Settimanale Nuova serie - Anno XXXIX - N. 38 - 22 ottobre 2015 Fondato il 15 dicembre 1969 Saluto di Giovanni Scuderi alla 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI Appoggiamo lo Stato Islamico contro la santa alleanza imperialista I membri del CC e dell’UP del PMLI devono interpretare nel concreto a livello più alto possibile le dieci citazioni di Mao sui marxisti-leninisti PAG. 2 Rapporto di Erne alla 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE E LA LOTTA ANTIMPERIALISTA DEL PMLI PAGG. 3-9 Comunicato della 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI PAG. 10 Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI Il PMLI boccia il Senato della repubblica neofascista, piduista, presidenzialista e interventista Uniamoci per la vittoria del No al referendum PAG. 14 Comunicato della riunione plenaria della Commissione giovani del CC del PMLI PAG. 11 60mila studenti in novanta piazze d’Italia gridano un forte no alla “buona scuola” Grande successo della seconda mobilitazione studentesca in una settimana. Puglisi responsabile scuola PD: gli studenti non devono essere pagati per lavorare. Qualificata e combattiva partecipazione del PMLI Costruire un movimento studentesco unitario contro renzi e la “buona scuola” PAG. 12 Asse tra Confindustria e Renzi Squinzi chiude sui contratti e rompe con i sindacati A rischio il contratto nazionale di lavoro. Anche Landini morbido. Eppure, il salario minimo è accettabile solo se stabilito dalla contrattazione sindacale, non intacca il contratto nazionale e abbia cifra congrua Che aspettano i sindacati a indire lo sciopero generale? PAG. 15 2 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI N. 38 - 22 ottobre 2015 Saluto di Giovanni Scuderi alla 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI Appoggiamo lo Stato Islamico contro la santa alleanza imperialista I membri del CC e dell’UP del PMLI devono interpretare nel concreto a livello più alto possibile le dieci citazioni di Mao sui marxisti-leninisti Ecco il testo, quasi integrale, del saluto che il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, ha rivolto alla 5a Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI, tenutasi a Firenze l’11 ottobre 2015. Care compagne, cari compagni, benvenuti alla 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI, in particolare ai compagni invitati Andrea, Federico e Enrico tre bandiere rosse che danno lustro al nostro amato Partito. Il compagno operaio Andrea comprova che la classe operaia costituisce effettivamente la testa e la spina dorsale del PMLI, ha rilanciato alla grande sul piano giornalistico il lavoro del Partito sul fronte operaio e sindacale, aprendo nuove prospettive per la penetrazione del Partito nel movimento operaio e sindacale. Il compagno Federico Picerni, con il contributo attivo e propositivo del giovane compagno operaio Alessandro, che per lui è più che una spalla, è riuscito a mettere in moto l’intero Partito sul fronte giovanile e studentesco. Il suo discorso su “Mao e l’istruzione nel socialismo”, pronunciato a nome del CC del PMLI, costituisce un potente strumento per convincere le studentesse e gli studenti più coscienti, avanzati e combattivi che la linea del PMLI sull’istruzione è quella giusta e che bisogna applicarla con forza per combattere la cultura e il potere della borghesia, per risolvere i problemi delle masse studentesche e perché esse conquistino il potere politico nelle scuole e nelle università. Sotto la sua guida, in un tempo relativamente breve, la Commissione giovani è divenuta la Commissione modello del Comitato centrale. Impeccabile sui piani della direzione, del gioco di squadra, della divisione dei compiti, dell’organizzazione, dell’elaborazione, dell’intervento giornalistico, dei comunicati stampa, delle realizzazioni, l’ultima quella dello splendido vademecum delle studentesse e degli studenti marxisti-leninisti, della guida e del sostegno alle studentesse e agli studenti membri e simpatizzanti del Partito. Grazie ad essa possiamo finalmente dire che “siamo a posto” sul fronte giornalistico e studentesco. Ora dobbiamo operare affinché la Commissione di massa faccia altrettanto sul fronte ope- raio e sindacale. Specie in questo momento in cui sono sotto attacco governativo e confindustriale il diritto allo sciopero, il diritto al lavoro, il contratto nazionale, i rinnovi dei contratti di lavoro, il ruolo dei sindacati dei lavoratori, facendo scempio del diritto democratico borghese del lavoro e instaurando relazioni industriali neofasciste sul modello Marchionne alla FCA. I fronti operaio e sindacale e giovanile e studentesco sono fondamentali perché, come sappiamo, da essi passa lo sviluppo del Partito e della lotta di classe. Il compagno Enrico, ben conosciuto, stimato e amato dalle masse della sua città, è emerso come un militante di base esemplare, apportando al Partito nuove esperienze nel lavoro di massa e di fronte unito, specie in quello ambientale. Grandi sono le nostre speranze riposte su di lui. Potrebbe far volare il Partito sul fronte ecologico e sui temi ad esso connessi. Cosciente dell’importanza e della gravosità del nuovo compito che gli ha affidato il Partito, è già all’opera e sta studiando i testi dei Maestri sul tema e quelli fondamentali dei borghesi. Rafforzare le istanze e le Commissioni centrali del Partito, compresa la Redazione centrale de “Il Bolscevico”, da sempre è la nostra politica. Con la convinzione, la cui giustezza è comprovata dalla pratica, che solo avendo una testa forte è possibile creare un corpo forte del PMLI. I membri del CC e dell’UP, di vecchia e di nuova nomina, anziani, di media età e giovani, devono essere coscienti dell’importanza di questo concetto strategico e lavorare sodo su se stessi, e aiutando gli altri membri, per migliorare la loro qualità sui piani ideologico, culturale, politico, organizzativo, pratico, operativo e della combattività. Soprattutto devono sapere interpretare nel concreto a livello più alto possibile le dieci citazioni di Mao sui marxisti-leninisti, specie nelle parti che richiedono i maggiori sacrifici e una radicale ripulitura dell’individualismo. I membri del CC e dell’UP hanno il diritto e il dovere di concorrere attivamente e propositivamente alla direzione generale del Partito, all’elaborazione della linea del Partito, alla risoluzione degli affari generali del Partito, all’educazione, alla formazione e all’orientamento dei militanti del Partito. Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, pronuncia il saluto con cui si è apertura la 5 ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI Ciascuno in base ai propri compiti e al lavoro da svolgere nella Commissione di appartenenza, in maniera centralizzata e coordinata, avendo un atteggiamento critico e autocritico, rispettando il centralismo democratico e le dovute procedure, cercando di non trasformare le contraddizioni in seno al popolo in contraddizioni antagonistiche, mirando sempre all’unità rivoluzionaria e marxista-leninista del Partito. Dall’ultima Sessione plenaria abbiamo conquistato nuovi militanti: dobbiamo prenderli per mano e non lasciargliela finché non sono in grado di camminare con le loro gambe. Sulle nostre spalle pesano le maggiori responsabilità della vita, dell’azione e dello sviluppo del PMLI. La vita interna del Partito a tutti i livelli, dal vertice alla base, è di fondamentale importanza a questo proposito. Essa va privilegiata rispetto a qualsiasi altro impegno esterno. Chiarirci prima all’interno per poterci chiarire all’esterno, per portare al proletariato, alle masse, alle nuove generazioni messaggi proletari rivoluzionari e marxisti-leninisti chiari e convincenti. Ogni volta che riusciamo a riunirci in Sessione plenaria è un successo politico e organizzativo, indipendentemente dai risultati concreti, poiché è assolutamente necessario scambiarci le idee e le esperienze, e discutere le questioni più importanti tattiche e strategiche riguardanti il nostro Partito, il proletariato, l’intero nostro popolo e la lotta di classe in Italia e nel mondo. Questa Sessione plenaria, la prima sulla politica estera nella storia del PMLI, è stata possibile grazie all’impegno esemplare e alle capacità ideologiche e politiche del compagno Erne. In coerenza con la linea antimperialista del PMLI, sistematizzandola e apportandovi degli sviluppi, ha studiato con passione l’attuale situazione internazionale che non ha uguali nel passato e che presenta delle novità che vanno sapute inquadrare nell’ottica marxista-leninista della lotta antimperialista. Speriamo che i suoi impegni professionali e familiari, piuttosto gravosi, gli consentano quanto prima di poter riprendere il posto di Responsabile della politica estera della Redazione centrale de “Il Bolscevico”. Ne abbiamo un estremo bisogno, date le presenti circostanze internazionali. Una santa alleanza imperialista è nata per combattere e distruggere lo Stato islamico che si oppone all’imperialismo. Ovviamente il PMLI non può farne parte. Il nostro posto naturale è al fianco di chi combatte l’imperialismo che è il nemico comune di tutti i popoli del mondo. Lo Stato islamico non vuole che l’imperialismo sia il padrone dell’Iraq, della Siria, del Medioriente, dell’Africa del Nord e centrale, dell’Afghanistan e dello Yemen. Nemmeno noi lo vogliamo, quindi non possiamo non appoggiarlo. Come ha riaffermato l’Ufficio politico nello storico documento del 10 gennaio scorso “tutti i popoli hanno diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza e a risolvere da sé le loro contraddizioni interne”. Tra noi e lo Stato islamico esiste un abisso incolmabile dal punto di vista ideologico, culturale, tattico e strategico, e non condividiamo tutti i suoi metodi di lotta, atti e obiettivi. Ma un punto fondamentale ci accomuna, quello della lotta senza quartiere all’imperialismo. È un punto che travalica al momento ogni e qualsiasi altra divergenza, ed è il perno della nostra alleanza antimperialista di fatto con esso. Le alleanze si fanno con le forze che sono in campo, indipendentemente dalle loro caratteristiche, ideologie e strategia. Le quali sono quelle che sono, non possiamo disegnarle come piace a noi, secondo modelli astratti. Dipendono dalle circostanze e dalle contraddizioni principali esistenti in un determinato momento. Come Stalin si alleò con gli imperialisti americani e inglesi per sconfiggere l’imperialismo aggressore tedesco, come Mao si alleò con i nazionalisti del Kuomintang per cacciare dalla Cina gli aggressori imperialisti giapponesi, così noi dobbiamo necessariamente allearci con lo Stato islamico, altrimenti staremo dalla parte dell’imperialismo aggressore. Un’altra alternativa antimperialista non esiste, nemmeno quella della neutralità. Tra l’altro in una situazione in cui si inaspriscono le contraddizioni interimperialiste per il dominio della Siria e dell’Iraq, che possono portare a una guerra mondiale a cui noi ci opponiamo con tutte le nostre forze. Noi siamo a fianco di tutti i popoli che lottano per la liberazione nazionale, a partire dal popolo palestinese che combatte l’occupante sionista, nazista e imperialista israeliano. E ne appoggiamo l’Intifada in corso. Al contempo condanniamo la strage di Stato ad Ankara contro il popolo curdo. L’Italia del nuovo duce Renzi fa parte della santa alleanza imperialista, è presente in armi in Iraq e Afghanistan, ed è pronta a bombardare con i Tornado lo Stato islamico nel territorio strappato all’Iraq. Aspetta solo di avere la contropartita a cui tiene tanto, quella della guida della missione militare in Libia. Lo dobbiamo ostacolare come possiamo, denunciandolo su “Il Bolscevico”, nei luoghi di lavoro, di studio e di vita e nelle piazze. Dobbiamo convincere il nostro popolo a rifiutarsi di fare da carne da cannone per l’imperialismo italiano. E in caso di partecipazione dell’Italia a una eventuale guerra mondiale di sollevarsi anche in armi, se occorre, per impedirlo. L’imperialismo ha tirato fuori tutti i suoi artigli, è giusto che facciano altrettanto i popoli che non vogliono essere dominati dall’imperialismo. Abbasso l’imperialismo e le guerre imperialiste! Viva le guerre di liberazione, dei popoli e delle nazioni oppressi! Appoggiamo i movimenti islamici antimperialisti! Viva l’Internazionalismo proletario! Cacciamo il governo imperialista e interventista del nuovo duce Renzi! Uniti, combattivi, coi Maestri e il PMLI vinceremo! 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI / il bolscevico 3 N. 38 - 22 ottobre 2015 Rapporto di Erne alla 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE E LA LOTTA ANTIMPERIALISTA DEL PMLI Pubblichiamo qui di seguito il rapporto del compagno Erne sull’attuale situazione internazionale e la politica antimperialista del PMLI, presentato alla 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI, tenuta a Firenze l’11 ottobre 2015. Il “prezioso” rapporto, come l’ha definito il compagno Scuderi nelle conclusioni, è stato condiviso pienamente da tutti i membri del CC e dagli invitati. “Ora il nostro compito principale – come ha detto il Segretario generale – è quello di lavorare affinché tutto il Partito si compatti sulla linea antimperialista del CC e si mobiliti per farla conoscere e condividere dalle masse proletarie, popolari e giovanili, a partire dai sinceri antimperialisti”. Care compagne, cari compagni, su incarico del Segretario generale del Partito vi presento questo Rapporto sulla situazione internazionale e la lotta antimperialista del PMLI. Sono trascorsi quasi 7 anni dal glorioso e storico 5° Congresso nazionale del nostro amato Partito. Nel frattempo sono emerse diverse novità nel mondo, alcune già individuate e anticipate dalle Tesi approvate dal suddetto Congresso e dal mirabile e lungimirante Rapporto tenuto dal compagno Giovanni Scuderi, altre che riguardano essenzialmente la lotta antimperialista di popoli e Stati manifestatesi con la nascita dello Stato islamico (IS). Una situazione per certi aspetti inedita e di difficile decifrazione anche da parte dei sinceri antimperialisti e dei compagni, senza la guida del marxismoleninismo-pensiero di Mao e del PMLI. In questa sede è opportuno esaminare le principali novità internazionali, rendendo omaggio e gloria eterna alle Penne rosse de “Il Bolscevico”, dirette dal compagno Achille con il supporto e l’ispirazione immancabile e fondamentale del Segretario generale, che settimanalmente ci illuminano sulla politica interna e estera, in particolare al compagno Alessandro che da anni regge l’urto maggiore sul fronte della politica estera. Seppur momentaneamente non più cartaceo ma on line, il nostro amato giornale sempre più colorato e più accattivante graficamen- te, fornisce settimanalmente la base imprenscindibile per capire e interpretare il mondo d’oggi. Tanto che, come è stato ben evidenziato, saltare la lettura de “il Bolscevico” è come saltare un pasto. Care compagne e cari compagni, questo Rapporto farà la sua parte, voi dovrete fare la vostra intervenendo nel dibattito che seguirà, sulla base delle vostre esperienze e conoscenze, esprimendovi liberamente e senza remore. Conclusioni di Giovanni Scuderi Care compagne e cari compagni, questa mattina in apertura dei lavori ho detto: “Speriamo che questa Sessione possa tingere di rosso questa giornata”. Detto fatto, è stato risolto il problema. Mi pare che questa pennellata di rosso l’abbiamo data. Non mi rimane altro che rivolgere una serie d ringraziamenti. Ringrazio, come avete fatto lealmente e sinceramente ciascuno di voi il compagno Erne per il suo prezioso rapporto che è stato aggettivato da diversi interventi in più modi, persino “gioiello”. In effetti si tratta di un avvenimento, un regalo estremamente grosso fatto al CC, a tutto il Partito e di riflesso al proletariato e alle masse popolari. Ringrazio ciascuno di voi per gli interventi. Tutti sono stati importanti e hanno, in base alla propria esperienza e alle proprie sensibilità politiche, portato dei contributi interessanti e importanti che hanno approfondito il Rapporto. Non si finisce mai di imparare, non si finisce mai di aggiungere qualcosa, perché più siamo, più interveniamo, più portiamo dei contributi, più arricchiamo noi stessi, arricchiamo il CC, arricchiamo praticamente tutto il Partito. Ringrazio quei compagni che sinceramente e lealmente hanno esposto i problemi che avevano all’inizio di fronte ai fatti di Parigi. Sono dei contributi di sincerità, di lealtà e di apertura, dei con- Il compagno Giovanni Scuderi, al centro, coi compagni invitati, da sinistra a destra, Andrea, Federico ed Enrico, definiti tre bandiere rosse. Alla destra di Scuderi, MinoPasca, portavoce del PMLI, anch’egli invitato tributi al nostro stile di lavoro, alla nostra comunicativa, al nostro rapporto politico e personale. Se si manca di sincerità, di lealtà e di franchezza, e se non si dice tutto quello che abbiamo in testa e abbiamo nel cuore poi alla fine finiamo per non capirci o creare delle riserve e delle problematiche. Quindi tutti noi di fronte al CC, di fronte al Partito dobbiamo essere delle menti aperte e dei cuori aperti e mai avere delle riserve. Sputare fuori tutto quello che vogliamo dire, a quel punto ci aiutiamo l’uno all’altro, perché nessuno “nasce imparato”, perché nessuno è perfetto, tutti, compreso il Segretario generale, abbiamo bisogno dell’uno e dell’altro A questo punto registro, e questo è molto importante, come hanno sottolineato alcuni compagni, con la massima soddisfazione l’unità del CC sull’analisi della attuale situazione internazionale e sulla linea antimperialista del Partito. Questa unità è una grandissima forza del nostro Partito Ringrazio la Commissione di organizzazione con alla testa il compagno Dario e gli altri compagni che hanno lavorato per la realizzazione di questa Sessione plenaria che è costata non solo tempo ma è costata anche molto lavoro e molto sacrificio, in particolare ringrazio la compagna Carla che, tra l’altro, è il perno per la pulizia della Sede. Un esempio concreto su cosa significa aver cura dei beni del Partito, se si ha cura dei beni del Partito si ha cura del Partito, si ha cura della causa rivoluzionaria. Ritengo che questa Sessione plenaria costituisca una pietra miliare dell’unità, della vita, della costruzione, dello sviluppo, dell’elaborazione politica e della formazione del gruppo dirigente del Partito. Questa Sessione plenaria, a mio avviso, costituisce inoltre un duro colpo all’imperialismo nostrale ed estero, un aiuto concreto allo Stato islamico e ai movimenti islamici antimperialisti, uno strumento di chiarificazione per il proletariato e per le masse italiane riguardo agli avvenimenti internazionali in corso e al giusto atteggiamento da assumere nella lotta contro l’imperialismo, una fonte di ispirazione per i sinceri antimperialisti italiani. Ora, come ha detto il futuro Segretario generale del Partito, il nostro compito principale è quello di lavorare affinché tutto il Partito si compatti sulla linea antimperialista del CC e si mobiliti per farla conoscere e condividere dalle masse proletarie, popolari e giovanili. Viva la 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI! Applichiamo a livello politico, giornalistico e pratico la sua linea antimperialista! Uniti e combattivi, coi Maestri e il PMLI vinceremo! 