Diritto internazionale…
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Il Diritto internazionale, chiamato anche "diritto delle genti" (ius gentium), è quella branca del
diritto che regola la vita della comunità internazionale. Può essere definito come il diritto della
Comunità degli Stati, quindi un diritto al di sopra di essi e dei loro ordinamenti interni. Meno
corretta la definizione di diritto del rapporto tra stati, perché se è vero in senso formale che viene
posto in essere tra i vari Stati, in senso materiale non è sempre indirizzato ai rapporti tra questi ma
può anche incidere all'interno delle comunità.
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Nomenclature e suddivisioni
Il Diritto Internazionale infatti è talvolta scolasticamente suddiviso in Diritto internazionale
pubblico e Diritto internazionale privato. Questa voce si occupa di quel che viene definito Diritto
internazionale pubblico.
L'essenza del diritto internazionale è il suo essere 'internazionale', quindi con giurisdizione su una
pluralità di Stati o nei luoghi non regolati dalle legislazioni nazionali, ad esempio il mare e il
cosmo. Spesso per 'diritto privato internazionale' si intende la discussione su questioni economiche
e commerciali che possono ricadere nel diritto commerciale internazionale, regolato da appositi
trattati internazionali e da organi preposti delle Nazioni Unite e degli organismi sovranazionali quali
la Commissione Europea e il Parlamento Europeo.
Operare una distinzione netta tra diritto privato e diritto pubblico in ambito internazionale è
piuttosto complicato in quanto si parla principalmente del dibattimento di questioni che richiedono
la disamina di un complesso di norme più o meno ascrivibili al diritto nazionale ma generalmente
riferite al complesso delle norme e dei trattati internazionali che regolano i rapporti tra Stati, le
questioni relative ad organizzazioni sovranazionali, le dispute 'extraterritoriali' e le relazioni tra
società che agiscono in ambito internazionale, ovvero in più nazioni.
Tra le varie tipologie di diritto internazionale si annoverano, ad esempio, la Lex mercatoria, e il
diritto internazionale privato.
La suddivisione tra 'diritto internazionale pubblico' e 'diritto internazionale privato' è però contestata
da numerosa dottrina[1]. Il Diritto internazionale privato, nonostante l'appellativo di internazionale, è
infatti l'insieme delle norme di diritto interno (quindi, proprie di un ordinamento statale, e
promulgate con le modalità previste dall'ordinamento dello Stato stesso) che risolvono i conflitti fra
le disposizioni dei diversi ordinamenti giuridici applicabili ad un medesimo rapporto, quando
esistono collegamenti a più di una legislazione nazionale. Si applicano quindi per il diritto
internazionale privato le apposite norme interne (per l'Italia una legge specifica ha riordinato la
materia, in precedenza dispersa sui quattro Codici). Ne risulta che le due tipologie si riferiscono a
rami dell'ordinamento completamente differenti, il cosiddetto pubblico all'ordinamento della
Comunità degli Stati (o internazionale), mentre quello privato all'ordinamento interno di ciascuno
stato.
Per quanto sopra, anche l'appellativo pubblico per il Diritto Internazionale in senso proprio viene
criticato, in quanto la definizione di pubblico può afferire soltanto ad un ordinamento statuale.
La comunità internazionale
All'interno di un ordinamento statale il riconoscimento della personalità giuridica in favore di enti
collettivi e organizzazioni, comporta che a questi nuovi soggetti si applichi una disciplina speciale,
ovvero differente da quella comune destinata a tutelare e promuovere gli interessi degli individui.
Nell'ambito dell'ordinamento internazionale, al contrario, la disciplina di diritto comune riguarda
invece enti ed organizzazioni, in modo particolare gli Stati. Mentre il diritto interno determina i
requisiti che enti ed organizzazioni devono aver per ottenere il riconoscimento della personalità
giuridica, il diritto internazionale semplicemente "prende atto di questa personalità": l'ordinamento
internazionale, infatti, non prescrive con che modalità debba essere costituito uno Stato, bensì ne
accerta l'esistenza. Fatte queste premesse, possiamo dire che la principale differenza tra la struttura
del diritto internazionale e quella del diritto interno è l'assenza di un'autorità centrale che emani la
legge e ne assicuri il rispetto (è questa la cosiddetta "anarchia" della comunità internazionale),
inoltre a partire dalla fine del XIX secolo e soprattutto dalla fine della Prima guerra mondiale agli
Stati si sono affiancate le Organizzazioni Internazionali, mentre con l'inizio della decolonizzazione
hanno progressivamente assunto personalità giuridica internazionale i movimenti insurrezionali,
purché esercitino il controllo effettivo su una popolazione ed un territorio.
