4. Sismologia di Nane Bianche L’astrosismologia delle WD ha contribuito notevolmente a migliorare la conoscenza della struttura interna delle WD. In particolare, le WD sono l’unica classe di stelle (a parte il sole) per cui si è possibile, in alcuni casi, identificare in dettaglio i numerosi modi nonradiali di pulsazione, cioè determinare i 3 numeri quantici che caratterizzano ogni singola frequenza (indice radiale, indice dell’armonica sferica, indice azimutale). Ciò consente, tramite il confronto coi modelli, di ricavare alcuni parametri stellari fondamentali quali massa stellare, rotazione, massa delle shells esterne di H e/o di He (vedi sezione 4.1). Inoltre, dallo studio delle pulsazioni, è possibile sia misurare un tempo scala evolutivo, sia ottenere delle misure relative ai processi di cooling, in particolare al fenomeno della cristallizzazione (vedi sezione 4.2). Lungo la sequenza di raffreddamento delle WD esistono 3 striscie di instabilità, che permettono di campionare la struttura interna di queste stelle a diverse temperature effettive. Partendo dalle più giovani e calde incontriamo: ∼ 15 (10+5) PNNV–DOV (o GW Vir dal nome del prototipo) con o senza nebulosa planetaria, con età dell’ordine di 105 anni (età zero = inizio formaz. nebulosa planetaria) e temperature effettive superiori a 70 000 K. L’atmosfera, ricca di He II, C e O, è ancora in contrazione (6 < log g < 8) ed è possibile la presenza di shells nucleari ancora attive. Le PNNV-DOV si trovano in una zona peculiare (e di evoluzione rapida) del diagramma H-R: fra la fine della fase a luminosità costante dell’AGB e l’inizio della sequenza di raffreddamento delle WD. ∼ 10 DBV (o GD358 type) con età dell’ordine di 107 anni e temp. effettive fra circa 22 000 e 28 000 K. Nel caso delle DBV (e delle DAV sottoriportate) si tratta di WD vere e proprie, che evolvono a raggio costante. Nell’atmosfera domina la presenza di He I. ∼ 30 DAV (o ZZ Ceti) con età di circa 109 anni e temp. effettiva fra circa 11 500 e 14 000 K. L’atmosfera è composta di puro H. Le DAV sono state scoperte per prime (Landolt 1968) e sono le meglio studiate. Tutte le stelle di questi 3 gruppi mostrano variazioni multi-periodiche di luminosità con periodi compresi fra 109 s e ∼ 35 min. Le ampiezze sono comprese fra qualche decimo e pochi millesimi di mag. (il limite inferiore coincide con il limite strumentale). Il valore dei periodi di pulsazione permette di escludere modi radiali, per i quali ci si aspetterebbe periodi dell’ordine del secondo o meno (P0 ≈ (Gρ̄)−0.5 ' 4s per ρ̄ = 106 g cm−3 ). I periodi “lunghi” osservati nelle WD e pre-WD (d’ora in poi, parlando di pulsazioni, parleremo genericamente di WD comprendendo anche le pre-WD) si interpretano come modi non-radiali di tipo g, cioè con la gravità avente ruolo determinante come forza di richiamo. Elenchi aggiornati delle WD pulsanti delle 3 classi sono disponibili sul web ai seguenti indirizzi: http://www.na.astro.it/ silvotti/dav.html http://www.na.astro.it/ silvotti/dbv.html http://www.na.astro.it/ silvotti/dov pnnv.html Le pulsazioni delle WD sono causate dal meccanismo κ − γ (lo stesso che governa le pulsazioni nelle Cefeidi, RR Lyrae, Delta Scuti, ecc. ...), basato sulla diminuzione di luminosità locale in seguito alla compressione (l’opacità aumenta anziché diminuire con l’aumentare della temperatura). Lo sfasamento fra massimo di pressione e massimo di densità (Pmax successivo a ρmax ), dovuto all’incameramento di energia per la ionizzazione ciclica dell’H (DAVs), dell’He (DBVs), o del C–O (DOVs) costituisce il motore delle pulsazioni. 