacea de “Il Bolscevico” segna
un altro traguardo importante per
l’Organizzazione modenese del
PMLI che riesce autonomamente
a produrle.
Il corteo, come detto, è finito
nella piazza principale dove durante l’assemblea pubblica le masse
studentesche hanno denunciato
giustamente e con rabbia il governo del nuovo duce Renzi con la
sua legge 107, il caro prezzo dei libri e dei trasporti, la presenza della mafia, la distruzione della Costituzione e la presenza di un’Europa
non democratica.
Tutti temi importanti e significativi per le masse, ma a nostro
giudizio non è abbastanza, perciò
riteniamo che gli studenti, soprattutto quelli più avanzati, debbano andare a fondo dei problemi,
specie sul capitalismo e le sue
contraddizioni che generano tali
problemi.
Durante l’assemblea la presenza del PMLI è stata fondamentale
e produttiva, segnaliamo l’interesse di molti studenti e soprattutto
di uno che ci ha chiesto consigli
su come affrontare le problematiche del nostro Paese per cambiare il sistema: Gli è stata esposta
la linea combattiva del Partito e
consigliato di leggere e studiare le sette indicazioni di Scuderi
per il lavoro studentesco appena
pubblicate su “Il Bolscevico”. Lo
studente, come noi, denunciava
la divisione dei movimenti studenteschi mentre le studentesse e gli
studenti devono assolutamente
compattarsi in un grande fronte
unito per spazzare via il governo
Renzi.
Lavoriamo affinché le studentesse e gli studenti apprezzino
ed applichino la linea del PMLI
sull’istruzione e sul movimento
studentesco!
Il governo Renzi e il PD
stanno con i padroni
contro gli studenti
Risposte molto eloquenti agli
studenti da parte del governo sono
state le manganellate a Bologna lo
scorso 2 ottobre e lo sgombero di
Torino, ma per non lasciare nulla
al non detto, la ministra Giannini
è intervenuta personalmente da
Berlino, difendendo l’alternanza
scuola-lavoro come “opportunità
di crescita” e persino “approccio
che ha salvato molti paesi, dopo la
crisi, dalla disoccupazione giovanile drammatica”. Peccato lavorino
gratis.
La precedeva in termini ancora
più espliciti e prepotenti la responsabile scuola del PD, Francesca
Puglisi, secondo la quale “l’alternanza scuola-lavoro non è sfruttamento del lavoro minorile, ma una
fondamentale esperienza formativa
che i tutti i vostri coetanei d’Europa già compiono da tempo. Dovete
essere pagati per fare questa esperienza? No (sic!), come non siete
pagati per studiare. L’alternanza
scuola-lavoro, più che un dovere,
è un vostro diritto”. Bontà sua. Tra
l’altro è significativo che entrambe
abbiano difeso a spada tratta la
manodopera gratuita consegnata
alle imprese.
Il punto è che Renzi, il suo governo e il suo partito non si vergognano di dire chiaro e tondo che
stanno con i padroni e il grande
capitale contro gli studenti.
Costruire un movimento
studentesco unitario
e lottare contro
il governo Renzi
Non si può negare che nelle ultime mobilitazioni siano emerse delle
contraddizioni, per esempio fra chi
è sceso in piazza il 2 ottobre, soprattutto autonomi e centri sociali,
e chi ha risposto all’appello delle
organizzazioni studentesche per
il 9, anche in questo caso però la
Rete della Conoscenza e la Rete
degli studenti erano divise, al punto
da presentarsi con piattaforme differenti.
Allo stesso tempo però c’erano
tanti, importanti e giganteschi punti
in comune, prima di tutto l’opposizione netta e decisa alla “Buona
scuola” e a tutto ciò che essa comporta, soprattutto la cancellazione
degli spazi democratici degli studenti, un tema quest’ultimo molto
sentito da tutte le piazze e che probabilmente aprirà una proficua discussione sul governo della scuola
e dell’università, governo che secondo noi deve appartenere alle
studentesse e agli studenti.
È su questi punti in comune che
bisogna fare perno per creare un
movimento studentesco unitario,
che si batta senza tregua contro le
politiche di fascistizzazione, aziendalizzazione e privatizzazione della
scuola e dell’università e contro il
governo che le ha partorite, quello
del nuovo duce Renzi.
Ma per far nascere un movimento studentesco unitario, è necessario mobilitare la base, cioè le larghe
masse studentesche, discutere dal
basso sulle iniziative, sulle date e le
modalità delle mobilitazioni per poterne mettere in campo di unitarie e
forti, non frazionate e quindi divise
e deboli. Ma non solo, va anche discussa una linea politica, programmatica e rivendicativa comune, che
ora manca, e infatti il movimento
studentesco risente moltissimo
dell’assenza di una direzione chiara e condivisa. Il rischio concreto
è di bruciare le energie, lasciare
l’iniziatva al governo e non riuscire a mettersi sull’offensiva, che è
un’esigenza sentita da tutte le forze
studentesche in campo.
Come? La nostra proposta è
dare vita alle assemblee generali
delle studentesse e degli studenti in ogni scuola e ateneo, inteso
come luogo dove confrontarsi sugli
indirizzi politici, programmatici, organizzativi, i metodi e le iniziative
di lotta in modo da raggiungere la
massima intesa possibile. Le proposte, le piattaforme, le decisioni e
i documenti delle assemblee generali di scuola ed ateneo potrebbero
poi essere messe a confronto in assemblee regionali e nazionali.
Le divisioni, il frazionismo, il settarismo non portano a nulla di buono, anzi fanno il gioco del governo,
mentre l’unità di tutte le studentesse e di tutti gli studenti fondata su
una linea comune e discussa democraticamente e sull’autonomia
delle rispettive forze organizzate,
può portare veramente a conquiste
e alla vittoria di una battaglia così
essenziale per il presente e il futuro
dell’istruzione pubblica in Italia. Così
veramente ogni scuola potrà essere
una barricata e l’autunno potrà farsi
infiammarsi.
Rimini
Denunciati in piazza i problemi generali
e quelli specifici degli studenti.
Volantinaggio del PMLI
Rimini, 9 ottobre
2015 (foto Il
Bolscevico)
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Gabicce Mare del PMLI
Venerdì 9 ottobre, nell’ambito
degli scioperi studenteschi indetti
dall’UDS e da altre organizzazioni,
si è svolta la manifestazione degli
studenti medi a Rimini.
Il concentramento si è svolto nella piazza antistante il liceo
scientifico “A. Einstein”. Il corteo
è partito dietro lo striscione “Per
una scuola libera accessibile e solidale, vogliamo potere”. Tanti gli
slogan contro la “Buona scuola”, e
anche i problemi più immediati che
affliggono le scuole (tasse extra da
pagare sotto ricatto, insufficienza
dei servizi igenici o edifici inadeguati, ecc.).
La presenza delle “forze dell’ordine” era veramente esagerata, ad
un certo punto il prefetto ha deciso
di modificare il percorso prestabilito non lasciando passare il corteo
per le vie del centro, così facendo
innervosire i partecipanti.
