CELEBRAZIONE ECUMENICA DELLA PAROLA DI DIO “Voi sarete

CELEBRAZIONE ECUMENICA DELLA PAROLA DI DIO
“Voi sarete testimoni di tutto ciò”
(Luca 24,48)
Schema
Lo schema della celebrazione è volutamente semplice, secondo una precisa
scelta di facilitare l’adattamento alle varie situazioni locali, per permettere
che i cristiani di tutte le tradizioni possano senza difficoltà pregare insieme,
rispettando la loro diversità. È possibile ampliare alcune parti della
celebrazione. La semplicità della struttura – 1) incontro; 2) celebrazione
della parola di Dio; 3) intercessioni; 4) invio –, rende possibile l’uso del
materiale anche da parte di comunità che preferiscono adottare uno stile di
preghiera più libero e spontaneo.
Incontro
Inno di apertura. Durante il canto iniziale, la Bibbia o il Libro dei Vangeli
vengono portati in processione e posti sul lezionario, sulla mensa o
sull’altare, secondo l’uso locale.
Proclamazione di Luca 24
Inno di lode.
La proclamazione del vangelo può esser fatta da uno o più lettori: il
narratore, la voce di Cristo, gli angeli, i discepoli di Emmaus, e i discepoli
di Gerusalemme;
un’altra possibilità consiste nel cantare un versetto di lode fra la lettura
delle varie sezioni che compongono la pericope:
- il messaggio pasquale alla tomba (vv.1-12);
- l’apparizione ai discepoli sulla strada di Emmaus (vv.13-35),
- l’apparizione agli undici (vv.36-53).
Preghiere di ringraziamento e intercessione
Le preghiere di ringraziamento e di intercessione sono ispirate al materiale
proposto per ogni giorno della settimana.
Invio
Viene proposta, quale preghiera di impegno, una preghiera di un autore
cristiano scozzese, che esprime il nostro desiderio di ricevere la
benedizione del Signore nel presente e nel futuro, sia per il Movimento
ecumenico, che per l’evangelizzazione.
C= CELEBRANTE
L= LETTORE
T= TUTTI
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I. INCONTRO
Canto d’ingresso
Responsorio introduttivo
C: “Uno solo è il corpo, uno solo è lo Spirito, come una sola è la speranza
alla quale Dio vi ha chiamati”.
T: “Uno solo è il Signore, una sola è la fede, uno solo è il battesimo. Uno
solo è Dio, Padre di tutti, al di sopra di tutti, che in tutti è presente e
agisce”.
C: “Così sta scritto: il Messia doveva morire, ma il terzo giorno doveva
resuscitare dai morti. Per suo incarico ora deve essere portato a tutti i
popoli l’invito a cambiare vita e a ricevere il perdono dei peccati, [...]
cominciando da Gerusalemme”.
T: “Noi saremo testimoni di tutto ciò!”.
Indirizzo di benvenuto
Preghiera di apertura
C: O Cristo risorto,
sulla strada di Emmaus sei stato compagno dei discepoli.
Rimani accanto a noi, nel nostro percorso di fede,
in ogni incontro, nel cammino della vita.
Illumina la nostra comprensione cosicché possiamo accogliere gli altri,
e ascoltare le loro storie.
Ravviva nuovamente in noi il desiderio di proclamare la tua parola,
rendi i nostri cuori brucianti per il desiderio di darle testimonianza.
Possa il tuo Santo Spirito insegnarci l’arte di spiegare le Scritture
e aprire i nostri occhi per riconoscerti.
Donaci il coraggio di diventare vulnerabili,
perché i nostri fratelli e le nostre sorelle possano conoscere te attraverso di
noi, e noi conoscere te attraverso loro. Amen.
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II. CELEBRAZIONE DELLA PAROLA DI DIO
Canto di acclamazione al vangelo
Lettura del Vangelo di Luca cap. 24
Il primo giorno della settimana di buon mattino le donne andarono al
sepolcro di Gesù, portando gli aromi che avevano preparato per la
sepoltura. Videro che la pietra che chiudeva il sepolcro era stata spostata.
Entrarono nel sepolcro, ma non trovarono il corpo del Signore Gesù.
