Lezione del 28 aprile 2012 Roberta Vacca DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE REPLICATIVE DEI VIRUS. Vediamo come si comportano i virus a DNA in termini di mutazione; nella diapositiva 56 possiamo osservare le diverse forme con cui i virus a DNA presentano, da un punto di vista strutturale, il proprio genoma ed il compartimento in cui avviene la replicazione del virus. Tutti i virus a DNA ,tranne uno e mezzo(!!!!) ,replicano nel nucleo, fatta eccezione per i POXVIRUS ( si tratta di virus aventi una replicazione citoplasmatica che hanno evoluto strategie in grado di conferirgli una relativa autonomia dal punto di vista replicativo, infatti hanno proprie replicasi, trascrittasi nella particella virale, quindi si possono permettere di replicare nel citoplasma, dove poi verrà condotta la sintesi proteica a carico del compartimento cellulare).Gli altri virus, quant’anche posseggano pure loro delle replicasi, cioè delle DNA polimerasi, si portano al nucleo perché questo è l’unico distretto dove il DNA di nuova generazione può essere trascritto dalle polimerasi cellulari. Osserviamo nella diapositiva, le varie forme: DOUBLE STRAND e SINGLE STRAND LINEARE ,di quest’ultima categoria fanno parte solo i PARVOVIRUS di cui però non parleremo, anche se stanno diventando importanti dal punto di vista virologico, soprattutto per il loro comportamento in termini di interazione con le risposte Immunitarie dell’ospite. Abbiamo poi dei virus SINGLE STRANDE A DNA CIRCOLARE e sono gli ANNELLOVIRUS, simili ai Ciclovirus degli animali(anche di questi ultimi non parleremo seppur importanti in quanto confermano l’ipotesi secondo la quale noi alberghiamo una flora virologica normale, questi sono virus che si trovano in circa il 90% di noi; il ruolo patogenetico è poco conosciuto ma ciò che è più importante è la loro capacità di modulare le risposte immunitarie dell’ospite, sia innate che di tipo adattativo, aprendo così la strada ad altre patologie ed infezioni concomitanti che potrebbero così esser favorite o modulate dalla presenza di questi virus). Parleremo poi di PARVOVIRUS B 19 (è un virus a DNAss, infetta l’uomo e si moltiplica nelle cellule immature della serie eritroide, causando effetti patologici molto gravi),di HERPESVIRUS e ADENOVIRUS che rientrano nella categoria di virus a DNAds, tutti e tre sono comunque virus a DNA lineare. Tra i virus a DNA CIRCOLARE abbiamo i POLIOMAVIRUS e i PAPILLOMAVIRUS entrambi a DNAds ,oltre ai già citati ANELLOVIRUS con DNAss. I POXVIRUS hanno una localizzazione citoplasmatica e la frase “tranne uno e mezzo” sta proprio a indicare che gli HEPADNAVIRUS(virus dell’epatite B) hanno in realtà una compartimentalizzazione, per quanto riguarda la loro replica, sia nucleare che citoplasmatica. DIAPOSITIVA 57 COME REPLICA IL GENOMA DEL VIRUS A DNA? Per la loro replica occorre una DNA polimerasi DNA dipendente; le strategie replicative sono quelle della replica del DNA cellulare quindi di tipo semiconservativo e qualora i virus posseggano una propria DNA polimerasi, si portano comunque al nucleo. Ci sono virus,come gli Herpesvirus e gli Adenovirus, che possiedono una propria polimerasi virale e questo è evidentemente un vantaggio per loro perché le POLIMERASI VIRALI hanno una migliore processività e funzionamento, anche se rispetto alle polimerasi cellulari hanno una maggiore predisposizione a commettere errori, seppur abbiano la capacità di correzione di bozze che le RNApolimerasi virali non possiedono. Le polimerasi virali e altri enzimi coinvolti nella replica del DNA, per quanto riguarda la possibilità di controllare tali infezioni, dobbiamo dire rappresentano un possibile target per le terapie antivirali e in questo caso avendo come bersaglio selettivo un target virale, le possibilità di colpire un target cellulare sono poche. Papillomavirus, Poliomavirus, Parvovirus invece utilizzano una DNA polimerasi cellulare, anche se poi ci sono diverse strategie con cui il DNA lineare o circolare possono replicare. DIAPOSITIVA 58: I virus a DNA utilizzano e codificano almeno una proteina che interagisca con il proprio DNA per poter iniziare la replica virale a partire da un inizio di origine della replicazione, queste proteine in genere servono non solo per innescare la replica ma anche per svolgere le funzioni enzimatiche in modo da srotolare il DNA e consentirne l’espressione. Hanno anche sviluppato delle strategie per replicare Il proprio DNA quand’esso è in forma lineare. DIAPOSITIVA 59: Le strategie sono riconducibili a dei modelli per cui il genoma di ADENOVIRUS presenta alle terminazioni 5’ e 3’ delle sequenze terminali ripetute che con l’ausilio di un innesco costituito da una proteina terminale, iniziano la replicazione del DNA. Altri genomi come quello dei POXIVIRUS, PARVOVIRUS e HERPESVIRUS, presentano anch’essi delle sequenze terminali ripetute ma INVERTITE e questo consente la possibilità di circolarizzare