Capitolo 11 Retroazione e compensazione 11.1 Circuiti Retroazionati Un circuito retroazionato non è in generale riconducibile a semplice modello a singolo anello. Ciò nonostante la schematizzazione di fig. 11.1 rappresenta molto bene le proprietà di un circuito retroazionato, su essa sarà basato lo studio degli amplificatori retroazionati. Si Sε + a(s) - So Sf f(s) Fig. 11.1 Schema a blocchi di un circuito retroazionato Nello schema di figura si possono identificare l’amplificatore ad anello aperto (o blocco d’andata) definito dalla FdT a (s ) , la rete di retroazione definita dalla FdT f (s ) , il segnale d’ingresso S i , il segnale d’uscita S o , il segnale di retroazione S f , ed infine il segnale errore Sε , dato dalla differenza di S i con S f . La FdT del guadagno d’anello, T (s) e quella dell’amplificatore retroazionato, A(s) , sono dati da: T ( s) = f ( s)a( s) S a( s) a( s) A( s ) = o = = S i 1 + f ( s ) a( s) 1 + T ( s ) (11.1) (11.2) Indipendentemente dal tipo di grandezza di prelievo e di controllo sussiste la seguente: S o = S ε a ( s) (11.3) Se si considera l’amplificatore retroazionato in continua (cioè per s=0), si trova: Sε = Si − S f = So a(0) (11.4) XI - 1 Retroazione e compensazione Essendo a (0 ) un guadagno elevato, Sε è circa uguale a zero ed S f è uguale ad S i . Questo risultato esprime una prima proprietà importante degli amplificatori retroazionati per cui se l’amplificatore ad anello aperto ha un guadagno elevato, il segnale di retroazione è una replica del segnale d’ingresso, si vedrà più avanti che questa proprietà si traduce anche nel concetto di corto circuito virtuale. Essa è valida non solo in continua ma per tutte le frequenze per le quali si può supporre a( jω ) abbastanza grande da considerare uguale a zero il segnale errore. Iε Iε a(s) Vε Vi Fig. 11.2 Vε Ii + - a(s) Zi Vf Zi If + - Confronto di tensioni Fig. 11.3 Confronto di correnti Si prenda in considerazione il caso in cui in ingresso si confronta una tensione, cioè S i = Vi , S f = V f ed Sε = Vε . Come si vede in fig. 11.2, supponendo a (0)elevato,Vε = 0 , segue V i = V f e I ε = 0 , essendo l’impedenza d’ingresso finita. Alla stessa situazione si arriva con lo schema semplificato di fig. 11.3, dove si è assunto S i = I i , S f = I f ed Sε = I ε . Con a (0 ) grande, I ε = 0 , I i = I f e Vε = 0 essendo ancora una volta l’impedenza d’ingresso finita. In entrambe queste situazioni i terminali d’ingresso sono in cortocircuito virtuale. Il cortocircuito virtuale non è quindi una prerogativa degli amplificatori operazionali e nemmeno degli amplificatori di tensione, bensì esprime una proprietà generale degli amplificatori retroazionati basati su un anello ad alto guadagno. 11.1.2 La funzione Sensitivity Data una generica funzione Y dipendente da h parametri x1 , x 2 ,...x h : Y = Y ( x1 , x2 ,...xh ) (11.5) si può evidenziare la dipendenza funzionale di Y rispetto ad un generico parametro xi , a tal proposito si definisce la funzione sensitivity della Y rispetto xi come: S xYI =ˆ ∆Y Y ∆Y x i = ∆xi xi ∆xi Y (11.6) Questa funzione valuta la variazione relativa della Y rispetto alla variazione relativa di xi ; se in particolare ∆xi → 0 si ha: S xYI = ∂Y xi ∂xi Y (11.7) Alcune proprietà importanti dell’amplificatore retroazionato possono essere valutate attraverso il calcolo della sensitivity di A( s) o a ( s ) . Si consideri la dipendenza di a ( s ) rispetto ad un generico parametro x cioè a = a ( s, x) quindi anche A = A( s, x) , la sensitivity di A rispetto ad x sarà: ∂a ∂a (1 + af ) − af ∂a x ∂ A x x ∂a x 1 1 ∂x = ∂x S xA = = ∂x = = S xa 2 2 ∂x A A (1 + af ) A ∂x a 1 + af 1 + T ( s) (1 + af ) XI - 2 (11.8) Retroazione e compensazione Se T >> 1 la S xA viene diminuita di un fattore T rispetto S xa da ciò si deduce un’importante proprietà dei circuiti retroazionati, che è l’insensibilità rispetto alle variazioni parametriche. La sensitivity di A( s) rispetto ad a ( s ) è data da: S aA = S aA = ∂A a ∂a A [1 + (11.9) 1 f ( s ) a ( s )] 2 1 1 a = ≈ A 1 + T ( s) T (s) (11.10) Da quest’ultima equazione si nota che le variazioni indotte su a ( s ) dalle tolleranze di fabbricazione, dalla temperatura, dalle imprecisioni del punto di lavoro, ecc., si ripercuotono su A attenuate di un fattore pari al guadagno d’anello. Questa come già detto è una proprietà fondamentale degli amplificatori retroazionati che li rende particolarmente adatti nell’implementazione di funzioni con elevata accuratezza. D’altra parte la sensibilità rispetto alla rete di retroazione è: S fA = ∂A( s ) f ( s ) a 2 (s) f ( s) f (s)a( s) =− =− ≈ −1 2 ∂f ( s ) A( s ) (1 + f ( s)a (s) ) A( s) 1 + f (s)a( s) (11.11) Pertanto le variazioni cui è soggetta la rete di retroazione si ripercuotono con proporzionalità pari ad uno sulla FdT dell’amplificatore retroazionato. A questo punto sembrerebbe che il problema dell’accuratezza uscito dalla porta rientri dalla finestra. Anche la rete di retroazione, normalmente realizzata con componenti passivi, è soggetta, seppur in maniera minore, alla dipendenza dalle tolleranze di fabbricazione, alla temperatura e alle non linearità, ed in realtà non è sempre vero che basta far dipendere la FdT ad anello chiuso unicamente dalla rete di retroazione per ottenere un’elevata accuratezza. Un esempio tipico in questo senso è l’integratore basato sull’amplificatore operazionale che, in una realizzazione integrata., è soggetto ad un’elevata tolleranza (tipicamente 20-30%). Esiste comunque una tecnica fondamentale per ottenere una FdT ad anello chiuso di elevata accuratezza che consiste nel far dipendere la FdT, e quindi il fattore f della rete di retroazione, dal rapporto tra i valori dei componenti passivi piuttosto che dal loro valore assoluto. Esempi molto noti di quest’approccio sono gli amplificatori invertenti e non invertenti basati sull’amplificatore operazionale ed i circuiti a condensatore commutato. In entrambi questi casi la precisione è legata alle tolleranze relative dei componenti passivi, che con una tipica tecnologia per circuiti integrati vanno dall’1% (tolleranza relativa dei resistori integrati) allo 0.1% (tolleranza relativa dei condensatori integrati). 