La storia
L’edificio oggi comunemente indicato, per le sue dimensioni e la qualità architettonica, “La
cattedrale” occupa l’estremo lato occidentale dell’area ex Breda est, o quartiere San Giorgio.
Fa parte del vasto complesso industriale che si è formato a partire dal 1907 quando la Società
genovese San Giorgio costruì a Pistoia i due primi capannoni, di cui uno con la facciata realizzata
dall’architetto Coppedè, lungo la via Pacinotti, destinati alla produzione di automobili e
successivamente di materiale rotabile ferroviario.
La nuova produzione richiedeva spazi sempre più ampi per cui nell’arco di una dozzina di anni
furono acquistati progressivamente tutti i terreni adiacenti ai due capannoni iniziali fino a occupare
tutto il vasto quadrilatero posto tra la via Pacinotti, la ferrovia, le vie XX settembre e Ciliegiole, con
la sola esclusione della piccola porzione di terreno acquistata dalla Società Camuzzi nel 1908 per la
realizzazione dell’officina del gas.
Anche la produzione bellica durante la Prima guerra mondiale dette un ulteriore impulso
all’ampliamento dello stabilimento e i terreni su cui sorge la Cattedrale furono acquistati dalla San
Giorgio nell’aprile del 1917.
Il capannone fu costruito nel 1919 tra il viale centrale dell’Officina e l’area ferroviaria e si
estendeva per 144 m di lunghezza e 20 di larghezza e un’altezza di oltre 10 m, nelle forme generali
che conosciamo oggi, e fu destinato a ospitare la “Nuova segheria”, in corrispondenza della vasta
area libera in cui erano ricoverati i carri ferroviari da riparare o costruire.
Si trattava di un edificio diverso da tutti gli altri, caratterizzato da una struttura modulare con le
pareti laterali scandite da trenta pilastri e da travi in rilievo in cemento armato e una doppia serie
continua di finestre ad arco ribassato, quelle inferiori di dimensioni maggiori di quelle superiori,
quattro grandi portoni in facciata, alcune aperture laterali e una copertura a capanna a due spioventi.
Era, e rimase, l’edificio unitario di maggiori dimensioni di tutto lo stabilimento.
Conobbe però una sorte particolare. Proprio per le sue dimensioni impegnative la sua costruzione fu
condizionata dalle diverse esigenze produttive e dalle fasi di crisi e di sviluppo dello stabilimento.
Infatti, inizialmente furono completati, coperti e utilizzati solo i primi sessanta metri, in
corrispondenza del lato che si affacciava sul viale centrale, mentre la parte rimanente rimase
scoperta e senza le pareti laterali, ma furono completate solo le strutture in cemento orizzontali e
verticali.
Per quanto riguarda le condizioni di lavoro sappiamo che nel 1926 la parte costruita era illuminata
da “12 lampade da 800 candele”.
Successivamente sul suo lato orientale furono edificati altri due capannoni (l’attuale polo
universitario e l’area espositiva) che costituirono una zona destinata nel tempo a processi produttivi
unitari e articolati in vari reparti omogenei.
Con la ripresa produttiva della seconda metà degli anni Trenta fu completata un’altra parte
dell’edificio portando la parte coperta a circa due terzi.
Infine, all’inizio degli anni Quaranta la copertura fu completata, il capannone fu chiuso totalmente e
ospitò le lavorazioni della carpenteria e quelle più complesse e delicate come, nel 1942, la
produzione dei primi radar italiani commissionati alla San Giorgio, e in quell’anno vi erano
installate due gru da cinque e venti tonnellate.
I bombardamenti del 1943 – 1944 danneggiarono fortemente l’edificio e in particolare la copertura
che crollò in diverse parti.
Nel 1947 il capannone fu ricostruito mantenendo le forme e le dimensioni originali ma la nuova
copertura fu realizzata con capriate in cemento, con le due falde divise in due pendenze diverse,
prefabbricate e montate sul posto e fu destinato alla “Costruzione dei veicoli ferroviari”
Nel 1948 ospitava la “Grossa e media carpenteria” e vi fu collocato anche il reparto destinato al
montaggio delle parti metalliche delle carrozze ferroviarie.
Con il passaggio del complesso nel 1949 alle Officine Meccaniche Ferroviarie Pistoiesi l’edificio
assunse l’assetto definitivo e funzioni specifiche e la denominazione di corpo 31, affiancato dai
corpi 30 e 80.
I tre capannoni ospitarono così negli anni Cinquanta la “Carpenteria”, con un ciclo di lavorazione
costituito da varie fasi tra cui il “Montaggio”, l’“Aggiustaggio”, la “Preparazione” e infine il
“Montaggio materiale pesante”, realizzato nella Cattedrale.
Successivamente ospitò la “Costruzione locomotori” e la “Carpenteria Grande” o “Pesante”.
Lavorazioni che richiedevano grandi spazi, ampie dimensioni e lo spostamento di materiali pesanti
attuato attraverso tre carri ponte da tre, dieci e venti tonnellate, il solo presente in tutto lo
stabilimento.
La costruzione dei corpi adiacenti aveva però diminuito considerevolmente la luminosità interna e
nel 1961 dai documenti d’archivio risulta che vi si lavorava con un’intensità luminosa, in lux a 1 m.
dal pavimento, pari a 12, mentre in altri reparti si raggiungevano i 135 lux.
Con queste caratteristiche il capannone, insieme a tutta l’area ex Breda dismessa, fu acquistato dal
Comune di Pistoia nel 1980 e assunse un nuovo valore documentario e testimoniale di archeologia
industriale focalizzando l’attenzione di amministratori, studiosi e professionisti, in particolare con il
progetto di ristrutturazione dell’intera area elaborato dall’architetto Giancarlo De Carlo del 1989,
quando si consolidò la denominazione di “Cattedrale”.
Il piano De Carlo prevedeva che il capannone fosse destinato ad attività espositive e sportive e
interessato dal nuovo anello viario di collegamento tra la stazione ferroviaria e la via Pacinotti che
lo intersecava passandoci sotto, mentre il progetto dell’architetto Sandro Stilli del 1998 ha spostato
la strada a sud, lambendo l’edificio di cui è stata eliminata una limitata parte finale.
Negli ultimi trenta anni inizialmente è stato inutilizzato, quindi è stato usato come deposito degli
automezzi del CO.PI.T. e infine ha avuto destinazioni improprie, fino all’approvazione del bando di
ristrutturazione nel 2009 e l’inizio i lavori di recupero nel 2011.
Oggi la “Cattedrale”, restaurata, si confronta con la struttura metallica del vicino gasometro per
ricordarci la destinazione produttiva di tutta l’area e costituisce un caso esemplare di recupero di un
importante e significativo reperto di archeologia industriale. Recupero attuato attraverso un progetto
che ha mantenuto intatte le sue caratteristiche strutturali e architettoniche, ha conservato
l’allineamento sul viale centrale, ha recuperato il grande carro ponte, ha valorizzato le dimensioni
interne e la leggerezza della struttura e accentuato la luminosità con il recupero delle ampie finestre
e l’inserimento della grande vetrata finale e, infine, con la citazione delle sagome ferroviarie
all’ingresso ci ricorda la sua vocazione produttiva.
Andrea Ottanelli