e poi tramite separazione consentire quindi la replica del virus. DIAPOSITIVA 61: vediamo le varie strategie, l’ADENOVIRUS utilizza proteine terminali, HERPESVIRUS la circolarizzazione oppure circolarizzazione dei terminali mediante meccanismi di cross-linking come fanno i POXVIRUS. Tutto questo per quel che riguarda i genomi a DNA lineare. DIAPOSITIVA 62: Per quel che riguarda i genomi a DNA CIRCOLARE il modello è quello della replicazione di tipo bidirezionale a partire da un punto di origine della replicazione, una replicazione che avviene secondo un modello a Theta e questo è quello che fanno i POLIOMAVIRUS e i PAPILLOMAVIRUS. BREVE RICAPITOLAZIONE: I genomi lineari, come fanno partire la loro replica? Utilizzano delle proteine legate covalentemente con l’estremità e da lì parte la replica oppure, pur essendo in forma lineare hanno la capacità di circolarizzare e seguire un modello di replica di tipo bidirezionale o ancora come avviene nel caso degli HERPESVIRUS, una volta circolarizzati seguono il modello di replicazione del DNA bidirezionale (replicazione aTheta) a partire da un’origine di replicazione ma seguono anche dei cicli di replicazione del DNA…….. secondo un modello di replicazione discontinua ma sempre a partire da una forma originariamente lineare che ha avuto la possibilità di circolarizzare (evento reso possibile dalla presenza di sequenze ripetute che consentono tale costituzione del genoma in modo da presentare una struttura adatta alla replicazione). VEDI DIAPOSITIVE 63-64. I PARVOVIRUS (DNA a singolo filamento lineare, replicazione nel nucleo) hanno delle sequenze terminali invertite ripetute (ITR) che formano dei palindromi e consentono la creazione di forcine, in questo modo la replica avviene a partire da entrambi i terminali con costituzione dei …conca…???????.. che vengono poi dissolti per essere così impacchettati nelle particelle virali di progenie. Ora vediamo una descrizione generale sulla replicazione degli HEPADNAVIRUS (hanno una replicazione nucleare e citoplasmatica, hanno un DNA circolare e a doppia catena) ,questi si comportano secondo un modello che assomiglia molto a quello dei RETROVIRUS, infatti pur essendo dei virus a DNA hanno un’attività enzimatica di trascrittasi inversa che utilizza un substrato ad RNA per trascrivere un DNA, quindi gli Hepadnavirus sono qualcosa di distinto rispetto agli altri virus a DNA. DIAPOSITIVA 65: Per quanto riguarda le strategie di trascrizione dei virus a DNA, i genomi virali possiedono delle sequenze regolatorie non tradotte, enhancer, promoter, siti di interazione con proteine cellulari che innescano la trascrizione o altre strategie come quelle di poter trascrivere su entrambe le doppie eliche di DNA, laddove invece ne viene utilizzata normalmente una sola. I virus hanno inoltre la possibilità di trascrivere gli RNA policistronici che poi vengono processati, subendo delle elaborazioni che li portano a poter essere utilizzati per tradurre o delle poliproteine o delle proteine singole attraverso dei singoli o multipli eventi di splicing a livello nucleare. Per poter poi far riconoscere i propri RNA messaggeri all’ apparato di traduzione della cellula, presentano ai terminali 3’ una coda di PoliA e al 5’ il CAPmetilato. DIAPOSITIVA 66: Per far comprendere il ciclo completo: Virus a DNA come gli ADENOVIRUS e gli HERPEVIRUS, i cui eventi di trascrizione avvengono in maniera coordinata, dando origine a dei messaggeri precocissimi ,precoci e tardivi che per quanto concerne i primi traducono per proteine regolatorie della replicazione e per enzimi coinvolti nella replicazione mentre per quanto riguarda i secondi, cioè i tardivi, per proteine costitutive della progenie virale. Questo significa che sulla base dell’informazione del nuovo DNA duplicato, vengono tradotte le proteine tardive secondo questo flusso che vede una prima fase di trascrizione di DNA in mRNA precocissimi, traduzione poi dei messaggeri precocissimi che innescano così la sintesi dei messaggeri precoci (tra queste, come vedremo esistono delle proteine che interagiscono con la funzione cellulare, bloccandone appunto la funzione e reclutandole a vantaggio proprio) , abbiamo poi la traduzione degli mRNA precoci e la replicazione del DNA virale ad opera di enzimi virali neoformati. Le proteine precoci sono di natura enzimatica, quindi DNA polimerasi e altri enzimi coinvolti nella duplicazione, viene quindi prodotto il DNA progenie e da quì parte la trascrizione dei messaggeri tardivi che danno origine alle proteine tardive, delle proteine strutturali che vengono assemblate insieme al DNA di progenie per dare origine alla progenie virale. DIAPOSITIVA 67 : REPLICAZIONE DEGLI HEPADNAVIRUS. Ho in questo caso un modello di replicazione del tutto particolare perché come detto prima, possiede un genoma a DNA incompleto quindi la prima fase di replica del DNA prevede un suo arrivo al nucleo dove viene completato, reso