11.1.3 Segnali spuri lungo l’anello E’ di notevole interesse pratico per chi progetta amplificatori retroazionati, conoscere l’effetto sulla variabile d’uscita di una sorgente di rumore, di un offset, di una sorgente di distorsione e, più in generale, di un disturbo o segnale di errore di qualsiasi natura, che viene iniettato in qualche punto dell’anello di retroazione. Per analizzare l’effetto di questi disturbi si fa riferimento allo schema a blocchi di fig.11.1 riportato in fig.11.4 dove sono stati evidenziati i disturbi all’ingresso e all’uscita del blocco d’andata e della rete di retroazione. Snai Si Sε + + - Sf a(s) Snfo + Fig.11.4 Sna So + Snfi f(s) Segnali spuri nell’amplificatore ad anello chiuso XI - 3 + Retroazione e compensazione Da un’analisi visiva della figura 11.4 assumendo S i = 0 , si può facilmente trovare: {− [(S (s) + S o nfi ] ( s ) ) f ( s ) + Snfo ( s) + Snai ( s )}⋅ a ( s ) + Snao ( s) = So ( s ) (11.12) dalla quale ipotizzando T >> 1 si ottiene: S o ( s) ≈ − S nfi ( s) + [ ] a( s) 1 S nai ( s) − S nfo ( s ) + S nao ( s ) f ( s ) a( s) T (s) (11.13) Quest’equazione dice che il disturbo all’ingresso della rete di retroazione si trasferisce invariato in uscita, i disturbi all’ingresso del blocco d’andata e all’uscita della rete di retroazione sono processati in maniera analoga al segnale di ingresso in altre parole per questi due disturbi il rapporto segnale rumore si conserva, il disturbo all’uscita del blocco d’andata è invece attenuato fortemente dal guadagno d’anello. Quest’ultima proprietà è di notevole interesse in quanto sono le sezioni finali (stadi d’uscita) che in genere presentano grandi valori di offset e sono soggette ad un elevato rumore e/o distorsione. Pertanto, la presenza di un elevato guadagno d’anello riduce fortemente questi segnali spuri. E’ interessante notare che la FdT relativa al disturbo S nao ( s ) coincide con la S aA per cui un disturbo di questo tipo si ripercuote sulla FdT A( s) in maniera analoga ad una variazione parametrica di a( s) . 11.1.4 Proprietà dinamiche Si trattano ora alcune importanti proprietà degli amplificatori retroazionati che è possibile desumere dallo schema a blocchi semplificato di fig. 11.1. Si definiscono di tipo “dinamico” in quanto hanno a che vedere con il comportamento in frequenza ed in particolare con la banda ad anello chiuso. Bisogna dire, in ogni caso, che anche le proprietà viste precedentemente valgono in frequenza e che la distinzione tra dinamico e statico è puramente semplificativa. Si consideri una FdT approssimabile a singolo polo del tipo: a( s) = a0 1 + sτ (11.14) Più precisamente per comportamento a polo dominante, in questa sezione, si intende quello per cui la frequenza di transizione, ω T , è maggiore o uguale della frequenza associata al secondo polo, ω S , come mostrato dal diagramma di Bode in fig. 11.5. |a(jω)| |a(jω)| ωS ωD ωT ωGBW ωD Fig. 11.5 FdT a polo dominante Fig. 11.6 ωS ωT FdT di un amplificatore con ω T > ω S Il modulo della risposta in frequenza è dato da: a ( jω ) = a0 1 + (ωτ ) (11.15) 2 XI - 4 Retroazione e compensazione Se ω T >> 1 ⇒ ω T τ >> 1 allora: τ a ( jω ) ≈ a0 ωτ (11.16) La frequenza di transizione è quella tale che a( jω T ) = 1 per cui: a0 = a0ω C = ω GBW τ ωT = (11.17) Cioè, la frequenza di transizione, in un amplificatore approssimabile a polo dominante, è pari al prodotto bandaguadagno (GainBandWidth). Nel caso di amplificatore con ω T > ω S , la frequenza ω GBW pari al prodotto bandaguadagno, che non coincide più con ω T , si può ottenere come intersezione del prolungamento della parte a -20/dB per decade con l’asse delle frequenze (fig. 11.6). Si consideri adesso un amplificatore d’andata a polo dominante e si supponga la rete di retroazione puramente passiva, si può quindi scrivere: f (s) = f o (11.18) Sostituendo a (s ) e f (s ) nell’espressione di A(s) si ottiene: a0 a0 a0 Ao a( s) 1 sτ = + 1 A( s ) = = = = f 0 a0 1 + f 0 a0 + sτ 1 + f 0 a0 sτ sτ 1 + a( s) f 0 1+ 1+ 1+ 1 + f 0 a0 1 + f o ao 1 + sτ (11.19) dove Ao è: Ao = ao 1 + ao f o (11.20) mentre la frequenza di taglio ω CF risulta: ω CF = (1 + f o ao ) 1 τ (11.21) Come si vede, da una parte il guadagno è stato attenuato di un fattore (1 + T0 ) dall’altra la banda si è ampliata dello stesso fattore (1 + T0 ) questo implica che il prodotto banda guadagno resta immutato. Del resto si assumerà sempre che ad anello chiuso gli amplificatori siano a singolo polo, e quindi la frequenza di transizione (ad anello chiuso) ω TL coinciderà sempre con ω GBW . In particolare, nel caso in cui a (s ) è a singolo polo, la frequenza di transizione dell’amplificatore retroazionato è uguale alla frequenza di transizione dell’amplificatore d’andata: ω TF = ao = ω T = ω GBW τ (11.22) Nel caso più generale in cui l’amplificatore d’andata non è a polo dominante ( ω T > ω S ), supposto che il guadagno d’anello abbia un margine di fase di almeno 45° (fig. 11.7), l’amplificatore d’andata e quello retroazionato avranno in comune la frequenza ω GBW . In generale quindi si può affermare che, se il margine di fase del guadagno d’anello è superiore a 45°, il prodotto banda-guadagno passando dall’amplificatore ad anello aperto a quello ad anello chiuso si conserva. XI - 5 Retroazione e compensazione a A ωS ωD Fig.11.7 ωGBWa FdT del guadagno ad anello aperto e ad anello chiuso Nell’ipotesi che la rete di retroazione sia puramente resistiva, il guadagno d’anello è una funzione con gli stessi poli dell’amplificatore ad anello aperto. Nel caso FdT a singolo polo si ha: T (s) = f 0 a0 1 + sτ (11.23) da cui risulta che la frequenza di transizione è pari a: ω TL = f o ao τ (11.24) Se T0 >> 1 , ω TL è uguale ad ω CF data dall’equazione (11.21). Quest’uguaglianza esprime una proprietà di fondamentale importanza nella progettazione di amplificatori retroazionati: essa permette di prevedere la banda ad anello chiuso sulla base del calcolo del guadagno d’anello, pertanto l’analisi e le equazioni che riguardano il guadagno d’anello non solo danno informazioni importanti sulla precisione della funzione ad anello chiuso e sul grado di stabilità, come si vedrà più avanti, ma sono la base principale per la determinazione della