L’eccellenza vinicola della bergamasca: il Moscato di Scanzo Chiara Possenti Casse: 5°E Istituto di Istruzione Superiore Gaetano Cantoni Anno scolastico: 2013/2014 1 Indice • Introduzione • Storia p.3 p.4 1.1 ORIGINI DEL NOME 1.2 PRIME COMPARSE DEL MOSCATI DI SCANZO 1.3 DENOMINAZIONE D’ORIGINE • Agronomia 2.1 I PORTINNESTI p.7 2.2 LE FORME DI ALLEVAMENTO E LE POTATURE 2.3 VENDEMMIA • Biologia • Chimica p.13 p.23 4.1 APPASSIMENTO 4.2 FERMENTAZIONI E TRAVASI 4.3 VALORITALIA 4.4 IMBOTTIGLIAMENTO 4.5 CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE 4.6 COME SI SERVE 4.7 ABBINAMENTI • Marketing 5.1 STRATEGIA INTERNA 5.2 STRATEGIA ESTERNA p.29 • Conclusione Bibliografia p.31 p.32 2 Introduzione Quest’anno, a scuola, abbiamo studiato la produzione del vino e come argomento mi ha interessato molto fin da subito. Inizialmente ero molto indecisa su cosa fare la tesina e quindi mio padre mi propose di fare la tesina da un suo amico che produce un vino molto particolare della bergamasca: il Moscato di Scanzo. Ci recammo all’Az. Agricola Biava ed iniziò così la mia collaborazione con il signor Biava. 3 Storia 1.1 ORIGINI DEL NOME Ci sono sempre stati dei dubbi sull’origine del termine Rosciate, infatti c’è chi lo attribuisce ai romani e chi hai celti. L’origine celtica, che è quella più probabile, è data da “ate” che vuol dire “villaggio” e da “ros” che significa “mazzo d’uva”. All’epoca veniva anche chiamata Rosate e in molti documenti è nominata “Roxiate”, questo perché si pensava che il Moscato di Scanzo fosse di origine orientale, “rox” significa “uva”, mentre “rax” “grappolo”. Il termine “rox” venne usato fino al XVI secolo trasformandosi poi in “ros”, quindi Rosate, successivamente, per rendere il suono più dolce, Rosciate, letteralmente “villaggio d’uva”. In molti documenti fino al XVIII secolo Rosciate è scritto “Roxiate”. L’origine romana è data dalla famiglia Scanzius, a cui apparteneva un capo centurione di una delle 7 legioni di Cesare (vino di Cesare). 1.2 PRIME COMPARSE DEL MOSCATI DI SCANZO Il Moscato di Scanzo inizialmente veniva chiamato Moscadello, perché gli stessi coltivatori erano in dubbio se si trattasse di Moscato, che è bianco, o di un altro tipo di vino. A partire dal 1347 Alberico da Rosciate parla di zone vinicole ma senza riferirsi direttamente al Moscato di Scanzo dicendo che lasciò a Jonolo da Priatini grandi quantità di vino. Se ne parla ancora nel 1398, quando Donato Calvi raccontò nelle sue Effemeridi di quando i Guelfi di Scanzo si scontrarono con i Ghibellini di Rosciate per impossessarsi di 42 carri di Moscadello. La tradizione lo fa però risalire al 1000 a.C. quando un ricco commerciante felsineo, Ateste, in fuga da Troia, conquistò la popolazione dei Celti Boi tramite doni, fra cui vino e salumi. Alla fine del 1700 compare per la prima volta il termine Moscato da parte di ricercatori bergamaschi, fra cui Marco Tomini Foresti in “Principi fisici e chimici 4 dell’agricoltura” (Bergamo, Dalla Stamperia Antoine, 1792) che lo definisce “Moscato nero dolce”. Giacomo Quarenghi, architetto bergamasco, nel 1772 su richiesta di Caterina di Russia si reca a San Pietroburgo portando con se delle bottiglie di Moscato di Scanzo coltivate a Rosciate da lui stesso. Grazie a questo l’Inghilterra conobbe il Moscato di Scanzo che fu quotato nel 1850 alla borsa di Londra per 50 ghinee (è la prima moneta britannica d’oro ad essere coniata meccanicamente nel 1663, che corrisponde a 71 euro circa) a