857 CAPITOLO 39 Paolo Menè Giorgio Punzo Insufficienza renale 6 Insufficienza renale acuta Definizione Eziologia e fattori di rischio L’insufficienza renale acuta (IRA) è una condizione di rapida e potenzialmente reversibile riduzione del volume di filtrazione glomerulare, con variabile grado di compromissione delle funzioni depurative, metaboliche ed endocrine del rene. Ne deriva un accumulo di metaboliti azotati con disregolazione dell’equilibrio idroelettrolitico e acido-base. Il bilancio idrico è condizionato dalla frequente riduzione della diuresi con oliguria (diuresi < 450 mL/die) fino all’anuria (diuresi < 100 mL/die), ovvero dall’eventuale disidratazione o ipovolemia che può avere innescato la disfunzione renale. Nella maggior parte dei casi vi è in effetti ritenzione di fluidi con espansione del volume circolante, ipertensione arteriosa e/o variabile compromissione emodinamica cardiaca e respiratoria. Lo sviluppo di una IRA avviene solitamente nell’arco di pochi giorni; forme a evoluzione più lenta, dell’ordine di alcune settimane fino a 2-3 mesi, comunque decisamente accelerate rispetto all’insufficienza renale cronica (IRC), sono in genere conseguenti a glomerulonefriti extracapillari, cosiddette rapidamente progressive. Anche le forme rapidamente progressive possono essere reversibili, soprattutto se diagnosticate e trattate entro 2-3 settimane dall’insorgenza. Le cause di IRA sono molto eterogenee, in gran parte riconducibili alla considerevole vascolarizzazione del rene che lo rende vulnerabile a insulti ischemici, tossici, immunologici, allergici, mentre l’apparato collettore delle urine è suscettibile di ostruzione a vari livelli. La tabella 39.1 elenca le principali cause di IRA, ma si deve ricordare come in molti casi sia difficile identificare una singola noxa lesiva, e si debba piuttosto parlare di concause con meccanismi di reciproca amplificazione, di solito sulla base di una vascolarizzazione compromessa per motivi di età e/o processi degenerativi (diabete, aterosclerosi, ipertensione arteriosa). Il primo e più importante fattore di rischio è in effetti il processo di invecchiamento del microcircolo renale, che combina un ispessimento anatomico della parete arteriolare e capillare con fenomeni di rarefazione capillare e spesso di ostruzione del lume. Le irregolarità nella perfusione del microcircolo determinate dalla scarsa compliance della parete vasale, dalla perdita della capacità di autoregolazione del flusso ematico e dalla variabilità della gittata cardiaca in pazienti con fibrillazione atriale, aritmie e/o scompenso cardiaco determinano il noto fenomeno della progressiva riduzione della funzione renale in soggetti di età > 40 anni anche in condizioni di relativa stabilità clinica. Il substrato anatomico di questo processo è la riduzione della massa nefronica, con progressivo consumo del patrimonio glomerulotubulare, convenzionalmente stimato in ∼106 nefroni per rene alla nascita. La perdita di funzione renale legata all’età è nella popolazione generale dell’ordine di 0,75 mL/min/anno. In una quota rilevante di soggetti (per lo più ipertesi) la riduzione del filtrato glomerulare avviene a una velocità leggermente superiore a quella citata. Pazienti di questo tipo hanno di solito microalbuminuria, ovvero un’escrezione urinaria di albumina compresa tra 30 e 300 mg/die, che con il tempo può evolvere in una proteinuria meno selettiva, dosabile con metodi convenzionali intorno a 500-1500 mg/die. Convenzionalmente questo fenomeno viene definito nefroangiosclerosi, e comporta una maggiore vulnerabilità a riduzioni funzionali della perfusione renale, quali possono derivare da ipotensione arteriosa, disidratazione o assunzione di farmaci vasoattivi (antinfiammatori non steroidei, antiangiotensinici, mezzi di contrasto radiografici, anestetici). L’impatto dell’ipertensione arte- Epidemiologia L’IRA è una condizione relativamente frequente nella popolazione generale, in conseguenza di una varietà di insulti funzionali od organici che intervengono in ogni età. L’incidenza complessiva è stimata intorno a 2000-3000 casi per milione/anno, di cui circa 200-300 richiedono supporto emodialitico. Questi ultimi sono prevalentemente pazienti ricoverati in terapia intensiva per sepsi o patologie respiratorie, spesso complicanze di interventi chirurgici, traumi o ustioni. Circa il 4-5% di tutti i pazienti ricoverati in terapia intensiva richiede trattamento emodialitico, con una mortalità compresa tra il 50 e il 60%. Del totale dei trattati il 5-20% non recupera la funzione renale, richiedendo terapia sostitutiva regolare dopo la dimissione. Vi è poi probabilmente un notevole numero di casi di IRA di modesta entità, autolimitanti, in relazione a fenomeni funzionali o farmaci, che decorrono inosservati e non rientrano nell’epidemiologia complessiva. Si tratta quindi di una patologia di notevole rilevanza sociale ed economica, con un sensibile impatto su qualità di vita e riabilitazione dei pazienti. C0195.indd 857 6 6/9/10 1:34:34 PM 858 Parte 6 - MALATTIE DEL RENE E DELLE VIE URINARIE Tabella 39.1 Principali cause di insufficienza renale acuta (IRA) Forme prerenali li Da ipovolemia Disidratazione (nausea, vomito, diarrea, ipoalimentazione, insufficiente apporto idrico, ipertermia, aumentata perspiratio) Emorragia, shock emorragico Ipovolemia nella sindrome nefrosica Diuresi non bilanciata (osmotica: diabete mellito, diabete insipido, ipercalcemia, mannitolo; altri diuretici) Sindrome epato-renale nella cirrosi epatica in fase ascitica Ustioni, versamenti nelle sierose, drenaggi postoperatori Da ipotensione arteriosa/ipoperfusione Cardiopatie con ridotta gittata sistolica o shock cardiogeno (aritmie, scompenso cardiaco, insufficienza ventricolare sinistra, cardiopatia ischemica/infarto del miocardio, tamponamento pericardico) Shock settico Interventi chirurgici (ipovolemia, emorragia ± effetto anestetici) Farmaci (eccesso di antipertensivi, ACE-inibitori, sartani, FANS, ciclosporina) Forme parenchimali (IRA propriamente detta) Glomerulari Glomerulonefriti primitive acute (postinfettiva, mesangiale proliferativa da IgA) Glomerulopatie secondarie (nefrite nel lupus eritematoso sistemico, classe IV WHO/ISN) Vasculiti Sindrome emolitico-uremica/porpora trombotica trombocitopenica (anemia microangiopatica) Necrosi corticale bilaterale Trombosi bilaterale delle vene renali Tubulo-interstiziali Necrosi tubulare acuta (per le cause si veda la tabella 39.4) Necrosi papillare (diabete, pielonefriti acute e croniche, nefropatie da analgesici) Nefriti interstiziali immuno-allergiche Embolizzazione da cristalli di colesterolo Pielonefrite acuta su rene unico Cast nephropathy nel mieloma multiplo (si veda anche NTA, tabella 39.4) o sindrome nefrosica massiva Nefrotossicità da mezzi di contrasto radiografici Precipitazione di cristalli di ossalati nell’avvelenamento da glicole polietilenico Sindrome da lisi tumorale (precipitazione di urati, fosfati) Edema intraparenchimale nella sindrome nefrosica (“nefrosarca”) Infiltrazione linfomatosa bilaterale (linfoma renale) Forme ostruttive (postrenali) Ipertrofia prostatica con ostruzione vescicale/ritenzione urinaria Stenosi/ostruzione uretrale Sindrome del giunto pieloureterale su rene unico o bilaterale Compressione ureterale da vaso anomalo su rene unico o bilaterale Stenosi ureterale acquisita (cicatriziale) su rene unico o bilaterale Calcolosi ureterale su rene unico o bilaterale Neoplasie vescicali/uroteliali infiltranti il trigono Neoplasie pelviche compressive/infiltranti gli ureteri Fibrosi retroperitoneale/periaortite autoimmune Micosi (ammassi di ife fungine) su rene unico o bilaterale Idronefrosi bilaterale nella gravidanza riosa, delle dislipidemie, del fumo e dell’alcol sul danno microvascolare è ben documentato, pur esulando dalla presente trattazione. Nondimeno non deve essere sottovalutata la progressiva estensione della popolazione a rischio di IRA per insulti renali relativamente modesti, che non avrebbero conseguenze su individui più giovani o con un albero vascolare indenne. C0195.indd 858 Un fattore di rischio di primaria importanza è l’uso di farmaci a impatto cardiovascolare, quali diuretici, antipertensivi, antinfiammatori, spesso concomitante a situazioni patologiche intercorrenti. È il caso di soggetti sottoposti a interventi chirurgici, con la relativa ipotensione dovuta a perdite ematiche non compensate o a effetto diretto degli anestetici. È spesso la situazione 6/9/10 1:34:35 PM Capitolo 39 - INSUFFICIENZA RENALE di pazienti fragili affetti da forme virali gastroenteriche, squilibrio metabolico del diabete, elevate temperature ambientali con disidratazione. Non è sempre ben compresa dai medici l’importanza di sistemi di compenso intrarenali quali il sistema renina-angiotensina, il sistema callicreina-chinine o il sistema prostaglandinico nel garantire l’autoregolazione del flusso plasmatico renale, della filtrazione glomerulare e del riassorbimento tubulare. L’inibizione farmacologica di questi sistemi, spesso troppo facilmente deliberata in pazienti anziani a rischio, espone il rene a una brusca ischemia con immediati risvolti funzionali fino alla necrosi tubulare acuta. Anatomia patologica Negli ultimi anni è stata posta molta enfasi sul concetto di danno strutturale (acute kidney injury) nel contesto del più generale danno funzionale (acute kidney failure), a significare come devono essere distinte le lesioni anatomiche dalle più frequenti e reversibili alterazioni emodinamiche o nefrotossiche senza perdita cellulare. La lesione più frequentemente repertabile nei soggetti con IRA parenchimale (si veda oltre) è la cosiddetta necrosi tubulare acuta. Si tratta di una degenerazione dell’epitelio tubulare renale, su base ischemica/anossica o di tossicità da farmaci, agenti ossidanti/riducenti, sostanze osmoticamente attive, precipitazione tubulare di cristalli o proteine plasmatiche (cast nephropathy). Nonostante la notevole eterogeneità causale, il tratto anatomopatologico comune è costituito da vacuolizzazione, rigonfiamento, apoptosi o necrosi delle cellule epiteliali con distacco dalla membrana basale tubulare. I segmenti più frequentemente interessati dalla necrosi sono nella midollare esterna (tratto S3 del tubulo prossimale, tratto spesso ascendente dell’ansa di Henle). Cellule apoptotiche sono spesso osservabili anche nel tubulo distale. Dopo un’iniziale perdita della normale polarizzazione, con dispersione di marker apicali come l’orletto a spazzola, basali come alcune integrine, baso-laterali come la Na+/K+-ATPasi Mg2+-dipendente, le cellule tendono a gonfiarsi riversandosi nel lume tubulare e determinando un’ostruzione al flusso della preurina. Gli spazi aperti sul versante baso-laterale favoriscono la retrodiffusione (back-leak) di soluti e acqua luminali verso il circolo peritubulare, ove vengono quindi riassorbiti e ricircolati. Particolarmente importante è anche la componente infiammatoria/immunologica che si associa alla lesione epiteliale. Vi è evidenza di infiltrazione leucocitaria negli spazi peritubulari, nell’interstizio e talvolta persino nel lume epiteliale. Il ruolo di peptidi chemiotattici come fMLP e molecole di adesione come ICAM-1 è ben documentato nei processi di chemio-attrazione di polimorfonucleati neutrofili e successivamente di elementi mononucleati linfomonocitoidi. Le lesioni necrotizzanti sono verosimilmente amplificate da citotossicità diretta e/o liberazione di enzimi litici leucocitari. Si comprende quindi come la necrosi tubulare acuta determini alterazioni complesse del riassorbimento tubulare fino all’oligoanuria, se la componente ostruttiva è importante. Il fenomeno è peraltro riflesso dall’escrezione urinaria di detriti epiteliali brunastri microscopici, che appaiono all’esame del sedimento come cilindri epiteliali o granulosi. C0195.indd 859 Diverso è il quadro nelle tubulopatie ostruttive, in cui vi è accumulo luminale di emoglobina (dopo un episodio emolitico), mioglobina (dopo rabdomiolisi), pigmenti biliari (in corso di itteri di varia natura), paraproteine (nel mieloma multiplo o gammopatie monoclonali), cristalli di urati/fosfati (sindrome da lisi tumorale) o di ossalati (ingestione di glicole polietilenico). I fenomeni ostruttivi sono favoriti da una riduzione del flusso urinario per aumentato riassorbimento tubulare, contrazione