Il PMLI era presente e ha diffuso i volantini “Vogliamo potere”
nonché quelli con l’invito a leggere e commentare il discorso del
compagno Federico Picerni, fatto
a nome del CC del PMLI alla recente commemorazione di Mao
sul tema “Mao e l’istruzione nel
socialismo”.
Al termine a piazza Cavour si è
tenuta un’assemblea pubblica in
cui hanno preso parte anche passanti interessati.
contro la “buona scuola” / il bolscevico 13
N. 38 - 22 ottobre 2015
Firenze
Riuscita manifestazione. Ampia diffusione
de “Il Bolscevico” e dei volantini del PMLI,
che intervista e ascolta gli studenti in piazza
Consensi alla parola d’ordine
sulla scuola governata dalle
studentesse e dagli studenti
Milano
Studenti medi e universitari uniti nella lotta.
Solidarietà ai migranti.
Largo volantinaggio del PMLI
Il Tg regionale della rai
intervista un militante del PMli
vostra opinione su ‘Mao e l’istruzione nel socialismo’”.
Durante il corteo abbiamo sfilato per lo più dietro il cartellone con
su scritto “riprendiamoci i saperi,
ribaltiamo quest’Europa” rilanciato
le parole d’ordine del PMLI contro
la buona scuola ed il governo Renzi, partecipando anche ai vari canti
come “Bella ciao”, “Bandiera rossa”, “Fischia il vento” direttamente
dal megafono di uno degli istituti
presenti.
Il corteo, dinamico e combattivo, ha dimostrato come la maggior
parte degli studenti si identifichino
con la lotta contro la “Buona scuola” del governo del nuovo duce
Renzi, soprattutto in senso antifascista, ripetendo a più riprese lo
slogan “Siamo tutti antifascisti”.
Una manifestazione dunque positiva, che ci vedrà ancora presenti
e combattivi nei prossimi appuntamenti.
Napoli
Manifestazioni partecipate e combattive.
Riuscito volantinaggio del PMLI
Firenze, 9 ottobre 2015 (foto Il Bolscevico)
‡‡Redazione di Firenze
La giornata di mobilitazione studentesca organizzata dalla rete degli studenti medi e SIM (studenti in
movimento), contro la controriforma della “Buona scuola” del nuovo duce Renzi e del ministro della
pubblica istruzione Giannini è stata
coronata da pieno successo. Circa
1.500 studentesse e studenti medi
si sono ritrovati al concentramento
in Piazza S. Marco da dove è partito
il corteo. Presenti anche gli universitari dell’UDU e degli Studenti di
sinistra.
Tra i diversi striscioni leggevamo “La vera buona scuola boccia
Renzi” che era quello di testa del
corteo, “Gli studenti non sono del
mercato. Vogliamo la scuola dello
Stato”, “State sereni tanto non avete futuro”, “Arrenditi la buona scuola non ci toglie la parola”, “Chi è
senza futuro scagli la prima pietra”.
E’ stato combattivo il corteo, oltre
agli slogan per la scuola e l’università pubbliche è stata cantata “Bella ciao”.
Abbiamo chiesto il parere ad
alcuni studenti sulla controriforma
scolastica e sulle parole d’ordine
del PMLI che definiscono Renzi
il nuovo duce e sul governo della
scuola da parte delle studentesse e
degli studenti. Ecco le risposte.
Tara dell’Elsa Morante di Firenze: “Manifesto perché la scuola
dev’essere pubblica e non va tolto
il diritto all’istruzione a nessuno.
Ci sono dei costi molto elevati che
pagano maggiormente gli studenti
appartenenti alle classi sociali più
basse. Bisogna combattere il tentativo di privatizzare e aziendalizzare
la scuola”. Anna dell’Elsa Morante
attacca “le conseguenze della riforma della scuola e le altre riforme
dei servizi pubblici che non portano
altro che alla diminuzione del diritto
allo studio, del lavoro, dell’assistenza sanitaria, in funzione sempre di
una tutela dei privati e del capitale.
Quando invece il diritto allo studio,
al lavoro, alle cure dovrebbe essere
pubblico e gratuito”.
Per Vanessa del Volta Gobetti la
riforma “estromette di fatto gli studenti dagli organi decisionali della
scuola. Non viene data la possibilità
agli studenti di decidere su niente,
nemmeno di fronte ad insegnanti abulici e a volte incompetenti e
succubi del sistema, e di ribellarsi
di fronte alla quasi schiavizzazione
che la scuola-lavoro offre nel periodo scolastico e alla riforma del
lavoro per il futuro, che sono sempre negli interessi dei privati sfruttatori. Sarebbe giusto a partire dalla
scuola-lavoro avere uno stipendio
tutelato”.
Per Matheos del Volta Gobetti “i
presidi con la ‘Buona scuola’ pensano solo ai propri interessi non
occupandosi degli interessi veri
degli studenti e dei lavoratori. La
gestione della scuola da parte degli
studenti si può fare con gente veramente capace. Renzi è solo uno
che fa i propri interessi e quelli dei
ricchi”.
Per Francesco, sempre del Volta
Gobetti di Bagno a Ripoli, “la riforma ha ulteriormente precarizzato
la scuola e il suo personale. Sono
d’accordo che Renzi reincarni la
figura del nuovo duce, fa solo gli
interessi di banche e multinazionali,
di privati in generale a scapito dei
diritti pubblici, scuola, sanità trasporti. Sarebbe un sogno che gli
studenti e le studentesse riuscissero a governare le scuole a discapito
di un ruolo subalterno agli interessi
privati della scuola”.
Categorici e risoluti Francesco e
Marta dell’Enriques di Castelfiorentino: “No ai presidi dittatore e manager, no ai finanziamenti alle scuole private. Renzi è un burattino di
banche e multinazionali che dettano le regole economiche a distruggere tutto quello che è pubblico. Gli
studenti dovrebbero governare la
scuola, una scuola più democratica
e non autoritaria. Occorre controllare le spese gestionali dei presidi
manager. La scuola lavoro oggi serve solo a sfruttamento e non a una
vera formazione, sempre in favore
dei profitti dei privati come il Jobs
Act”.
Come PMLI erano presenti militanti e simpatizzanti di Firenze,
del Mugello, della Val di Sieve e del
Valdarno. I compagni avevano nei
“corpetti” la locandina con la parola d’ordine “Per avere una ‘buona
scuola’ occorre che essa sia governata dalle studentesse e dagli
studenti”. Parola d’ordine che, sia
da alcune affermazioni dei ragazzi
raccolte durante la diffusione che
nelle mini interviste sopra riportate,
ha riscontrato un bel consenso tra
gli studenti più avanzati e informati.
