Scattering elettrone-protone e struttura degli adroni

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Struttura
St
tt
degli adroni
e modello
d ll a
partoni
•Scattering elastico elettrone
elettrone--protone.
•Sezione d'urto di Rutherford, di Mott e di
Rosenbluth.
•Risultati dell
dell'esperimento
esperimento di Hofstadter.
• Invarianza dalla scala.
•Scattering anelastico elettroneelettrone-protone.
• Scaling di Bjorken.
•Funzioni di struttura.
•Ipotesi dei partoni.
•Relazione di CallanCallan-Gross.
Gross
•Quark di valenza e quark del mare.
•Cenni alla violazione dello scaling.
1
Scattering elettrone
elettrone-protone
• Scattering elastico:
negli anni 50’ Hofstadter utilizzò elettroni
da 100-500 MeV per sondare la
distribuzione di carica dei nuclei.
nuclei
I risultati degli esperimenti mostrarono che
il protone non è una particella puntiforme e
permisero di misurarne la dimensione.
• Scattering anelastico:
nel 1967 Friedman, Kendall e Taylor
iniziarono una serie di esperimenti a SLAC
con elettroni fino a 20 GeV per studiare la
struttura interna del protone ed andare alla
ricerca dei quark.
Gli esperimenti mostrarono che il protone
è composto da particelle puntiformi.
2
Scattering elastico elet.elet.-protone
protone::
variabili cinematiche
e−
e
•
−
k=(E,k)
θ
p=(M,0)
k'=(E',k')
p'=(Er ,pr )
Nello
N
ll scattering
tt i
sii misurano
i
solo
l lle
grandezze relative all’elettrone, vale a dire:
– energia iniziale E
– energia finale E’
– angolo di diffusione θ
•
Dalla conservazione del quadrimpulso si ha:
k μ + pμ = kk' μ + p ' μ
( k μ + pμ ) = ( k'μ + p 'μ )
2
Er = E + M − E '
; pp'r = k − k '
2
k μ k μ + pμ p μ + 2k μ p μ = k' μ k μ '+ p ' μ p μ '+ 2k ' μ p μ '
me2 + m 2p + 2k μ p μ = me2 + m 2p + 2k ' μ p μ '
kμ p μ = k 'μ p μ '
Valida solo per
urti elastici
3
Scattering elastico elet.elet.-protone
protone::
variabili cinematiche
e−
e
−
k=(E,k)
θ
p=(M,0)
k'=(E',k')
Er = E + M − E '
p'r = k − k '
p'=(Er ,pr )
kμ p μ = k 'μ p μ '
EM-0 = E ' Er − k '⋅ pr = E '( E + M − E ') − k '⋅ ( k − k ')
EM = E ' E + E ' M − ( E ' ) − kk ' cos θ + ( k ' )
2
•
2
Trascurando la massa dell’elettrone si ha:
( E ')
2
− ( k ' ) = me2 = 0
2
E
E' =
1+
E' =
; k=E ; k'=E'
E
(1 − cos θ )
M
E
2E 2 θ
1+
sin
2
M
N.B. E’=E per M→∞
4
Scattering elettroneelettrone-protone:
quadrimpulso trasferito
•
Si assume che nell’interazione venga
scambiato un solo fotone.
k'=(E',k')
(E ,k )
e− k
k=(E,k)
e−
e−
θ
q
p
Dalla conservazione del qudrimpulso si ha:
K μ = K ' μ + qμ
qμ2 =
(K
⇒ qμ = K μ − K ' μ
− K ' μ ) = K μ K μ + K ' μ K ' μ − 2 K μ K ' μ = 2me2 − 2 K μ K ' μ
2
μ
−2 K μ K ' μ
qμ2 = −2 ( EE '− KK ' cos θ ) = −2 EE ' (1 − cos θ ) = −4 EE 'sin 2
θ
2
Si preferisce utilizzare la variabile positiva Q2
Q 2 = − q 2 = 4 EE ' sin 2
θ
2
N.B. questa relazione è valida anche per uno
scattering anelastico, dove E ed E’ sono variabili
indipendenti. Nel caso di scattering elastico si ha:
E' =
E
2E 2 θ
1+
sin
2
M
5
Setup di Hofstadter (1956)
Nel 1953-55 Hofstadter e collaboratori
eseguirono diversi esperimenti per misurare la
dimensione e la struttura di diversi nuclei.
Nel 1956 Hofstadter e McAllister utilizzarono un
bersaglio gassoso di idrogeno o elio per studiare
la dimensione del protone e del neutrone.
Fascio: elettroni da 188 MeV
Bersaglio:
g
p
protoni o elio
Spettrometro per misurare l’angolo dell’elettrone diffuso. L’angolo θ varia da 35° a 138°
6
Esperimento di Hofstadter
Hofstadter::
energia dell’elettrone diffuso
E
E'
θ
Il grafico mostra la correlazione tra l’energia
dell’elettrone diffuso e l’angolo di diffusione.
E' =
E
E
2E 2 θ
1+
sin
2
M
Q 2 =4EE'sin 2
θ
2
Nello scattering elastico E’
E eθ
non sono variabili indipendenti
Ad angoli
g diversi
corrisponde un Q2 diverso
7
Alcuni valori di E’
E e Q2
E(GeV)
θ (gradi)
E’ (GeV)
Q2 (GeV 2)
0.188
60
0.171
0.03
0.188
120
0.145
0.08
05
0.5
60
0 395
0.395
0 20
0.20
0.5
120
0.278
0.59
2
60
0.97
1.94
2
120
0.48
2.86
5
60
1.36
6.82
5
120
0 55
0.55
8 34
8.34
E' =
E
E
2E 2 θ
1+
sin
2
M
Q 2 =4EE'sin
4EE' i 2
θ
2
8
Risultati di Hofstadter
μp=2.79
Protone
puntiforme
• I dati suggeriscono che il protone ha una
struttura. Hofstader e McAllister ricavarono che il
protone ha un raggio medio di:
r = ( 0.74 ± 0.24 ) ×10−13cm
9
Formula di Rutherford
Consideriamo dapprima la diffusione Coulombiana di un
elettrone da parte di un protone in quiete.
pi
e−
e−
pf
Se l’elettrone fosse senza spin e
il p
protone avesse massa
infinita, avremmo lo scattering
di Rutherford:
θ
q
p
dσ
α2
4θ
=
sin
2
d Ω 4 pi2
Notare la dipendenza 1/p2
• L’impulso trasportato dal fotone vale:
q = pi − pf
⇒
q2 = pi2 + pf2 − 2 pi i pf
• Se il protone ha massa infinita, l’elettrone conserva la
sua energia cinetica: ⇒ p = p
i
⇒
f
q2 = 2 pi2 (1 − cos θ ) = 4 pi2 sin2
θ
2
• Inoltre: dΩ = 2π sinθ dθ = 2π d (-cosθ )
dq2 = 2 pi2d ( − cos θ )
dσ
2
dq
=
4πα 2
q
4
⇒
dΩ=
π
pi2
dq2
Formula di Rutherford
10
Sezione d’urto di Mott
e−
pf
pi
e−
θ
q
p
p
•
Consideriamo ora la spin dell’elettrone e consideriamo
il rinculo del protone. Il protone viene ancora consid
derato
come una particella
ll puntiforme
f
priva d
di spin.