Alcuni internazionalisti ritengono che i recenti sviluppi della materia stiano facendo lentamente
emergere una soggettività giuridica internazionale degli individui, posizione contrastata dalla
maggior parte della dottrina, che ritiene che la scena internazionale sia ancora dominata dagli Stati e
dalle Organizzazioni sovranazionali, malgrado il ruolo sempre più importante svolto dai singoli e
dalle ONG. Il riconoscimento della personalità internazionale degli individui si appoggia sul
crescente numero di diritti e obblighi internazionali che spettano ai singoli in quanto tali e non in
quanto cittadini di uno Stato, come i diritti umani e la responsabilità internazionale individuale
(crimini internazionali).
Diritto consuetudinario e diritto convenzionale (o pattizio)
Per approfondire, vedi la voce Consuetudine (diritto internazionale).
Proprio a causa dell'anarchia della comunità internazionale, il diritto internazionale universalmente
valido è per lo più diritto consuetudinario, anche se la politica delle organizzazioni internazionali
come l'ONU può influenzarne lo sviluppo (ad esempio sull'uso della forza nelle relazioni
internazionali). Per entrare a far parte del diritto consuetudinario una regola deve essere accettata
almeno da una larga maggioranza degli Stati che comprenda gli Stati più influenti a livello
internazionale.
Il diritto convenzionale si basa invece sugli accordi internazionali liberamente stipulati dagli Stati,
che si impegnano a rispettarne le disposizioni. Di norma il diritto pattizio prevale sul diritto
consuetudinario (il diritto particolare prevale su quello generale), ma con una importantissima
eccezione per quanto riguarda lo ius cogens. Una norma di ius cogens è una norma consuetudinaria
che protegge valori considerati fondamentali e a cui non si può in nessun modo derogare: se due
Stati stipulano un trattato in cui si propongono di attuare violazioni dell'integrità di uno Stato terzo
o di eseguire azioni considerate crimini internazionali il trattato stesso è considerato nullo.
Forme, contenuti e procedure per la formazione del diritto convenzionale sono state codificate nella
Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati; nel Preambolo di questa Convenzione si precisa che
le regole del diritto internazionale consuetudinario continueranno a regolare le questioni non
disciplinate dalle disposizioni della Convenzione stessa, anche perché la Convenzione rappresenta
solo un punto di riferimento e non coincide necessariamente con le consuetudini internazionali in
materia.
I Soggetti
Sono soggetti del diritto internazionale i seguenti enti:
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Gli Stati che soddisfino i requisiti della effettività e della indipendenza (intendendosi lo stato
nella sua accezione di Stato-Organizzazione, ossia l'insieme dei governanti e degli apparati
di governo);
Le Organizzazioni Internazionali, tra le quali in particolare l'ONU, i suoi Organi Ausiliari e
le Organizzazioni collegate.
La Santa Sede (da non confondersi con lo Stato della Città del Vaticano).
I movimenti che esercitano sostanzialmente il controllo di un territorio e di una popolazione,
pur non avendone il controllo formale, come ad es. gli Insorti. Mentre per quanto attiene ai
movimenti di liberazione a questi non è conferita una vera e propria personalità giuridica
quanto il diritto di prendere parte alle riunioni internazionali che trattano di
autodeterminazione dei popoli.
La soggettività di alcuni enti è invece in discussione. Sono generalmente non considerati come
soggetti del diritto internazionale:
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Il Sovrano Ordine di Malta: pur avendo intrattenuto con lo stato italiano uno scambio di
lettere di carattere internazionale e anche se alcuni funzionari dell'ordine godono di
immunità diplomatica l'Ordine di Malta non è considerato soggetto di diritto internazionale,
anche se a questo ordine è riconosciuta una personalità giuridica internazionale utile allo
svolgimento delle sue funzioni assistenziali. [2]
I popoli in sé, pur avendo riconosciuto il diritto di autodeterminazione, non sono
considerabili soggetti di diritto internazionale. Essi mancano infatti delle caratteristiche
proprie di una stabile organizzazione e della presenza di istituzioni governative.