banda ad anello chiuso. L’uguaglianza tra ω TL ed ω CF è stata determinata e vale strettamente nell’ipotesi di amplificatore d’andata a singolo polo. E' comunque da notare che anche in presenza di due poli, se il margine di fase è superiore a circa 50°, la banda ad anello chiuso può approssimativamente variare tra ω TL ed 1.5ω TL , per cui ω TL rimane sempre un riferimento abbastanza accurato per la determinazione della frequenza di taglio dell’amplificatore retroazionato. Tutte le considerazioni precedenti possono essere riassunte nel diagramma di Bode in fig. 11.8, dove sono rappresentate le risposte in frequenza del modulo e dei diversi guadagni, nel caso più generale di amplificatore d’andata a due poli. a T A ωD Fig.11.8 ωGBWL ωS ωGBWa FdT dell’amplificatore ad anello aperto, ad anello chiuso e del guadagno d’anello Si nota dalla fig. 11.8 che il valore massimo di ω TL (garantendo un margine di fase minimo di 45°) è pari al secondo polo e che quindi il massimo valore della banda ad anello chiuso è anch’esso pari al secondo polo. XI - 6 Retroazione e compensazione Quest’osservazione è in qualche modo in contrasto con quello che intuitivamente sembra essere un assunto generale e cioè che la banda ad anello chiuso è vincolata al polo dominante. In realtà, nella progettazione di amplificatori ad alto guadagno da impiegare come blocchi base di funzioni ad anello chiuso accurate, l’aumento della massima frequenza di lavoro (banda ad anello chiuso) si traduce nella ricerca di appropriate topologie che presentino poli non dominanti di alta frequenza, mentre di secondaria importanza risulta essere la posizione del polo dominante. 11.2 Approccio alternativo allo studio degli amplificatori retroazionati La teoria dei circuiti retroazionati basata sulla schematizzazione a doppio-bipolo è senza dubbio quella più universalmente adottata dai testi didattici di elettronica circuitale. Il suo grande pregio è quello di essere una teoria completa che affronta un po' tutte le problematiche relative ai circuiti retroazionati. In questa teoria vengono identificate quattro tipologie fondamentali di retroazione che sono: Tensione-Tensione o Serie-Parallelo Corrente-Corrente o Parallelo-Serie Tensione-Corrente o Serie-Serie Corrente-Tensione o Parallelo-Parallelo Per ciascuna tipologia bisogna identificare l’amplificatore d’andata e la rete di retroazione, e schematizzare opportunamente la sorgente ed il segnale d’uscita con modelli di tipo Thevenin o Norton a seconda del tipo di prelievo e/o del tipo di ritorno del segnale di retroazione. In ciascuno dei quattro tipi di retroazione, sia per l’amplificatore d’andata sia per la rete di retroazione, viene utilizzata una rappresentazione a doppio-bipolo con parametri h, nel caso di tensionetensione, g, nel caso di corrente-corrente, z, nel caso di tensione-corrente, y, nel caso di corrente-tensione. Inoltre, l’amplificatore d’andata deve tenere opportunamente conto del carico in ingresso ed in uscita dovuto alla rete di retroazione. Il circuito retroazionato così rappresentato è simile a quello ideale dello schema a blocchi in fig. 11.1 e quindi la FdT ad anello chiuso assume la forma compatta dell’equazione (11.2). Inoltre forme compatte vengono anche stabilite per l’impedenza d’ingresso e quella d’uscita. La teoria basata sul doppio-bipolo, sebbene abbia il pregio della completezza, in molti casi non risulta d’immediata applicazione e richiede svariate approssimazioni per potersi ricondurre ad una delle quattro tipologie. Infatti, non è sempre facile in un circuito retroazionato poter identificare l’amplificatore d’andata e quello di retroazione e valutare il carico che il circuito di retroazione esercita sull’amplificatore d’andata, specialmente se si deve tener conto degli effetti reattivi. Inoltre alcune volte ci si trova nella strana situazione di dover utilizzare due o più schematizzazioni diverse per lo stesso circuito a seconda di come il segnale d’ingresso viene applicato o il segnale d’uscita prelevato. Questo è, per esempio, il caso di un amplificatore operazionale retroazionato resistivamente, dove a seconda se lo si utilizzi in maniera invertente (retroazione corrente-tensione) o non invertente (retroazione tensione-tensione) si deve schematizzare in maniera diversa sia la sorgente sia la rete di retroazione. Nel seguito, invece di far riferimento ad una teoria dei circuiti retroazionati, si utilizzeranno diversi approcci a seconda del parametro d’interesse. Più precisamente si farà riferimento all’equazione di Rosenstark per il calcolo del guadagno ad anello chiuso, all’equazione di Blackman per il calcolo delle impedenze d’ingresso e d’uscita, ed infine ad un’opportuna definizione del guadagno d’anello per lo studio della stabilità e della banda ad anello chiuso. Sia l’equazione di Rosenstark che quella di Blackman hanno il grande vantaggio di poter essere utilizzate in maniera semplice prescindendo dal tipo di retroazione e, addirittura, dalla presenza o meno della retroazione. 11.2.1 Rapporto di ritorno Al fine di definire il rapporto di ritorno si fa riferimento alla rete rappresentata in fig. 11.9, dove è evidenziato uno dei generatori dipendenti, S b e la relativa variabile di comando, S a . Rete Si Fig.11.9 Sa Zb + Za - Rete equivalente per il calcolo del rapporto di ritorno XI - 7 Sb=KSa So Retroazione e compensazione Per calcolare il rapporto di ritorno associato al generatore comandato S b , si annulla il segnale di ingresso S i , si sostituisce S b con un generatore indipendente dello stesso tipo e con lo stesso segno, S i * , si associa alla variabile S a la variabile di uscita S o * , sempre dello stesso tipo e segno. Si definisce il rapporto di ritorno nel modo seguente: T =ˆ − K S o∗ S i∗ (11.25) 11.2.2 Equazione di Rosenstark L’equazione di Rosenstark consente di determinare il guadagno di un qualsiasi circuito anche se la si utilizzerà per i circuiti retroazionati. Essa ha la seguente espressione: A= G AT + G D 1+ T (11.26) dove T è il rapporto di ritorno associato ad un qualunque generatore comandato, G A è il guadagno asintotico definito come G A =ˆ A T →∞ , K →∞ (11.27) e G D è il guadagno diretto: G D =ˆ A T =0, K = 0 (11.28) In G A e G D il rapporto di ritorno è fatto tendere all’infinito e a zero, rispettivamente, mandando all’infinito e a zero il fattore di guadagno k associato al generatore comandato scelto. E’ importante rilevare che i parametri dell’equazione di Rosenstark variano, in generale, a seconda del generatore comandato scelto. Tale scelta va fatta sulla base di considerazioni riguardanti la semplicità di calcolo. Esempio: Collettore Comune A titolo di esempio si consideri lo stadio a collettore comune in fig. 11.10. Vi rπ Vi gmVbe Vbe Q1 Vo Vo RE Fig.11.10 Ro=RE||rc Collettore comune e circuito equivalente Calcolo di T Si sceglie, in questo caso, l’unico generatore comandato presente nel circuito e si associa a g mVbe la corrente d’ingresso I s e alla tensione di comando Vbe la tensione d’uscita Vo . XI - 8 Retroazione e compensazione Il rapporto di ritorno è quindi dato da: T = −gm Vo Is Osservando il circuito si trova: T = − g m (− rπ // R0 ) = g m rπ Ro βRo = rπ + Ro rπ + Ro Calcolo di GA Vbe Per il calcolo di G A si manda all’infinito g m . Essendo g mVbe una quantità finita, g m tendente ad infinito comporta tendente a zero, quindi Vi è uguale a Vo . Il guadagno asintotico è quindi uguale ad uno: G A = 1 Calcolo di GD Il guadagno diretto va calcolato ponendo a zero g m nel modello di fig. 1.10. Risulta: GD = Vo Ro = Vi rπ + Ro Quindi il guadagno dello stadio è: gm A= rπ Ro Ro + Ro rπ + Ro rπ + Ro (1 + β ) Ro = ≈ rπ Ro 1 rπ + (1 + β ) Ro + Ro 1+ gm gm rπ + Ro che è il ben noto guadagno del collettore comune, inoltre il risultato è stato raggiunto senza alcuna ipotesi sul circuito che può essere o meno retroazionato. 11.2.3 Dimostrazione dell’equazione di Rosenstark L’equazione di Rosenstark può essere dimostrata facendo riferimento allo schema generico mostrato in fig. 11.9, dove è stato evidenziato uno dei generatori comandati. Per questa rete è possibile scrivere le seguenti equazioni: S 0 = ASi + BSb (11.29) S a = CS i + DS b Sb = k ⋅ S a (11.30) (11.31) Le prime due sono una conseguenza del principio di sovrapposizione la terza è l’equazione caratteristica del generatore comandato. Se dalla (11.31) si ricava S a e la si sostituisce nella (11.30) da questa si può ricavare S b in funzione di S i che sostituita nella (11.29) dà: S o = AS i + BCk A − AkD + BCk Si = Si 1 − kD 1 − kD (11.32) XI - 9 Retroazione e compensazione Manipolando opportunamente quest’ultima equazione si può scrivere: BC A− (− kD ) + A So D = 1 − kD Si (11.33) Se si pone S i = 0 nella (11.30), risulta S a S b = D e quindi: T = −k Sa = −kD Sb (11.34) Il termine − kD nella (11.34) è quindi uguale al rapporto di ritorno. Mandando − kD all’infinito nella (11.33) si trova: GA = So Si = A− T →∞ BC D (11.35) Infine ponendo a zero − kD nella (11.33) risulta: GD = So Si =A (11.36) T =0 Pertanto i termini dell’equazione (11.33) corrispondono al rapporto di ritorno, al guadagno asintotico e al guadagno diretto secondo la definizione precedentemente data.. 11.2.4 Equazione di Blackman L’equazione di Blackman permette di calcolare l’impedenza vista tra due terminali di una qualunque rete sia essa retroazionata o meno. Chiaramente verrà utilizzata per i circuiti retroazionati, essendo semplice il calcolo delle impedenze nei circuiti non retroazionati. L’equazione di Blackman come l’equazione di Rosenstark è calcolata sulla base della scelta di un qualsiasi generatore comandato. La sua espressione è la seguente: Z A = Za 1 + Tsc 1 + Toc (11.37) dove Z a è l’impedenza ad anello aperto, vista ai terminali di interesse, calcolata annullando il fattore di guadagno del generatore comandato scelto, Tsc (short circuit) è il rapporto di ritorno con la porta considerata in corto circuito, ed infine Toc (open circuit) è il rapporto di ritorno con la porta a circuito aperto. Nell’equazione di Blackman, come in quella di l’equazione di Rosenstark, i parametri Z a , Tsc , Toc , dipendono, in generale, dal tipo di generatore scelto. Anche qui la scelta si basa esclusivamente sul fatto di arrivare nella maniera più veloce e più semplice al risultato finale. Esempio: Collettore Comune Calcolo della resistenza d’ingresso ad anello aperto, Ria Guardando il modello equivalente di fig. 11.10, Ria è valutata ponendo a zero il fattore di guadagno g m . Si ha: Ria = RiA g m =0 = rπ + Ro XI - 10 Retroazione e compensazione Calcolo di TSC Il valore di Tsc si calcola con i morsetti di ingresso cortocircuitati e quindi coincide con quello di T visto a proposito del calcolo del rapporto di ritorno: Tsc = β ⋅ Ro rπ + Ro Calcolo di TOC Se si lasciano i terminali d’ingresso a circuito aperto, la corrente in rπ è nulla è quindi il rapporto di ritorno è anch’esso pari a zero. In definitiva, la resistenza d’ingresso ad anello chiuso è: βRo = rπ + Ro + βRo = rπ + (1 + β ) Ro RiA = ( rπ + Ro )1 + rπ + Ro 11.2.5 Dimostrazione dell’equazione di Blackman Per la dimostrazione dell’equazione di Blackman si fa riferimento allo schema semplificato di fig. 11.11, dove è stata evidenziata la porta per la quale si deve calcolare l’impedenza ed un generatore comandato della rete. Rete Vs Fig. 11.11 Sa Za Zb + - Sb=KSa Schema semplificato per la dimostrazione dell’equazione di Blackman Si supponga di applicare ai morsetti d’interesse un generatore di corrente di prova I s , l’impedenza vista sarà Z A = V S I S . Per la rete in esame si possono scrivere le seguenti equazioni: Vs = AI s + BSb (11.38) S a = CI s + DS b Sb = k ⋅ S a (11.39) (11.40) La (11.40) è l’equazione caratteristica del generatore comandato in esame, le (11.38), (11.39) sono invece conseguenze del principio di sovrapposizione. Se dalla (11.40) si ricava S a e la si sostituisce nella (11.39) si ottiene: Sb = Ck Is 1 − kD (11.41) che sostituita nella (11.38) dà: V ZA = S = A IS 1 − k ( AD − BC ) 1 − kD 1 A (11.42) XI - 11 Retroazione e compensazione Dalla (11.38) ponendo S b = 0 si ha: A= VS IS (11.43) Sb = 0 e siccome per essere S b = 0 qualunque S a , deve essere necessariamente k = 0 , si può scrivere: A= VS IS (11.43a) K =0 Questa è proprio la definizione di Z a quindi: A = Za (11.43b) Ponendo V s = 0 nella (11.38) risulta: Is = − B Sb A (11.44) che sostituita nella (11.39) dà: Sa 1 = ( AD − BC ) Sb A (11.45) per cui: Tsc = − k Sa 1 = −k ( AD − BC ) Sb A (11.46) Ponendo I s = 0 nella (11.39) si ottiene: Sa =D Sb (11.47) Di conseguenza: Toc = − k Sa Sb = −kD (11.48) I s =0 11.3 Studio della stabilità 11.3.1 Calcolo di T(s) Ci si propone, in questa sezione, di effettuare lo studio della stabilità degli amplificatori retroazionati. A tale scopo, si farà uso di T ( s ) . Con riferimento allo schema di principio di fig. 11.1, il calcolo di T ( s ) si può effettuare seguendo i passi: 1. 