Diffuso il volantino bifacciale con
l’articolo de Il Bolscevico numero 36
dal titolo “Vogliamo potere” a firma
della Commissione giovani del CC e
con l’invito a leggere ed esprimere
la propria opinione sull’importante
discorso “Mao e l’istruzione nel socialismo” pronunciato dal compagno Federico Picerni alla commemorazione di Mao a nome del CC
del PMLI. Distribuite più di 500 copie accolte con interesse dagli studenti. Uno studente del Gramsci ne
ha volute un po’ di copie per darle
ai suoi compagni. Alcuni commenti:
“Grandioso, io sono comunista!”,
“Ganzo il volantino ‘Vogliamo potere’!”. Un altro studente ha definito la
locandina del PMLI “Perfetta”. In un
paio di casi abbiamo discusso con
studenti che hanno simpatia per il
Movimento 5 stelle.
Sono state diffuse anche diverse
copie de “Il Bolscevico” n 33/2015
cartaceo dedicato alla commemorazione di Mao citata.
In generale è emerso che gli
studenti si sono resi conto della
portata controriformatrice della
“Buona scuola” mentre devono
ancora prendere coscienza pienamente della natura neofascista del
governo del nuovo duce Renzi, che
va spazzato via attraverso la mobilitazione di piazza.
Da denunciare l’esagerata presenza di polizia, il governo del nuovo duce Renzi e del gerarca Alfano
vogliono creare un clima repressivo
attorno alla battaglia degli studenti
contro la “Buona scuola”.
Alcuni dei compagni presenti
al corteo e facenti capo alle Organizzazioni di Rufina e di Vicchio
del Mugello del Partito nei giorni
precedenti, mercoledi 7 e giovedi 8
ottobre, sono stati impegnati nella
diffusione dello stesso volantino
all’Istituto Balducci di Pontassieve,
dove insegna la crumira moglie di
Renzi Agnese Landini, al liceo Giotto Ulivi e al professionale Chini di
Borgo San Lorenzo, raccogliendo
anche in questo caso interesse tra
le studentesse e gli studenti.
Milano, 9 ottobre 2015 (foto Il Bolscevico)
vane compagno ha rilasciato un’in‡‡Redazione di Milano
tervista al Tg regionale della Rai in
A centinaia sono scesi in piazza
cui ha spiegato in sintesi la rivengli studenti medi ed universitari di
dicazione del PMLI di una scuola
Milano e provincia per il corteo mipubblica, gratuita e governata dalle
lanese della grande mobilitazione
studentesse e dagli studenti tramite
studentesca nazionale del 9 ottobre
la democrazia diretta delle Assemche è partito da Largo Cairoli dove
blee generali che devono essere fin
i manifestanti hanno acceso fumod’ora lo strumento di organizzaziogeni e appeso uno striscione alla
ne della mobilitazione che unisce
statua equestre di Garibaldi con la
la lotta della maggioranza studenscritta “No free Jobs la scuola non
tesca con quella degli insegnanti
è un’azienda”.
e dei lavoratori Ata l’affossamento
Tra gli studenti era attiva la
della controriformatrice “Buona
squadra di propaganda della linea
scuola” della ministra Giannini e per
studentesca
marxista-leninista
la cacciata del governo del nuovo
composta da giovani militanti e
duce Renzi. Rilanciando la ferma
simpatizzanti della Cellula “Mao”
posizione per l’abrogazione del
di Milano del PMLI che ha diffuso
Jobs Act, il compagno ha ribadito
centinaia di copie di un volantino
la rivendicazione marxista-leninista
riportante il contributo dei marxistidel lavoro stabile, a salario intero, a
leninisti al dibattito studentesco su
tempo pieno e sindacalmente tuteun’importante parola d’ordine della
lato criticando quella fuorviante del
Rete della Conoscenza dal titolo:
“reddito di cittadinanza”. L’intervi“Vogliamo potere”, e sul retro l’insta è stata parzialmente trasmessa
vito a leggere e a scrivere un’opinel Tgr lombardo delle ore 14.
nione sul discorso del compagno
Il compagno intervistato ha atFederico Picerni a nome del CC del
tratto la curiosità di vari studenti
PMLI all’ultima Commemorazione
che hanno ulteriormente “intervidi Mao. In corteo i nostri compagni
stato” il nostro compagno su vari
hanno tenuto alte le bandiere del
temi inerenti non solo la linea poPartito.
litica studentesca ma anche quelGli studenti scesi in piazza si
la sui tempi di politica nazionale,
sono espressi contro la “Buona
internazionale e storica (socialismo
scuola” per “la sua idea di connell’Urss di Lenin e Stalin e nella
sultazione e partecipazione inesiCina di Mao).
stente, la continua diminuzione dei
I manifestanti hanno anche didiritti di studenti e insegnanti e le
mostrato la loro contrarietà alla
‘migrazioni’ forzate di questi ultimi,
decisione del governo ungherese
gli incentivi alle scuole private e ai
capeggiato da Orban di costruire
privati nel sostituirsi al pubblico
un gigantesco muro lungo i confini
nel finanziamento dell’Istruzione”.
con Serbia e Romania per impedi“Un’istruzione gratuita e un sapere
re ai rifugiati di transitare e dirigersi
accessibile a tutti, la promozione
verso l’Europa del Nord. Gli studendi uno ‘statuto delle studentesse e
ti, infatti, giunti davanti al consolato
degli studenti in stage’ e per l’istituungherese hanno srotolato uno strizione di un finanziamento strutturascione con lo slogan “Free borders”
le in istruzione in legge di stabilità”:
ossia “Frontiere aperte“.
è quanto richiesto dagli studenti in
lotta.
Durante il corteo un nostro gio-
Roma
Buona diffusione del PMLI. Gli studenti di un
istituto mettono il loro megafono a disposizione dei militanti del Partito per lanciare insieme a loro le parole d’ordine del PMLI
Roma, 9 ottobre 2015 (foto Il Bolscevico)
Il corteo si è concentrato in una
‡‡Dal corrispondente della
gremita piazza della Repubblica, in
Cellula “Rivoluzione
circa 3.000 gli studenti organizzati
d’Ottobre” di Roma
secondo gli istituti, scuole e licei di
Nella mattinata di venerdì 9 otprovenienza.
tobre la Cellula “Rivoluzione d’OtIn questa fase si è svolta l’opetobre” di Roma del PMLI, insieme
razione di volantinaggio da parte
all’Organizzazione di Civitavecchia
dei compagni del PMLI, che sono
del Partito ha partecipato alla maniriusciti a distribuire circa 500 copie
festazione che ha visto protagonisti
dei volantini dal titolo “Vogliamo
gli studenti medi e superiori della
potere” e “Leggete ed esprimete la
capitale.
Napoli, 9 ottobre 2015. Uno studente mostra “Il Bolscevico” con il
discorso di Picerni “Mao e l’istruzione nel socialismo” (foto Il Bolscevico)
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Vesuvio Rosso”
di Napoli
Il 9 ottobre studentesse e studenti partenopei sono scesi in piazza per inaugurare un autunno caldo
di lotta contro la “riforma” appena
approvata dal governo del nuovo
duce Renzi sulla “Buona scuola”.