4 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI N. 38 - 22 ottobre 2015 L’IMPERIALISMO E I POPOLI E NAZIONI OPPRESSI Fin da quando il capitalismo si è trasformato in imperialismo a cavallo tra l’ottocento e il novecento, come rileva Lenin nella magistrale opera del 1916 “L’imperialismo fase suprema del capitalismo”, l’esportazione di capitali ha assunto una maggiore importanza rispetto all’esportazione delle merci, tanto che oggi la circolazione di capitali su scala mondiale, sfruttando internet e i nuovi mezzi telematici, è diventata vertiginosa e si attua in tempo reale. Questi flussi finanziari che circolano alla velocità della luce condizionano governi ed economie di interi paesi. I grandi finanzieri e le multinazionali hanno così in mano un enorme potere che usano unicamente per arricchirsi sempre più, per fare affari più lucrosi e per diventare ancora più potenti. Secondo una stima dell’Unctad, l’agenzia del commercio delle Nazioni Unite, nel 2012 la classifica delle prime cento potenze economiche mondiali in base al prodotto interno lordo vede la presenza di ben 55 società multinazionali contro 45 Stati sovrani. Sono 55 giganti mondiali più potenti economicamente di tanti Stati, che controllano la comunicazione, l’informazione, il web, l’alimentare. Il loro fatturato non è intaccato dalla crisi economica, i loro tentacoli sono estesi in tutto il mondo e permettono loro di compensare agevolmente il calo delle vendite in un continente con l’aumento in un altro. Come rilevava Lenin “Alcune decine di migliaia di grandi aziende sono tutto; milioni di piccole aziende, niente”. Ogni superpotenza per difendere l’espansione delle proprie multinazionali attacca in tutti i campi, finanziario, economico, commerciale, politico e militare. Attualmente nel mondo sono due le contraddizioni fondamentali. Quella tra l’imperialismo e i popoli e nazioni oppressi e quella interimperialistica. La prima contraddizione, che è antica quanto il capitalismo e l’imperialismo, è inevitabilmente destinata a svilupparsi e a sfociare in rivolte di massa, in lotte di liberazione nazionale e in rivoluzioni. Oggi la lotta all’imperialismo si compie in tutt’altra condizione rispetto al secolo passato, quando ancora esistevano l’Unione Sovietica di Lenin e Stalin, la Cina di Mao e il campo socialista internazionale. Il vuoto che si è venuto a creare nella lotta all’imperialismo, per il cedimento dei partiti comunisti storici e per il comportamento non coerente al marxismo-leninismo-pensiero di Mao dei partiti che si richiamano al comunismo presenti nei paesi in cui divampano i conflitti, ha consentito a diverse organizzazioni islamiche di prendere la testa dei movimenti di liberazione nazionale, usando metodi e mezzi diversi da quelli novecenteschi quando i popoli lottavano all’interno dei propri paesi contro l’aggressore esterno. Oggi le lotte di resistenza antimperialistiche islamiche escono dai rispettivi paesi per essere portate fin dentro i paesi imperialisti. Non a caso nell’importante Documento dell’Ufficio politico del PMLI del 10 gennaio di quest’anno all’indomani degli attentati di Parigi si rilevava questa novità: “Ormai dall’11 settembre di New York, - si legge - la guerra di resistenza all’imperialismo, sotto forma di azioni terroristiche, è portata fin dentro i Paesi imperialisti, ed è impensabile fermarla se gli imperialisti non si ritirano dai Paesi che occupano e che controllano. Per contro i governanti imperialisti invitano all’unità nazionale per difendere la libertà e i “valori” dell’Europa e dell’Occidente. In realtà invitano a difendere il capitalismo, la dittatura della borghesia, le loro istituzioni antipopolari e la loro politica imperialista e interventista. Un invito che va decisamente respinto per non essere coinvolti nelle guerre imperialiste e nei crimini che commettono gli imperialisti in nome della falsa democrazia e della falsa umanità. Tutti i popoli hanno diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza e a risolvere da sé le loro contraddizioni interne. Bisogna lottare contro l’imperialismo, segnatamente contro l’Unione europea imperialista e contro il governo del Berlusconi democristiano Renzi, che è in prima linea sul fronte dell’interventismo militare imperialista”. Una sintesi marxista-leninista eccezionale, che squarcia il pensiero unico borghese capitalista e imperialista. A cui ha indirettamente risposto l’11 gennaio il ministro degli Esteri del governo Renzi il crociato Gentiloni intervistato da “la Repubblica”: “Illudersi che questa minaccia possa essere fronteggiata senza intervenire, astenendosi, credendo di poterci rinchiudere nelle nostre frontiere è un’idea pericolosa... Noi dobbiamo colpire, sradicare, estirpare la minaccia nel luogo in cui è più radicata, quello dello Stato islamico... Il non intervento è illusorio e pericoloso, così come sarebbe ancora più pericoloso pensare che il tema non riguardi noi, ma che ci sia qualcun altro che lo faccia per noi... Tant’è che per battere lo Stato islamico c’è una coalizione di 60 paesi. E per questo il governo chiede unità al parlamento, non solo per rafforzare e riorganizzare il dispositivo che contrasta il terrorismo all’interno del Paese, ma per combatterlo fuori”. Con l’elmetto anche il neo presidente della Repubblica Mattarella che gli ha fatto eco nel suo discorso di giuramento in parlamento, per cui la minaccia islamica “è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza. Per minacce globali servono risposte globali. Un fenomeno così grave non si può combattere nel fortino degli Stati nazionali”. Bisogna prendere atto che con gli attentati dell’11 settembre del 2001 è nato un nuovo tipo di resistenza all’imperialismo. Solo il nostro Partito, unico nello scenario nazionale, e fors’anche a livello mondiale, smo e paesi e popoli islamici oppressi. Non dobbiamo avere nessun dubbio che quella in atto non è né una guerra di religione né una guerra di civiltà. È una guerra tra imperialismo e popoli oppressi, dove in gioco è l’autodeterminazione o meno delle nazioni e dei popoli islamici. Una guerra che non cesserà finché l’imperialismo continuerà ad ingerirsi rialisti e li sosteniamo fino in fondo nella loro lotta per l’indipendenza e la sovranità nazionali e per la liberazione da ogni forma di occupazione e rapina di tipo egemonico. Ma certo non ne abbracciamo l’intera concezione del mondo e la raccapricciante organizzazione sociale reazionaria e oscurantista di tipo feudale di cui sono portatori. Né accettiamo tutti gli atti dello Stato islami- Il compagno Scuderi abbraccia calorosamente il compagno Erne al termine della lettura del Rapporto ha colto perfettamente questa novità. Per portare il popolo a sposare la propria politica imperialista i guerrafondai devono giocoforza esaltare la superiorità del sistema politico e dei “valori” occidentali in contrapposizione alla “barbarie” dei combattenti islamici antimperialisti, devono demonizzarli come tagliagole assetati di sangue, responsabili dei più efferati e gratuiti crimini ai danni di bambini, donne e innocenti senza mai far emergere le loro ragioni, i loro programmi politici, i contenuti delle loro denunce. Devono insomma rovesciare verità e menzogna. Ecco perché non fanno mai chiarezza su chi sono gli aggressori e invasori e chi invece gli aggrediti e vittime. Nessuno deve sapere le ragioni vere della guerra in atto, qual è la contraddizione principale, che è tra imperiali- negli affari interni di quelle nazioni saccheggiandole, aggredendole, invadendole, bombardandole e imponendo loro governi e organizzazioni statali fantoccio, come hanno fatto gli USA coi governi da Kharzai in poi in Afghanistan o quello sciita in Iraq. Noi marxisti-leninisti italiani dobbiamo gridare forte: lasciate in pace quei popoli, lasciateli decidere liberamente da soli il loro destino e lasciateli risolvere autonomamente le loro contraddizioni interne e, d’incanto, si dissolverà ogni nube di guerra. Il carattere dell’antagonismo che contrappone l’imperialismo ai popoli e ai paesi islamici è esclusivamente di carattere politico, economico e militare. E in questo conflitto ognuno sceglie con chi stare. Noi stiamo dalla parte dei combattenti islamici antimpe- co, come l’aggressione al Kurdistan siriano, dove il popolo curdo locale chiede e reclama l’autonomia. Seppur impregnato dall’ideologia del “socialismo libertario”, dall’anarchismo, dal femminismo, dalla cosiddetta “ecologia sociale”, il fronte popolare di liberazione guidato dal PKK, il Partito dei lavoratori curdi inizialmente ispirato al marxismo-leninismo e dal 1999 condotto ufficialmente da Ocalan a sposare la teoria del cosiddetto “municipalismo libertario”, rappresenta le legittime ambizioni alla fondazione di uno Stato autonomo curdo, partendo dalla regione autonoma di Rojava. Dichiaratasi autonoma nel novembre 2013 Rojava, non riconosciuta dalla Siria di Assad, è costituita da 3 cantoni, Jazira, Kobane e Afrin, che stanno resistendo agli attacchi dell’IS. In questo quadro condannia- mo la strage di Stato di ieri ad Ankara contro il popolo curdo. Il nostro sostegno allo Stato islamico non è in nessun modo contraddetto dal nostro rifiuto della sua strategia di un mondo islamico e dei suoi principi religiosi, politici e sociali. L’abbiamo sempre detto, scritto e fatto. Abbiamo sostenuto e celebrato la rivoluzione antimperialista islamica di Khomeini in Iran, mandando a una Conferenza rituale a Teheran uno dei nostri massimi dirigenti nazionali, il compagno Dario Granito, rispondendo all’invito indiretto dell’allora governo di Teheran. Abbiamo sostenuto questo Paese fino alla presidenza antimperialista di Ahmadinejad, senza mai rinunciare ai nostri principi e alle nostre convinzioni marxiste-leniniste circa l’utilizzo della religione come oppio dei popoli e sull’organizzazione reazionaria e oscurantista della società, come non possiamo oggi sostenere l’attuale politica interna ed estera iraniana, che da un lato ha ceduto all’imperialismo occidentale limitando il suo programma nucleare e dall’altro mira, col suo interventismo politico, economico e militare, a svolgere un ruolo egemone nella regione, combattendo insieme all’imperialismo americano lo Stato islamico. È stato Stalin ad insegnarcelo nella sua opera “Principi del leninismo” ben 91 anni fa: “Nelle condizioni dell’oppressione imperialistica, il carattere rivoluzionario del movimento nazionale non implica affatto obbligatoriamente l’esistenza di elementi proletari nel movimento, l’esistenza di un programma rivoluzionario o repubblicano del movimento, l’esistenza di una base democratica del movimento. La lotta dell’emiro afghano per l’indipendenza dell’Afghanistan è oggettivamente una lotta rivoluzionaria, malgrado il carattere monarchico delle concezioni dell’emiro e dei suoi seguaci, poiché essa indebolisce, disgrega, scalza l’imperialismo... La lotta dei mercanti e degli intellettuali borghesi egiziani per l’indipendenza dell’Egitto - continua Stalin -, è, per le stesse ragioni, una lotta oggettivamente rivoluzionaria, quantunque i capi del movimento nazionale egiziano siano borghesi per origine e appartenenza sociale e quantunque essi siano contro il socialismo... E non parlo del movimento nazionale degli altri paesi coloniali e dipendenti più grandi, come l’India e la Cina, ogni passo dei quali sulla via della loro liberazione, anche se contravviene alle esigenze della democrazia formale, è un colpo di maglio assestato all’imperialismo, ed è perciò incontestabilmente un passo rivoluzionario”. Queste frasi di Stalin ribadiscono e al tempo stesso attua- N. 38 - 22 ottobre 2015 lizzano alla situazione odierna un principio fondamentale del marxismo-leninismo-pensiero di Mao che ci permette di orientarci correttamente nei confronti delle lotte antimperialiste, per quanto complesse, peculiari e diverse appaiono tra loro. Come in tutti i fenomeni si tratta sempre di individuare la contraddizione principale che è la lotta antimperialista, la lotta di popolo contro l’occupante militare oppressore, la lotta di liberazione nazionale dall’aggressore straniero. Ed è questa che va appoggiata senza tentennamenti e riserve, senza farsi condizionare dalla propaganda dell’imperialismo che taccia di terrorista qualsiasi forza o movimento osi impugnare le armi e combattere contro la sua rapacità e prepotenza. Che poi a ben guardare sono le stesse accuse che i nazisti rivolgevano ai partigiani nella guerra di resistenza al mostro nazifascista. Un bivio è di fronte a noi e a 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI / il bolscevico 5 tutti i veri e sinceri antimperialisti: o l’imperialismo o i popoli islamici antimperialisti, non esiste una terza scelta davanti a noi. Che ci piaccia o no i movimenti antimperialisti non potranno mai conformarsi ai nostri desideri e speranze soggettivi perché essi sono il frutto delle contraddizioni e della situazione internazionale attuale, dove l’ideologia e la politica comuniste, per i motivi già detti sopra, non riescono a esercitare alcuna influenza come invece avveniva in passato, quand’era vivo Mao ed esisteva un campo socialista. Dopo anni, decenni di guerre imperialiste in Afghanistan, Iraq, Palestina, Libia e nell’intero Nordafrica, la rivolta dei popoli arabi ha al fine portato alla proclamazione dello Stato islamico che contrappone la guerra di liberazione alla guerra di occupazione, il terrorismo rivoluzionario al terrorismo controrivoluzionario. I primi terroristi sono stati gli eserciti imperialisti americani, israeliano e europei che si sono macchiati di crimini inenarrabili e incancellabili come il genocidio sionista ai danni del popolo palestinese, un popolo eroico di cui appoggiamo la terza Intifada in corso contro gli occupanti sionisti, nazisti e imperialisti israelian, l’invasione dell’Iraq e della Libia e le esecuzioni sommarie di Saddam, di Gheddafi e dei loro governi e sostenitori, le stragi nei villaggi, l’uso dei droni, i bombardamenti a tappeto contro civili, bambini e persino ospedali, gli stupri delle mogli e delle figlie dei combattenti antimperialisti, la tortura fisica esercitata sul posto e nelle carceri dei paesi imperialisti come quella statunitense di Guantanamo ai cosiddetti “terroristi islamici”. A questa guerra di dominio e di saccheggio degli imperialisti che ricorrono in modo sistematico al terrorismo, gli antimperialisti islamici contrappongono una propria guerra di resisten- za che fa uso anche di azioni terroristiche fuori dai confini dei propri Paesi, fin dentro quei Paesi imperialisti aggressori affinché non si sentano al sicuro neppure nelle loro retrovie. Noi marxisti-leninisti non possiamo condividere gli atti terroristici indiscriminati contro incolpevoli o innocenti civili, il taglio delle teste e la distruzione dei siti archeologici. Al loro posto agiremmo in modo diverso, ma questo non ci impedisce di capire la loro rabbia e le ragioni che scatenano tale reazione. E in ogni caso dobbiamo prendere atto che non si sono piegati all’imperialismo e lo combattono con ogni mezzo godendo del consenso di consistenti fette delle popolazioni locali. Se costoro fossero semplicemente dei pazzi sanguinari, non riusciremmo mai a spiegare il loro successo nella guerra di resistenza all’imperialismo, né l’estensione dei territori da essi controllati in Iraq, Siria, Libia e laddove vi- vono popolazioni locali e etnie molto diverse fra loro, né l’arruolamento nel suo esercito di un numero sempre crescente di giovani provenienti da ogni parte del mondo, compresi gli USA, l’UE e la Russia. Come dimostrano i fatti, lo Stato islamico è il nemico comune di tutti i paesi imperialisti. Da tempo esso è combattuto in armi, dal cielo, dalla coalizione internazionale di 60 paesi con alla testa gli USA. Di recente è bombardato autonomamente sia dalla Francia del socialista Hollande sia dalla Russia del nuovo zar Putin. Mentre è in corso una trattativa per creare una nuova coalizione internazionale che comprenda anche la Russia, ciascuno dei suoi membri lavora per il dominio della Siria, una volta eliminato l’IS. Tutto questo dovrebbe far riflettere i sinceri antimperialisti italiani ancora perplessi o contrari a sostenere lo Stato islamico. Tutti i popoli del mondo devono unirsi per combattere l’imperialismo sostenendosi l’un l’altro. Attaccare l’imperialismo da tutti i lati e in ogni parte del mondo, anche nelle sue roccaforti, vuol dire indebolirlo, fiaccarlo, demonizzarlo, dividerlo, disperderne le forze. Ciascun popolo deve mettere nel mirino in primo luogo il “proprio” imperialismo. La vittoria di un popolo è la vittoria di tutti gli altri popoli. Noi dobbiamo sostenere tutti i popoli che combattono l’imperialismo indipendentemente dalle forze che li dirigono. Noi appoggiamo i paesi che si oppongono ai ricatti, ai soprusi, all’ingerenza, alla sopraffazione, all’oppressione e all’aggressione dell’imperialismo, qualsiasi siano le forze che li governano, anche se siamo contrari alla loro politica interna e a certi loro atti di politica estera. Noi dobbiamo lottare affinché vengano cancellati i debiti ai paesi più poveri. LE DIVISIONI TRA GLI ISLAMICI Una gran confusione regna attualmente sul fronte dell’informazione riguardante gli islamici. Per l’imperialismo occidentale tutti i movimenti che gli si oppongono sono criminali e terroristi, quando nella realtà di volta in volta scelgono le alleanze a loro momentaneamente più favorevoli. La storia recente ha visto l’appoggio imperialista capitanato dagli USA ai mujahiddin afghani nella lotta di resistenza al socialimperialismo sovietico, per poi bombardare e invadere lo stesso paese dopo l’attacco subito l’11 settembre 2001, così è stato per l’Iraq di Saddam, armato e foraggiato nell’aggressione all’allora bastione antimperialista della Repubblica islamica dell’Iran di Khomeini per poi scaricarlo e raderlo al suolo anni dopo con il pretesto dell’esistenza delle fantomatiche “armi di distruzioni di massa”, fino all’appoggio odierno al governo sciita di Al Abadi nella lotta contro lo Stato islamico, così come è stato con Gheddafi in Libia. L’imperialismo da sempre foraggia le monarchie reazionarie del Golfo a partire dall’Arabia Saudita e sfrutta ai propri fini le plurisecolari divisioni presenti nel mondo islamico, a partire dalla principale che divide sunniti da sciiti. Le divisioni tra sunniti e sciiti risalgono alla morte del fondatore dell’Islam, il profeta Maometto, nel 632 d.c.: la maggioranza di coloro che credono nell’Islam, i sunniti, che attualmente sono più dell’80% di tutti i musulmani, pensavano che l’eredità religiosa e politica di Maometto potesse andare a qualunque musulmano eletto per buona moralità, dottrina e sano di corpo e di mente, mentre per gli sciiti invece il successore doveva essere esclusivamente un consanguigno del profeta. Tutti i musulmani sono d’accordo che Allah sia l’unico dio, che Maometto sia il suo messaggero, e che ci si- ano cinque pilastri rituali dell’Islam, tra cui il mese di digiuno, il Ramadam, e il Corano, libro sacro. Mentre i sunniti si basano sulla pratica del profeta e sui suoi insegnamenti la “sunna”, che prevede la direzione di un califfo, gli sciiti vedono le figure religiose degli ayatollah come riflessi di dio in terra, l’ Imam letteralmente “persona che sta davanti”, colui che guida la comunità islamica negli affari spirituali, politici, materiali e sociali, immune da- viene definita “mezzaluna sciita” oggi parte dall’Iran, passa dall’Iraq e dal regime di Assad in Siria e arriva fino a Hezbollah in Libano, in Kuwait e nello Yemen, e si oppone al blocco sunnita guidato dall’Arabia Saudita. L’attuale bastione antimperialista islamico, lo Stato islamico proclamato il 29 giugno del 2014, è sunnita, come sunniti sono i miliziani di Al Qaeda. Seppur gli avvenimenti dello scorso gennaio in Fran- mentre l’IS mira a consolidare i propri successi a livello regionale e locale. Ogni provincia ha il suo emiro capo al tempo stesso politico e militare. Già prima della fulminea avanzata dell’Is in Iraq era stato lo stesso capo di Al Qaeda Al Zawahiri a mandare segnali di avvicinamento al Califfo in nome di una lotta comune che allora era verso il regime di Assad in Siria e oggi contro la coalizione internazionale guidata dagli USA di Obama, ma i fat- La presidenza della 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI, con al centro il Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI. Da sinistra a destra, Loris Sottoscritti, Denis Branzanti, Monica Martenghi, Emanuele Sala gli errori perché guidato dalla volontà divina e credono che il dodicesimo e ultimo imam discendente da Maometto sia nascosto e un giorno riapparirà per compiere la volontà divina. La rivalità tra sciiti e sunniti è scoppiata a livello politico a partire dalla rivoluzione khomeinista in Iran nel 1979, che ha portato all’instaurazione di una teocrazia islamica sciita in forte contrapposizione con tutti i paesi del Golfo Persico governati dai sunniti. Quella che cia sembrerebbero dimostrare analogie e contatti tra i due gruppi, l’attacco alla rivista islamofobica “Charlie Hebdo” è stato rivendicato da Al Qaeda e compiuto da due miliziani dell’organizzazione dello Yemen, mentre l’attentatore del supermercato kosher parigino ha proclamato di aver giurato fedeltà al capo dei musulmani, il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi. Prioritario per Al Qaeda è sempre stato colpire il “nemico lontano” cioè l’occidente imperialista con azioni terroristiche, ti recenti hanno dimostrato la temporanea impossibilità di fusione a livello di movimento e dirigenze. Entrambi sono gruppi jihadisti sunniti. I loro obiettivi finali sono identici: eliminazione dell’influenza occidentale nel mondo islamico; unità dell’Umma sotto un Califfo, autorità sia politica che religiosa; eliminazione degli attuali regimi “apostati” e dei gruppi che non accettano l’interpretazione radicale dell’Islam, propria dello jidaismo; superiorità del- la sharia, la legge islamica, sulla “legge