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FOCUS
Stabilità 2016: le novità nel mondo media
Sul finire dell’anno, come di consueto, l’attività dei due rami del parlamento è stata dedicata alla
discussione e approvazione della legge di stabilità. La stabilità 2016 approvata in via definitiva dal Senato
con legge 28 dicembre 2015, n. 208 contiene diverse disposizioni incidenti sul settore media: dalle norme
sul canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo pubblico a nuove regole sulle pubblicità dei giochi
con vincite in denaro. Di seguito una sintesi degli interventi più significativi per il settore.
1. Patent Box: confermata esclusione delle opere dell’ingegno ad eccezione dei software (articolo 1,
comma 148)
Con il comma 148 si dispongono significative modifiche alla disciplina del c.d. patent box, introdotto dalla
legge di stabilità 2015, che prevede una tassazione agevolata sui redditi derivanti dalle opere di ingegno,
marchi e brevetti. Infatti da un lato, il legislatore chiarisce che la disciplina, per quanto attiene alle opere
dell’ingegno, si applica esclusivamente ai “software protetti da copyright”, con ciò sciogliendo rilevanti
dubbi interpretativi che erano sorti con l’emanazione del decreto attuativo della misura.
Sotto altro profilo, si stabilisce che nel caso in cui più beni assoggettabili alla misura e collegati da vincoli di
complementarietà, vengano utilizzati congiuntamente per la realizzazione di un prodotto o di un processo,
tali beni possono costituire un solo bene immateriale ai fini dell’applicazione della disciplina di
agevolazione.
2. Canone RAI (articolo 1, commi 152-160)
Sul punto, come anticipato da vari organi di stampa, le novità più rilevanti risiedono nella determinazione
della misura del canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo pubblico in 100 euro per il 2016 nonché
nell’inserimento della riscossione del canone da parte dei soggetti fornitori di energia elettrica. A partire
dal 2016, infatti, il canone di abbonamento alla RAI sarà inserito in 10 rate mensili nelle bollette per la
fornitura di energia elettrica. Le disposizioni in commento stabiliscono nel dettaglio la nuova disciplina
prevedendo specifiche modalità per lo scambio di informazioni tra i vari soggetti coinvolti.
Si interviene inoltre, sulle disposizioni del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246 recante “Disciplina
degli abbonamenti alle radioaudizioni” convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880. Con il comma 153
viene eliminato, tra le presunzioni che fanno scattare l’applicazione del canone RAI, l’utilizzo di un
apparecchio televisivo essendo esclusivamente rilevante la detenzione. Inoltre, si specifica che l’eventuale
dichiarazione per superare la presunzione vada presentata all’Agenzia delle entrate - Direzione Provinciale I
di Torino con modalità da definirsi con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. A decorrere
dal 1° gennaio 2016 non sarà, infine, più possibile la denuncia di cessazione di abbonamento televisivo “per
suggellamento” prevista dall’articolo 10, comma 1 del regio decreto legge 246/1938.
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3. Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione (articolo 1, commi 160-164)
Con i commi in commento il legislatore istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico un “Fondo
per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione” con una dotazione massima di 50 milioni di euro
(derivanti dalle maggiori entrate che saranno determinate dalle nuove modalità di riscossione del canone
RAI) “[…] da assegnare in favore delle emittenti radiofoniche e televisive locali per la realizzazione di
obiettivi di pubblico interesse, quali la promozione del pluralismo dell'informazione, il sostegno
dell'occupazione nel settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l'incentivazione
dell’uso di tecnologie innovative”. Nel fondo andranno a confluire anche le risorse iscritte nello stato di
previsione del MISE relative ai contributi per le emittenti radiofoniche e televisive locali. Con un
regolamento del MISE saranno definiti i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse del
fondo. Con l’istituzione del fondo si è provveduto ad abrogare le disposizioni vigenti relative ai contributi
alle emittenti radiofoniche e televisive locali.