circolare e superspiralizzato. Questo DNA, a livello nucleare viene trascritto dalle polimerasi cellulari in diverse classi di RNA più corti e più lunghi. Su uno di questi RNA lunghi agisce poi a livello citoplsmatico, la trascrittasi inversa del virus, si trascrive una molecola di DNA nella fase di impacchettamento insieme al nucleocapside e viene completata la molecola di DNA a doppia elica ad opera dello stesso enzima; la trascrittasi inversa infatti funziona sia da DNA polimerasi RNA dipendente sia da DNA polimerasi DNA dipendente, quindi è lo stesso enzima che trascrive il DNA da RNA e poi trascrive la seconda catena di DNA dal DNA generato dalla attività di trascrittasi inversa. DIAPOSITIVA 68: REPLICAZIONE DEI VIRUS A RNA. Utilizzano una propria RNA polimerasi RNA dipendente poiché non trovano un’analoga attività enzimatica a livello cellulare e quindi per forza se la devono portare dietro. In genere le RNA polimerasi virali non utilizzano primers ma la trascrizione (che può avvenire indipendentemente in una fase diversa da quella della replicazione), e la replicazione dell’RNA inizia ad una estremità della molecola lineare, con necessità come detto prima che il virus porti con se una RNA polimerasi RNA dipendente, che ha un punto a suo vantaggio, rappresentato da una maggiore velocità e processività ma come contraltare ha un rischio intrinseco di andare incontro ad errori più frequentemente con appunto una frequenza mutazionale che può essere particolarmente elevata per alcuni virus e che rende ragione della variabilità e plasticità dei genomi virali (es. HIV, VIRUS DELL’EPATITE C che nel soggetto infettato diventa persistente e nel corso naturale dell’infezione il genoma va’ incontro a mutazioni sia di tipo spontaneo, dovute appunto alle attività intrinseche della polimerasi virale di generare errori, sia sulla spinta di forze selettive di varia natura). DIAPOSITIVA 69: TRASCRIZIONE DEI VIRUS A RNA. Gli elementi di regolazione dell’espressione dei geni virali non sono differenti da quelli dei virus a DNA però abbiamo visto come un vincolo rappresentato dai virus a RNA sia la loro necessità di far riconoscere i propri RNA messaggeri da un apparato cellulare che è programmato per generare degli RNA messaggeri monocistronici che poi daranno origine ad una proteina. Il virus a RNA quindi cosa può fare?? Può presentare una struttura genomica di tipo segmentato ed ogni segmento, come avviene per il virus dell’influenza, trascrive per un RNA messaggero che da origine ad un unico prodotto proteico, comportandosi così come un messaggero monocistronico. Per ciò che riguarda la capacità di far riconoscere i propri messaggeri all’apparato ribosomiale, o i virus a RNA dotano i propri messaggeri di strutture simili a quelle dei messaggeri cellulari quindi con una coda di PoliA al 3’ ed un CAPmetilato al 5’ o provvedono a presentare una struttura convoluta a stand loop (struttura tipica di alcuni virus a RNA come il virus Polio o il Virus dell’epatite C) che costituisce una sequenza cosiddetta di riconoscimento per un sito interno del ribosoma; questa configurazione fa si che l’RNA messaggero virale sia riconosciuto in maniera preferenziale rispetto ai messaggeri cellulari. DIAPOSITIVA 70: Anche per i virus ad RNA abbiamo una distinzione tra struttura ad RNA lineare ss e ds e per quanto concerne la compartimentalizzazione, è opposta a quella dei virus a DNA perché questa volta tutti i virus tranne uno, replicano nel citoplasma (due se consideriamo i retrovirus) ; i virus a RNA che replicano nel nucleo sono gli ORTHOMIXOVIRUS (cioè il virus dell’influenza, che nella loro strategia replicativa hanno la necessità di dotarsi di un innesco costituto dalla porzione CAPmetilato dei messaggeri cellulari, quindi una delle proteine del complesso polimerasico degli ORTHOMIXOVIRUS taglia la struttura CAP metilata dei messaggeri, l’associa al proprio RNA che una volta nel compartimento citoplasmatico viene poi utilizzato sia per l’innesco per la trascrizione dell’RNA durante la replicazione dell’RNA, inoltre tale struttura servirà per essere riconosciuta nella fase di traduzione. I RETROVIRUS hanno un modello un po’ particolare perché una volta che hanno retroscritto il proprio RNA, il DNA obbligatoriamente (diversamente da quanto succede per gli HEPADNAVIRUS) deve integrare nel genoma della cellula ospite e a quel punto viene riconosciuto come un genoma acellulare, quindi trascritto e poi vedremo quali sono le conseguenze di tali eventi. DIAPOSITIVA 71 e 72: Una distinzione importante per quanto riguarda i genomi a RNA è quella di separare RNA messaggeri a polarità positiva dai virus ad RNA negativo e ancora distinguere quelle poche famiglie di virus che hanno entrambe le polarità. Cosa contraddistingue questa diversa configurazione del RNA? I virus a polarità positiva hanno la stessa polarità convenzionale attribuita agli RNA messaggeri cellulari, mentre