degli uomini”. Entrambe le organizzazioni hanno tendenze universali e reclutano combattenti stranieri. Il maggior numero di questi ultimi proviene da paesi islamici, in prevalenza arabi, ma non mancano neppure gli europei. Anche la loro origine e le loro priorità strategiche sono differenti. Al Qaeda, “la base”, nasce dalla mobilitazione dei mujaiddin, reduci dalla lotta di liberazione contro l’occupazione del socialimperialismo sovietico dell’Afghanistan. Fu creata da Osama Bin Laden come un’organizzazione inizialmente molto centralizzata, appoggiata di fatto dal regime talebano di Kabul. La sua strategia dava e dà ancora priorità all’attacco contro il nemico esterno, cioè l’Occidente, in particolare contro gli USA definiti “il grande Satana”. Solo dopo il loro ritiro sarebbe possibile la presa del potere da parte degli jihadisti. Le capacità operative, addestrative e logistiche di Al Qaeda sono state fortemente ridotte dagli attacchi militari americani dopo l’attacco dell’11 settembre, fino all’uccisione illegale di Bin Laden in Pakistan. Di fatto Al Qaeda non esiste più come organizzazione centralizzata. Le capacità operative sono state assorbite da vari gruppi regionali, che lottano per ragioni locali, con l’eccezione di quello della Penisola arabica che dallo Yemen adotta una strategia più globale. Il suo capo, l’egiziano Aymat al Zawahiri non possiede il carisma di Bin Laden e la direzione centrale ha perso la capacità di effettuare attacchi sofisticati e massicci. Gli affiliati di Al Qaeda agiscono in Occidente in piccoli gruppi, costituiti soprattutto su base familiare, difficilmente infiltrabili dai servizi segreti dell’imperialismo, o con singoli. L’IS nasce invece con il nome di Al Qaeda in Iraq nelle province sunnite dell’Iraq (An- bar, Ninive e Kirkuk) per opporsi all’aggressione americana. Dopo l’11 settembre tra le montagne dell’Afghanistan nasceva l’alleanza tra il giordano Al Zarkawi e il saudita Bin Laden, malgrado le divergenze in termini di visioni ed obiettivi. Al Zarkawi puntava ad estendere l’influenza dell’Islam sunnita partendo dal Medio Oriente, da una base territoriale, Bin Laden aveva obiettivi territoriali meno concreti e una battaglia più idealista e globale: la lotta e l’odio per l’Occidente corrotto. Fu proprio l’odio per l’Occidente però il collante che spinse Al Qaeda nel 2004 a sostenere la lotta in Iraq di Al Zarkawi contro le truppe occidentali. Un sostegno sopravvissuto all’uccisione di Al Zarkawi in un raid aereo statunitense nel 2006, a cui subentrò prima Abu Omar al Qurashi al Baghdadi e poi nel 2010 l’attuale califfo. La sua rinascita fu dovuta soprattutto alla politica settaria dell’allora premier iracheno fantoccio degli USA Nouri Al Maliki, discriminatoria nei riguardi dei sunniti che fino a Saddam avevano dominato il paese. Fu sostenuto dall’appoggio crescente di masse locali e assunse prima il nome di Stato Islamico dell’Iraq (ISI) e quando scoppiò il conflitto in Siria, quello di ISIS (detto anche ISIL, in arabo Daesh), Stato Islamico dell’Iraq e della Siria o del Levante. Il suo leader, Abu Bakr Al Baghdadi inizialmente cooperò con altre formazioni al qaediste che operavano contro il regime di Damasco, in particolare con Jabhat al Nursa (Fronte della vittoria). Dopo le travolgenti vittorie conseguite nel Nord dell’Iraq Al Baghadi il 29 giugno 2014 ha proclamato lo Stato islamico transfrontaliero fra Iraq e Siria, di cui si è autoproclamato Califfo assumendo il nome di Ibrahim. Concentrò conseguentemente la lotta delle sue milizie contro il “nemico vicino” per allargare il proprio territorio. I rapidi successi 6 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI nelle province sia occidentali sia settentrionali dell’Iraq furono resi possibili dall’appoggio delle milizie sunnite e di molti ex ufficiali di Saddam. L’IS ha sempre avuto una solida base finanziaria. Inizialmente i fondi provennero dai paesi del Golfo preoccupati dalla leadership sciita di Baghdad e dall’alleanza che si stava consolidando tra questa e l’Iran sciita. Successivamente si è accresciuto enormemente con il sequestro dei depositi bancari delle città conquistate in Iraq e in Siria, con la vendita di petrolio e di opere d’arte, con le tasse sui territori conquistati e con i proventi del pagamento dei riscatti. A differenza di Al Qaeda dunque l’IS possiede un territorio, ha dimostrato eccellenti qualità non solo militari, ma anche amministrative e sofisticate capacità mediatiche. Militarmente dispone di comandanti capaci, la sua forza militare regolare è caratterizzata da estrema flessibilità tattica. È in grado di impiegare gli armamenti pesanti strappati all’esercito iracheno o siriano in fuga da Mosul e dalle altre città conquistate. Il 17 maggio scorso la conquista della città irachena di Ramadi e il 21 maggio quella siriana di Palmira dopo diversi giorni di combattimento hanno dimostrato tutto ciò. Al-Raqqa in Siria è di fatto Musul (Irak), 16 giugno 2014. Corteo a sostegno dello Stato islamico la capitale dello Stato islamico. Le istituzioni, restaurate e ricostruite, stanno fornendo servizi. La diga della capitale continua a fornire acqua ed energia elettrica. La polizia e i soldati combattenti dello Stato islamico provenienti da qualsiasi parte del mondo ricevono alloggi confiscati ai musulmani non sunniti oppure abbandonati. Vengono forniti i servizi di welfare e viene praticato il controllo dei prezzi, ai benestanti ven- gono imposte tasse personali. Non esistono bollette dell’acqua e della luce fornite gratuitamente, ogni mese una fornitura alimentare completa viene data ai meno abbienti, le visite mediche e i farmaci sono gratuiti. Lo Stato islamico non riconosce l’Onu, che ha “depredato la Palestina e istituito lo Stato d’Israele”, non accetta il Fondo monetario internazionale che ha messo il cappio al collo alle nazioni musulmane con milioni di dollari di debito. Lo Stato islamico ha abbattuto fisicamente il confine tra Siria e Iraq come definito dall’accordo Sykes-Picot, ufficialmente Accordo sull’Asia Minore, un accordo segreto siglato il 16 maggio 1916 tra i governi del Regno Unito e della Francia che definiva le rispettive sfere d’influenza nel Medioriente in seguito alla sconfitta dell’impero ottomano nella pri- ma guerra mondiale imperialista. Attualmente occupa un territorio grande quanto il Regno Unito. Con le alleanze e le richieste di associazione al califfato lo Stato islamico ha messo piede anche in Africa a partire dalla Libia, dove la città di Derna, conquistata dai jihadisti libici di Ansar Al Sharia nell’aprile del 2014, ha aderito dall’ottobre dello stesso anno allo Stato islamico. Così come hanno fatto le città di Zuara e Sirte. N. 38 - 22 ottobre 2015 Etichettati anch’essi come una massa di terroristi e criminali sanguinari, in Africa la giuda dell’antimperialismo islamico è rappresentata da Boko Haram. Dall’arabo “L’educazione occidentale è peccato”, Boko Haram è stata fondata nel 2002 dal religioso Mohammed Yusuf per combattere il regime nigeriano al servizio dell’imperialismo. Con un esercito di 280mila uomini addestrati per la maggior parte dai talebani afghani, dopo aver giurato fedeltà a Al Qaeda ha ricevuto oltre 3 milioni di dollari da Bin Laden, il gruppo ha iniziato la sua lotta nella parte settentrionale del grande Paese africano dove i musulmani sono la maggioranza. Nel 2009 dopo l’uccisione di Yusuf in una operazione militare governativa, alla sua guida è arrivato l’attuale leader, Abubakar Shekau che ha giurato fedeltà allo Stato islamico. Dalla parte dell’IS stanno anche le “Brigate di sunniti liberi di Baalbeck” in Libano, Ansar Beit Al Maqdis nel Sinai egiziano, Tehrik - e - Khilafat in Pakistan, Afghanistan, India, Turkmenistan e Uzbekistan, Biff (Bergsamaro Islamic Freedom Fighters) nelle Filippine. Mentre esistono una miriade di altri gruppi, in origine alleati di Al Quaeda, che si sono divisi sull’appoggio all’IS. LE CONTRADDIZIONI INTERIMPERIALISTICHE L’imperialismo non è, non lo è mai stato e mai lo sarà un blocco monolitico. Al suo interno esistono delle forti e ineliminabili contraddizioni dovute ai contrappposti interessi economici, finanziari, commerciali, politici e militari dei vari paesi imperialisti. Quest’ultimi sono uniti nel depredare le ricchezze dei paesi del mondo e nel soggiogare i rispettivi popoli, ma si dividono quando si tratta di spartirsi il bottino. Lo scontro maggiore avviene sempre tra i paesi imperialistici più potenti, soprattutto quando si rompono gli equilibri, a causa dello sviluppo ineguale dei paesi capitalisti, e qualcuno di loro mira ad avere sotto il proprio dominio una parte più grande del mondo. Dopo il prolungato conflitto per l’egemonia mondiale tra USA e socialimperialismo sovietico, abbiamo assistito all’ascesa dell’Unione europea e del Giappone. Oggi invece l’imperialismo presenta più di una potenza in grado di competere nell’arena per il dominio imperialista del mondo. Alle suddette superpotenze si affiancano minacciosamente la Cina e la Russia, mentre altri paesi premono a passi da gigante per contare di più, l’India è uno dei più accreditati. Beneficiando di un modello di sviluppo capitalistico iniziato dalle “riforme” di Deng Xiaoping, basato sullo sfruttamento selvaggio dei lavoratori e dell’ambiente per alimentare il ciclo produzione-esportazionecapitalizzazione-investimenti di fatto oggi la Cina guidata dal presidente e segretario del Partito revisionista e fascista Xi Jinping, è già la prima economia del mondo, il primo attore del commercio internazionale, il primo detentore dei risparmi, il primo paese come investimenti esteri in entrata ed in uscita, il primo finanziatore dei progetti al di fuori dei confini nazionali, il primo mercato delle materie prime. Nel 2014 la Cina ha investi- to 18 miliardi di dollari in Europa, più del doppio dell’anno precedente. Dal 2005 Pechino ha prestato 120 miliardi di dollari all’America Latina (56,3 al Venezuela, 19 all’Argentina, 7,5 all’Ecuador), in Africa 1 miliardo di dollari allo Zimbabwe, in Europa 30 concessi alla Russia e 18 all’Ucraina. La Cina possiede già da tempo tre grandi banche specializzate nella promozione del commercio e degli investimenti internazionali nonché nell’assistenza allo sviluppo: la China Import-Export Bank, la China Development Bank e la Sinosure. Esse, prese insieme, svolgono un volume di finanziamenti che è superiore a quello delle analoghe strutture dei sette paesi occidentali più ricchi messi insieme. Ora, nell’ambito della messa a punto di una nuova politica impe- I primi pionieri del PMLI, i compagni Mino Pasca, Giovanni Scuderi e Patrizia Pierattini. L’altra pioniera, Nerina “Lucia” Paoletti è deceduta il 6 aprile 2006 rialista, i responsabili del paese stanno varando cinque nuove istituzioni, tutte in collaborazione con altri Stati. Si tratta della Banca dei Brics, cui partecipano Cina, India, Brasile, Russia e Sud Africa, di una struttura parallela che consisterà in un fondo per la protezione degli stessi dalle oscillazioni dei cambi, di un fondo per i finanziamenti dei progetti della cosiddetta “Nuova Via della Seta”, di un ulteriore fondo destinato a finanziare i progetti dei paesi partecipanti all’organizzazione per la cooperazione cosiddetta di Shangai (Sco development fund), della quale fanno parte alcuni paesi come osservatori oltre alla Cina, Russia, India, i paesi dell’Asia Centrale, Pakistan e Iran; infine della Asian international development bank (Aiib), la Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali, che è decollata nonostante l’opposizione degli Usa e che ha già calamitato l’interesse di alleati storici degli americani come il Regno Unito o l’Australia. Un sistema che sfida ormai apertamente l’egemonia statunitense per quanto riguarda il finanziamento delle politiche di “sviluppo del mondo”. Il sistema dell’imperialismo finanziario creato dall’occidente a Bretton Woods nel dopoguerra, che comprende Banca mondiale, FMI e Centro mondiale per il commercio è andato in frantumi. I paesi emergenti che oggi producono il 57% del Pil mondiale (dati 2014) sono fortemente sottorappresentati in tali organizzazioni. I tentativi di riformare il sistema dando più voce agli stessi, non hanno sortito alcun effetto. Ad aprile di quest’anno la Cina ha firmato col Pakistan un pacchetto di 51 accordi per progetti che apriranno un “corridoio economico” tra i due paesi. Con questi accordi il socialimperialismo cinese rafforza gli scambi economici col Pakistan e contemporaneamente espande il suo spazio commerciale a spese del principale concorrente americano, aprendosi uno sbocco sul Mar Arabico e garantendosi una via più diretta verso Europa, Africa e Medioriente. Nessuna superpotenza negli ultimi tre anni ha incrementato il budget militare quanto la Cina, impegnata in una corsa al riarmo senza precedenti. Ai primi di marzo il silenzio sulla corsa agli armamenti, mantenuto per un decennio da Hu Jintao, è stato rotto dalla portavoce dell’Assemblea nazionale del popolo, Fu Jing: “La Cina ormai è un grande Paese e ha bisogno di una forza militare capace di proteggere la sua sicurezza nazionale e il suo popolo”. L’intelligence straniera è convinta che la spesa militare cinese, rispetto alle cifre ufficiali, ammonti ad oltre il doppio. La Cina nel 2014 è diventato il primo importatore mondiale di armi e il terzo esportatore. In cinque anni l’export bellico di Pechino è cresciuto del 143%. Nel 2014 Pechino ha investito in armi 132 miliardi di dollari, che N. 38 - 22 ottobre 2015 quest’anno saliranno a 148, con un incremento annuo della spesa bellica del 12,2%. La Russia ha rivelato il 10 maggio che la Cina ha ordinato all’ex Urss il sistema di missili terra aria S-400, stanziando oltre tre miliardi di dollari. Al varo della prima portaerei atomica “Liaoning”, acquistata quattro anni fa dall’Ucraina, ne è seguita una seconda, entro dicembre aumenterà di 50 navi la propria flotta costiera, passerà da 66 a 78 sottomarini di profondità, varerà più imbarcazioni e aerei da guerra di ogni altro paese. Tuttavia negli ultimi tre mesi anche la superpotenza cinese ha constatato come il capitalismo provoca gli stessi effetti ovunque. La bolla speculativa scoppiata a giugno, come negli USA nel 2008, è stata fatta crescere incontrollatamente dalla cricca socialimperialista al governo, per forzare il paese nella corsa alla supremazia mondiale a scapito dei piccoli risparmiatori, milioni e milioni di persone a cui era stato prospettato l’Eldorado investendo tutti i propri risparmi nella Borsa. I ripetuti crolli della Borsa di Shangai in agosto hanno provocato l’ennesimo tsunami finanziario con ripercussioni planetarie. La sopravvalutazione della moneta nazionale, lo yuan, che faceva comodo a tutte le altre economie più forti, americana, europea, giapponese e dei Paesi emergenti, che contavano sull’immenso mercato cinese e la sua capacità di assorbimento di prodotti esteri per tirare la propria ripresa, non poteva durare stante la frenata della crescita del Pil cinese dalle abituali due cifre al 7% previsto ufficialmente per quest’anno. Così per rilanciare le esportazioni e la competitività la Cina in crisi economica e finanziaria ha svalutato la moneta, una barbarie intrinseca al capitalismo che il marxismoleninismo-pensiero di Mao e la storia hanno già ampiamente dimostrato fallimentare. Anche perché tutte le altre superpotenze puntano sulle esportazioni per uscire dalla crisi e questa situazione non potrà portare altro che a moltiplicare le crisi di sovrapproduzione, le bolle speculative provocate dalla enorme massa di capitale finanziario accumulato che si sposta da un paese all’altro a caccia del massimo profitto e le guerre commerciali e valutarie tra le superpotenze imperialiste. Una situazione qualitativamente, anche se non quantitativamente, simile a quella anteriore alla prima guerra mondiale, e che nel 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI / il bolscevico 7 tempo, come insegna Lenin, porta inevitabilmente alle guerre militari per stabilire chi tra di esse debba prevalere e chi soccombere. Dal canto suo anche la Russia di Putin non scherza e accelera: spese militari cresciute dell’8,1% nel 2014, di un 15% nel 2015 se sanzioni e crisi economica non lo limiteranno. “Se volessimo potremo prendere Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia fino al confine tedesco in due settimane” ha affermato lo zar del Cremlino. Più armi, dai micidiali bom- americani spendono 7,5 milioni di dollari al giorno. Le contraddizioni USA-Russia sono esplose sulla questione dell’Ucraina. È passato più di un anno dall’intervento imperialista realizzato da USA , NATO e UE nell’ex repubblica sovietica, nella loro competizione con la Russia per stabilire quali monopoli controlleranno le risorse energetiche della regione. Un caso lampante e tangibile che dimostra quanto siano reali i pericoli di una terza guerra mondiale. Le costanti violazioni da entrambe le nell’ambito della Federazione ucraina, quanto il governo fascista di Kiev, sponsorizzato dall’Unione europea e dagli USA, che ha equiparato il comunismo al nazismo e messo fuori legge i 3 Partiti che nominalmente si richiamano al comunismo. Di fatto Cina, Russia e USA stanno ingaggiando una partita per il dominio del mondo. La Cina vuole essere considerata un protagonista politico, non più solo gigante economico e la forza trainante in Asia. La Russia di Putin dopo le umilia- lismo americano. Dal canto suo l’Unione europea imperialista non ha ancora digerito la più pesante crisi economica, produttiva e finanziaria dal 1929, e si barcamena per ritagliarsi i suoi spazi nello scacchiere mondiale. Lo strangolamento della Grecia, favorito dalla capitolazione di Tsripas, ha messo a nudo tutta la sua politica antidemocratica e antipopolare, dettata da quei monopoli che l’hanno fortemente voluta. Attraverso l’euro, la BCE e i vincoli di Maastricht l’Unione europea fa dell’imperialismo americano Obama ha dichiarato nel 2013 durante la sua visita in Australia: “Dopo un decennio in cui abbiamo combattuto due guerre che ci sono costate un caro prezzo, di sangue e economico, gli Stati Uniti stanno volgendo la loro attenzione verso il vasto potenziale della regione Asia-Pacifico. Come regione con più rapida crescita al mondo è fondamentale per raggiungere la mia massima priorità. Con la maggior parte della potenza nucleare del mondo e metà della popolazio- pagare il costo della crisi e della concorrenza mondiale con gli USA e i Brics innanzitutto ai propri lavoratori e masse popolari, ma anche ai popoli dei paesi terzi in cui si è ingerita pesantemente negli ultimi anni. La riduzione della spesa pubblica, per rientrare nel famigerato rapporto deficit/Pil imposto da Bruxelles, si è tradotta negli ultimi anni in tagli drastici ai servizi essenziali, quali pensioni, istruzione, sanità, trasporto pubblico, ricerca scientifica, infrastrutture necessarie allo sviluppo, assistenza e previdenza, mentre non sono state minimamente toccate le voci di spesa riguardanti, a vario titolo, dallo Stato alle grandi imprese e alle banche private, o le missioni di guerra imperialista in ogni parte del mondo, l’acquisto di nuove armi, o le “grandi opere” inutili. L’interesse dell’imperialismo mondiale si sta concentrando oggi sul continente asiatico, che ospita due dei più grandi paesi popolati al mondo, Cina e India. 