La controriforma, infatti, prevede
che da quest’anno gli studenti dovranno dedicare 200 o 400 ore del
loro tempo al lavoro gratuito all’interno di aziende private, che richiedono per l’appunto mano d’opera
gratuita in cambio dei fondi donati
alle singole scuole. Fin dal varo di
questa legge noi marxisti-leninisti lo
abbiamo denunciato come una totale precarizzazione del mondo del
lavoro, già martoriato dal Jobs Act.
Per far conoscere la nostra posizione, la Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI guidata dal
compagno Andrea è stata presente
in piazza diffondendo centinaia di
volantini che riportavano il preziosissimo articolo “Vogliamo potere”,
accompagnato da alcune copie
cartacee de Il Bolscevico, il numero
uscito in occasione della commemorazione di Mao, sul discorso del
compagno Federico Picerni, pronunciato a nome del CC del PMLI,
“Mao e l’istruzione nel socialismo”.
I compagni hanno sfilato in corteo con uno dei due proclamati in
città, per la precisione con lo spezzone che vedeva il suo concentra-
mento in piazza del Gesù poi conclusosi in via Guglielmo Sanfelice,
all’altezza delle poste centrali.
Forte e combattiva la partecipazione dei 5mila studenti e studentesse provenienti dalle scuole del
centro e dei quartieri popolari che
hanno gridato slogan contro il governo Renzi e della “Buona scuola”
del ministro Giannini. Ai cori di protesta si sono aggiunti gli striscioni
che contenevano frasi del tipo:
“Renzi attacca, la scuola risponde”,
“la scuola nostra non è dei padroni”, “se la normalità è essere uccisi
e sfruttati a 16 anni “je so pazz” (io
sono pazzo).
Altrettanto combattivo e partecipato è stato lo spezzone partito
da piazza Mancini e poi conclusosi al Rione Sanità, e che ha visto,
oltre alla protesta contro la “riforma” anche il ricordo commosso di
Genny Cesarano il diciassettenne
qui ucciso in una sparatoria il mese
scorso, cui sono seguiti slogan anticamorra.
A Napoli forte e chiaro è il segnale
dato dalle masse studentesche, che
sono scese in piazza e non sono rimaste passive davanti alle politiche
antipopolari di Renzi e del suo nero
esecutivo. Il PMLI sarà sempre in prima linea ad appoggiare a tutto spiano
la lotta studentesca, sostenendo che
solo la lotta di classe, la rivoluzione e la
conquista del potere politico da parte
del proletariato porteranno ad una reale e concreta radicale alternativa.
Catania
5.000 in piazza per dire no alla “Buona scuola”.
Il PMLI distribuisce centinaia di volantini
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Caltagirone del PMLI
Una folla di circa 5.000 studenti
degli istituti superiori e delle università catanesi è scesa in piazza
lo scorso 9 ottobre per dire ancora
una volta NO alla “Buona scuola”
del governo Renzi.
Compagne e compagni dell’Orga-nizzazione di Caltagirone e della Cellula “Stalin” della provincia di
Catania del PMLI erano tra loro a
dare un tocco di rosso al corteo,
accolti con piacere dagli studenti. I compagni hanno distribuito il
volantino “Vogliamo potere” della
Commissione giovani ed il volantino della scorsa commemorazione
di Mao. Centinaia di volantini del
nostro Partito sono giunti, dunque,
nelle mani di studenti combattivi
che lottano contro la privatizzazione, i nuovi poteri dei presidi e il degrado dell’edilizia scolastica.
Per tutto il corteo si sentivano
canti di lotta e si scorgevano cartelloni e manifesti con cui studentesse e studenti volevano rivendicare
il proprio diritto di autogovernarsi,
tanto che in uno dei manifesti più
grandi si leggeva chiaramente: “La
scuola è nostra, non di chi governa”. Il lungo corteo ha attraversato
la centrale via Etnea per concludersi
di fronte al comune di Catania, dove
simbolicamente sono stati portati
cumuli di macerie della scuola italiana, per ricordare alle istituzioni
borghesi quali sono le condizioni
in cui gli studenti sono costretti a
studiare. L’atto simbolico è stato
seguito da un’assemblea pubblica
in cui gli studenti intervenuti hanno
denunciato le carenze della scuola pubblica e lo stretto legame tra
scuola e capitalismo: l’obbiettivo
dei borghesi, infatti, è quello di creare forza-lavoro gratuita tramite l’alternanza scuola-lavoro e di creare
una nuova generazione di lavoratori
sfruttati per un futuro prossimo.
Il prossimo appuntamento,
adesso, è di nuovo in piazza perché non finisce qui: si continuerà a
lottare con tutte le forze a disposizione affinché la scuola venga tolta
dalle mani rapaci delle istituzioni
borghesi e diventi gratuita, veramente pubblica e sia governata
dalle studentesse e dagli studenti,
come vuole il PMLI.
14 il bolscevico / controriforma del senato
N. 38 - 22 ottobre 2015
Cancellato il Senato della prima Repubblica
democratica borghese.
Varato il Senato della repubblica neofascista,
piduista, presidenzialista e interventista
Uniamoci per la vittoria del No al referendum
Il 13 ottobre, con 179 sì, 16
no e 7 astensioni, in un’aula del
Senato semivuota per l’uscita di
tutti i partiti di opposizione - M5S,
FI Lega e (solo parzialmente)
SEL, che così ha evitato di votare
No - il governo si è approvato la
controriforma costituzionale che
cancella il Senato della prima Repubblica democratica borghese,
completando così l’affossamento
definitivo della Costituzione del
1948 come prescritto nel piano
della P2 di Gelli, già iniziato da
Craxi e portato avanti da Berlusconi, e adesso portato a compimento dal nuovo duce Renzi.
Nasce il Senato della repubblica neofascista, piduista, presidenzialista e interventista, con
l’abolizione del bicameralismo
perfetto, pilastro della forma parlamentare della Repubblica che
assicurava il controllo reciproco
tra le due Camere, e la trasformazione del Senato di 315 rappresentanti in una camera di 100
membri, di fatto non più eletti a
suffragio universale ma nominati
dall’alto, di cui 5 dal capo dello
Stato e 95 dalle segreterie dei
partiti maggioritari scegliendoli
tra i governatori regionali (in numero di 74) e i sindaci (21). Senza
potere legislativo, se non su provvedimenti di interesse regionale
e costituzionale e poco altro, e
senza più alcun potere di controllo sul governo, dato che il nuovo
Senato non voterà la fiducia e
potrà solo esprimere pareri non
vincolanti sulle leggi approvate
dalla Camera. Non potrà neppure
pronunciarsi sulla dichiarazione
di guerra, che ora potrà essere
votata dalla sola Camera! In compenso i governatori e i neopodestà nominati senatori godranno
ancora dell’immunità parlamentare, cosicché il salvataggio dei
politici corrotti resterà assicurato
come adesso.
