LA VITTORIA DI DIO Oro, argento, tempera e acrilici su tavola metri 7x3,40, 1976 Centro Pastorale Paolo VI, Brescia, Italia La fedeltà al racconto biblico è completa, senza alterazioni o discutibili variazioni in ottemperanza a fini soggettivi. Ma proprio accettando ed immergendosi nel testo ispirato Laffranchi trova modo di sviluppare, in maniera luminosa, tutto il simbolismo che esso racchiude. A tale simbolismo delle immagini e del colore lo ha predisposto il suo esercizio di pittore che ha raccolto l’immensa tradizione dell’Oriente bizantino coniugandola con il simbolismo della pittura astratta contemporanea e con l’icasticità di un disegno in cui si avverte la lezione del cubismo e la folgorante semplificazione picassiana. Ma da questo enorme sincretismo culturale Renato Laffranchi si libera con una sua semplice e convincente verità pittorica, intrisa di poesia che si fa dramma e profezia. Il valore simbolico dell’opera si avverte nella orchestrazione del colore che accompagna la figurazione, anzi la fa esplodere nella sua sostanza religiosa. Tutta una gradazione di colori segna il trapasso dalla luce e dalla purezza al caos ed alla tenebra dell’iniquità: l’azzurro, il bianco, il rosso, il nero intessono un loro discorso nitido ed incandescente, facendoci entrare nella sintesi drammatica dell’apocalisse. Nella sua immediatezza, il testo di san Giovanni, riflesso nella sensibilità di un artista contemporaneo, non ha bisogno di sovrastrutture intellettuali per colpire direttamente la sostanza della storia che viviamo, per darcene la dimensione ultima, religiosa, che non sfugge affatto alla dimensione della storia ma la illumina nel suo senso profondo universale. Guido Stella, 1976 LA VITTORIA DI DIO Don Renato Laffranchi, sacerdote e artista, da oltre mezzo secolo è tra i protagonisti della scena culturale e religiosa della nostra Provincia e per più di sette anni ha amministrato i sacramenti anche a Pisogne, contribuendo alla crescita della nostra cittadina. Attraverso questa mostra l’Amministrazione Comunale intende, quindi, omaggiare il connubio di arte e spiritualità che emerge con forza dalle sue pitture, affascinanti per la ricchezza di simboli e per l’intensità del messaggio biblico che ispira l’artista. Il legame profondo che unisce questo sacerdote artista alla Chiesa di Santa Maria della Neve e l’attualità della pittura del Romanino, ci hanno spinto a riservare alla mostra, in via eccezionale, una sede tra le più prestigiose: la Chiesa del Romanino. In questo luogo, in cui da oltre cinquecento anni il messaggio evangelico si diffonde attraverso l’arte, le opere di Don Renato Laffranchi, già esposte in tutto il mondo, rinnoveranno il vivo dialogo tra pittura e fede. A Don Renato un ringraziamento particolare per aver profuso dedizione e sollecitudine apostolica nella sua opera pastorale ed artistica ed aver contribuito alla crescita umana e fraterna anche della nostra Comunità Pisognese. L'Assessore alla Cultura Pier Matteo Bertolini opere di Nato a Rivarolo Mantovano nel 1923, Renato Laffranchi ha compiuto studi classici e teologici a Brescia. È stato ordinato prete nel 1946 e dopo aver prestato la sua opera a Brescia e a Pisogne, è dal 1955 coadiutore presso la Parrocchia dei Santi Nazaro e Celso in città. Artista autodidatta, la sua produzione comprende dipinti su tela e su tavola, mosaici, affreschi e vetrate, con i quali interpreta in modo originale i temi sacri della tradizione cristiana ma anche la dimensione spirituale di altre civiltà, antiche e moderne. RENATO LAFFRANCHI nella Chiesa di Santa Maria della Neve a Pisogne dal 6 al 29 settembre 2008 Il Sindaco Oscar Panigada Ho cominciato a dipingere qui, nei miei lontani sette anni a Pisogne, e non avrei mai pensato che le mie povere cose potessero un giorno essere ospitate in questa chiesa della quale mi innamorai subito, convocandovi schiere di chierichetti per indimenticabili messe di Natale. Qualcuno ormai nonno mi ricorda ancora qualche inatteso scappellotto che trasformava una banda di piccoli selvaggi in una schiera non proprio angelica ma degna di cappelle papali. Portarvi qui il mio lavoro mi colma adesso di una riconoscenza tanto più commossa quanto spropozionato al suo valore è l’onore che i cittadini di Pisogne hanno la bontà – spero non l’avventatezza – di tributarmi. Ma mi fa anche tremare il cuore, per l’eccellenza artistica degli affreschi che mi circonderanno, con il rischio sicuro di un confronto al quale consento per il bene che ancora mi vogliono qui, ma che mi inquieterebbe meno evitare. Spero soltanto che il Romanino non si arrabbi troppo, sanguigno com’è; e che gli amici non ne siano troppo delusi. Don Renato Il tema dell’opera è la visione di San Giovanni al capitolo 12 dell’Apocalisse, con riferimenti ad altri passi scritturali. È l’aggressione del Male contro il Bene, il Conflitto che dura per tutta la storia annunciato dalla Genesi, al termine del quale il Male sarà schiacciato dal Figlio della Donna. Il Male è visto da Giovanni – e prima da Daniele – come una Bestia mostruosa, di colore rosso, con sette teste incoronate ed una grande coda che travolge parte delle stelle del cielo facendole precipitare sopra la terra. Le stelle cadenti sono il simbolo delle grandezze e delle potenze terrestri che lungo la storia si lasciano travolgere dal Male. Nelle sette teste sono qui individuati i sette Vizi Capitali: l’Ira, l’Avarizia, la Gola, la Superbia, l’Invidia, la Lussuria, l’Accidia. Essi sono incoronati poiché esercitano una nefasta regalità su molti cuori. Hanno le aureole per indicare una santità a rovescio per cui molti li adorano e li servono come dei. Il Bene è il Bambino, nato dalla Donna. Egli è l’invincibile Figlio di Dio, capace di distruggere ogni potenza omicida, ma combatte la sua guerra non nel fulgore della sua onnipotenza divina, ma nella umiltà inerme della nostra carne mortale. Egli ha le ali di un angelo, essendo stato annunciato come l’Angelo dell’Alleanza di pace. Alla truculenza feroce e agitata del Mostro egli oppone la ferma innocenza della sua santità. Una lunga lancia lo ferisce al costato, da cui sgorgano il sangue e l’acqua che Giovanni vide sgorgare dal corpo del Cristo sulla croce. L’Omicida uccide il Figlio dell’uomo. La stessa lancia, però, ferisce mortalmente il Mostro, dal cui ventre scorre il sangue nero e scoppiano i visceri. È morendo che il Cristo vince. Così l’Aggressore deve piegare il suo ginocchio davanti a Lui, il Signore. La Donna che presenta e accompagna il Figlio al confronto mortale è la Madre che Dio gli ha dato nel mondo, Maria. Ella è avvolta dalla gloria del sole, ha sotto i suoi piedi la luna, la circondano le dodici stelle. Sotto la sua luce il mondo liberato dalle ombre e rinnovato nella gioia celebra la vittoria sulla morte con il libero volo degli uccelli e con la festa dei fiori.