1 miliardo e 300mila i cinesi, 1 miliardo e 100mila gli indiani. Sommando anche i paesi asiatici destinati a diventarne satelliti, Giappone compreso, con 3,5 miliardi di persone il sud est asiatico conta 5 volte la popolazione del continente europeo, Russia compresa, 8 volte l’Unione europea, 13 volte gli abitanti degli Stati Uniti. Delineando le priorità ne umana, sarà l’Asia a definire se il secolo a venire sarà segnato da conflitti o dalla cooperazione, da inutili sofferenze o dal progresso umano. Ho quindi fatto una scelta deliberata e strategica, come nazione del Pacifico, gli Stati Uniti avranno un ruolo più ampio e a lungo termine nel plasmare questa regione e il suo futuro. Come programmiamo e preventiviamo per il futuro, destineremo le risorse necessarie per mantenere la nostra forte presenza militare in questa regione. I nostri interessi duraturi richiedono la nostra presenza duratura”. Di fatto gli USA hanno deciso di riposizionare la propria marina militare in modo che il 60% delle loro navi da guerra verrà assegnato alla regione Asia-Pacifico entro il 2020. In questo scenario si inquadra la disputa tra USA e Cina per il controllo degli arcipelaghi del Pacifico, le Spratly e le Paracel, una serie di isolotti del Mar Cinese Meridionale, nelle acque davanti al Vietnam, non abitate ma sempre più popolate da insediamenti militari costruiti dai paesi che si affacciano su quel mare e che le reclamano come proprie, dalla Cina al Vietnam, dalle Filippine alla Malesia. La loro importanza è data dal fatto che si trovano in un mare ricco di risorse energetiche e soprattutto lungo le vitali rotte marittime che 9 ottobre 2015. Giovani palestinesi lanciano sassi contro l’esercito sionista nei pressi di Gerusalemme Est bardieri Sukhoi 34 che insieme agli enormi vettori atomici Tupolev 95, hanno compiuto negli ultimi tempi oltre 100 incursioni in Europa, dai cieli finnici e svedesi fino al Portogallo. Intanto ingenti forniture di armi e soldati russi sono giunte a settembre in Siria al fianco delle forze di Assad contro l’IS che avanza. È del 13 giugno l’annuncio degli Usa del prossimo invio di 250 tank pesanti M1 Abrams, blindati per trasporto truppe, artiglieria, intelligence elettronica, per affiancare il pre schieramento di 5mila soldati USA nei paesi Baltici, in Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria. Dall’altra parte del mondo nella guerra allo Stato islamico gli parti del fragile accordo di cessate il fuoco raggiunto a Minsk, così come l’intensificazione delle sanzioni contro la Russia sono indicative di questa situazione. La regione del Donbass è intanto divenuta ostaggio delle contraddizioni interimperialiste. Noi marxisti-leninisti italiani dobbiamo sostenere gli interessi del popolo ucraino, intrappolato in logiche di divisione nazionalista, sulla base di particolarismi etnici, linguistici e religiosi e appoggiare l’indipendenza del paese. Dobbiamo denunciare tanto l’imperialismo russo che si è annesso la Crimea e reclamare che stia alla larga dalle repubbliche di Donesk e del Donbass che devono avere la loro autonomia Kunduz (Afghanistan), 3 ottobre 2015. L’ospedale di “Medici senza frontiere” in fiamme sotto il bombardamento delle forze Nato (dal sito “Medici senza frontiere”) zioni degli anni gorbacioviani e eltsiniani, vuole riconquistare il rango di superpotenza, soprattutto nel versante occidentale europeo, nel nome del ritrovato panrussismo nazionalista. E gli USA di Obama devastati dai disastri morali, strategici e economici dell’era Bush, vogliono restare rilevanti ovunque e tornare ad essere il perno attorno al quale, dopo il collasso del socialimperialismo sovietico, il resto del mondo ruotava. Attualmente l’iniziativa politica e militare è nelle mani della Russia per quanto riguarda la Siria e il Medioriente. Ciò potrebbe inasprire lo scontro con gli USA per l’egemonia in quel paese e in quella nevralgica regione arrivando fino al conflitto armato, provocando inevitabilmente una nuova guerra mondiale. Noi non appoggiamo né l’una né l’altra superpotenza negli scontri in atto, in particolare in Siria e in Ucraina, che servono esclusivamente gli interessi della classe dominante borghese e dell’economia capitalistica dei rispettivi paesi, senza apportare un minimo beneficio ai loro popoli e ai popoli che vorrebbero dominare. Per questo riteniamo che sia un gravissimo errore da parte di certe forze politiche e movimenti italiani che si definiscono comunisti o di sinistra l’appoggio diretto o indiretto all’imperialismo russo contro l’imperia- 8 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI portano merci e petrolio per tutto il Sudest asiatico. Lo scorso 30 maggio il ministro della Difesa americano Ash Carter ha intimato a Pechino che gli USA avrebbero inviato una flotta navale di superficie e dei sottomarini davanti alle installazioni cinesi in costruzione, una esibizione di muscoli per ribadire, sue parole, che “gli Stati Uniti intendono restare la principale potenza militare nell’Asia Orientale per decenni a venire”. La crescente integrazione economica dell’Asia meridionale e dell’Asia orientale ha rafforzato l’importanza strategica degli Oceani Indiano e Pacifico come corridoio di scambio permanente per il commercio globale e l’energia. Gli USA intendono sviluppare i loro legami strategici con l’India in questo contesto. Questo spiega l’accordo nucleare indo-statunitense, gli accordi sulla difesa e in altri settori come l’agricoltura e l’istruzione. Altresì l’India può rivestire il ruolo di alleato decisivo nel contenimento della Cina. L’intera economia mondiale ha scoperto nell’elefante indiano una nuova locomotiva. Un’inchiesta del “New York Times” prevede che il 2016 sarà l’anno di un sorpasso storico: la velocità di crescita dell’economia indiana sarà superiore a quella cinese. USA e Cina sono ai ferri corti anche sul piano commerciale. Per rompere i rapporti economici della Cina con i paesi di quest’area strategica e aprire i mercati di questi paesi ai beni e servizi americani, gli Stati Uniti si stanno muovendo verso l’obiettivo della Trans-Pacic Partnership (TPP), un accordo con 11 paesi del Pacifico per creare la più grande zona di libero scambio al mondo. Con il TTP gli USA hanno segnato un importante punto a loro favore contro la Cina. Ed ancora USA e Unione Europea hanno risposto a Cina e Russia con il famigerato Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti per dominare il mondo, il TTIP, in sostanza un accordo di libero commercio tra le due aree, che cancelli ogni ostacolo ai grandi monopoli americani e europei di commerciare liberamente e battere l’agguerrita concorrenza delle altre potenze imperialiste per la leadership planetaria, una “Nato economica” come l’ha definito Hilary Clinton. Il TTIP è un mandato per il saccheggio mondiale da parte delle multinazionali, l’aggiramento delle procedure democratiche e l’erosione di tutti i diritti dei popoli e della sovranità nazionale degli Stati, un programma a favore delle privatizzazioni selvagge che sancisce i privilegi delle più potenti multinazionali del mondo a scapito dei popoli. Il PMLI e “Il Bolscevico” hanno aderito a “Stop TTIP Italia”. È un nostro dovere antimperialista partecipare attivamente al fronte unito mondiale per denunciare e combattere questo nuovo mostro della legislazione imperialista, che si sta definendo nel silenzio e nella segretezza fatti calare da USA e UE sulle spalle e all’insaputa dei popoli. Con il TTIP insomma gli USA controlleranno da vicino i pruriti interventisti dell’UE mentre scavano un solco tra l’Europa e la Russia per evitare un progressivo avvicinamento economico tra i due. Con la crisi ucraina e le sanzioni alla Russia l’UE non può che guardare e abbracciare totalmente il TTIP, che diventa una parte importante della più vasta strategia americana per indebolire l’Europa occidentale e dividere il continente europeo emargi- nando la Russia, dall’altro lato è evidente che questo Trattato ha una smaccata funzione anticinese, che dall’altra parte del globo sta chiudendo una serie di trattati e accordi che escludono di fatto l’imperialismo americano da vaste aree del care l’alleato USA nel Pacifico, contro il socialimperialismo cinese. Anche in Medioriente, come in parte abbiamo già visto, scenari e rapporti di forza stanno mutando. L’Iran del presidente Hassan Rohani, capitolato le sue posizioni e puntare all’egemonia sulla base della sua forza economica. Non a caso l’accordo sul nucleare è stato voluto e ideato soprattutto dagli USA di Obama che in questo momento ha bisogno di un alleato come Teheran per usci- Niscemi (Caltanissetta), 9 agosto 2013. Manifestazione nazionale contro il MUOS. Le bandiere del PMLI sventolano sotto le antenne radio installate nella base Usa occupata dai manifestanti (foto Il Bolscevico), pianeta. Intanto il Giappone, uscito con le gambe rotte dalle ultime crisi economiche e finanziarie, ha revisionato la costituzione per garantirsi un esercito e dispositivi militari in grado di supportare i suoi monopoli nel mondo, cancellandone di fatto il divieto di azioni militari all’estero. Ad inizio di quest’anno il governo di destra di Shinzo Abe ha varato un aumento record per il bilancio militare, destinando all’esercito 36 miliardi di euro, necessario ad affian- all’imperialismo mondiale sul nucleare con l’accordo siglato a Vienna il 14 luglio, punta all’egemonia nella Regione contro lo Stato islamico. Con la progressiva caduta delle sanzioni internazionali, che hanno penalizzato per anni la borghesia iraniana, l’Iran potrà riavere a disposizione le centinaia di miliardi di dollari congelati all’estero e potrà riprendere la piena cooperazione economica con tutti i paesi. Ma soprattutto potrà sedere al tavolo quantomeno delle potenze locali, con re dall’impasse in cui si trova la politica imperialista americana nella Regione una volta emersa la forza dello Stato islamico. Con la Turchia che aspetta quantomeno che cada Assad in Siria per far valere le ambizioni egemoniche locali dell’imperialismo turco e per dispiegare tutta la sua forza militare contro l’IS, i bombardamenti del 24 luglio scorso contro postazioni dell’IS in Siria e la concessione agli USA della strategica base militare di Incirlik sono solo l’antipasto, N. 38 - 22 ottobre 2015 mentre condanniamo la strage di Stato di ieri ad Ankara contro il popolo curdo l’Arabia Saudita che non ha truppe di terra da schierare e finanzia gruppi della resistenza siriani in attesa che cada l’asse sciita TeheranDamasco-Hezbollah e pensa a fronteggiare l’espansionismo dell’Iran in Yemen, con il governo fantoccio iracheno debolissimo, chi può dare un contributo importante nella lotta all’IS è l’Iran che diventa un nuovo decisivo alleato dell’imperialismo americano nella regione, affiancando e in concorrenza con gli storici alleati Israele e Arabia Saudita. Alla luce di tutto ciò i pericoli di guerra imperialista sono oggi i più gravi dalla fine degli anni ’80. Altro che mondo di pace! Finché esisterà l’imperialismo la pace nel mondo sarà sempre in pericolo. La rivalità tra le superpotenze conduce inevitabilmente alla guerra imperialista, è stato così nel passato, non può che essere così nel futuro. Nessun paese imperialista può sottrarsi alla legge economica fondamentale del capitalismo che è quella della ricerca del massimo profitto, in patria e all’estero. È questa la legge che spinge inesorabilmente l’imperialismo al dominio economico mondiale e quindi alla guerra imperialista. “La supremazia mondiale - rilevava Lenin - è in sintesi il contenuto della politica imperialista, che viene continuata dalla guerra imperialista”. Per Mao “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi. Quando la politica raggiunge un certo stadio del suo sviluppo che non può essere superato con altri mezzi abituali, scoppia la guerra per spazzare via gli ostacoli che impediscono il cammino”. UN MONDO DI FAME, POVERTA’, MIGRANTI E PROFUGHI GENERATO DALL’IMPERIALISMO L’imperialismo è presente dappertutto con i suoi capitali, le sue banche, le sue multinazionali, le sue fabbriche, le sue merci, la sua tecnologia, la sua cultura borghese e reazionaria, le sue armate. Il suo mercato non ha più confini. Il risultato è che tutt’oggi oltre 963 milioni di persone nel mondo vivono in condizioni di povertà. Ogni 5 secondi un bambino muore di fame. Sono oltre 700 milioni i lavoratori che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno e circa 1 miliardo e 200 milioni con meno di due dollari al giorno. Senza contratto di lavoro né tutele sociali, nel 2020, stando così le cose, due terzi della popolazione attiva mondiale si troverà a lavorare in queste condizioni. Un miliardo e trecento milioni è il numero di persone che non ha accesso a fonti d’acqua potabile. L’85% dell’acqua disponibile sul pianeta è usata dal 12% della popolazione mondiale. 790 milioni di persone dei paesi poveri soffrono di sottoalimentazione cronica, di esse i due terzi risiedono in Asia e nell’area del Pacifico. Ogni anno 30 milioni di persone muoiono di fame, eppure le derrate alimentari crescono ad un tasso superiore a quello della popolazione e non sono mai state così abbondanti come oggi. Un quinto dei bambini del mondo non assume una quantità sufficiente di calorie o di proteine. Due miliardi di persone soffrono di anemia. Ancora due miliardi di persone non hanno accesso all’elettricità. Quasi un miliardo di persone non sa leggere, né scrive- La statuetta con la riproduzione dell’opera di una artista sovietica che celebra la vittoria sul nazifascismo donata al Comitato centrale dal un compagno invitato re il proprio nome. La spesa annuale per la lotta all’AIDS, una malattia che miete ancora 3 milioni di vite all’anno, equivale alla spesa di 3 giorni in armamenti. Ogni anno il mondo spende 1 trilione di dollari in difesa, circa 325 miliardi in agricoltura e solo 60 miliardi in aiuti allo sviluppo. Per ogni dollaro speso in cooperazione allo sviluppo, 10 dollari sono spesi per gli armamenti. Per ogni dollaro di sussidio ricevuto i paesi in via di sviluppo spendono 13 dollari per ripagare il debito. Sette milioni di bambini muoiono ogni anno a causa della crisi del debito pubblico del loro paese. Secondo le più recenti stime dell’Onu il soddisfacimento universale dei bisogni sanitari e nutrizionali costerebbe 13 miliardi di dollari, quanto all’incirca viene speso ogni anno dai ricchi negli Stati Uniti e nell’Unione europea in profumi. Per assicurare a tutta la popolazione mondiale l’accesso al soddisfacimento dei bisogni di base, cibo, acqua potabile, istruzione e assistenza sanitaria, basterebbe prelevare meno del 4% del patrimonio dei 225 individui più ricchi del mondo. Le tre persone più ricche del mondo hanno una ricchezza complessiva superiore al Prodotto interno lordo dei 48 paesi più poveri. Il reddito complessivo dei 50 milioni di persone più ricche del mondo (solo l’1% della popolazione mondiale) è equivalente a quello dei 2 miliardi e 700 milioni di persone più povere (il 57% della popolazione mondiale). Tra il 2013 e il 2014 le 85 persone più ricche del mondo, che hanno la stessa ricchezza della metà della popolazione più povera del mondo, hanno collettivamente aumentato la loro ricchezza di 668 milioni di dollari al giorno. La fame e la miseria hanno causato una emigrazione biblica, che si riversa nei paesi capitalisti e imperialisti dove gli immigrati trovano una vita da bestie. Questa situazione è assolutamente intollerabile. Noi chiediamo ai governi di spalancare le porte agli immigrati e ai profughi e di dire basta al traffico di vite umane. Frontiere aperte per i migranti. Uguali diritti per indigeni e migranti. Chiudere i luoghi di concentramento e detenzione dei migranti. Asilo politico per tutti i profughi. La politica dei respingimenti e non dell’accoglienza resta invece il cardine dell’azione dell’UE. Il governo fascista ungherese di Viktor Orban ha addirittura blindato il paese costruendo muri di filo spinato lungo il confine con Serbia e Romania ed usato il manganello contro i profughi. Gli eserciti dei paesi imperialisti devono essere immediatamente ritirati dai paesi dove non solo hanno peggiorato le condizioni economiche e sociali, aumentato le sofferenze della popolazione civile, ma hanno fatto lievitare in maniera impressionante il numero dei rifugiati e di migranti che tentano disperatamente di approdare sull’altra sponda del Mediterraneo e trovando spesso una terribile morte. Alla 2ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI, tenutasi a Firenze il 7 febbraio 2010, il compagno Scuderi disse che per il PMLI non esistono migranti clandestini e regolari, ma una sola categoria quella dei migranti. Ed aggiunse: “Per noi il razzismo è insopportabile e inammissibile alla pari del fascismo e del nazismo”. La no- N. 38 - 22 ottobre 2015 stra posizione su questo tema è quella classica sempre sostenuta e insegnata dai grandi maestri del proletariato internazionale, Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, e che si fonda su tre chiari principi, che non si possono eludere e a cui bisogna rimanere saldamente ancorati, se non si vuole scivolare anche senza rendersene conto nell’ideologia borghese, con tutti i suoi corollari del nazionalismo, del fascismo e del razzismo: l’internazionalismo proletario deve essere alla base dei rapporti tra i popoli dei paesi imperialistici e quelli dei paesi sfruttati e oppressi, in particolare i primi devono rifiutare di farsi strumento di questo sfruttamento e oppressione nelle mani dei propri governi neofascisti, razzisti, xenofobi, interventisti e imperialisti. La solidarietà di classe deve essere alla base dei rapporti 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI / il bolscevico 9 tra lavoratori nativi e lavoratori immigrati, che da un punto di vista non miope ed individualista ma lungimirante e collettivo hanno gli stessi interessi di fondo e lo stesso nemico di classe contro cui unire le forze per migliorare e progredire tutti insieme. La responsabilità delle migrazioni di massa è dell’imperialismo, compreso quello italiano, che sfrutta, affama e fomenta guerre nei paesi poveri per depredarne le ricchezze e tenerli sottomessi. È il padronato che approfitta dei migranti, facilmente ricattabili e schiavizzabili, come serbatoio di manodopera a basso prezzo, e fomentando anche la rivalità e l’odio razziale con gli altri lavoratori per dividere le masse e dominarle meglio. La stessa sorte del resto già vissuta dai nostri stessi immigrati nelle Americhe, in Svizze- Ankara, 11 ottobre 2015. Manifestazione contro la strage di Stato ra, Germania, Belgio, Francia. È quello che fa la Lega neofascista di Salvini, seminando razzismo e xenofobia tra i lavoratori e la popolazione che riesce a influenzare approfit- tando della desertificazione ideologica, culturale e politica lasciata dai partiti della “sini- stra” borghese nella loro inarrestabile deriva a destra. Ma proprio per questo occorre rifiutare questa logica perversa e puntare invece sulla solidarietà di classe con i lavoratori migranti, sulla loro sindacalizzazione e conquista all’unità di lotta con gli altri lavoratori, in modo da non lasciarli soli come carne da macello nelle mani degli schiavisti, dei razzisti e della criminalità organizzata. Un mondo di fame e povertà dunque, che acuisce le differenze tra ricchi e poveri in maniera inesorabile ad ogni crisi ciclica del capitalismo e dell’imperialismo, come quella ancora in atto in gran parte del mondo. Ormai dovrebbe essere chiaro anche ai sassi che esse potranno essere eliminate solo nel socialismo e con la distruzione del capitalismo e dell’imperialismo. LA LOTTA ANTIMPERIALISTA DEL PMLI Il contributo più grande, più concreto e più efficace che noi marxisti-leninisti italiani possiamo dare alla lotta contro l’imperialismo è quello di combattere con tutte le nostre forze contro l’imperialismo italiano e il governo di Renzi, questo nuovo duce erede di Mussolini, Craxi e Berlusconi, che ne regge le sorti, fino alla loro caduta e distruzione. Sin dal suo insediamento abbiamo smascherato l’attivismo imperialista in politica estera, orientato ad assicurarsi, neppure in modo sottinteso, un posto al sole ad ogni costo nello scenario internazionale. Ecco alcuni di questi atti. L’appoggio con voto al democristiano Juncker alla guida della Commissione UE e l’austerità “flessibile”di Bruxelles; l’operazione “Mare sicuro” con il dispiegamento di navi e droni per proteggere le vie del gas e del petrolio davanti alle coste del Nord Africa; dall’incontro con Putin per ribadire l’unità di lotta italo-russo contro lo Stato islamico; le cariche della polizia contro gli immigrati rifugiati nel nostro Paese, ultime quelle dello sgombero di Ventimiglia; l’esaltazione e l’ispirazione al capofila degli imperialisti americani nell’incontro con Obama; il pompaggio dell’UE imperialista nel suo semestre di presidenza; l’invio di 4 Tornado in Kuwait per la guerra allo Stato islamico; la riconferma della presenza di forze armate italiane in tanti paesi esteri, in particolare in Iraq e Afghanistan, dove addestrano i soldati per combattere rispettivamente l’IS e i talebani; le operazioni di vigilantes sui cieli dei confini orientali dell’UE; la reiterata richiesta a guidare un’operazione militare internazionale contro la Libia per “stroncare” l’immigrazione e le basi dello Stato islamico; il ruolo di prima fila nello strangolamento del popolo greco da parte dell’UE. Significativamente sul primo numero della risorta “Unità” del PD di Renzi del 30 giugno scorso, il ministro degli Esteri Gentiloni ha tracciato il “nuovo ordine Mediterraneo” imperialista, con al primo posto la lotta allo Stato islamico. In sostanza per l’Italia il Mediterraneo è il “nostro spazio vitale” dove sono in gioco gli interessi economici, energetici e di sicurezza dell’Italia. In questo quadro vanno collocati gli incontri con il golpista egiziano Al Sisi e col duce nazista sionista