Le donne stavano ancora lì senza sapere che cosa fare, quando apparvero
loro due uomini con vesti splendenti. Impaurite, tennero la faccia abbassata
verso terra. Ma quegli uomini dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui
che è vivo? Egli non si trova qui ma è resuscitato! Ricordatevi che ve lo
disse quando era ancora in Galilea. Allora vi diceva: “È necessario che il
Figlio dell’Uomo sia consegnato nelle mani di persone malvagie e queste lo
crocifiggeranno. Ma il terzo giorno resusciterà”. Allora le donne si
ricordarono che Gesù aveva detto quelle parole. Lasciarono il sepolcro e
andarono a raccontare agli undici discepoli e a tutti gli altri quello che
avevano visto e udito. Erano Maria, nativa di Magdala, Giovanna e Maria,
madre di Giacomo. Anche le altre donne che erano con loro riferirono agli
apostoli le stesse cose. Ma gli apostoli non vollero credere a queste parole.
Pensavano che le donne avevano perso la testa.
Pietro però, si alzò e corse al sepolcro. Guardò dentro, e vide solo le bende
usate per la sepoltura. Poi tornò a casa pieno di stupore per quello che era
accaduto.
Quello stesso giorno due discepoli stavano andando verso Emmaus, un
villaggio lontano circa undici chilometri di Gerusalemme. Lungo la via
parlavano tra loro di quel che era accaduto in Gerusalemme in quei giorni.
Mentre parlavano e discutevano, Gesù si avvicinò e si mise a camminare
con loro. Essi però non lo riconobbero perché i loro occhi erano come
accecati. Gesù domandò loro: “Di che cosa state discutendo tra voi mentre
camminate?” Essi allora si fermarono, tristi. Uno di loro, un certo Clèopa,
disse a Gesù: “Sei tu l’unico a Gerusalemme a non sapere quel che è
successo in questi ultimi giorni? Gesù domandò: “Che cosa?”. Quelli
risposero: “Il caso di Gesù, il Nazareno! Era un profeta potente davanti a
Dio e agli uomini, sia per quel che faceva sia per quel che diceva. Ma i capi
dei sacerdoti e il popolo l’hanno condannato a morte e l’hanno fatto
crocefiggere. Noi speravamo che fosse lui a liberare il popolo d’Israele! Ma
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siamo già al terzo giorno da quando sono accaduti questi fatti. Una cosa
però ci ha sconvolto: alcune donne del nostro gruppo sono andate di buon
mattino al sepolcro di Gesù, ma non hanno trovato il suo corpo. Allora sono
tornate indietro e ci hanno detto di avere avuto una visione. Alcuni angeli le
hanno assicurate che Gesù è vivo. Poi sono andati al sepolcro altri del
nostro gruppo e hanno trovato tutto come avevano detto le donne, ma lui,
Gesù, non l’hanno visto”.
Allora Gesù disse: “Voi capite poco davvero; come siete lenti a credere
quel che i profeti hanno scritto! Il Messia non doveva forse soffrire queste
cose prima di entrare nella sua gloria? Quindi Gesù spiegò ai due discepoli i
passi della Bibbia che lo riguardavano. Cominciò dai libri di Mosè fino agli
scritti di tutti i profeti. Intanto arrivarono al villaggio dove erano diretti, e
Gesù fece finta di continuare il viaggio. Ma quei due discepoli lo
trattennero dicendo: “Resta con noi perché il sole ormai tramonta”. Perciò
Gesù entrò nel villaggio per rimanere con loro. Poi si mise a tavola con
loro, prese il pane e pronunziò la preghiera di benedizione; lo spezzò e
cominciò a distribuirlo. In quel momento gli occhi dei due discepoli si
aprirono e riconobbero Gesù, ma lui sparì alla loro vista. Si dissero l’un
l’altro: “Non ci sentivamo come un fuoco nel cuore, quando egli lungo la
via ci parlava e ci spiegava la Bibbia?”. Quindi si alzarono e ritornarono a
Gerusalemme. Là, trovarono gli undici discepoli riuniti con i loro
compagni. Questi dicevano: “Il Signore è veramente risorto ed è apparso a
Simone”. A loro volta i due discepoli raccontavano quel che era loro
accaduto lungo il cammino, e dicevano che lo avevano riconosciuto mentre
spezzava il pane.