Otteniamo in questo modo la sezione d’urto di Mott.
⎛ dσ ⎞
⎜
⎟
⎝ d Ω ⎠ Mott
•
θ = angolo di scattering dell’elettr.
M = massa del protone
E = energia dell’elettrone incidente
⎛ϑ ⎞
cos 2 ⎜ ⎟
⎛ dσ ⎞
⎝2⎠
=⎜
⋅
⎟
⎝ d Ω ⎠ Rutherford 1 + 2 E sin 2 ⎛ ϑ ⎞
⎜ ⎟
M
⎝2⎠
Dalla formula si vede che per θ=π la sezione d’urto è
nulla. Questo è in relazione con ll’elicità
elicità dell’elettrone
dell elettrone e
nell’aver considerato il protone privo di spin.
L’elettrone deve fare
uno spin-flip, che
non può essere fatto
se il protone ha spin
zero.
11
Sezione d’urto di “Dirac
“Dirac””
• La sezione d’urto di Mott tiene conto solo
dell’interazione elettrica tra la carica
dell’elettrone e quella del protone, ma non tiene
conto dell’interazione tra gli spin.
• La sezione d’urto può essere migliorata
introducendo nel calcolo anche lo spin del
protone, considerato come una particella
puntiforme di Dirac di spin ½.
• L’elettrone
L’ l tt
interagirà
i t
i à pertanto
t t sia
i con la
l carica
i
che con il momento magnetico del protone (che
sappiamo essere diverso da quello previsto da
Dirac per una particella puntiforme).
• L
L’interazione
interazione magnetica è associata allo spinflip del protone, quindi viene privilegiato lo
scattering a 180o.
La sezione d’urto si può scrivere come:
⎛ dσ ⎞
⎛ dσ ⎞
=
⎜
⎟
⎜
⎟ ⋅
⎝ d Ω ⎠ Dirac ⎝ d Ω ⎠ Mott
⎡
Q2
2 ⎛ θ ⎞⎤
1+
tan
⎜ ⎟⎥
⎢ 2M 2
⎝ 2 ⎠⎦
⎣
IInterazione
t
i
magnetica:
ti
importante a grandi angoli
e a grandi valori di Q2
12
Momento magnetico
μ =
q
L
2m
μ g
μ=g
q
qh
S
2m
Momento magnetico di una particella
con carica q, massa m e momento
angolare orbitale L
S=spin; g=rapporto giromagnetico.
giromagnetico
Classicamente g=1
• La teoria di Dirac prevede che l’elettrone abbia g=2
(ed ovviamente spin 1/2ħ)
μe=
eh
eV
≈ 5.79×10-5
2me
T
Magnetone di Bohr
• Sostituendo nella formula la massa dell’elettrone con
la massa del protone, abbiamo il magnetone nucleare
μN=
eh
eV
≈ 3.1525×10-8
2mN
T
• I valori misurati del momento magnetico del
protone e del neutrone sono:
μP=
gp
2
⋅ μN=+2.79 ⋅ μN ; μn=
gn
⋅ μN= − 1.91 ⋅ μN
2
• Se fossero state due particelle di Dirac avvremmo avuto:
μP = μN
; μn = 0
•Q
Quindi la p
parte anomala del momento magnetico,
g
espressa in termini di magnetone nucleare, vale:
κP = 1.79
; κn = -1.91
13
Sezione d’urto di “Dirac
“Dirac”” con
momento magnetico anomalo
• Rosembluth eseguì il calcolo della sezione d’urto
tenendo conto del momento magnetico anomalo
del protone e considerando il protone come una
particella NON puntiforme.
• Questo comporta l’introduzione di due fattori di
forma che tengano conto della distribuzione
della carica e della “corrente” all’interno del
protone.
• Qui
Q i sotto
tt riportiamo
i
ti
l’
l’espressione
i
d
della
ll sezione
i
d’urto di Rosembluth nel caso in cui q→0.
In questo caso la sezione d’urto differisce da
quella di Dirac soltanto per la presenza del
momento magnetico anomalo.
⎡⎛ κ 2Q 2 ⎞ Q 2
⎛ dσ ⎞
⎛ dσ ⎞
2 ⎛ θ ⎞⎤
1+
+
1
tan
κ
=
⋅
+
(
)
⎢
⎟
⎜ ⎟⎥
⎜
⎜
⎟
b.
d Ω ⎠ Mott ⎣⎜⎝ 4 M 2 ⎟⎠ 2 M
⎝ d Ω ⎠ qRosem
⎝
⎝ 2 ⎠⎦
→0
Come si vede, a parità di Q2 trasferito si ha:
⎛ dσ ⎞
⎛ dσ ⎞
⎛ dσ ⎞
>
>
⎜
⎟
⎜
⎟
⎜
⎟
.
d Ω ⎠ Dirac ⎝ d Ω ⎠ Mott
⎝ d Ω ⎠ qRosemb
⎝
→0
Ma la “verità” sta nel mezzo, quindi occorre introdurre
dei fattori di forma nella sezione d’urto.
14
Perché occorre un
fattore di forma
• Un fotone può “sondare” delle dimensioni simili
alla sua lunghezza d’onda λ. Oggetti la cui
dimensione è molto minore di λ vengono visti
dal fotone come puntiformi.
puntiformi
2π
λ=
q
• Se una carica è effettivamente puntiforme, il
fotone la vedrà sempre come tale qualunque sia
la sua lunghezza d’onda. Quindi non interviene
nel processo una “scala” che differenzi gli effetti
della “non puntiformità” della carica.
carica
•
Al contrario, quando la carica NON è puntiforme
ed ha una dimensione simile a λ, il fotone non
interagirà con la carica in toto,
toto ma con le sue
singole parti e si avrà un fenomeno di
interferenza.
•
Questo comportamento viene descritto dal
fattore di forma che tiene conto della
distribuzione della carica.
15
Fattore di Forma
F ( q 2 ) = ∫ ρ ( r ) ⋅ eiq⋅r dV
⇒
•
ρ ( r ) : densita'
di carica
2
⎛ dσ ⎞
⎛ dσ ⎞
2
⎡
⎤
=
⋅
F
q
(
)
⎜
⎟
⎜
⎟
⎦
⎝ d Ω ⎠misurata ⎝ d Ω ⎠ Mott ⎣
Dalla misura sperimentale della sezione d’urto, e dal
puntuale di Mott
suo confronto con la sezione d’urto p
2
(ad esempio), si ricava F(q ) e da questa la
distribuzione della carica all’interno di un nucleo (o del
protone).
F (q 2 ) =
1
⎛
q2 ⎞
⎜1 + 2 2 ⎟
⎝ a
⎠
2
a: fattore
di scala
N . B. F ( q 2 ) < 1
16
Sezione d’urto di Rosenbluth
• La sezione d’urto di Rosembluth tiene conto
dell’interazione elettrica e magnetica
dell’elettrone con il protone.