del filtrato glomerulare o ipovolemia secondaria all’uso eccessivo di diuretici. A parte le differenze nel materiale accumulato in forma di cilindri ostruenti il lume, la sofferenza epiteliale si manifesta con aspetti morfologici sovrapponibili. Le cellule appaiono rigonfie, vacuolate, con perdita di un fenotipo organizzato e nuclei picnotici. In fasi più avanzate, materiale evidentemente necrotico occupa il lume tubulare, determinando talvolta disorganizzazione della struttura con interruzioni della membrana basale tubulare. Nel mieloma multiplo i cilindri intratubulari debolmente PAS-positivi appaiono frammentati e friabili (brittle tubular casts). In tutti i casi di necrosi tubulare acuta, indipendentemente dalla causa, la capacità di recupero funzionale è legata a rigenerazione dell’epitelio, presumibilmente a partire da cellule staminali o transdifferenziazione di cellule interstiziali che assumono un fenotipo epiteliale sulla guida di una membrana basale tubulare sufficientemente integra. Lesioni maggiori o frammentazione della membrana basale sono ritenute un ostacolo al recupero funzionale del segmento tubulare interessato dalla necrosi. Alcune glomerulonefriti acute sono complicate da IRA oligurica, come caratteristicamente osservato nella sindrome nefritica acuta. Si tratta per lo più di glomerulonefriti postinfettive (post-streptococciche), in cui l’intensa proliferazione ed essudazione intra- ed extracapillare di polimorfonucleati neutrofili determina ostruzione dei lumi capillari glomerulari e/o dello spazio di Bowman. Il quadro è di solito autolimitante, con una riduzione funzionale della durata di pochi giorni e un rapido plateau di creatininemia e azotemia, che non richiedono il ricorso alla dialisi. Lo stesso fenomeno si osserva talvolta nelle glomerulonefriti mesangiali proliferative a depositi di IgA, che durante episodi macroematurici intrainfettivi hanno spesso una componente extracapillare o di ostruzione tubulare da cilindri eritrocitari associati a un breve e transitorio episodio di IRA, di entità per lo più modesta. Anche il lupus eritematoso sistemico (LES) dà luogo a forme glomerulonefritiche proliferative intra- ed extracapillari con episodi di IRA in genere reversibili dopo ricorso a terapie immunosoppressive, plasmaferesi e/o emodialisi. È però necessario ricordare che quasi tutte le forme di glomerulonefriti, e particolarmente quelle con sindrome nefrosica, possono essere complicate da IRA per cause alquanto disparate. Certamente l’ipovolemia in pazienti pediatrici con grave ipodisprotidemia determina per esempio fenomeni funzionali con ipotensione e ipoperfusione renale. Una componente di edema glomerulare e tubulo-interstiziale (“nefrosarca”) è stata invocata in corso di gravi sindromi edemigene. Esistono alcune forme relativamente rare di insufficienza renale di difficile collocazione tra un andamento acuto o cronico. Il profilo temporale è decisamente intermedio e richiede da alcune settimane fino a 2-3 mesi per lo 859 6 6/9/10 1:34:35 PM 860 Parte 6 - MALATTIE DEL RENE E DELLE VIE URINARIE Tabella 39.2 Vasculiti, glomerulonefriti extracapillari Glomerulonefrite nel LES, classe IV WHO/ISN Glomerulonefrite extracapillare rapidamente progressiva pauci-immune Granulomatosi di Wegener Panarterite nodosa/poliangioite microscopica Granulomatosi di Churg-Strauss Malattia di Goodpasture sviluppo di fenomeni uremici. Il quadro clinico è associato a manifestazioni nefritiche (oliguria, ipertensione arteriosa, ematuria anche macroscopica, proteinuria talvolta nefrosica con edemi, sedimento urinario “attivo”) spesso nel contesto di manifestazioni sistemiche a tipo vasculitico. Si tratta in effetti di glomerulonefriti extracapillari cosidette rapidamente progressive, da alcuni ritenute paradigmatiche di una vera e propria terza classe di insufficienza renale, tra l’insufficienza renale acuta e l’insufficienza renale cronica, talvolta denominata direttamente insufficienza renale rapidamente progressiva (Tab. 39.2). Le glomerulonefriti extracapillari sono in effetti delle forme a impronta vasculitica, in cui la flogosi della parete capillare determina focolai di necrosi con essudazione di plasma e siero e attivazione dell’epitelio della capsula di Bowman. Alcune forme di nefrite lupica hanno per esempio tipicamente un’impronta rapidamente progressiva. La proliferazione per infiltrazione di leucociti (linfomonociti, occasionalmente polimorfonucleati, macrofagi) e per divisione di cellule epiteliali capsulari o cellule staminali determina l’ostruzione dello spazio capsulare da parte di “semilune” inizialmente cellulari, quindi rapidamente sostituite da tessuto connettivale sclero-cicatriziale. Quando si verifica questa transizione la lesione non è suscettibile di regressione e il glomerulo viene funzionalmente escluso in via definitiva per fibrosclerosi. Se viceversa il quadro è autolimitante o viene rapidamente instaurato un intervento farmacologico con steroidi e immunosoppressori, molti casi con una percentuale di semilune inferiore al 75% vanno incontro a regressione con un soddisfacente recupero funzionale. Altri aspetti strutturali più rari riconducibili all’IRA sono quadri di anemia microangiopatica nel cosiddetto complesso sindrome emolitico-uremica (per lo più nel bambino) o porpora trombotica trombocitopenica (con fenomeni ischemici cerebrovascolari nell’adulto), legati a un’endotelite necrotizzante da tossine batteriche (verocitotossina, Shiga-tossina prodotta da Escherichia coli del ceppo O157:H7) o da deficit congeniti o acquisiti di inibitore del fattore von Willebrand (ADAMTS13). In queste forme il danno è prevalentemente intraglomerulare, con lesioni endoteliali che innescano deposizione di piastrine o microtrombosi per attivazione locale dell’aggregazione piastrinica o di coagulazione intravascolare. Un quadro più massiccio di necrosi corticale bilaterale è solitamente una complicanza del parto in gravidanze a rischio per gestosi o insufficienza feto-placentare. Questa rara, gravissima e spesso irreversibile condizione è caratterizzata da trombosi intravascolare disseminata del microcircolo preglomerulare e intraglomerulare, con esiti ischemici C0195.indd 860 necrotizzanti su una percentuale variabile dei glomeruli. Nei casi più estremi si osserva una lesione infartuale generalizzata a prevalente distribuzione corticale. Un quadro di IRA di discreta diffusione soprattutto nella popolazione ospedaliera sottoposta a multiple terapie farmacologiche (antibiotici, diuretici, ipouricemizzanti) è costituito dalla cosiddetta nefrite interstiziale immunoallergica. In questi casi un’intensa infiltrazione linfocitaria con plasmacellule e granulociti eosinofili determina edema interstiziale e sofferenza tubulare senza aspetti di evidente necrosi od ostruzione luminale. Il ruolo di una reazione iperergica ad antigeni farmacologici è dimostrato dalla pronta risoluzione dopo sospensione della terapia. Analogamente a quasi tutte le forme tubulo-interstiziali, anche la nefropatia ostruttiva bilaterale o su rene unico è associata a intensa infiltrazione cellulare infiammatoria, responsabile attraverso citochine e mediatori vasoattivi della vasocostrizione che colpisce il rene ostruito. Questo fenomeno rende ragione del ritardo nella risposta diuretica e funzionale che spesso interviene dopo rimozione della causa ostruttiva (nefrostomia, cateterismo ureterale, rimozione di un calcolo o di un tumore pelvico/retroperitoneale). D’altra parte è evidente in modelli di patologia sperimentale come la legatura di un uretere sia seguita nel giro di poche ore dalla migrazione leucocitaria nei tessuti, con conseguente arresto della filtrazione glomerulare su base emodinamica (liberazione di fattori vasoattivi leucocitari), prima che per annullamento del gradiente idraulico transmembrana basale glomerulare. Fisiopatologia e classificazione (prerenale, parenchimale, ostruttiva) Convenzionalmente l’IRA viene distinta sul piano fisiopatologico in forme prerenali, parenchimali, ostruttive. Questo schematismo è molto utile sul piano della diagnosi differenziale, anche se la distinzione non è sempre immediata, e si verificano spesso sovrapposizioni, con una forma inizialmente prerenale che progredisce poi in una parenchimale con necrosi tubulare acuta, o una ostruttiva che si complica con una componente prerenale dopo una massiccia diuresi postostruttiva non reintegrata con opportune reinfusioni e.v. La tabella 39.1 riepiloga le principali classi di IRA categorizzate sul piano patogenetico. IRA prerenale Le forme prerenali sono caratterizzate da un’ipoperfusione del rene per motivi emodinamici (shock cardiogeno o settico, vasocostrittori endogeni come nella sindrome epato-renale) o ipovolemici (emorragie, disidratazione, ustioni, abduzione di liquidi nel “terzo spazio”, eccessivo uso di diuretici) (si veda Tab. 39.1). In ambedue le condizioni vi è tipicamente oliguria (diuresi < 450 mL/die) per riduzione o addirittura arresto della filtrazione glomerulare, intenso riassorbimento tubulare mediato dall’attivazione del sistema renina-angiotensina e successiva ischemia tubulo-interstiziale, talvolta evolutiva in necrosi tubulare acuta. Caratteristicamente la sodiuria su un campione spot di urine è pressoché azzerata (< 20 mEq/L), con marcato riassorbimento di urati, indicatori di emoconcentrazione (aumento della sodiemia, uricemia, ematocrito, proteine totali) e, almeno inizialmente, nessuna 6/9/10 1:34:35 PM Capitolo 39 - INSUFFICIENZA RENALE alterazione del sedimento urinario. Un indicatore particolarmente sensibile della natura prerenale e quindi funzionale dell’IRA è un rapporto BUN/creatininemia sbilanciato per un aumento sproporzionato del primo parametro, riflesso dell’intenso riassorbimento di liquidi e quindi di marcata concentrazione midollare renale di urea. Un rapporto BUN/creatininemia superiore a 20 (valori normali BUN 5-20 mg/dL, creatininemia 0,5-1,2 mg/dL) è fortemente indicativo di ipoperfusione renale. L’importanza di una diagnosi differenziale tra forme prerenali e parenchimali risiede soprattutto nelle successive decisioni terapeutiche; come intuibile, nelle forme prerenali la terapia è basata sull’infusione di liquidi e/o NaCl allo scopo di espandere il volume circolante, elevare la PA e riperfondere il rene. Nelle forme organiche, un apporto eccessivo di liquidi può esitare in un sovraccarico di volume con edemi e talvolta congestione cardiopolmonare. Per tale motivo sono state sviluppate diverse equazioni o indici di IRA (Tab. 39.3), che sono tutti generalmente centrati sulla diversa sodiuria nel paziente con massa tubulare integra, che riassorbe attivamente NaCl azzerando la sodiuria, e viceversa nel paziente con necrosi tubulare acuta o alterata struttura glomerulo-tubulare, che elimina quantità normali o addirittura aumentate di Na+. Vi è una certa forzatura in questo schema, in quanto molti pazienti nefritici hanno uno squilibrio tra bassa filtrazione glomerulare e relativamente integro riassorbimento tubulare, e presentano quindi una bassa sodiuria con sviluppo di ritenzione idrosalina ed edemi. Il fenomeno è ancora più evidente nella sindrome nefrosica, in cui i confini tra ipovolemia con ipoperfusione renale e impegno anatomico del glomerulo, edema del tubulo-interstizio e ostruzione tubulare da proteine filtrate sono molto labili. Occorre poi ricordare che a fini pratici la determinazione della sodiuria su campione spot (pochi mL di urine appena emesse, meglio se rapportata alla creatininuria nello stesso campione) risulta quasi sempre impraticabile per l’immediato ricorso ai diuretici da parte del primo medico che visita il paziente, o addirittura per la presenza di tali farmaci già nella terapia di base. Come accennato in precedenza, molte forme prerenali riconoscono una causa iatrogena. Si tratta tipicamente di pazienti di età avanzata o comunque con diffuse lesioni aterosclerotiche intrarenali, che ricevono su base regolare antipertensivi antiangiotensinici (ACE-inibitori, sartanici) e/o diuretici dell’ansa. Talvolta la semplice disidratazione (climi caldi in un anziano con ridotto senso della sete, Tabella 39.3 Equazioni nella diagnosi differenziale di IRA Escrezione frazionale (FE) di Na { } [uNa+ × pCr × 100] = < 1 prerenale (se > 2, necrosi FE Na+ = _______________ [pNa+ × uCr] { } tubulare acuta) wuNa+ × pCr