1 4.1 Cosa si impara studiando le pulsazioni delle WD ? La sismologia delle WD si è sviluppata velocemente negli ultimi anni a causa di una fortunata combinazione di elementi favorevoli: 1) le WDs hanno una struttura interna relativamente semplice, riconducibile a un core isotermo + delle shells a composizione chimica omogenea; 2) le ampiezze delle pulsazioni sono abbastanza grandi per poter essere rilevate a Terra con telescopi medio-piccoli, e abbastanza piccole da consentire un’indagine lineare; 3) la brevità dei periodi di pulsazione permette di risolvere completamente la curva di luce in poche notti di osservazione; 4) la molteciplità delle frequenze di pulsazione, che può arrivare a numeri superiori a 100 (vedi ad es. i 2 oggetti più studiati GD 358 e PG 1159-035), fornisce molteplici chiavi indipendenti per indagare la struttura interna. Il confronto fra dati osservativi e modelli permette di misurare con notevole accuratezza alcuni parametri stellari fondamentali, quali: – Rotazione: è il risultato più sicuro in quanto è poco dipendente dai modelli. Siccome in una WD i moti di materia nell’inviluppo legati ai modi g sono quasi esclusivamente orizzontali, essi risentono della rotazione, la quale causa una rottura della simmetria sferica. Perciò viene a cadere la degenerazione dell’indice azimutale m ed ogni singola frequenza di pulsazione viene “splittata” in (2l + 1) modi equispaziati in frequenza (l è l’indice dell’armonica sferica). Per una rotazione lenta (Ωrot ω) si possono trascurare i termini di ordine superiore al primo e si ottiene una relazione di questo tipo: ωn,l,m = ωn,l − m Ωrot (1 − Cn,l ) m = 0, ±1, ....., ±l (1) Dove ωn,l è la frequenza in assenza di rotazione e Cn,l è una costante che dipende dalla struttura stellare. Per le WD Cn,l dipende praticamente solo da l : Cn,l ≈ 1/(l2 + l). – Campo magnetico (CM): vale un’equazione simile alla precedente (Jones et al. 1989): ωn,l,m = ωn,l + 1 f (|B|2 , ...) 8πωn,l m = 0, ±1, ....., ±l (2) dove f è una funzione che dipende dall’intensità del CM e da alcuni parametri stellari. Notare che lo splitting magnetico è sempre positivo e che si verifica anche per m= 0. Nel caso di CM costante o dipolare, f dipende da m2 , cioè lo splitting è lo stesso per valori opposti di m. L’interesse per la misura sismologica del CM sta nel fatto che questo metodo consente la misura di CM deboli (∼ KG !), difficilmente misurabili con altri metodi. – Massa stellare: i modi con stesso valore di l e valori successivi di n (l’indice radiale = numero di nodi radiali) sono equispaziati in periodo. Vale una relazione di questo tipo (limite asintotico, Tassoul 1980, ecc. ..): Pn,l = P0 n [l(l + 1)]1/2 (3) dove P0 è una costante che dipende da vari parametri: composizione chimica del core, temperatura effettiva, luminosità e soprattutto massa stellare. Dunque la sismologia consente di ricavare la massa stellare con buona precisione (∼ 0.05M ) e consente anche, una volta fissate massa e temperatura (magari confrontandole con i valori ottenuti con altri metodi), di ricavare la composizione chimica del core, un dato prezioso (vedi Metcalfe 2003), o di ricavare luminosità e quindi distanza. 2 – Massa degli strati esterni di H e/o di He: il fenomeno della equispaziatura dei periodi descritto dalla (10) avverrebbe esattamente per una stella ideale a composizione chimica omogenea. Nelle WD i bruschi aumenti del gradiente di densità fra una shell e l’altra, dovuti alla stratificazione chimica, producono il fenomeno dei trapped modes. I modi di pulsazione che hanno i nodi radiali in corrispondenza delle zone di transizione possono avere l’ampiezza delle autofunzioni bruscamente ridotta nella shell più interna, a causa delle rapide variazioni di N (frequenza di Brunt-Väisälä) e/o di Ll (freq. di Lamb). [N ed Ll sono le due frequenze caratteristiche delle oscillazioni non-radiali]. I modi “intrappolati” necessitano meno energia per essere attivati e mantenuti e perciò sono favoriti (Winget et al. 1981). Per essi esiste una relazione tra periodo di pulsazione e spessore (o massa) dello strato in cui agiscono. Notare che la massa degli strati esterni è un dato essenziale per l’evoluzione delle WD e non è ricavabile con altri metodi ! Notare anche, d’altra parte, che la mappatura delle zone di transizione fra specie chimiche diverse può contenere una degenerazione fra CORE e inviluppo; in altre parole i picchi della frequenza di Brunt-Väisälä dovuti a discontinuità nel CORE o nell’inviluppo possono produrre effetti molto simili sul valore dei periodi (Montgomery 2003). – Massa degli strati esterni di H e/o di He: 4.2 Connessioni con il cooling i) Tempo-scala evolutivo Una interessante applicazione dello studio delle pulsazioni delle stelle post-AGB consiste nel misurare la stabilità dei periodi di pulsazione e quindi derivare un tempo-scala evolutivo