Le Organizzazioni non governative non sono considerabili soggetti di diritto internazionale
anche se molti trattati attribuiscono loro un ruolo internazionale (vedi Croce Rossa)
Parte della dottrina riconosce una limitata soggettività internazionale anche agli individui
facendo riferimento al crescente corpo di norme relative al Diritto Internazionale dei Diritti
Umani, cioè quelle norme del Diritto Internazionale che tutelano la dignità umana
dell'individuo, soprattutto nei confronti dello Stato (da non confondersi col Diritto
Internazionale Umanitario che, facendo parte del Diritto Internazionale Bellico, entra in
vigore durante i conflitti armati regolando la condotta dei belligeranti), seppure nel moderno
diritto penale internazionale è da tener presente che la responsabilità individuale non è
collegata ad uno stato di guerra e di conseguenza al diritto bellico. Pertanto non è insensato
dire che gli individui sono considerabili soggetti del diritto penale internazionale.
Gli Stati
Caratteristiche della soggettività
Gli stati sono i soggetti principali del diritto internazionale; essi devono presentare tre
caratteristiche sostanziali:
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avere un popolo: gli stati devono esercitare il loro controllo su di una popolazione stanziata
in un dato territorio e con una propria coscienza politica senza la necessità che risultino
omogenei aspetti quali la cultura, la religione, ecc.
avere un territorio: gli stati devono esercitare il loro controllo su di uno specifico territorio,
non è tuttavia importante che i confini di questo territorio siano esattamente delineati ma è
essenziale poter riconosce un nucleo territoriale nel quale gli stati abbiano un reale controllo.
avere sovranità reale sul territorio e sul popolo, questa categoria è composta da due
tipologie di sovranità.
o sovranità interna: è la capacità di uno stato di esercitare il proprio imperio all'interno
del proprio territorio.
o sovranità esterna: è la capacità di esercitare il governo di una regione e di un popolo
indipendentemente da ingerenze di altri stati, contraltare di questa caratteristica è il
dovere di ogni stato di non ingerenza nelle competenze governative di un altro stato.
Affinché questa caratteristica sia rispettata occorre insomma che l'ordinamento
statale trovi in se stesso la fonte delle propria legittimazione, ovvero senza dipendere
giuridicamente da un altro Stato. L'indipendenza (leggi sovranità esterna) si
riconosce anche nel caso in cui lo Stato risulti dipendente economicamente o
politicamente da un altro Stato: l'importante è comunque che lo Stato conservi la
propria autonomia giuridica. Diverso è peraltro il caso in cui la dipendenza
economica sia così forte da tradursi in un vero e proprio rapporto di vassallaggio fra i
due Stati.
Più in particolare possiamo indicare delle categorie di stato non propriamente dette che godono o no
di soggettività internazionale. a tale proposito possiamo ricordare:
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i microstati: seppur il territorio sia poco esteso e la popolazione poco numerosa non vi è
alcun dubbio sul fatto che siano soggetti di diritto internazionale
confederazioni di stati: sono considerabili soggetti di diritto internazionale ma
relativamente alle competenze non demandate alle istituzioni confederative; è fuori di
dubbio, invece, la soggettività internazionale dei singoli stati che le compongono. Per
confederazione si intende una associazione di stati indipendenti (stati confederati) che
delegano l'esercizio di certe competenze (solitamente in materia di difesa e politica estera) a
degli organi comuni. Un esempio recente di confederazione è costituito dalla Serbia e
Montenegro (2003-2006), mentre il maggiore è l'Unione europea. Non ci si trova invece
davanti a una confederazione ai sensi del diritto internazionale nel caso della C.S.I.
