criteri di responsabilità

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“CRITERI DI
RESPONSABILITÀ”
PROF. FERNANDO BOCCHINI
Università Telematica Pegaso
Criteri di responsabilità
Indice
1
I CRITERI DI RESPONSABILITÀ ---------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
CLAUSOLE DI ESONERO DA RESPONSABILITÀ ------------------------------------------------------------------ 7
3
ONERE DELLA PROVA E PRESCRIZIONE -------------------------------------------------------------------------- 8
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Criteri di responsabilità
1 I criteri di responsabilità
Principio generale è che il debitore è tenuto all’adempimento se non prova la impossibilità
sopravvenuta della prestazione non imputabile. C’è dunque un favor per il creditore, essendo
sufficiente al creditore allegare l’inadempimento e gravando invece sul debitore la prova della c.d.
impossibilità liberatoria: il debitore rimane responsabile dell’inadempimento quando non riesce a
provare la c.d. impossibilità liberatoria. C’è però nell’ordinamento un regime differenziato della
responsabilità da inadempimento in ragione della tipologia degli interessi coinvolti: sussistono cioè
nel codice civile e nelle leggi complementari più criteri di collegamento della responsabilità al
debitore in ragione delle qualità personali del debitore 1, della natura della prestazione 2 e del titolo
dell’obbligazione 3. Talvolta, con riguardo ad una medesima attività, operano addirittura criteri
diversi in ragione dei singoli atti compiuti 4.
E’ possibile delineare i fondamentali modelli di criteri di responsabilità.
1) Più spesso la responsabilità è collegata alla colpevolezza nell’inadempimento (criterio
di maggior favore per il debitore): non c’è responsabilità senza colpevolezza (dolo o colpa in senso
stretto). Più specificamente la colpevolezza si atteggia nelle due fondamentali forme del dolo e della
colpa. Si ha dolo quando l’inadempimento è cosciente e volontario: in tal caso la responsabilità è
più grave, rispondendo il debitore dei danni prevedibili e imprevedibili (art. 1225). Si ha colpa in
senso stretto quando l’inadempimento è frutto di negligenza, imprudenza o imperizia: in tal caso il
debitore risponde solo dei danni prevedibili nel tempo in cui è sorta l’obbligazione. Talvolta
1
Si pensi alla responsabilità aggravata posta a carico dei fornitori di beni di consumo nei confronti di consumatori (art. 129 cod. cons.) o alla
responsabilità aggravata posta a carico dei soggetti abilitati nella collocazione dei servizi di investimento nei riguardi di risparmiatori (art. 23
cod. cons.).
2
Per le obbligazioni di dare o consegnare cose di specie, la responsabilità per i danni prodotti dalla cosa consegnata è collegata al
criterio della colpa, per cui il debitore è tenuto al risarcimento dei danni provocati dai vizi della cosa, se non prova di averli ignorati senza
colpa: es. in tema di vendita (artt. 1494), locazione (art. 15782), mutuo (art. 18211).
Per le obbligazioni di dare o consegnare cose di genere, tra cui quelle pecuniarie, vale il tradizionale principio genus numquam perit. La
mancata esecuzione della prestazione è connessa alla non corretta organizzazione del debitore: il debitore può liberarsi da responsabilità solo
provando una impossibilità assoluta e oggettiva (es. ritiro dal commercio del bene alienato, che pertanto non può essere consegnato).
Per le obbligazioni di fare, opera il criterio della colpa: ad es., la responsabilità del mandatario (art. 1710), dell’appaltatore (art. 1668),
del vettore di persone (art. 1681), del depositario (art. 1768).
Con riguardo alle obbligazioni di custodia sussiste una responsabilità aggravata, dalla quale il debitore è liberato solo individuando e
provando le specifiche cause della impossibilità (c.d. responsabilità ex recepto): es. la responsabilità del vettore nel trasporto di cose (art.
1693), dell’albergatore (art. 1785), dei magazzini generali (art. 1787).
3
Ad es., il mandatario è tenuto ad eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato è gratuito la
responsabilità per colpa è valutata con minor rigore (art. 1710). Analogamente, il depositario deve custodire la cosa con la diligenza del buon
padre di famiglia; ma se il deposito è gratuito la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore (art. 1768).