• Occorrono due fattori di forma, uno elettrico
(GE) ed uno magnetico (GM).
• Più avanti faremo vedere il calcolo esplicito di
Rosembluth.
⎛ dσ ⎞
⎜
⎟
⎝ d Ω ⎠ Rosembluth
⎡ 2
⎤
Q2 2
G
+
G
2
⎢ E 4M 2 M
⎥
Q
⎛ dσ ⎞
2
2 ⎛θ ⎞
=⎜
⋅
⋅
+
G
tan
⎢
M
⎟
⎜ ⎟⎥
2
2M 2
⎝ d Ω ⎠ Mott ⎢ 1+ Q
⎝ 2 ⎠⎥
⎣
⎦
4M 2
• In pratica la formula è riscritta nel modo seguente:
⎛ dσ ⎞
⎜
⎟
⎛θ ⎞
⎝ d Ω ⎠ Ros.
= A(Q 2 )+B(Q 2 ) ⋅ tan 2 ⎜ ⎟
⎛ dσ ⎞
⎝2⎠
⎜
⎟
⎝ d Ω ⎠ Mott
Q2 2
G +
GM
2
4M
Dove: A =
Q2
1+
4M 2
2
E
Q2 2
GM
; B=
2
2M
17
Misura dei fattori di forma
• I fattori di forma GE e GM possono essere
determinati facendo una serie di esperimenti a
diversi valori di Q2 e misurando la sezione d’urto
differenziale dσ/dΩ in funzione di θ
⎛ dσ ⎞
⎜
⎟
⎝ dΩ ⎠exp
⎛ dσ ⎞
⎜
⎟
⎝ dΩ ⎠ Mott
2
Q 2 =2.5 GeV
c2
Slope = B(Q2)
A(Q2)
tan 2
A=
2
Q
2
G
M
4M 2
Q2
1+
4M 2
4M
G 2E +
;
θ
2
Q2 2
B=
GM
2M 2
• Il fattore di forma magnetico, ad un dato
valore di Q2, viene determinato direttamente
dalla slope, e quindi da questo risultato, e dal
valore dell’intercetta, si ricava il fattore di forma
elettrico.
18
Legge di scala dei fattori di forma
•
I risultati sperimentali mostrano che i fattori di forma
del protone e del neutrone sono legati da una
relazione molto semplice:
G pM (Q 2 )
G nM (Q 2 )
G (Q ) =
=
; G nE (Q 2 ) = 0
μp
μn
p
E
2
Q2
• L’andamento può essere descritto da una formula di
tipo dipolo:
G(Q 2 ) =
1
⎛ Q2 ⎞
⎜ 1+ m 2 ⎟
⎝
⎠
2
dove
m 2 = 0.71 GeV 2
• La formula di dipolo è compatibile con la distribuzione
di carica
i esponenziale:
i l
ρ ≈ e-mr
⇒
r 2 ≈ 0.8 fm
19
Scattering elastico elet.elet.-muone
e
k'
k
−
e−
θ
q = (k − k ')
p
p'
μ-
(Quadrimomento
trasferito))
μ-
•L
L’interazione
interazione è elettromagnetica. Il diagramma
di Feynman fondamentale è dato dallo scambio di
un solo fotone.
• L’elemento di matrice del processo si ottiene
considerando l’interazione
l interazione corrente-corrente,
corrente corrente, tra
la corrente di Dirac dell’elettrone e quella del
muone.
2
e
M fi = ⎡⎣u ( k ') γ μ u ( k ) ⎤⎦ 2 ⎡⎣u ( p ') γ μ u ( p ) ⎦⎤
q
• Per trovare la sezione d’urto occorre fare il modulo
quadro di Mfi. Dato che il proiettile (elettrone) ed il
bersaglio (muone) non sono polarizzati, occorre
mediare sugli spin dello stato iniziale e sommare su
quelli dello stato finale.
M fi
2
8e 4
= 4 [( k '⋅ p ')( k ⋅ p ) + ( k '⋅ p )( k ⋅ p ') −
q
-m 2 ( p '⋅ p ) − M 2 ( k '⋅ k ) + 2m 2 M 2 ]
m= massa dell’elettrone; M= massa del muone
20
Scattering elastico elet.elet.-muone
e−
k=(E,k)
θ
e−
k'=(E',k')
q=(ν,q)
p=(M,0)
(M 0)
Variabili cinematiche
nel sistema di
riferimento in cui il
muone è fermo
p'
•
Valutiamo di nuovo Mfi2 nel sistema di riferimento in
cui il muone è fermo
fermo, trascurando la massa
dell’elettrone. Ricordiamo che:
q=k-k'=p'-p ⇒ p'=k-k'+p
⇒ M fi
2
8e 4
= 4
q
1 2 2⎤
⎡ 1 2
−
⋅
−
⋅
q
k
p
k
'
p
+
2
k
'
⋅
p
k
⋅
p
+
M q ⎥
(
)
(
)(
)
⎢⎣ 2
2
⎦
• Sperimentalmente si misurano soltanto le grandezze
relative all’elettrone (Energia (E,E’) ed angolo di
scattering θ),
θ) le quali inserite in Mfi2, danno:
M fi
2
8e 4
q2
2 ⎡
2 ⎛θ ⎞
2 ⎛ θ ⎞⎤
= 4 2 EE ' M ⎢cos ⎜ ⎟ −
sin
⎜ ⎟⎥
2
q
⎝ 2 ⎠ 2M
⎝ 2 ⎠⎦
⎣
• Per ottenere la sezione d
d’urto
urto differenziale per lo
scattering dell’elettrone nell’angolo solido dΩ e di
energia compresa nell’intervallo E’ e E’+dE’, occorre
aggiungere all’elemento di matrice Mfi2, il fattore
relativo allo spazio delle fasi
d 2σ
4α 2 E '2
=
dΩdE'
q4
⎡ 2 ⎛ θ ⎞ q2
q2 ⎞
2 ⎛ θ ⎞⎤ ⎛
⎢cos ⎜ 2 ⎟ − 2 M 2 sin ⎜ 2 ⎟ ⎥ δ ⎜ν + 2 M ⎟
⎝ ⎠
⎝ ⎠⎦ ⎝
⎣
⎠
21
Scattering elastico elet.elet.-muone
•
Nello scattering elastico vi è una relazione tra l’energia
l energia
e l’angolo dell’elettrone diffuso:
E
E' =
1+
E
(1 − cos ϑ )
Mc 2
• Integrando la sezione d’urto differenziale rispetto ad
E’, si ottiene:
dσ
=
dΩ
α2
⎡ 2 ⎛ θ ⎞ q2
2 ⎛ θ ⎞⎤
cos
sin
−
⎜ ⎟
⎜ ⎟⎥
2 E 2 ⎛ θ ⎞ ⎢⎣
2 ⎠ 2M 2
2
4 ⎛θ ⎞
⎝
⎝ 2 ⎠⎦
4 E sin ⎜ ⎟ 1 +
sin ⎜ ⎟
M
⎝2⎠
⎝2⎠
1
• Questa può essere riscritta nella forma seguente:
⎛ dσ ⎞ ⎛ dσ ⎞
⎟ ⋅
⎜
⎟=⎜
Ω
Ω
d
d
⎠ ⎝
⎠ Mott
⎝
dove
⎛ dσ ⎞
⎜
⎟ =
⎝ dΩ ⎠ Mott
⎡ q2
2 ⎛ θ ⎞⎤
⋅
1tan
⎜ ⎟⎥
⎢ 2M 2
⎝ 2 ⎠⎦
⎣
⎛θ ⎞
α 2 cos 2 ⎜ ⎟
2
⎝ ⎠
⎛ θ ⎞ ⎡ 2E 2 ⎛ θ ⎞⎤
4 E 2 sin 4 ⎜ ⎟ ⎢1 +
sin ⎜ ⎟ ⎥
⎝ 2 ⎠⎣ M
⎝ 2 ⎠⎦
• L’equazione della sezione d’urto differenziale gioca un
ruolo molto importante dello studio della struttura del
protone attraverso lo scattering elettrone protone.
