Cittadinanza e Costituzione: un contesto pedagogico per i

Educazione e formazione
Cittadinanza e Costituzione: un contesto pedagogico per i “laboratori di
cittadinanza attiva” nelle scuole
Prof. Andrea Porcarelli – Professore Associato di Pedagogia Generale e Sociale all’Università di Padova, già membro della
Commissione ministeriale che ha elaborato le Linee guida per l’insegnamento di “Cittadinanza e costituzione”.
Gli scenari culturali, sociali e politici con cui siamo chiamati a misurarci sono ampi e complessi e in
essi si inserisce quella che è stata identificata come emergenza educativa, cioè in un insieme di sfide per chi
è chiamato a occuparsi di educazione. Non è questa la sede1 per un’analisi del milieu culturale in cui
viviamo, riletta in termini pedagogici, e di quanto in esso pesi in esso la propensione all’individualismo che
tende a erodere il senso della comunità2. Vi è in questo una sfida specifica per l’educazione alla
cittadinanza, che trova stimoli particolari nei nodi della contemporaneità, ma vi sono attenzioni educative
che sfondano le barriere del tempo.
Sul fatto che vi sia oggi bisogno di costruire una nuova alleanza tra tutti i contesti educativi
(formali, non formali, informali) ed una cultura civica che sappia ri-educare i giovani ad una democrazia
attiva e partecipativa, vi è un generale consenso. Non mancano nemmeno le buone idee concrete riguardo
ad attività che potrebbero fungere da volano di questa nuova alleanza e quella dei laboratori di
cittadinanza attiva è certamente una di queste e potrebbe coinvolgere una molteplicità di soggetti, a
partire dal mondo della scuola. Il problema che vorremmo prendere qui in esame è quello dei contesti
pedagogici che possano fare da sfondo integratore per tali buone iniziative, al fine di evitare che esse si
riducano a kermesse utili per dare lustro a coloro che le promuovono (compresi i pubblici amministratori
che si gioverebbero del loro credito di immagine), ma senza lasciare tracce profonde nella mente e nel
cuore dei giovani coinvolti. Mai come in questi anni abbiamo avuto un fiorire di iniziative anche intriganti,
dal punto di vista della capacità di attivare i giovani (e le scuole) su singole tematiche di pubblico interesse,
ma non si ha l’impressione che tale pullulare di attività abbia costituito un solido argine per quella cultura
del disimpegno e quella perdita del senso di comunità che viene da più parti stigmatizzata.
In tale contesto il nostro contributo specifico, in questa sede, vorrebbe essere quello di prendere in
esame uno dei possibili sfondi integratori dal punto di vista pedagogico. Ci riferiamo in particolare alle leve
culturali ed educative offerte dall’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” (L. 169/2008) quale
contesto di riferimento per una paideia costituzionale che può divenire il terreno in cui potrebbe affondare
le sue radici una rinnovata cultura sociale e civile.
Il potenziale pedagogico della Costituzione e l’Educazione civica
Mentre si profilava la fine del secondo conflitto mondiale già prendevano forma alcune istanze che
- pur nella diversità delle ispirazioni ideali di quanti se ne facevano portavoce - hanno caratterizzato i primi
1
Per una visione complessiva della problematica si può vedere A. Porcarelli, Educazione e politica. Paradigmi
pedagogici a confronto, FrancoAngeli, Milano 2012.
2
Cfr. Z. Bauman, Voglia di comunità, tr. it. Laterza, Roma-Bari 2003.
anni del dopoguerra: si intrecciavano, infatti, tra loro il desiderio della ricostruzione di una società
autenticamente democratica (dopo l’esperienza del regime fascista) e la necessità della ricostruzione
materiale di un Paese devastato e distrutto, ma si coglieva anche la necessità di una “ricostruzione morale”
delle attitudini necessarie per una cittadinanza democratica.
In quegli anni lo sforzo più significativo, in termini di elaborazione dei fondamenti di una comune
consapevolezza sociale e civile, è rappresentato - evidentemente - dalla redazione della Carta
Costituzionale, le cui potenzialità sul piano pedagogico sono state rilevate con chiarezza dagli stessi
costituenti. Come osserva Corradini, “il disegno costituzionale coglie dunque le nervature essenziali di una
Repubblica, che si afferma e si costruisce per i diritti che riconosce e tutela, per i servizi che rende, per i
doveri che richiede e per gli impegni che sollecita: l’educazione e la scuola sono insieme la condizione e il
frutto di una Repubblica democratica, che non può affermarsi e conservarsi senza rischiarsi anzitutto nel
dialogo educativo e nell’insegnamento/apprendimento tipico dell’esperienza scolastica”3.