2. 3. si annulla il segnale d’ingresso S i ; si effettua un taglio su un punto qualsiasi dell’anello, ristabilendo l’impedenza a monte del taglio che poi è l’impedenza vista a valle, (monte è da dove arriva il segnale valle dove sta andando); si applica un segnale S i * a valle e si preleva un segnale S o * a monte; XI - 12 Retroazione e compensazione Il guadagno d’anello sarà dato da: T (s) = − So * Si * (11.49) Se in teoria si può tagliare in un qualsiasi punto dell’anello, è in genere preferibile interrompere sull’anello di retroazione ove sono presenti solo elementi passivi anziché sull’anello diretto dove, di sicuro, sono presenti elementi attivi. Questo allo scopo di poter calcolare nel modo più semplice possibile l’impedenza da ripristinare a monte del taglio. E’ altresì sconsigliato interrompere in punti dove si deve andare a valutare un’impedenza soggetta ad effetto Miller. I segnali d’eccitazione S i * e di conseguenza S o * possono essere entrambi tensioni o correnti come si può vedere in figura 11.12 (a) e 11.12 (b), dove sono anche indicati i versi corretti da prendere nei due casi, ma è chiaramente auspicabile eccitare in tensione in punti d’alta impedenza e in corrente in punti di bassa impedenza. Z + Io + - Vo - Fig. 11.12 (a) Vi Z Eccitazione in tensione Fig. 11.12 (b) Ii Eccitazione in corrente Per chiarire quanto detto si consideri l’amplificatore retroazionato di fig. 11.13 (a) (la freccia indica il verso di percorrenza del segnale). In Figura 11.13 (b) è mostrato il punto dove si è operato il taglio, si noti, come, per stabilire quale dei due punti del taglio sia monte e quale valle è indispensabile conoscere il verso di percorrenza del segnale. E’ facile vedere che la resistenza da ripristinare a monte è Z i . Dall’analisi del circuito si deduce: T ( s) = − AV ( s ) Z L || ( Z 2 + Z i || Z 1 ) Z i || Z 1 ⋅ Z o + Z L || ( Z 2 + Z i || Z 1 ) Z 2 + Z i || Z 1 (11.50) Z2 Z1 Zo + + Vs Zi - Fig. 11.13 (a) + - Vi - + AVVi Vo ZL - Esempio di amplificatore retroazionato Z2 Z1 Zo + Zi - Fig. 11.13 (b) Vo * Vi* + - + Zi Vi - Calcolo del guadagno d’anello XI - 13 + - + AVVi ZL Vo - Retroazione e compensazione 11.3.2 Criteri di stabilità La stabilità in senso stretto, cioè che tutti i poli dell’amplificatore siano stabili, è un requisito che, volendosi soddisfare pienamente, non permetterebbe la realizzazione di alcun tipo di amplificatore. Si è pertanto interessati alla stabilità relativa ovvero si vuole garantire un margine di stabilità per l’amplificatore soggetto a variazioni parametriche non controllabili. Partendo da un amplificatore stabile ad anello aperto non è detto che resti stabile una volta retroazionato. Esistono dei criteri che permettono di studiare la stabilità di sistemi retroazionati partendo dalla conoscenza della FdT ad anello aperto. Si farà uso di T ( s ) , del resto assumendo il blocco di retroazione resistivo i poli di T ( s ) coincidono con quelli di a ( s ) .I criteri cui si farà riferimento per lo studio della stabilità dei sistemi retroazionati, oltre ai diagrammi di Bode, sono il luogo delle radici e il criterio di Nyquist. Luogo delle radici Il metodo del luogo delle radici consiste nel mappare nel piano S tutti i poli del circuito retroazionato a partire dal guadagno di anello al variare del guadagno di anello statico. E' un metodo che qualitativamente permette di capire se un sistema inizialmente stabile, può, una volta retroazionato, diventare instabile e per quali condizioni. Tutti i punti dell'asse reale posizionati a sinistra di un numero dispari di poli e zeri della T ( s ) appartengono al luogo (per luogo s’intende il luogo positivo vale a dire per T0 > 0 ). Se la differenza tra il numero di poli ed il numero degli zeri della T ( s ) è ≥ 2 allora al luogo appartengono anche poli complessi e coniugati. Per T0 = 0 i poli ad anello chiuso coincidono con quelli ad anello aperto, al crescere di T0 il luogo descriverà, con continuità, tanti rami quanti sono i poli di T ( s ) i quali si andranno a chiudere sugli zeri di T ( s ) (compresi gli zeri all’infinito). Si riporta di seguito qualche esempio di luogo delle radici dei casi di più comune interesse. Im(s) T(s) = 1/τ Fig. 11.14 Re(s) T0 1 + sτ FdT ad un polo Im(s) T(s) = 1/τ2 Fig. 11.15 Re(s) 1/τ1 T0 (1 + sτ 1 ) (1 + sτ 2 ) FdT a due poli Si vede che un sistema ad uno o due poli è sempre stabile per qualsiasi valore del guadagno d’anello statico. Im(s) T(s) = 1/τ3 1/τ2 Fig. 11.16 1/τ1 Re(s) FdT a tre poli XI - 14 T0 (1 + sτ 1 ) (1 + sτ 2 ) (1 + sτ 3 ) Retroazione e compensazione In questo caso il sistema può, al crescere di T0 , diventare instabile, soprattutto quando i tre poli sono di bassa frequenza. Invece, come si vede dalla fig. 11.17, l’aggiunta di uno zero nel semipiano sinistro ha un effetto stabilizzante. Im(s) T(s) = T0 1/α Fig. 11.17 1/τ3 1/τ2 Re(s) 1/τ1 (1 + sα ) (1 + sτ 1 ) (1 + sτ 2 ) (1 + sτ 3 ) FdT a tre poli ed uno zero Criterio di Nyquist E' un criterio basato sul diagramma polare di T ( jω ) .Un sistema stabile ad anello aperto avrà, ad anello chiuso, tanti poli instabili quanti sono i circondamenti, in senso orario, del diagramma polare di T ( jω ) del punto (−1,0) . Se questo punto non viene circondato il sistema rimane stabile. Si riprendono in considerazione alcune delle situazioni più frequenti già analizzate col luogo delle radici: Im[T(jω)] ω →∞ ω →0 (-1,0) Fig. 11.18 T(s) = T0 1 + sτ Re[T (jω)] FdT ad un polo Im[T(jω)] ω →∞ ω →0 T0 (1 + sτ 1 ) (1 + sτ 2 ) Re[T (jω)] (-1,0) Fig. 11.19 T(s) = FdT a due poli Come si vede i sistemi ad un polo o a due poli sono sempre stabili perché non contengono mai il