Netanyahu. Se da un lato Renzi ha legato e schierato ancor più strettamente e senza condizioni il nostro Paese a fianco di Egitto e Israele per combattere lo Stato islamico e contro le aspirazioni alla libertà del popolo palestinese e dei popoli arabi e islamici della Regione, dall’altro ha reclamato a chiare lettere il ruolo imperialista dell’Italia. Se l’imperialismo USA cerca l’alleanza con Teheran l’Italia del neoduce Renzi vuole percorrere una strada propria. L’attentato dell’11 luglio al Consolato italiano al Cairo è stato solo un avvertimento lanciato al governo nostrano. Al contrario di quello che sostengono i guerrafondai Renzi e Gentiloni, per evitare che altri attacchi possano provocare nuovi lutti e distruzioni ai danni del popolo italiano, è necessario che l’Italia si ritiri senza indugi dalla guerra allo Stato islamico. Non possiamo accettare che i Tornado italiani portino altre morte e distruzione in Iraq come paventato il 7 ottobre dal ministro della Difesa Pinotti. Il governo del neoduce Renzi non avrà mai l’appoggio dei marxisti-leninisti in caso di coinvolgimento diretto dell’Italia. Battersi contro l’imperialismo italiano vuol dire anche lottare risolutamente contro tutte le alleanze imperialiste a cui partecipa il nostro Paese, partendo dalla richiesta di uscita dell’Italia fino allo scioglimento dell’alleanze stesse. Sottovalutare o ignorare questa battaglia, accettare anche una sola delle organizzazioni imperialiste o fare la “sinistra” di esse significa fare il gioco dell’imperialismo e tradire le aspirazioni e le lotte dei popoli e delle nazioni alla libertà, all’e- mancipazione e al benessere. Per questo il PMLI chiede di sciogliere l’Unione europea, un’organizzazione monopolistica e imperialistica, una superpotenza mondiale. Essa non è affatto una conquista dei popoli del vecchio continente, come amano presentarla la borghesia di destra e di “sinistra”. Tutto è stato compiuto e si compirà al di sopra delle loro teste dai circoli borghesi dominanti europei conformemente ai loro interessi di classe e alle loro aspirazioni egemoniche, regionali e mondiali. Anzi quelle pochissime volte che i popoli sono stati chiamati al referendum su specifici pun- ti, hanno sonoramente bocciato l’Europa imperialista, come dimostrano gli ultimi quattro referendum popolari (Francia e Olanda che dicono no alla Costituzione Ue nel 2005, l’Irlanda che dice no al Trattato di Lisbona nel 2008, fino a quello greco del giugno scorso). Il caso della Grecia e il tradimento del suo premier Tsipras che ha accettato il diktat e il programma di lacrime e sangue di Bruxelles, svendendo la grande vittoria del referendum del 5 luglio scorso, hanno dimostrato ancora una volta che da un lato bisogna distruggerla, cominciando a tirarne fuori l’Italia, dall’altro che è andato Il compagno Scuderi canta “Il Sole rosso”, uno degli inni del PMLI, a conclusione della Sessione in fumo il modello governativo e dell’“Altra Europa” di Syriza sostenuto dagli imbroglioni politici di “sinistra” italiani ed europei. Il PMLI chiede di sciogliere la Nato, quest’alleanza militare dell’imperialismo occidentale nata col collante dell’anticomunismo ed oggi operante nella cosiddetta “lotta al terrorismo” su scala planetaria. Il suo “nuovo concetto strategico” ha decretato che può intervenire dentro e fuori i suoi confini dove e tutte le volte che ritenga minacciate la stabilità e la sicurezza degli alleati, in tutti i campi e settori, in maniera unilaterale e insindacabile. In questo scenario non c’è una ragione una che giustifichi la sua esistenza. Nell’immediato occorre battersi affinché l’Italia esca da questa alleanza imperialista, iniziando dallo smantellamento delle sue basi, logistiche e militari, presenti nel nostro Paese, che già più di una volta sono servite da trampolino per aggressioni militari a popoli e Stati sovrani. Siamo nettamente contrari alla esercitazione Nato, la più grande dalla caduta del muro di Berlino, denominata Trident Juncture 2015, in corso in Italia, Spagna e Portogallo, e condanniamo il governo Renzi per averle messo a disposizione le basi e i porti della Sardegna. Al contempo diamo il nostro appoggio e la nostra adesione alla manifestazione che si svolgerà a Napoli il 24 ottobre contro tale esercitazione militare foriera di guerre imperialiste. Il PMLI chiede di sciogliere l’Onu, che non risponde più all’esigenza della sua costituzione. L’imperialismo ha riscritto il diritto internazionale a suo uso e consumo, partendo dalla cancellazione dell’impedimento all’ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano, sancito dall’articolo 2 della Carta istitutiva dell’Onu e la sua sostituzione con la teoria del “diritto-dovere di ingerenza umanitaria” per giustificare le aggressioni imperialiste nel mondo. È giunto il momento di farla finita con questa organizzazione imperialista campione della politica dei due pesi e delle due misure. Occorre una nuova Organizzazione mondiale, senza membri permanenti e privilegiati, senza diritti di veto, con uguali diritti e doveri, fondata sui principi del rispetto reciproco, della sovranità e dell’integrità territoriali, di non aggressione, di non ingerenza nei rispettivi affari interni, di uguaglianza e di reciproco vantaggio. L’imperialismo in ultima analisi non è così potente e invincibile come appare. Può essere sconfitto anche da un piccolo popolo purché questo sia unito, determinato, deciso a impugnare le armi e a proseguire la lotta fino alla vittoria. Tanti sono i fatti storici che lo comprovano, come la strepitosa vittoria di questi giorni dei talebani che hanno conquistato Kunduz, una delle più importanti città dell’Afghanistan, nonostante il contrasto armato delle forze Nato e USA e i bombardamenti aerei di quest’ultimi, che nella notte tra il 2 e 3 ottobre si sono macchiati dell’ennesimo crimine di guerra, bombardando un ospedale di Medici senza frontiere e provocando oltre venti morti, tra cui tre bambini. Seguendo questi esempi della resistenza dei popoli all’imperialismo, il nostro popolo, che ha una grande esperienza di lotta armata antinazista e antifascista, qualora fosse coinvolto da Renzi o da un suo successore in una guerra mondiale deve infuocare le piazze fino a impugnare con forza le armi per impedirlo. Abbasso l’imperialismo e la guerra imperialista! Viva la guerra di liberazione dei popoli e delle nazioni oppressi! Appoggiamo i movimenti islamici antimperialisti! Viva l’internazionalismo proletario! Viva la politica antimperialista del PMLI! Cacciamo il governo interventista e imperialista del nuovo duce Renzi! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! 10 il bolscevico / 5ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI N. 38 - 22 ottobre 2015 Comunicato della 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI “Speriamo che questa sessione tinga di rosso questa giornata”, auspicava in apertura dei lavori il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del Partito, che presiedeva la 5ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI tenuta l’11 ottobre a Firenze nella Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” sul tema “La situazione internazionale e la lotta antimperialista del PMLI”. Un obiettivo pienamente raggiunto grazie al saluto e alle conclusioni del compagno Giovanni Scuderi, al Rapporto del compagno Erne e agli interventi delle compagne e dei compagni del CC e degli invitati che hanno fatto di questa Sessione una pietra miliare nella storia del PMLI, dal respiro congressuale, per la convinta e cosciente unità del CC sull’analisi degli sviluppi della situazione internazionale e i conseguenti necessari sviluppi della linea in politica estera del Partito. La Sessione plenaria si è aperta al canto de “Il Sole Rosso”, uno dei tre Inni del Partito. Il compagno Giovanni Scuderi prima della lettura del saluto sottolineava che pur senza alcuna direttiva in merito quasi tutti i compagni presenti avessero addosso una maglietta rossa e in particolare quella del Partito, segno di un attaccamento particolare al PMLI. Il Segretario generale ha dato il benvenuto a tre compagni invitati Andrea, Federico e Enrico “tre bandiere rosse che danno lustro al nostro amato Partito”. Nel suo saluto, Scuderi, ha posto l’attenzione sul rafforzamento delle istanze e delle Commissioni centrali, sulla vita interna del Partito, sul corretto metodo di lavoro e sulle responsabilità che pesano su tutti i compagni, sui dirigenti in particolare. A questo proposito egli ha invitato i membri del CC e dell’UP del PMLI a “essere coscienti dell’importanza di questo concetto strategico e lavorare sodo su se stessi, e aiutando gli altri membri, per migliorare la loro qualità sui piani ideologico, culturale, politico, organizzativo, pratico, operativo e della combattività. Soprattutto devono sapere interpretare nel concreto a livello più alto possibile le dieci citazioni di Mao sui marxisti-leninisti, specie nelle parti che richiedono i maggiori sacrifici e una radicale ripulitura dell’individualismo”. Nel presentare il tema della Sessione plenaria, la prima sulla politica estera nella storia del PMLI, Scuderi ha sottolineato che essa “è stata possibile grazie all’impegno esemplare e alle capacità ideologiche e politiche del compagno Erne. In coerenza con la linea antimperialista del PMLI” e indicava i due elementi centrali di riferimento della posizione del Partito; il primo è quello di essere al fianco di chi combatte l’imperialismo, nella situazione attuale lo Stato islamico seppur con esso esista un abisso incolmabile su tanti piani, nel momento in cui si stanno inasprendo le contraddizioni imperialiste che possono portare a una guerra mondiale. Il secondo la riaffermazione del diritto dei popoli all’autodeterminazione e a risolvere da sé le loro contraddizioni interne. Il CC ha salutato con calorosi applausi l’appoggio del PMLI al riesplodere della rivolta palestinese contro gli imperialisti sionisti e nazisti e alla possibile terza Intifada e la condanna dell’attentato del 10 ottobre a Ankara contro il popolo curdo. Applausi hanno accompagnato il passaggio a conclusione del saluto del Segretario generale in cui incita l’intero Partito a ostacolare la santa alleanza imperialista contro lo Stato islamico a cominciare dal denunciare con tutti i nostri mezzi a disposizione, su “Il Bolscevico”, nei luoghi di lavoro, di studio, di vita e nelle piazze l’Italia del nuovo duce Renzi che ne fa parte e che è pronta a bombardare con i tornado lo Stato islamico nel territorio strappato all’Iraq. “Dobbiamo convincere il nostro popolo a rifiutarsi di fare carne da cannone dell’imperialismo italiano. E in caso di partecipazione dell’Italia a una eventuale guerra mondiale di sollevarsi anche in armi, se occorre, per impedirlo”. Il Rapporto Il compito di analizzare nel dettaglio le novità della situazione internazionale e della lotta antimperialista è stato svolto in maniera esemplare dal prezioso Rapporto tenuto dal compagno Erne, atteso e seguito con molta attenzione dal CC. Un Rapporto rosso, ben documentato, ricco di dati e dialettica, di respiro congressuale, che fotografa con assoluta chiarezza e semplicità la mutata situazione internazionale, va a fondo in tutte le sue contraddizioni e aspetti più complessi e traccia la conseguente politica estera del PMLI sul solco del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, dell’internazionalismo proletario e dell’antimperialismo. Il Rapporto è stato interrotto più volte da applausi che ne hanno scandito i passaggi principali. Da quello a sostegno del diritto dei popoli di decidere il proprio destino al sostegno alla lotta del popolo palestinese, dalla richiesta che l’Italia si ritiri senza indugi dalla guerra all’Is alla condanna del razzismo e alla richiesta di spalancare le porte a immigrati e poveri, alla riaffermazione che fame e povertà potranno essere eliminate solo nel socialismo con la distruzione del capitali- Milano, 19 settembre 2015. Manifestanti arabi e palestinesi si uniscano al PMLI per rivendicare “uno Stato due popoli” alla corteo No Expo – Palestina libera (foto Il Bolscevico) smo e dell’imperialismo. Applaudito il ringraziamento alla Redazione centrale e al compagno Alessandro, ringraziato anche dal compagno Scuderi a nome del CC, per il lavoro finora svolto con gli articoli su “Il Bolscevico”. Con forti applausi e un “bravo, bravo” ripetuto più volte dai presenti ha accompagnato la conclusione della lettura del Rapporto. Il dibattito L’importanza del brillante Rapporto del compagno Erne per fare chiarezza sul complesso argomento, primo fra tutti all’interno del Partito, è stato evidenziato da tutti gli interventi che hanno espresso un totale consenso e che, come ha sottolineato il compagno Scuderi nelle conclusioni, sono stati importanti, in base alle singole esperienze e sensibilità politiche perché hanno approfondito una relazione seppur esaustiva e hanno arricchito tutto il Partito. Più intervenuti hanno elogiato il Rapporto come una lezione marxista-leninista di politica estera e definito “strategica” questa Sessione del CC. Che in effetti, come precisava il compagno Scuderi, “sostituiva” di fatto per questo aspetto il 6° congresso che purtroppo non siamo in condizione di celebrare. È stata denunciata la propaganda imperialista che, grazie anche alla confusione generata dai trotzkisti e dai falsi comunisti, distorce i fatti lasciando al solo PMLI il dovere antimperialista di fare chiarezza. Il CC all’unisono ha inoltre confermato la richiesta di aprire le frontiere ai migranti, sottolineando che questa posizione è del tutto sostenibile tagliando spese che vanno unicamente a favore della borghesia e dell’imperialismo, come la spesa militare. Tutti gli intervenuti hanno concordato che il CC e l’Ufficio politico, e di conseguenza l’intero Partito, escono fortemente rafforzati da questa Sessione. Molto importanti sono state le franche e oneste autocritiche pronunciate da alcuni compagni, dando peraltro modo al compagno Scuderi di ribadire che è normale avere dei dubbi, che vanno sciolti attraverso il confronto col Partito, attraverso le procedure corrette per risolvere le contraddizioni interne: prima di tutto, dialogando con l’Istanza superiore, senza decisioni emotive e impulsive. Il Segretario generale, con la modestia che lo contraddistingue, ha precisato che egli per primo deve fare delle ricerche e confrontarsi con i responsabili nazionali di settori sulle questioni che non ha molto chiare. La serie di interventi ha in altri casi sollecitato il compagno Scuderi a precisazioni o approfondimenti che hanno reso ancora più efficace e viva la riflessione collettiva. Come quando ha indicato che “nei nostri interventi orali e scritti ci sono tre cose che dobbiamo fare sempre, curare che essi abbiano la massima dialettica, argomentazione e documentazione. Sono tre passaggi fondamentali”. E che “per quanto riguarda la documentazione occorre cercare alla fonte i documenti ufficiali, utilizzando nel modo corretto Internet”. Anche il compagno Erne ha ripreso brevemente la parola per sottolineare in riferimento agli attacchi dell’Is su Kobane che noi sosteniamo la legittima richiesta dei curdi siriani di avere uno Stato autonomo e il diritto di autodeterminazione del popolo curdo; non possiamo però riconoscere in quella repubblica di Rojava quel modello di socialismo sbandierato da anarchici e trotzkisti, un “socialismo libertario”, che definisce la proprietà privata “intoccabile”. Nelle conclusioni il compagno Scuderi ha sottolineato nei ringraziamenti il contributo complessivo fornito dal compagno Erne, dagli interventi e anche dai dubbi sollevati con sincerità dai compagni che ha prodotto l’unità del CC sull’analisi della situazione internazionale e la linea di politica estera, una unità che dà una forza grandissima al Partito. Questa Sessione può essere considerata come una pietra miliare nella vita, unità, costruzione, sviluppo e formazione del gruppo dirigente del Partito. Un caloroso applauso ha chiuso questa parte dei lavori della giornata. Lavori che sono proseguiti con l’approvazione di una serie di provvedimenti tra i quali quello riguardante l’avvicendamento alla guida della Commissione per il lavoro di massa del CC. Il compagno Emanuele Sala, non più in grado di assolvere pienamente il suo incarico a causa della perdita totale della vista e dell’impossibilità del Partito di assegnargli un assistente politico, sarà sostituito come Responsabile della Commissione dal compagno Andrea Cammilli, il quale ha dato prova di avere le necessarie qualità ideologiche, politiche, dialettiche, organizzative e pratiche di dirigente operaio marxista-leninista e che ha già svolto il ruolo di primo collaboratore a supporto al compagno Sala. Il CC a nome dell’intero Partito ha tributato un sentito e commosso ringraziamento al compagno Sala per gli inestimabili contributi che ha dato sul fronte operaio e sindacale e nel lavoro di massa del PMLI e che potrà continuare a dare come autorevole membro della Commissione. Il CC ha nominato la Commissione per la stesura del Comunicato della 5ª Sessione plenaria e ha designato l’oratore della prossima commemorazione pubblica di Mao, che sarà tenuta dal compagno Scuderi sul tema “Da Marx a Mao”. Ha ringraziato un compagno che ha donato una statuetta con la riproduzione dell’opera di una artista sovietica che celebra la vittoria sul nazifascismo. La Sessione è terminata col canto de Il Sole Rosso e dell’Internazionale e le grida di “Viva Marx, viva Engels, viva Lenin, viva Stalin, viva Mao Zedong”. Un apprezzatissimo e ricco pranzo collettivo ha chiuso la rossa giornata. Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI e-mail [email protected] sito Internet http://www.pmli.it Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Editore: PMLI chiuso il 14/10/2015 ISSN: 0392-3886 ore 16,00 PMLI / il bolscevico 11 N. 38 - 22 ottobre 2015 La Commissione giovani del CC del PMLI si è riunita in seduta plenaria il 10 ottobre 2015 presso la Sede centrale del PMLI e de “Il Boslcevico” a Firenze per fare il punto sulla situazione giovanile in Italia e delineare i compiti del Partito sul fronte giovanile e studentesco a breve-medio termine, sulla base di una relazione presentata dal compagno Federico Picerni, Responsabile della Commissione. La relazione ha denunciato la situazione drammatica in cui vivono i giovani oggi in Italia, condannati al precariato dal “Jobs act”, e la fascistizzazione e aziendalizzazione della scuola pubblica ad opera della “riforma” Renzi-Giannini, facendo inoltre un quadro dell’attuale mobilitazione studentesca che appoggiamo e che ci auguriamo rivendicherà quel potere nelle scuole che spetta di diritto agli studenti. Riallacciandosi ai drammatici avvenimenti estivi che hanno visto giovani morti per droga, ha inoltre denunciato come la droga sia un mostro funzionale al capitalismo sia in termini di profitto, sia per inibire la Comunicato della riunione plenaria della Commissione giovani del CC del PMLI combattività dei giovani. La Commissione ha quindi tratto un bilancio critico e autocritico dell’attività svolta sin qui ed ha preso una serie di misure per passare ad una fase ancora più matura e avanzata del proprio lavoro, in particolare migliorando la divisione dei compiti al suo interno e la responsabilizzazione di ciascun membro, e mettendo pienamente in pratica i tre elementi per il successo del lavoro giovanile: la linea giovanile e studentesca; il lavoro della Commissione centrale giovani rispettando e sviluppando tale linea; l’impegno coerente e perseverante del Partito, a cominciare dai suoi giovani militanti, ad applicare la linea. Nell’interessante discussione seguita alla relazione, tutti i membri della Commissione si sono presi l’impegno a migliorare ulteriormente il loro lavoro collettivo, tenere sotto tiro i provvedimenti del governo e fare fuoco e fiamme soprattutto sui problemi dei giovani precari e disoccupati e degli studenti, intervenire con maggiore tempesti- vità, superare i propri limiti e studiare di più tutti quei punti sui quali sono maggiormente indietro. La Commissione ha sottolineato che considera “fondamentale” il compito di seguire, orientare e aiutare i giovani militanti e simpatizzanti nel loro lavoro studentesco, nonché di stimolare l’intero Partito a portare le nostre rivendicazioni fra le masse giovanili e studentesche. La riunione ha quindi approvato il Vademecum delle studentesse e degli studenti marxisti-leninisti, un tipo di documento inedito nella storia del PMLI. Come è stato detto nella relazione, è “un bellissimo lavoro collettivo dell’intero Partito visto che ci siamo avvalsi di tutta l’elaborazione fatta fin qui sulla linea studentesca”. Si tratta di “uno strumento utilissimo, snello, di facile consultazione per impostare correttamente il lavoro studentesco del Partito e singolarmente dei compagni che vi prendono parte diretta”. La Commissione invita l’intero Partito, a partire dalle studentesse e dagli studenti, a studiare, applicare e far applica- re le indicazioni contenute nel Vademecum Infine è stato stabilito il piano delle proprie future attività in ordine di priorità, sono stati assegnati i compiti a breve-medio termine e preparate alcune circolari interne al Partito. La Commissione Giovani ribadisce la necessità delle studentesse e degli studenti marxisti-leninisti, di lavorare assiduamente e in maniera continuativa all’interno della propria scuola e università, del movimento studentesco e di ricercare il contatto e il confronto con gi studenti, intervistandoli sui loro problemi. È necessario continuare a diffondere il volantino su “Mao e l’istruzione nel socialismo” e spronare tutti gli studenti e i giovani con cui siamo o veniamo a contatto a leggerlo e commentarlo. In questo quadro dobbiamo cercare di intervistare gli studenti davanti alle scuole, agli atenei e alle manifestazioni, magari preparando prima un breve questionario, chiedendogli quali sono i problemi che sentono maggiormente e stimolando la loro riflessione sulla “Buona scuola” e sul governo Renzi. La Commissione saluta con entusiasmo le manifestazioni studentesche svoltesi il giorno precedente 9 ottobre che, insieme a quelle del 2 ottobre, hanno registrato un grande successo, e appoggia con decisione la mobilitazione delle studentesse e degli studenti contro la “Buona scuola”. È un’occasione d’oro che non dobbiamo lasciarci sfuggire, e la Commissione pertanto ringrazia vivamente le compagne e i compagni che erano in piazza il 9 ottobre insieme agli studenti, talvolta in primissima fila. Dobbiamo perseverare nel lavoro di massa studentesco migliorandolo, realizzare esperienze modello del lavoro studentesco e conquistare più militanti e simpatizzanti studenti per aprirci le porte del movimento studentesco. La Commissione esprime inoltre solidarietà alle studentesse e agli studenti di Torino sgomberati dalle “forze dell’ordine” dallo stabile dell’ex gasometro Italgas che avevano occupato. A conclusione della riunione, la Commissione è stata ricevuta dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, il quale ha espresso la sua massima soddisfazione per i suoi risultati ed ha affermato di ritenerla una commissione modello, auspicando che continuerà su questa strada. Il compagno Scuderi ha quindi rivolto due preziose raccomandazioni ai membri della Commissione: “Tenere alto il livello del lavoro giornalistico, seguire l’attualità e intervenire tempestivamente”; “Continuare a guidare, seguire e ispirare e, se necessario, criticare le Istanze di base e in particolare i compagni studenti”, se non fanno bene il loro lavoro giovanile e studentesco. I compagni si sono impegnati a tenere a mente queste raccomandazioni, riflettere sul loro contenuto e metterle in pratica. La giornata si è conclusa nell’entusiasmo dei compagni, determinati a mettercela tutta per essere all’altezza delle aspettative dell’intero Partito. I MEDIA SULLA POSIZIONE DEL PMLI SU L’IS Quelli maggiori l’hanno ignorata. “Il Sole 24 ore” ha chiesto un’intervista a Scuderi o a un altro dirigente nazionale del PMLI, ma poi non si è fatto più vivo 12 il bolscevico / contro la “buona scuola” N. 38 - 22 ottobre 2015 60mila studenti in novanta piazze d’Italia gridano un forte no alla “buona scuola” Grande successo della seconda mobilitazione studentesca in una settimana. Puglisi responsabile scuola PD: gli studenti non devono essere pagati per lavorare. Qualificata e combattiva partecipazione del PMLI Costruire un movimento studentesco unitario contro renzi e la “buona scuola” Le studentesse e gli studenti non danno tregua al governo che ha fascistizzato la scuola pubblica e, ad appena una settimana dalla mobilitazione del 2 ottobre (vedi il numero scorso de “Il Bolscevico”), venerdì 9 ottobre sono scesi nuovamente nelle piazze e nelle strade di novanta città, in 60mila, per ribadire la loro opposizione alla “Buona scuola”. L’appello per questa nuova giornata era stato lanciato dalla Rete della Conoscenza, che raggruppa Unione degli Studenti e Coordinamento universitario “Link”, dietro lo slogan “Siamo in credito, vogliamo potere”. Vi hanno poi aderito anche la Rete degli studenti medi, sia pure con lo slogan “Another brick for the future” (un altro mattone per il futuro), l’Unione degli Univeristari e una miriade di collettivi. Anche la FLC-CGIL ha appoggiato la mobilitazione “per cambiare radicalmente la legge sulla brutta scuola”. Le manifestazioni e i temi La giornata si è aperta ancor prima dell’alba con un blitz degli studenti davanti al Ministero dell’Istruzione a Roma, ed è proseguita con un corteo di 5mila studenti dietro lo striscione “Riprendiamoci la scuola”. Nel mirino degli studenti c’era tutta la scuola come viene ridisegnata dalla legge 107, con i presidi-manager, la manodopera studentesca gratuita mascherata da “alternanza scuola-lavoro”, la cancellazione degli spazi democratici degli studenti. “Chiediamo il ritiro di questa riforma”, approvata “in modo totalmente antidemocratico e contro le ragioni di centinaia di migliaia di studenti, insegnanti, genitori e personale Ata”, e la costruzione di “una scuola democratica, gratuita, di qualità”, ma anche “un mercato del lavoro senza precarietà” e per questo “scenderemo Napoli, 9 ottobre 2015. Manifestazine degli studenti contro la “buona scuola” (foto Il Bolscevico) in piazza oggi e nei prossimi mesi”: queste le parole di Riccardo Laterza, portavoce della Rete della Conoscenza, a skuola.net. Al centro c’era anche la battaglia per il diritto allo studio, contro il nuovo calcolo ISEE e ISPE che nega le borse di studio a migliaia di studenti. “La buona scuola siamo noi”, “La scuola è nostra”, “Chiediamo il futuro, prendiamo il presente”, “Potere a chi studia”, “Siamo tutti antifascisti”, questi alcuni degli striscioni e degli slogan che hanno animato le manifestazioni, colorate, combattive e cariche di entusiasmo. Nel corso delle quali sono state anche imbrattate sedi di banche, come nel caso di Unicredit a Milano, nella stessa città i manifestanti (un migliaio) hanno circondato il consolato ungherese con filo spinato contro le politiche razziste del fascista Orban. L’accoglienza per i migranti è stata infatti un’altra richiesta degli studenti scesi in piazza il 9. (Si veda servizio a parte) A Torino gli studenti hanno occupato l’ex stabile Italgas per Modena Ottimo corteo organizzato dalla “Rete degli studenti medi”. Interesse tra gli studenti per la posizione del PMLI contro la “Buona scuola”. Censurata dai media l’intervista a Picerni Modena, 9 ottobre 2015. Il bel cartello del PMLI contro la “buona scuola” portato nel corteo studentesco dai compagni modenesi (foto Il Bolscevico) Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLI Anche a Modena, nell’ambito delle manifestazioni riguardanti la mobilitazione nazionale del 9 ottobre, il PMLI è sceso in piazza assieme agli studenti. La “Rete degli studenti medi”, organizzatrice dell’evento, è partita dall’autostazione attraversando Via Emilia protestare contro la privatizzazione delle residenze universitarie, venendo sgomberati con violenza dalle “forze dell’ordine”. A Bologna gli studenti sono tornati in piazza per nulla intimoriti dalle cariche del 2 ottobre, solidali anche col collettivo lgbt “Atlantide” sgomberato dalla giunta locale PD. Così come a Firenze (si veda servizio a parte) e Siena, dove è stata occupata la sede dell’Azienda regionale per il diritto allo studio. Ben due cortei a Napoli (si veda servizio a parte), dove gli studenti hanno anche manifestato contro la mafia, e a Palermo dietro lo striscione “Ribaltiamo il governo Renzi”. Duemila studenti a Bari gridavano: “contro la scuola dei padroni, dieci cento mille occupazioni”. Il PMLI, a cominciare dai suoi militanti e simpatizanti studentesse e studenti, fra cui si sono distinte le giovani compagne, era presente in diverse piazze, come illustrato nei servizi locali pubblicati a parte. Sono state diffuse migliaia di volantini su “Mao e l’istruzione nel socia- lismo” e con gli estratti dell’articolo “Vogliamo potere” (n. 36 de “Il Bolscevico” e sito del PMLI). A Roma la bandiera del PMLI è arrivata alla testa del corteo. A Modena una testata locale ha intervistato il compagno Federico Picerni, Responsabile della Commissione Giovani del PMLI, salvo poi censurarlo. Centro per arrivare in Piazza Grande dove si è tenuta un’assemblea pubblica. Pochi giorni prima la rete studentesca aveva manifestato proprio nell’autostazione, ritrovo di migliaia di studenti modenesi, contro il sovraffollamento dei mezzi pubblici e il caro prezzo degli abbonamenti, dopo il malore di una studentessa all’interno di una corriera. Al concentramento del corteo il compagno Federico Picerni, Responsabile della Commissione giovani del Comitato centrale del PMLI, è stato intervistato dalla Gazzetta di Modena, una delle più importanti testate giornalistiche locali, esponendo la posizione del Partito sulla “Buona scuola” e sul governo studentesco, ma l’intervista è stata censurata, sull’evento sono state spese poche parole e niente di più. I marxisti-leninisti modenesi sono stati altresì ben accettati dalle masse studentesche, esponendo durante il corteo il cartello “Per avere una ‘buona scuola’ occorre che essa sia governata dalle studentesse e dagli studenti”, diffondendo i volantini sul contributo del PMLI al dibattito studentesco “Vogliamo potere” e sul discorso del compagno Picerni tenuto alla commemorazione di Mao del 6 settembre a nome del CC del PMLI oltre alle copie stampate de “Il Bolscevico”. La stampa cartacea de “Il Bolscevico” segna un altro traguardo importante per l’Organizzazione modenese del PMLI che riesce autonomamente a produrle. Il corteo, come detto, è finito nella piazza principale dove durante l’assemblea pubblica le masse studentesche hanno denunciato giustamente e con rabbia il governo del nuovo duce Renzi con la sua legge 107, il caro prezzo dei libri e dei trasporti, la presenza della mafia, la distruzione della Costituzione e la presenza di un’Europa non democratica. Tutti temi importanti e significativi per le masse, ma a nostro giudizio non è abbastanza, perciò riteniamo che gli studenti, soprattutto quelli più avanzati, debbano andare a fondo dei problemi, specie sul capitalismo e le sue contraddizioni che generano tali problemi. Durante l’assemblea la presenza del PMLI è stata fondamentale e produttiva, segnaliamo l’interesse di molti studenti e soprattutto di uno che ci ha chiesto consigli su come affrontare le problematiche del nostro Paese per cambiare il sistema: Gli è stata esposta la linea combattiva del Partito e consigliato di leggere e studiare le sette indicazioni di Scuderi per il lavoro studentesco appena pubblicate su “Il Bolscevico”. Lo studente, come noi, denunciava la divisione dei movimenti studenteschi mentre le studentesse e gli studenti devono assolutamente compattarsi in un grande fronte unito per spazzare via il governo Renzi. Lavoriamo affinché le studentesse e gli studenti apprezzino ed applichino la linea del PMLI sull’istruzione e sul movimento studentesco! Il governo Renzi e il PD stanno con i padroni contro gli studenti Risposte molto eloquenti agli studenti da parte del governo sono state le manganellate a Bologna lo scorso 2 ottobre e lo sgombero di Torino, ma per non lasciare nulla al non detto, la ministra Giannini è intervenuta personalmente da Berlino, difendendo l’alternanza scuola-lavoro come “opportunità di crescita” e persino “approccio che ha salvato molti paesi, dopo la crisi, dalla disoccupazione giovanile drammatica”. Peccato lavorino gratis. La precedeva in termini ancora più espliciti e prepotenti la responsabile scuola del PD, Francesca Puglisi, secondo la quale “l’alternanza scuola-lavoro non è sfruttamento del lavoro minorile, ma una fondamentale esperienza formativa che i tutti i vostri coetanei d’Europa già compiono da tempo. Dovete essere pagati per fare questa esperienza? No (sic!), come non siete pagati per studiare. L’alternanza scuola-lavoro, più che un dovere, è un vostro diritto”. Bontà sua. Tra l’altro è significativo che entrambe abbiano difeso a spada tratta la manodopera gratuita consegnata alle imprese. Il punto è che Renzi, il suo governo e il suo partito non si vergognano di dire chiaro e tondo che stanno con i padroni e il grande capitale contro gli studenti. Costruire un movimento studentesco unitario e lottare contro il governo Renzi Non si può negare che nelle ultime mobilitazioni siano emerse delle contraddizioni, per esempio fra chi è sceso in piazza il 2 ottobre, soprattutto autonomi e centri sociali, e chi ha risposto all’appello delle organizzazioni studentesche per il 9, anche in questo caso però la Rete della Conoscenza e la Rete degli studenti erano divise, al punto da presentarsi con piattaforme differenti. Allo stesso tempo però c’erano tanti, importanti e giganteschi punti in comune, prima di tutto l’opposizione netta e decisa alla “Buona scuola” e a tutto ciò che essa comporta, soprattutto la cancellazione degli spazi democratici degli studenti, un tema quest’ultimo molto sentito da tutte le piazze e che probabilmente aprirà una proficua discussione sul governo della scuola e dell’università, governo che secondo noi deve appartenere alle studentesse e agli studenti. È su questi punti in comune che bisogna fare perno per creare un movimento studentesco unitario, che si batta senza tregua contro le politiche di fascistizzazione, aziendalizzazione e privatizzazione della scuola e dell’università e contro il governo che le ha partorite, quello del nuovo duce Renzi. Ma per far nascere un movimento studentesco unitario, è necessario mobilitare la base, cioè le larghe masse studentesche, discutere dal basso sulle iniziative, sulle date e le modalità delle mobilitazioni per poterne mettere in campo di unitarie e forti, non frazionate e quindi divise e deboli. Ma non solo, va anche discussa una linea politica, programmatica e rivendicativa comune, che ora manca, e infatti il movimento studentesco risente moltissimo dell’assenza di una direzione chiara e condivisa. Il rischio concreto è di bruciare le energie, lasciare l’iniziatva al governo e non riuscire a mettersi sull’offensiva, che è un’esigenza sentita da tutte le forze studentesche in campo. Come? La nostra proposta è dare vita alle assemblee generali delle studentesse e degli studenti in ogni scuola e ateneo, inteso come luogo dove confrontarsi sugli indirizzi politici, programmatici, organizzativi, i metodi e le iniziative di lotta in modo da raggiungere la massima intesa possibile. Le proposte, le piattaforme, le decisioni e i documenti delle assemblee generali di scuola ed ateneo potrebbero poi essere messe a confronto in assemblee regionali e nazionali. Le divisioni, il frazionismo, il settarismo non portano a nulla di buono, anzi fanno il gioco del governo, mentre l’unità di tutte le studentesse e di tutti gli studenti fondata su una linea comune e discussa democraticamente e sull’autonomia delle rispettive forze organizzate, può portare veramente a conquiste e alla vittoria di una battaglia così essenziale per il presente e il futuro dell’istruzione pubblica in Italia. Così veramente ogni scuola potrà essere una barricata e l’autunno potrà farsi infiammarsi. Rimini Denunciati in piazza i problemi generali e quelli specifici degli studenti. Volantinaggio del PMLI Rimini, 9 ottobre 2015 (foto Il Bolscevico) Dal corrispondente dell’Organizzazione di Gabicce Mare del PMLI Venerdì 9 ottobre, nell’ambito degli scioperi studenteschi indetti dall’UDS e da altre organizzazioni, si è svolta la manifestazione degli studenti medi a Rimini. Il concentramento si è svolto nella piazza antistante il liceo scientifico “A. Einstein”. Il corteo è partito dietro lo striscione “Per una scuola libera accessibile e solidale, vogliamo potere”. Tanti gli slogan contro la “Buona scuola”, e anche i problemi più immediati che affliggono le scuole (tasse extra da pagare sotto ricatto, insufficienza dei servizi igenici o edifici inadeguati, ecc.). La presenza delle “forze dell’ordine” era veramente esagerata, ad un certo punto il prefetto ha deciso di modificare il percorso prestabilito non lasciando passare il corteo per le vie del centro, così facendo innervosire i partecipanti. Il PMLI era presente e ha diffuso i volantini “Vogliamo potere” nonché quelli con l’invito a leggere e commentare il discorso del compagno Federico Picerni, fatto a nome del CC del PMLI alla recente commemorazione di Mao sul tema “Mao e l’istruzione nel socialismo”. Al termine a piazza Cavour si è tenuta un’assemblea pubblica in cui hanno preso parte anche passanti interessati. contro la “buona scuola” / il bolscevico 13 N. 38 - 22 ottobre 2015 Firenze Riuscita manifestazione. Ampia diffusione de “Il Bolscevico” e dei volantini del PMLI, che intervista e ascolta gli studenti in piazza Consensi alla parola d’ordine sulla scuola governata dalle studentesse e dagli studenti Milano Studenti medi e universitari uniti nella lotta. Solidarietà ai migranti. Largo volantinaggio del PMLI Il Tg regionale della rai intervista un militante del PMli vostra opinione su ‘Mao e l’istruzione nel socialismo’”. Durante il corteo abbiamo sfilato per lo più dietro il cartellone con su scritto “riprendiamoci i saperi, ribaltiamo quest’Europa” rilanciato le parole d’ordine del PMLI contro la buona scuola ed il governo Renzi, partecipando anche ai vari canti come “Bella ciao”, “Bandiera rossa”, “Fischia il vento” direttamente dal megafono di uno degli istituti presenti. Il corteo, dinamico e combattivo, ha dimostrato come la maggior parte degli studenti si identifichino con la lotta contro la “Buona scuola” del governo del nuovo duce Renzi, soprattutto in senso antifascista, ripetendo a più riprese lo slogan “Siamo tutti antifascisti”. Una manifestazione dunque positiva, che ci vedrà ancora presenti e combattivi nei prossimi appuntamenti. Napoli Manifestazioni partecipate e combattive. Riuscito volantinaggio del PMLI Firenze, 9 ottobre 2015 (foto Il Bolscevico) Redazione di Firenze La giornata di mobilitazione studentesca organizzata dalla rete degli studenti medi e SIM (studenti in movimento), contro la controriforma della “Buona scuola” del nuovo duce Renzi e del ministro della pubblica istruzione Giannini è stata coronata da pieno successo. Circa 1.500 studentesse e studenti medi si sono ritrovati al concentramento in Piazza S. Marco da dove è partito il corteo. Presenti anche gli universitari dell’UDU e degli Studenti di sinistra. Tra i diversi striscioni leggevamo “La vera buona scuola boccia Renzi” che era quello di testa del corteo, “Gli studenti non sono del mercato. Vogliamo la scuola dello Stato”, “State sereni tanto non avete futuro”, “Arrenditi la buona scuola non ci toglie la parola”, “Chi è senza futuro scagli la prima pietra”. E’ stato combattivo il corteo, oltre agli slogan per la scuola e l’università pubbliche è stata cantata “Bella ciao”. Abbiamo chiesto il parere ad alcuni studenti sulla controriforma scolastica e sulle parole d’ordine del PMLI che definiscono Renzi il nuovo duce e sul governo della scuola da parte delle studentesse e degli studenti. Ecco le risposte. Tara dell’Elsa Morante di Firenze: “Manifesto perché la scuola dev’essere pubblica e non va tolto il diritto all’istruzione a nessuno. Ci sono dei costi molto elevati che pagano maggiormente gli studenti appartenenti alle classi sociali più basse. Bisogna combattere il tentativo di privatizzare e aziendalizzare la scuola”. Anna dell’Elsa Morante attacca “le conseguenze della riforma della scuola e le altre riforme dei servizi pubblici che non portano altro che alla diminuzione del diritto allo studio, del lavoro, dell’assistenza sanitaria, in funzione sempre di una tutela dei privati e del capitale. Quando invece il diritto allo studio, al lavoro, alle cure dovrebbe essere pubblico e gratuito”. Per Vanessa del Volta Gobetti la riforma “estromette di fatto gli studenti dagli organi decisionali della scuola. Non viene data la possibilità agli studenti di decidere su niente, nemmeno di fronte ad insegnanti abulici e a volte incompetenti e succubi del sistema, e di ribellarsi di fronte alla quasi schiavizzazione che la scuola-lavoro offre nel periodo scolastico e alla riforma del lavoro per il futuro, che sono sempre negli interessi dei privati sfruttatori. Sarebbe giusto a partire dalla scuola-lavoro avere uno stipendio tutelato”. Per Matheos del Volta Gobetti “i presidi con la ‘Buona scuola’ pensano solo ai propri interessi non occupandosi degli interessi veri degli studenti e dei lavoratori. La gestione della scuola da parte degli studenti si può fare con gente veramente capace. Renzi è solo uno che fa i propri interessi e quelli dei ricchi”. Per Francesco, sempre del Volta Gobetti di Bagno a Ripoli, “la riforma ha ulteriormente precarizzato la scuola e il suo personale. Sono d’accordo che Renzi reincarni la figura del nuovo duce, fa solo gli interessi di banche e multinazionali, di privati in generale a scapito dei diritti pubblici, scuola, sanità trasporti. Sarebbe un sogno che gli studenti e le studentesse riuscissero a governare le scuole a discapito di un ruolo subalterno agli interessi privati della scuola”. Categorici e risoluti Francesco e Marta dell’Enriques di Castelfiorentino: “No ai presidi dittatore e manager, no ai finanziamenti alle scuole private. Renzi è un burattino di banche e multinazionali che dettano le regole economiche a distruggere tutto quello che è pubblico. Gli studenti dovrebbero governare la scuola, una scuola più democratica e non autoritaria. Occorre controllare le spese gestionali dei presidi manager. La scuola lavoro oggi serve solo a sfruttamento e non a una vera formazione, sempre in favore dei profitti dei privati come il Jobs Act”. Come PMLI erano presenti militanti e simpatizzanti di Firenze, del Mugello, della Val di Sieve e del Valdarno. I compagni avevano nei “corpetti” la locandina con la parola d’ordine “Per avere una ‘buona scuola’ occorre che essa sia governata dalle studentesse e dagli studenti”. Parola d’ordine che, sia da alcune affermazioni dei ragazzi raccolte durante la diffusione che nelle mini interviste sopra riportate, ha riscontrato un bel consenso tra gli studenti più avanzati e informati. Diffuso il volantino bifacciale con l’articolo de Il Bolscevico numero 36 dal titolo “Vogliamo potere” a firma della Commissione giovani del CC e con l’invito a leggere ed esprimere la propria opinione sull’importante discorso “Mao e l’istruzione nel socialismo” pronunciato dal compagno Federico Picerni alla commemorazione di Mao a nome del CC del PMLI. Distribuite più di 500 copie accolte con interesse dagli studenti. Uno studente del Gramsci ne ha volute un po’ di copie per darle ai suoi compagni. Alcuni commenti: “Grandioso, io sono comunista!”, “Ganzo il volantino ‘Vogliamo potere’!”