Indice IRA = ___________ = < 1 prerenale (se > 1, necrosi uCr tubulare acuta) Escrezione frazionale (FE) dell’urea { } [uUrea × pCr × 100] FEurea = ________________ = 0,2-0,3 prerenale; 0,4-0,7 BUN × uCr necrosi tubulare acuta C0195.indd 861 861 gastroenteriti con nausea e vomito o diarrea) o condizioni di ipovolemia (interventi chirurgici, cirrosi epatica in fase ascitica, diete iposodiche) innescano brusche oscillazioni della funzione renale che rispondono rapidamente alla sospensione della terapia farmacologica. Lo stesso fenomeno si osserva in nefropatici cronici che ricevono antiangiotensinici nel quadro della cosiddetta terapia renoprotettiva, con l’aggravante di un’iperkaliemia ancora più spiccata nei diabetici, spesso motivo di ospedalizzazione. È quindi appropriato e prudente limitare l’impiego di questi farmaci nei pazienti “fragili”, cioè più vulnerabili a fenomeni emodinamici o candidati a procedure chirurgiche o contrastografiche, impiegando preferenzialmente come antipertensivi calcio-antagonisti, -bloccanti, -litici o agenti ad azione centrale come la clonidina. Anche l’introduzione occasionale di antinfiammatori non steroidei (FANS) per problemi intercorrenti (febbre, artralgie, infiammazioni, analgesia postoperatoria) priva il rene di un altro importante meccanismo di autoregolazione del flusso plasmatico (sistema prostaglandinico), con immediati riflessi negativi sulla filtrazione glomerulare, oliguria e talvolta edemi. La combinazione FANS/ antiangiotensinici ha ovviamente un impatto negativo ancora maggiore. IRA parenchimale L’IRA propriamente detta o parenchimale è determinata da un insulto renale che esita in un danno anatomico strutturale. A differenza della forma prerenale, l’oliguria non è una regola, anche se certamente presente in molti casi. In questo senso si tratta di un potente indicatore prognostico, in quanto riflette un impegno anatomico di maggiore entità, con ostruzione dei capillari glomerulari, edema tubulo-interstiziale, necrosi od ostruzione tubulari che impediscono filtrazione e deflusso della preurina attraverso il nefrone. Il contributo di meccanismi immunologici e infiammatori alle lesioni strutturali è documentato dall’intervento di leucociti infiltranti, attratti da citochine come TNF-, interleuchine IL-6 e IL-8, chemochine, Bone Morphogenic Protein-7 (BMP-7) e probabilmente da peptidi chemiotattici come l’fMLP (Met-Leu-Phe), liberato in presenza di endotossine batteriche, come il lipopolisaccaride di E. coli. Queste interazioni cellulari sono particolarmente rilevanti nell’IRA in corso di sepsi, associata o meno a ipotensione e shock. È stato anche sottolineato il ruolo del complemento ( membrane attack complex , C5b-C9) nell’insorgenza della necrosi tubulare acuta dopo insulti ischemici, settici o tossici. La persistenza di una diuresi > 500-1000 mL/die, oltre a facilitare la gestione del bilancio idroelettrolitico, indica la minore gravità della lesione strutturale, che consente comunque un flusso di liquido, anche se non un’adeguata filtrazione glomerulare con ritenzione di cataboliti azotati. Quindi nella forma parenchimale la sodiuria spot è comunque > 20 mEq/L e il rapporto BUN/creatininemia è 20. Il sedimento urinario è spesso dirimente, in quanto indicativo di un processo nefritico o tubulopatico. Se concomitante per esempio a una macroematuria con cilindri eritrocitari è ragionevole inquadrare l’IRA nel contesto di una sindrome nefritica, come nel caso di una glomerulonefrite postinfettiva, di un episodio acuto di una nefropatia da IgA o di una vasculite renale. Il sedimento nella necrosi 6 6/9/10 1:34:35 PM 862 Parte 6 - MALATTIE DEL RENE E DELLE VIE URINARIE Tabella 39.4 Cause di necrosi tubulare acuta Ischemiche h i h Ipotensione protratta, shock cardiogeno, shock emorragico (traumatico, intraoperatorio), shock settico Tubulotossiche Farmaci (aminoglicosidi, cisplatino, ifosfamide, vancomicina, clindamicina, amfotericina B, pentamidina, mannitolo, aciclovir, foscarnet, mezzi di contrasto radiografici) Anestesia/ipotensione in corso di intervento chirurgico (soprattutto per ittero colestatico, aneurisma aorta addominale, by-pass aorto-coronarico) Tossine (endotossine/lipopolisaccaride nello shock settico) Funghi velenosi: Amanita smithiana/proxima; Tricholoma equestre (via rabdomiolisi) Precipitazione/ostruzione tubulare Emoglobinuria/emolisi Mioglobinuria/rabdomiolisi, crush syndrome Paraproteine (cast nephropathy da catene leggere) Cristalli: urati, fosfati (sindome da lisi tumorale); ossalati (glicole polietilenico) tubulare acuta è indicativo di sfaldamento di cellule epiteliali, con detriti cellulari e cilindri brunastri granulosi o epiteliali (cilindri “fangosi”, o brown muddy cast). Sul piano epidemiologico la necrosi tubulare acuta è probabilmente la più frequente forma parenchimale a rapida evoluzione osservata in ambito ospedaliero, anche per la frequente presentazione delle glomerulonefriti o vasculiti in forme rapidamente progressive invece che acute, con uno sviluppo nell’arco di alcune settimane piuttosto che in pochi giorni. La tabella 39.4 riepiloga le più frequenti cause ischemiche, settiche, tossiche od ostruttive di necrosi tubulare acuta, tenendo comunque presente la possibile evoluzione necrotizzante di situazioni funzionali prerenali non corrette tempestivamente. Negli ultimi anni è stata dedicata crescente attenzione a patologie tubulo-interstiziali in grado di determinare IRA non oligurica. Sono già stati esaminati fenomeni di tipo immunoallergico esitanti in flogosi ed edema tubulo-interstiziale in corso di trattamento con varie e non correlate classi di farmaci. Si tratta di un fenomeno sostanzialmente idiosincrasico, generalmente reversibile alla sospensione del trattamento. L’IRA di tipo non oligurica ha un decorso torpido e scarsa tendenza all’evoluzione verso la necessità di terapia sostitutiva. Ovviamente non devono essere dimenticate le forme urosettiche, come la pielonefrite acuta su rene unico, per esempio in un paziente con calcolosi renale già nefrectomizzato unilateralmente. Estremamente rare le forme infettive bilaterali da disseminazione ematogena (nefropielite o nefrite apostematosa). Anche l’embolizzazione da colesterolo determina raramente IRA come complicanza di una procedura radiologica invasiva (cateterismo arterioso con distacco di emboli da placche ateromasiche). Il quadro è sospettabile nel contesto di una sindrome infiammatoria subacuta con febbricola, malessere, astenia; VES, fibrinogeno e PCR sono C0195.indd 862 elevati, con ipocomplementemia ed eosinofilia sistemica. La biopsia renale dimostra granulomi intorno a cristalli di colesterolo depositati in vasi arteriosi terminali. Il quadro generalmente si risolve nel giro di alcune settimane. IRA ostruttiva Anche se piuttosto intuitiva sul piano fisiopatologico, l’IRA ostruttiva è forse la forma più spesso non diagnosticata o comunque sottovalutata, pur nella sua notevole incidenza in una popolazione con una percentuale crescente di anziani particolarmente vulnerabili. Vi sono poi numerose false convinzioni difficili da eradicare, come quella che si tratti di una forma tipicamente oligoanurica. In effetti l’ostruzione delle vie urinarie determina IRA anche per il semplice aumento della pressione idrostatica nel compartimento tubulare e nella capsula di Bowman, senza che si determini in ogni caso l’azzeramento del gradiente transmembrana basale glomerulare che provoca la filtrazione. Si consideri per esempio che, se il riassorbimento tubulare è sufficientemente compromesso, anche un filtrato glomerulare gravemente ridotto a 10 mL/min può dare luogo a una diuresi significativa, a fronte di un volume di preurina filtrata di almeno 14 L/die. Pertanto anche in un soggetto con IRA a diuresi conservata deve sempre essere valutata la possibilità di una componente ostruttiva attraverso l’esecuzione di un’ecografia renale e delle vie urinarie. Molto utile, pur con tutte le cautele legate al rischio infettivo ed eventuali traumatismi delle basse vie urinarie, il cateterismo vescicale, per determinare (in assenza di un’ecografia affidabile) l’entità del residuo vescicale. Una difficoltà diagnostica aggiuntiva deriva talvolta dall’assenza di dilatazione apprezzabile delle vie urinarie in alcuni soggetti con evidenti situazioni ostruttive. Ciò può dipendere da una fibrosi della pelvi, dell’uretere e dei calici, che divengono anelastici e non distensibili a formare il classico quadro di idro(-uretero-)nefrosi dell’ostruzione acuta. In alcuni casi la cronica ostruzione uni- o bilaterale delle vie urinarie determina flogosi e fibrosi dell’urotelio, impedendo il riconoscimento di un brusco aggravamento della stasi urinaria che esita in IRA. La tabella 39.1 elenca alcune delle maggiori cause di uropatia ostruttiva, cui deve essere aggiunta per completezza la trombosi delle vene renali, complicanza della sindrome nefrosica o di trombosi della vena cava inferiore, talvolta su base neoplastica. Pur non riguardando in senso stretto le vie urinarie, la trombosi bilaterale delle vene renali ha un impatto sulla funzione renale attraverso l’annullamento della pressione capillare di ultrafiltrazione per arresto del flusso ematico conseguente alla perdita del normale gradiente arterovenoso lungo il capillare glomerulare. In pratica, il cosiddetto “disequilibrio di filtrazione” viene soppresso non per un incremento della pressione nella capsula di Bowman, ma per azzeramento della pressione endoluminale capillare, talvolta associato a trombosi. Manifestazioni cliniche L’IRA ha una presentazione clinica fortemente influenzata dal contesto in cui viene a determinarsi e dalla rapidità di insorgenza. In una forma prerenale, i segni e sintomi di disidratazione e/o ipovolemia precedono di ore o alcuni giorni l’oligoanuria e le manifestazioni legate all’iperazotemia. In un paziente emorragico, postoperatorio, settico 6/9/10 1:34:35 PM Capitolo 39 - INSUFFICIENZA RENALE o ustionato le manifestazioni legate all’IRA aggravano un quadro clinico già abbastanza severo, lasciando poco spazio a dubbi sull’eziologia del danno renale. In una forma parenchimale oligoanurica il quadro di espansione del volume si associa alle eventuali manifestazioni nefritiche o da ostruzione tubulare, inducendo un sovraccarico di circolo. Nei casi che non si sbloccano rapidamente o non vengono affrontati con supporto emodialitico può determinarsi uno scompenso cardiaco congestizio che esita talvolta in edema polmonare acuto, soprattutto se concomita ipertensione arteriosa di entità rilevante. Nelle forme ostruttive, il globo vescicale e/o l’idronefrosi possono essere asintomatici, lasciando la scena alle manifestazioni uremiche con nausea, vomito e ancora sovraccarico cardiopolmonare. In generale, le manifestazioni cliniche strettamente legate all’insufficienza depurativa sono distinte in elettrolitiche/ metaboliche (iperazotemia, iperkaliemia, iperfosforemia, acidosi metabolica) ed emodinamiche (ipertensione, espansione del volume circolante, scompenso cardiaco congestizio, versamento pericardico fino al tamponamento). Si deve notare come la velocità di evoluzione dell’IRA ha un impatto maggiore sulla tollerabilità delle manifestazioni cliniche: l’adattamento è molto maggiore in un soggetto con aggravamento di una preesistente IRC, già assuefatto a livelli di azotemia 2-3 volte superiori al range normale, ipertensione arteriosa, anemia e acidosi metabolica con iperkaliemia dell’ordine di 5-6 mEq/L. Per contro, un quadro oligoanurico insorto in 5-6 gg in un soggetto con funzione renale e PA precedentemente normali determina spesso uno scadimento brusco delle condizioni generali con nausea e vomito, talvolta aritmie e subedema polmonare che richiedono emodialisi con procedura d’urgenza. Proprio i livelli di creatininemia e azotemia sono utili per ricostruire i tempi di insorgenza dell’insulto renale e la durata del processo. Si ritiene che in condizioni di arresto di filtrazione con oligoanuria la creatininemia aumenti alla velocità di ~1 mg/dL/die in un soggetto giovane di corporatura normale e sesso maschile. Quindi una creatininemia di 5 mg/dL segnala un processo della durata di poco meno di una settimana e un limite di tollerabilità difficilmente superabile, soprattutto se concomita oligoanuria e non vi era IR preesistente. In una donna, e ancora di