Gli undici apostoli e i loro compagni stavano parlando di queste cose. Gesù
apparve in mezzo a loro e disse: “La pace sia con voi!”. Sconvolti e pieni di
paura, essi pensavano di vedere un fantasma. Ma Gesù disse loro: “Perché
avete tanti dubbi dentro di voi? Guardate le mie mani e i miei piedi! Sono
proprio io! Toccatemi e verificate: un fantasma non ha carne e ossa come
vedete che io ho. Gesù diceva queste cose ai suoi discepoli e intanto
mostrava loro le mani e i piedi. Essi però, pieni di stupore e di gioia, non
riuscivano a crederci: era troppo grande la loro gioia! Allora Gesù disse:
“Avete qualcosa da mangiare?” Essi gli diedero un po’ di pesce arrostito.
Gesù lo prese e lo mangiò davanti a tutti. Poi disse loro: “Era questo il
senso dei discorsi che vi facevo quando ero ancora con voi! Vi dissi
chiaramente che doveva accadere tutto quel che di me era stato scritto nella
legge di Mosè, negli scritti dei profeti e nei salmi! Allora Gesù li aiutò a
capire le profezie della Bibbia. Poi aggiunse: “Così sta scritto: il Messia
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doveva morire, ma il terzo giorno doveva resuscitare dai morti. Per suo
incarico ora deve essere portato a tutti i popoli l’invito a cambiare vita e a
ricevere il perdono dei peccati. Voi sarete testimoni di tutto ciò
cominciando da Gerusalemme. Perciò io manderò su di voi lo Spirito Santo,
che Dio, mio Padre, ha promesso. Voi però restate nella città di
Gerusalemme fino a quando Dio non vi riempirà con la sua forza”.
Poi Gesù, condusse i suoi discepoli verso il villaggio di Betania. Alzò le
mani sopra di loro e li benedisse. Mentre li benediceva si separò da loro e fu
portato verso il cielo. I suoi discepoli lo adorarono. Poi tornarono verso
Gerusalemme, pieni di gioia. E stavano sempre nel tempio lodando e
ringraziando Dio.
Omelia / Meditazione
“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (Lc 24,5)
A che si deve la domanda piena di “rimprovero” degli angeli?
La sorpresa e la perplessità delle donne davanti al sepolcro vuoto
dimostrano che, nonostante la loro dedizione religiosa o forse proprio a
causa di essa, non possono neanche sospettare e credere al fatto evidente e
sostanziale: la resurrezione di Cristo. Così, anche se eseguiscono
fedelmente i loro compiti religiosi, rimangono attaccate al passato (la
Legge), non potendo accorgersi dello sconvolgente presente (la
Risurrezione) e, ovviamente, pregustare il futuro senza fine (l’eschaton).
Trasportando le suddette osservazioni al quadro della problematica
ecumenica, possiamo dire che le confessioni cristiane o le comunità dei
credenti di oggi, sembrano spesso ingabbiate dalla propria tradizione
culturale, linguistica e stilistica particolare che si è sviluppata lungo i
secoli in assenza delle altre, o contro di esse. La dedizione “religiosa” al
compito di conservare intatta e di difendere la propria fisionomia culturale
nei confronti delle altre, delle diverse, infine impedisce il discernere della
verità unica ed essenziale, che giudica, sorpassa ma anche completa la
parzialità e la relatività di ogni tradizione culturale. Alla fine dei conti, e
analogamente alla fedeltà religiosa e all’incertezza delle donne del brano
biblico in esame, il desiderio ardente dei cristiani di oggi e il loro zelo per
la difesa della propria tradizione, ossia del passato particolare, risulta
tanto giustificato dal punto di vista religioso quanto incapace di vedere la
verità ultima, la risurrezione di Cristo.
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Le donne dopo la sorpresa e la perplessità si sentono impaurite. Appunto
perchè la verità della Risurrezione scuote le certezze della tradizione e la
sicurezza psicologica, sentimentale ma anche metafisica offerta dalla sua
conservazione. Coloro che hanno lavorato anche per poco sul terreno del
rapporto tra i cristiani sanno bene che i problemi e gli ostacoli che rendono
la visione dell’unità piena ancora più lontana, non si devono a controversie
concernenti le sottili formulazioni dogmatiche, le diversità liturgiche o altre
questioni teologiche e pastorali; si devono maggiormente all’attivazione
dei meccanismi di difesa psicologici che poi si manifestano o con
un’indifferenza totale o con slogan semplicistici e aforismi verbali nel
quadro di un particolare e molto aggressivo estremismo confessionale.
