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Poi dice che uno si butta a destra. Motivazioni psicologiche dell’orientamento politico
conservatore.
di Giulietta De Santis
Cari avventori, il periodo non è dei più sereni per parlare di scelte politiche, ma lo studio che sto per
presentarvi ha dalla sua le buone qualità dell’equilibrio e della validazione scientifica
e, secondo me, fornisce degli spunti di riflessione non banali per comprendere i
motivi per cui ciascuno di noi è orientato politicamente in un certo modo e non in un
altro.
Il contributo è focalizzato sull’orientamento conservatore, ma può fornire utili spunti
anche alla comprensione dell’orientamento progressista se lo si intende come
parziale contraltare al primo.
Jost , Glaser e Kruglanski nel 2003 pubblicarono un articolo su Psychological
Science dal titolo “Political Conservatism as Motivated Social Cognition” che
costituisce un tentativo, a mio parere riuscito, di sussumere all’interno di una prospettiva integrata un
nutrito numero di ricerche degli ultimi 50 anni, incentratesi sulle convinzioni delle persone e i loro
fondamenti motivazionali.
Questa prospettiva integrata prende il nome di Cognizione sociale motivata e si basa sull’assunto
centrale che tutti i sistemi di credenze/opinioni/ convinzioni delle persone siano adottati, in parte, perché
soddisfano alcuni bisogni psicologici.
Da questo punto di vista nessun orientamento è a priori irragionevole, ingiusto o errato, poiché è per
definizione soggettivamente razionale, nel senso di essere dedotto da una serie di premesse che i suoi
sostenitori sottoscrivono, le quali non sono sempre il frutto di una libera scelta, né sono oggetto di franca
consapevolezza.
Secondo gli autori il conservatorismo politico, come molte altre complesse rappresentazioni sociali, ha un
“core” ideologico stabile più un set di associazioni periferiche più malleabili e storicamente variabili.
Il core stabile del conservatorismo sarebbe composto da due fattori: la resistenza al cambiamento e la
preferenza per l’ineguaglianza nel senso di un’accettazione della società come inesorabilmente
gerarchica. L’ipotesi dello studio è che questi due nodi centrali siano collegabili a specifiche caratteristiche di
personalità e a bisogni sociali, cognitivi e motivazionali.
Vediamoli nel dettaglio:
AUTORITARISMO
L’autoritarismo è un tratto di personalità che Altemeyer nel 1981 ha descritto
come caratterizzato da:
(a) alto grado di sottomissione all’autorità che è percepita come stabilita e
legittimata
(b) generale aggressività rivolta contro persone percepite come devianti e
sanzionabili dall’ autorità costituita.
(c) alto grado di aderenza alle convenzioni sociali percepite come appoggiate e
sostenute dalla società
I punteggi della scala che lo misura (la RWA Scale) predicono un vasto campionario di atteggiamenti e
comportamenti collegati al conservatorismo politico così come percepito dal senso comune.
Predicono l’affiliazione partitica, le attitudini pro-capitalistiche, l’incremento di severità nelle decisioni della
magistratura, la punizione del deviante, il pregiudizio razziale, l’omofobia, l’ ortodossia religiosa, la rigidità
delle opinioni sulla liberalizzazione di droghe illegali.
In altre parole misurando il grado di autoritarismo di un individuo siamo in grado di predire con una certa
buona approssimazione quali saranno le sue posizioni in un gran numero di ambiti.
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INTOLLERANZA ALL’AMBIGUITA’
L’ intolleranza all’ambiguità è una variabile generale di personalità teorizzata nel
’48 da Frenkel-Brunswik . In una revisione successiva del concetto Budner (1962)
la definì efficacemente come una tendenza a percepire le situazioni ambigue come
fonte di minaccia.
Gli individui con un alto grado di intolleranza all’ambiguità mostrano concezioni
dicotomiche dei ruoli sessuali, delle relazioni genitori-figli e delle relazioni
interpersonali in generale. Orientati a una rigida categorizzazione delle norme
culturali osservano il mondo attraverso le lenti binarie del potere-debolezza,
pulizia-sporcizia, moralità-immoralità, conformismo-divergenza.
Poco permissivi e in generale con scarsa inclinazione a ragionare in termini di probabilità sarebbero spinti
da questa caratteristica personale a cercare la certezza e di conseguenza ad aggrapparsi a ciò che è familiare,
ad arrivare a conclusioni premature, a imporre clichè semplicistici e stereotipici.