più in un bambino, la velocità di salita della creatininemia è funzione delle masse muscolari, e quindi generalmente più modesta. Tra i dati clinici laboratoristici i più allarmanti sono certamente la stessa iperazotemia, difficilmente tollerata al di sopra di un BUN di 100-120 mg/dL – ma seri disturbi neurologici, anoressia, nausea e vomito possono insorgere già a 70-80 mg/dl – e l’iperkaliemia, che per livelli > 6,0 mEq/L determina disturbi del ritmo fino alla fibrillazione ventricolare, preceduti da tipiche manifestazioni elettrocardiografiche. Anche l’acidosi metabolica contribuisce alla pirosi gastrica e al vomito, aumentando inoltre la frequenza respiratoria a partire da una bicarbonatemia < 15-18 mEq/L. L’acidosi è di solito ipercloremica, con gap anionico normale o moderatamente aumentato, a meno che non coesistano cause di acidosi lattica (sepsi, neoplasie, ipoglicemizzanti orali), ketoacidosi (digiuno, neoplasie, alcolismo) o altri anioni circolanti non misurati. In tal caso il gap anionico può superare i 20 mEq/L ed essere associato a gap osmolale. C0195.indd 863 Nell’ambito cardiocircolatorio, l’ipertensione e l’espansione di volume determinano congestione del circolo polmonare, evidente attraverso un quadro di “polmone umido” con riduzione del murmure vescicolare, rantoli progressivamente ingravescenti, talvolta versamento pleurico. Il quadro radiologico di prominenza ilare e opacità polmonari multifocali confluenti prelude all’edema polmonare. Un’evidenza radiologica di opacità diffusa a “vetro smerigliato” in assenza di un reperto auscultatorio patologico deve viceversa portare a sospettare un “polmone uremico”, con edema interstiziale più che alveolare, in ogni caso gravemente compromettente gli scambi respiratori. Tutti gli altri elementi (iperuricemia, iperfosforemia, ipocalcemia, anemia) hanno minore rilevanza sintomatologica e maggiore variabilità. Il decorso clinico dell’IRA è naturalmente molto legato alla rapidità e qualità degli interventi diagnostici e terapeutici, ovvero alla risoluzione spontanea degli eventi causali, come per esempio una glomerulonefrite acuta diffusa postinfettiva con proliferazione intra- ed extracapillare. La rimozione di un farmaco nefrotossico, la reidratazione di un paziente disidratato o la correzione di un’emorragia sono elementi cruciali per il recupero funzionale, che è talvolta molto rapido, se l’insulto non ha avuto esiti necrotizzanti. Una necrosi tubulare acuta va incontro a un recupero funzionale a partire da 7-10 gg dopo l’insorgenza di oliguria purché, come già discusso, la necrosi non si estenda oltre la membrana basale tubulare. Lo stato precedente del parenchima renale è un determinante importante del processo di recupero. Un rene integro in un soggetto giovane ha intuitivamente tempi di recupero molto più brevi di un rene senile in cui aterosclerosi, diabete e/o ipertensione avevano già determinato danno arteriolare e riduzione della massa nefronica. Non è infrequente che un rene già “fragile” non recuperi nel postoperatorio o dopo un insulto farmacologico, risultandone la necessità permanente di terapia sostitutiva emodialitica. D’altra parte è necessario prestare attenzione a non compromettere la rigenerazione tubulare post-IRA, mantenendo il paziente in emodialisi per tempi troppo protratti o non accompagnando la diuresi postostruttiva o postnecrosi tubulare acuta con appropriata terapia infusionale. In effetti, dopo un evento acuto, la ripresa della diuresi può essere particolarmente abbondante, con volumi urinari anche > 4-5 L/die. Questo è la conseguenza di un iniziale difetto di concentrazione in un rene con epitelio tubulare in rigenerazione, associato a un notevole accumulo di composti azotati che determinano una diuresi osmotica fino alla normalizzazione dei livelli sierici di BUN. Un precedente bilancio idrico positivo, con accumulo di > 5-10 L di liquidi nei 5-7 gg. di oligoanuria alimenta per alcuni giorni la diuresi post-IRA. In mancanza di questo accumulo, tuttavia una diuresi eccessiva può determinare deplezione di volume, fino a ricadere in una situazione prerenale e caratteristiche alterazioni elettrolitiche, tra cui una spiccata ipokaliemia. 863 6 Diagnosi La diagnosi di IRA è relativamente semplice, richiedendo una breve sequenza di determinazioni di azotemia (BUN/azoto ureico, v.n. 10-25 mg/dL, o azotemia 6/9/10 1:34:35 PM 864 Parte 6 - MALATTIE DEL RENE E DELLE VIE URINARIE p.d./urea totale, v.n. 30-50 mg/dL) e creatininemia in giorni successivi. Come detto, un rapporto BUN/creatininemia > 20 è critico per identificare la natura prerenale del processo; in genere tale rapporto risponde prontamente all’idratazione parenterale o al ripristino di adeguate condizioni emodinamiche. Naturalmente è fondamentale rilevare la diuresi giornaliera con la massima accuratezza, preferibilmente attraverso catetere vescicale. Di uguale importanza la determinazione del bilancio idrico, attraverso il rilievo del peso e dell’introito di liquidi per via enterale, parenterale e di tutte le perdite. Bisogna notare come molti alimenti abbiano un contenuto acquoso elevato (frutta, verdura), e possano indurre un bilancio positivo anche se il paziente segue con attenzione la restrizione idrica. Le misurazioni sequenziali di azotemia e creatininemia sono finalizzate a definire la velocità di sviluppo dell’IRA e l’eventuale plateau o regressione spontanea prima di raggiungere la necessità di terapia sostitutiva. Non è utile né appropriato misurare o calcolare la clearance della creatinina, soprattutto perché i livelli ematici non sono in equilibrio (condizione necessaria al calcolo di un parametro steady state), la diuresi è spesso severamente contratta e possono essere presenti fenomeni di secrezione tubulare di creatinina per necrosi, back-leak e comunque per gli elevati livelli circolanti con forte gradiente verso il versante tubulare luminale. Indicatori come la cistatina C sierica sono invece di maggiore utilità, anche per la loro indipendenza dalle masse muscolari e dall’età del soggetto. Altri parametri come elettroliti plasmatici, uricemia, equilibrio acido-base sono di primaria importanza per la gestione dei volumi circolanti, intra- ed extracellulari, oltre che del potenziale di membrana nei tessuti eccitabili, compreso il tessuto di conduzione cardiaco. È più complesso determinare la causa dell’IRA e prevederne il decorso clinico. È necessaria una combinazione di dati che comprenda anamnesi (con particolare riferimento ai farmaci), sodiuria, accurato esame del sedimento urinario al microscopio a contrasto di fase, valutazione ecografica di dimensioni dei reni ed eventuale idronefrosi/ pielectasia. Ciò nonostante, in almeno il 25-30% dei casi non è possibile formulare con precisione una diagnosi di natura dell’IRA, per cui nei casi in cui il processo non si risolva entro 15-20 giorni è necessario ricorrere alla biopsia renale. L’enorme numero di cause – spesso veramente inusuali (si veda Tab. 39.1) – che possono determinare compromissione o arresto della filtrazione rende talvolta difficile anche solo approssimare un’ipotesi clinica. Inoltre si verificano spesso sovrapposizioni causali, e non si deve trascurare il contributo favorente o di “sensibilizzazione” da parte di terapie farmacologiche (FANS, antiangiotensinici, aminoglicosidi, diuretici ecc.) di insulti renali effettivamente modesti, sottovalutati dal paziente stesso. Terapia La terapia dell’IRA è ancora una volta in buona parte legata all’evento causale. Ogni decisione in tema terapeutico deve risultare dall’osservazione continuativa C0195.indd 864 del decorso in regime di ricovero. Il paziente deve essere monitorizzato in ambiente specialistico per un accurato bilancio dei fluidi (rilevazioni giornaliere di peso corporeo, diuresi – meglio se attraverso cateterismo vescicale –, introito di liquidi e perdite attraverso drenaggi, stomie, sondino naso-gastrico ecc.). L’acquisizione di dati giornalieri deve comprendere azotemia, creatininemia, elettroliti plasmatici, uricemia, mentre emocromo ed emogasanalisi arteriosa devono essere rilevati basalmente e quindi ogni 48 h. Ovviamente in caso di disidratazione e/o ipovolemia il ripristino del volume circolante è fondamentale per la ripresa di un’adeguata filtrazione e per preservare il tubulo prossimale dall’insulto ischemico. La pratica di infondere soluzione clorurata 0,9% (“fisiologica”) in ragione di 0,5-1 mL/kg/h per 2-3 gg consente in genere una buona espansione del volume circolante e la correzione di molte situazioni prerenali, soprattutto in virtù della somministrazione di circa 200 mEq di Na+ e altrettanto Cl−/die, con correzione dell’eventuale alcalosi metabolica. Naturalmente nel cardiopatico e nel paziente con IRA parenchimale od ostruttiva questo approccio può addirittura risultare controproducente, per il rischio di edema polmonare acuto. Per contro, nelle nefropatie ostruttive la ricanalizzazione delle vie urinarie consente generalmente un rapido recupero della diuresi, purché l’evento ostruttivo si sia verificato da non più di 3-4 settimane. Nelle forme parenchimali, una glomerulonefrite extracapillare documentata biopticamente è suscettibile di una rapida risoluzione se la componente cellulare infiltrativa risulta sensibile a forti dosi di steroidi e.v. ± immunosoppressori (“boli” di metilprednisolone o ciclofosfamide); per contro, una necrosi tubulare acuta non ha una terapia diretta se non l’allontanamento delle cause di ischemia o nefrotossicità, guadagnando tempo in attesa della rigenerazione epiteliale tubulare. In ogni caso in tutte le forme di IRA la tempestività nella rimozione delle cause è fondamentale per limitarne la gravità e agevolare il recupero funzionale. La terapia diuretica è di primaria importanza nella gestione dell’IRA, primariamente per la gestione del bilancio dei fluidi e la prevenzione di complicanze cardiopolmonari. Devono essere impiegati diuretici dell’ansa (furosemide, torasemide, acido etacrinico), che per la loro potenza e rapidità di azione si prestano all’impiego su un nefrone gravemente compromesso, anche se a dosi ben maggiori delle usuali. Per la furosemide si ricorre spesso a 250-1000 mg e.v./die in “boli” diluiti in piccoli volumi di soluzione fisiologica, ovvero a infusioni continue di 20-40 mg/h. Si deve segnalare ancora una volta come sia opportuno acquisire almeno un campione spot di 10-100 mL di urine prima della somministrazione di furosemide, al fine di determinare la sodiuria in mEq/L ed eseguire un esame del sedimento urinario al microscopio a contrasto di fase. Nel mondo reale questa proposizione è tra le più ignorate: non vi è quasi medico di pronto soccorso o di base che resista alla tentazione 6/9/10 1:34:35 PM Capitolo 39 - INSUFFICIENZA RENALE di somministrare forti dosi di furosemide o mannitolo al primo segno di contrazione della diuresi. È opportuno infine ricordare come un aumento della diuresi indotto farmacologicamente non significhi un aumento del filtrato glomerulare, ma solo una riduzione del riassorbimento tubulare. La convinzione che la furosemide “aiuti” la ripresa funzionale renale è tanto diffusa quanto illusoria. Per quanto riguarda la terapia di supporto, è intuitivo come gradi avanzati di IRA, soprattutto se oligoanurica, richiedano l’effettuazione di un trattamento emodialitico di urgenza volto a regolarizzare il bilancio dei liquidi, decongestionare il circolo polmonare, ridurre i livelli di azotemia e creatininemia, correggere l’acidosi e alterazioni elettrolitiche come l’iperkaliemia. Mentre è tuttora controverso se l’emodialisi agevoli il recupero funzionale renale, e debba quindi essere estesa a un numero di casi gestibili anche solo con la terapia medica, non vi è dubbio che livelli di azotemia > 3 volte il plafond di partenza costituiscono una indicazione forte alla terapia sostitutiva. La decisione sull’inizio è basata sulle condizioni cliniche complessive e sull’evidenza di contrazione del volume urinario. Se almeno teoricamente potrebbe essere impiegata anche la dialisi peritoneale, la capacità di rimuovere grandi volumi attraverso l’ultrafiltrazione e più elevate clearance di urea e medie molecole rendono l’emodialisi extracorporea intermittente una terapia di scelta nel paziente con IRA oligoanurica. In ambito intensivistico sono attualmente impiegati moduli di terapia