In questa sede ci limitiamo a segnalare come i frutti di tale dibattito, molto fervido anche nelle
discussioni preparatorie4, si sono verosimilmente tradotti in una sorta di cultura costituzionale implicita,
presente con modalità differenti secondo le diverse sensibilità delle persone, ma probabilmente operante
nella mente e nel cuore di molti educatori ed insegnanti, come viene testimoniato - per esempio dall’attività delle Associazioni professionali5 degli insegnanti e presidi, in cui i temi dell’educazione civica,
informata da uno spirito costituzionale, sono molto presenti.
Fu uno dei padri Costituenti, Aldo Moro (divenuto Ministro della Pubblica Istruzione), a realizzare
l’auspicio da lui tesso espresso durante i lavori dell’Assemblea, per cui la Costituzione dovesse trovare uno
spazio di insegnamento nelle scuole della Repubblica italiana. Con il DPR n. 585 del 13 giugno 1958 si
introduce l’insegnamento dell’Educazione civica, con un’intenzionalità di tipo formativo che appare in
modo molto chiaro nella Premessa del Decreto stesso:
L'educazione civica si propone di soddisfare l'esigenza che tra Scuola e Vita si creino rapporti di mutua
collaborazione. L'opinione pubblica avverte imperiosamente, se pur confusamente, l'esigenza che la Vita
venga a fecondare la cultura scolastica, e che la Scuola acquisti nuova virtù espansiva, aprendosi verso le
L. Corradini, Dall’educazione civica all’educazione alla convivenza civile, in A. Porcarelli (a cura di), Cittadini sulla
strada. L’educazione alla sicurezza stradale come componente della convivenza civile, Armando, Roma 2007, p. 21.
L’autore precisa meglio il concetto nelle righe successive: “Il docente, a cui si riconosce una libertà caratterizzata dal
rispetto della coscienza e dall’impegno di promozione della personalità degli studenti, nell’esercizio delle sue funzioni è
Repubblica che rimuove e promuove (...) che si costruisce mentre serve i suoi cittadini. Qui sta il carattere valoriale,
propositivo, programmatico e in certo senso pedagogico della Costituzione” (ibidem).
4
Tra i vari gruppi portatori di istanze che si sono tradotte in una “linea culturale” nel dibattito costituzionale, citiamo tra gli altri - quello costituito da un qualificato e nutrito gruppo di intellettuali cattolici, il cui lavoro è confluito nel
cosiddetto Codice di Camaldoli, il cui punto focale che può essere individuato “nell’esigenza di coniugare insieme dignità
della persona, libertà politica e giustizia sociale” (G. Chiosso, Nosengo, il Codice di Camaldoli e gli anni della
ricostruzione, in: L. Corradini (a cura di), Laicato cattolico educazione e scuola in Gesualdo Nosengo. La formazione,
l'opera e il messaggio del fondatore dell'UCIIM, ELLEDICI, Leumann TO 2008, p. 132). Di seguito l’autore precisa: “Il
valore della persona non doveva restare una pura e semplice enunciazione, ma si doveva tradurre nella realtà civile e
sociale, intrecciandosi d’un lato, con il diritto alla libertà di ciascuno e, dall’altro lato, svolgendosi nel rispetto del
principio di eguaglianza” (ivi, pp. 132-133).
5
Ricordiamo che in quegli anni venne fondata l’UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi), ad opera di
Gesualdo Nosengo, il 18 giugno del 1944, e l’AIMC (Associazione Italiana Maestri Cattolici), fondata nel 1945 da Maria
Badaloni e Carlo Carretto, quale erede dell’associazione magistrale cattolica “N. Tommaseo”, attiva dal 1900 al 1926
(prima della soppressione ad opera del regime fascista). Analogamente - nel 1946, ad opera di Antonio Basso - venne rifondata la FNISM (Federazione Nazionale degli Insegnanti di Scuola Media), associazione di ispirazione laica, che era
stata costituita nei primi anni del XX secolo (ad opera di Giuseppe Kirner e Gaetano Salvemini) e a sua volta soppressa
con le “leggi fascistissime” del 1926.