(Comunità degli stati indipendenti), in quanto gli accordi istitutivi e lo statuto non delegano
particolari poteri agli organi dell'organizzazione, che hanno solo funzioni di coordinamento
delle politiche degli stati membri.
i cosiddetti stati fantoccio: non godendo di sovranità esterna non sono considerabili come
soggetti di diritto internazionale
stati federati: non sono considerabili come soggetti di diritto internazionale in quanto
delegano ampi poteri all'istituzione federativa (tipicamente competenze internazionali e di
difesa) venendo così a mancare la caratteristica della sovranità esterna ad esempio gli stati
federati degli Stati Uniti d'America, degli Stati uniti messicani, della Federazione russa, i
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Lander della Repubblica Federale tedesca, i cantoni della Confederazione elvetica (che pur
chiamandosi confederazione in realtà è una federazione), le province dell'Argentina ecc.
governi in esilio: i governi in esilio, parlando di questa categoria si fa soprattutto
riferimento ai governi riparatisi in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale non sono
da considerarsi soggetti di diritto internazionale perché non godono né di un territorio né
della reale possibilità di esercitare sovranità sulla popolazione che vi è stanziata. Ciò
nonostante, con l'auspicio che in futuro questi governi rientrino in possesso di popolo e
territorio, gli atti internazionali compiuti da questi governi possono ritenersi validi. Tale
validità è stata fondata però esclusivamente su considerazioni di tipo politico e non
giuridico.
Un'altra valida dottrina tende a considerare lo Stato come stato-comunità e stato-organizzazione, per
stabilire quale concezione di Stato sia da accettare, e propendendo per la seconda. Si deve
constatare quindi che lo Stato in questo caso considerato è uno o più organi dello Stato stesso che
esercitino un proprio potere. Secondo questa linea di pensiero non può essere accettata la
soggettività internazionale dei Governi in esilio o dei Comitati di Liberazione.
Acquisto della soggettività
L'acquisto della soggettività internazionale da parte degli stati, come anche dei movimenti di
liberazione e dei movimenti di insurrezione, è legata alla reale manifestazione delle tre
caratteristiche di cui sopra (popolazione, territorio, sovranità) in capo ad una organizzazione.
Essendo l'ordinamento internazionale atipico, non contemplando cioè un'istituzione normativa e
giudiziale, ma lasciando tutto alla libera iniziativa degli stati e agli accordi che questi pongono in
essere tra loro, non può in nessun modo essere delineata una procedura di acquisto della soggettività
internazionale.
Più in particolare la questione assume un carattere soprattutto politico, in quanto di per sé il
riconoscimento di uno stato da parte di un altro stato o da parte di istituzioni internazionali non ha
che una funzione dichiarativa e non costitutiva, cioè non è essenziale che vi sia riconoscimento da
parte degli altri soggetti perché un'istituzione diventi soggetto di diritto internazionale.
Esempio adducibile è lo stato di Israele che esercita controllo e governo su di un territorio ed in
capo ad una popolazione, pur non essendo riconosciuto dalla quasi totalità dei paesi arabi.
Ancora, il riconoscimento può essere espresso (dichiarato da altri stati) o tacito (deducibile
dall'inizio di attività di diritto internazionale aventi come controparte il nuovo soggetto, come ad
esempio la stipula di un trattato).
Limiti alla sovranità interna
Pur essendo per uno stato, in linea di principio, lecito amministrare il proprio territorio a
piacimento, organizzando liberamente le istituzioni governative e le leggi che regolino la comunità
civile, la sovranità dello stesso sul suo territorio conosce diverse limitazioni. Tali limitazioni si
riferiscono in primo luogo al divieto di violare il cosiddetto Ius cogens, quell'insieme cioè di
consuetudini imperative per ogni stato in particolare riferimento al rispetto dei diritti umani.
I limiti alla sovranità interna sono:
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iniziative volte a promuovere la tutela della dignità umana;
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norme su punizione dei crimini internazionali (genocidio, crimini contro l'umanità, crimini
contro la pace, crimini di guerra);
limiti relativi a rapporti economici e sociali (dir. internazionale economico);
protezione dell'ambiente;
trattamento stranieri;
trattamento dei diplomatici e degli organi stranieri (VEDI SOTTO);
trattamento degli stati stranieri;
trattamento delle organizzazioni internazionali;
norme di diritto internazionale marittimo.