In tutto il contesto è evidente un contrasto intenso tra la tristezza e la gioia
o tra il buio di una provvisorietà disperata e la luce festosa dell’eschaton,
che penetra e attraversa il mondo e la storia, grazie all’«evento Cristo». La
sensibilità teologica di san Luca in proposito è tanto grande che il suo
Vangelo è noto come il «vangelo della gioia».
I diversi aspetti della gioia risultano ancor più intensi, in contrasto alla
tristezza che aveva conquistato l’animo delle donne del brano lucano ma
anche l’animo dei discepoli di Cristo dopo il Suo arresto. Intanto, se ci
interessano questi termini non è perchè indicano soltanto cambiamenti
psicologici o sbalzi sentimentali, ma perchè costituiscono i segni tangibili
di certi stati spirituali. La tristezza, il lutto e la desolazione sono collegati
alla paura, alla poca fede, alla disperazione ma anche all’ipocrisia di una
religiosità convenzionale, condannata tanto aspramente da Cristo stesso. E
certo, per tornare all’ultimo capitolo del terzo Vangelo, questi segni
spirituali scaturiscono sia da una scarsa conoscenza delle profezie e del
loro avveramento sia dal dubbio sull’identità messianica di Cristo. Al
contrario, la gioia è collegata all’accettazione della chiamata divina e
all’esperienza della Pentecoste personale, alla condivisione delle
sofferenze di Cristo, ma anche all’«apertura della mente», alla speranza e
all’attesa della beatitudine celeste; infine, alla preghiera di lode.
In conclusione, diremmo che se dobbiamo sottolineare un segno valido che
indichi la via verso l’unità e una prova inconfutabile che dimostri che la
speranza ecumenica rimane viva, questo è la gioia evangelica. Cioè tutto
quello che rimanda ed esprime, favorisce e testimonia la unica cosa
sostanziale: il crollo dello stato della morte e la certezza della Risurezzione
di Cristo e della conrisurrezione di tutta l’umanità. Non è un caso che la
gioia, come manifestazione della riconciliazione, del perdono e dell’amore,
costituisca l’ultimo e cruciale criterio per la partecipazione o
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l’autoesclusione dal Regno di Dio. Il fratello maggiore della parabola
biblica, trinceratosi dietro le argomentazioni della sua mentalità legalista,
religiosa e impiegatizia, rifiuta di rallegrarsi del ritorno di suo fratello e
così il suo posto alla mensa festosa dell’Amore Paterno rimane vuoto.
Panaghiotis Ar. Yphantis teologo ortodosso
“Di che cosa state discutendo tra voi mentre camminate?” (Lc 24,17)
Lo scoraggiamento e lo sconforto dei discepoli di Emmaus nel loro viaggio
trovano una corrispondenza nello scoraggiamento e nello sconforto di
quanti hanno messo tante speranze e tanto impegno per affrettare il giorno
della riconciliazione dei cristiani. Allontanandosi da Gerusalemme,
raffreddandosi nella loro fede in Gesù di Nazareth, i due discepoli sono il
simbolo di quanti si stanno raffreddando nelle loro speranze circa la
possibilità di ricomporre le divisioni fra le chiese. Essi avevano inteso la
missione di Gesù come rivolta alla restaurazione dell’indipendenza
d’Israele, confidavano in un Messia trionfatore su tutti i nemici, e questo
atteggiamento corrisponde alla speranza di una ricomposizione dell’unità
con effetti plateali e ben visibili di fronte al mondo, capace di confermare
una volta di più il trionfo della chiesa sul piano storico.