4. Destinazione ulteriori risorse derivanti da assegnazione frequenze Banda C (articolo 1, commi
165-166)
Le maggiori entrate derivanti dalle procedure di assegnazione dei diritti d'uso delle frequenze in banda 3.63.8 GHz (c.d. Banda C), saranno destinate dal Ministero dello sviluppo economico per le seguenti finalità:
“a) promuovere la digitalizzazione dei contenuti editoriali e incentivare, per gli anni 2016 e 2017, nelle zone
di consegna dei prodotti postali a giorni alterni, abbonamenti ai quotidiani in forma digitale;
b) individuare idonee modalità di ristoro di eventuali spese connesse al cambio di tecnologia (refarming)
sostenute dagli attuali assegnatari della suddetta banda;
c) realizzare una consultazione pubblica sugli obblighi del servizio pubblico, radiofonico, televisivo e
multimediale, in vista dell'affidamento della concessione del medesimo servizio;
d) compiere interventi di infrastrutturazione di reti di banda ultra larga per la connessione degli edifici
scolastici e incentivare gli istituti scolastici che attivano il servizio di connettività su reti a banda ultraveloci.”
Per destinare concretamente le risorse disponibili, una volta quantificate, saranno necessari dei decreti
attuativi da parte del MISE.
5. Contributi per l'utilizzo delle frequenze televisive in tecnica digitale (articolo 1, commi 172-175)
Le disposizioni segnalate stabiliscono la competenza esclusiva del Ministero dello sviluppo economico nella
determinazione dell’importo dei contributi per i diritti d'uso delle frequenze televisive in tecnica digitale,
dovuto dagli operatori di rete in ambito nazionale o locale. Tali importi, che dovranno garantire non meno
di 32,8 milioni di euro su base annua, saranno determinati con decreto del MISE da emanarsi entro 60
giorni dalla pubblicazione della legge in GU. I contributi dovranno essere determinati “[…] in modo
trasparente, proporzionato allo scopo, non discriminatorio e obiettivo sulla base dell'estensione geografica
del titolo autorizzato, del valore di mercato delle frequenze, tenendo conto di meccanismi premianti
finalizzati alla cessione di capacità trasmissiva a fini concorrenziali nonché all'uso di tecnologie innovative”.
Il nuovo sistema di determinazione dei contributi sarà valido anche per i contributi dovuti ma non ancora
determinati per le passate annualità. L’intervento del legislatore chiarisce dunque le competenze in
materia, abrogando l’articolo 3-quinquies comma 4 del DL 16/2012, convertito con modificazioni dalla
Legge 26 aprile 2012, n. 44, che prevedeva in capo ad AGCOM la competenza nella determinazione dei
contributi.
6. Interventi in materia di Tax credit cinematografico (articolo1, commi 331-336)
Le disposizioni segnalate intervengono su vari aspetti della disciplina del Tax credit cinematografico
previsto dalla Legge 244/2007 (legge finanziaria 2008). L’intento del Governo nel proporre le misure è
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quello di realizzare “[…] un sistema complessivo di agevolazioni fiscali più elastico e dinamico, oltre che più
orientato alle strategie di internazionalizzazione della produzione audiovisiva italiana, mantenendo nel
contempo gli attuali criteri di semi-automaticità e lasciando agli operatori, senza alcun intervento
discrezionale dell'Amministrazione, la scelta fra le varie opzioni che potranno essere messe a disposizione,
nell'ambito comunque delle risorse già stanziate”.
Dal complesso degli interventi previsti, di seguito segnalati, si apprezza una rimodulazione del c.d. Tax
credit esterno e un rafforzamento del Tax credit per la produzione e distribuzione di opere
cinematografiche e audiovisive. Sotto il primo profilo considerato, le disposizioni in commento estendono il
credito d’imposta per gli investitori esterni al settore cinematografico e audiovisivo agli apporti per la
distribuzione delle opere in Italia e all’estero. Si dispone, allo stesso tempo, che la percentuale del 40 per
cento è da intendersi come misura massima del credito d’imposta conseguibile e che un decreto
ministeriale attuativo potrà differenziare le aliquote di agevolazione riconosciute.