quelli a polarità negativa hanno una polarità antisenso. Tutto questo vuol dire che gli RNA virali a polarità positiva hanno un vantaggio rispetto agli RNA negativi perché una volta entrati nel compartimento citoplasmatico della cellula si presentano come se fossero degli RNA messaggeri e quindi vengono immediatamente tradotti in proteine virus specifiche. Gli RNA a polarità positiva non utilizzano immediatamente la propria polimerasi anzi la polimerasi che utilizzano è quella di neosintesi (tra i prodotti tradotti sul proprio RNA che si comporta da messaggero, evidentemente vengono tradotte anche le polimerasi e sono quelle che trascriveranno l’ mRNA di progenie). Viceversa gli RNA a polarità negativa sono costretti a portarsi dietro la propria polimerasi; da un punto di vista sperimentale, se vogliamo valutare il vantaggio degli uni rispetto agli altri è che un RNA a polarità positiva è privo di una struttura virionica completa in grado di infettare un substrato cellulare mentre sarà impossibile per un RNA a polarità negativa che deve presentarsi con tutto il proprio apparato capace di condurre e portare avanti un infezione di tipo produttivo. DIAPOSITIVA 73 : MODELLO DI REPLICAZIONE DEI VIRUS A RNA POSITIVO Abbiamo una traduzione mediata dall’RNA genomico che in genere conduce alla produzione di un precursore poliproteico e che in una fase post-traduzionale viene a subire una scissione proteolitica che da origine a diverse proteine strutturali e non strutturali. Le proteine strutturali le mettono da parte perché poi andranno ad assemblarsi con l’RNA di progenie, tra le proteine non strutturali evidentemente è la nuova RNA polimerasi RNA dipendente a condurre la trascrizione dell’RNA genomico in RNA e poi si forma così l’ANTIGENOMA, Il tutto verrà poi assemblato a costituire la progenie virale. DIAPOSITIVA 74: MODELLO DI REPLICAZIONE DEI VIRUS A RNA NEGATIVO. Questi virus si portano dietro la propria polimerasi, avviene la trascrizione dell’ RNA genomico in messaggero a polarità positiva che viene tradotto in proteine strutturali e non strutturali e poi come visto prima, generazione di nuovo RNA di progenie che viene assemblato alle proteine strutturali. DIAPOSITIVA 75: REPLICAZIONE DEI RETROVIRUS. Si tratta di un genoma a RNA formato da due identiche molecole di RNA a polarità positiva, indipendenti, che subiscono una trascrizione ad opera di una trascrittasi inversa (vengono quindi retrotrascritti prima in single strand di DNA e poi in double strand (queste trascrittasi inverse le avevamo già viste, con le stesse funzioni negli Hepadnavirus) che si porta al nucleo e quì, questo DNA provirale viene integrato nel DNA cromosomico della cellula ospite, in una forma definita provirus e a questo punto, rappresenta un substrato per l’RNA polimerasi ?duo cellulari che trascrivono il genoma virale come fosse un genoma cellulare e poi attraverso gli eventi di maturazione, slicing, multisplicing, singlesplicing, si generano dei trascritti maturi che daranno origine a proteine strutturali e non strutturali. DIAPOSITIVA 76: ASSEMBLAGGIO. L’assemblaggio dei diversi componenti è in funzione dei compartimenti stessi in cui avviene la replica, trascrizione ed espressione dei genomi virali, perciò sono coinvolti sia il compartimento nucleare che quello citoplasmatico e gli involucri di membrana per quei virus che si dotano poi di un pericapside, envelope di rivestimento del capside. I virus cercano di avere un dispendio energetico che sia il minimo indispensabile perciò gli eventi di assemblaggio avvengono in virtù di meccanismi di autoassemblaggio che sfruttano l’energia libera, disponibile attraverso legami proteina-proteina o proteina-ac.nucleico, il tutto con il minimo dispendio di energia; ci sono per alcuni modelli dei legami specifici come per esempio il modello costituito dal virus del mosaico del tabacco che ha una struttura elicoidale in cui l’assemblaggio avviene in maniera spontanea per contatto con i diversi componenti, mentre per altre strutture più complesse intervengono sia delle proteine specifiche del virus sia delle proteine quali istoni cellulari da parte della cellula. DIAPOSITIVA 77 : MATURAZIONE Il virus, affinchè diventi infettante deve completare il processo di maturazione. Il sito di completamento del processo è diverso a seconda dei virus, infatti può avvenire all’interno della cellula prima che il virus fuoriesca, può avvenire contemporaneamente alla fuoriuscita del virus dalla cellula,( in particolare per quei virus che si dotano della membrana cellulare per completare la costituzione del pericapside) e in alcuni casi può avvenire successivamente alla fuoriuscita del virus, come nel caso dell’ HIV, che assembla delle proteine non completamente mature ma che subiscono dei tagli proteolitici ad opera di proteasi virali laddove precedentemente il virus ha sfruttato anche proteasi cellulari. Questo avviene quindi per