bottiglia. Alla fine del 1800 si pensò che il Moscato di Scanzo era scomparso, ma non fu così. 1.3 DENOMINAZIONE D’ORIGINE Dopo la Seconda guerra mondiale quasi sparisce, ne rimangono solo un centinaio circa. Fino a quando, ad un certo punto, il presidente della biblioteca di Scanzo, Corrado Fumagalli, con una delibera del 18 febbraio del 1982 decide di fondare un’associazione con lo scopo di salvare il vitigno. Riunisce tutti i viticoltori, che all’epoca erano 70 (ora solo 20), dei quali 18 aderiscono a sottoscrivere con atto notarile l’Associazione Produttori Moscato di Scanzo, rilanciando così il Moscato di Scanzo. Si intensifica la coltivazione della vite e l’estensione dei vigneti grazie all’avvento di investitori al di fuori di 1 Stemma Moscato di Scanzo Scanzo, che si aggregano agli scanzesi, che portarono capitali che investirono nel Moscato di Scanzo. In dieci anni dalla fondazione dell’Associazione Produttori Moscato di Scanzo la produzione iniziale di poche centinaia di bottiglie sale a una produzione di circa 30000 bottiglie (oggi sono 60000) l’anno da qui nasce la richiesta della 5 Denominazione di Origine Controllata (DOC) da parte dell’Associazione Produttori Moscato di Scanzo. Tale richiesta sarebbe stata respinta se il presidente della Valcalepio non avesse proposto di inserire la denominazione come Valcalepio come sottozona. Ottenuta la denominazione l’Associazione Produttori Moscato di Scanzo si trasforma in consorzio nel dicembre 1993. Il consorzio una volta costituitosi inizia la pratica di riconoscimento DOC autonoma. La DOC viene riconosciuta nel 2002 in tal modo il Moscato di Scanzo si separa dal Valcalepio divenendo denominazione autonoma Moscato di Scanzo DOC. Il consorzio, considerata la particolarità del prodotto e la continua espansione della produzione, dà inizio alla pratica di riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata Garantita (DOCG). Nel febbraio del 2009 la federazione ministeriale inviata appositamente a Bergamo per un’indagine definitiva esprime il proprio parere favorevole alla nuova denominazione da qui l’emanazione del decreto ministeriale e riconoscimento della DOCG. Il Moscato di Scanzo è la più piccola denominazione d’Italia che raggiungeva i massimi riconoscimenti previsti per legge, intanto la produzione saliva a circa 65000 bottiglie l’anno. 6 Agronomia Per produrre Il Moscato di Scanzo si usa un vitigno omonimo, molto vigoroso, impiega molti anni a svilupparsi a causa del tipo di terreno e ha dei grappoli molto magri chiamati Spargoli. 2 Grappolo Spargolo (Az. Agricola Biava). 7 2.1 I PORTINNESTI Kober 5BB si adatta a terreni calcarei e siccitosi, radica molto facilmente e teme la siccità dei terreni sciolti. Resiste fino al 20-22% di calcare attivo. Era molto utilizzato per le pergole ma ora è stato abbandonato per l’eccessiva vigoria. Diffusione: E' il portinnesto maggiormente diffuso ed utilizzato. Origine: Incrocio Berlandieri x Riparia. Kober 125 AA Costituito da Kober, viene utilizzato soprattutto nella valle del Reno. Presenta una limitata resistenza al calcare attivo, alla compattezza e alla siccità. Piuttosto vigoroso, è soggetto alle carenze di magnesio. Nei primi anni bisogna eseguire potature energiche per mantenere la piante a una altezza di 20 cm per favorirne lo sviluppo radicale. Il vitigno incomincia a produrre uva intorno al 4° anno, ma l’uva usata per il passito è quella prodotta al 6°-7° anno d’età. 2.2 LE FORME DI ALLEVAMENTO E LE POTATURE