“Noi speravamo..”, di una speranza che sembra ormai disattesa. I discorsi
pieni di amarezza e di scoraggiamento che i due discepoli fanno fra loro
lungo la via anticipano i discorsi pessimisti e disillusi che ascoltiamo tante
volte da parte di tanti fratelli e sorelle che avevano riposto le loro speranze
nell’avventura ecumenica. “Siamo nell’inverno dell’ecumenismo, le
speranze suscitate dal Vaticano II sono state deluse, le chiese stanno
tornando indietro nella ricerca della loro identità. I dialoghi
interconfessionali non hanno condotto a risultati concreti e non hanno
determinato nessun cambiamento nella vita delle chiese. Gli stessi
rinnovamenti attesi nelle diverse chiese non hanno avuto luogo, anzi si
ritorna alle prassi confessionali che maggiormente dividono le chiese fra
loro.”
Nessun conforto dall’incontro con altri discepoli, ma un confermarsi a
vicenda le proprie disillusioni. Un clima di tristezza e di scoraggiamento
dal quale i discepoli non sanno trarsi fuori, che fa venir meno la
determinazione per il servizio dell’unità, e che induce ad allontanarsi
disamorati e in punta di piedi da tutte le chiese.
Leggendo questa parte del racconto ci rendiamo innanzitutto conto del
fatto che forse i nostri discorsi sull’ecumenismo sono il frutto di un
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fraintendimento del disegno di Dio sulla sua chiesa. Nessun evento
straordinario deve essere atteso, il suo disegno di amore intorno alla
chiesa e all’umanità intera non si realizza attraverso avvenimenti eclatanti,
per la via di successi esteriori, ma attraverso un cammino paziente e
silenzioso nel quale non è assente la croce e la sofferenza, un cammino
costituito da dialoghi, da incontri, da una ritrovata fraternità, nel quale
giorno dopo giorno i suoi discepoli sono coinvolti. E tuttavia proprio per
questa via si sta realizzando la sua preghiera “che tutti siano una cosa
sola, affinché il mondo creda”. Nonostante tutte le resistenze e tutte le
infedeltà dei discepoli, i cuori si allargano ad accogliere i cristiani che
appartengono sul piano visibile ad altre comunità, le menti sono guidate a
comprendere quanto secondarie siano le ragioni invocate per difendere le
separazioni, gli orizzonti ecclesiali si dilatano sino ad abbracciare tutti
coloro che per la fede e il battesimo sono diventati discepoli dell’unico
Signore. Le stesse comunità cristiane cominciano ad ascoltare gli inviti al
rinnovamento, sono disposte sempre più a una purificazione nella loro fede
e nella loro prassi, che potrebbe giungere a chiedere alle chiese anche in
una certa misura di morire a se stesse per entrare nella gloria di una
risurrezione in una chiesa finalmente pienamente unita. Come la
risurrezione di Cristo è avvenuta senza alcuna visibilità e risonanza
esteriore, nel silenzio di tutte le cose, così avviene per la restaurazione
dell’unità dei cristiani, che si realizza giorno dopo giorno nel silenzio del
cuore di innumerevoli credenti.
Solo quando i cristiani e le chiese avranno imparato a superare il proprio
individualismo e le proprie chiusure, aprendosi all’ospitalità e
all’accoglienza nei confronti dei fratelli e delle sorelle, anche
apparentemente sconosciuti, essi avranno imparato a riconoscere la
presenza del Signore nelle diverse chiese, perché “là dove due o tre sono
riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Solo quando avranno
imparato a ospitare nei loro cuori i fratelli delle altre chiese, potranno
mostrare che il regno di Dio è venuto, e che il disegno di Dio sulla chiesa si
è compiuto. Forse solo quando le chiese saranno sollecite e ospitali le une
nei confronti delle altre esse potranno accogliere pienamente il Signore, e
il suo disegno di amore sulla chiesa. Forse oseremmo dire che solo
praticando l’ospitalità sino a giungere insieme allo spezzare del pane, si
rivelerà in pienezza quanto già esiste l’unità che Dio vuole per la sua
chiesa. Mentre tutti gli accorgimenti e le remore che si frappongono alla
pratica di questa ospitalità, ci impediscono anche di scorgere il Signore
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vivo e presente in mezzo ai suoi, capace di fare cammino con loro sino alla
fine del mondo.