Inoltre la Camera dei deputati,
di fatto unico organo rimasto a
legiferare e a votare la fiducia al
governo, e a mantenere gli attuali
630 seggi, sarà tenuta a garantire
l’approvazione “a data certa” ai
provvedimenti giudicati dal governo “essenziali per l’attuazione
del programma”: in pratica con
l’obbligo di approvarli o respingerli entro 70 giorni, “senza modifiche, articolo per articolo e con
votazione finale”. E’ chiaro che un
meccanismo simile sovverte radicalmente l’equilibrio tra i poteri
istituzionali disegnato nella Carta
del ‘48, riducendo drasticamente il potere del parlamento e aumentando di conseguenza quello
del governo e del presidente del
Consiglio in particolare, sancendo con ciò una trasformazione
surrettizia della repubblica parlamentare in repubblica presidenziale, nella forma del premierato.
Grazie a tutto ciò e al meccanismo perverso dell’Italicum, un
“fascistissimum” peggiore del
porcellum e della stessa legge
Acerbo di mussoliniana memoria,
infatti, un singolo partito (cioè di
fatto il suo leader) che controlli
anche solo il 20% dell’elettorato
può arrivare a controllare la maggioranza assoluta della Camera,
avendo perciò la fiducia assicurata per il suo governo e la via libera
ai suoi provvedimenti per tutta la
legislatura. Che cos’è questo se
non un regime presidenziale di
fatto nella forma di premierato
travestito da repubblica parlamentare?
Poteri mussoliniani
per il premier
Il potere legislativo ridotto a
una sola camera e con ulteriori
limitazioni, e l’altra camera nominata dai partiti, senza potere
legislativo e di controllo, ma che
partecipa all’elezione del capo
dello Stato, dei giudici costituzionali e del Consiglio superiore
della magistratura, consentirà al
candidato premier vincente non
soltanto di garantirsi la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e di scegliersi i senatori, ma
anche di nominare il presidente
della Repubblica, di controllare
10 dei 15 giudici della Corte costituzionale (5 nominati dal capo
dello Stato e 5 dal parlamento,
di cui 3 dalla Camera e 2 dal Senato), e di assoggettare il Csm,
tramite un terzo di consiglieri e il
vicepresidente nominati dal parlamento, più il presidente che poi
è lo stesso capo dello Stato. Per
l’elezione di quest’ultimo parteciperanno solo i 730 parlamentari e
non più anche i delegati regionali,
e serviranno i 3/5 dei votanti dalla
settima votazione in poi. Apparentemente sembrerebbe una
maggiore garanzia democratica,
dato che finora bastava la maggioranza assoluta alla quarta votazione. Ma siccome si tratta dei
3/5 dei votanti e non degli aventi
diritto, in realtà, in mancanza di
accordo tra i partiti, e in presenza
perciò di molte astensioni, può
tornare utile al partito vincente
pigliatutto.
Se a tutto questo aggiungiamo anche la riduzione dei diritti
democratici ed elettorali borghesi
dovuta all’abolizione delle Province, che taglia ulteriormente
la rappresentanza politica per le
masse già decurtata del Senato,
e le nuove soglie di sbarramento
per i referendum abrogativi e per
le leggi di iniziativa popolare, le
cui firme da raccogliere sono state aumentate rispettivamente da
500 mila a 800 mila e da 50 mila a
150 mila, non si fa fatica a capire
che nel complesso si tratta di poteri affidati ad un presidente del
Consiglio che non hanno precedenti nella storia dell’Unità d’Italia, tranne nel caso di Mussolini.
Comunicato stampa
Il PMLI boccia il Senato della
repubblica neofascista, piduista,
presidenzialista e interventista
Il 13 ottobre, con l’approvazione della controriforma costituzionale che cancella il Senato
della prima Repubblica democratica borghese, si completa
l’affossamento definitivo della
Costituzione del 1948 come
prescritto nel piano della P2
di Gelli, già iniziato da Craxi e
portato avanti da Berlusconi, e
adesso portato a compimento
dal nuovo duce Renzi. Il quale lo
ha imposto con arroganza e metodi fascisti in un Senato militarizzato dal presidente Grasso,
con l’aiuto del pregiudicato Berlusconi e con i voti del plurinquisito Verdini, e grazie anche alla
complicità dell’imbelle e capitolarda sinistra del PD.
Con l’abolizione del bicameralismo perfetto, pilastro della
forma parlamentare della Repubblica precedente che assicurava
il controllo reciproco tra le due
Camere, e la trasformazione del
Senato di 315 rappresentanti in
una camera di 100 membri nominati dall’alto, di cui 5 dal Capo
dello Stato e 95 dalle segreterie
dei partiti maggioritari scegliendoli tra i governatori regionali e
i sindaci, nasce il Senato della
repubblica neofascista, piduista,
presidenzialista e interventista.
È chiaro che, come hanno
denunciato anche molti autorevoli giuristi e costituzionalisti democratici e antifascisti, un tale
meccanismo, specie in combinazione con la legge elettorale
fascista ultra maggioritaria “Italicum”, sovverte radicalmente
l’equilibrio tra i poteri istituzionali
democratico borghesi disegnato
nella Carta del ‘48, riducendo
drasticamente il potere del parlamento e aumentando di conseguenza quello del governo,
e sancisce una trasformazione
surrettizia della repubblica parlamentare in repubblica presidenziale, nella forma del premierato. Assegnando con ciò al
presidente del Consiglio poteri
straordinari che non hanno precedenti nella storia dell’Unità
d’Italia, tranne la dittatura fascista di Mussolini.
Il miglior modo per affossare tale controriforma e la legge
elettorale Italicum “fascistissimum” è quello di lottare tutti
uniti per buttare giù al più presto
il governo Renzi. Cacciarlo via
prima che riesca a fare tabula
rasa dell’intera sovrastruttura
democratica del capitalismo
borghese nonché di tutti i diritti e le conquiste dei lavoratori
e delle masse popolari italiane
che sta demolendo giorno dopo
giorno.
L’Ufficio stampa del PMLI
Firenze 13 ottobre 2015
Senato ai comandi
di Boschi e Grasso
A tutto ciò va aggiunto anche
il modo arrogante e fascista con
cui questa “riforma” è stata imposta al parlamento. Si presuppone che per manomettere ben
40 articoli della Costituzione occorra quantomeno un parlamento legalmente eletto e un largo
consenso tra le sue componenti
politiche. Invece ciò è stato fatto
incredibilmente da un parlamento
di nominati, zeppo come non mai
di corrotti e inquisiti, eletti con una
legge dichiarata anticostituzionale dalla Consulta, e forzando fino
all’abuso i regolamenti parlamentari da parte della maggioranza
per zittire ogni opposizione. Con
il presidente del Senato Grasso
che si è messo docilmente al
servizio del governo, non vergognandosi nemmeno di consultarsi direttamente con la ministra
Boschi, per sterminare migliaia di
emendamenti col ricorso massiccio a “tagliole”, “canguri” e mille
altri artifici procedurali, pur di
arrivare ad approvare il provvedimento entro i ristretti tempi già
stabiliti in partenza.