Le forme di allevamento utilizzate sono due: 8 • Pergola bergamasca: è quella prevista dal disciplinare di produzione Moscato di Scanzo. È preferita in collina, era molto più diffusa in passato. È diffusa nei terreni pedocollinari: è una pergola doppia, con due ali con 3-4 tralci di 10-12 gemme; garantisce produzioni elevate. Migliora l’esposizione alla luce. 3 Pergola bergamasca (vitigno dell'Az. Agricola Biava) • Guyot : ai giorni nostri è la forma di allevamento più diffusa in Italia, utilizzata sia in pianura che in collina, dove è preferita. Si esegue una potatura a tralcio rinnovato e la vegetazione nuova è sostenuta da fili rampicanti. Per vitigni altamente produttivi. Può essere distinta in tre fasi: -passato: tralci lasciati l’anno prima sulla pianta; 9 -presente: è la parte di vegetazione sulla quale si dovrà effettuare la potatura; -futuro: tralci che si scelgono di lasciare per l’anno successivo. Si tende ad eliminare tutta la vegetazione ad accezione di un capo a frutto (tralcio vecchio di un anno) e uno sperone (tralcio di ridotte dimensioni con due o tre gemme). 4 Guyot semplice In entrambi i casi si esegue una potatura che lascia almeno 4 gemme perché le prime 2-3 gemme del tralcio sono sterili e quindi produrrebbero solo foglie. Nella forma a Guyot, inoltre, viene eseguita una potatura secca in cui si lasciano sul tralcio almeno 7 gemme. In estate bisogna controllare la vegetazione intervenendo con una spollonatura, operazione che consiste nel rimuovere polloni infruttiferi con potature energiche e con la potatura verde. La potatura verde È necessaria per: -favorire la penetrazione della luce e quindi migliorare l’illuminazione; -favorire l’arieggiamento; -permettere il passaggio delle macchine. Questo tipo di potatura dipende dal ciclo annuale, quest’ultimo si divide in quattro fasi: Primo periodo il germogliamento è a spese delle sostanze di riserva; Secondo periodo le sostanze nutritive delle foglio vanno verso l’apice vegetativo che è in accrescimento; Terzo periodo diminuzione dell’accrescimento dell’apice vegetativo; Quarto periodo maturazione. Durante la potatura verde si esegue il diradamento dei grappoli eliminando il 2040% di questi. I tempi di intervento sono: -maggio: scacchiatura (si rimuovono i germogli ascellari); 10 -giugno: cimatura e legatura dei tralci; -preraccolta: operazioni per facilitare la vendemmia. Le potatrici possono essere semplici o doppie a seconda se lavorano su entrambi o su uno solo dei lati. In luglio si esegue il diradamento dei grappoli per eliminare quelli in eccesso e quelli inadatti all’appassimento (quelli compatti), facendo sì che i rimasti sulla pianta maturino meglio e quindi selezionando i grappoli migliori. In alcuni casi si esegue anche un defogliamento manuale in prossimità del grappolo per far arrivare luce e favorire la ventilazione dei grappoli, allo scopo di farli asciugare e renderli più liberi, evitando formazioni di muffa. 2.3 VENDEMMIA La vendemmia viene eseguita a fine settembre-metà ottobre, quando la concentrazione zuccherina ha superato il 22° babo. L’Azienda Agricola Biava le esegue esclusivamente in modo manuale, 5 Cassette in legno usate dall’Az. Agricola Biava (a sinistra) e disposizione nelle cassette dell'uva (sopra) avendo cura di eliminare gli acini rovinati e quelli non adatti all’appassimento. Le cassette usate per il trasporto dal vigneto alla sala di appassimento sono in legno o in plastica, con una portata massima di 1-1,5 kg. 