Dopo avere riconosciuto Gesù allo spezzare del pane, i discepoli si
rimettono in viaggio con urgenza verso Gerusalemme, tornando a quello
che è il luogo simbolico della salvezza, mostrando di essere stati rigenerati
anch’essi alla fede e alla speranza. Questo viaggio a ritroso in una sera di
primavera che sembra non avere più fine sono invitati a compierlo anche i
viandanti dell’ecumenismo, che la Parola di Dio aiuta a superare tutti
discorsi improntati all’amarezza e alla delusione, che li rendono incapaci
di riconoscere le meraviglie che già il Signore ha operato nella sua chiesa
nel cammino verso la piena riconciliazione.
Una volta che si sono aperti i loro occhi alla presenza del Signore operante
nella sua chiesa, essi riconoscono che l’unità è molto più vicina di quanto
osassero pensare, anzi essa è già presente nel comune battesimo e nella
comune fede nel Risorto. Così anche essi possono intraprendere il viaggio
di ritorno verso Gerusalemme, non più parlando fra di loro di tutte le
delusioni che hanno patito e di tutti i loro sogni che non si sono avverati,
ma conversando lietamente della speranza che li abita e confortandosi a
vicenda nel cammino verso un Regno che è già, invisibile ma reale, in
mezzo a noi.
Giovanni Cereti presbitero cattolico
“Il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella
sua gloria?” (Lc 24, 26)
Lutero intende parlare di Dio a partire dal Crocifisso soltanto... Le
intenzioni fondamentali di Lutero vengono riprese nel XX secolo con
rinnovata energia, prima da Bonhoeffer, poi da autori come Moltmann e
Jüngel oltre che, sul piano esegetico, da Ernst Käsemann. Il titolo di
un’opera di Moltmann, Il Dio crocifisso, indica bene il contenuto di tale
progetto. La croce di Gesù determina l’identità di Dio: egli non è
l’Impassibile, bensì colui che assume la morte nella propria vita ed esercita
non proiezione all’infinito dell’idea umana di potenza, bensì l’onnipotenza
dell’amore, che attraversa la sofferenza e la morte. In forme diverse, queste
idee divengono, se non patrimonio comune, certo un tema molto
frequentato dalla teologia del Novecento e di questo inizio di XXI secolo. Il
Dio che soffre non è necessariamente debole, anzi: nel dolore vissuto per
amore vi è precisamente la forza che accompagna e che salva. Essa chiama
a una prassi di com-passione, in obbedienza al Dio che com-patisce. Si
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tratta, anche, di una prassi di lotta e di opposizione, che si schiera a fianco
dei perdenti di questo mondo e che non rivendica potere né privilegi
ecclesiastici, bensì offre la testimonianza della pazzia e della debolezza di
Dio, che però sono più sapienti e più forti degli uomini (cfr. I Cor. 1,25).
Intesa in questo modo, la parola della croce determina ciò che potremmo
chiamare lo stile della fede. Non si può predicare il Dio crocifisso senza
tentare, almeno, di camminare insieme ai crocifissi della storia e ciò chiede
una prassi corrispondente...
La croce e l’Unità
Quale croce predichiamo? Nessuna chiesa può esimersi da questa
domanda. Non mi sembra retorico affermare che il Signore stesso ce la
rivolge. Può essere positivo che le chiese chiedano oggi perdono per tutte
le volte che, in passato, la croce di Gesù e quella di Costantino sono state
confuse: tale richiesta di perdono è risuonata anche autorevolmente, anche
con molto clamore. Più importante della critica degli errori dei nostri padri
(le madri, in questo caso, c’entrano meno…) nella fede, è però la
conversione nostra... La più vistosa caratteristica del dibattito ecumenico
degli ultimi decenni è costituita da una concentrazione, che a volte pare
realmente ossessiva, sulle tematiche ecclesiologiche, in particolare su
quelle relative al ministero. Le chiese, cioè, discutono di se stesse, con gli
esiti non propriamente entusiasmanti che risulta agevole constatare. Negli
anni Cinquanta del secolo scorso, sulla scia dell’assemblea ecumenica di
Lund, si diceva che nella misura in cui le chiese si avvicinano al Cristo, si
avvicinano anche tra loro. Si tratta di un assioma ripetuto anche oggi
volentieri nei circoli ecumenici, ma assai poco praticato. La chiesa
ortodossa ha reso attento il movimento ecumenico al rischio di una certa
ipertrofia cristologica, qualche volta indicata con l’infelice espressione
“cristomonismo”, ipertrofia che rischierebbe di mettere in ombra, o
addirittura di mutilare, la dimensione pneumatologia e quindi l’equilibrio
trinitario della fede e della teologia. In questa osservazione vi è una
particula veri, anche se non sono sicuro che il movimento ecumenico abbia
saputo, finora, valorizzarla nel modo più opportuno. Una robusta
pneumatologia (che è più o meno l’opposto di una retorica spiritualoide)
potrebbe in effetti contribuire ad aprire orizzonti nuovi in una discussione
ecumenica sempre più asfittica. Quel che di fatto è successo, però, è
tutt’altro: alla concentrazione cristologica (senza la quale, peraltro,
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nessuna pneumatologia cristiana è possibile, come dovrebbe essere ovvio)
si è appunto sostituita l’ossessione ecclesiologica e ministeriale....