completare la struttura delle proteine della progenie quando il virus è già fuoriuscito, di conseguenza il virus per risultare infettante completa la sua maturazione fuori dalla cellula. DIAPOSITIVA 78: Come fuoriescono i virus dalla cellula? Le vie sono convenzionali e le modalità condizionate dal fatto che il virus sia nudo cioè privo di envelope o presenti un envelope e in tal caso può scegliere due vie alternative. Nel primo caso i virus nudi provocano prevalentemente la lisi cioè lo scoppio della cellula da cui fuoriescono migliaia di virus (differentemente dal modello di divisione della cellula batterica che proviene da una cellula madre e da così origine a due cellule figlie),ogni virus è in grado di produrre decine di migliaia di virus di progenie. Nel secondo caso cioè nei virus dotati di membrana, il meccanismo può prevedere una fuoriuscita in forma di gemmazione attraverso l’involucro di membrana che tra l’altro il virus ha provveduto a dotare di alcune proteine/lipoproteine quando queste sono state glicosilate, le quali completano la conformazione del virus una volta che è fuoriuscito con un meccanismo di bending con cui il virus si riveste di un tratto di membrana citoplasmatica. Il fatto che il virus interponga nella struttura del tratto circolare le proprie proteine e glicoproteine , non è un fatto del tutto innocuo per la cellula perché queste molecole diventano un bersaglio della risposta dell’ospite,(già quando il virus è fuoriuscito c’è stata una modificazione del profilo antigenico self per la presenza di qualcosa di estraneo che è stato messo lì dal virus). Un altro meccanismo è quello dell’esocitosi attraverso gli escretori cellulari che conducono i virus verso la fuoriuscita all’interno di una vescicola che li rilascia nel compartimento extracellulare. DIAPOSITIVA 79: AGENTI SUBVIRALI. Come li definiamo e come li collochiamo? Sono molecole di RNA circolare che pur avendo un relativo, scarso interesse per quanto riguarda le patologie umane, visto che di solito si tratta di virus in grado di infettare le piante, hanno comunque al punto di vista biologico un grosso interesso interesse perché si tratta di RNA virali privi internamente della capacità di poter identificare e riconoscere le unità proteiche di supporto e protezione che abbiamo visto per i virus animali ma sono in grado di infettare le piante. Abbiamo inoltre i Virus satelliti quali il virus dell’epatite D o il virus delta che abbiamo già detto avere la necessità di completare la propria struttura per diventare infettanti. Si tratta di virus a RNA questa volta dotati della capacità di produrre delle proteine virali specifiche ma questo non basta a non avere la necessità di coinfettare o superinfettare insieme al virus dell’Epatite B. Il virus dell’epatite B infatti dota il virus delta del proprio involucro e quindi delle proprie glicoproteine di superficie con cui il virus delta completa la propria struttura, diventando infettante. DIAPOSITIVA 80 e 81: I PRIONI. Si tratta di glicoproteine che derivano da proteine cellulari che hanno un ruolo non ben definito ma che nel caso della acquisizione della “capacità infettante”, cioè di essere trasmessi da un individuo all’ altro anche di specie differenti, (come per esempio nel Morbo della mucca pazza che è una patologia dei bovini ma che può essere trasmessa anche all’uomo) assumono il ruolo di glicoproteina o proteina patologica che si accumula a livello del SNC ed è associata all’insorgenza di patologie neurologiche a lenta evoluzione perché si sviluppano dopo decenni dall’assunzione, con la caratteristica di ENCEFALOPATIA SPONGIFORME , trasmissibile sia nell’uomo sia negli animali e sia interspecie. Si tratta di patologie derivate da meccanismi sconosciuti o di mutazione del gene cellulare come avviene per alcune malattie spongiformi di derivazione genica, come l’ insonnia fatale familiare. Nella diapositiva 81 vediamo uno spettro delle patologie come lo SCRAPIE(la prima malattia da prioni riconosciuta e descritta, si tratta di un morbo della pecora) che ha consentito di caratterizzare per primo la proteina antiprionica, l’encefalopatia spongiforme bovina ( la BSE ) e poi patologie simili a quelle trasmesse dall’uomo. COS’E’LA PROTEINA PRIONICA? Si tratta di una proteina fisiologica, codificata da un gene presente sul cromosoma 20; si tratta di una proteina glicosilata, quindi una glicoproteina che si associa alla membrana di diverse cellule non solo neuronali, sul cui ruolo fisiologico non si ha assoluta certezza (differenziamento, meccanismi antistress ossidativo, signaling ). Un recente studio avrebbe dimostrato che il ruolo di queste proteine che si accumulano nelle cellule neuronali, sia quello di turbare tratti( o traffici ??) intracellulari, quindi segnali di trasduzione etc.. che regolano l’omeostasi cellulare, probabilmente con meccanismi che poi determinano il danno neuronale, che è alla base dell’espressione