Il massimo dell’indecenza si è
raggiunto sull’articolo 1, quando
per abolire tutta una serie di votazioni a scrutinio segreto Grasso
ha ammesso un maxiemendamento presentato come prestanome dal PD Cocianchic (un ex
capo scout di Renzi), ma scritto
direttamente dalla segretaria di
Palazzo Chigi. Per non parlare
della dozzina di voti del gruppo
ALA del plurinquisito e massone
Verdini, grande amico di vecchia
data della famiglia Renzi, che
sono stati utilissimi, e in alcuni
casi provvidenziali, per aiutare la
maggioranza a bocciare gli emendamenti dell’opposizione nelle
votazioni a scrutinio segreto. Voti
ben accetti e che “non puzzano”,
come ha dichiarato il PD Giachetti, nonostante che due senatori
verdiniani fossero appena stati
censurati per aver rivolto insulti
osceni a senatrici del M5S.
Del resto lo stesso Renzi ha
ammesso di gradire i voti di Verdini (“non è il mostro di Lochness”, ha dichiarato a La Repubblica) e ha sempre difeso il suo
diritto di partecipare al “processo
costituente”, infischiandosene altamente delle proteste della sinistra del suo partito. In ogni caso
i voti di Verdini gli sono serviti
da deterrente per scoraggiare in
partenza ogni eventuale tentativo
della minoranza interna di rompere il patto raggiunto in Direzione
e rialzare la testa in parlamento.
Non a caso un senatore verdiniano, nella votazione finale, ha
rivendicato da Renzi il riconoscimento di questo sporco ruolo,
dichiarando che “Se è la volta
buona dipende anche da noi”.
L’opposizione di
facciata di Berlusconi
e la resa della
sinistra PD
Anche Berlusconi, dimostrando che il patto del Nazareno da
cui è nata questa controriforma
piduista non è mai morto, ha
dato una mano di sottobanco a
Renzi per farla passare, arrivando in suo soccorso con i suoi
voti per bocciare un emendamento della minoranza PD che
chiedeva il voto a maggioranza
assoluta anziché semplice da
parte della Camera sulla dichiarazione di guerra. La sua “opposizione” al ddl Boschi, con tanto
di uscita dall’aula nella votazione
finale è puramente strumentale,
per non pregiudicarsi le trattative in corso sull’alleanza con il
caporione leghista Salvini, e in
questo quadro l’uscita di Verdini
da Forza Italia appare come una
mossa concordata per continuare il patto del Nazareno per
interposta persona. D’altra parte
il pregiudicato di Arcore non può
nemmeno fare troppo il duro con
Renzi, che gli sta sfilando un parlamentare dopo l’altro con una
sfacciata compravendita che si
è vista anche nella votazione finale, con due senatori di Forza
Italia che sono rimasti in aula per
votare sì al provvedimento.
Non ha voluto mancare la solenne occasione neanche il rinnegato Napolitano, intervenuto
sotto gli applausi scroscianti di
tutto il PD e complimentato personalmente anche da Verdini,
per rivendicare di essere anche
lui uno dei padri della controriforma fascista e piduista, ruolo
che del resto la Boschi gli ha riconosciuto pubblicamente.
Ma in ultima analisi è la sinistra PD che porta la responsabilità di aver permesso che si
compisse questo golpe anticostituzionale, accettando il patto
offerto in Direzione da Renzi, i
suoi voti in cambio di un piatto di
lenticchie. Dopo aver già votato
supinamente il provvedimento
per ben due volte dichiarando di
rimandare la battaglia a questo
passaggio decisivo in Senato,
e dopo aver minacciato “il Vietnam” parlamentare fino alla
vigilia della discussione in aula,
rivendicando l’elezione diretta
dei nuovi senatori, bersaniani,
cuperliani, prodiani e compagnia bella si sono accucciati
per l’ennesima volta al nuovo
duce in cambio di qualche ritocco formale a un paio di articoli,
che non cambiano di una virgola l’impianto fascista e piduista
della controriforma Renzi-Boschi: in pratica, tutto quello che
hanno ottenuto è l’aggiunta di
una frasetta nebulosa che lega
la nomina dei senatori da parte
dei Consigli regionali alla “conformità” al voto espresso dagli
elettori nell’elezione dei Consigli stessi. Più l’innalzamento a
3/5 dei votanti del quorum per
eleggere il capo dello Stato, che
come abbiamo già detto è un’arma a doppio taglio.
Con ciò questi rinnegati hanno dimostrato ancora una volta
che l’unica cosa che loro interessa non è la difesa della Costituzione e delle libertà democratiche che tanto sbandierano,
bensì la poltrona parlamentare e
un minimo di spazio condominiale all’interno del PD renziano.
Arrivando addirittura a rivendicare adesso il loro contributo al
“successo” della controriforma
piduista, come ha fatto Bersani saltando incredibilmente
sul carro di Renzi con questa
dichiarazione a commento del
voto finale: “Evitiamo le polemiche interne, almeno in questo
momento. Tutto il PD ha fatto
un grande lavoro e dev’esserne
orgoglioso. Oggi è il giorno del
PD pride”.
Soddisfatte
“le cancellerie
e i mercati”
Con la capitolazione della
sinistra PD, i voti di Verdini e
all’occorrenza quelli di sottobanco di Berlusconi, il cammino finale della controriforma
in parlamento sarà una passeggiata per Renzi. Mancano infatti
un’altra lettura alla Camera di
ratifica delle poche modifiche
fatte al Senato, e poi, passati tre
mesi, altre due letture alla Camera e al Senato, ma sul testo finale blindato che sarà approvato
senza ulteriori modifiche a maggioranza assoluta, che a questo
punto appare scontata. Per poi
essere sottoposto a referendum
confermativo presumibilmente
ad ottobre 2016 (al quale il PMLI
invita a votare No), dopodiché,
se vincesse il sì, il Senato della
Repubblica democratica borghese verrebbe definitivamente
cancellato e sostituito dal Senato della repubblica neofascista,
piduista, presidenziale e interventista.
É quello che chiedeva la
banca americana JP Morgan in
un documento del 2013, accusando le Costituzioni dei Paesi
del Sud Europa di essere troppo
“antifasciste”, e suggerendo ai
governi di controriformarle e
fascistizzarle per avere più stabilità e favorire la cancellazione
dei “troppi diritti” che esse garantirebbero ai lavoratori. Ed è
a questo che si è rifatto spudoratamente anche il capogruppo
PD al Senato Zanda, quando
nella dichiarazione di voto finale ha detto: “L’Italia è entrata
in una fase nuova nella quale le
cancellerie e i mercati sanno che
ai nostri impegni seguono le decisioni e alle decisioni seguono i
fatti. Questo è il punto. Col nostro voto diciamo all’Europa che
la più importante delle nostre riforme, quella del bicameralismo,
verrà alla luce sul serio!”.