• Si tenga inoltre presente che il termine sin2(θ/2) nella
sezione d’urto di Mott deriva dall’interazione dello spin 22
dell’elettrone con il momento magnetico del muone.
Scattering elastico elet.elet.-protone
e
k
−
θ
q = (k − k ')
p
protone
•
k'
e−
p'
Il vertice protone-fotone
non è il vertice di Dirac
perché il protone non è
una particella puntiforme
protone
L’elemento di matrice è sempre dato dall’interazione
corrente-corrente
M fi = J μ
elec .
• Corrente dell’elettrone:
1 μ
J prot .
2
q
J μelec. = −e ⋅ u ( k ') ⋅ γ μ ⋅ u ( k )
• Il protone deve obbedire all’equazione di Dirac,
tuttavia la struttura complicata del protone si manifesta
nel vertice di accoppiamento fotone-protone che è
diverso da quello fotone
fotone-elettrone
elettrone. La corrente del
protone si scrive come:
μ
μ
J prot
=
e
⋅
u
p
'
⋅
Γ
⋅u ( p)
(
)
.
• Jμ deve
d
essere un quadrivettore
d i
di Lorentz.
L
La
L
forma più generale che si possa scrivere per Γμ,
seguendo la decomposizione di Gordon, è:
κ
⎡
⎤
Γ μ = ⎢ F1 (q 2 )γ μ +
F2 (q 2 )iσ μν qν ⎥
2M
⎣
⎦
Int. elettrica
Int. magnetica
23
Sezione d’urto di Rosenbluth
κ
⎡
⎤
Γ μ = ⎢ F1 (q 2 )γ μ +
F2 (q 2 )iσ μν qν ⎥ ; σ μν = i ⎡⎣γ μ , γ ν ⎤⎦
2
2M
⎣
⎦
• k=1.79 magnetoni nucleari; è la parte anomala del
momento magnetico (μp = 2
2.79
79 magnetoni nucl
nucl.))
• M è la massa del protone
N.B. non ci sono termini in γ5 perché l’interazione
elettromagnetica conserva la parità.
• Se q2 → 0, il fotone virtuale ha una grande
lunghezza d’onda e non è sensibile ai dettagli
della struttura del protone; quindi esso viene
visto come una particella puntiforme.
puntiforme
• In questi limiti si deve avere:
2
lim
F
(
q
) =1 e
1
2
q →0
l2im F2 (q 2 ) = 1
q →0
• Dall’ampiezza si può calcolare la sezione d’urto,
sommando sugli spin finali e mediando su quelli
iniziali; in questo modo si ottiene la sezione d’urto
di Rosenbluth
⎛ dσ ⎞
⎛ dσ ⎞
=
⎜
⎟ ⋅
⎜
⎟
⎝ d Ω ⎠ Ros. ⎝ d Ω ⎠ Mott
⎧⎪ ⎡
κ 2q 2
2
2 ⎤
F
(q
)
F
(q
)⎥ −
⎨⎢ 1
2 2
4M
⎦
⎩⎪ ⎣
q2
2
2
2 ⎛ θ ⎞⎫
⎡
⎤
F1 (q )+κ F2 (q ) ⎦ tan ⎜ ⎟ ⎬
2M ⎣
⎝ 2 ⎠⎭
24
Fattori di forma del protone
•
Se il protone fosse puntiforme come il muone, k
sarebbe nullo e F1(q2) sarebbe uguale a 1 per tutti i
valori di q2, in modo da riottenere il vertice di Dirac. In
questo modo riotteniamo le formule trovate in
precedenza per lo scattering elettrone
elettrone-muone
muone.
⎛ dσ ⎞ ⎛ dσ ⎞
⎜
⎟=⎜
⎟ ⋅
⎝ d Ω ⎠ ⎝ d Ω ⎠ Mott
⎡ q2
2 ⎛ θ ⎞⎤
⋅
1tan
⎜ ⎟⎥
⎢
2
⎝ 2 ⎠⎦
⎣ 2M
• La formula può essere scritta in un altro modo introducendo i fattori di forma elettrico e magnetico del protone:
κq 2
G E = F1 +
⋅ F2
4M 2
li G E = 1
lim
q2 →0
;
;
G M = F1 + κ ⋅ F2
li G M = 1 + κ = μp
lim
q 2 →0
(μp = momento magnetico del protone)
⎡ 2
⎤
q2
2
−
G
G
2
E
M
⎢
⎥
2
q
⎛ dσ ⎞ ⎛ dσ ⎞
2
2 ⎛θ ⎞
4M
=
⋅
G
⋅
tan
⎢
M
⎜
⎟ ⎜
⎟
⎜ ⎟⎥
2
2M 2
⎝ d Ω ⎠ ⎝ d Ω ⎠ Mott ⎢ 1- q
⎝ 2 ⎠⎥
⎥⎦
⎣⎢
4M 2
• In pratica la formula è riscritta usando la variabile:
⎛ dσ ⎞
⎜
⎟
⎛θ ⎞
⎝ d Ω ⎠ Ros.
= A(Q 2 )+B(Q 2 ) ⋅ tan 2 ⎜ ⎟
⎛ dσ ⎞
⎝2⎠
⎜
⎟
⎝ d Ω ⎠ Mott
Q2 = − q 2
N.B. Q2 > 0
Q2 2
G +
GM
2
4M
Dove: A =
Q2
1+
4M 2
2
E
Q2 2
; B=
GM
2M 2
25
Invarianza di scala
•
Consideriamo
d
un ffattore di
d forma
f
di
d tipo dipolo:
d
l
F (Q 2 ) =
•
1
⎛ Q2
⎞
+
1
⎜
⎟
2
Λ
nucleo ⎠
⎝
2
In questa espressione Λnucleo stabilisce la scala del
fenomeno che si sta studiando; il comportamento
delle sezioni d’urto, attraverso il fattore di forma,
dipende dai valori relativi di Q2 e della scala Λnucleo
Se Q 2 << Λ 2nucleo ⇒ F (Q 2 ) → 1
•
•
•
•
•
In questa situazione il fotone ha una lunghezza d’onda
molto lunga e non è sensibile ai dettagli della struttura
interna
e a del
de bersaglio;
be sag o; la
a diffusione
d us o e avviene
a e e come
co e se
questi fosse puntiforme.