Immunità diplomatica
Altra categoria di limitazioni riguarda l'immunità garantita ai funzionari di altri stati. Il principio
sottostante che garantisce una protezione estensiva agli agenti diplomatici di stati esteri è da
ricercarsi nella consuetudine che istituzioni di pari grado non possano citarsi in giudizio e giudicarsi
l'una con l'altra (par in parem non habet iudicium). Questo si riflette nel diritto internazionale nella
pratica dell'immunità per i funzionari diplomatici di uno stato estero, disciplinata dalla Convenzione
di Vienna del 1961 entrata in vigore nel 1965. Tale immunità può essere divisa in immunità
funzionale o immunità personale. L'immunità funzionale si applica agli atti che il diplomatico
compie nello svolgimento delle sue funzioni e comprende:
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Esenzione fiscale (imposte dirette).
immunità giurisdizione penale (esclusa per i consoli in caso di reati gravi).
immunità giurisdizione civile (esclusa per beni immobili o attività economiche non
possedute per conto dello stato per cui il funzionario opera, viene altresì esclusa per le
controversie riguardanti le successioni ed eredità).
inviolabilità personale (da atti coercitivi, es. forze di polizia).
inviolabilità domiciliare (non è contemplata l'immunità per violazioni del codice stradale).
Differente è il discorso per quanto riguarda l'immunità personale. Quest'ultima ricopre gli atti c.d
jure gestiones del diplomatico, ossia gli atti che il funzionario compie come soggetto privato. In tal
caso l'immunità coprirà l'intero arco del suo servizio per poi decadere al termine della sua funzione,
una volta lasciato il Paese, e quindi renderà processabile il diplomatico per gli eventuali illeciti
commessi nell'arco del tempo di svolgimento delle sue funzioni.
Trattamento degli Stati stranieri
Questa rubrica vuole occuparsi del trattamento riservato allo Stato straniero da parte degli Stati
territoriali, soprattutto riguardo alla cosiddetta immunità dalla giurisdizione civile dell'entità statale
straniera rispetto ad altri Stati. La teoria che ha preso piede in dottrina è quella dell'immunità
assoluta di cui gode uno stato straniero dalla giurisdizione di qualsiasi altro Stato, nonostante fonti
giurisprudenziali italo-belga abbiamo avanzato una teoria che inquadrerebbe la divisione degli atti
che uno Stato compie in atti jure imperii e atti jure gestiones, facendo ricadere un'immunità ristretta
soltanto sugli atti che lo Stato compie nello svolgimento delle sue funzioni (pubbliche), ossia gli atti
jure imperii. Al riguardo è citabile una Convenzione delle Nazioni Unite datata 2004 adottata
dall'Assemblea generale e aperta alla firma degli Stati (nessuno Stato aveva ratificato ancora nel
2005). In tale Convenzione si pone come regola generale, di sfondo, quella dell'immunità assoluta
dalla giurisdizione civile, ponendo come eccezioni quelle in cui si applicherebbe l'immunità
ristretta, ovvero:
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Transazioni commerciali
Danni causati a persone o cose
Proprietà possesso e altri diritti reali.
Le organizzazioni internazionali
Logo delle Nazioni Unite
Le Organizzazioni Internazionali sono entrate a far parte della comunità internazionale in tempi
relativamente recenti. Le prime organizzazioni erano create per scopi specifici e limitati (Unione
Postale Universale creata nel 1875, Unione per la protezione della proprietà industriale nel 1883
etc.). Il primo tentativo per dare un ordinamento unitario alla comunità internazionale fu la
creazione, nel 1919, della Società delle Nazioni (SDN), fortemente voluta dal presidente americano
Woodrow Wilson, che aveva cercato anche di far entrare nel diritto internazionale una serie di
importanti principi, solo in parte accettati dalle nazioni europee: innanzitutto il pacifismo e
l'autodeterminazione dei popoli (i "quattordici punti"). La Società aveva poteri molto deboli: come
se non bastasse gli stessi Stati Uniti non entrarono a farne parte per l'opposizione del Congresso.
Nel 1945, l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) prese il posto della SDN. L'ispiratore del
progetto era di nuovo un presidente americano, Franklin Delano Roosevelt, che morì prima della
nascita dell'ONU ma che vide le sue idee portate avanti dai suoi ex collaboratori. L'ONU aveva ed
ha grossi limiti, in buona parte legati al sistema dei veti: per molti anni il sistema di sicurezza
collettiva disegnato dalla sua Carta restò paralizzato a causa della guerra fredda, ma in ogni caso la
sua nascita ha segnato un passo in avanti importante. Lo Statuto delle Nazioni Unite prevedeva
inoltre il divieto dell'uso della forza a livello internazionale, a differenza di quello della SDN.