11 Sass de lüna 6 Sass de Lüna È una formazione calcareo-marmosa grigio-azzurra. È una roccia particolare perché quando viene a contatto con gli agenti atmosferici si sgretola, se invece rimane coperta dalla terra è dura e resistente. La sua presenza rende il terreno ricco di minerali ma povero d’acqua. Ciò rende difficile lo sviluppo delle radici nei primi anni di vita, costringendole, quindi, ad andare in profondità, con il risultato di rendere la pianta più resistente alla siccità e permettere una produzione di uva più aromatica e sana. Il nome Sass de Lüna deriva dalla fantasia dei cavatori bergamaschi: la chiamavano così perché di sera la luna si rifletteva su queste rocce, e che ne prendevano il colore. 12 Biologia L’Azienda Agricola Biava non utilizzata né diserbi chimici né concimazioni chimiche fogliari. Ogni 5-6 anni esegue una concimazione biologica con letame pellettato (stallatico). Utilizza lo zolfo contro l’oidio della vite e il rame contro la peronospora, mentre contro lo Scafhoideus Titanus, il vettore della flavescenza dorata della vite esegue due trattamenti obbligatori: il primo viene eseguito nelle prime fasi di sviluppo dell’insetto, il secondo in quelle di volo. Sono eseguiti anche trattamenti contro la Botrytis cinerea in prechiusura del grappolo, in modo che sia più sano al momento della vendemmia, però se questo trattamento viene eseguito in luglio il prodotto rimane all’interno del grappolo rendendo difficile la vinificazione. L’Azienda Agricola Biava utilizza soltanto prodotti di copertura (non penetrano all’interno della pianta) o citotropici (penetrano all’interno della pianta rimanendo attivi nei punti adiacenti al punto di applicazione) e non quelli sistemici (i loro principi attivi possono essere assorbiti dalle radici o dalle foglie per poi essere trasportati nel resto della pianta.) sia per etica e sia perché sono più pericolosi per l’uomo. OIDIO O MAL BIANCO DELLA VITE o Uncinula necator Divisione: Eumycota Sottodivisione: Ascomycotina Piante ospiti: Vite. Sintomi: Grappolo: patina biancastra e polverulenta sulla superficie dell’acino; l’epidermide perde elasticità con successive spaccature determinando altre fitopatie. 7 Grappolo, colpito da Oidio vite, ricoperto della classica patina biancastra 13 Foglie: macchie chiare sul lembo fogliare, su cui compare una patina bianco-grigiastra poco visibile; in alcuni casi esse subiscono delle deformazioni e vi si possono notare reticolature scure presso le nervature. 8 Foglie, colpite da Oidio, con macchie sul lembo fogliare ricoperte da patina biancastra Tralci: i tralci vengono attaccati nella fase erbacea, si manifestano lesioni necrotiche e a forma di ragnatela, che li rendono deboli e deformi. I germogli vengono colpiti nella fase di apertura delle gemme e risultano atrofici e deformi. 9 Tralcio, colpito da Oidio, con necrosi PERONOSPORA DELLA VITE o Plasmopara viticola Divisione: Eumycota Sottodivisione: Mastigomycotina Classe: Oomycetes Piante ospiti: Vite. Sintomi: Foglie: sono due: a macchia d’olio e a mosaico. Macchia d’olio tipica delle prime infezioni che avvengono con umidità elevata e temperatura media. Si evidenzia con chiazze tondeggianti giallastre; nella pagina inferiore in corrispondenza delle macchie d’olio compaiono rami micellari. Le macchie 14 possono determinare una caduta anticipata delle foglie. 