. Un altro studente ha definito la locandina del PMLI “Perfetta”. In un paio di casi abbiamo discusso con studenti che hanno simpatia per il Movimento 5 stelle. Sono state diffuse anche diverse copie de “Il Bolscevico” n 33/2015 cartaceo dedicato alla commemorazione di Mao citata. In generale è emerso che gli studenti si sono resi conto della portata controriformatrice della “Buona scuola” mentre devono ancora prendere coscienza pienamente della natura neofascista del governo del nuovo duce Renzi, che va spazzato via attraverso la mobilitazione di piazza. Da denunciare l’esagerata presenza di polizia, il governo del nuovo duce Renzi e del gerarca Alfano vogliono creare un clima repressivo attorno alla battaglia degli studenti contro la “Buona scuola”. Alcuni dei compagni presenti al corteo e facenti capo alle Organizzazioni di Rufina e di Vicchio del Mugello del Partito nei giorni precedenti, mercoledi 7 e giovedi 8 ottobre, sono stati impegnati nella diffusione dello stesso volantino all’Istituto Balducci di Pontassieve, dove insegna la crumira moglie di Renzi Agnese Landini, al liceo Giotto Ulivi e al professionale Chini di Borgo San Lorenzo, raccogliendo anche in questo caso interesse tra le studentesse e gli studenti. Milano, 9 ottobre 2015 (foto Il Bolscevico) vane compagno ha rilasciato un’inRedazione di Milano tervista al Tg regionale della Rai in A centinaia sono scesi in piazza cui ha spiegato in sintesi la rivengli studenti medi ed universitari di dicazione del PMLI di una scuola Milano e provincia per il corteo mipubblica, gratuita e governata dalle lanese della grande mobilitazione studentesse e dagli studenti tramite studentesca nazionale del 9 ottobre la democrazia diretta delle Assemche è partito da Largo Cairoli dove blee generali che devono essere fin i manifestanti hanno acceso fumod’ora lo strumento di organizzaziogeni e appeso uno striscione alla ne della mobilitazione che unisce statua equestre di Garibaldi con la la lotta della maggioranza studenscritta “No free Jobs la scuola non tesca con quella degli insegnanti è un’azienda”. e dei lavoratori Ata l’affossamento Tra gli studenti era attiva la della controriformatrice “Buona squadra di propaganda della linea scuola” della ministra Giannini e per studentesca marxista-leninista la cacciata del governo del nuovo composta da giovani militanti e duce Renzi. Rilanciando la ferma simpatizzanti della Cellula “Mao” posizione per l’abrogazione del di Milano del PMLI che ha diffuso Jobs Act, il compagno ha ribadito centinaia di copie di un volantino la rivendicazione marxista-leninista riportante il contributo dei marxistidel lavoro stabile, a salario intero, a leninisti al dibattito studentesco su tempo pieno e sindacalmente tuteun’importante parola d’ordine della lato criticando quella fuorviante del Rete della Conoscenza dal titolo: “reddito di cittadinanza”. L’intervi“Vogliamo potere”, e sul retro l’insta è stata parzialmente trasmessa vito a leggere e a scrivere un’opinel Tgr lombardo delle ore 14. nione sul discorso del compagno Il compagno intervistato ha atFederico Picerni a nome del CC del tratto la curiosità di vari studenti PMLI all’ultima Commemorazione che hanno ulteriormente “intervidi Mao. In corteo i nostri compagni stato” il nostro compagno su vari hanno tenuto alte le bandiere del temi inerenti non solo la linea poPartito. litica studentesca ma anche quelGli studenti scesi in piazza si la sui tempi di politica nazionale, sono espressi contro la “Buona internazionale e storica (socialismo scuola” per “la sua idea di connell’Urss di Lenin e Stalin e nella sultazione e partecipazione inesiCina di Mao). stente, la continua diminuzione dei I manifestanti hanno anche didiritti di studenti e insegnanti e le mostrato la loro contrarietà alla ‘migrazioni’ forzate di questi ultimi, decisione del governo ungherese gli incentivi alle scuole private e ai capeggiato da Orban di costruire privati nel sostituirsi al pubblico un gigantesco muro lungo i confini nel finanziamento dell’Istruzione”. con Serbia e Romania per impedi“Un’istruzione gratuita e un sapere re ai rifugiati di transitare e dirigersi accessibile a tutti, la promozione verso l’Europa del Nord. Gli studendi uno ‘statuto delle studentesse e ti, infatti, giunti davanti al consolato degli studenti in stage’ e per l’istituungherese hanno srotolato uno strizione di un finanziamento strutturascione con lo slogan “Free borders” le in istruzione in legge di stabilità”: ossia “Frontiere aperte“. è quanto richiesto dagli studenti in lotta. Durante il corteo un nostro gio- Roma Buona diffusione del PMLI. Gli studenti di un istituto mettono il loro megafono a disposizione dei militanti del Partito per lanciare insieme a loro le parole d’ordine del PMLI Roma, 9 ottobre 2015 (foto Il Bolscevico) Il corteo si è concentrato in una Dal corrispondente della gremita piazza della Repubblica, in Cellula “Rivoluzione circa 3.000 gli studenti organizzati d’Ottobre” di Roma secondo gli istituti, scuole e licei di Nella mattinata di venerdì 9 otprovenienza. tobre la Cellula “Rivoluzione d’OtIn questa fase si è svolta l’opetobre” di Roma del PMLI, insieme razione di volantinaggio da parte all’Organizzazione di Civitavecchia dei compagni del PMLI, che sono del Partito ha partecipato alla maniriusciti a distribuire circa 500 copie festazione che ha visto protagonisti dei volantini dal titolo “Vogliamo gli studenti medi e superiori della potere” e “Leggete ed esprimete la capitale. Napoli, 9 ottobre 2015. Uno studente mostra “Il Bolscevico” con il discorso di Picerni “Mao e l’istruzione nel socialismo” (foto Il Bolscevico) Dal corrispondente della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli Il 9 ottobre studentesse e studenti partenopei sono scesi in piazza per inaugurare un autunno caldo di lotta contro la “riforma” appena approvata dal governo del nuovo duce Renzi sulla “Buona scuola”. La controriforma, infatti, prevede che da quest’anno gli studenti dovranno dedicare 200 o 400 ore del loro tempo al lavoro gratuito all’interno di aziende private, che richiedono per l’appunto mano d’opera gratuita in cambio dei fondi donati alle singole scuole. Fin dal varo di questa legge noi marxisti-leninisti lo abbiamo denunciato come una totale precarizzazione del mondo del lavoro, già martoriato dal Jobs Act. Per far conoscere la nostra posizione, la Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI guidata dal compagno Andrea è stata presente in piazza diffondendo centinaia di volantini che riportavano il preziosissimo articolo “Vogliamo potere”, accompagnato da alcune copie cartacee de Il Bolscevico, il numero uscito in occasione della commemorazione di Mao, sul discorso del compagno Federico Picerni, pronunciato a nome del CC del PMLI, “Mao e l’istruzione nel socialismo”. I compagni hanno sfilato in corteo con uno dei due proclamati in città, per la precisione con lo spezzone che vedeva il suo concentra- mento in piazza del Gesù poi conclusosi in via Guglielmo Sanfelice, all’altezza delle poste centrali. Forte e combattiva la partecipazione dei 5mila studenti e studentesse provenienti dalle scuole del centro e dei quartieri popolari che hanno gridato slogan contro il governo Renzi e della “Buona scuola” del ministro Giannini. Ai cori di protesta si sono aggiunti gli striscioni che contenevano frasi del tipo: “Renzi attacca, la scuola risponde”, “la scuola nostra non è dei padroni”, “se la normalità è essere uccisi e sfruttati a 16 anni “je so pazz” (io sono pazzo). Altrettanto combattivo e partecipato è stato lo spezzone partito da piazza Mancini e poi conclusosi al Rione Sanità, e che ha visto, oltre alla protesta contro la “riforma” anche il ricordo commosso di Genny Cesarano il diciassettenne qui ucciso in una sparatoria il mese scorso, cui sono seguiti slogan anticamorra. A Napoli forte e chiaro è il segnale dato dalle masse studentesche, che sono scese in piazza e non sono rimaste passive davanti alle politiche antipopolari di Renzi e del suo nero esecutivo. Il PMLI sarà sempre in prima linea ad appoggiare a tutto spiano la lotta studentesca, sostenendo che solo la lotta di classe, la rivoluzione e la conquista del potere politico da parte del proletariato porteranno ad una reale e concreta radicale alternativa. Catania 5.000 in piazza per dire no alla “Buona scuola”. Il PMLI distribuisce centinaia di volantini Dal corrispondente dell’Organizzazione di Caltagirone del PMLI Una folla di circa 5.000 studenti degli istituti superiori e delle università catanesi è scesa in piazza lo scorso 9 ottobre per dire ancora una volta NO alla “Buona scuola” del governo Renzi. Compagne e compagni dell’Orga-nizzazione di Caltagirone e della Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI erano tra loro a dare un tocco di rosso al corteo, accolti con piacere dagli studenti. I compagni hanno distribuito il volantino “Vogliamo potere” della Commissione giovani ed il volantino della scorsa commemorazione di Mao. Centinaia di volantini del nostro Partito sono giunti, dunque, nelle mani di studenti combattivi che lottano contro la privatizzazione, i nuovi poteri dei presidi e il degrado dell’edilizia scolastica. Per tutto il corteo si sentivano canti di lotta e si scorgevano cartelloni e manifesti con cui studentesse e studenti volevano rivendicare il proprio diritto di autogovernarsi, tanto che in uno dei manifesti più grandi si leggeva chiaramente: “La scuola è nostra, non di chi governa”. Il lungo corteo ha attraversato la centrale via Etnea per concludersi di fronte al comune di Catania, dove simbolicamente sono stati portati cumuli di macerie della scuola italiana, per ricordare alle istituzioni borghesi quali sono le condizioni in cui gli studenti sono costretti a studiare. L’atto simbolico è stato seguito da un’assemblea pubblica in cui gli studenti intervenuti hanno denunciato le carenze della scuola pubblica e lo stretto legame tra scuola e capitalismo: l’obbiettivo dei borghesi, infatti, è quello di creare forza-lavoro gratuita tramite l’alternanza scuola-lavoro e di creare una nuova generazione di lavoratori sfruttati per un futuro prossimo. Il prossimo appuntamento, adesso, è di nuovo in piazza perché non finisce qui: si continuerà a lottare con tutte le forze a disposizione affinché la scuola venga tolta dalle mani rapaci delle istituzioni borghesi e diventi gratuita, veramente pubblica e sia governata dalle studentesse e dagli studenti, come vuole il PMLI. 14 il bolscevico / controriforma del senato N. 38 - 22 ottobre 2015 Cancellato il Senato della prima Repubblica democratica borghese. Varato il Senato della repubblica neofascista, piduista, presidenzialista e interventista Uniamoci per la vittoria del No al referendum Il 13 ottobre, con 179 sì, 16 no e 7 astensioni, in un’aula del Senato semivuota per l’uscita di tutti i partiti di opposizione - M5S, FI Lega e (solo parzialmente) SEL, che così ha evitato di votare No - il governo si è approvato la controriforma costituzionale che cancella il Senato della prima Repubblica democratica borghese, completando così l’affossamento definitivo della Costituzione del 1948 come prescritto nel piano della P2 di Gelli, già iniziato da Craxi e portato avanti da Berlusconi, e adesso portato a compimento dal nuovo duce Renzi. Nasce il Senato della repubblica neofascista, piduista, presidenzialista e interventista, con l’abolizione del bicameralismo perfetto, pilastro della forma parlamentare della Repubblica che assicurava il controllo reciproco tra le due Camere, e la trasformazione del Senato di 315 rappresentanti in una camera di 100 membri, di fatto non più eletti a suffragio universale ma nominati dall’alto, di cui 5 dal capo dello Stato e 95 dalle segreterie dei partiti maggioritari scegliendoli tra i governatori regionali (in numero di 74) e i sindaci (21). Senza potere legislativo, se non su provvedimenti di interesse regionale e costituzionale e poco altro, e senza più alcun potere di controllo sul governo, dato che il nuovo Senato non voterà la fiducia e potrà solo esprimere pareri non vincolanti sulle leggi approvate dalla Camera. Non potrà neppure pronunciarsi sulla dichiarazione di guerra, che ora potrà essere votata dalla sola Camera! In compenso i governatori e i neopodestà nominati senatori godranno ancora dell’immunità parlamentare, cosicché il salvataggio dei politici corrotti resterà assicurato come adesso. Inoltre la Camera dei deputati, di fatto unico organo rimasto a legiferare e a votare la fiducia al governo, e a mantenere gli attuali 630 seggi, sarà tenuta a garantire l’approvazione “a data certa” ai provvedimenti giudicati dal governo “essenziali per l’attuazione del programma”: in pratica con l’obbligo di approvarli o respingerli entro 70 giorni, “senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale”. E’ chiaro che un meccanismo simile sovverte radicalmente l’equilibrio tra i poteri istituzionali disegnato nella Carta del ‘48, riducendo drasticamente il potere del parlamento e aumentando di conseguenza quello del governo e del presidente del Consiglio in particolare, sancendo con ciò una trasformazione surrettizia della repubblica parlamentare in repubblica presidenziale, nella forma del premierato. Grazie a tutto ciò e al meccanismo perverso dell’Italicum, un “fascistissimum” peggiore del porcellum e della stessa legge Acerbo di mussoliniana memoria, infatti, un singolo partito (cioè di fatto il suo leader) che controlli anche solo il 20% dell’elettorato può arrivare a controllare la maggioranza assoluta della Camera, avendo perciò la fiducia assicurata per il suo governo e la via libera ai suoi provvedimenti per tutta la legislatura. Che cos’è questo se non un regime presidenziale di fatto nella forma di premierato travestito da repubblica parlamentare? Poteri mussoliniani per il premier Il potere legislativo ridotto a una sola camera e con ulteriori limitazioni, e l’altra camera nominata dai partiti, senza potere legislativo e di controllo, ma che partecipa all’elezione del capo dello Stato, dei giudici costituzionali e del Consiglio superiore della magistratura, consentirà al candidato premier vincente non soltanto di garantirsi la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e di scegliersi i senatori, ma anche di nominare il presidente della Repubblica, di controllare 10 dei 15 giudici della Corte costituzionale (5 nominati dal capo dello Stato e 5 dal parlamento, di cui 3 dalla Camera e 2 dal Senato), e di assoggettare il Csm, tramite un terzo di consiglieri e il vicepresidente nominati dal parlamento, più il presidente che poi è lo stesso capo dello Stato. Per l’elezione di quest’ultimo parteciperanno solo i 730 parlamentari e non più anche i delegati regionali, e serviranno i 3/5 dei votanti dalla settima votazione in poi. Apparentemente sembrerebbe una maggiore garanzia democratica, dato che finora bastava la maggioranza assoluta alla quarta votazione. Ma siccome si tratta dei 3/5 dei votanti e non degli aventi diritto, in realtà, in mancanza di accordo tra i partiti, e in presenza perciò di molte astensioni, può tornare utile al partito vincente pigliatutto. Se a tutto questo aggiungiamo anche la riduzione dei diritti democratici ed elettorali borghesi dovuta all’abolizione delle Province, che taglia ulteriormente la rappresentanza politica per le masse già decurtata del Senato, e le nuove soglie di sbarramento per i referendum abrogativi e per le leggi di iniziativa popolare, le cui firme da raccogliere sono state aumentate rispettivamente da 500 mila a 800 mila e da 50 mila a 150 mila, non si fa fatica a capire che nel complesso si tratta di poteri affidati ad un presidente del Consiglio che non hanno precedenti nella storia dell’Unità d’Italia, tranne nel caso di Mussolini. Comunicato stampa Il PMLI boccia il Senato della repubblica neofascista, piduista, presidenzialista e interventista Il 13 ottobre, con l’approvazione della controriforma costituzionale che cancella il Senato della prima Repubblica democratica borghese, si completa l’affossamento definitivo della Costituzione del 1948 come prescritto nel piano della P2 di Gelli, già iniziato da Craxi e portato avanti da Berlusconi, e adesso portato a compimento dal nuovo duce Renzi. Il quale lo ha imposto con arroganza e metodi fascisti in un Senato militarizzato dal presidente Grasso, con l’aiuto del pregiudicato Berlusconi e con i voti del plurinquisito Verdini, e grazie anche alla complicità dell’imbelle e capitolarda sinistra del PD. Con l’abolizione del bicameralismo perfetto, pilastro della forma parlamentare della Repubblica precedente che assicurava il controllo reciproco tra le due Camere, e la trasformazione del Senato di 315 rappresentanti in una camera di 100 membri nominati dall’alto, di cui 5 dal Capo dello Stato e 95 dalle segreterie dei partiti maggioritari scegliendoli tra i governatori regionali e i sindaci, nasce il Senato della repubblica neofascista, piduista, presidenzialista e interventista. È chiaro che, come hanno denunciato anche molti autorevoli giuristi e costituzionalisti democratici e antifascisti, un tale meccanismo, specie in combinazione con la legge elettorale fascista ultra maggioritaria “Italicum”, sovverte radicalmente l’equilibrio tra i poteri istituzionali democratico borghesi disegnato nella Carta del ‘48, riducendo drasticamente il potere del parlamento e aumentando di conseguenza quello del governo, e sancisce una trasformazione surrettizia della repubblica parlamentare in repubblica presidenziale, nella forma del premierato. Assegnando con ciò al presidente del Consiglio poteri straordinari che non hanno precedenti nella storia dell’Unità d’Italia, tranne la dittatura fascista di Mussolini. Il miglior modo per affossare tale controriforma e la legge elettorale Italicum “fascistissimum” è quello di lottare tutti uniti per buttare giù al più presto il governo Renzi. Cacciarlo via prima che riesca a fare tabula rasa dell’intera sovrastruttura democratica del capitalismo borghese nonché di tutti i diritti e le conquiste dei lavoratori e delle masse popolari italiane che sta demolendo giorno