Gli individui
A seguito del tribunale di Norimberga e di Tokyo, istituiti dalle potenze vincitrici della seconda
guerra mondiale per perseguire le gravi violazioni della dignità umana durante la guerra, i singoli
soggetti sembrano sempre più essere portatori di diritti, dunque soggetti autonomi del DI. Se prima
della seconda guerra mondiale erano gli stati che con delle convenzioni si impegnavano a tutelare
dei diritti in capo agli individui (che rimanevano l'oggetto della convenzione) in tempi recenti si sta
affermando la prassi di considerare gli individui come soggetti che godono di diritti e gli stati come
soggetti che godono di obblighi. A fronte di tali diritti vi è la formazione della possibilità di
appellarsi a corti internazionali deputate alla loro tutela.
Ci si ritrova anche nel diritto internazionale dunque a parlare di diritto soggettivo degli individui e
di diritto d'azione degli individui.
Diritto soggettivo
Come diritto individuale si intende la capacità dei soggetti di essere portatori di diritti. La
formazione di consuetudini e di obblighi di origine pattizia che pongono gli stati nel dovere di
riconoscere e rispettare alcuni diritti per propri cittadini, indipendentemente dalle regole interne
proprie di ogni ordinamento, è marcata da alcune tappe fondamentali
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1945 Tokyo, Norimberga
1993 corte per i crimini in Ex Jugoslavia (istituita dal Consiglio di Sicurezza ONU)
1994 corte per i crimini in Ruanda (istituita dal Consiglio di Sicurezza ONU)
1998 (in vigore dal 2002) Corte Penale Internazionale (con sede all'Aia).
Diritto d'Azione
È la possibilità di appellarsi ad una corte o più in generale di poter reclamare la tutela di un diritto.
Caratteristiche del diritto internazionale pubblico
Funzioni
Si tende a differenziare tre tipi di funzione nell'ambito del diritto internazionale: una funzione
normativa, una di accertamento del diritto ed infine un'altra di attuazione coattiva delle norme. La
prima riguarda le fonti del diritto internazionale e le varie forme che può assumere, da diritto
generico, rivolto a tutti gli Stati, a particolare rivolto soltanto ad una cerchia ristretta.
L'accertamento del diritto è essenzialmente di tipo arbitrale, sebbene non manchino esperienze più
istituzionalizzate sorte con Trattati. Ne deriva che la possibilità di instaurare un contenzioso è di
derivazione sostanzialmente pattizia, enorme differenza col diritto interno visto che in questo caso
la competenza del giudice discende esclusivamente dalla legge.
L'attuazione coattiva delle norme è una delle note dolenti del diritto internazionale, ricadendo quasi
esclusivamente nell'autotutela: anche in questo caso il diritto internazionale si distingue da
moltissimi diritti interni, prevedendo questa forma coercitiva soltanto in casi eccezionali.
Per il suo carattere anarchico, la sua poca incidenza giuridica e obbligatorietà, è stato spesso negato
carattere giuridico al diritto internazionale: in particolare si farebbe ricadere l'efficacia di
quest'ultimo soltanto alla necessità della cooperazione degli operatori di diritto interno per la sua
applicazione e all'autolimitazione dello Stato.
Le fonti
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Consuetudine: comportamento costantemente e uniformemente ripetuto nel tempo, nella
convinzione della sua obbligatorietà.Per aversi una consuetudine è necessaria la presenza di
due requisiti fondamentali: - "diuturnitas" (prassi) ovvero il protrarsi nel tempo di un
determinato comportamento; - "opinio iuris sive necessitatis" ovvero la convinzione da parte
degli Stati della giuridica obbligatorietà di un determinato comportamento.
Accordi.
Fonti previste da accordo: atti di un'organizzazione internazionale, ad esempio le Direttive e
i Regolamenti della Comunità Europea o le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU,
alcuni dei quali sono atti di soft law.
