Mercosur: il Venezuela «sospeso» e retrocesso ad

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Mercosur: il Venezuela «sospeso» e
retrocesso ad «associato»
- Geraldina Colotti, 03.12.2016
America Latina. La notizia non è ancora ufficiale, ma la decisione era già presa da tempo, a
conferma delle dichiarazioni che filtrano. Argentina, Paraguay, Brasile, tre paesi membri governati
dalle destre, e gli ultimi due frutto di golpe istituzionali, hanno deciso di sospendere il paese
bolivariano, retrocedendolo a semplice “associato”
Nel Mercosur, il Venezuela resterà “senza voce”. La notizia non è ancora ufficiale, ma la decisione
era già presa da tempo, a conferma delle dichiarazioni che filtrano. Argentina, Paraguay, Brasile, tre
paesi membri governati dalle destre, e gli ultimi due frutto di golpe istituzionali, hanno deciso di
sospendere il paese bolivariano, retrocedendolo a semplice “associato”: come la Bolivia, Cile,
Colombia e altri in attesa di entrare.
Il ministro degli Esteri uruguayano, Nin Novoa, lo aveva anticipato giorni prima alla stampa, senza
troppi patemi. La parziale tenuta dellUruguay ha evitato che i tre – la Triplice Alleanza, come li
definiscono i governi bolivariani – espellessero direttamente il Venezuela. Ora Caracas può
appellarsi alle regole interne del Mercosur, che prevedono un esame specifico e, prima di
uneventuale espulsione potrebbe esserle concessa una proroga. Ma, intanto, il 14 dicembre la
presidenza pro-tempore passa allArgentina. Quella che sarebbe toccata al Venezuela, in base alle
regole del blocco regionale, non è stata riconosciuta dai tre paesi, e il moderatissimo Uruguay non è
stato proprio un leone. Mauricio Macri ha già anticipato le alleanze a cui intende ritornare. Il suo
profilo e le politiche neoliberiste a cui ha dato corso in Argentina, non lasciano dubbi.
Si tratterà solo di capire in quali termini farà fruttare lamicizia personale con Trump che si è detto
contrario al Tpp voluto da Obama. Ogni componente del Mercosur ha già imboccato la strada degli
Accordi di libero commercio con lEuropa, e lUruguay è ben disposto al Tisa, laccordo di libero
commercio dei servizi. Il Venezuela era rimasto lunico ad opporsi.
Il Mercosur è il mercato comune del Sur, deputato a regolare gli scambi commerciali e i dazi
doganali. E infatti le tensioni interne si sono fatte sentire in presenza delle due grandi economie
esportatrici ed espansive come Argentina e Brasile, anche quando al timone cerano presidenti
progressisti, come i Kirchner, Lula o Dilma: con paesi piccoli come lUruguay e anche con il
Venezuela bolivariano, la cui debolezza strutturale nelleconomia dei porti e a causa della generale
dipendenza dalla rendita petrolifera, lha obbligata a stabilire barriere e difese. Lentrata di un paese
come il Venezuela, che dedica oltre il 70% delle entrate ai piani sociali e che considera linvestimento
umano quello più redditizio e produttivo, ha però impresso un altro orientamento.
Perché la richiesta venisse accolta, gli ci sono voluti 6 anni, dal 2006 al 2012. Un periodo doro per
lAmerica latina progressista e di ripiego dei progetti neoliberisti a guida Usa. La trasformazione del
blocco regionale era iniziata nel 2003, nel vento di cambiamento generale in corso nel continente. La
crisi finanziaria del 2008 aveva poi confermato la crisi strutturale del modello capitalista e “convinto”
anche una persona come Cristina Kirchner a cambiare giudizio: “Il capitalismo – aveva dichiarato a
metà settembre del 2006 quandera senatrice – è unidea migliore del comunismo, vogliamo un
capitalismo come quello degli Stati uniti”. Ma, verso la fine dellultimo mandato, era rimasto
memorabile il suo discorso pronunciato allOnu contro i fondi avvoltoio e per lintegrazione
latinoamericana.
Al contrario, allora, il presidente venezuelano Hugo Chavez stava ridisegnando insieme a Fidel
Castro il quadro delle Alleanze internazionali: allinsegna dellinter-scambio solidale sud-sud, basato
sulla mutua assistenza e senza asimmetrie. Gli schemi imposti dopo la caduta dellUnione sovietica
non avevano sancito fine della storia, né avevano portato benessere e pace, semmai avevano
moltiplicato le zone di guerra. Nella ridefinizione di un mondo multipolare, il “socialismo del XXI
secolo” provava a dire la sua. Loccasione per lentrata del Venezuela fu determinata dal golpe
istituzionale contro Fernando Lugo, in Paraguay. Mercosur e Unasur reagirono sanzionando il
Paraguay. Che siano ora proprio il Paraguay e il Brasile di Michel Temer – un governo frutto
dellimpeachment a Rousseff, che ogni giorno perde pezzi per corruzione – a dare lezioni al
Venezuela in termini di democrazia, regole e diritti umani, è davvero grottesco.
Ma i tempi sono cambiati, si apre addirittura lera Trump. La fine del ciclo progressista in America
latina? O piuttosto la fine della globalizzazione neoliberista, annunciata in questa nuova fase di
transizione? Macri e Temer si volgono al passato, a uno “sviluppo” che ha portato guerre e rapina e
povertà, a un modello che evidentemente non funziona più. LAmerica latina che scommette invece
su un altro tipo di sviluppo, sul rafforzamento degli stati nazionali e su riforme strutturali, sui
rapporti sud-sud rivolti al mondo dei Brics, potrebbe giocare la sua partita. Pur con tutti gli ostacoli
che deve oltrepassare, il Venezuela è un attore centrale, come ha dimostrato presiedendo il vertice
dei Non allineati, e soprattutto, intercettando le proposte dei movimenti popolari. “Se ci espellono
dalla porta, rientreremo dalla finestra”, ha detto Nicolas Maduro.
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