sostitutiva continua (Continuous Renal Replacement Therapy, CRRT) nell’arco delle 24 ore, che garantiscono una maggiore stabilità emodinamica attraverso ultrafiltrazione lenta (SCUF), emofiltrazione veno-venosa continua (CVVH), emodialisi veno-venosa continua (CVVHD) o emodiafiltrazione veno-venosa continua (CVVHDF). Tutti questi trattamenti richiedono il posizionamento di un accesso 865 vascolare centrale, generalmente un catetere venoso bilume giugulare o femorale, che può essere utilizzato per 4-12 settimane in attesa di verificare l’eventuale recupero funzionale del rene. Gli svantaggi di questi cateteri sono le infezioni, la limitazione della portata ematica legata al calibro (solitamente 11,5 Fr) e il cosidetto ricircolo, o volume di sangue di rientro, che viene immediatamente aspirato dal lume arterioso e quindi ritorna nell’apparato di emodialisi senza effettiva rimozione di metaboliti azotati o scorie metaboliche. In situazioni selezionate può essere impiegata la plasmaferesi, eventualmente integrata da un protocollo di emodialisi, con l’obiettivo di rimuovere sostanze tossiche, immunocomplessi, crioglobuline, autoanticorpi talvolta responsabili di danno parenchimale renale. La ripresa della funzione renale è in genere segnalata da una ripresa della diuresi, che può precedere anche di diversi giorni la riduzione dei livelli di azotemia e creatininemia. Deve quindi essere prestata particolare attenzione alla dose dialitica, in maniera da non abbassare eccessivamente i livelli di azotemia così da ridurre il carico osmotico che favorisce la ripresa della diuresi; allo stesso modo è opportuno non praticare una rimozione di fluidi troppo radicale, per non generare una relativa ipovolemia che ostacoli la perfusione renale e quindi la ripresa della filtrazione glomerulare. Purtroppo il ricorso all’emodialisi viene spesso protratto eccessivamente, con il risultato di ritardare o addirittura oscurare un eventuale recupero della funzione renale spontanea. Non sono infrequenti i casi di pazienti passati da un episodio di IRA postoperatoria all’emodialisi regolare trisettimanale (pur con una diuresi conservata), che potevano in effetti essere “svezzati” dalla terapia sostitutiva con una clearance residua più che sufficiente alle necessità depurative. Insufficienza renale cronica Definizione Il termine IRC è divenuto negli anni sinonimo di riduzione permanente della funzione renale, ma sul piano etimologico dovrebbe essere impiegato solo per definire un effettivo accumulo di metaboliti azotati, alterazioni elettrolitiche, ritenzione idrica, acidosi metabolica, anemia e/o malattia ossea chiaramente riferibili a un difetto funzionale del rene. La rapida diffusione di una nuova stadiazione della IRC sviluppata dalla National Kidney Foundation negli Stati Uniti (Tab. 39.5), parallelamente all’introduzione di nuove formule per il calcolo del volume di filtrazione glomerulare (Tab. 39.6), ha riportato l’attenzione sulla corretta definizione di IRC come effettiva inadeguatezza del rene a svolgere le sue funzioni depurative. Come si può vedere, solo lo stadio 5 viene in effetti C0195.indd 865 definito IRC, in corrispondenza con la sindrome clinica comunemente definita “uremia”. Negli stadi 1-4, il comitato K/DOQI ha ritenuto più corretto impiegare il termine “riduzione della funzione renale”, riconoscendo quattro livelli crescenti di gravità. Ancora oggi vi è un vivace dibattito sul concetto di riduzione della funzione renale, data la fisiologica riduzione del volume di filtrazione glomerulare con l’invecchiamento, e sulla nozione consolidata della sua dipendenza dall’assunzione di alimenti proteici di origine animale, ricchi in particolare di aminoacidi basici come l’arginina. Ne deriva che soggetti vegetariani, come pure anziani con un ridotto intake proteico, presentano volumi di filtrazione glomerulare sensibilmente più bassi della media della popolazione occidentale, senza che questo comporti alcuna effettiva compromissione delle capacità depurative del rene. Si deve quindi tenere sempre 6 6/9/10 1:34:35 PM 866 Parte 6 - MALATTIE DEL RENE E DELLE VIE URINARIE Tabella 39.5 Stadiazione dell’IRC secondo Kidney Disease Outcomes Quality Initiative (K/DOQI) della U.S. National Kidney Foundation (NKF) di Stadio 1 2 3 4 5 i i Descrizione Danno renale, VFG normale o ↑ Danno renale, modesta ↓ VFG Moderata ↓ VFG Grave ↓ VFG Insufficienza renale / i / VFG ((mL/min/1,73 m2 s.c.)) > 90 60-89 30-59 15-29 < 15 o HD VFG: volume di filtrazione glomerulare. Tabella 39.6 Equazioni per il calcolo del volume di filtrazione glomerulare (VFG) Metodo d di calcolo l l secondo d Cockroft k f e Gault: l (140 − età) × peso in kg (correzione per sesso femminile = × 0,85) { __________________ 72 × creatininemia } Metodo di calcolo secondo MDRD (Modification of Diet in Renal Disease Study Group): 175 × creatininemia−1,154 × età−0,203 (× 1,212 neri × 0,742 donne) Metodo di calcolo secondo Mawer Donne = Peso magro in kg × [25,3 − (0,174 × età)] × [1 − (0,03 × creatininemia)] ____________________________________________________ 14,4 × creatininemia Uomini = Peso magro in kg × [29,3 − (0,203 × età)] × [1 − (0,03 × creatininemia)] _____________________________________________________ 14,4 × creatininemia presente il concetto di flessibilità del volume di filtrazione glomerulare in relazione alle necessità depurative dell’organismo, evitando di collocare arbitrariamente una buona parte della popolazione di età > 40 anni nella categoria dei nefropatici. Per esigenze pratiche, verranno qui esaminati i vari aspetti fisiopatologici e clinici della IRC propriamente detta, con enfasi sugli aspetti di insufficienza depurativa e ormonale che richiedono la programmazione, se non l’immediata attivazione, delle procedure depurative artificiali. Epidemiologia Per le considerazioni appena esaminate, risulta alquanto difficile reperire dati affidabili di prevalenza e incidenza della IRC nella popolazione generale. Il quadro è ulteriormente complicato dalla presenza di nefropatie anche istologicamente accertate che non comportano IRC, e viceversa da una discreta percentuale di pazienti con un rene sostanzialmente integro ma oscillazioni anche importanti della funzione renale in relazione a patologie C0195.indd 866 extrarenali, come insufficienza cardiaca, aritmie, farmaci antipertensivi ecc. Fermo restando, quindi, che non vi è un’automatica equivalenza tra il concetto di nefropatia cronica e l’IRC, i dati più solidi sono costituiti dal numero di soggetti in terapia sostitutiva dialitica o trapiantati, circa 60.000 in Italia, con un’incidenza di circa 120 nuovi pazienti per milione/anno, ovvero 7000 nuovi casi/anno. Il pool di nefropatici con grado variabile di IRC è stimato in 1/12 della popolazione generale, circa 5.000.000 di individui in Italia nel 2008. Di questi, solo una frazione avrà necessità di terapia sostitutiva nell’arco della vita, ma proprio l’allungamento dell’aspettativa di vita moltiplica le circostanze di rischio che richiedono valutazione presso le circa 360 Unità Operative complesse di nefrologia e i 960 centri dialisi attivi oggi in Italia. Eziologia e fattori di rischio L’IRC è causata da numerose patologie renali su base genetica o acquisita, infiammatoria/disreattiva o degenerativa, ischemica od ostruttiva. Virtualmente tutte le nefropatie possono causare, in un arco di tempo più o meno lungo, distruzione di una quota di parenchima tale da non poter essere vicariata dall’ipertrofia dei nefroni residui. È intuitivo che il processo deve essere bilaterale o interessare un rene unico anatomico o funzionale (rene escluso per una patologia pregressa, per esempio, calcolosi ostruttiva, pielonefrite cronica o steno-occlusione arteriosa). Successivamente verranno affrontati i meccanismi patogenetici che portano allo sviluppo di IRC, mentre in questo paragrafo sono elencati i principali fattori di rischio per un danno renale permanente progressivo. Il primo e forse più importante fattore di rischio è il background genetico che condiziona l’insulto primario e/o le risposte adattative che estendono la lesione. Come è noto, molte nefropatie hanno caratteristiche di familiarità o addirittura ereditarietà, come il rene policistico autosomico dominante, la nefrite ereditaria o sindrome di Alport, la glomerulonefrite mesangiale proliferativa a IgA, varie forme di calcolosi. Altre patologie sistemiche come il LES o il diabete mellito hanno un profilo di familiarità che riguarda non solo la malattia nel suo complesso, ma anche la tendenza a coinvolgere il rene nel suo decorso. L’ipertensione arteriosa essenziale è certamente associata a un’ereditarietà poligenica, ed è essa stessa causa di alterazioni strutturali renali in forma di nefroangiosclerosi. Non vi è dubbio che l’ipertensione arteriosa costituisca un importante fattore di aggravamento della progressione dell’IRC, al punto che pazienti con ipertensione di II grado o ipertensione accelerata o maligna sviluppano un deterioramento funzionale rapidamente progressivo che può in alcuni casi portare addirittura al trattamento emodialitico. In generale l’ipertensione reno-parenchimale (conseguenza delle nefropatie croniche) è considerata un importante fattore di progressione del danno renale. Altro importante fattore di rischio è la concomitante presenza di aterosclerosi, responsabile della nefropatia ischemica. I tre principali tipi di lesione ateromasica (nefroangiosclerosi, stenosi dell’arteria renale, emboli colesterinici) spesso concomitano in pazienti geneticamente predisposti ad alterazioni vascolari subintimali che compromettono la perfusione renale. Fattori di rischio su base ereditabile come elevata omocisteinemia o 6/9/10 1:34:35 PM Capitolo 39 - INSUFFICIENZA RENALE polimorfismi della metatetraidrofolato reduttasi (MTHFR) hanno un ruolo paragonabile al fumo nel predisporre ad alterazioni microvascolari che esitano in danno renale progressivo. Ancora una volta la componente genetica è di primaria importanza, in quanto si ritiene che la nefroangiosclerosi sia correlata a una bassa dotazione nefronica alla nascita, per incompleta nefrogenesi durante la vita uterina. L’ipotesi di Barker, successivamente elaborata da Brenner et al., descrive una riduzione del numero di nefroni (normalmente stimati in un milione per rene, verosimilmente meno nei soggetti di origine africana) come causa di ipertensione arteriosa e successivamente nefroangiosclerosi in soggetti nati pretermine o comunque dopo una gestazione alterata da iponutrizione, uso di farmaci, droghe, fumo ecc. La patologia degenerativa micro- o macrovascolare ha inoltre un impatto sulla funzione renale anche attraverso la parallela compromissione miocardica su base ischemica e/o ipertensiva. Un paziente con disfunzione sistolica postischemica e/o fibrillazione atriale ha una funzione renale fluttuante, compromessa in maniera intermittente durante episodi di ipoperfusione renale. Al contrario, la presenza di una riduzione della funzione renale con microalbuminuria o franca proteinuria è, come noto, un importante predittore di rischio cardiovascolare, sulla base di una microangiopatia multidistrettuale condivisa dal rene e molti altri organi. Un ultimo ed estremamente importante fattore di rischio per IRC è rappresentato dai farmaci. Diverse classi di agenti hanno effetti nefrotossici intrinseci, aumentati dalla concentrazione che si verifica nelle porzioni midollari più profonde del nefrone (per effetto del riassorbimento di H2O), ed eventualmente dall’accumulo in corso di IRC (per le molecole a prevalente escrezione renale). Per tale motivo è di primaria importanza che il dosaggio di qualsiasi farmaco a escrezione renale venga ridotto in base al volume di filtrazione glomerulare calcolato. Come già visto per l’IRA, la nefrotossicità dei FANS e della CsA è legata a ischemia del nefrone per i loro effetti vasocostrittori, mentre gli antiangiotensinici (ACE-inibitori, sartanici) determinano una brusca riduzione del volume di filtrazione glomerulare in pazienti a rischio (nefropatici cronici, stenosi arteriolari intraparenchimali) per rilasciamento delle resistenze postglomerulari. Ambedue queste classi di farmaci determinano talvolta IRA funzionale su base prerenale. La nefropatia da fenacetina è stata invece per anni il prototipo di una categoria di patologie da assunzione cronica grandi