Anche l’intolleranza all’ambiguità è risultata correlata con l’orientamento politico conservatore.
DOGMATISMO
Definito come una intolleranza alle posizioni logicamente contraddittorie, fu
studiato da Rokeach (1960) che ne sviluppò una scala di misurazione.
Anch’essa correla significativamente con l’orientamento politico conservatore.
LA POLARITA’ IDEO-AFFETTIVA (Silvan Tomkins, 1963)
La polarità ideo-affettiva è un ipotizzato orientamento generalizzato ( o
altrimenti detto “postura ideo-affettiva”) nei confronti del mondo, che,
secondo il suo autore, potrebbe essere alla base delle scelte ideologiche di
destra o di sinistra.
Quelli che sono orientati a sinistra credono che le persone siano basicamente buone e che lo scopo della
società sia quello di promuovere la crescita umana. Al contrario chi è orientato a destra crede che le persone
siano essenzialmente cattive e che la funzione della società sia di fissare regole e limiti per prevenire
comportamenti irresponsabili.
Queste polarità, secondo Tomkins, permeano di sé ogni dominio della vita di una persona, incluse le sue
attitudini per l’arte, la musica, la scienza, la filosofia ecc. e sarebbero il frutto di un apprendimento infantile
di copioni relazionali: un focus genitoriale sul bambino e sul suo sè interiore rinforzerebbero sentimenti di
eccitazione, gioia, sorpresa, calma e spingerebbero il bambino verso un atteggiamento “umanistico”, una
genitorialità più strutturata e punitiva rinforzerebbe emozioni come la rabbia e il contenimento e
orienterebbe a un atteggiamento più normativo.
I punteggi alla Polarity Scale predicono le preferenze verso valori individualistici versus i valori sociali, le
attitudini nei confronti della pace e della guerra, le opinioni sulla natura umana, e l’orientamento politico.
L’EVITAMENTO DELL’INCERTEZZA
Teorizzato da Wilson (1973b) può essere definito come “una
generalizzata suscettibilità ad esperire minaccia o ansia di fronte
all’incertezza”.
Le fonti di incertezza sono svariate e includono la morte, l’anarchia, gli
stranieri, il dissenso, la complessità, la novità, l’ambiguità e il
cambiamento sociale.
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Le risposte conservatrici a queste fonti di incertezza sarebbero quasi una conseguenza inesorabile della
premessa e includerebbero la superstizione, il dogmatismo religioso, l’etnocentrismo, il militarismo,
l’autoritarismo, la punitività, la convenzionalità e la rigida moralità.
IL BISOGNO DI CHIUSURA COGNITIVA (Kruglanski, 1989)
è definibile come il “bisogno di ottenere una risposta chiara e non ambigua rispetto ad un oggetto di
conoscenza”.
E’ costituito da:
a) preferenza per ordine e struttura
b) discomfort emotivo associato con l’ambiguità
c) impazienza e impulsività nelle prese di decisione
d) desiderio di sicurezza e predicibilità
Contenuti e proposte politiche che supportino stabilità epistemica, chiarezza,
ordine e uniformità saranno preferite dalle persone con un alto bisogno di
chiusura cognitiva.
Anche in questo caso chi ha un orientamento politico conservatore mostra in media più alti livelli in questa
variabile.
IL FOCUS REGOLATORIO (Higgins,1997)
Secondo Higgins gli esseri umani possiederebbero due sistemi di autoregolazione: quello della
promozione di sé stessi e quello della protezione di sé stessi.
Il primo gestirebbe i desideri e le aspettative di miglioramento e crescita
personale, le aspirazioni e gli ideali, il secondo gestirebbe i desideri legati alla
sicurezza, alla salute, le responsabilità e i doveri. L’obiettivo del sistema
promozionale sarebbe il raggiungimento, quello del sistema di protezione
sarebbe la sicurezza.
Anche questi sistemi sarebbero il frutto dell’educazione infantile e un
orientamento verso la promozione e il raggiungimento sarà naturalmente può correlato con preferenze
politiche più orientate al cambiamento, anche se debolmente utopico.
LA GESTIONE DEL TERRORE
La teoria della gestione del terrore di GreenBerg, Solomon e Pyszcynski (1997) afferma che gli uomini
utilizzano
le
loro
capacità
distintive
(posticipazione,
progettazione,
consapevolezza di sè) per tenere sotto controllo la paura della morte,
creando una cultura e un mondo di significati che hanno la funzione di dare
ordine e senso all’universo e scopo all’esistenza di ciascuno.