punto (-1,0). Im[T(jω)] Im[T(jω)] ω →∞ (-1,0) Fig. 11.20 FdT a tre poli stabile ω →∞ ω →0 (-1,0) Re[T (jω)] Fig. 11.21 XI - 15 FdT a tre poli instabile ω →0 Re[T (jω)] Retroazione e compensazione Nel caso di Figura 11.21, il numero di circondamenti del diagramma polare intorno al punto (-1,0) e pari a due: N C = 2 , per cui questo sistema a ciclo chiuso avrà due poli instabili. Una caratteristica dei diagrammi polari è la simmetria rispetto all'asse Re[T ( jω )] delle due curve ottenute per ω > 0 e ω < 0 rispettivamente. Il criterio di Nyquist permette di definire due parametri fondamentali in base ai quali è possibile stabilire non solo se un sistema retroazionato è stabile ma anche il suo grado di stabilità. Si è visto che (-1,0) è un punto critico, se il diagramma polare di T ( jω ) passa per questo punto il sistema in questione sarà al limite della stabilità ovvero un sistema oscillante, in tal caso ci sarà una precisa pulsazione ω * per cui T(jω * ) = 1 e ∠ T(jω * ) = -180 . Per i sistemi a stabilità regolare, che sono quelli a cui ci si interessa, T(jω ) decresce al crescere di ω . Tenuto conto di quanto detto, se ω ′ è la pulsazione per la quale T(jω ′) = 1 , si possono presentare le seguenti situazioni: a) b) c) θ = ∠ T(jω ' ) > - 180° (fig. 11.22): all'aumentare di ω si è sicuri che (-1,0) non sarà contenuto nel diagramma polare; θ = ∠ T(jω ' ) < - 180° (fig. 11.23): il punto (-1,0) è contenuto nel diagramma polare; θ = ∠ T(jω ' ) = - 180° : il diagramma passa proprio per il punto critico. Im[T(jω)] Im[T(jω)] ω →∞ (-1,0) Fig. 11.22 ω →0 ω →0 θ (-1,0) Re[T (jω)] θ = ∠ T(jω ' ) > - 180° Fig. 11.23 θ Re[T (jω)] θ = ∠ T(jω ' ) < - 180° Sia ω ′′ la pulsazione per la quale θ = ∠ T(jω ' ) = - 180° . Si possono presentare i seguenti casi: a) T(jω ′′) < 1 (fig. 11.24): il sistema retroazionato è stabile; b) T(jω ′′) > 1 (fig. 11.25): il sistema retroazionato è instabile; c) T(jω ′′) = 1 : il diagramma passa proprio per il punto critico. Im[T(jω)] Im[T(jω)] ω →0 ω →0 (-1,0) Fig. 11.24 T(jω ′′) < 1 (-1,0) Re[T (jω)] Fig. 11.25 Re[T (jω)] T(jω ′′) > 1 A questo punto si possono definire due importanti parametri: Margine di fase =ˆ ∠ T(jω ′) + 180 : esso offre un modo per quantificare quanto si è distanti in fase dalla condizione critica; in base alla considerazione 1), il sistema retroazionato è stabile se MF > 0 ; 1 : il sistema retroazionato è stabile, in base alla considerazione 2), se MG > 0 . Margine di guadagno =ˆ ∠ T ( jω ′′ ) dB Per la valutazione della stabilità è sufficiente quindi esaminare questi due parametri. Generalmente si controlla solo il margine di fase. Ci si chiede ora quali siano i criteri che permettono di stabilire la bontà di un dato margine di fase. XI - 16 Retroazione e compensazione La risposta si ricava esaminando il comportamento di un circuito retroazionato nel dominio del tempo e della frequenza al variare del margine di fase. Si consideri un circuito del secondo ordine, la sua risposta in frequenza è mostrata in fig. 11.26. Come si può notare al diminuire del margine di fase cresce il picco di risonanza. Il fatto che la banda, per margini di fase decrescenti, ha una caratteristica sempre meno piatta, comporta una maggiore distorsione in frequenza del segnale. Inoltre un piccolo margine di fase comporta un elevato rischio d’instabilità. Altre considerazioni possono essere fatte nel dominio del tempo: sempre con riferimento ad un generico sistema del secondo ordine è di notevole interesse considerare la sua risposta al gradino mostrata in fig. 11.27. In genere l’amplificatore è tanto migliore quanto più fedelmente segue il riferimento. Ad un margine di fase di 90° corrisponde una risposta esponenziale che caratterizza un sistema a polo dominante. Per MF= 60° si incomincia ad avere un picco ed una breve oscillazione intorno alla risposta a regime. Per MF= 45° il picco aumenta ed aumenta l'ampiezza delle oscillazioni e la loro durata. Al diminuire del margine di fase peggiora la risposta al gradino. MF=30° MF=30° MF=60° MF=45° MF=90° MF=90° ωn Fig.11.26 Log ω t Risposta in frequenza per diversi valori del MF Fig.11.27 Risposta al gradino per diversi valori del MF Per la risposta in frequenza si può accettare un margine di fase non troppo grande nel caso in cui la banda d’interesse sia alquanto inferiore alla frequenza di taglio ω n , cioè se il segnale non ha componenti armoniche (o sono trascurabili) nella zona non piatta in cui il fenomeno della distorsione diventerebbe critico. Nel dominio del tempo, generalmente si adotta come margine di fase ottimale, MF= 60°. Addirittura le prestazioni del sistema migliorano per questo valore del margine di fase rispetto ad un MF= 90° perché quest’ultimo rende un sistema troppo lento: per un MF=50° ÷ 60° si osservi un rapido raggiungimento del valore di regime della risposta al gradino ed una banda abbastanza piatta, anche alle alte frequenze (intorno a ω n ). Queste considerazioni portano a condizioni da soddisfare ben più restrittive, nel senso che non è sufficiente che un circuito retroazionato sia stabile, solamente, ma è necessario che abbia un adeguato margine di fase. 11.3.3 Compensazione Nel paragrafo precedente è stato affermato che un qualsiasi amplificatore deve essere realizzato in modo da garantite un’adeguata stabilita relativa, che poi si traduce in un adeguato margine di fase di T (s ) .In una prima fase di progetto, però, T (s ) assume tipicamente margini di fase piccoli se non addirittura negativi. Bisogna quindi modificare T (s ) in modo tale che raggiunga il margine di fase desiderato salvaguardando, nello stesso tempo, le caratteristiche della FdT ad anello chiuso. Tutto questo si affronta in una successiva fase di progettazione che è quella della compensazione. La maggioranza degli amplificatori è approssimabile ad un sistema a due poli, per cui anche T (s ) sarà del secondo ordine, si consideri allora la rete semplificata, per il calcolo di T (s ) : Vi Fig.11.28 + - gm1Vi Ro1 Co1 Vo1 Rete semplificata per il calcolo di T(s) XI - 17 gm2Vo1 Ro2 Co2 Vo Retroazione e compensazione Come si vede la rete in esame è formata da due maglie disaccopiate, per cui T (s ) è immediatamente