4
Ad es., in tema di responsabilità degli amministratori di società, mentre per gli obblighi definiti attraverso il ricorso a clausole generali,
quali l’obbligo di amministrare con diligenza e quello di amministrare senza conflitto di interessi, la responsabilità dell’amministratore deve
essere collegata alla violazione del generico obbligo di diligenza nelle scelte di gestione (sicché la diligente attività dell’amministratore è
sufficiente ad escludere direttamente l’inadempimento, a prescindere dall’esito della scelta), per gli obblighi aventi un contenuto specifico e
già determinato dalla legge o dall’atto costitutivo, la responsabilità può essere esclusa solo se l’inadempimento sia dipeso da causa che non
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peraltro è richiesta la colpa grave perché ricorra inadempimento dell’obbligazione (la diligenza è
cioè valutata in modo meno rigoroso); talaltra è considerata sufficiente la colpa lieve (la diligenza è
cioè valutata in modo più rigoroso).
In definitiva il debitore, di regola, risponde per i soli danni prevedibili al tempo in cui è sorta
l’obbligazione, tranne che l’inadempimento o il ritardo non dipendano da dolo del debitore (nel qual
caso il debitore risponde anche per i danni imprevedibili). È questa una differenza fondamentale
con la responsabilità extracontrattuale, nella quale l’autore del danno risponde anche dei danni
imprevedibili nel momento in cui ha compiuto l’atto illecito.
Per accertare la colpevolezza, bisogna accedere a un criterio soggettivo tipizzato, avendosi
cioè riguardo ad un soggetto medio, con le medesime qualità e caratteristiche del debitore specifico
nel caso concreto 5. La giurisprudenza più recente è sempre maggiormente incline a valorizzare il
parametro della diligenza nel caso concreto, attribuendo rilevanza allo sforzo che oggettivamente può
richiedersi al debitore nel caso concreto, in ragione dei valori generali dell’ordinamento (specie con
riguardo al dovere di solidarietà ex art. 2 Cost.) 6. Il parametro di riferimento è la diligenza generica
del buon padre di famiglia (art. 11761) ovvero quella qualificata per le obbligazioni connesse
all’esercizio di un’attività professionale (art. 11762). Alla stregua di tale ultima norma si configura
una responsabilità professionale (comprensiva di una responsabilità di impresa), addossata al
debitore in ragione della “natura dell’attività esercitata” (art. 11762): va cioè verificata la perizia che
la natura della singola attività richiede alla stregua delle normative di riferimento e delle evoluzioni
scientifiche intervenute 7.
poteva essere evitata né superata con la diligenza richiesta al debitore (Cass. 23-3-2004, n. 5718).
5
Con riguardo al criterio della colpa si sono tradizionalmente fronteggiati due indirizzi: l’uno che ha riguardo al debitore specifico, secondo
un giudizio individualizzato; l’altro che si apre al debitore medio, secondo un giudizio tipizzato. In tal guisa apprestandosi criteri, nella prima
ipotesi, di maggior favore per il debitore, nella seconda di maggior favore per il creditore.
6
Quando non operino specifici criteri di collegamento della responsabilità, la colpa dell’inadempiente è presunta sino a prova contraria e
tale presunzione è superabile solo da risultanze positivamente apprezzabili, dedotte e provate dal debitore, il quale dimostri che, nonostante
l’uso della normale diligenza, non è stato in grado di eseguire tempestivamente le prestazioni dovute per cause a lui non imputabili (Cass. 112-2005, n. 2853). Pertanto, al fine di esonerarsi dalle conseguenze dell’inadempimento, il debitore non è tenuto a provare che la causa della
impossibilità derivi da fattore a lui estraneo che lo abbia posto nell’impossibilità di adempiere in modo esatto e tempestivo, ma solamente
che derivi da fattori che, da un canto, non siano riconducibili a difetto della diligenza che il debitore è tenuto ad osservare per porsi nelle
condizioni di poter adempiere, e, d’altro canto, siano tali che alle relative conseguenze il debitore non possa con eguale diligenza porre riparo
(Cass. 8-11-2002, n. 15712; Cass. 23-2-2000, n. 2059).