All’aumentare di Q2 la sezione d’urto elastica puntiforme diminuisce attraverso il fattore 1/Q2
Tuttavia, se immaginiamo che ci sia un’altra scala
Λnucleone, ma Q2 << Λnucleone, non verrà rivelata
nessuna struttura interna del nucleone. Avremo in
questo modo una diffusione quasi elastica da parte dei
nucleoni costituenti il nucleo. Il quasi elastico si
riferisce al fatto che i nucleoni non sono liberi e
risentono del moto di Fermi.
Fermi
Lo scattering quasi elastico avviene per x≈1/N, dove N
è il numero di costituenti del nucleo.
Il fattore di forma della sezione d’urto quasi elastica è
indipendente da Q2, cioè non dipende dalla scala
(invarianza di scala; scaling)
26
Invarianza di scala
• Quando la carica NON è puntiforme ed ha una
dimensione simile a λ, il fotone non interagirà
con la carica in toto, ma con le sue singole parti
e si avrà un fenomeno di interferenza.
•
Supponiamo ora che ll’oggetto
oggetto non sia costituito
da una distribuzione continua di carica, bensì da
N cariche puntiformi.
•
Quando la lunghezza d’onda del fotone diventa
molto minore dell’oggetto
dell oggetto iniziale, esso
interagirà con la singola carica puntiforme.
L’interazione avverrà solo con una carica
puntiforme e quindi non si ha un fenomeno di
interferenza come nel caso di una distribuzione
continua
ti
di carica
i ((non serve il ffattore
tt
di fforma).
)
• Inoltre all’aumentare della lunghezza d’onda del
fotone, l’interazione avviene sempre con una
carica puntiforme, quindi non interviene nessuna
scala ulteriore (invarianza di scala).
scala)
27
Scattering elec. 400 MeV su α
aumenta
all’aumentare di θ
x
N B Q2
N.B.Q
0
θ=45
X=0.25
x'=Q2 /2mpν =1
x'=Q2 4/2(4mp )ν
x=Q2 /2mαν
⇒ x'=4x=1
⇒ x=0.25
Il picco anelastico
di i i
diminuisce
poco
all’aumentare di Q2
Il picco
i
elastico
l ti diminuidi i i
sce all’aumentare di Q2
θ=600
28
Scattering anelastico
elet.. protone
elet
protone..
La ricerca dei quark
Presentazione di Friedman al CERN a
novembre 2011 in occasione del centenario
dell’atomo di Rutherford.
29
Ancora Friedman che
parla::
parla
30
Friedman:
31
Linac e± a SLAC
A SLAC, un laboratorio
l b
vicino San Francisco, entra in
funzione nel 1966 il “mostro”, un acceleratore lineare di
elettroni da 20 GeV lungo 2 miglia.
32
Primi risultati sullo
scattering elastico
33
Nel 1967 si cambia
programma
Si utilizza lo scattering profondamente anelastico
per cercare sottostrutture all’interno del protone.
34
Scattering anelastico
elettrone--protone
elettrone
p
e
k
−
k'
e−
θ
q=(k-k')
q
(
) = (ν , q )
adroni,
protone
p
•
•
p'
massa invariante W
Nello scattering elastico le particelle dello stato
iniziale, elettrone e protone, conservano la propria
identità.
Se aumentiamo il quadrimpulso trasferito, q, dall’elettrone al p
protone ((e q
quindi l’energia
g trasferita ν),
), il
protone può essere eccitato in un suo stato risonante,
ad esempio la Δ+, ritornando poi nel suo stato
fondamentale emettendo un pione.
e + p → e + Δ+ → e + p + π 0
•
•
•
•
Aumentando ancora di più il q2 trasferito, il protone
perde completamente la sua identità e vengono
prodotti al suo posto molti adroni.
In ogni caso assumiamo che il meccanismo
f d
fondamentale
t l d
dell’interazione
ll’i t
i
sia
i llo scambio
bi di un solo
l
fotone.
Sperimentalmente si misurano soltanto le grandezze
relative all’elettrone, ovvero la sua energia e l’angolo
di diffusione.
La sezione d’urto misurata in questo modo viene
chiamata sezione d’urto inclusiva.
35
Relazioni −cinematiche
e
k'
k
−
e
q2 = −4EE ' sin
i 2
θ
q=(k-k') = (ν , q )
p
p'
p + k = p '+ k '
massa invariante W
Conservazione del quadrimpulso
q = k − k ' = p '− p
Quadrimpulso trasportato dal fotone
q = (ν , q) ; p=(M,0)
⇒
2
adroni,
protone
p'=p+q
θ
Il protone è fermo nel laboratorio
p '2 = p2 + q2 + 2 p ⋅ q
• Consideriamo lo scattering elastico. In questo caso il
protone rimane un protone, quindi p’2=M2
M2 = p2 + q2 + 2 p ⋅ q
q2
ν =−
2M
• Nello
ll scattering elastico
l
vi è una relazione
l
tra l’
l’energia
trasferita ν , misurata nel laboratorio, ed il quadrimpulso
trasferito q2
• Consideriamo ora lo scattering anelastico, in questo
caso ν e q2 sono variabili indipendenti:
p '2 = W 2
p ⋅ q=Mν
Q2= − q2
W è la massa invariante degli adroni prodotti
N.B. M e ν sono valutati nel laboratorio
È una definizione,
definizione in questo modo Q2>0
Q2 = 2Mυ + M 2 − W 2
36
Relazioni cinematiche: x e Q2
•
Introduciamo una nuova variabile cinematica,
cinematica x
(variabile di Bjorken), che sarà molto importante nello
studio dello scattering profondamente anelastico.
Q2
x =
2Mν
(N.B. nello scattering elastico x = 1)
Q2 = x2Mν
• Le regioni nelle quali sia Q2 che ν sono grandi si
chiamano di scattering profondamente anelastico.
anelastico Queste
regioni sono molto importanti perché è dove si rivela la
struttura interna del protone, il quale consiste di partoni
puntiformi.
Q2
W’
W=M
Regione
proibita dalla
cinematica
X=1
Produzione
di risonanze
X=0.75
X=0.50
X costante
Q2 = x2Mν
Scattering
anelastico
X=0.25
2Mν
W '2 − M 2
Q2 = 2Mυ + M 2 − W 2
37
Apparato sperimentale
Vi erano tre spettrometri per misurare l’angolo e
l’energia dell’elettrone diffuso
Nel lavoro di Friedman, Kendal, Taylor et
al. del 1969, si riporta la misura della
sezione
i
d’urto
d’
differenziale
diff
i l anelastica,
l i
misurata a θ=6° e 10°, e l’energia
dell’elettrone incidente variava da 7 a 17
GeV. Il momento trasferito Q2 arrivava
fi
fino
a7
7.4
4G
GeV
V2
38
Esempio di
scattering anelastico
d2σ
dΩdE'
Risonanza Δ
39
Sezione d’urto doppio differenziale
2
d σ
dΩdE'
θ=4°
(G V)2
E(GeV)
(G V) Q2(GeV)
Risonanze
σ varia poco al
variare di Q2
W(GeV)
40
Confronto tra le sezioni
d’urto elastica e anelastica
σ
σ
ex p .