3
forme e le strutture della Vita associata. La Scuola a buon diritto si pone come coscienza dei valori spirituali
da trasmettere e da promuovere, tra i quali acquistano rilievo quelli sociali, che essa deve accogliere nel suo
dominio culturale e critico. Le singole materie di studio non bastano a soddisfare tale esigenza, specie alla
stregua di tradizioni che le configurano in modo particolaristico e strumentale. Può accadere infatti che
l’allievo concluda il proprio ciclo scolastico senza che abbia piegato la mente a riflettere, con organica
meditazione, sui problemi della persona umana, della libertà, della famiglia, della comunità, della dinamica
internazionale, ecc. (...) D'altra parte il fare entrare nella scuola allo stato grezzo i moduli in cui la vita si
articola non può essere che sterile e finanche deviante. La soluzione del problema va cercata dove essa è
iscritta, e cioè nel concetto di educazione civica. Se ben si osservi l'espressione «educazione civica» con il
primo termine «educazione» si immedesima con il fine della scuola e col secondo «civica» si proietta verso la
vita sociale, giuridica, politica, verso cioè i principi che reggono la collettività e le forme nelle quali essa si
concreta.
Al di là della realizzazione effettiva di tali elevati auspici, ci preme qui sottolineare la loro plausibilità
pedagogica anche in rapporto all’ipotesi di attivare Laboratori di cittadinanza, che – se non venissero
adeguatamente contestualizzati nell’esperienza scolastica – rischierebbero di venire percepiti come una
parentesi (potenzialmente irrilevante) rispetto all’esperienza formativa nel suo complesso. Di qui l’idea di
inserire uno spazio privilegiato di incontro tra scuola e vita, che consenta di riflettere in modo più
sistematico su alcune problematiche della vita sociale e civile (la persona umana, la libertà, la famiglia, le
dinamiche internazionali, i principi che reggono la comunità sociale e le forme concrete che essa assume)
poste appunto nello spazio di “cerniera” tra scuola e vita. La debole collocazione istituzionale della
disciplina (2 ore al mese, affidate al docente di storia, senza valutazione autonoma) ha portato ad un
impatto variabile della medesima, legato soprattutto allo zelo con cui gli insegnanti hanno diversamente
interpretato il proprio ruolo.
Dalla pletora delle “educazioni” a Cittadinanza e Costituzione: istanze
pedagogiche ed esiti normativi
Senza voler qui6 seguire il travagliato percorso della normativa scolastica italiana, ci limitiamo ad
accennare come – soprattutto a partire dagli anni ’90 – si affacciano alle soglie della scuola numerose
istanze di natura educativa, con una forte valenza sociale, secondo una logica che potremmo definire in
larga misura emergenziale, o meglio di prevenzione educativa di alcune emergenze sociali conclamate. Tale
logica ha portato ad una progressiva proliferazione del numero delle “educazioni”, per indicare
globalmente le quali è usata – stando a Corradini - una sigla "serpentina" EDDULLLPPSSSSSSSSSSIIAAEEFIEM
(Educazione alla Democrazia, ai Diritti Umani, alla Libertà, alla Legalità, al Lavoro, alla Pace, alla Politica, allo
Sviluppo, alla Salute, alla Solidarietà, alla Sicurezza, Stradale, alla Sessualità, alla Sacralità, al Senso, allo
Sport, allo Studio, all'Intercultura, alla Identità, all'Ambiente, all'Alimentazione, all'Economia, all'Estetica,
alla Famiglia, all'Italia, all'Europa, al Mondo)7 che colpisce per la ricchezza e varietà degli stimoli culturali
evocati, ma anche per il numero delle "educazioni" che emergerebbero, fino a raggiungere il numero di una
trentina di “auspici educativi” introdotti con diversi dispositivi normativi (circolari, direttive, decreti) e
affidati alla libera iniziativa delle scuole, che - per lo più - ne hanno tratto spunto per la realizzazione di
progetti, talvolta integrati con la didattica curricolare, più spesso collocati nell’area dell’ampliamento
dell’offerta formativa (attività pomeridiane a libera adesione) o inseriti in orario mattutino come
6
Proponiamo una più organica ricostruzione storica nel saggio: A. Porcarelli, L'educazione alla cittadinanza nella scuola
italiana: impianto politico-normativo e concezione pedagogica. In: M. T. Moscato (a cura di), Progetti di cittadinanza.