Sotto il secondo profilo, le disposizioni segnalate prevedono la modulabilità delle aliquote del tax credit per
la produzione (dall’attuale 15 per cento, al range 15-30 per cento), e innalzano da 3,5 milioni di euro a 6
milioni di euro il limite massimo del beneficio riconoscibile alla singola impresa. Ulteriori previsioni sono
dedicate alla distribuzione cinematografica e alle imprese di esercizio cinematografico.
7. Destinazione risorse equo compenso per copia privata (articolo 1, comma 335)
La SIAE dovrà destinare il 10 per cento di tutti i compensi incassati a titolo di “compenso per la riproduzione
privata di fonogrammi e di videogrammi” (articolo 71-septies Legge 633/1941) “ad attività di promozione
culturale nazionale e internazionale”. La disposizione citata non ha mancato di suscitare vibranti polemiche
anche in relazione ai profili di possibile contrasto con la disciplina comunitaria che intende l’equo
compenso per copia privata come una misura indennitaria spettante ad “[…] autori ed i produttori di
fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i
produttori di videogrammi, e i loro aventi causa” in ragione dei mancati introiti derivanti dalle riproduzioni
private delle proprie opere consentite ai consumatori dalla disciplina europea oltre che dalla normativa
italiana di recepimento (si veda sul punto da ultimo CGUE, Sentenza del 5 marzo 2015, C-463/12).
8. Ulteriori disposizioni in materia di pubblicità di giochi con vincite in denaro (articolo 1, commi
937-940)
Il legislatore interviene nuovamente in materia di pubblicità dei giochi. Anzitutto il comma 937 dispone che
la pubblicità del settore sia effettuata tenendo conto della Raccomandazione CE 2014/478/UE “sui principi
per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo on line e per la prevenzione
dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo on line” i cui criteri attuativi saranno individuati con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentita l’AGCOM.
In termini generali il comma 938 prevede una serie di regole da seguire per una corretta pubblicità in
materia, secondo quanto previsto dalla raccomandazione citata. Si stabilisce, infatti, che “In ogni caso, è
vietata la pubblicità: a) che incoraggi il gioco eccessivo o incontrollato; b) che neghi che il gioco possa
comportare dei rischi; c) che ometta di rendere esplicite le modalità e le condizioni per la fruizione di
incentivi o bonus; d) che presenti o suggerisca che il gioco sia un modo per risolvere problemi finanziari o
personali, ovvero che costituisca una fonte di guadagno o di sostentamento alternativa al lavoro, piuttosto
che una semplice forma di intrattenimento e di divertimento; e) che induca a ritenere che l’esperienza, la
competenza o l'abilità del giocatore permetta di ridurre o eliminare l'incertezza della vincita o consenta di
vincere sistematicamente; f) che si rivolga o faccia riferimento, anche indiretto, ai minori e rappresenti
questi ultimi, ovvero soggetti che appaiano evidentemente tali, intenti al gioco; g) che utilizzi segni, disegni,
personaggi e persone, direttamente e primariamente legati ai minori, che possano generare un diretto
interesse su di loro; h) che induca a ritenere che il gioco contribuisca ad accrescere la propria autostima,
considerazione sociale e successo interpersonale; i) che rappresenti l'astensione dal gioco come un valore
negativo; l) che induca a confondere la facilità del gioco con la facilità della vincita; m) che contenga
dichiarazioni infondate sulla possibilità di vincita o sul rendimento che i giocatori possono aspettarsi di
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ottenere dal gioco; n) che faccia riferimento a servizi di credito al consumo immediatamente utilizzabili ai
fini del gioco”. È significativo notare sul punto come il legislatore, seguendo le indicazioni della
Commissione UE, si ponga in consonanza con quanto previsto a livello autoregolamentare dallo IAP con
l’emanazione nell’ottobre scorso di specifiche linee di indirizzo sul tema.