θ=10°
M o tt
W=massa
invariante
Fattore
di forma
Q2
• L’energia dell’elettrone incidente varia tra 7 e 17 GeV
• I dati si discostano chiaramente dalla sezione d’urto
elastica prevista, indicando l’esistenza di particelle
puntiformi all’interno del protone.
41
Scattering anelastico elettroneelettroneprotone:: sezione d’urto
protone
•
La sezione d’urto del processo di diffusione può essere
scritta come:
d 2σ
4α 2 E'2
⋅S
=
dΩdE'
Q4
Dove S rappresenta la struttura del bersaglio.
• Nel caso dello scattering elastico e-μ, dove sia e che μ
sono senza struttura, si ha:
Seμ →eμ
⎡ 2 ⎛ θ ⎞ Q2
Q2 ⎞
2 ⎛ θ ⎞⎤ ⎛
= ⎢cos ⎜ ⎟ +
sin ⎜ ⎟ ⎥ δ ⎜ν −
⎟
2
M
2
2
2M ⎠
⎝ ⎠
⎝ 2 ⎠⎦ ⎝
⎣
dove M è la massa del muone. La δ esprime il
fatto che ν e Q2 non sono variabili indipendenti.
• Nel caso della diffusione anelastica ep —> eX, ν e Q2
sono variabili indipendenti, ed abbiamo pertanto:
⎛θ⎞
⎛θ⎞
Sep→eXX = W2 (Q 2 ,ν)cos 2 ⎜ ⎟ +2W
2W1 (Q 2 ,ν)sin 2 ⎜ ⎟
⎝2⎠
⎝2⎠
• La struttura complessa del protone è riflessa dalla
presenza di due funzioni di struttura W1 e W2, che per
valori di Q2 inferiori a circa 1 (GeV/c)2, sono funzioni
sia di Q2 che di ν.
• Bjorken ipotizzò che, se il protone fosse composto da
particelle puntiformi, lo scattering quasi elastico
dell’elettrone con queste particelle, doveva esibire
un’invarianza di scala, cioè la sezione d’urto doveva
essere indipendente da Q2, e dipendere solo dal
rapporto x=Q2/2Mν
42
Scaling di Bjorken
•
In altri termini, secondo lo scaling di Bjorken, le
funzioni di struttura W1 e W2 devono ridursi a quelle
puntiformi:
Q2 ⎛ Q2 ⎞
2W1 =
δ ⎜ νν⎟
2m 2 ⎝ 2m ⎠
;
⎛ Q2 ⎞
W2 = δ ⎜ νν⎟
⎝ 2m ⎠
m è la massa della particella costituente.
• Ricordando che:
l relazioni
le
l i i come:
1
δ ( ax ) = δ ( x ) possiamo riscrivere
a
Q2 ⎛ Q2 ⎞
2mW1 ( Q , ν ) =
δ ⎜1⎟ = x ⋅ δ (1- x )
2mν ⎝ 2mν ⎠
2
⎛ Q2 ⎞
νW2 ( Q , ν ) = δ ⎜11
x)
⎟ = δ (1-x
2mν
⎝
⎠
2
Come si vede queste funzioni di struttura sono funzioni
solo di x (scaling di Bjorken).
• Possiamo dire che con l’aumentare
l aumentare di Q2, e quindi con il
diminuire della lunghezza d’onda del fotone, la diffusione
elastica dal protone, che può essere considerata come
l’azione coerente di tutti i quark all’interno del protone,
viene sostituita dalla sovrapposizione incoerente della
diffusione elastica dei singoli quark puntiformi.
puntiformi
Q2
• Riassumendo, nel limite Q → ∞ , ν → ∞ dove x =
, si ha:
2mν
mW1 ( Q 2 , ν ) → F1 (x) ; ν W2 ( Q 2 , ν ) → F2 (x)
2
int. magnetica
int. elettrica
• I dati sperimentali supportano questa ipotesi per
Q2 > (1 GeV/c)2
43
Evidenza dello scaling
mW1 ( Q 2 , ν ) → F1 (x)
(int. magnetica)
Q2
x=
2 Mν
ν W2 ( Q 2 , ν ) → F2 (x)
ω=
2 Mν
Q2
(int. elettrica)
Si vede sperimentalmente che F1 e F2 sono
delle funzioni monotone di una sola variabile
44
Evidenza dello scaling
ν W2 ( Q 2 , ν ) → F2 (x)
x = 0.25
F2 non varia
Q2
45
Friedman:
46
Interpretazione dello scaling
•
La prima interpretazione “fisica” dello scaling di
Bjorken fu data da Feynman nel 1969. Feynman
ipotizzò che il protone fosse formato da particelle
puntiformi chiamate PARTONI.
•
Feynman postulò che ciascun partone trasportasse
una frazione x dell’energia e della quantità di moto del
protone.
•
Ci sono di
diversii ti
tipii di partoni.
t i U
Un partone
t
di ti
tipo i h
ha il
quadrimpulso:
pi=x ⋅ p
(P è il quadrimpulso del protone)
mi=x
x ⋅ M (M è la massa del protone)
• Si può dimostrare che la frazione “x” del momento del
partone è proprio uguale alla variabile “x” di Bjorken:
Q2
x=
2 Mν
(Ricordiamo che ν è l’energia
trasferita dall’elettrone al protone
nel sistema del laboratorio)
• Da questa formula discende immediatamente che,
mettendo
d m=xM, abbiamo:
bbi
Q2
Q2
ν=
=
2xM
2m
che è la relazione che lega ν e Q2 per uno scattering
elastico su una particella puntiforme di massa m
47
Dimostrazione:
•
•
Consideriamo un sistema di riferimento in cui il
protone ha una q
p
quantità di moto così g
grande che tutte
le masse in gioco e tutti i momenti trasversi possono
essere trascurati (infinite momentum frame).
In questo S.R. il quadrimpulso del protone è:
p ≡ (E,p) = (p,0,0,p)
• Il protone è visto come uno sciame di partoni, tutti
con impulso trasverso nullo rispetto alla direzione di
volo del protone, ed ognuno di essi avente una
frazione x della quantità di moto, della massa e
dell’energia
dell
energia del protone.