Anche letta nella prospettiva del dialogo ecumenico, dunque, la parola
della croce è destabilizzante per le chiese e per il loro ecumenismo; è
critica, scomoda. Non però terroristica. Perché il Dio del Crocifisso ama
anche i peccatori e le peccatrici ecclesiastici. Forse c’è un sorriso di Dio
anche per il nostro ecumenismo preoccupato principalmente di chi sieda
alla destra e alla sinistra di Gesù, di chi abbia i primi posti, di chi sia
l’interprete accreditato; ... Forse, sotto la croce e nelle difficoltà che tale
posizione porta con sé, ci è dato anche di riscoprire anche questo sorriso,
critico ma paziente e carico di affetto, del nostro Dio. E poiché, con tutta
evidenza, da qualche parte dovremo pur ricominciare questo cammino
ecumenico al momento così sgangherato, perché non ripartire proprio da
qui?
Fulvio Ferrario pastore e teologo valdese
Dalle Fonti Francescane (2 Cel 105; FF 692))
S. Francesco, esortato alla lettura della scrittura, espone ad un frate quale sia la
sua scienza
Francesco era infermo e pieno di dolori da ogni parte. Vedendolo così, un
giorno gli disse un suo compagno: «Padre, tu hai sempre trovato un rifugio
nelle Scritture; sempre ti hanno offerto un rimedio ai tuoi dolori. Ti prego
anche ora fatti leggere qualche cosa dai profeti: forse il tuo spirito esulterà
nel Signore» (Cfr Lc 1,47). Rispose il Santo: «È bene leggere le
testimonianze della Scrittura, ed è bene cercare in esse il Signore nostro
Dio. Ma, per quanto mi riguarda, mi sono già preso tanto dalle Scritture, da
essere più che sufficiente alla mia meditazione e riflessione. Non ho
bisogno di più, figlio: conosco Cristo povero e Crocifisso» (1Cor 2,2).
Inno
Scambio della pace
C: Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”,
non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa. Per
compiere la tua volontà, dona questa pace alla tua Chiesa e conducila
alla perfetta unità, Tu che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo nei
secoli dei secoli. T: Amen.
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C: La pace del Signore sia sempre con voi.
T: E con il tuo spirito.
Credo niceno-costantinopolitano
C: Ed ora uniamo le nostre voci nel professare insieme il Credo nicenocostantinopolitano.
Il Simbolo di Nicea-Costantinopoli qui riportato è quello utilizzato durante il III
Incontro della Conferenza delle chiese europee (KEK) e il Consiglio delle
conferenze episcopali europee (CCEE), Riva del Garda, 1984.
T:
Noi crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Noi crediamo in un solo Signore, Gesù Cristo,
Unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli.
Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero,
generato, non creato della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo.
E per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato. Morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture,
è salito al cielo, siede alla destra del Padre
e di nuovo verrà per giudicare i vivi e i morti,
e il suo regno non avrà fine.
Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita,
e procede dal Padre.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti.
Crediamo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Professiamo un solo battesimo per il perdono dei peccati,
aspettiamo la resurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà. Amen.
Offerta e inno
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III. INTERCESSIONI
C: O Dio Padre, creatore e salvatore,
ti lodiamo per tutte le diverse comunità che insieme intendono confessare,
in parole e opere,
la loro fede nel tuo Figlio risorto, che ci dona la vita.