10 Foglie, colpite da Peronospora, con sintomo a macchia d’olio Mosaico tipica delle foglie più vecchie, gli attacchi avvengono durante l’estate e si manifestano con macchie clorotiche che subito necrotizzano vicino alle nervature. Nella pagina inferiore in corrispondenza della macchia appaiono dei piccoli ciuffi di rami conidiofori. 11 Foglia, colpita da Peronospora, con sintomo a mosaico Grappolo: in prefioritura fino a fine fioritura, la parte terminale si incurva ad uncino e assume una colorazione brunastra; in presenza di umidità si ricopre di muffetta biancastra. 12 Grappolo, colpito da Peronospora, ad uncino e con muffa 15 Tralci: l’attacco avviene sui tralci giovani: si contorcono, a fine ciclo si ricoprono di muffetta biancastra; in fase di lignificazione l’attacco è meno evidente; ma si possono formare cancri e lesioni corticali. 13 Tralcio, colpito da Peronospora, con lesioni corticali 14 Scafhoideus Titanus FLAVESCENZA DORATA Phytoplasma Classe: Mollicutes Piante ospiti: Sintomi ed identificazione: Vite. Provocata da citoplasmi, è trasmessa dallo Scafhoideus Titanus. I primi sintomi si osservano a fine giugno dell’anno successivo a quello in cui è avvenuta l’infezione, con massima evidenza nei mesi successivi, fino alla fine d’autunno. Le piante colpite non hanno un germogliamento delle gemme e la vegetazione presenta delle variazioni cromatiche. Foglie: diventano coriacee e friabili al tatto, ingialliscono con riflessi dorati nei vigneti ad uva bianca e arrossamenti nei vigneti d’uva rossa. In prossimità delle nervature compaiono delle macchie 15 Foglie, colpite da Flavescenza, con riflessi rossi ed accartocciate clorotiche, con successiva necrosi. In alcune varietà le foglie si accartocciano e il gambo si ripiega verso il basso. 16 Tralci: presentano internodi corti, sono gommosi con portamento cadente; possono rimanere verdi o presentare lignificazioni irregolari. L’apice dei germogli può morire in estate e i tralci non lignificati in inverno seccano ed imbruniscono; alla loro base si possono formare delle pustole scure. 14 Tralcio, colpito da Flavescenza, con pustole Grappoli: il sintomo è variabile, può passare dall’appassimento al disseccamento degli acini e dall’aborto dei fiori al disseccamento delle infiorescenze. Nelle manifestazioni tardive o in vitigni poco sensibili si presentano acini completamente disidratati e raggrinziti. 15 Grappoli, colpito da Flavescenza, appassiti MUFFA GRIGIA O BOTRITE o Botrytis cinerea Divisione: Eumycota Sottodivisione: Ascomycotina Piante ospiti: Vite, fragola, Pomacee, Drupacee, colture ortive, floricole ed ornamentali. Sintomi ed identificazione: la Botrytis è un fungo parassita. Nella vita colpisce principalmente i grappoli, dove determina la maggior parte dei danni. La temperatura ideale per la sua formazione è sui 15-25°C con elevata umidità. Grappoli: gli acini vengono colpiti a inizio maturazione, grazie all’accumulo degli zuccheri che favorisce la germinazione e la penetrazione del fungo. Gli acini colpiti inscuriscono progressivamente a seconda dello stadio,successivamente marciscono facendo sì che si formi la classica muffa grigia. Se si arriva all’estate l’acino o l’intero grappolo tendono a trasformarsi in necrosi. 17 16 Grappolo, colpito da Botrite, ricoperto dalla classica muffa Foglie: gli attacchi sono poco frequenti e poco dannosi, si manifestano in primavera nei periodi di pioggia. Quando vengono attaccate manifestano delle necrosi rossastre in particolare ai bordi, successivamente si posso estendere su tutta la superficie della foglia. 