Esperienze di educazione stradale e convivenza civile nella scuola secondaria. p. 33-73, FrancoAngeli Milano 2011. Tre
le monografie dedicate a questo tema segnaliamo come particolarmente lucida e puntuale quella di L. Corradini, La
Costituzione nella scuola. Ragioni e proposte, Erickson, Trento 2014.
7
Cfr. L. Corradini, Essere scuola nel cantiere dell'educazione, SEAM, Roma 1995, p. 104.
“parentesi” nella didattica ordinaria. Restano aperti i problemi derivanti dal vincolo complessivamente
“debole” costituito dall’insieme di quelli che potremmo chiamare auspici normativi (raccolti da chi vuole, se
crede, e con le modalità che ritiene più opportune) e quello dell’eccessiva frantumazione dei diversi
interventi, che corrono il rischio - specialmente se si configurano come “progetti” autonomi e separati - di
prestare il fianco ad alcuni punti deboli, sul piano pedagogico, che segnaliamo sinteticamente: rischio della
frammentarietà, della marginalità, della delega.
A fronte di tale frammentazione non mancarono i tentativi di armonizzazione sul piano normativo,
come ad esempio il documento intitolato Nuove dimensioni formative, educazione civica e cultura
costituzionale, varato con la Direttiva n. 58 del 8 febbraio 1996 dal ministro Lombardi, che – pur non
avendo trovato applicazione nella legislatura successiva – delinea in modo molto lucido i confini di una vera
e propria Paideia costituzionale. L’idea di fondo è quella per cui la scuola possa giocare un ruolo nel
contrastare le varie forme di fuga dalla realtà, facendosi “luogo” di una proposta educativa che aiuti ad
entrare nella realtà totale, in cui la ricchezza delle relazioni vissute nella comunità scolastica rappresenti
una sorta di assicurazione per il futuro di cittadini attivi e responsabili. Tutto questo dovrebbe realizzarsi in
una duplice trasversalità: delle singole educazioni con le discipline e di ciascuna delle educazioni con le
altre, in cui lo studio della Costituzione - specialmente se collocato all’interno di una disciplina specifica gioca il ruolo di catalizzatore culturale. Non ci occupiamo in questa sede8 di un altro tentativo di dare
organicità all’insieme delle “educazioni” già diffuse nella scuola, sempre nella prospettiva di valorizzare le
competenze sociali e civiche, che è l’insieme di dispositivi miranti a favorire la Educazione alla convivenza
civile, definita nel Decr. L.vo 59/2004. Si trattava di un’ipotesi pedagogica indubbiamente coraggiosa,
mirante a responsabilizzare tutti i docenti, in modo che ciascuno di essi potesse inserire, nella propria
progettazione, alcuni obiettivi di apprendimento di area educativa, integrandoli nel lavoro disciplinare.
Nella successiva legislatura sono stati “smontati” molti elementi dell’impianto normativo approvato
in quella precedente, finché si giunge all’attuale quadro normativo, in cui si colloca l’insegnamento di
Cittadinanza e Costituzione (Legge 169/2008), su cui riteniamo utile spendere due parole.
Il MIUR, con proprio decreto del 21 ottobre 2008, costituisce un gruppo di lavoro9 con
compiti di studio e consulenza tecnico-scientifica, che completa il proprio lavoro affidando al Ministro un
documento che vede la luce nel marzo successivo (Documento d’indirizzo 4 marzo 2009 per la
sperimentazione dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”), in vista della sperimentazione nazionale
di cui si parla nel testo della legge 169/2008, ma che non venne mai effettuata. Il percorso culturale
proposto segue sostanzialmente il format delle Indicazioni per il curricolo di cui al DM del 31 luglio 2007,
che si articolava in obiettivi di apprendimento e traguardi per lo sviluppo delle competenze. Qualche
anonimo revisore ministeriale ha modificato il testo uscito dalla Commissione, sostituendo quest’ultima
espressione con una decisamente più bizantina (Situazioni di compito per la certificazione delle competenze
personali alla fine della scuola ...), che introduce - a nostro avviso - la parte più significativa dell’intero
disegno culturale di C&C. Oltre a contenere riferimenti espliciti alla dimensione esistenziale a cui “guarda”
tutto l’insegnamento (inclusi i temi culturali indicati come Obiettivi di apprendimento) le Situazioni di
compito si articolano in quattro ambiti che rappresentano i pilastri fondativi della disciplina come tale:
8
Cfr. A. Porcarelli. La logica dell'educazione alla Convivenza civile in rapporto all'azione didattica e alla cultura
professionale degli insegnanti. ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, vol. 4/2005, p. 105-113
9
Il gruppo era presieduto dal prof. Corradini, di esso fa parte anche chi scrive, ed è stato successivamente integrato
(Decreto ministeriale del 5 maggio 2009) al fine di accompagnare la sperimentazione dell’insegnamento di C&C e le
azioni di sensibilizzazione e formazione dei docenti.