La gerarchia giuridica delle fonti internazionali non è sempre rigida, potendo accadere che una
norma di tipo superiore possa essere derogata da una di rango inferiore.
I contenuti
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Il cosiddetto diritto consuetudinario cogente, detto anche ius cogens
Le altre consuetudini internazionali, tra le quali si segnala in particolare la consuetudine
"pacta sunt servanda"
Gli accordi "universali", fra i quali le dichiarazioni internazionali dei diritti
Gli accordi "regionali"
Gli accordi "bi- e multilaterali"
Le norme internazionali prodotte dalle Organizzazioni internazionali in applicazione del
proprio Statuto o comunque di un accordo di delega degli Stati parte.
L'adattamento del diritto interno al diritto internazionale pubblico
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L'adattamento automatico: si verifica allorché l'ordinamento interno di uno Stato effettua un
rinvio mobile al diritto internazionale. In tal caso al mutare della norma di diritto
internazionale muta anche l'ordinamento interno in misura corrispondente. Esempio di
adattamento automatico è quello previsto dall'art. 10 della Costituzione italiana che rinvia a
tutte le consuetudini di diritto internazionale.
L'adattamento a mezzo di recepimento integrale
L'adattamento a mezzo di ordine di esecuzione
Esistono in materia due procedimenti di adattamento: quello ordinario e quello speciale. L'ordinario
prevede una riformulazione della norma internazionale mentre quello speciale un rimando alla
stessa. Il ruolo dell'interprete differenzia ancora di più le due procedure e ed è molto diverso a
seconda del procedimento adottato: mentre nel primo egli si troverà di fronte ad una norma che è
del tutto simile alle altre norme dell'ordinamento statale nel secondo egli dovrà formulare una
ricostruzione della norma internazionale e stabilire se la norma è ancora in vigore sul piano
internazionale.
La funzione giurisdizionale internazionale
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L'arbitrato fra Stati
L'arbitrato commerciale internazionale
I tribunali internazionali
In particolare: la Corte Penale Internazionale e la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
Il ruolo del giudice interno nell'applicazione del diritto internazionale.
La corte internazionale di giustizia è uno degli organi principali dell'ONU. Essa opera secondo due
procedimenti: quello in sede contenziosa e quello in sede consultiva. La prima prevede la
risoluzione di una controversia sorta tra due o più stati mentre la seconda lì emanazione di un parere
su qualsiasi questione giuridica. Possono adire la corte per quanto riguarda la sede contenziosa solo
gli stati mentre in sede consultiva le organizzazioni internazionali.
Gli ultimi sviluppi
Gli sviluppi recenti del diritto internazionale, in particolare in materia di protezione dei diritti
umani, hanno fatto ritenere ad alcuni studiosi che si stia lentamente affermando una soggettività
giuridica internazionale degli individui, in rottura con i dettami del diritto internazionale classico.
Mentre tradizionalmente la responsabilità internazionale è collettiva (diretta contro lo Stato nel suo
complesso) la fine della seconda guerra mondiale ha visto con il Processo di Norimberga per la
prima volta individui che avevano ricoperto alti incarichi governativi venire chiamati a rispondere
personalmente dei crimini commessi in nome del loro Stato contro altri popoli davanti a un
tribunale internazionale. Con tutti i suoi limiti, Norimberga creò un precedente importante in
materia di tutela dei diritti umani a livello mondiale, con la creazione della nozione di crimine
contro l'umanità: si afferma l'idea che esistono valori che gli Stati non possono violare coprendosi
sotto il mantello della sovranità e dell'indipendenza.
Lo Statuto della Corte penale internazionale, recentemente entrato in vigore (ma non ratificato da
numerosi Stati, tra cui gli Stati Uniti) fa rientrare nella nozione di crimine internazionale il
genocidio, i crimini contro l'umanità (nella definizione rientrano praticamente qualsiasi grave
delitto commesso su larga scala e in modo sistematico e la pratica dell'apartheid), i crimini di guerra
previsti dal Diritto internazionale umanitario e la guerra di aggressione.
Alcuni trattati internazionali, come quello della Corte europea dei diritti dell'uomo prevedono poi la
possibilità degli individui di rivolgersi autonomamente a organismi internazionali per far rispettare i
propri diritti, senza la mediazione degli Stati.