17 Foglie, colpite da Botrite, con necrosi Tralci e germogli: sono poco frequenti, ma quando si manifesta colpisce nel periodo primaverile umido e piovoso. Sui germogli si hanno marciumi molli che successivamente necrotizzano e 18 Tralcio, colpito da Botrite, ricoperto da muffa disseccano. I tralci verdi si possono formare delle necrosi e degli imbrunimenti e spesso si formano gli organi di conservazione del fungo. 18 TIGNOLETTA DELLA VITE o Lobesia botrana Classe: insetti Ordine: Lepidotteri Famiglia: Tortricidi Piante ospiti: Vite, ribes, piante spontanee marginale della vite. Identificazione e danno: Farfalla: apertura alare di 10-12 mm, di colore grigio, giallo-brunastro. 19 Lobesia botrana adulta Larva: misura 9-10 mm, di colore bruno-nocciola con il capo scuro, successivamente verde-brunastre con capo più chiaro. 20 Larva di Lobesia Uova: forma a lente, di colore giallo-grigie, deposte sui bottoni fiorali e sulla superficie degli acini. 21 Uova di Lobesia botrana 19 Le larve di prima generazione attaccano i singoli bottoni fiorali su cui costruiscono dei nidi sericei, danno sopportabile perché non massiccio. Le larve di seconda e terza generazione, sono più pericolose, si nutrono dei grappoli svuotandoli. Gli acini attaccati imbruniscono ed avvizziscono. 22 Danni su grappolo da parte della Lobesia botrana e le sue conseguenze (a sinistra larva di Lobesia nell’acino; a destra grappolo con Botrite) Lotta: La lotta si effettua con tecniche di lotta guidata basata sul monitoraggio eseguita con tecniche di campionamento e trappole sessuali. 23 Trappola sessuale per la Lobesia Viene eseguita anche una lotta chimica con Clorpirifos e Piretroidi. 23 Prodotti chimici più utilizzati contro la Lobesia botrana 20 TIGNOLA DELLA VITE o Eupoecilia (Clysia) ambiguella Classe: insetti Ordine: Lepidotteri Famiglia: Cochilidi Piante ospiti: Vite. Identificazione e danno: Farfalla: di medie piccole dimensioni, 10-15 mm di apertura alare, di colore giallastro con una striscia trasversale bruna. 24 Adulto di Eupoecilia ambiguella Larva: inizialmente è molto chiara, successivamente è di un colore più intenso, violaceo, bruno-verdastro, capo nero, lunghe 10-12 mm. 25 Larva di Clysia Uova: forma a lente, bianco-giallastre, anneriscono prima della chiusura. 26 Uovo di Eupoecilia 21 Si verifica sia sui bottoni fiorali che sugli acini, i danni sono gli stessi della Lobesia botrana. 27 Danno su grappolo della Eupoecilia ambiguella Lotta: La lotta è la stessa della Lobesia botrana, ma la soglia di intervento viene stabilita tramite monitoraggio e campionamento. 28 Trappola sessuale per la Clysia 22 Chimica 4.1 APPASSIMENTO L’uva, prima di essere portata nella sala dell’appassimento, viene controllata eliminando quella danneggiata, ammuffita ed acerba. L’appassimento dura minimo 40 giorni fino ad un massimo di 60-70 giorni. L’uva durante l’appassimento viene posta su graticci in sale prive di atmosfera controllata, e in questa fase, grazie alla permeabilità della buccia, si disidrata e gli zuccheri aumentano fino ad arrivare al 30% p/p. 29 Sala di appassimento dell’Az. Agricola Biava 23 4.2 FERMENTAZIONI E TRAVASI Dopo l’appassimento l’uva viene diraspata e pigiata e le vengono aggiunti i lieviti selezionati, preparati qualche giorno prima, che si uniranno ai lieviti indigeni, ovvero quelli naturali presenti in azienda. A una parte di mosto, 4-5 giorni prima della fermentazione, si aggiunge la quantità complessiva di lieviti da usare sulla totalità del mosto in