Bisogna battere questo disegno piduista, sapendo che non
si può contare sulle corrotte e
addomesticate aule parlamentari, ma unicamente sulla mobilitazione e la lotta delle masse. E
che il miglior modo per affossare
la controriforma costituzionale
neofascista e la legge elettorale Italicum “fascistissimum”
è quello di lottare tutti uniti per
buttare giù al più presto il governo Renzi. Cacciarlo via prima
che riesca a fare tabula rasa
dell’intera sovrastruttura democratica del capitalismo borghese
nonché di tutti i diritti e le conquiste dei lavoratori e delle
masse popolari italiane che sta
demolendo giorno dopo giorno.
interni / il bolscevico 15
N. 38 - 22 ottobre 2015
Asse tra Confindustria e Renzi
Squinzi chiude sui contratti
e rompe con i sindacati
A rischio il contratto nazionale di lavoro. Anche Landini morbido. Eppure, il salario minimo è accettabile
solo se stabilito dalla contrattazione sindacale, non intacca il contratto nazionale e abbia cifra congrua
Che aspettano i sindacati a indire lo sciopero generale?
Il presidente degli industriali
chiude unilateralmente la trattativa sulle nuove forme contrattuali
e non ha intenzione di riaprirla.
Adesso secondo lui sta al governo
scrivere le nuove regole che dovranno guidare la contrattazione
e stabilire quale sarà il quadro che
regolerà i rapporti tra le cosiddette “parti sociali”. Si può dire che
Squinzi ha fatto e disfatto: prima
ha chiesto insistentemente a Cgil,
Cisl e Uil di sedersi attorno a un
tavolo poi, alle prime discussioni,
lo ha rovesciato annunciando che
non ci sono spazi di manovra.
Un atteggiamento che tradisce
palesemente l’asse che intercorre
tra Confindustria e il governo del
nuovo duce Renzi. Non c’è bisogno di avere menti politicamente
sofisticate per capire che tra i due
soggetti le mosse sono concordate
per aprire uno scenario di questo
tipo: i padroni chiedono di cancellare il contratto nazionale, i sindacati tentennano ma non possono
cedere tutto e subito, la trattativa
viene chiusa e il governo interviene
con l’introduzione di un salario minimo al posto dei contratti, limitazione del diritto di sciopero e salari
da contrattare in azienda. Persino
Barbagallo della Uil lancia l’accusa: “Il presidente di Confindustria
non la racconta giusta: si sono improvvisamente svegliati e fanno da
sponda a un possibile intervento
del governo”.
Eloquente il titolo del fogliaccio
berlusconiano Libero: “Ecco il piano Renzi per spianare i sindacati.
Non sarà più possibile incrociare
le braccia se non sono d’accordo
almeno il 30 per cento degli iscritti.
E il salario minimo legale elimine-
rà le trattative, togliendo potere a
Camusso e compagni”. Del resto
era chiarissimo fin dall’inizio che
cosa intendeva Confindustria per
“riforma contrattuale”, tutti cambiamenti che andavano a discapito dei lavoratori e a favore delle
aziende con un ulteriore impoverimento dei salari e un aumento
della flessibilità.
Squinzi aveva condizionato il
rinnovo dei contratti nazionali in
scadenza all’accordo con CGIL
CISL UIL sulla riforma del modello contrattuale. Ma aveva anche
previsto che il contratto nazionale
dovrebbe trasformarsi in una cornice con poche regole generali e
con gli aumenti contrattuali solo
per le aziende che non praticano
la contrattazione decentrata o di
secondo livello, pretendendo anche di non applicare più il principio dell’inflazione programmata
perché “troppo favorevole per i
lavoratori”. Addirittura alcuni mesi
fa Federchimica aveva chiesto una
riduzione dei salari nel prossimo
contratto dei chimici perché in
questo erano andati oltre l’inflazione prevista.
Inoltre in questo “nuovo” modello contrattuale Confindustria
vuole inserire con maggiore forza
elementi ancora marginali in Italia,
ovvero assicurazioni sanitarie e
pensionistiche aziendali e private
sul modello americano che andrebbero parzialmente a sostituire
il sistema sanitario e sociale pubblico ridotto a brandelli dal governo Renzi e da quelli precedenti.
Mentre fa capolino la partecipazione dei lavoratori alla cogestione
delle aziende private sul modello
tedesco, che in salsa italiana asso-
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI
E DEGLI SCIOPERI
OTTOBRE
14
16
17
22
23
24
No Triv - Coordinamento No Ombrina, sit-in a Roma
USB VVF - Sciopero Vigili del Fuoco
Giornata mondiale per l’“Eradicazione della povertà”
indetta da Coalizione sociale in connessione con la tre
giorni di mobilitazione europea lanciata da Blockupy
per il 15-16-17 ottobre a Brexelles
Cobas-Pt, Cub, Usb – Sciopero Poste-Comunicazioni,
Poste Italiane SpA.
Usb, lavoro privato – Sciopero del personale ferroviario
div. Cargo soc. Trenitalia
Manifestazione nazionale a Napoli contro
l’esercitazione della Nato imperialista “Trident Juncture
2015”
Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals, Gilda - Giornata
di mobilitazione nazionale dei lavoratori della scuola
con iniziative promosse a livello regionale
ANPAC – Sciopero 4 ore personale navigante (piloti e
assistenti di volo) della società Air Italy
Usb, lavoro privato - Sciopero personale Trasporto
Ferroviario Gruppo FSI, Trenord Srl
Una manifestazione dei metalmeccanici a Parma in difesa del contratto nazionale di lavoro
miglia tanto al modello mussoliniano dove la classe operaia doveva
accettare di buon grado i sacrifici
perché le aziende, come si diceva
nel ventennio fascista, non sono
solo del padrone ma dei lavoratori
e più in generale della nazione.
Cgil, Cisl e Uil, date le premesse, non dovevano neppure
sedersi al tavolo della trattativa e
rimandare al mittente l’invito. Ma
hanno accettato lo stesso e tuttora, nonostante la rottura, si dichiarano disponibili alle trattative
purché si avviino contemporaneamente quelle per il rinnovo dei
molti contratti in scadenza che per
ora rimangono bloccati anche se
Squinzi, bontà sua, ha detto che
“Le categorie andranno avanti con
le proprie piattaforme e da Confindustria arriverà nei prossimi giorni
un decalogo di cose che si possono fare e non fare in eventuali
trattative che ritenessero portare
avanti”.
Fino ad ora le regole contrattuali sono state scritte tramite accordi
tra associazioni padronali e organizzazioni dei lavoratori, in base ai
rapporti di forza. Sarebbe la prima
volta che il governo interviene in
una materia così complessa e
delicata, e le intenzioni non sono
benevole verso i lavoratori. Renzi è
in piena sintonia con la Confindustria, anzitutto sulla cancellazione
o riduzione ai minimi termini del
contratto nazionale di categoria.
In discussione anche il diritto di
sciopero, ne abbiamo avuto una
prova ultimamente con la canea
scatenata contro i lavoratori del
Colosseo e relativo e immediato
decreto antisciopero. Si sta parlando di una legge che preveda almeno il 30% di consensi per indire
un’astensione dal lavoro. Con la
definizione di “pubblica” utilità da
estendere a quasi tutte le categorie, anche a chi lavora nel settore
dell’energia, elettricità, gas, alle
scuole, musei, la distribuzione e
via discorrendo, oltre a quelli dove
ci sono già limitazioni come la sanità e il trasporto pubblico.