quantità di antidolorifici/ antipiretici, con aspetti ischemici che portavano in alcuni casi alla necrosi papillare. Patogenesi e fisiopatologia Come già spiegato, è pressoché inutile compilare una lista delle patologie renali bilaterali che possono determinare una riduzione della funzione renale, dato il loro numero. È più importante stabilire quali sono quelle numericamente predominanti, per una definizione epidemiologica e nell’ottica di interventi preventivi. Mentre fino a pochi anni fa le “cause sconosciute” (per lo più glomerulonefriti non diagnosticate e pielonefriti croniche su base calcolotica/ostruttiva o da infezioni ricorrenti delle vie urinarie) dominavano le casistiche di ingresso in terapia sostitutiva, oggi il trend si è profondamente modificato, con una C0195.indd 867 predominanza delle patologie vascolari degenerative, comprendenti la nefropatia ischemica e il diabete. Già al primo posto nelle casistiche dialitiche dell’U.S. Renal Data Systems almeno dal 1996, la nefropatia diabetica sta rapidamente divenendo predominante anche in Italia, superata solo da un gruppo di diagnosi indefinite (non confermate istologicamente) comprendenti nefroangiosclerosi, patologie vascolari renali, complicanze postoperatorie di interventi chirurgici e IRA non riabilitate in pazienti anziani. Seguono, a notevole distanza, il rene policistico e le glomerulonefriti/vasculiti, causa progressivamente più rara di IRC terminale, forse anche per l’efficacia della terapia renoprotettiva antiproteinurica con antiangiotensinici introdotta da oltre un decennio come complemento dei più classici cortisonici e immunosoppressori. Tutte queste nefropatie con patogenesi profondamente diversa trovano un punto unificante nella progressività della IRC, cioè l’evolutività del deterioramento funzionale fino alla comparsa della insufficienza depurativa vera e propria. Il termine “progressività” indica che la storia naturale di tutte queste patologie causali è in senso peggiorativo, e che non vi è in linea di principio la possibilità di una regressione del danno renale. Il motivo della progressione è duplice: in primo luogo, la persistenza della patologia originale che ha determinato il danno renale; secondo, la progressione non immunologica. Il primo fenomeno è intuitivo: la malattia renale umana tende alla cronicizzazione, con progressiva estensione del danno dalla segmentarietà (alcune anse di un glomerulo peraltro normale, alcuni focolai di danno tubulo-interstiziale) alla focalità (alcuni glomeruli interi, alcuni nefroni interi), fino alla diffusione globale (sclerosi diffusa di tutti i glomeruli, di tutti i nefroni). È il caso delle glomerulopatie primitive o secondarie a una malattia sistemica (LES, diabete), ma anche della pielonefrite cronica su base infettiva/infiammatoria od ostruttiva. Il secondo meccanismo, la progressione non immunologica, è stato definito da ricerche negli ultimi 20 anni come un processo di “usura” di nefroni relativamente intatti ma divenuti ipertrofici per vicariare la perdita di massa nefronica. Studi sperimentali di Brenner et al. basati sulla micropuntura renale hanno dimostrato come una ablazione di tessuto renale (nefrectomia 5/6) determini un superlavoro nei nefroni superstiti, che vanno incontro a un aumento del filtrato glomerulare per singolo nefrone (SNGFR), e quindi a un aumento del riassorbimento tubulare. Il fenomeno è mediato da una vasodilatazione dell’arteriola afferente, che produce un iperafflusso ematico, associato a costrizione dell’arteriola efferente in risposta all’angiotensina II (ANG II) liberata localmente. La combinazione di aumento delle resistenze postglomerulari e iperafflusso ematico determina un incremento della pressione di ultrafiltrazione nei capillari glomerulari (PGC), che a sua volta produce aumento del SNGFR e microalbuminuria. Ipertensione e iperfiltrazione glomerulare sarebbero critiche per l’utilizzo della “riserva funzionale renale”. Il concetto fa riferimento proprio al reclutamento di “nuovi” glomeruli normalmente inutilizzati per la filtrazione (e forse perfusi a bassa pressione o addirittura esclusi dal flusso sanguigno) per fronteggiare un calo della massa nefronica. È d’altra parte ben noto che una nefrectomia unilaterale non ha generalmente impatto sulla funzione renale complessiva, almeno in un soggetto giovane, e una certa ipertrofia compensatoria è spesso 867 6 6/9/10 1:34:36 PM 868 Parte 6 - MALATTIE DEL RENE E DELLE VIE URINARIE dimostrata dalle dimensioni aumentate del rene unico residuo. Lo stesso fenomeno si verifica presumibilmente anche in un rene in cui una malattia abbia distrutto il 50% dei nefroni, e probabilmente anche danni di entità superiore (fino al 70-75% dei nefroni iniziali) vengono neutralizzati dal superlavoro dei nefroni residui. Il modello di Brenner et al., ampiamente confermato da studi clinici, prevede un progressivo “consumo” dei glomeruli residui per iperfiltrazione, segnalato inizialmente dalla microalbuminuria e poi da una proteinuria > 300 mg/die. La comparsa di sclerosi nei glomeruli indica la perdita di elementi cellulari per apoptosi e denudamento della membrana basale glomerulare, con deposizione di tessuto connettivo di tipo cicatriziale (collagene tipo IV, fibronectina, laminina). Parallelamente il sovraccarico riassorbitivo nei tubuli tributari dei glomeruli iperfiltranti determina apoptosi e fibrosi anche della componente epiteliale. La proteinuria indica da un lato lo stress metabolico imposto al tubulo per il riassorbimento e la processazione dell’albumina filtrata in eccesso, e dall’altro proprio la progressiva insufficienza del riassorbimento stesso per sofferenza tubulo-interstiziale. Si ritiene inoltre che l’intenso riassorbimento proteico nel tubulo prossimale attraverso il meccanismo di micropinocitosi mediato dal complesso megalina/cubilina eserciti uno stimolo flogogeno peritubulare, con infiltrazione leucocitaria e aggravamento della tubulo-interstiziopatia. Di qui il razionale per il tentativo di abbattimento farmacologico della proteinuria attraverso la somministrazione di agenti antiangiotensinici nei nefropatici cronici. Il modello di Brenner, confermato tra l’altro da molti studi clinici italiani, prevede una riduzione della proteinuria da parte di ACEinibitori e/o antagonisti recettoriali dell’ANG II attraverso la diminuzione della PGC su base emodinamica, con benefici diretti anche sullo stress idraulico-meccanico della barriera di filtrazione. Il rovescio della medaglia per questo approccio farmacologico è rappresentato dalla riduzione del volume di filtrazione glomerulare per caduta delle resistenze efferenti postglomerulari, che si traduce, in alcuni nefropatici, in aumenti variabili della creatininemia talvolta marcati fino all’IRA se entrambi i reni sono ischemizzati da stenosi arteriose su base ateromasica. Un problema a tutt’oggi insoluto è quello della velocità di progressione, e quindi della transizione tra i diversi stadi che verranno discussi successivamente. L’esperienza clinica insegna che non è agevole fare previsioni sulla durata della fase conservativa dell’IRC. Troppe variabili incidono sulla velocità di progressione, tra cui in primis la patologia causale. Per esempio, una glomerulonefrite mesangiocapillare può portare all’uremia nell’arco di pochi anni, mentre il rene policistico autosomico dominante nella variante ADPKD 2 può non raggiungere l’IRC terminale anche in età avanzata. Cofattori di progressione sono certamente l’ipertensione arteriosa, l’entità della proteinuria (se presente), la mancata compliance del paziente alla dieta e alle prescrizioni terapeutiche, l’obesità, il fumo, forse il sesso maschile. Decine di altre variabili incidono sulla persistenza di una quota di nefroni funzionali, non ultimi fenomeni intercorrenti come interventi chirurgici, episodi febbrili, assunzione di farmaci nefrotossici, emorragie gastrointestinali ecc. Ne deriva un quadro altamente individuale e dinamico, in cui la progressione è tutt’altro che lineare, e anzi tende a procedere per scalini C0195.indd 868 con bruschi peggioramenti e fasi di stabilità della durata di anni. Un fenomeno comune e spesso sottovalutato anche da nefrologi esperti è l’accelerazione finale del degrado della funzione renale residua, con una sorta di motus infine velocior, che produce una rapida transizione tra gli stadi 4 e 5 della classificazione K/DOQI. Si verifica probabilmente un andamento esponenziale del deterioramento dei nefroni residui ipertrofici, che sono soggetti a pressioni di ultrafiltrazione sempre maggiori mano a mano che se ne riduce il numero. Sul piano pratico questo si traduce in un fenomeno di late referral, per cui il paziente giunge così rapidamente alla terapia sostitutiva che non è stata predisposta una fistola arterovenosa come accesso vascolare o il cosiddetto trapianto preemptive, ovvero la donazione da vivente prima che il candidato acceda alla dialisi. Anatomia patologica L’anatomia macroscopica del rene con IRC è caratterizzata da una riduzione delle dimensioni del parenchima con assottigliamento della corticale e perdita della normale differenziazione cortico-midollare solitamente riscontrata ecograficamente. Il “rene grinzo” così definito è caratteristico delle fasi avanzate della IRC, con superficie finemente granulare/rugosa e diametro longitudinale ridotto (talvolta < 70 mm contro i 100-120 mm del rene normale). La presenza di cicatrici deforma invece superficialmente il rene pielonefritico, rendendo il profilo irregolare un cardine della differenziazione morfologica tra glomerulonefrite e pielonefrite cronica. Il rene ischemico per stenosi e/o trombosi dell’arteria renale è anche più piccolo di quanto si osserva nel rene grinzo, potendo confondersi con il rene ipoplasico congenito o severi dismorfismi insorti in età pediatrica. Da queste considerazioni discende l’importanza di valutare ecograficamente o radiologicamente le dimensioni e la morfologia dei reni per distinguere la IRC da episodi acuti di recente insorgenza, in cui i reni sono di dimensioni normali o addirittura aumentati di volume per edema e/o infiltrazione infiammatoria. Ovviamente esistono eccezioni a questo modello, legate alla patologia di base che ha portato alla IRC. Nel rene policistico autosomico dominante, per esempio, i reni sono di dimensioni notevoli (fino a 200-250 mm) e con superficie deformata da innumerevoli cisti di dimensioni diverse. Pazienti con nefropatia diabetica o amiloidosi e sindrome nefrosica hanno spesso reni di dimensioni sensibilmente aumentate, pallidi ed edematosi (il cosiddetto “grosso rene bianco”), nonostante il grado avanzato di IRC. Caratteristica comune di tutte le forme di IRC è la fibrosi o sclerosi rappresentata nelle varie strutture del rene. La deposizione di tessuto amorfo PAS-positivo e intensamente colorato in verde alla tricromica di Masson è indicativa di una lesione pregressa che ha determinato la sostituzione definitiva delle strutture glomerulari o tubulo-interstiziali con collagene tipo IV e altre proteine di matrice. I glomeruli sclerotici mantengono il profilo originale, ma le strutture vascolari sono sostituite da tessuto connettivale più o meno omogeneo con scarsa cellularità di tipo fibroblastico. Nell’interstizio sono presenti tralci fibrosi con compressione e occlusione dei tubuli, il cui lume diviene spesso virtuale od obliterato da materiale proteico. Una quota di infiltrato linfomonocitario è quasi sempre presente, in 6/9/10 1:34:36 PM Capitolo 39 - INSUFFICIENZA RENALE progressiva diminuzione in funzione della durata del processo. Cisti intraparenchimali o esofitiche di dimensioni variabili sono presenti in molti reni completamente fibrotici, come si osserva in pazienti emodializzati da anni. Manifestazioni cliniche e stadiazione L’IRC è decisamente silente sul piano clinico per anni prima del raggiungimento di una soglia di non tollerabilità da parte dell’organismo. Non è infrequente che il paziente scopra un quadro di IRC avanzato attraverso analisi di laboratorio di routine o eseguite per altri motivi. Ovviamente comorbilità come lo scompenso cardiaco o l’insufficienza ventricolare sinistra abbassano la soglia di tollerabilità alla ritenzione di liquidi o all’anemia, anticipando la necessità di interventi medici o di terapia sostitutiva. La stadiazione K/DOQI (si veda Tab. 39.5) ha