lavorazione, facendo sì che questi sviluppino un’intensa fermentazione e diano origine al piede di fermentazione, che una volta formatosi verrà travasato in una vasca coperta sopra la massa pigiata rimanente, in modo da velocizzare, accorciando i tempi, la fermentazione. Durante la fase di fermentazione i lieviti attaccano lo zucchero trasformandolo in alcol, calore e CO2. La temperatura viene mantenuta tra 15° e 25°C, grazie a vasche termiche in acciaio inox, perché a temperature superiori gli aromi evaporano e si avrebbe un odore di cotto, mentre a temperature inferiori l’attività dei lieviti si fermerebbe. 30 Tini in acciaio inox presenti nell’Az. Agricola Biava 24 La prima fermentazione avviene a contatto con le vinacce e dura 8 giorni circa; poi si eseguono una torchiatura e una pressatura e il mosto viene rimesso a rifermentare senza le vinacce. 31 Torchio dell’Az. Agricola Biava La seconda fermentazione dura 14 giorni circa, si raggiungono il 15% p/p di alcol con resa del 70% e un residuo zuccherino di 80-90 g/l. Successivamente si fa un primo travaso (con leggera ossigenazione) per eliminare le fecce da fondo vasca, e nel corso dei 2-3 anni di conservazione si faranno altri 3-4 travasi. Quando il prodotto è considerato limpido, si esegue spesso una chiarifica e poi il vino viene filtrato con un filtro a cartoni. 4.3 VALORITALIA Prima dell’imbottigliamento la camera di commercio Valoritalia preleva dalla cantina tre bottiglie per eseguire delle analisi e ottenere l’idoneità alla commercializzazione e all’imbottigliamento. 25 Dalla cantina vengono riempite tre bottiglie ognuna delle quali destinata a un’analisi differente: 1. Analisi di controllo per verificare che nel vino non siano stati aggiunti elementi indesiderati. 2. Analisi di controllo per verificare che il vino prodotto corrisponda al disciplinare di produzione Moscato di Scanzo. 3. Degustazione del vino per verificare che sia idoneo alla commercializzazione; se il vino non è idoneo può essere: - declassato da tavola - rividibile si ripresenta lo stesso campione dopo aver eseguito una correzione. 4.4 IMBOTTIGLIAMENTO Prima dell’imbottigliamento si esegue un’ulteriore filtrazione con filtri a minor porosità. Le bottiglie utilizzate, denominate “Futura”, sono di vetro scuro, alte e strette, di forma allungata, con capacità di 32 Moscato di Scanzo in bottiglie Futura 0,50 l. Per l’imbottigliamento viene usata un’imbottigliatrice manuale e come dispositivo di chiusura un tappo di sughero come previsto dal disciplinare. Prima della commercializzazione è necessario un periodo di affinamento di 6 mesi, in modo che il vino al momento della commercializzazione sia al massimo delle sue caratteristiche organolettiche. Una parte del vino viene lasciata in cantina per l’invecchiamento, l’Azienda Agricola Biava arriva anche a 30-40 anni, ed è l’unica che lo fa. 33 Etichetta del Moscato di Scanzo dell’Az. Biava 26 4.5 CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE COLORE : Il Moscato di Scanzo ha un colore rosso rubino più o meno intenso, che invecchiando tende al rosa cerasuolo con riflessi granati. 34 Gradazione colori dei vini PROFUMO : È molto complesso, ha un lieve sentore di prugna, marasca, sottobosco, Rosa canina e Salvia sclarea ed invecchiando sviluppa note terziarie come tabacco, cioccolato e incenso. 35 Salvia Sclarea e cioccolato GUSTO : Garbatamente dolce, morbido, vellutato ed estremamente equilibrato. Ricco di frutto rosso (sottobosco) e spezie, con un retrogusto finale di mandorla e una lunghissima persistenza al palato. 