7
In relazione alla responsabilità professionale, la responsabilità del prestatore d’opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per
negligente svolgimento dell’attività professionale, oltre a presupporre la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista
e il pregiudizio del cliente, implica una valutazione prognostica positiva, non necessariamente la certezza, circa il probabile esito favorevole
del risultato della sua attività se la stessa fosse stata correttamente e diligentemente svolta (Cass. 1-4-2011, n. 7553). È peraltro apprestato un
trattamento di favore per i prestatori d’opera intellettuale (le tradizionali arti liberali), prevedendo l’art. 2236 che, se la prestazione implica
la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera risponde dei danni solo per dolo o colpa grave. La giurisprudenza ha
chiarito che, prevedendo l’art. 2236 un’attenuazione di responsabilità per l’ipotesi di soluzione di problemi di speciale difficoltà, la prova
dell’esistenza di tale presupposto, derogando alle norme generali sulla responsabilità per colpa, incombe sul professionista (Cass. 22-4-2005, n.
8546).
Con specifico riguardo alla professione notarile ha stabilito che, in relazione alla inosservanza dell’obbligo di espletare la visura dei registri
immobiliari in occasione di una compravendita immobiliare, il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il
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2) Si ha responsabilità aggravata quando il debitore è liberato dall’obbligazione solo per
impossibilità della prestazione derivante da caso fortuito (es. distruzione o perimento) o da forza
maggiore cui non è possibile sottrarsi (es. divieto della pubblica autorità di commercio di un
determinato bene).
3) Esistono pure ipotesi di responsabilità oggettiva, per le quali il debitore risponde per il
fatto in sé della mancata o inesatta esecuzione della prestazione dovuta, indipendentemente dalla
diligenza adoperata e dal ricorrere del caso fortuito o della forza maggiore.
Figura significativa di responsabilità oggettiva è la responsabilità per fatto degli
ausiliari. Quale che sia il criterio di responsabilità operante per la singola fattispecie, in ogni caso,
salvo patto contrario, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi
risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (art. 1228) (lavoratori dipendenti, autonomi,
esterni): dell’inadempimento risponde verso il creditore non l’autore materiale del comportamento
dannoso ma un soggetto diverso (c.d. preponente). Il preponente risponde, non per avere causato
direttamente il danno, ma per la cattiva organizzazione delle risorse umane e materiali
nell’esplicazione dell’attività economica. Il criterio caratterizza la responsabilità di impresa ed è
utilizzato anche dal codice della navigazione 8. Analogo criterio è utilizzato con riguardo alla
responsabilità extracontrattuale ex art. 2049, per cui i padroni e i committenti sono responsabili per i
danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici o commessi nell’esercizio delle incombenze a cui
sono adibiti. È in definitiva necessario che ricorra il c.d. rapporto di preposizione: la giurisprudenza
ha escluso la responsabilità quando l’impossibilità non inerisce alla organizzazione dell’impresa 9.
professionista dall’art. 2236, in quanto tale inosservanza non è riconducibile ad un’ipotesi di imperizia, cui si applica quella limitazione, ma a
negligenza o imprudenza, cioè alla violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi dell’art. 11762, rispetto
alla quale rileva anche la colpa lieve (Cass. 31-5-2006, n. 13015; Cass. 2-3-2005, n. 4427). È principio consolidato che l’opera demandata al
notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico non si riduca al mero compito di accertare la volontà delle parti, ma si estende a
quelle attività preparatorie e successive necessarie affinché sia assicurata la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, per effetto del
conseguimento dello scopo tipico di esso, con la conseguenza che la inosservanza dei menzionati obblighi accessori da parte del notaio, salvo
espresso esonero delle parti, comporta responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a
nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità (Cass. 29-11-2007,
n. 24939); la medesima responsabilità è stata ravvisata con riferimento alla scrittura privata autenticata (Cass. 16-3-2006, n. 5868).
In relazione alla responsabilità del medico, si è chiarito che la limitazione di responsabilità alle ipotesi di dolo e colpa grave ex art. 2236 non
ricorre con riferimento ai danni causati al paziente per negligenza o imperizia, ma soltanto per i casi implicanti risoluzione di problemi tecnici
di particolare difficoltà trascendenti la preparazione media o non ancora sufficientemente studiati dalla scienza medica; con la conseguenza che
il paziente che agisce in giudizio deducendo l’inesatto adempimento dell’obbligazione sanitaria deve provare il contratto e allegare
l’inadempimento del professionista, restando a carico dell’obbligato l’onere di provare l’esatto adempimento: la distinzione tra prestazione di
facile esecuzione e prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà rileva soltanto per la valutazione del grado
di diligenza e del corrispondente grado di colpa, restando comunque a carico del sanitario la prova che la prestazione era di particolare
difficoltà (Cass. 9-11-2006, n. 23918; Cass. 2-2-2005, n. 2042).