Dignità umana, con riferimento a quella dignità della persona umana che è il fondamento stesso
dei diritti umani;

Identità e appartenenza, che si collega al fine dell’attività educativa in quanto tale, ovvero quello di
accompagnare la persona che cresce affinché arrivi a costruire un’identità personale e sociale
(senso del “noi”);

Alterità e relazione, in cui la persona si scopre strutturalmente aperta all’altro, inteso non come
potenzialmente ostile o fonte di disagio, ma portatore di una ricchezza senza la quale anche la
nostra identità sociale verrebbe meno;

Partecipazione, che si collega all’esercizio effettivo di quelle virtù civili a cui mira da sempre
l’educazione alla cittadinanza attiva e che è possibile esercitare, in primo luogo, in quella “palestra”
per eccellenza che è la comunità scolastica.
L’assetto definitivo degli ordinamenti per il primo ed il secondo ciclo si definisce, rispettivamente,
con il DPR n. 89 del 20 marzo 2009, con i DPR 87, 88 e 89 del 15 marzo 2010, in cui non si viene a creare
l’auspicato spazio autonomo per l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, che viene affidata ai
docenti di area storica e giuridica (all’interno del monte ore già loro assegnato).
La parabola delle vicende relative all’insegnamento dell’Educazione civica, nelle sue varie forme e
modalità, appare dunque conclusa, quanto meno dal punto di vista ordinamentale: si è partiti con una
disciplina, collocata all’interno dell’insegnamento della storia, con un orario minimo (due ore al mese) e
senza valutazione autonoma, e si è arrivati ad un insegnamento (Cittadinanza e costituzione), senza orario
minimo e senza valutazione autonoma. Tutta la storia dell’Italia repubblicana è caratterizzata, in tal senso,
da uno iato significativo tra il sommo valore attribuito all’educazione alla cittadinanza nelle formule
declaratorie che si trovano nei preamboli delle leggi e dei decreti che abbiamo citato, ed il fatto che essa
venga affidata alla buona volontà di chi desideri farsene carico. Il non avere dotato C&C di un baricentro
disciplinare solido significa averla consapevolmente condannata ad una sostanziale irrilevanza, come viene
indirettamente confermato dal bassissimo numero di adozioni dei non molti libri di testo10 che
specificamente sono stati elaborati per farsi carico degli elementi cultuali che caratterizzano tale
insegnamento: in una scuola centrata sui “saperi disciplinari” una non-disciplina risulta fatalmente
marginalizzata.
Restano aperti due spazi in cui i docenti più sensibili possono cercare di inserirsi e lavorare in
termini educativi, anche utilizzando suggestioni culturali del documento di indirizzo su C&C. Il primo spazio,
più coraggioso e – di fatto – meno frequentato, è quello dell’attivazione di un insegnamento disciplinare di
C&C per libera decisione di singole istituzioni scolastiche autonome (o reti di scuole), che intendano con
questa scelta dare un “valore aggiunto” chiaramente visibile al loro POF. Si possono studiare diverse
soluzioni, come ad esempio quella di prevedere un monte-ore annuale per la disciplina, non
necessariamente distribuito in modo uniforme (un’ora alla settimana per tutto l’anno) ed in cui possano
essere valorizzate certe “occasioni formative speciali”, ovvero progetti strutturati, anche con modalità
interdisciplinari ed ore messe a disposizione da più di un docente. Resta importante prevedere una
valutazione autonoma, per le ragioni che si intuiscono da quanto abbiamo detto sopra: all’interno della
10
Assieme al prof. Luciano Corradini, una volta che si erano conclusi i lavori della Commissione ministeriale, abbiamo
voluto cimentarci in una proposta rivolta agli studenti, a partire dalla nostra convinzione dell’importanza di dare a
questo insegnamento un baricentro culturale solido; cfr. L. Corradini, A. Porcarelli, Nella nostra società. Cittadinanza e
costituzione, SEI, Torino 2014.