(xp+q)
Quadrimpulso acquistato da partone dopo l’urto
(xp+q)2 ≈ m2 ≈ 0 (massa del partone) ⇒ x2p2 + 2xp⋅ q + q2 = 0
p2 =M2 ≈ 0
(massa del protone che può essere trascurata)
q2
⇒x =−
2p⋅ q
p = (M,0,0,0)
(M 0 0 0)
p·q è un invariante relativistico e può
essere calcolato in qualsiasi sistema di
riferimento, ad esempio nel sistema del
l b
laboratorio
t i dove
d
il protone
t
è fermo
f
Mentre per il fotone si ha: q = (ν ,q) dove ν = E-E'
è l’energia trasferita dall’elettrone al protone nel
sistema del laboratorio.
⇒ p⋅ q = Mν
⎡ p⋅ q ⎤
⇒ ⎢ν = ⎥
M⎦
⎣
q2
Q2 c.v.d.
⇒x = −
=
2Mν 2Mν
N.B. è rigorosamente valida solo nell’infinite momentum frame 48
Friedman:
49
Scattering elettrone
elettrone--partone
Partoni
spettatori
•
•
Assumendo che i partoni siano particelle puntiformi di
spin
i ½ possiamo
i
scrivere
i
lla sezione
i
d’
d’urto
t differenziadiff
i
le dello scattering elastico elettrone-partone partendo
dalla formula dello scattering elettrone-muone.
Nella formula dobbiamo rimpiazzare α con αei, dove ei
è la carica frazionaria del partone.
d 2σ
4α 2 E'2
=
dΩdE'
Q4
2
⎡ 2 2⎛θ⎞
Q2 ⎞
2 Q
2 ⎛ θ ⎞⎤ ⎛
sin ⎜ ⎟ ⎥ δ ⎜ ν⎟
⎢ei cos ⎜ ⎟ + ei
2
2
2m
⎝
⎠
⎝ 2 ⎠ ⎦ ⎝ 2mi ⎠
i
⎣
• Se confrontiamo questa formula con quella della
sezione d’urto anelastica elettrone-protone:
d 2σ
4α 2 E'2
=
dΩdE'
Q4
⎡
2
2⎛θ⎞
2
2 ⎛ θ ⎞⎤
W
(Q
,ν)cos
+2W
(Q
,ν)sin
1
⎜ ⎟
⎜ ⎟⎥
⎢ 2
⎝2⎠
⎝ 2 ⎠⎦
⎣
abbiamo, ricordando che mi=xM:
Q2
W =e
4x 2 M 2
i
1
2
i
⎛ Q2 ⎞
δ ⎜ νν⎟
2
m
i ⎠
⎝
;
⎛ Q2 ⎞
W = e ⋅ δ ⎜ νν⎟
2m
⎝
i ⎠
i
2
2
i
50
Relazione di CallanCallan-Gross
• I partoni che non partecipano allo scattering si
comportano da “spettatori”.
• I contributi dei singoli quark alla sezione d’urto
differenziale dello scattering inelastico si
sommano incoerentemente (non c’e’
interferenza si sommano le sezioni d
interferenza,
d’urto
urto e non
le ampiezze).
• Ogni partone trasporta una frazione x
dell’impulso del protone, dove la frazione x può
essere diversa da partone a partone
partone. Indichiamo
con fi(x) la probabilità che un partone di tipo i
abbia la frazione x dell’impulso del protone.
⎛
Q2
Q2 ⎞
⇒ W1 (Q 2 ,ν ) = ∑ i ∫ e
f (x)δ ⎜ ν⎟dx
2 2 i
4M x
⎝ 2Mx ⎠
ei2
⇒ MW1 (Q 2 ,ν ) = ∑ i f i (x) ≡ F1 ( x) ⎡⎣ x= Q 2 2Mν ⎤⎦
2
2
i
• analogamente
⎛
Q2 ⎞
W2 (Q 2 ,ν ) = ∑ i ∫ e f (x)δ ⎜ ν⎟dx
2
M
x
⎝
⎠
2
i i
⇒ ν W2 (Q 2 ,ν ) =
∑ e xf (x)
i
2
i
i
≡ F2 ( x)
• Confrontando le due relazioni si ha:
2xF1 (x) = F2 ( x)
Questa si chiama relazione di Callan-Gross ed è
valida solo per partoni di spin ½ .
Dalla sua verifica sperimentale si ricava che i
partoni hanno spin ½
51
Verifica sperimentale della
relazione
a o
di
d CallanCallan
a a -Gross
o
Derived from Table XV of
A.Bodek et al., Phys. Rev. D20 (1979) 1471
S=1/2
S=0
2xF1 (x) = F2 ( x)
• I dati
d ti supportano
t
la
l presenza all’interno
ll’i t
d
dell protone
t
di particelle puntiformi cariche di spin ½
• Si ricordi che la funzione di struttura F1 è legata
all’interazione
ll’i t
i
magnetica,
ti
ed
d una particella
ti ll di spin
i zero
non interagisce magneticamente.
52
Struttura a quark del nucleone
•
Lo scaling di Bjorken può essere riassunto nelle relazioni:
ei2
MW1 (Q 2 ,ν ) → F1 ( x) = ∑ i f i (x)
2
ν W1 (Q 2 ,ν ) → F2 ( x) = ∑ i ei2 xf i (x)
• I numeri quantici degli adroni derivano dalla loro
composizione in quark; tuttavia se aggiungiamo
coppie quark-antiquark, i numeri quantici non
cambiano. Distinguiamo quindi i quark di valenza dai
quark del mare.
• Utilizzando i numeri quantici dei quark u, d e s,
possiamo scrivere per F2 , nello scattering elettroneprotone:
1
1
⎧4
⎫
F2ep = x ⎨ ⎡⎣ u p (x)+u p (x) ⎤⎦ + ⎡⎣d p (x)+d p (x) ⎤⎦ + ⎡⎣s p (x)+s p (x) ⎤⎦ ⎬
9
9
⎩9
⎭
up(x) è la pdf (probability density function) del quark u
nel protone, cioè la probabilità che il partone abbia la
frazione di impulso del protone compresa tra x e x+dx.
• Per lo
l scattering elettrone-neutrone
l
si può
ò scrivere:
1
1
⎧4
⎫
F2en = x ⎨ ⎡⎣ u n (x)+u n (x) ⎤⎦ + ⎡⎣ d n (x)+d n (x) ⎤⎦ + ⎡⎣s n (x)+s n (x) ⎤⎦ ⎬
9
9
⎩9
⎭
•Iq
quark u e d formano un doppietto
pp
di isospin,
p , quindi
q
per l’invarianza delle interazioni forti per rotazioni nello
spazio SU(2) di isospin, ci aspettiamo che:
⎧u p (x) = d n (x) ≡ u(x)
⎪ p
n
⎨d (x) = u (x) ≡ d(x)
⎪s p (x) = s n (x) ≡ s(x)
⎩
Più vincoli simili per le
altre coppie qq più
pesanti
53
Quark di valenza e quark del mare
• Per ogni quark possiamo scrivere in generale:
q(x) = q v (x) + q s (x)
sea (mare)
valenza
• Dato
D t che
h i quark
k di valenza
l
del
d l protone
t
sono u e d,
d
dobbiamo avere:
q v (x) = 0
per s, s, u, d
quindi nel protone i quark s (e gli altri quark più
pesanti)
ti) e gli
li antiquark,
ti
k devono
d
appartenere
t
all mare,
mentre per i quark u e d si ha:
u(x) = u v (x) + u s (x)
;
d(x) = d v (x) + d s (x)
• Se facciamo la semplificazione che i tre quark
leggeri compaiono nel mare con la stessa frequenza e
la stessa distribuzione in impulso, abbiamo:
u s (x) = d s (x) = ss (x) = u s (x) = ds (x) ≡ s(x)
• Con queste parametrizzazioni le
l ffunzioni d
di struttura
del protone e del neutrone diventano:
x
4
[ 4 ⋅ u v (x)+d v (x)] + x ⋅ s(x)
9
3
x
4
= [ u v (x)+4 ⋅ d v (x)] + x ⋅ s(x)
9
3
F2ep =
F2en
N.B. i quark del mare derivano dal
fatto che questi interagiscono tra
loro mediante lo scambio di gluoni, i
quali a loro volta possono formare
delle coppie virtuali quark-antiquark
54
Verifica dell’esistenza dei
quark del mare
•
•
Valutiamo il rapporto tra le funzioni di struttura del
neutrone e del protone in funzioni di x.