dopo giorno. L’Ufficio stampa del PMLI Firenze 13 ottobre 2015 Senato ai comandi di Boschi e Grasso A tutto ciò va aggiunto anche il modo arrogante e fascista con cui questa “riforma” è stata imposta al parlamento. Si presuppone che per manomettere ben 40 articoli della Costituzione occorra quantomeno un parlamento legalmente eletto e un largo consenso tra le sue componenti politiche. Invece ciò è stato fatto incredibilmente da un parlamento di nominati, zeppo come non mai di corrotti e inquisiti, eletti con una legge dichiarata anticostituzionale dalla Consulta, e forzando fino all’abuso i regolamenti parlamentari da parte della maggioranza per zittire ogni opposizione. Con il presidente del Senato Grasso che si è messo docilmente al servizio del governo, non vergognandosi nemmeno di consultarsi direttamente con la ministra Boschi, per sterminare migliaia di emendamenti col ricorso massiccio a “tagliole”, “canguri” e mille altri artifici procedurali, pur di arrivare ad approvare il provvedimento entro i ristretti tempi già stabiliti in partenza. Il massimo dell’indecenza si è raggiunto sull’articolo 1, quando per abolire tutta una serie di votazioni a scrutinio segreto Grasso ha ammesso un maxiemendamento presentato come prestanome dal PD Cocianchic (un ex capo scout di Renzi), ma scritto direttamente dalla segretaria di Palazzo Chigi. Per non parlare della dozzina di voti del gruppo ALA del plurinquisito e massone Verdini, grande amico di vecchia data della famiglia Renzi, che sono stati utilissimi, e in alcuni casi provvidenziali, per aiutare la maggioranza a bocciare gli emendamenti dell’opposizione nelle votazioni a scrutinio segreto. Voti ben accetti e che “non puzzano”, come ha dichiarato il PD Giachetti, nonostante che due senatori verdiniani fossero appena stati censurati per aver rivolto insulti osceni a senatrici del M5S. Del resto lo stesso Renzi ha ammesso di gradire i voti di Verdini (“non è il mostro di Lochness”, ha dichiarato a La Repubblica) e ha sempre difeso il suo diritto di partecipare al “processo costituente”, infischiandosene altamente delle proteste della sinistra del suo partito. In ogni caso i voti di Verdini gli sono serviti da deterrente per scoraggiare in partenza ogni eventuale tentativo della minoranza interna di rompere il patto raggiunto in Direzione e rialzare la testa in parlamento. Non a caso un senatore verdiniano, nella votazione finale, ha rivendicato da Renzi il riconoscimento di questo sporco ruolo, dichiarando che “Se è la volta buona dipende anche da noi”. L’opposizione di facciata di Berlusconi e la resa della sinistra PD Anche Berlusconi, dimostrando che il patto del Nazareno da cui è nata questa controriforma piduista non è mai morto, ha dato una mano di sottobanco a Renzi per farla passare, arrivando in suo soccorso con i suoi voti per bocciare un emendamento della minoranza PD che chiedeva il voto a maggioranza assoluta anziché semplice da parte della Camera sulla dichiarazione di guerra. La sua “opposizione” al ddl Boschi, con tanto di uscita dall’aula nella votazione finale è puramente strumentale, per non pregiudicarsi le trattative in corso sull’alleanza con il caporione leghista Salvini, e in questo quadro l’uscita di Verdini da Forza Italia appare come una mossa concordata per continuare il patto del Nazareno per interposta persona. D’altra parte il pregiudicato di Arcore non può nemmeno fare troppo il duro con Renzi, che gli sta sfilando un parlamentare dopo l’altro con una sfacciata compravendita che si è vista anche nella votazione finale, con due senatori di Forza Italia che sono rimasti in aula per votare sì al provvedimento. Non ha voluto mancare la solenne occasione neanche il rinnegato Napolitano, intervenuto sotto gli applausi scroscianti di tutto il PD e complimentato personalmente anche da Verdini, per rivendicare di essere anche lui uno dei padri della controriforma fascista e piduista, ruolo che del resto la Boschi gli ha riconosciuto pubblicamente. Ma in ultima analisi è la sinistra PD che porta la responsabilità di aver permesso che si compisse questo golpe anticostituzionale, accettando il patto offerto in Direzione da Renzi, i suoi voti in cambio di un piatto di lenticchie. Dopo aver già votato supinamente il provvedimento per ben due volte dichiarando di rimandare la battaglia a questo passaggio decisivo in Senato, e dopo aver minacciato “il Vietnam” parlamentare fino alla vigilia della discussione in aula, rivendicando l’elezione diretta dei nuovi senatori, bersaniani, cuperliani, prodiani e compagnia bella si sono accucciati per l’ennesima volta al nuovo duce in cambio di qualche ritocco formale a un paio di articoli, che non cambiano di una virgola l’impianto fascista e piduista della controriforma Renzi-Boschi: in pratica, tutto quello che hanno ottenuto è l’aggiunta di una frasetta nebulosa che lega la nomina dei senatori da parte dei Consigli regionali alla “conformità” al voto espresso dagli elettori nell’elezione dei Consigli stessi. Più l’innalzamento a 3/5 dei votanti del quorum per eleggere il capo dello Stato, che come abbiamo già detto è un’arma a doppio taglio. Con ciò questi rinnegati hanno dimostrato ancora una volta che l’unica cosa che loro interessa non è la difesa della Costituzione e delle libertà democratiche che tanto sbandierano, bensì la poltrona parlamentare e un minimo di spazio condominiale all’interno del PD renziano. Arrivando addirittura a rivendicare adesso il loro contributo al “successo” della controriforma piduista, come ha fatto Bersani saltando incredibilmente sul carro di Renzi con questa dichiarazione a commento del voto finale: “Evitiamo le polemiche interne, almeno in questo momento. Tutto il PD ha fatto un grande lavoro e dev’esserne orgoglioso. Oggi è il giorno del PD pride”. Soddisfatte “le cancellerie e i mercati” Con la capitolazione della sinistra PD, i voti di Verdini e all’occorrenza quelli di sottobanco di Berlusconi, il cammino finale della controriforma in parlamento sarà una passeggiata per Renzi. Mancano infatti un’altra lettura alla Camera di ratifica delle poche modifiche fatte al Senato, e poi, passati tre mesi, altre due letture alla Camera e al Senato, ma sul testo finale blindato che sarà approvato senza ulteriori modifiche a maggioranza assoluta, che a questo punto appare scontata. Per poi essere sottoposto a referendum confermativo presumibilmente ad ottobre 2016 (al quale il PMLI invita a votare No), dopodiché, se vincesse il sì, il Senato della Repubblica democratica borghese verrebbe definitivamente cancellato e sostituito dal Senato della repubblica neofascista, piduista, presidenziale e interventista. É quello che chiedeva la banca americana JP Morgan in un documento del 2013, accusando le Costituzioni dei Paesi del Sud Europa di essere troppo “antifasciste”, e suggerendo ai governi di controriformarle e fascistizzarle per avere più stabilità e favorire la cancellazione dei “troppi diritti” che esse garantirebbero ai lavoratori. Ed è a questo che si è rifatto spudoratamente anche il capogruppo PD al Senato Zanda, quando nella dichiarazione di voto finale ha detto: “L’Italia è entrata in una fase nuova nella quale le cancellerie e i mercati sanno che ai nostri impegni seguono le decisioni e alle decisioni seguono i fatti. Questo è il punto. Col nostro voto diciamo all’Europa che la più importante delle nostre riforme, quella del bicameralismo, verrà alla luce sul serio!”. Bisogna battere questo disegno piduista, sapendo che non si può contare sulle corrotte e addomesticate aule parlamentari, ma unicamente sulla mobilitazione e la lotta delle masse. E che il miglior modo per affossare la controriforma costituzionale neofascista e la legge elettorale Italicum “fascistissimum” è quello di lottare tutti uniti per buttare giù al più presto il governo Renzi. Cacciarlo via prima che riesca a fare tabula rasa dell’intera sovrastruttura democratica del capitalismo borghese nonché di tutti i diritti e le conquiste dei lavoratori e delle masse popolari italiane che sta demolendo giorno dopo giorno. interni / il bolscevico 15 N. 38 - 22 ottobre 2015 Asse tra Confindustria e Renzi Squinzi chiude sui contratti e rompe con i sindacati A rischio il contratto nazionale di lavoro. Anche Landini morbido. Eppure, il salario minimo è accettabile solo se stabilito dalla contrattazione sindacale, non intacca il contratto nazionale e abbia cifra congrua Che aspettano i sindacati a indire lo sciopero generale? Il presidente degli industriali chiude unilateralmente la trattativa sulle nuove forme contrattuali e non ha intenzione di riaprirla. Adesso secondo lui sta al governo scrivere le nuove regole che dovranno guidare la contrattazione e stabilire quale sarà il quadro che regolerà i rapporti tra le cosiddette “parti sociali”. Si può dire che Squinzi ha fatto e disfatto: prima ha chiesto insistentemente a Cgil, Cisl e Uil di sedersi attorno a un tavolo poi, alle prime discussioni, lo ha rovesciato annunciando che non ci sono spazi di manovra. Un atteggiamento che tradisce palesemente l’asse che intercorre tra Confindustria e il governo del nuovo duce Renzi. Non c’è bisogno di avere menti politicamente sofisticate per capire che tra i due soggetti le mosse sono concordate per aprire uno scenario di questo tipo: i padroni chiedono di cancellare il contratto nazionale, i sindacati tentennano ma non possono cedere tutto e subito, la trattativa viene chiusa e il governo interviene con l’introduzione di un salario minimo al posto dei contratti, limitazione del diritto di sciopero e salari da contrattare in azienda. Persino Barbagallo della Uil lancia l’accusa: “Il presidente di Confindustria non la racconta giusta: si sono improvvisamente svegliati e fanno da sponda a un possibile intervento del governo”. Eloquente il titolo del fogliaccio berlusconiano Libero: “Ecco il piano Renzi per spianare i sindacati. Non sarà più possibile incrociare le braccia se non sono d’accordo almeno il 30 per cento degli iscritti. E il salario minimo legale elimine- rà le trattative, togliendo potere a Camusso e compagni”. Del resto era chiarissimo fin dall’inizio che cosa intendeva Confindustria per “riforma contrattuale”, tutti cambiamenti che andavano a discapito dei lavoratori e a favore delle aziende con un ulteriore impoverimento dei salari e un aumento della flessibilità. Squinzi aveva condizionato il rinnovo dei contratti nazionali in scadenza all’accordo con CGIL CISL UIL sulla riforma del modello contrattuale. Ma aveva anche previsto che il contratto nazionale dovrebbe trasformarsi in una cornice con poche regole generali e con gli aumenti contrattuali solo per le aziende che non praticano la contrattazione decentrata o di secondo livello, pretendendo anche di non applicare più il principio dell’inflazione programmata perché “troppo favorevole per i lavoratori”. Addirittura alcuni mesi fa Federchimica aveva chiesto una riduzione dei salari nel prossimo contratto dei chimici perché in questo erano andati oltre l’inflazione prevista. Inoltre in questo “nuovo” modello contrattuale Confindustria vuole inserire con maggiore forza elementi ancora marginali in Italia, ovvero assicurazioni sanitarie e pensionistiche aziendali e private sul modello americano che andrebbero parzialmente a sostituire il sistema sanitario e sociale pubblico ridotto a brandelli dal governo Renzi e da quelli precedenti. Mentre fa capolino la partecipazione dei lavoratori alla cogestione delle aziende private sul modello tedesco, che in salsa italiana asso- CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI OTTOBRE 14 16 17 22 23 24 No Triv - Coordinamento No Ombrina, sit-in a Roma USB VVF - Sciopero Vigili del Fuoco Giornata mondiale per l’“Eradicazione della povertà” indetta da Coalizione sociale in connessione con la tre giorni di mobilitazione europea lanciata da Blockupy per il 15-16-17 ottobre a Brexelles Cobas-Pt, Cub, Usb – Sciopero Poste-Comunicazioni, Poste Italiane SpA. Usb, lavoro privato – Sciopero del personale ferroviario div. Cargo soc. Trenitalia Manifestazione nazionale a Napoli contro l’esercitazione della Nato imperialista “Trident Juncture 2015” Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals, Gilda - Giornata di mobilitazione nazionale dei lavoratori della scuola con iniziative promosse a livello regionale ANPAC – Sciopero 4 ore personale navigante (piloti e assistenti di volo) della società Air Italy Usb, lavoro privato - Sciopero personale Trasporto Ferroviario Gruppo FSI, Trenord Srl Una manifestazione dei metalmeccanici a Parma in difesa del contratto nazionale di lavoro miglia tanto al modello mussoliniano dove la classe operaia doveva accettare di buon grado i sacrifici perché le aziende, come si diceva nel ventennio fascista, non sono solo del padrone ma dei lavoratori e più in generale della nazione. Cgil, Cisl e Uil, date le premesse, non dovevano neppure sedersi al tavolo della trattativa e rimandare al mittente l’invito. Ma hanno accettato lo stesso e tuttora, nonostante la rottura, si dichiarano disponibili alle trattative purché si avviino contemporaneamente quelle per il rinnovo dei molti contratti in scadenza che per ora rimangono bloccati anche se Squinzi, bontà sua, ha detto che “Le categorie andranno avanti con le proprie piattaforme e da Confindustria arriverà nei prossimi giorni un decalogo di cose che si possono fare e non fare in eventuali trattative che ritenessero portare avanti”. Fino ad ora le regole contrattuali sono state scritte tramite accordi tra associazioni padronali e organizzazioni dei lavoratori, in base ai rapporti di forza. Sarebbe la prima volta che il governo interviene in una materia così complessa e delicata, e le intenzioni non sono benevole verso i lavoratori. Renzi è in piena sintonia con la Confindustria, anzitutto sulla cancellazione o riduzione ai minimi termini del contratto nazionale di categoria. In discussione anche il diritto di sciopero, ne abbiamo avuto una prova ultimamente con la canea scatenata contro i lavoratori del Colosseo e relativo e immediato decreto antisciopero. Si sta parlando di una legge che preveda almeno il 30% di consensi per indire un’astensione dal lavoro. Con la definizione di “pubblica” utilità da estendere a quasi tutte le categorie, anche a chi lavora nel settore dell’energia, elettricità, gas, alle scuole, musei, la distribuzione e via discorrendo, oltre a quelli dove ci sono già limitazioni come la sanità e il trasporto pubblico. Come abbiamo già detto il governo sta pensando anche a una legge per istituire un salario minimo. Di per se potrebbe essere anche una misura positiva se vi fosse l’intenzione di eliminare quelle paghe da fame, seppur legali, che vigono in alcuni settori. Ad esempio nelle cooperative di pulizie le lavoratrici prendono 5 euro e mezzo nette l’ora. Ma l’intenzione del governo è di tutt’altro tipo, ovvero togliere la contrattazione ai sindacati e spingere i salari al ribasso, con la possibilità di poter uscire dai contratti nazionali come ha fatto la Fiat di Marchionne. Il salario minimo è accettabile solo se stabilito attraverso la contrattazione sindacale, non intacca la valenza del contratto nazionale e abbia cifra congrua. Poiché si tratterebbe di 6 euro l’ora, con questa cifra non si fa altro che legalizzare retribuzioni vergognose. Nonostante l’Italia abbia salari tra i più bassi d’Europa, uno degli obiettivi principali del “nuovo” modello contrattuale voluto dai padroni e dal governo è quello di comprimerli ancor di più. Squinzi accetta solo aumenti legati alla produttività aziendale mentre Renzi continua a tenere bloccato il contratto del Pubblico impiego nonostante la Consulta lo abbia giudicato incostituzionale. Eppure a sentire il nuovo duce “L’Italia è uscita dalla crisi” mentre il ministro Padoan sentenzia “la ripresa è in corso ed è superiore alla attese”. Si è scaricato sui lavoratori il peso della crisi capitalistica e quando appaiono i primi, timidi e ancora contrastanti sintomi di ripresa si pensa subito a bloccare chi non arriva alla fine del mese e aumentare i margini di guadagno per i padroni. Piuttosto blanda la reazione dei sindacati. La Cisl lascia sempre la porta aperta, mentre Cgil e Uil rilanciano proposte che, seppure in parte, vanno nella direzione voluta da Confindustria, poco convincente anche Landini. Il segretario della Fiom lancia una sua proposta di nuovo modello che, a parte la difesa generica del contratto nazionale, sposa anche tesi come quella del salario legato all’andamento dell’economia nazionale (leggi politica dei redditi), ma sopratutto non denuncia questo attacco contro i diritti e i salari dei lavoratori che prosegue imperterrito e non si è fermato neppure dopo l’approvazione del Jobs Act. Un attacco concentrico che richiederebbe una reazione da parte dei sindacati di ben altro spessore. Cosa si deve ancora aspettare per indire uno sciopero generale nazionale? C’è un assoluto bisogno di una risposta forte e decisa per respingere questo inaccettabile nuovo modello contrattuale, per chiedere il rinnovo dei contratti del settore privato e lo sblocco di quello del pubblico impiego, per ottenere congrui aumenti salariali, per la difesa del diritto di sciopero e, non per ultimo, far scendere in campo la classe operaia e i lavoratori contro le “riforme” piduiste e neofasciste del governo Renzi che hanno rimesso la camicia nera all’Italia. Vuoso intervistato da “Ischia blog” sul comunicato del PMLI in appoggio all’IS contro la santa alleanza imperialista Pubblichiamo di seguito l’intervista rilasciata dal compagno Vuoso dell’Organizzazione di Ischia del PMLI a “Ischia blog” sul comunicato del PMLI dell’11 ottobre. In un comunicato diramato domenica 11 ottobre dal titolo “Il PMLI appoggia l’IS contro la santa alleanza imperialista” il Segretario generale del Partito marxista-leninista italiano Giovanni Scuderi ha affermato: “Una santa alleanza imperialista è nata per combattere e distruggere lo Stato islamico che si oppone all’imperialismo. Ovviamente il PMLI non può farne parte. Il nostro posto attuale è al fianco di chi combatte l’imperialismo che è il nemico comune di tutti i popoli del mondo“. Abbiamo chiesto a Gianni Vuoso, che del PMLI è autorevole esponente, di chiarire meglio una posizione tanto controversa che non ha mancato, infatti, di suscitare polemiche e dibattiti sulla rete, anche se la notizia è stata snobbata da quasi tutte le principali testate giornalistiche nazionali. Di seguito, il comunicato di Gianni Vuoso e sotto, quello ufficiale diramato domenica scorsa nel corso della 5ª Sessione plenaria del Comitato centrale del PMLI. Ai lettori tutte le considerazioni del caso. “È nostro dovere plaudire alla vostra iniziativa – scrive Gianni Vuoso – di pubblicare il comunicato dal titolo ‘Il PMLI appoggia l’IS contro la santa alleanza imperialista’, perché purtroppo, la stampa borghese e della cosiddetta ‘sinistra’, ignora sistematicamente i numerosi puntuali interventi del PMLI sui fatti nazionali e internazionali. E mi fa piacere che si chieda all’Organizzazione di Ischia del PMLI di esprimersi. Fatta questa necessaria premessa, l’Organizzazione di Ischia del PMLI condivide pienamente il comunicato espresso Il compagno Gianni Vuoso dalla 5ª Sessione plenaria del Comitato centrale del PMLI che, a firma del suo Segretario generale compagno Giovanni Scuderi, esprime l’appoggio ad una forza politica che combatte l’imperia- lismo. Forse, desta meraviglia e scandalo che si condivida l’iniziativa di una forza come l’IS, ma sia ben chiaro, il PMLI appoggia la lotta antimperialista non certamente la cultura, l’ideologia, le strategie, i metodi di lotta dello Stato islamico perché ‘fra noi e lo Stato islamico c’è un abisso incolmabile’. Dispiace purtroppo constatare che non desta né meraviglia né scandalo la santa alleanza imperialista e l’atteggiamento di un Renzi che cerca di mostrare i muscoli in cambio di un futuro boccone. La storia annovera altri raggruppamenti fra forze politiche antitetiche, accomunate dall’obiettivo di liberarsi dal nazi-fascismo. Il comunicato del PMLI ci sembra quindi chiaro, esemplare, coerente e coraggioso. Sarebbe altrettanto opportuno che tante altre forze politiche, che blaterano di pace e di rispetto dei diritti, si unissero per liberarsi del neoduce Renzi e della sua politica guerrafondaia“. falsi comunisti / il bolscevico 9 N. 3 - 22 gennaio 2015 COlaNT RO Trident Juncture e le guerre imperialiste APPOGGIAMO i movimenti islamici antimperialisti FUORI l’Italia dalla Nato e la Nato fuori dall’Italia CACCIAMO il governo imperialista e interventista del nuovo duce Renzi PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it