8
Sia l’armatore che l’esercente l’aeromobile sono responsabili dei fatti dell’equipaggio e delle obbligazioni contratte dal comandante,
rispettivamente, della nave o dell’aeromobile per quanto riguarda la nave o l’aeromobile e la spedizione; tranne che per l’adempimento degli
obblighi di natura pubblicistica che la legge impone direttamente a carico del comandante della nave o dell’aereo come capo della spedizione
(artt. 274 e 874 cod. nav.).
9
Possono considerarsi ausiliari ai sensi dell’art. 1228 soltanto coloro che agiscono su incarico del debitore e il cui operato sia
assoggettato ai suoi poteri direttivi e di controllo, a prescindere dalla natura giuridica del rapporto intercorrente tra di essi e il debitore
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Della responsabilità per fatto degli ausiliari c’è un’applicazione in campi sempre più vasti,
come ad es. in materia sanitaria 10, bancaria 11, degli appalti, della intermediazione finanziaria12.
Un’ulteriore figura significativa è di provenienza comunitaria, ed è la responsabilità per danno
da prodotti difettosi (direttiva 85/374/CEE poi confluita negli artt. 114 ss. cod. cons.). Il
produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto (art. 114); alla stessa
responsabilità è sottoposto il fornitore che abbia distribuito il prodotto se abbia omesso di comunicare
al danneggiato nei tre mesi dalla richiesta l’identità e il domicilio del produttore (art. 116).
Quando la responsabilità dell’evento dannoso è imputabile a più soggetti, anche in ragione
dell’inadempimento di diversi contratti collegati, tutti sono tenuti solidalmente al risarcimento del
danno, attraverso un’applicazione analogica dell’art. 2055 dettato in tema di responsabilità
extracontrattuale 13.
medesimo, ovvero allorché sussista un collegamento tra l’attività del preteso ausiliario e l’organizzazione aziendale del debitore della
prestazione (In applicazione di tale principio la Suprema Corte, in relazione alla interruzione di elettricità, ha ritenuto che l’Enel non aveva
liberamente scelto la società di trasmissione dell’energia, che agisce, per contro, in posizione di monopolista) (Cass. 31-8-2011, n. 17853;
Cass. 8-10-2010, n. 20915; Cass. 26-1-2010, n. 1456). È inoltre necessaria una relazione di causalità (rectius di occasionalità necessaria) tra
il danno e l’esercizio delle incombenze dell’ausiliario (Cass. 17-5-2001, n. 6756).
10
E? ormai acquisita la responsabilità della struttura sanitaria per il fatto dei suoi ausiliari. L’ente ospedaliero, gestore di un servizio
pubblico sanitario, risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione
medica da parte di un proprio dipendente (Cass. 4-3-2004, n. 4400; così già Cass., sez. un., 1-7-2002, n. 9556). Ha peraltro considerato
applicabile l’art. 1228 anche al rapporto tra medico operatore e personale di supporto messogli a disposizione da una struttura sanitaria dalla
quale il medico non dipende, dovendosi esigere dal chirurgo operatore un dovere di controllo specifico sull’attività e sulle iniziative espletate
dal personale sanitario con riguardo a possibili e non del tutto prevedibili eventi che possono intervenire non solo durante, ma anche prima
dell’intervento e in preparazione di esso (Cass. 14-6-2007, n. 13953; Cass. 13-4-2007, n. 8826).
11
La responsabilità della banca per il fatto illecito di un proprio dipendente richiede l’accertamento del nesso di “occasionalità
necessaria” tra l’esercizio dell’attività lavorativa e il danno, ed è riscontrabile ogni qual volta il fatto lesivo sia stato prodotto, o quanto meno
agevolato, da un comportamento riconducibile allo svolgimento dell’attività lavorativa, anche se il dipendente abbia operato oltrepassando i
limiti delle proprie mansioni o abbia agito all’insaputa del datore di lavoro (Cass. 6-3-2008, n. 6033).
12
Ad es., la società di gestione di fondi di investimento risponde nei confronti dei terzi di buona fede per i danni loro arrecati dall’illecito
comportamento della società mandataria a cui sia affidata la distribuzione delle quote del fondo, nonché degli ausiliari e dei dipendenti (Cass.
5-6-2009, n. 12994).