36 Mandorle e sottobosco 27 4.6 COME SI SERVE Per apprezzare al meglio il Moscato di Scanzo l’ideale sarebbe stappare la bottiglia qualche ora prima per favorirne l’ossigenazione; in seguito servirlo a temperatura ambiente e in grandi calici. 37 Bicchiere a calice grande 4.7 ABBINAMENTI Il Moscato di Scanzo è e rimane un grande vino da meditazione; può essere abbinato sia ai formaggi erborinati che alla pasticceria secca. Recentemente viene servito anche abbinato ad alcuni cioccolati neri. 38 formaggi erborinati, cioccolati neri e pasticceria secca 28 Marketing L’Azienda Agricola Biava, per far conoscere il suo prodotto al pubblico utilizza due tipi di strategia, una interna e una esterna. 5.1 STRATEGIA INTERNA L’azienda organizza delle serate a cui partecipano delle associazioni importanti, tra cui: AIS (Associazione Italiana Sommelier), SLOW FOOD, ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino), FISAR (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori). Talea strategia mira ad arrivare al pubblico tramite presentazioni e notizie pubblicate sulle riviste specializzate delle associazioni che partecipano alle serate. Inoltre vengono organizzate anche degustazioni, e visite alla cantina e alla vigna all’interno dell’azienda stessa, a cui partecipano anche le scuole interessate. 5.2 STRATEGIA ESTERNA L’Azienda Agricola Biava partecipa agli eventi e alle fiere più importanti come per esempio Vinitaly, Prowein, Bordeaux e Taste of Milano, ma anche alle 39 una serata di presentazione dell’Az. Biava degustazioni e alle serate con associazioni. PER FAR CONOSCE IL VINO A LIVELLO NAZIONALE: I vini vengono spediti a diverse associazioni, come Gambero Rosso, 2000 vini e Veronelli, che lo pubblicizzano attraverso serate e i rispettivi siti web. L’Azienda Agricola Biava possiede un proprio sito web (http://www.aziendabiava.it/) che pubblicizza tutti i vini prodotti in azienda e possiede anche uno spazio per le info; inoltre il Moscato di Scanzo è pubblicizzato anche dal consorzio (Consorzio per la tutela del Moscato 40 Serata di presentazione del vino dell’Az. Agricola Biava 29 di Scanzo) e sul sito dello stesso (http://www.consorziomoscatodiscanzo.it/). L’Azienda Agricola Biava vende i propri vini esclusivamente ai ristoranti più pregiati tra alcuni dei più importanti in Italia e in Europa, soprattutto quelli inglesi. 41 Manuele Biava al Salone del gusto e Terra Madre 2012 30 Conclusione Il Moscato di Scanzo è un vino molto particolare, tipico della bergamasca, ed è stato molto interessante seguire là il processo per il suo ottenimento. Non è stato molto difficile seguire le spiegazioni del signor Biava sui processi di lavorazione grazie al fatto che, a scuola, stavo studiando le lavorazioni per ottenere i vini in generale. 31 Bibliografia Storia: La mia fonte è stato direttamente il signor Corrado Fumagalli. Corrado Fumagalli , “Rosciate e le sue colline”, Bergamo, Il Prestigio, 1994. Agronomia e biologia: In parte la mia fonte è stato direttamente il signor Manuele Biava, proprietario dell’Az. Agricola Biava. Diego Compagnoni, “Moscato di Scanzo: il vitigno e le tecniche di coltivazione”, Dalmine (BG), Poligrafica S.R.L., 2013. M. Ferrari – E. Marcon - A. Menta, “Fitopatologia, entomologia agraria a biologia aplicata”, Vicenza, L.E.G.O. S.p.a., 2012. Chimica e marketing: La mia fonte è stato direttamente il signor Manuele Biava. 32