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USSIA
- CHIESA
D
L
E STATO
a cattedrale-simbolo
ue giorni prima di Natale sono state liberate, in anticipo rispetto al fine pena previsto, Maria Alyokhina e Nadezhda
Tolokonnikova, le due Pussy Riot arrestate in seguito alla
messa in scena, nel febbraio 2012, di una clamorosa protesta contro il leader russo Vladimir Putin (cf. Regno-att. 14,2012,447). Una
terza, Yekaterina Samutsevich, era già stata scarcerata e posta in
regime di libertà vigilata.
Come è noto, in quell’occasione le tre appartenenti al collettivo punk femminista avevano interrotto con un’azione provocatoria una funzione religiosa all’interno della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Il Patriarcato di Mosca, con la solidarietà delle altre Chiese e in particolare di quella di Roma, ha continuato da allora a stigmatizzare il gesto delle Pussy Riot come la profanazione di
un luogo sacro. La complessa storia architettonico-politica di quel
luogo, capace di raccogliere su di sé i fatti più salienti della Russia
degli ultimi due secoli, racconta che «sacro»e «profano» vi si sono
già intrecciati, ripetutamente e, forse, inestricabilmente.1
Pensata nel 1812 per celebrare la vittoria russa contro Napoleone, l’imponente cattedrale venne costruita dal 1839 al 1883, in
stile russo-bizantino, con largo uso di marmi e materiali preziosi. In
realtà, il primo progetto approvato da Alessandro I era in stile neoclassico e doveva essere realizzato sulla collina più alta di Mosca,
ma il nuovo zar Nicola I preferì uno stile più vicino alla tradizione e
all’ortodossia, da realizzare in un punto più prossimo al Cremlino.
Per edificarla fu necessario demolire il monastero di Sant’Alessio, primo convento femminile della Russia, che dal 1358 aveva
conosciuto varie distruzioni, causate da invasioni di tatari, incendi,
terremoti, saccheggi... l’ultimo passaggio devastante era stato proprio quello delle truppe napoleoniche. In seguito alla decisione di
innalzare la nuova cattedrale in quell’area, la comunità monastica
fu spostata alla periferia della città, l’edificio secolare abbattuto e
il terreno sgombrato per avviare il cantiere. Consacrata nel 1883,
nello stesso giorno dell’incoronazione di Alessandro III, la chiesa
celebrava i soldati russi morti nelle battaglie contro Napoleone:
su cento lastre di marmo furono incisi i nomi dei comandanti, gli
elenchi dei reggimenti e delle battaglie.
Il corpo ferito
Ma dopo la Rivoluzione d’ottobre, il tempio simbolo della
Russia zarista vittoriosa diventò sgradito e inviso alla nuova conduzione politica: di conseguenza, si decise di costruire proprio in
questo punto della città il Palazzo del Soviet, per il quale nel 1931
venne indetto un concorso internazionale, cui parteciparono anche importanti esponenti del Modernismo architettonico. Il progetto vincente di Boris Iofan aveva anch’esso dimensioni colossali
(un edificio a gradoni coronato da un’enorme statua di Lenin), che
necessitavano, nuovamente, l’abbattimento dell’edificio preesistente. Lo scrittore Victor Serge descrive così, ne Il caso Tulaev,
l’ampio cantiere di demolizione, circondato da scheletri di grattacieli in costruzione, con il Cremlino e le cupole a cipolla delle
chiese in lontananza, le acque della Moscova a pochi metri.
«Il corpo ferito della cattedrale di San Salvatore occupava tutto il primo piano, scoronata dell’enorme cupola dorata come di un
vecchio sogno, rannicchiata sulle prime macerie, spaccata dall’alto
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IL REGNO -
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ATTUALITÀ
al basso, per un’altezza di trecento metri, da una fenditura serpeggiante, come un fulmine che si fosse spento nel muro.
“Ecco, ecco”, disse una voce. “Mio Dio!” mormorò una voce di
donna.
Il tuono strisciò sotto terra, scosse la terra, fece oscillare fantasticamente tutto il paesaggio inondato di luna, mise scintille
nell’angolo di terreno che si intravvedeva da lì e fece correre un
brivido giù per la schiena alla gente. Nuvole di fumo si gonfiarono
lentamente sopra il cantiere, il tuono rombò terribile raso al suolo
e si perse in un silenzio da giudizio universale. Dalla massa del pietrame sconvolto dall’esplosione, uscì fuori un sospiro profondo,
poi l’edificio cominciò a piegare su se stesso con un rumore secco
come d’ossa che si spezzino, con schianti di armature, una triste
espressione di dolore. (…)
Romachkine, che l’aveva letto nei libri, si disse che la vita sorge sulle rovine, che per edificare bisogna distruggere senza posa,
uccidere le vecchie pietre per costruire nuovi edifici più aerati,
più degni dell’uomo; che in quel punto, un giorno o l’altro, sarebbe sorto il più bel palazzo dei Popoli dell’Unione, dove forse non
regnerebbe più l’ingiustizia. Un po’ di dolore inconfessato condiva
quelle grandi idee, mentre si rimetteva in cammino verso la fermata del tram A».2
Il progetto del Palazzo del Soviet tuttavia si fermò allo stadio
delle fondamenta, per problemi economici e di infiltrazione d’acqua nel terreno, e per la concomitanza con la guerra, sulla quale
venivano convogliati tutti gli sforzi e tutte le materie prime. Dopo
l’invasione tedesca nel 1941 furono addirittura sottratte le strutture in acciaio che costituivano l’iniziale ossatura dell’edificio per
utilizzarle nella fortificazione della città e per la costruzione di
ponti ferroviari. Il buco scavato per le fondamenta fu progressivamente allagato dalle infiltrazioni della Moscova e così rimase fino
al 1958, quando, per decisione di Nikita Krusciov, venne trasformato in un’immensa piscina all’aperto, con acqua riscaldata. Un’eccentrica piscina circolare, dal diametro di circa 130 metri, inutile
per le gare olimpioniche ma molto amata dai moscoviti.
Dopo la fine dell’era sovietica, nel 1995 tocca alla piscina saltare, per restituire il terreno alla ricostruzione, il più fedele possibile,
della cattedrale di Cristo Salvatore, sfarzoso tempio per la nuova
Russia ultimato e riconsacrato dal patriarca di Mosca Alessio II nel
2000: lo stesso anno in cui Putin veniva eletto per la prima volta
presidente.
Elena Pirazzoli*
* Questo articolo riprende un brano che compare alle pp. 46-48
del volume di E. PIRAZZOLI, A partire da ciò che resta. Forme memoriali
dal 1945 alle macerie del Muro di Berlino, Diabasis, Reggio Emilia 2010
(cf. Regno-att. 2,2011,27).
1
Sulla storia della cattedrale di Cristo Salvatore si veda A. MOGOUTOV, A. NEDEL, «No place, no matter: the making dense of Utopia», in
Iconoclash. Beyond the image wars in science, religion and art, a cura
di B. Latour, P. Weibel, ZKM - MIT Press, Karlsruhe/Cambridge 2002,
386-388.
2
V. SERGE, L’affaire Toulaév, Le Seuil, Paris 1948; trad. it. Il caso
Tulaev, Bompiani, Milano 1952 (la citazione è tratta dall’edizione del
1980, 28-29).
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