Fa’ che noi possiamo progredire nel nostro impegno ecumenico,
Fa’ che siamo più uniti sia nel renderti grazie per la creazione,
sia nel nostro agire insieme per portare vita.
Kyrie Eleison (o responsorio alternativo)
C: O Dio Padre, che ti sei rivelato a noi nella storia,
ti rendiamo grazie per essere con noi e per averci donato il tuo Figlio,
che ci ha mostrato il tuo amore e ha condiviso la tua gloria.
Guida i passi di tutti coloro che testimoniano il vangelo verso la perfetta
unità nell’ascolto attento e paziente delle culture e della storia dei
popoli.
Kyrie Eleison
C: O Dio Padre che non ci abbandoni mai,
ti ringraziamo per l’esperienza del Cristo risorto fatta dai due discepoli
di Emmaus.
Concedi anche a noi di percepire la presenza del tuo Figlio risorto.
Apri la nostra mente e riscalda i nostri cuori
affinché possiamo rendere testimonianza alla tua presenza viva,
nella potenza della resurrezione del Tuo Figlio.
Kyrie Eleison
C: O Dio Padre da cui proviene ogni dono perfetto, ti rendiamo grazie
perché dall’inizio dei tempi, e di generazione in generazione, non hai
mai cessato di suscitare quella “grande folla di testimoni” che hanno
trasmesso la fede degli apostoli san Niniano, san Colombano,...
(L’assemblea a questo punto può menzionare missionari e martiri del
luogo).
Ti preghiamo affinché possiamo rimanere costanti in questa fede
che abbiamo abbracciato, e trovare nuove strade per diffondere il
vangelo.
Kyrie Eleison
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C: O Dio Padre compassionevole, ti ringraziamo perché hai riconciliato il
mondo attraverso la croce di tuo Figlio. Accresci la nostra fede, perché,
insieme a Cristo e seguendo il suo esempio, possiamo dare alle nostre
chiese e a ciascuno di noi, la forza per sostenere efficacemente le
persone nella loro vita, sofferenza e morte.
Kyrie Eleison
C: O Dio Padre, poniamo in te la nostra speranza e ti lodiamo per la
promessa di Gesù: “Ecco io sono con voi sino alla fine del mondo”. Tu
conosci i dubbi che assillano il nostro cuore nel cammino verso l’unità;
donaci il coraggio di denunciare chiaramente, sull’esempio dei pionieri
ecumenici del 1910, le paure odierne e di riaffermare chiaramente oggi,
nel 2010, la nostra fiducia nel compimento della tua volontà.
Padre Nostro
C: Preghiamo ora insieme con le parole che Gesù ci ha insegnato:
T:
Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà
come in cielo anche in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non indurci in tentazione
ma liberaci dal Male.
Tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.
Amen.
IV. INVIO
Preghiera di impegno
C: Preghiamo:
T: O Dio Padre,
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da dove siamo guidaci verso dove Tu vuoi che andiamo;
rendici non solo semplici custodi di un’eredità,
ma segni vivi del tuo regno che viene;
infiammaci di passione per la giustizia e la pace fra i popoli;
donaci la fede, la speranza e l’amore che incarnano il vangelo;
e per la potenza dello Spirito Santo, rendici una cosa sola.
Perché il mondo creda, perché il tuo nome sia intronizzato far le
nazioni, perché la tua Chiesa sia davvero il tuo Corpo,
noi rinnoviamo il nostro impegno ad amarti, servirti,
a seguirti come pellegrini, e non da stranieri.
(ACTS - Dalla celebrazione inaugurale di Action of Churches Together in
Scotland)
Benedizione
C: La grazia del Signore Gesù Cristo,
l’amore di Dio Padre
e la comunione con lo Spirito Santo
sia sempre con voi.
T: E con il tuo spirito.
Invio in missione
C: Oggi il Signore risorto ci dice: “Come il Padre ha mandato me, io mando
voi”.
T: Amen.
C: Ci è stato annunciato l’evangelo della resurrezione di Gesù: “Noi saremo
testimoni di tutto ciò”. Andate, dunque, nella pace di Cristo. Alleluia!
T: Rendiamo grazie a Dio! Amen, alleluia!
Canto finale
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