ricavabile ed assume la forma seguente: T ( s) = − V0 G M 1 R01G M 2 R02 T0 = = Vi (1 + sR01C 01 ) ⋅ (1 + sR02 C 02 ) (1 + s / ω p1 ) ⋅ (1 + s / ω p 2 ) (11.51) Si è, in primo luogo, interessati a valutare il margine di fase di T(s) che, sfruttando la definizione, vale: MF = ∠ 180 − arctg ωT ω − arctg T ω P1 ω P2 (11.52) Generalmente ω T >> ω P1 , di conseguenza il contributo al margine di fase del primo polo si può supporre costante e pari a arctg ω T ≅ 90 . Sostituendo nella (11.52): ω P1 MF = ∠ 90 − arctg ωT ω = arctg P2 ω P2 ωT (11.53) da cui: ω P 2 = ω T ⋅ tan (MF ) (11.54) La (11.54) è una equazione fondamentale di progetto, se, ad esempio, si vuole MF = 600 essa dice che deve essere 0 ω P 2 ≅ 1.73ω T ; se si è nella condizione di dover accettare, per il sistema compensato, un MF minimo di 45 allora deve essere ω P 2 = ω T . Si sa però che la banda ad anello chiuso si può assumere, con buona approssimazione, pari alla pulsazione di attraversamento di T (s ) , ecco quindi che il limite superiore per la ω CF è il secondo polo ω P 2 . Inoltre se ω P 2 ≥ ω T , come avviene nell’amplificatore compensato, si è sicuri che la T (s ) è approssimabile a polo dominante e quindi ω T = ω GBW . Per l’amplificatore compensato la (11.54) diventa perciò: ω P 2 = ω GBW ⋅ tan (MF ) (11.55) Ancora con riferimento al T (s ) della (11.51) si supponga di avere la seguente situazione: |T(jω)|dB ωt ωp1 Fig. 11.29 ωp2 Log ω FdT con ω P 2 < ω T Come si vede dalla fig. 11.29 si è nella condizione in cui ω P 2 < ω T cioè si ha MF<450, si vedrà adesso il modo in cui intervenire per ottenere il margine di fase desiderato. XI - 18 Retroazione e compensazione Compensazione per riduzione del guadagno d’anello Una possibile strategia di compensazione è quella di traslare la FdT T (s ) verso il basso cioè ridurre la pulsazione di attraversamento lasciando invariati i poli (fig. 11.30). Questo risultato si può ottenere agendo sul guadagno d’anello statico T0 che, dalla (11.51), vale: T0 = T (0) = G M 1 Ro1G M 2 Ro 2 Dato che non si devono toccare i poli, non si può agire su Ro1 e Ro 2 , di conseguenza si deve intervenire sul prodotto G M 1G M 2 , in particolare la scelta va effettuata in base al MF che si vuole ottenere. Sfruttando da (11.55) si ha: G G R 1 1 = T0 tan( MF ) = M 1 M 2 o 2 tan( MF ) Ro 2 C o 2 Ro1C o1 C o1 da cui: G M 1G M 2 = C o1 (11.56) 2 Ro 2 C o 2 tan( MF ) In fase di progetto è preferibile assumere T0 = a(s ) ovvero ( f = 1 ) cioè pari al guadagno ad anello aperto, in modo che la scelta della rete compensatrice non dipenda dai parametri della rete di retroazione, in altre parole si ci pone nelle condizioni peggiori. |T(jω)|dB Prima della compensazione Dopo la compensazione ωp2 ωp1 Fig. 11.30 ωt ωt Log ω Compensazione per riduzione del guadagno d’anello Compensazione a polo dominante Le specifiche sull’amplificatore ad anello chiuso danno spesso delle limitazioni sul guadagno statico di T (s ) , quindi può capitare che la compensazione per riduzione di T0 non sia praticabile o non sia sufficiente. In questi casi si possono operare altri tipi di compensazione come per esempio quella a polo dominante. Anche questa tipologia di intervento mira a migliorare il MF abbassando la ω T di T (s ) agendo su ω P1 anziché su T0 . In particolare si cerca di ridurre la frequenza del primo polo inserendo un capacitore C c (in pratica nel nodo di alta impedenza) in parallelo a C o1 (in altre parole aumentando la costante di tempo di ω P1 ), come in fig. 11.31. La C c si ottiene sempre dalla (11.55): G G R 1 = M 1 M 2 o 2 tan (MF ) ⇒ C c Ro 2 C o 2 C o1 + C c (11.57) XI - 19 Retroazione e compensazione Questo tipo di compensazione è indicata quando i due poli sono molto distanti fra loro; nel caso di due poli di bassa impedenza è sconsigliata, perché si otterrebbe una banda utile pressoché nulla, con due poli di alta frequenza si avrebbe il problema di dover impiegare una grossa capacità che tradotto in logica integrata significa un’occupazione eccessiva di area di silicio. Una situazione con due poli distanti è tipicamente quella di un cascode, mentre due stadi CE o CS in cascata offrono, di norma, due poli vicini. In quest’ultimo caso è conveniente usare un’altra tecnica di compensazione di seguito esposta. |T(jω)|dB Prima della compensazione Dopo la compensazione ωp2 ωp1 Fig. 11.31 ωp1 ωt ωt Log ω Compensazione a polo dominante Compensazione per effetto Miller o pole-splitting Questo altro tipo di compensazione è usata quando i due poli sono di bassa impedenza è inoltre necessario che tra il primo ed il secondo polo vi sia una struttura invertente. La compensazione viene effettuata inserendo una capacità C c tra la maglia del primo e quella del secondo polo, come in fig. 11.32. Cc Vi Fig. 11.32 + - gm1Vi Ro1 Co1 Vo1 gm2Vo1 Ro2 Co2 Vo Compensazione per effetto Miller La capacità C c subisce in ogni caso effetto Miller. Come si sa però, per verificarsi il pieno effetto Miller il primo polo deve risultare dominante rispetto al secondo e questo è sempre vero nell’amplificatore compensato, non solo perché C c è una capacità di valore elevato rispetto alle capacità parassite dei circuiti integrati, ma anche perché l’effetto di C c sul secondo polo, che non è trascurabile, causa l’allontanamento di quest’ultimo verso l’alta frequenza (pole-splitting). Il primo polo si trasforma: 1 1 → C o1 Ro1 Ro1 (Co1 + GM 2 Ro 2 Cc ) (11.58) Per valutare dove si porta il secondo polo, si assume che ci sia il pole-splitting, perciò quando agisce il secondo polo, C c si può considerare un cortocircuito; si può perciò adottare il circuito di fig. 11.33 dal quale si può agevolmente valutare il nuovo valore del polo d’uscita. 