rapidamente preso il sopravvento sulle classificazioni tradizionali in IRC di grado lieve, moderato, avanzato e uremia, che in linea di principio corrispondono agli stadi 2-5. Stadio 1 K/DOQI – Volume di filtrazione glomerulare > 90 mL/min/1,73 m2 s.c. Nello stadio 1 non vi sono manifestazioni cliniche ma solo una riduzione del VFG rilevabile attraverso misurazione delle clearance (creatinina, inulina-inutest, iohexolo, Cr51-EDTA) o analiti particolarmente sensibili come la cistatina C e la 2-microglobulina. In questo range di riduzione del volume di filtrazione glomerulare non si notano solitamente incrementi significativi della creatininemia e dell’azotemia, e quindi vi è una sensibile sottostima di questa quota della popolazione se il medico non ha familiarità con la determinazione del volume di filtrazione glomerulare e/o non dispone degli appropriati calcolatori (si veda Tab. 39.6). Questa “zona grigia” contiene la gran parte degli anziani e dei soggetti con perdita fisiologica del filtrato di 0,75 mL/min/anno a partire dai 40 anni. Vi è peraltro una percentuale imprecisata di soggetti con una dieta relativamente povera di proteine animali, ipertesi con iniziale nefroangiosclerosi e nefropatici “criptici”. Iniziative di screening di popolazione come la “Giornata Mondiale del Rene” sono finalizzate a riconoscere nefropatie a basso grado di attività e identificare possibili obiettivi terapeutici rivolti a rallentare la progressione del danno renale. Bisogna altresì prestare attenzione a incrementi isolati dell’azotemia, presenti in alcuni soggetti indipendentemente da alterazioni del volume di filtrazione glomerulare, motivo di frequente richiesta di visita specialistica nefrologica. Si tratta molto spesso di blande forme di disidratazione, spesso legate alla prescrizione di diuretici come antipertensivi. In alternativa, iperazotemie isolate conseguono alla terapia cortisonica, all’assunzione di diete energetiche/iperproteiche in sportivi, a condizioni di catabolismo muscolare (intenso esercizio fisico, digiuno, defedamento, cachessia), al riassorbimento enterico di emorragie gastroduodenali. Stadio 2 K/DOQI – Volume di filtrazione glomerulare 60-89 mL/min/1,73 m2 s.c. A partire dallo stadio 2 il paziente nota una discreta poliuria, con emissione di urine “pallide” e nicturia. Le urine C0195.indd 869 869 non vengono concentrate di molto rispetto all’osmolalità plasmatica attuale (circa 295 mOsm/kg H20), un fenomeno denominato in passato “isostenuria”. Ciò riflette un primo e importante difetto funzionale renale, la perdita del potere di concentrazione urinaria. Studi più accurati dimostrano anche una precoce compromissione del potere di acidificazione urinaria, con ridotta escrezione di acidità titolabile. Il compenso respiratorio e l’ampia disponibilità di sistemi tampone prevengono comunque la comparsa di acidosi metabolica. In assenza di altre manifestazioni della nefropatia causale, oltre a una discreta astenia è difficile cogliere altri sintomi. Un possibile iniziale incremento della pressione arteriosa è del tutto indistinguibile dall’ipertensione essenziale, a meno che non coesistano alterazioni dell’esame delle urine compatibili con una nefropatia glomerulare o tubulo-interstiziale. Stadio 3 K/DOQI – Volume di filtrazione glomerulare 30-59 mL/min/1,73 m2 s.c. Nello stadio 3 è invece evidente un incremento dell’azotemia proporzionato alla creatininemia (rapporto BUN/ creatininemia < 20), con iniziali alterazioni elettrolitiche legate prevalentemente all’incongruità della dieta (iperkaliemia se eccesso di frutta e verdura, iperfosforemia se dieta ricca di proteine di origine animale). Compare in questa fase una discreta anemia normocromica normocitica, che può apparire viceversa ipocromica con riduzione dell’MCV se è presente una carenza marziale e/o di folati. L’anemia è probabilmente responsabile della vaga astenia lamentata da questi soggetti. Modeste alterazioni dell’equilibrio acido-base sono in genere completamente neutralizzate dal compenso respiratorio, a meno che il paziente non presenti contemporanei problemi metabolici (diabete mellito, in cui l’acidosi si associa a una spiccata tendenza all’iperkaliemia, soprattutto in corso di terapia renoprotettiva con farmaci antiangiotensinici) o insufficienza respiratoria. Stadio 4 K/DOQI – Volume di filtrazione glomerulare 15-29 mL/min/1,73 m2 s.c. A questo livello il paziente presenta disordini di vari apparati, con iperazotemia che diviene evidente e spesso sintomatica. Astenia intensa, anoressia, calo ponderale, iniziali segni di malnutrizione possono occasionalmente associarsi a nausea e vomito. Livelli elevati di azotemia per inadeguata aderenza alle prescrizioni dietetiche favoriscono questi fenomeni e danno luogo ad alito urinoso. La notevole capacità di adattamento dell’organismo tende a limitare la gravità dei fenomeni clinici soprattutto in condizioni di riposo, anche se vi è una notevole “usura” di vari apparati, manifestata da insufficienza respiratoria e scadimento della performance muscolare. Vengono ora descritti i principali segni e sintomi della IRC ingravescente, suddivisi per apparati. 6 Apparato muscolo-scheletrico Astenia, facile affaticabilità muscolare, atrofia di alcuni gruppi muscolari, calo ponderale. Alterata velocità di conduzione neuromuscolare. Ridotta performance aerobica e anaerobica. Dolori muscolari, scheletrici e articolari. Rarefazione del tono calcico scheletrico per osteodistrofia uremica (Tab. 39.7), erosioni subperiostali di entità variabile alle ossa lunghe 6/9/10 1:34:36 PM 870 Parte 6 - MALATTIE DEL RENE E DELLE VIE URINARIE Tabella 39.7 Principali forme di osteodistrofia uremica Osteite fibrosa-cistica (turnover osseo aumentato per iperparatiroidismo secondario) Osso adinamico (turnover osseo ridotto per eccessiva soppressione delle paratiroidi in pazienti dializzati) Osteomalacia (turnover osseo ridotto, aumento della matrice osteoide non mineralizzata per prolungata somministrazione di antiacidi/chelanti P a base di alluminio e magnesio) Osteodistrofia mista (combinazione quadri, atrofia midollare) di broncostenosi. Nelle fasi più avanzate comparsa di versamento pleurico più evidente a sinistra, spesso associato a rantoli subcrepitanti per congestione alveolare. Insufficienza respiratoria con severa desaturazione della Hb (SaO2 < 90%) (si veda oltre, Apparato cardiocircolatorio). Il quadro di deficit del trasporto periferico di O2 è aggravato dalla concomitante anemia. Apparato cardiocircolatorio Ipertensione arteriosa “da Sistema nervoso Irritabilità, confusione, scadimento delle funzioni cognitive, insonnia o sonnolenza. Senso di freddo (in parte legato all’anemia). Nei casi più avanzati irritabilità, agitazione, confabulazione, stato confusionale, allucinazioni. Possibile progressione verso il coma uremico. Neuropatia periferica sensitivo-motoria con alterata velocità di conduzione neuromuscolare. volume” nell’80-90% dei casi di IRC avanzata, per espansione del volume circolante con sovraccarico del circolo. Ipertrofia ventricolare sinistra con ispessimento del setto e deviazione assiale. Successivamente disfunzione diastolica, scompenso cardiaco per insufficienza ventricolare sinistra. Congestione del piccolo circolo con “polmone umido” fino all’edema polmonare acuto (Rx, congestione ilare, opacità polmonari “a fiocchi” rapidamente confluenti fino alla velatura totale), versamento pleurico bilaterale. Ombra cardiaca allargata con occasionale aspetto “a fi asco” per versamento pericardico, solitamente emorragico e con raccolta di fibrina. All’auscultazione, sfregamenti pericardici, occasionalmente toni parafonici per notevole accumulo di trasudato/essudato pericardico. In caso di tamponamento pericardico, intensa dispnea con desaturazione Hb, “polso paradosso” (caduta della pressione arteriosa in fase inspiratoria > 10 mmHg). Accentuata aterosclerosi (sindrome MIA) con calcificazioni vascolari aortiche e periferiche più evidenti in relazione all’iperfosforemia e alla durata dell’IRC e/o terapia sostitutiva. Calcificazioni coronariche e dell’anulus valvolare, aritmie (BEV, segni elettrocardiografici di iperkaliemia con onde T appuntite, deformazione del segmento ST, allargamento del complesso QRS fino alla fi brillazione ventricolare; se ipocalcemia, allungamento del QTc). Sistema gastroenterico Apparato genitale e riproduttivo Riduzione della libido, evidenziabili mediante Rx con pellicole ad alta risoluzione. Nell’uremico ed emodializzato da anni non sono rari collassi vertebrali e fratture patologiche. Cute e tegumenti Pallore, colorito caratteristico, legato alla combinazione dell’anemia e della deposizione di pigmenti nel sottocutaneo. Comparsa di lesioni da grattamento nei soggetti con prurito, piccole emorragie capillari, distrofie ungueali. Nei casi più avanzati e in corso di uremia, “brina uremica”, una patina di cristalli di urea residuo dell’evaporazione del sudore (fenomeno oggi rarissimo, dato il generale tempestivo inizio della emodialisi). Anoressia, nausea, alterazioni del gusto con sapori sgradevoli o “metallici”. Acidità, pirosi gastrica, dispepsia, gastrite uremica. Nei casi più avanzati vomito (tentativo di eliminazione di H+), grave scadimento nutrizionale con ipoalbuminemia e sindrome MIA (malnutrizione, infiammazione, aterosclerosi). Enterite o colite su base uremica. Sistema emopoietico Anemia progressivamente ingravescente fino alla necessità di trasfusioni, inizialmente su base carenziale (sideropenica per ridotto apporto alimentare o gastrite atrofica; deficit assorbimento/aumentato fabbisogno di folina, vitamina B12) e, successivamente, per una ridotta produzione di eritropoietina; piastrinopenia o piastrinopatia, con tendenza al sanguinamento. Occasionalmente leucopenia, con aumentata suscettibilità alle infezioni opportunistiche. Aumento della VES, fibrinogenemia e marker infiammatori (PCR ultrasensibile, ferritina, 2-globuline) impotenza, relativa infertilità, perdita di alcuni caratteri sessuali secondari. Nonostante tutto, pazienti con buon compenso metabolico o perfino in emodialisi possono portare a compimento una gravidanza. Equilibrio idroelettrolitico e acido-base Dominano di gran lunga iperkaliemia (con correlati elettrocardiografici e gravi aritmie conseguenti) e iperfosforemia, largamente legate alla mancata aderenza alla dieta e, nel caso del K+, alla frequente prescrizione di antipertensivi antiangiotensinici. Caratteristica di questo stadio è un’acidosi metabolica da difetto di produzione e consumo di HCO3−, tipicamente compensata a livello respiratorio con riduzione della CO2. In genere si tratta di una forma ipercloremica (Cl− 110-115 mEq/L) con gap anionico normale o solo moderatamente aumentato (10-15 mEq/L). L’acidosi riflette anche, almeno in parte, l’espansione di volume con diluizione dell’ HCO3−, la cui concentrazione tende a riequilibrarsi in corso di terapia diuretica o dopo emodialisi con rimozione di volume. Apparato respiratorio Iperventilazione (20-30 cicli al minuto) con respiro inizialmente “profondo”, quindi sempre più superficiale e polipnea fino al respiro periodico. Dispnea in assenza di altri segni fisici nel “polmone uremico”, caratterizzato da Rx con opacità “a vetro smerigliato” diffusa su tutto l’ambito polmonare (interstiziopatia uremica con normale ventilazione alveolare). Sibili, gemiti, reperti obiettivi C0195.indd 870 Stadio 5 K/DOQI – Volume di filtrazione glomerulare < 15 mL/min/1,73 m2 s.c. o terapia sostitutiva (HD, DP) In questa fase il paziente entra nella condizione variamente denominata uremia, IRC terminale o End-Stage Renal Disease (ESRD) della letteratura anglosassone. È 6/9/10 1:34:36 PM Capitolo 39 - INSUFFICIENZA RENALE spesso gravemente sintomatico, anche se la resistenza di alcuni soggetti con diuresi conservata allo stato uremico è sorprendente. Non è infrequente osservare pazienti in condizioni cliniche accettabili con livelli di BUN dell’ordine di 100-125 mg/dL o creatininemia di 10-15 mg/dL. Chi scrive ha osservato più volte soggetti provenienti da Paesi dove non è disponibile emodialisi con creatininemia fino a 35 mg/dL e acidosi metaboliche “estreme”, con HCO3− < 5 mmol/L. La necessità di iniziare con una certa urgenza la terapia sostitutiva è determinata dalla presenza di almeno uno degli indicatori di rischio elencati nella tabella 39.8, più