clinica delle patologie associate quando questa proteina subisce delle mutazioni e viene trasferita da una specie attraverso vari meccanismi quali l’alimentazione… per via iatrogena. E’ inoltre una proteina particolarmente resistente al calore e alle comuni procedure di sterilizzazione, tanto da necessitare di un’estensione delle comuni procedure di sterilizzazione, infatti si ricordano trasmissioni di malattie da prioni a seguito dell’utilizzo di sale chirurgiche e ferri chirurgici contaminati, (tant’è che quando l’ormone della crescita si estraeva ancora dall’ipofisi, si poteva trasferire nel soggetto che utilizzava l’ormone ) oppure tramite ingestione di alimenti com’è accaduto agli inizi degli anni ’80 in Bretagna. Per capire come ci sia stato questo passaggio negli alimenti, si invocano meccanismi di trasmissione attraverso l’alimentazione degli stessi animali con farine derivate dalle carcasse di specie malate, quindi nel trasferimento dal bovino all’uomo ecco che la più probabile delle cause è l’ingestione di carne contaminata che può trasmettere così la proteina che raggiunge il SNC attraverso la via assonale retrograda o altri possibili meccanismi non ancora del tutto chiari. Perché questa proteina diventa patologica? Perchè una volta che ha subito una modificazione su base genetica o un trasferimento da individui infetti o affetti, ci si trova di fronte ad una proteina che ha una configurazione in termini di struttura terziaria e quaternaria, diversa da quella della proteina fisiologica, che ha una struttura ad α elica, mentre la proteina patologica ha una struttura a foglietto β pieghettato, che fa in modo che questa proteina non subisca la denaturazione fisiologica da parte di proteasi, non subisca un ricambio fisiologico ma bensì si accumuli a livello del SNC nelle cellule neuronali e conseguente patologia. Abbiamo visto finora come sono fatti i virus, come replicano, come sono i meccanismi di interazione tra virus e cellula ospite ed ora vediamo come, quando si viene a contatto con i virus spesso in maniera transitoria e senza accorgersene ecco che l’espressione limite della malattia è quasi un’eccezione o comunque fa riferimento ad un numero limitato di casi in cui il virus è in grado di provocare danno. DIAPOSITIVA 1 e 2: (PATOGENESI DELLE INFEZIONI VIRALI) Obbligatoriamente il virus deve entrare dentro la cellula indipendentemente da quello che sarà l’esito di quest’evento; questa interazione configura una nuova identità biologica, la cellula infettata, qualcosa di diverso dall’espressione fisiologica della cellula. Il virus deve non solo interagire con la cellula ma dev’essere dotato della capacità di generare un danno, fenomeno che però non è sempre evidente e non è sempre obbligatorio; quindi perché si determini in vivo una malattia, si devono realizzare sia gli eventi di un’infezione vera e propria sia la produzione che l’estrinsecazione del danno, il quale si può tradurre in un danno di tessuto od organo di un individuo, con varie conseguenze. A questo punto oltre alla presenza del virus e ai suoi determinanti di patogenicità è importante il tipo di relazione che si stabilisce tra virus e ospite, in particolare con le difese dell’ospite perché spesso sono queste che indipendentemente dalla potenzialità di danno intrinseco del virus o in assenza di un potenziale di danno intrinseco del virus, determinano la patologia cioè il danno nell’ospite e la risposta dell’ospite, sia di tipo infiammatorio sia di tipo immunitario. DIAPOSITIVA 3-4 I virus penetrano tramite via transcutanea e transmucosale soprattutto se abbiamo una ridotta integrità di queste membrane, ed ecco allora che saranno le zone d’ingresso per tutta una serie di agenti di infezione. L’ingresso può avvenire anche in seguito ad inalazione o ingestione, superando perciò le barriere mucose, giungendo così alla via linfo-ematica possono distribuirsi nei vari distretti dell’organismo. Il virus contemporaneamente ha la necessità di superare l’ostacolo rappresentato dalle difese dell’organismo che sono inizialmente difese aspecifiche e poi specializzate, perché maturano a seguito della presentazione da parte del virus o altri agenti, di specificità antigeniche per la produzione di una risposta adattativa dell’ospite. E’ quindi fondamentale il superamento delle barriere naturali anatomiche cioè l’integrità delle mucose e della cute, il superamento delle barriere chimiche, che sono frapposte tra l’ingresso del microrganismo e l’ospite. Abbiamo parlato anche di quali siano i meccanismi di riconoscimento del virus per la cellula, che coinvolge una serie di molecole di tipo recettoriale o corecettoriale, che sono di fondamentale importanza per consentire l’ingresso del virus ed il proseguimento del ciclo vitale del virus medesimo. Esistono alcune situazioni di modificazione conformazionale su basa molecolare, delezioni geniche che producono un certo tipo di recettore