scolastic view ciò che non genera appuntamenti valutativi viene percepito come meno significativo ed
importante. In ogni caso, per chi scegliesse questa soluzione, l’idea non sarebbe quella di delegare ad un
solo docente tutto il vasto mondo dell’educazione sociale e civica, ma di dare un baricentro culturale forte
e scolasticamente riconoscibile al lavoro che molti possono fare, sia all’interno della propria attività
didattica ordinaria, sia attraverso progetti interdisciplinari o attività extracurricolari. La seconda ipotesi,
istituzionalmente più debole ma culturalmente interessante, sarebbe quella di utilizzare il documento di
indirizzo su C&C come mappa concettuale articolata che funga da luogo di convergenza degli sforzi dei
singoli docenti, i quali potrebbero impegnarsi a trattare - nel corso della propria attività didattica - alcuni
dei temi più significativi tra quelli indicati, in modo tale che al termine del percorso di studi tutti i temi
risultino in qualche modo “coperti”. Lo stesso ragionamento si può fare in sede di programmazione
collegiale per i progetti interdisciplinari, che eventualmente si giovino di provvidenze economiche e
collaborazioni esterne, a cui demandare - tra i molti temi indicati nel documento di indirizzo - quelli a cui si
vuole dare maggior peso in termini di “creatività didattica”.
I laboratori di cittadinanza attiva, sullo sfondo di “Cittadinanza e Costituzione”
L’intuizione dei Laboratori di cittadinanza attiva, a cui si accenna nei documenti preparatori del
Forum è certamente interessante, perché riprende alcune suggestioni che si trovavano nell’idea dei Centri
di Orientamento Sociale (COS)11, istituiti da Aldo Capitini (1899-1968), un intellettuale antifascista, di
orientamento liberal-socialista, che si rifaceva al pensiero di Gandhi. Lo scenario in cui si muoveva Capitini
era quello di un’Italia che stava uscendo da un ventennio di regime autoritario (e da una drammatica guerra
civile), in cui le persone avevano perduto l’abitudine al confronto politico civile e democratico. Oggi ci
troviamo a fronteggiare una civiltà in cui è l’individualismo ad avere progressivamente eroso i legami
sociali, fino a giungere alla progressiva perdita del senso di comunità, che – paradossalmente – si aggrava di
fronte alle sfide della modernità “liquida”, come nota acutamente Bauman:
Il genere di incertezza, di oscure premonizioni e paura del futuro che perseguita uomini e donne nel fluido
e sempre cangiante ambiente sociale in cui le regole del gioco cambiano a partita già iniziata senza preavviso
o indicazioni precise, non unisce i sofferenti, ma al contrario li divide. Le pene che causa ai singoli individui
non vanno a sommarsi, non si cumulano né si condensano in quel tipo di “causa comune” che potrebbe
essere perseguita con maggiore efficacia unendo le forze e agendo all’unisono. Il declino della comunità è,
da questo punto di vista, un fenomeno che si autoalimenta; una volta decollato ci sono sempre meno stimoli
a fermare la disintegrazione dei legami umani e a cercare modi di tornare a unire quanto era spezzato. La
condizione di individui che combattono da soli può essere dolorosa e poco attraente, ma un fermo e
vincolante impegno all’azione comune sembra destinato ad arrecare più danni che vantaggi. Si potrebbe
scoprire che le zattere sono fatte di carta assorbente, quando la possibilità di salvarsi è già svanita12.
A fronte di tale scenario è importante attivare dinamiche positive, circoli virtuosi in cui le persone –
chiamate ad essere “protagoniste” dal punto di vista dell’impegno sociale, possano trovare degli spazi
“protetti”, dei luoghi favorevoli, in cui maturare le virtù sociali e civili. È essenziale creare delle occasioni in
cui lo spazio pubblico (la Polis) non venga percepita semplicemente come possibile sentina di tutti i mali,
ma come spazio di condivisione di beni comuni, a partire dai luoghi più vicini al cittadino e ai suoi mondi
vitali, in una logica di sussidiarietà . Il problema è che – come insegnava Aristotele – la virtù si apprende
mediante l’esercizio e, se gli spazi sociali si fanno sempre più angusti e orientati in senso individualistico, si
11
Il 17 luglio 1944, a Perugia – subito dopo la liberazione della città – partì questo esperimento, nella forma di libere
assemblee in cui la popolazione poteva intervenire per discutere argomenti politici, sociali, culturali e amministrativi, in
un’ottica di partecipazione democratica e di educazione alla cittadinanza. Per approfondire la figura di Capitini, nel
contesto dello sviluppo storico della pedagogia sociale, si veda: G. Mollo, A. Porcarelli, D. Simeone, Pedagogia sociale,
La Scuola, Brescia 2014.