che da valori assoluti di azotemia, creatininemia o dalla riduzione del volume di filtrazione glomerulare al di sotto di 0,1 mL/min/kg p.c., come da alcuni raccomandato. Questo anche a causa dell’inaccuratezza del calcolo della clearance della creatinina a questi livelli di danno renale, con abbassamento della creatininemia per secrezione tubulare (che sovrastima i livelli di creatininuria rispetto a quanto effettivamente eliminato per filtrazione glomerulare) o nel lume intestinale. È raramente necessario eseguire un’emodialisi in emergenza per un paziente con IRC: praticamente solo in caso di edema polmonare refrattario ai diuretici e/o iperkaliemia non controllabile con NaHCO3, Ca gluconato o insulina e.v. È più importante e clinicamente più impegnativa la decisione sul confezionamento di un accesso vascolare o peritoneale, in previsione dell’inizio della terapia sostitutiva. Le linee guida attuali consigliano un approccio relativamente precoce, quando il volume di filtrazione glomerulare è intorno a 10 mL/min/1,73 m2, in considerazione del tempo tecnico necessario alla maturazione di una fistola arterovenosa cutanea sec. Cimino-Brescia, o del vantaggio di avere ancora una diuresi conservata in termini di controllo del volume circolante. Il volume di filtrazione glomerulare residuo è anche prezioso per migliorare l’efficienza depurativa in un soggetto in dialisi peritoneale. Non va dimenticato che, come già detto, la progressione finale della IRC tende spesso a un’accelerazione, con rapidissima transizione dallo stadio 3-4 allo stadio 5. Il preventivo confezionamento di un accesso vascolare consente di affrontare con relativa tranquillità questo rischio, gestendo poi la decisione definitiva sull’inizio della emodialisi nel cosiddetto “ambulatorio della predialisi”. Tabella 39.8 Sindrome uremica Indicazioni di urgenza alla dialisi per criticità del quadro clinico (paziente a rischio di morte se non sottoposto a terapia sostitutiva) 1. Iperazotemia sintomatica (nausea, vomito, anoressia) 2. Grave acidosi metabolica (HCO3− plasmatico < 15 mmol/L) 3. Scompenso cardiaco congestizio in paziente oligoanurico (edema polmonare acuto) 4. Versamento pericardico → tamponamento pericardico 5. Iperkaliemia non controllabile farmacologicamente (K+ sierico > 7 mmol/L) 6. Manifestazioni neurologiche (stato confusionale, agitazione, coma) C0195.indd 871 871 Diagnosi La diagnosi di IRC è strettamente legata a quella della malattia causale. Mentre tecnicamente è basata sulla conferma a intervalli ravvicinati di aumenti di azotemia, creatininemia e parallela riduzione della clearance della creatinina, associati a riduzione morfovolumetrica dei reni, il followup può essere basato sul semplice calcolo della clearance secondo una delle formule note (si veda Tab. 39.6), ovvero sul calcolo del reciproco della creatininemia (1/Screat). Questo dato consente una tabulazione della perdita di funzione renale in funzione del tempo; un grafico di questo tipo può essere usato per una previsione del periodo in cui sarà necessario iniziare l’emodialisi. Date le già discusse irregolarità nella progressione dell’IRC, questo strumento è da considerare solo indicativo. È proprio la formulazione di una diagnosi della patologia di base che fornisce le indicazioni più attendibili sulla “prognosi renale” del paziente con IRC. Da questo gruppo di soggetti deve essere scorporata con attenzione la quota di pazienti semplicemente anziani, con una funzione renale severamente compromessa, ma comunque sufficiente all’adeguata depurazione di un organismo con modeste esigenze metaboliche. Terapia La terapia della IRC può per convenienza essere suddivisa in terapia conservativa e terapia sostitutiva. Mentre la prima fa riferimento a tutto l’arco di tempo in cui l’IRC viene tenuta sotto controllo con dieta, modificazioni dello stile di vita e farmaci, la seconda comprende emodialisi, dialisi peritoneale e trapianto. La terapia conservativa fa riferimento allo sforzo di rallentare la progressione della malattia renale, mantenendo il più possibile integro il fisico del paziente. È basata principalmente su una dieta ipoproteicaipofosforica con 0,6-0,8 mg/kg di proteine nobili prevalentemente di origine animale, moderatamente iposodica e ipercalorica. Dalla dieta vanno esclusi soprattutto alimenti vegetali a elevato contenuto di K+ e fosfati. A essa viene affiancata una serie di farmaci rivolti al controllo della pressione arteriosa e della proteinuria, generalmente un ACE-inibitore e/o un sartanico associati a un diuretico dell’ansa. Il dosaggio del diuretico è legato all’effettiva ritenzione di liquidi e al grado della IRC, mentre altri ipertensivi (-bloccanti, calcio-antagonisti, clonidina, -litici) possono essere necessari al raggiungimento di un obiettivo pressorio molto stringente, 130/80 mmHg o 120/70 mmHg nel paziente diabetico o con proteinuria > 1 g/die, secondo le linee-guida WHO e JNC-7 dell’NIH. Un altro cardine della terapia è rappresentato dalla vitamina D3 (1,25-diidrossicolecalciferolo, paracalcitolo) in associazione a calcio gluconato o carbonato ed eventualmente a calcio-mimetici (cinacalcet), per il controllo dell’iperparatiroidismo. In anni recenti è stata introdotta nella terapia conservativa anche l’eritropoietina umana ricombinante (, , , 6 6/9/10 1:34:36 PM 872 Parte 6 - MALATTIE DEL RENE E DELLE VIE URINARIE darbepoetina, recentemente pegilato), tipicamente associata a supplementi marziali e di vitamine B6 e B12. Infine diversi altri farmaci vengono di volta in volta associati per controllare problemi clinici come l’iperuricemia (allopurinolo), il prurito (antistaminici), l’acidosi metabolica (NaHCO3), l’iperfosforemia (chelanti dei fosfati: calcio carbonato, carbonato di lantanio, idrossido di Al/Mg, sevelamer), l’iperkaliemia (chelante del K+: kayexalate) ecc. A questa complessa farmacopea si deve sempre più spesso associare la terapia sostitutiva, nelle tre forme classiche dell’emodialisi, dialisi peritoneale e trapianto renale. Non è infrequente l’applicazione sequenziale, con il trapianto da donatore cadavere che generalmente viene eseguito dopo alcuni mesi o anni di emodialisi o dialisi peritoneale. Il trapianto da vivente viene invece eseguito quando possibile con modalità preemptive (predialisi), impiegando un donatore consanguineo (fratello/sorella, genitore, figlio), un parente non consanguineo (coniuge) o non correlato, purché con un’accettabile profilo di compatibilità del gruppo sanguigno e dei maggiori antigeni HLA-DR. Emodialisi L’emodialisi ha rivoluzionato negli anni SessantaSettanta il trattamento di una sindrome altrimenti mortale, consentendo sopravvivenze anche di diversi decenni in condizioni fisiche accettabili. Nella sua forma più comune, l’emodialisi viene praticata con frequenza trisettimanale per circa 4 ore impiegando, per il prelievo e il ritorno del sangue depurato, due aghi di 15 G (o un unico ago bilume) impiantati prossimalmente alla fistola arterovenosa in direzione inversa. Una pompa peristaltica alimenta, con un flusso di 200-300 mL/min di sangue prelevato dal paziente e anticoagulato con eparina sodica o a basso PM, un filtro sigillato monouso a fibre cave di una membrana sintetica semipermeabile (poliacrilonitrile, cuprophan o polisulfone). Il sangue circola all’interno delle fibre cave con un diametro interno di 200 , a loro volta immerse in un bagno di dialisato che scorre in direzione opposta (controcorrente). Attraverso la membrana sintetica semipermeabile si svolgono scambi osmotici con cessione di urea, K+ e soluti mediomolecolari al dialisato, e viceversa trasferimento al sangue di HCO3− e Ca2+, tra i numerosi altri elementi regolabili dall’emodialisi. Il sangue così depurato viene poi restituito al paziente dopo degassificazione e rimozione di eventuali coaguli e materiale in sospensione. La tecnica consente un’agevole regolazione del volume circolante, associando se necessario una quota di ultrafiltrazione di liquido in eccesso mediante applicazione di un gradiente pressorio transmembrana (pressione del versante ematico > pressione del dialisato), ovvero la prediluizione del sangue con soluzione salina con maggiore rimozione per ultrafiltrazione attraverso membrane per emodiafiltrazione o emodialisi online. Un sistema di controllo computerizzato garantisce la stabilità C0195.indd 872 della pressione arteriosa e del volume circolante, e la perdita programmata di liquidi in base al peso preimpostato del paziente (posizionato su un letto o poltrona-bilancia) a fine emodialisi. Una buona parte della terapia conservativa della IRC viene associata alla seduta emodialitica (per esempio, vitamina D3, eritropoietina), risultandone una migliore compliance farmacologica e praticità per il paziente. Dialisi peritoneale La dialisi peritoneale è invece una modalità depurativa più fisiologica, impiegando la membrana peritoneale stessa del paziente come tramite per gli scambi osmotici. Il processo si svolge attraverso l’introduzione del liquido di dialisi (tipicamente 1000-2000 mL per seduta) attraverso un catetere peritoneale permanente con raccordi sterili (catetere di Tenckhoff). Gli scambi variano per volume e durata secondo modalità manuali (carico e scarico per gravità, semplicemente sollevando o abbassando la sacca opportunamente raccordata), oppure mediante una pompa-riscaldatore-bilancia controllata da un microprocessore (dialisi peritoneale automatizzata). Per convenienza i cicli di scambio possono avvenire nelle ore di riposo o notturne, garantendo al paziente una maggiore libertà e riabilitazione lavorativa e sociale. La minore popolarità della dialisi peritoneale rispetto all’emodialisi è probabilmente legata a una minore efficacia nella regolazione rapida dei volumi (ottenuta per ultrafiltrazione con soluzioni ad alto contenuto di glucosio o icodestrine osmoticamente attive) e alla necessità di una partecipazione attiva del paziente, non sempre possibile in soggetti anziani o defedati. Il rischio relativo all’infezione del peritoneo e alla conseguente perdita di funzionalità della membrana è alquanto modesto se rapportato alla durata negli anni della procedura e ai suoi indiscutibili vantaggi. Trapianto renale Il trapianto renale si è affermato in circa 60 anni dai primi interventi sull’uomo (Huffnagell, Landsteiner e Hume, 1946; Murray, 1954) come la più efficace modalità di terapia sostitutiva, con mediane di sopravvivenza di 17 anni per un rene da cadavere e oltre 25 anni per il rene da vivente. Di regola il trapianto viene effettuato posizionando l’organo nella fossa iliaca destra, suturando arteria e vena renali ai vasi iliaci e reimpiantando l’uretere in vescica con una plastica antireflusso. La pratica del doppio trapianto da donatori marginali (anziani o con funzione renale subottimale) o il secondo o successivo trapianto dopo un primo rigettato o funzionalmente esaurito si avvale della sede controlaterale o altri spazi accessori. I reni nativi vengono solitamente conservati. Le problematiche relative al trapianto sono legate al sempre più raro rigetto acuto, alla più frequente nefropatia cronica da trapianto (IRC a progressione indolente con proteinuria), alla recidiva della nefropatia 6/9/10 1:34:36 PM Capitolo 39 - INSUFFICIENZA RENALE iniziale, alle infezioni virali (cytomegalovirus, BK, parvovirus B19). Di fatto i continui progressi nella terapia immunosoppressiva consentono un sempre maggiore controllo degli episodi di rigetto acuto, migliorando continuamente la compliance e riducendo gli effetti collaterali. La qualità di vita garantita da un trapianto preemptive da vivente consanguineo e la 873 riduzione della mortalità cardiovascolare evitando la emodialisi ne fanno oggi lo standard di riferimento nella terapia sostitutiva renale. Purtroppo la carenza di donazioni costituisce un limite all’estensione della pratica trapiantologica, mantenendo liste di attesa pluriennali per molti dei pazienti prevalenti in emodialisi. Bibliografia Bailey JL, Mitch WE. Pathophysiology of uremia. In: Brenner BM. Brenner & Rector’s The Kidney. 6th ed. Philadelphia: WB Saunders Co; 2002. Brady HR, Brenner BM, Clarkson MR et al. Acute renal failure. In: Brenner BM. Brenner & Rector’s The Kidney. 6th ed. Philadelphia: WB Saunders Co; 2002. Brady HR, Brenner BM. Acute renal failure. 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