La novità più significativa è prevista dal comma 939 che vieta la pubblicità dei giochi con vincita in denaro
nelle trasmissioni radiofoniche e televisive generaliste dalle ore 7 alle ore 22 di ogni giorno, con esclusione
dei media specializzati che saranno individuati con decreto interministeriale, delle lotterie nazionali ad
estrazione differita e delle sponsorizzazioni nei settori della cultura, della ricerca, dello sport, nonché nei
settori della sanità e dell’assistenza.
In conclusione il comma 940 stabilisce le sanzioni amministrative per i casi di inosservanza dei richiamati
divieti che saranno irrogate dall’AGCOM nei confronti del “soggetto che commissiona la pubblicità, del
soggetto che la effettua, nonché del proprietario del mezzo con il quale essa è diffusa”.
9. Fondo per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali (articolo 1, commi 965966)
Il comma 965 istituisce presso il Ministero dell’economia e delle finanze un fondo di 150 milioni di euro per
l’anno 2016 per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali. Un decimo della dotazione di
tale fondo sarà destinato al rafforzamento della formazione del personale della polizia postale nonché
all’aggiornamento della tecnologia dei macchinari e delle postazioni informatiche. Il fondo sarà ripartito
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previa deliberazione del Comitato interministeriale per
la sicurezza della Repubblica (CISR), sentiti il Ministro dell’interno il Comitato parlamentare per la sicurezza
della Repubblica e i responsabili del Dipartimento delle Informazioni per la sicurezza (DIS), dell’Agenzia
informazione e sicurezza esterna (AISE) e dell’Agenzia informazione e sicurezza interna (AISI), in via
prioritaria tra tali organismi. Il riparto sarà funzionale in via prioritaria all’attuazione di specifiche misure di
rafforzamento di prevenzione e contrasto con mezzi informatici del crimine di matrice terroristica nazionale
e internazionale.
La Corte costituzionale dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della base
giuridica del Regolamento AGCOM in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione
elettronica
Con la sentenza n. 247/2015 la Corte costituzionale ha sancito l’inammissibilità delle questioni di legittimità
costituzionale sollevate dal TAR Lazio con due ordinanze di analogo tenore (datate 26 settembre 2014 e
iscritte ai nn. 1 e 2 del registro ordinanze 2015), che miravano a travolgere la base giuridica del
Regolamento AGCOM in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica
(approvato con Delibera n. 680/13/CONS). Oggetto del giudizio di costituzionalità non era (né poteva
essere) il Regolamento AGCOM, bensì le norme di legge poste a fondamento del potere dell’Autorità di
ordinare la rimozione selettiva di contenuti o la disabilitazione dell’accesso a siti Internet.
La Corte muove la propria analisi dalla premessa che le disposizioni impugnate «non attribuiscono
espressamente ad AGCOM un potere regolamentare in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di
comunicazione elettronica», potere che è «desunto implicitamente e in via interpretativa [dal TAR Lazio], in
base a una lettura congiunta di tutte le disposizioni impugnate».
Nell’analisi delle menzionate disposizioni, la Consulta analizza dapprima l’art. 5 del D. Lgs. 70 del 2003, il
quale, in attuazione della direttiva comunitaria 2000/31/CE in materia di commercio elettronico, elenca i
motivi in base ai quali l’autorità giudiziaria e/o l’autorità amministrativa di vigilanza sono autorizzate a
porre limitazioni alla circolazione dei servizi su Internet provenienti da un altro Stato membro.
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Successivamente, la Corte prende atto che gli artt. 14, c. 3, 15, c. 2, e 16, c. 3, sugli Internet Service
Provider, del D. Lgs. 70/2003 «si limitano a riprodurre i corrispondenti artt. 12, 13 e 14 della […] direttiva n.