che può ostacolare l’infezione da parte di alcuni virus come avviene per esempio per l’HIV. DIAPOSITIVA 5: MODALITÁ DI TRASMISSIONE PER I VIRUS SONO: una via orizzontale e una via verticale, quindi diretta tra persona e persona o indiretta tramite veicoli\vettori; verticale da madre a figlio in utero, via transplacentale durante il corso della gravidanza o quando il bambino nasce quindi perinatale o immediatamente dopo quindi neonatale, nell’periodo in cui il contatto con la mamma o terzi in seguito a secrezioni o tramite l’allattamento, che rappresentano un rischio ed una modalità di trasmissione importante per i virus. DIAPOSITIVA 6 : i virus possono penetrare per la via fecale-orale, sono in genere virus che portano gastroenterite o epatite, quindi tutti gli enterovirus patogeni e non, virus come i rotavirus, virus dell’epatite A ed E che seguono questa via attraverso l’ingestione di bevande e cibi contaminati. Abbiamo poi la via respiratoria (aerosol) tramite inalazione di goccioline di Fluge o quant’altro. Questa è un’importante via d’ingresso per i virus che poi hanno nell’apparato respiratorio una localizzazione ed il principale sito di espressione clinica, ma lo è anche per tanti altri virus che hanno una localizzazione ed un decorso della malattia indipendente, come la rosolia, il morbillo, la vericella, la parotite, il virus di EPSTAIN BAAR, cioè virus che vengono introdotti per via inalatoria ma che portano poi ad un’espressione diffusa. Lo stretto contatto personale: prevede scambio di fluidi biologici, questo vale sia per le trasmissioni occupazionali (come per esempio i rischi legati all’uso di droghe per via endovenosa), vale per le trasfusioni, i trapianti, e per la via sessuale e per quei virus introdotti attraverso questa stessa modalità, come l’HIV, l’Herpes virus, il Papilloma virus, etc… Trasmissione tramite veicoli: legate alla possibilità di potersi infettare attraverso contatto con aghi, oggetti acuminati, infetti e contaminati da sangue o altri fluidi biologici del paziente. La trasmissione tramite vettori: vale per gli artrovirus in generale, per alcuni virus esotici e per quei virus che vengono veicolati da zanzare o altri artropodi. La volta scorsa abbiamo ricordato il virus WEST NILE, infatti a causa di modificazioni dell’ecosistema quale il clima, la possibilità di movimento concesse ai virus grazie ai nostri spostamenti ecco che questi possono esser trasferiti in zone geografiche non tradizionalmente occupate da loro ma che poi lo diventano in virtù di queste mutate condizioni. DIAPOSITIVA 7 : VIE DI DIFFUSIONE. Ci sono virus che si limitano a replicare nelle sedi di ingresso e lì si fermano e la stessa via di ingresso risulta anche come via di uscita , ma ci sono virus che invece hanno anche una fase di viremia cioè di passaggio nel sangue che può essere di tipo primaria o secondaria. La prima fase rende ………………?????.........organi bersaglio che costituiscono un moltiplicatore della capacità replicativa del virus e da lì una seconda fase linfoematica porta i virus in siti lontani dalla sede di ingresso, sono quindi virus che vengono disseminati nell’ambiente da siti diversi da quelli di ingresso. DIAPOSITIVA 8-9: Abbiamo poi virus che si limitano a dare l’infezione a seguito di eventi di replicazione distrettuale, nella sede di ingresso o lì vicino, come i virus respiratori ; questo condiziona le caratteristiche dell’infezione, che riguardano l’epitelio superficiale, cutaneo o mucoso. Questo naturalmente non significa che l’espressione della loro presenza, cioè l’infezione da parte del virus, debba essere necessariamente limitata al danno distrettuale tissutale o d’organo ma fa riferimento a alla capacità dei virus di evocare una risposta dell’ospite di tipo infiammatorio che magari sostiene il quadro principale della malattia da un punto di vista clinico,(per esempio l’influenza è una sindrome clinica in cui, in parte il virus ci mette del suo ,con mal di gola, tosse,raffreddore.. che sono espressione della localizzazione del danno provocato dal virus, ma la febbre, il malessere, il mal d’ossa, i dolori muscolari, sono a carico della risposta infiammatoria che il virus evoca in seguito alla liberazione di leuchine e citochine varie ,che causano questi tipi di disturbi. Da un punto di vista epidemiologico, è importante considerare che queste infezioni localizzate hanno un breve periodo di incubazione, (per esempio 3 giorni, il periodo che passa tra il loro ingresso e l’espressione del danno relativo è breve ) ,però per questi virus considerando l’epidemiologia dell’infezione e i sistemi per controllare queste infezioni, sono importanti l’immunità mediata, l’immunità locale esercitata da una buona produzione di IgA secretorie. Questo, da un punto di vista dell’allestimento dei vaccini è importante perché vaccini contro infezioni virali respiratorie o contro infezioni virali intestinali, sono tanto più efficaci