13
Per la giurisprudenza, quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi
rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato, tali soggetti debbono essere considerati corresponsabili in solido: invero, sia in tema di
responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere la
responsabilità di tutte nell’obbligo risarcitorio, è sufficiente, in base ai principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause
efficienti nella produzione dell’evento (dei quali l’art. 2055 costituisce un’esplicitazione), che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano
“concorso in modo efficiente a produrlo” (Cass. 9-11-2006, n. 23918).
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Clausole di esonero da responsabilità
Sono nulle le clausole di esonero o limitazione della responsabilità del debitore per dolo o
colpa grave (art. 12291), così ammettendosi implicitamente la validità delle clausole di esonero da
responsabilità per colpa ordinaria. Sono invece sempre nulle le clausole di esonero di responsabilità
per fatti del debitore o dei suoi ausiliari che integrano violazione di obblighi derivanti da norme di
ordine pubblico (art. 12292).
Le clausole in parola sono molto ricorrenti nella pratica, specialmente adottate dalle imprese
in moduli e formulari, con le quali si vuole escludere o limitare la responsabilità anche solo fissando
la misura del risarcimento dovuto. L’art. 362, lett. b, cod. cons., dichiara nulle le clausole che,
quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto od effetto di escludere o limitare le azioni del
consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o
parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista.
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3 Onere della prova e prescrizione
Delicato problema è quello della distribuzione dell’onere della prova tra debitore e
creditore. Per l’art. 1218 il debitore è responsabile se non prova che l’inadempimento o l’inesatto
adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile. Opera pertanto un generale principio di inversione dell’onere della prova: non è il
creditore a dovere provare il fatto dell’inadempimento, ma è il debitore a dovere provare l’assenza
di responsabilità. In tal modo il creditore che agisce per l’inadempimento o per l’inesatto
adempimento della prestazione ha solo l’onere di provare la fonte (negoziale o legale) del suo
diritto di credito e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione
dell’inadempimento della controparte: è il debitore convenuto ad essere gravato dell’onere della
prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto esatto adempimento o dallo
specifico impedimento non imputabile che ha reso impossibile la prestazione (prova della
impossibilità liberatoria) 14. A tale fine, talvolta, è richiesta la positiva identificazione dell’evento
incolpevole che ha prodotto l’impossibilità; più spesso, è sufficiente la dimostrazione della condotta
diligente, secondo il criterio soggettivo tipizzato, sopra indicato.
Diverso è il regime della prova nella responsabilità extracontrattuale, dove è il soggetto
danneggiato a dovere provare la responsabilità dell’autore del danno (anche se operano in materia
vari criteri legali di responsabilità e significativi indici di responsabilità di formazione
14
La Suprema Corte ha affermato l’unicità del regime probatorio, pervenendo al seguente principio: “il creditore che agisca per la
risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo
diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il
debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Anche nel
caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera
allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata
osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di
dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento. Tali principi trovano un limite nell’ipotesi di inadempimento delle obbligazioni negative, nel
qual caso la prova dell’inadempimento stesso è sempre a carico del creditore, anche nel caso in cui agisca per l’adempimento e non per la
risoluzione o il risarcimento (Cass., sez. un., 30-10-2001, n. 13533). Conformi Cass. 27-9-2007, n. 20326; Cass. 26-1-2007, n. 1743). Ancora
di recente si è stabilito che spetta al debitore, qualunque sia la posizione processuale assunta, provare l’esattezza dell’adempimento e
comunque il fatto estintivo dell’altrui pretesa (Cass. 1-4-2010, n. 7993; Cass. 20-1-2010, n. 936; Cass. 12-2-2010, n. 3373).
In applicazione di tale principio si è stabilito che, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità
professionale da contatto sociale del medico, il paziente danneggiato deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e
l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno
lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato
eziologicamente rilevante (Cass., sez. un., 11-1-2008, n. 577).
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giurisprudenziale).
Il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità è, di regola, quello ordinario di dieci
anni (ex art. 2946), decorrente dal giorno di esigibilità del credito.
Si vedrà come il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da
fatto illecito è, invece, di cinque anni dal giorno in cui il fatto illecito si è verificato, salvo termini
ancora più brevi (art. 2947).
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Bibliografia
• F. Bocchini, Tradizione e attualità nel diritto privato, Napoli, Jovene, 2009
• A. Di Majo, Le tutele contrattuali, Torino, 2009;
• AA.VV., Trattato della responsabilità contrattuale, diretto da G. Visintini, Padova, 2009.
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