12
Z. Bauman, Voglia di comunità (2001), tr. It. Laterza, Roma-Bari 2003, p. 48.
rischia di creare un circolo vizioso tra il bisogno di maturare ed esercitare le virtù societarie e l’impossibilità
(o quanto meno la difficoltà) di farlo in un contesto che sta perdendo il senso di comunità.
La scuola può essere, da questo punto di vista, un contesto particolarmente fecondo, perché
intercetta tutti i giovani che percorrono il proprio percorso di istruzione e formazione e si configura
esplicitamente come un ambiente educativo13, che ha tra le proprie finalità generali quella dell’educazione
alla cittadinanza e alla convivenza civile, avendo anche la possibilità di creare contatti e stabilire “ponti” con
le forze vive e operose di quella stessa società civile, che possono contribuire a generare nei ragazzi il senso
di una cittadinanza attiva:
è in contatto con questo mondo, costituito da nervature di tipo istituzionale, associativo, di volontariato, che
acquista rilievo quell’aspetto della partecipazione all’organizzazione della società civile e politica, che segnala
la sporgenza del cittadino nei confronti della pura registrazione contabile dei diritti e dei doveri: si tratta della
cittadinanza attiva, che esprime sia la pienezza dell’esercizio dei diritti e dei doveri previsti nell’ordinamento,
sia un di più rispetto al sistema politico. Di questa cittadinanza, espressione di libertà e di responsabilità,
intese in senso umanamente ampio (oltre la cittadinanza civile, sociale e politica), nessun sistema economicopolitico, per quanto illuminato, potrà mai fare a meno, in rapporto alla quantità e alla qualità dei bisogni
umani e sociali esistenti. La Repubblica è insieme garanzia, promessa e impegno diffuso: si rivolge non solo
alle istituzioni, ma anche alle formazioni sociali e alle persone che sono insieme, secondo la possibilità e la
coscienza civica di ciascuno, garantite garanti in ordine ai diritti e al bene comune 14.
D’altro canto è essenziale che chi desidera rapportarsi con il mondo della scuola – anche portando
idee e progetti - oltre ad avere un quadro chiaro della normativa complessiva, è chiamato a raccordarsi con
lo stile progettuale effettivamente in uso presso le singole istituzioni scolastiche. Un conto è se, per
esempio, ci si rapporta con una scuola in cui è attivo l’insegnamento disciplinare in forza di una delibera del
Collegio docenti, ed in più vi sono già attivi altri progetti di cui è importante tenere conto; un altro conto è
se, invece, si presenta ad una scuola una proposta che va a coprire un “vuoto” e si è consapevoli di questo.
Le modalità con cui viene di fatto gestito l’insegnamento di “Cittadinanza e costituzione” può
rappresentare un primissimo indicatore del grado di profondità con cui una determinata istituzione
scolastica interpreta il proprio mandato educativo in ordine alle competenze sociali e civiche.
In secondo luogo è importante che i laboratori di cittadinanza attiva si inseriscano nel contesto
delle “leve pedagogiche” di un’educazione alla cittadinanza che caratterizzano i quattro ambiti di
competenza che abbiamo sopra descritto (dignità della persona, identità e appartenenza, alterità e
relazione, partecipazione attiva). Non si tratta di una semplice enumerazione declaratoria di buone
intenzioni, ma di un insieme strutturato e coordinato di dimensioni di competenza che, nel loro insieme,
contribuiscono a costituire una sorta di “profilo di cittadinanza”, in cui le diverse componenti si fondano
l’una sull’altra (nell’ordine in cui le abbiamo esposte) e si rafforzano a vicenda.
13
14
La legge 53/2003 precisa che si tratta di un “sistema educativo di istruzione e formazione”.
L. Corradini, La Costituzione nella scuola …, cit., p. 78.