1 → Ro 2 Co 2 1 1 (Co1 + Co 2 ) || Ro1 || Ro 2 G M2 ≅ GM 2 (Co1 + Co 2 ) (11.59) XI - 20 Retroazione e compensazione Nella Figura 11.34 è mostrato l’effetto della compensazione per effetto Miller su T (s ) . Fermo restando che i due poli siano di bassa impedenza, può verificarsi che il secondo polo sia a frequenza minore del primo, in questo caso continuano ad essere validi i ragionamenti fatti, quello che accade è che i due poli si scambiano di posto in modo tale che nella rete compensata ω P1 è sempre il polo dominante e ω P 2 continua ad essere il secondo polo. Ro1 Fig. 11.33 gm2Vo1 Co1 Ro2 Co2 Circuito equivalente per il calcolo del pole-splitting |T(jω)|dB Prima della compensazione Dopo la compensazione ωt ωp1 Fig. 11.34 ωp1 ωp2 ωt ωp2 Log ω Compensazione per effetto Miller La compensazione per effetto Miller ha anche uno svantaggio che sta nell’introduzione di uno zero nel semipiano destro. In verità uno zero di questo tipo è già presente ed è dovuto alle piccole capacità parassite di accoppiamento locale, tipicamente le C µ per i BJT e le C gd nei MOS. Il fatto è che, mentre uno zero dovuto a C µ o a C gd è d’altissima frequenza (dato che queste capacità sono dell’ordine dei fF), lo zero dovuto a C c , che è una grossa capacità (2 ÷ 6 pF), comincia ad avere una certa importanza. Uno zero nel semipiano destro ai fini dello sfasamento si comporta esattamente come un polo, cioè, invece di dare uno sfasamento in anticipo contribuendo a migliorare il margine di fase, dà uno sfasamento negativo e quindi per quanto riguarda la stabilità è ancora più critico di un polo perché il polo dà uno sfasamento in ritardo, ma fa diminuire il guadagno, mentre lo zero in più fa aumentare il guadagno. Del resto, come si sa dal luogo delle radici, al crescere di T0 ci sarà un ramo (e quindi un polo) che si andrà a chiudere nello zero positivo, esisterà quindi un valore di T0 per il quale l’amplificatore ad anello chiuso si destabilizza, in particolare si può provare che se la frequenza dello zero ω Z è minore di ω GBW , il sistema ad anello chiuso risulterà instabile; viceversa se ω Z è maggiore di ω GBW , l’amplificatore ad anello chiuso sarà stabile. Per ovviare a tale problema esistono svariate tecniche di compensazione, in altre parole si trova la maniera di annullare gli effetti negativi di tale zero. Prima però di passare in rassegna tali metodi si riassume la situazione in termini di poli e zeri che si ha dopo l’inserimento della C c . 1 ; Ro1GM 2 Ro 2 C c Primo polo: ω P1 ≅ Secondo polo: ω P 2 ≅ Zero: ω Z ≅ G M 2 C c . GM 2 ; (C o1 + C o 2 ) XI - 21 Retroazione e compensazione Il valore di C c si ricava ancora una volta dalla (11.55): Cc = GM 1 (C o1 + C o 2 ) tan (MF ) GM 2 (11.60) 1° Metodo Lo scopo è quello di cercare di rimuovere le cause che portano alla comparsa dello zero: esso è generato dalla corrente diretta i F che va dal nodo A verso il nodo B dello schema di fig. 11.35. Un modo per compensare lo zero è quello di impedire questo cammino diretto attraverso il condensatore C c , salvaguardando il cammino inverso (da B verso A); questo può essere fatto con un buffer di tensione. Il cammino inverso responsabile della compensazione produce una corrente iC , che è data da: iC = (V B − V A ) ⋅ sC c A Cc B ic Fig. 11.35 Compensazione dello zero con buffer di tensione La tensione del nodo B si trasferisce esattamente nel nodo C, viceversa non ci potrà essere alcuna corrente che attraversando il condensatore possa finire sul nodo B, poiché il buffer non consente una conduzione da A verso B. Il buffer di tensione è generalmente implementato con un drain comune. 2° Metodo Un altro metodo, duale, è quello di utilizzare invece di un buffer di tensione un buffer di corrente. Ovviamente esso sarà messo tra il nodo A ed il condensatore, come in fig. 11.36. Cc A B ic Fig. 11.36 Compensazione dello zero con buffer di corrente L’ingresso del buffer è un punto a bassa impedenza, in tal modo si ottiene: iC = V B ⋅ sC c . E' quindi soddisfatta la condizione per la corretta compensazione. Anche in questo caso il buffer di corrente non permette conduzione da A verso B. Tutto ciò può essere ottenuto con un gate comune. 3° Metodo E’ il metodo più usato, si mette una resistenza RC in serie al condensatore di compensazione C c : A Fig. 11.37 Cc RC Trasformazione dello zero XI - 22 B Retroazione e compensazione Facendo i conti si vede che lo zero si modifica: GM 2 1 →− Cc (RC − 1 G M 2 )C c Se RC > 1 G M2 , lo zero si trova nel semipiano sinistro, se invece RC = 1 G M2 lo zero scompare. Allora ci sono due possibilità progettuali: o si compensa, eliminando completamente lo zero nel semipiano destro, oppure si può sfruttare uno zero nel semipiano sinistro per compensare qualche polo d’altissima frequenza: basta prendere RC poco maggiore di 1 G M2 . Compensare tali poli d’altissima frequenza può migliorare il margine di fase. Compensazione Feed-forward Si accenna infine ad un ultimo metodo di compensazione, poco usato rispetto a quelli precedenti. Si consideri il caso di un T (s ) a tre poli, caratterizzato da un luogo delle radici del tipo mostrato in fig. 11.38 dove si può distinguere un polo di bassa, uno di alta, ed uno di altissima frequenza. In un sistema di questo tipo si può trovare, ad anello chiuso, una coppia di poli complessi coniugati ad elevato fattore di merito Q ovvero troppo vicini all’origine. Il risultato è un amplificatore di scarse prestazioni. La compensazione feed-forward consiste nell’aggiunta di uno zero atto a compensare uno dei poli di T (s ) riportandosi così ad una situazione a due poli. Si può optare per due diverse scelte, una prima soluzione potrebbe essere quella di compensare il polo d’altissima frequenza l’altra quella di compensare il polo intermedio. Con la prima soluzione si ottiene come unico beneficio un miglioramento del MF, con la seconda si ottiene anche un miglioramento in termini di pulsazione di attraversamento il che da la possibilità di ottenere un incremento della banda ad anello chiuso. Tuttavia è preferibile in genere la prima soluzione, questo perché la cancellazione fisica di un polo non è mai perfetta per cui, in effetti, il polo che si pensa compensato continua a dare un suo contributo anche se in modo più lieve. In queste vesti il polo intermedio da più problemi di quello d’altissima frequenza. Un modo per inserire lo zero è quello di usare un CC e mettere un capacità C c tra base ed emettitore che quindi va a cadere in parallelo alla Cπ si ha dunque: ωZ = − gm (C c + Cπ ) da cui è possibile ricavare la C c necessaria. Im(s) 1/τ3 1/τ2 Fig. 11.38 Luogo delle radici di una T (s ) a tre poli XI - 23 1/τ1 Re(s)