Come abbiamo già detto il governo sta pensando anche a una
legge per istituire un salario minimo. Di per se potrebbe essere anche una misura positiva se vi fosse l’intenzione di eliminare quelle
paghe da fame, seppur legali, che
vigono in alcuni settori. Ad esempio nelle cooperative di pulizie le
lavoratrici prendono 5 euro e mezzo nette l’ora. Ma l’intenzione del
governo è di tutt’altro tipo, ovvero
togliere la contrattazione ai sindacati e spingere i salari al ribasso,
con la possibilità di poter uscire dai
contratti nazionali come ha fatto la
Fiat di Marchionne. Il salario minimo è accettabile solo se stabilito
attraverso la contrattazione sindacale, non intacca la valenza del
contratto nazionale e abbia cifra
congrua. Poiché si tratterebbe di 6
euro l’ora, con questa cifra non si
fa altro che legalizzare retribuzioni
vergognose.
Nonostante l’Italia abbia salari
tra i più bassi d’Europa, uno degli
obiettivi principali del “nuovo” modello contrattuale voluto dai padroni e dal governo è quello di comprimerli ancor di più. Squinzi accetta
solo aumenti legati alla produttività
aziendale mentre Renzi continua
a tenere bloccato il contratto del
Pubblico impiego nonostante la
Consulta lo abbia giudicato incostituzionale. Eppure a sentire il
nuovo duce “L’Italia è uscita dalla crisi” mentre il ministro Padoan
sentenzia “la ripresa è in corso ed
è superiore alla attese”. Si è scaricato sui lavoratori il peso della crisi
capitalistica e quando appaiono i
primi, timidi e ancora contrastanti
sintomi di ripresa si pensa subito
a bloccare chi non arriva alla fine
del mese e aumentare i margini di
guadagno per i padroni.
Piuttosto blanda la reazione dei
sindacati. La Cisl lascia sempre la
porta aperta, mentre Cgil e Uil rilanciano proposte che, seppure in
parte, vanno nella direzione voluta
da Confindustria, poco convincente anche Landini. Il segretario
della Fiom lancia una sua proposta di nuovo modello che, a parte la difesa generica del contratto
nazionale, sposa anche tesi come
quella del salario legato all’andamento dell’economia nazionale
(leggi politica dei redditi), ma sopratutto non denuncia questo attacco contro i diritti e i salari dei lavoratori che prosegue imperterrito
e non si è fermato neppure dopo
l’approvazione del Jobs Act.
Un attacco concentrico che richiederebbe una reazione da parte
dei sindacati di ben altro spessore.
Cosa si deve ancora aspettare per
indire uno sciopero generale nazionale? C’è un assoluto bisogno
di una risposta forte e decisa per
respingere questo inaccettabile
nuovo modello contrattuale, per
chiedere il rinnovo dei contratti del
settore privato e lo sblocco di quello
del pubblico impiego, per ottenere
congrui aumenti salariali, per la difesa del diritto di sciopero e, non
per ultimo, far scendere in campo la
classe operaia e i lavoratori contro le
“riforme” piduiste e neofasciste del
governo Renzi che hanno rimesso
la camicia nera all’Italia.
Vuoso intervistato da
“Ischia blog” sul comunicato del PMLI in appoggio
all’IS contro la santa alleanza imperialista
Pubblichiamo di seguito l’intervista rilasciata dal compagno
Vuoso dell’Organizzazione di
Ischia del PMLI a “Ischia blog”
sul comunicato del PMLI dell’11
ottobre.
In un comunicato diramato
domenica 11 ottobre dal titolo
“Il PMLI appoggia l’IS contro la
santa alleanza imperialista” il Segretario generale del Partito marxista-leninista italiano Giovanni
Scuderi ha affermato:
“Una santa alleanza imperialista è nata per combattere e distruggere lo Stato islamico che
si oppone all’imperialismo. Ovviamente il PMLI non può farne
parte. Il nostro posto attuale è al
fianco di chi combatte l’imperialismo che è il nemico comune di
tutti i popoli del mondo“.
Abbiamo chiesto a Gianni
Vuoso, che del PMLI è autorevole esponente, di chiarire meglio
una posizione tanto controversa
che non ha mancato, infatti, di
suscitare polemiche e dibattiti
sulla rete, anche se la notizia è
stata snobbata da quasi tutte le
principali testate giornalistiche
nazionali. Di seguito, il comunicato di Gianni Vuoso e sotto, quello
ufficiale diramato domenica scorsa nel corso della 5ª Sessione
plenaria del Comitato centrale
del PMLI. Ai lettori tutte le considerazioni del caso.
“È nostro dovere plaudire alla
vostra iniziativa – scrive Gianni
Vuoso – di pubblicare il comunicato dal titolo ‘Il PMLI appoggia l’IS contro la santa alleanza
imperialista’, perché purtroppo,
la stampa borghese e della cosiddetta ‘sinistra’, ignora sistematicamente i numerosi puntuali
interventi del PMLI sui fatti nazionali e internazionali. E mi fa
piacere che si chieda all’Organizzazione di Ischia del PMLI di
esprimersi. Fatta questa necessaria premessa, l’Organizzazione
di Ischia del PMLI condivide pienamente il comunicato espresso
Il compagno Gianni Vuoso
dalla 5ª Sessione plenaria del
Comitato centrale del PMLI che,
a firma del suo Segretario generale compagno Giovanni Scuderi,
esprime l’appoggio ad una forza
politica che combatte l’imperia-
lismo. Forse, desta meraviglia e
scandalo che si condivida l’iniziativa di una forza come l’IS, ma
sia ben chiaro, il PMLI appoggia
la lotta antimperialista non certamente la cultura, l’ideologia, le
strategie, i metodi di lotta dello
Stato islamico perché ‘fra noi e
lo Stato islamico c’è un abisso
incolmabile’. Dispiace purtroppo constatare che non desta né
meraviglia né scandalo la santa
alleanza imperialista e l’atteggiamento di un Renzi che cerca
di mostrare i muscoli in cambio
di un futuro boccone. La storia
annovera altri raggruppamenti fra
forze politiche antitetiche, accomunate dall’obiettivo di liberarsi
dal nazi-fascismo. Il comunicato
del PMLI ci sembra quindi chiaro,
esemplare, coerente e coraggioso. Sarebbe altrettanto opportuno
che tante altre forze politiche, che
blaterano di pace e di rispetto dei
diritti, si unissero per liberarsi del
neoduce Renzi e della sua politica guerrafondaia“.
falsi comunisti / il bolscevico 9
N. 3 - 22 gennaio 2015
COlaNT
RO
Trident Juncture e
le guerre imperialiste
APPOGGIAMO
i movimenti islamici
antimperialisti
FUORI l’Italia dalla
Nato e la Nato fuori dall’Italia
CACCIAMO
il governo imperialista e
interventista del nuovo duce Renzi
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE
Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]
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