Consideriamo due casi estremi:
a) Quark del mare dominanti, ci aspettiamo che
questo avvenga a piccolo x:
F2en (x)
→ 1
ep
F2 (x)
b) Consideriamo il caso in cui domini uv (ricordiamo
che u indica la pdf di u nel protone e di d nel neut.)
u v +4d v
F2en (x)
1
→
→
F2ep (x)
4u v +d v
4
domina il mare
Dominano i
quark u
55
F2 per diverse
composizioni
p
del p
protone
L’interazione tra i quark
ridistribuisce l’impulso tra di loro
56
Verifica della forma di F2
•
Ricordiamo che:
x
4
F2ep = [ 4 ⋅ u v (x)+d v (x) ] + x ⋅ s(x)
9
3
x
4
F2en = [ u v (x)+4 ⋅ d v (x)] + x ⋅ s(x)
9
3
• Sottraendo le due espressioni, togliamo il contributo
dei quark del mare:
F2ep ((x)) − F2en (x)
( ) =
x
( ) − d v (x)) ]
[ u v (x)
3
F2ep (x) − F2en (x)
57
Integrali delle funzioni di
struttura: contributo del gluone
•
Ricordiamo la forma di F2:
1
1
⎧4
⎫
F2ep = x ⎨ ⎡⎣ u p (x)+u p (x) ⎤⎦ + ⎡⎣ d p (x)+d p (x) ⎤⎦ + ⎡⎣s p (x)+s p (x) ⎤⎦ ⎬
9
9
⎩9
⎭
1
1
⎧4
⎫
F2en = x ⎨ ⎣⎡ u n ((x)+u
) n ((x)) ⎦⎤ + ⎡⎣d n ((x)+d
) n ((x)) ⎦⎤ + ⎣⎡s n ((x)+s
) n ((x)) ⎦⎤ ⎬
9
9
⎩9
⎭
• Essa è del tipo x·f(x), quindi dal suo integrale possiamo
ricavare la frazione di impulso del protone trasportata dalle
particelle cariche al suo interno; in questa valutazione si può
trascurare il contributo della frazione di impulso trasportata dai
quark s.
4 1
1 1
4
1
⎧ 1 ep
≡
F
dx
=
x(u+u)dx
+
x(d+d)dx
f
+
f d (protone)
2
u
⎪⎪ ∫0
9 ∫0
9 ∫0
9
9
⎨ 1
1 1
4
1
⎪ Fen dx = 4 1 x(d
x(d+d)dx
d)dx
+
x(u+u)dx
x(u
u)dx
≡
f
+
f u (neutrone)
d
⎪⎩ ∫0 2
9 ∫0
9 ∫0
9
9
⎧f =
⎪u
⎨
⎪f d =
⎩
1
∫ x(u+u)dx
∫ x(d+d)dx
0
1
0
fu = Frazione dell’impulso del protone
trasportata da tutti i quark u e u ed
analogamente per fd
• Le misure sperimentali danno:
4
1
⎫
f u + f d ≈ 0.18⎪
0
⎪
9
9
⎬
1
4
1
en
∫0 F2 dx = 9 fd + 9 f u ≈ 0.12 ⎪⎪⎭
1
∫F
ep
2
dx =
f u ≈ 0.36
f d ≈ 0.18
Solo il 50% dell’impulso
p
del p
protone è trasportato
p
dai
quark e antiquark, il resto è trasportato dai gluoni
58
Sum rules
•
•
Le funzioni di distribuzione di probabilità (pdf) dei
quark devono soddisfare alcune regole di somma.
Ad esempio, per il protone abbiamo:
⎧ 1 [ u(x)-u(x)
( ) ( )] dx = 2
⎪ ∫0
⎪ 1
⎨ ∫0 ⎡⎣d(x)-d(x) ⎤⎦ dx = 1
⎪ 1
⎪ [s(x)-s(x)] dx = 0
⎩ ∫0
2q
quark u di valenza
1 quark d di valenza
stranezza 0
• Per confermare queste regole di somma, occorre
analizzare lo scattering dei neutrini e degli antineutrini,
che avviene per interazione debole tramite lo scambio di
un W. Questo permette di distinguere i quark dagli
antiquark.
59
Interazioni neutrinoneutrino-nucleone
•
•
A questo punto del corso diamo soltanto alcune
formule che riguardano lo scattering neutrino
(antineutrino) con il nucleone.
Consideriamo soltanto le reazioni di corrente carica
(scambio di un W); allora la conservazione della carica
e del numero leptonico,
leptonico fa si che si hanno le reazioni:
⎧⎪ν μ d → μ −u
⎨
+
⎪⎩ν μ u → μ d
; ν μu → μ −d
; ν μ d → μ +u
• Ricordiamo come abbiamo identificato le funzioni di
distribuzioni di probabilità dei quark all’interno del
protone e del neutrone:
⎧u p (x) = d n (x) ≡ u(x)
⎪ p
n
⎨d (x) = u (x) ≡ d(x)
⎪s p (x) = s n (x) ≡ s(x)
⎩
• Per semplicità si usano bersagli isoscalari, ovvero
con lo stesso numero di neutroni e di protoni.
protoni Si tenga
presente che il neutrino misura d e u, mentre
l’antineutrino misura u e d
⎧⎪d p (x) + d n (x) = d(x) + u(x) ≡ Q(x)
⎨ p
( ) + u n (x)
( ) = u(x)
( ) + d(x)
d( ) ≡ Q(
Q(x))
⎪⎩ u (x)
• Nell’interazione del neutrino (antineutrino) compare
una terza funzione di struttura, F3, dovuta
all’interferenza
all
interferenza tra le correnti vettoriali e assiali
assiali.
60
Violazione dello scaling: F2(x,Q2)
La violazione NON è dovuta ad una dimensione
finita dei quark. Essa è dovuta alla continua
interazione tra i partoni all’interno del protone.
61
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