quanto maggiormente è efficace è la produzione di IgA secretorie nei centri interessati, che bloccano a livello mucosale la possibilità di diffusione del virus. DIAPOSITIVA 10: Abbiamo poi virus che hanno sempre un momento di replicazione nel sito di ingresso (che può dare un evento sintomatico o meno dal punto di vista clinico) ma che hanno la capacità, attraverso la via linfatica o ematica o più spesso linfoematica o ancora neuronale, di raggiungere altri distretti e organi in cui possono terminare il loro decorso ovvero possono terminare e determinare il principale danno d’organo (quindi esprimersi con il danno relativo all’organo interessato), oppure da quest’organo da cui il virus amplifica la propria replicazione e quindi aumenta il proprio carico virale, possono attraverso varie vie raggiungere altri distretti in cui si ha un’ulteriore estrinsecazione della presenza del virus. Come raggiungono questi distretti? Li raggiungono o in forma di virioni liberi oppure associati ad elementi linfo-monocitari circolanti; questo è importante perché tali elementi linfo-monocitari oltre a costituire un bersaglio, si comportano come cavalli di troia nel trasporto del virus nei vari distretti e questo può essere molto importante a livello del SNC. DIAPOSITIVA 11 : Alcuni esempi di virus che seguono questa strategia di disseminazione protetta, protezione che parte dal fatto che virus veicolati in questa maniera si sottraggono, non solo alla risposta da parte della cellula stessa ma anche alla risposta dell’organismo contro cellule che nascondono la presenza del virus; questo accade per i linfociti che possono essere infettati e veicolano il virus come quello di Epstain Barr , virus erpetici, citomegalovirus, virus della rosolia, virus della febbre gialla ,della Dengue, quest’ ultimo è un fattore patogenetico importantissimo in quanto da’ in genere origine a due modalità di infezione... c’è una prima infezione che è abbastanza innocente ma che poi, può dare origine ad eventi in cui il virus va a localizzarsi a livello di cellule monocito-macrofagiche e questo è un determinante fondamentale che poi produrrà una malattia grave negli eventi successivi. DIAPOSITIVA 12: Una viremia primaria può dar luogo ad un viremia secondaria; evidentemente queste infezioni hanno un periodo di incubazione più lungo che fa riferimento non solo al periodo che intercorre tra il momento in cui entrano in contatto con il virus ed il momento in cui stiamo male, ma anche a quel periodo che intercorre tra l’ingresso del virus e la possibilità di poter evidenziare nel nostro organismo dei marcatori dell’infezione come per esempio gli anticorpi specifici contro quel virus. Un periodo di incubazione più lungo significa che il virus in questa fase non dà mostra di sé ma può essere trasmesso e quindi è importante per le strategie di prevenzione, soprattutto nelle categorie a rischio; abbiamo lunghi periodi di incubazione in presenza di un virus in grado di replicare e di dare delle epidemie a titolo elevatissimo, quindi in questo caso il virus presente nel sangue e in altri liquidi biologici può essere trasmesso tramite via sessuale o inoculazione diretta di sangue e in tal caso è importante per il controllo di queste infezioni, l’acquisizione di una buona risposta anticorpale quindi di IgG neutralizzanti, che non sempre, anche quando prodotte, sono efficaci per impedire l’infezione o la reinfezione da parte di questi virus. DIPOSITIVA 13 : INGRESSO E DIFFUSIONE ATTRAVERSO LE VIE NERVOSE. Abbiamo una diffusione per via assonale retrograda, quello che succede per i virus erpetici, Herpes simplex, virus della varicella zoster, che dopo aver dato un’infezione primaria o organizzata come nel caso delle infezioni primarie muco-cutanee da parte di herpes simplex, o nel caso di interessamento più generalizzato dei distretti cutanei come nel caso della varicella a seguito dell’infezione da virus varicella Zoster, ecco che il virus non scompare; i virus erpetici non scompaiono mai, entrano in una fase di latenza in siti specifici in cui il virus va’ a localizzarsi senza replicare. L’Herpes virus e varicella zoster seguono le vie degli assoni sensitivi dal sito cutaneo o mucosale, verso i gangli nervosi periferici centrali a cui riferiscono le fibre nervose sensitive. I virus possono raggiungere il SNC anche attraverso la diffusione ematogena o intraematogena e quindi la via di ingresso può essere rappresentata dal plesso coroide, soprattutto per quei virus come il polio, HIV, in cui le cellule dendritiche presenti in questo distretto rappresentano anche un sito importante di riserva per le membrane cellulari, importanti per poi trasmettere l’infezione al SNC oppure possono attraversare la barriera ematoriale e seguire così la via del trasporto proteico come visto prima, da parte di elementi cellulari che vengono trasportati attraverso il rivestimento endoteliale nei distretti nervosi.