Rispettare gli standard valoriali della propria cultura conferisce quindi una
immortalità simbolica: attraverso la fede nella propria visione del mondo
culturale e la difesa di essa da minacce esterne si valida consensualmente quella visione e allo stesso tempo si
tiene a bada l’ansia.
Greenberg non ha esplicitato un legame molto stretto con il conservatorismo. Gli effetti della salienza della
mortalità accrescerebbero semplicemente la difesa dei valori dominanti, che potrebbero anche essere
liberali, e financo tolleranti.
LA DOMINANZA SOCIALE.
Pratto e Sidanius (1994; 1999) parlano della dominanza sociale (SDO), come una tendenza individuale a
considerare la società come l’arena di una competizione tra gruppi e a sostenere il dominio di gruppi
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superiori o dominanti - dotati di potere, autorità e qualità di vita superiori- su gruppi inferiori o
subordinati: gli uomini ( piuttosto che le donne), i bianchi ( piuttosto che i neri o altre etnie), le classi
d’elite ( piuttosto che la classe proletaria).
I punteggi della scala ideata per misurare questa tendenza correlano stabilmente con il nazionalismo,
l’elitismo culturale, il razzismo, il sessismo, l’autoritarismo e la “fede nel mondo giusto”, gli atteggiamenti
“ordine e disciplina” nei contesti militari, l’atteggiamento verso la pena di
morte, così come la non condivisione di istanze provenienti da femministe,
gay o minoranza etniche.
Altemeyer nel 1998 distinse fra autoritarismo e dominaza sociale nel senso
che il primo espliciterebbe la deferenza passiva o la sottomissione a leader
autoritari, mentre la seconda meglio rappresenterebbe tentativi più attivi di
punire e umiliare i membri dell’outgroup e il desiderio di diventare l’animale
alfa.
Mentre gli autoritari che non hanno un alto punteggio nella dominanza sociale temono che l’autorità e le
convenzioni vengano frantumate e che la civilizzazione, così come la conoscono, possa collassare
fagocitandoli, gli autoritari con alto punteggio di dominanza sociale vedono già la vita come “cane mangia
cane” e sono determinati ad essere… "quelli che mangiano".
I dati dimostrano che coloro che si collocano politicamente all’estrema destra sono motivati
simultaneamente dall’uno e dall’altra.
LA GIUSTIFICAZIONE DEL SISTEMA
Nel tentativo di giustificare l’ interesse dei membri del gruppo dominante le persone tendono a supportare il
sistema sociale, perpetuando lo status quo e preservando l’ineguaglianza.
Pur di superare la dissonanza cognitiva di evidenti ingiustizie del sistema e per non negare la propria
"fede nel mondo giusto" le persone sono motivate a percepire l’organizzazione sociale esistente come
ragionevole, legittimata, giustificabile e razionale, e forse anche naturale e inevitabile.
Spesso sono proprio coloro che sono vittime delle ingiustizie del sistema quelle più propense a razionalizzare
e a giustificare proprio per non affrontare la realtà dell’iniquità.
Per concludere il modello della cognizione sociale motivata ipotizza che un ampio numero di motivazioni
epistemiche ( dogmatismo, intolleranza dell’ambiguità, bisogni di ordine struttura e chiusura, evitamento
dell’incertezza) motivazioni esistenziali (auto stima, gestione del terrore, paura, minaccia, rabbia e
pessimismo) e motivazioni ideologiche ( proprio interesse, dominanza di gruppo e giustificazione del
sistema) siano tutte collegate all’espressione del conservatorismo politico.
Anzi, con più precisione, ai due aspetti centrali del pensiero conservatore
menzionati prima: la resistenza al cambiamento e la preferenza per
l’ineguaglianza.
Paura e incertezza sarebbero i nuclei emotivi basici della scelta politica
conservatrice.
E’ importante sottolineare che l’orientamento progressista mostra semplicemente
valori mediamente più bassi nelle variabili valutate e che nessun individuo, anche
il conservatore più puro, possiede trasversalmente tutti i tratti personologici
sopraccitati.
Il paper originale è scaricabile da (http://www.wam.umd.edu/~hannahk/bulletin.pdf). Se vi sono
venute in mente delle obiezioni sappiate che probabilmente sono le stesse che compaiono qui
(http://psychoanalystsopposewar.org/resources_files/ConsevatismAsMotivatedSocialCognition_Critique.pd
f) a cui gli autori hanno risposto così (http://www.wam.umd.edu/~hannahk/reply.pdf)