per le 3 fascie di instabilità delle WD: tev ≡ |P/Ṗ | Le WD sono in generale dei pulsatori molto stabili, perciò tali misure richiedono osservazioni su scala di alcuni o parecchi anni a seconda che si voglia misurare Ṗ per le PNNV-DOV, che sono ancora in evoluzione rapida con cambi di struttura, o per le DBV o DAV, con strutture interne molto più stabili. I valori che sono stati ottenuti vanno da Ṗ ∼ 10−11 (PG159-035, DOV, misura diretta, Costa et al. 1999) fino a ∼ 10−14 − 10−15 (limite superiore ottenuto per 2 DAV, tramite diagramma O–C, Kepler et al. 2000, Mukadam et al. 2003). I tempi-scala evolutivi corrispondenti sono compresi fra ∼ 105 e 109 anni. Notare che la variazione del periodo di pulsazione dipende essenzialmente da 2 fattori contrastanti: contrazione dell’inviluppo e raffreddamento. Il primo fattore può essere importante solo per le stelle più calde (PNNV-DOV). Il secondo fattore è legato principalmente al fatto che, con il raffreddamento della stella, lo strato di ricombinazione dell’H o dell’He (o del C/O) si sposta a profondità sempre maggiori, aumentando di fatto la zona interessata dalle pulsazioni. Notare inoltre che lo studio dettagliato della stabilità di fase permette anche, come byproduct, di rivelare la presenza di pianeti attorno alle WDs (vedi ad esempio Mullaly et al. 2003). ii) Test sulla cristallizzazione A temperature dell’ordine di Teff ' 5000 K (per masse canoniche di ' 0.6 M e core composto di C–O al 50:50 in massa), le WDs sperimentano una transizione di fase che le porta progressivamente verso la cristallizzazione completa del core. Questo fenomeno libera energia allungando i tempi di raffreddamento di circa 2 Gyr (Isern et al. 1997). Però, per masse stellari prossime al limite di Chandrasekhar, la fase di cristallizzazione comincia molto prima a causa della densità molto 3 più elevata (notare che se la massa raddoppia, la densità aumenta di un fattore ∼16, dato che il raggio si riduce di un fattore circa 2 !!), cosicché una WD massiccia può trovarsi in gran parte cristallizzata già in corrispondenza della fascia di instabilità delle ZZ Ceti (Tef f ∼ 12000 K). La DAV WD BPM37093, con una massa di circa 1.1 M (Bergeron 1995, Giovannini 1996), è un ottimo candidato per questo tipo di studi. Montgomery et al. (1999) hanno sviluppato dei modelli adiabatici che tengono conto della frazione di massa cristallizzata. Da essi risulta che la spaziatura media in periodo dei modi g (descritta in sez. 4.1) cresce con la frazione di massa cristallizzata. Perciò dai confronti fra osservazioni e modelli è possibile ricavare una misura della frazione di massa cristallizzata. Dai dati attuali tale frazione sembra essere per BPM37093 attorno al 90 %. Notare che questo metodo può consentire per la prima volta di testare direttamente la teoria del cooling delle WD, per la quale non esiste nessun altro test sperimentale. Bibliografia a) Libri (informazione generale su pulsazione stellare): − John P. Cox, “Theory of Stellar Pulsation”, Princeton University Press, 1980 − W. Unno, Y. Osaki, H. Ando, H. Saio, H. Shibahashi, “Nonradial Oscillations of Stars”, Tokyo University Press, 1989 b) Articoli su riviste specializzate: • Bergeron P., Wesemael F., Lamontagne R. et al., 1995, ApJ, 449, 258 • Costa J.E.S., Kepler S.O., Winget D.E., 1999, ApJ 522, 973 • Giovannini O., 1996, Ph.D. Thesis, Universidade Federal do Rio Grande do Sul, Brazil • Isern J., Mochkovitch R., Garcia-Berro E., Hernanz M., 1997, ApJ 485, 308 • Jones P.W., Pesnell W.D.,Hansen C.J., Kawaler S.D., 1989, ApJ 336, 403 • Kepler S.O., Mukadam A., Winget D.E., 2000, ApJ 534, L185 • Landolt A.U., 1968, ApJ 153, 151 • Metcalfe T.S., 2003, ApJ 587, L43 • Montgomery M.H., Winget D.E., 1999, ApJ 526, 976 • Montgomery M.H., Metcalfe T.S., Winget D.E., 2003, MNRAS 344, 657 • Mukadam A.S., Kepler S.O., Winget D.E. et al., 2003, ApJ 594, 961 • Mullally F., Mukadam A., Winget D.E., Nather R.E., Kepler S.O., 2003, Proc. of the 13th European Workshop on White Dwarfs, D. De Martino, R. Silvotti, J.-E. Solheim & R. Kalytis eds., Kluwer Academic Publishers, NATO Science Series II vol.105, 337 • Tassoul M., 1980, ApJS 43, 469 • Winget D.E., van Horn H.M., Hansen C.J., 1981, ApJ 245, L33 4