2000/31/CE», pertanto le norme stabiliscono delle esenzioni di responsabilità accompagnate da alcune
condizioni e da una clausola di salvaguardia. Quest’ultima «lascia impregiudicata la possibilità per gli Stati
membri di attribuire all’autorità giudiziaria o a quella amministrativa poteri inibitori, da esercitarsi anche in
via d’urgenza, nei confronti dei medesimi prestatori di servizi, al fine di impedire o porre fine a violazioni di
diritti di terzi». Conseguentemente, sia l’autorità giudiziaria che l’autorità amministrativa di vigilanza sono
investite della facoltà di esigere che il prestatore «impedisca o ponga fine alle violazioni commesse». Per
inciso, la Corte in questo passaggio pare smentire l’argomento secondo cui l’Italia avrebbe dato
un’attuazione non coerente con gli intenti e la lettera della direttiva 2000/31/CE.
Viene in fine in rilievo la disposizione di cui all’art. 32-bis del D. Lgs. 177 del 2005, la quale, con specifico
riferimento al settore dei servizi di media audiovisivi, prevede il potere regolamentare dell’autorità di
vigilanza di rendere effettiva l’osservanza della normativa sul diritto d’autore.
A conclusione di questa elencazione, la Corte sottolinea che il quadro normativo per certi versi si presenta
più circoscritto, per altri aspetti eccedente, rispetto all’oggetto del Regolamento, pertanto, seguendo il
ragionamento del TAR Lazio, l’obiettivo a cui sono tese le ordinanze sarebbe l’espunzione dal tessuto
normativo di alcune disposizioni che «riguardano, o aspetti sostanziali della disciplina delle comunicazioni
elettroniche, o l’attribuzione ad AGCOM di funzioni e poteri che non solo non sono in discussione, ma che
devono essere attribuiti, conformemente a quanto previsto dalla direttiva europea». Il percorso suggerito
dal TAR nelle ordinanze di rimessione porterebbe, secondo la Corte, a conseguenze esorbitanti rispetto alle
richieste stesse dei giudici amministrativi.
Da ultimo, la Corte evidenzia un ulteriore profilo di inammissibilità, dato dall’incongruenza tra le due
diverse istanze proposte dalle ordinanze: (1) da un lato di chiede una declaratoria di illegittimità
costituzionale delle disposizioni censurate, con una pronuncia ablativa; (2) dall’altro si chiede la censura
delle medesime nella parte in cui non prevedano delle garanzie equiparate a quelle che l’art. 21, c. 2, 3 e 4
della Carta costituzionale stabilisce per la stampa, e, pertanto, l’emanazione di una pronuncia additiva.
A questo proposito, la motivazione non risulta coerente, secondo l’interpretazione dei giudici costituzionali,
con le richieste formulate: se prima il TAR sostiene la necessità di una maggior tutela per la stampa rispetto
all’esercizio della libertà di espressione attraverso altri mezzi, tra cui Internet, lo stesso poi sembra
pervenire a una richiesta che si colloca nella direzione diametralmente opposta, dolendosi dell’assenza di
un eguale livello di tutela tra le due situazioni, uguaglianza che «presuppone l’assimilabilità, prima negata,
delle due situazioni».
Tutte queste prospettazioni per la Consulta non superano il vaglio di ammissibilità, escludendo quindi che si
possa passare alla trattazione e alla decisione nel merito della questione.
Il testo completo della sentenza è consultabile al seguente indirizzo.
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BREVI
AGCOM: Nuove specifiche tecniche per la realizzazione di sintonizzatori-decodificatori per la ricezione dei
segnali di televisione digitale numerica
Con delibera n. 685/15/CONS del 16 dicembre 2015 l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni
(AGCOM) ha introdotto nuove specifiche tecniche per la realizzazione di sintonizzatori-decodificatori per
la ricezione dei segnali di televisione digitale numerica sostituendo quelle stabilite in precedenza
dall’Allegato A alla delibera n. 216/00/CONS. Le nuove norme si applicano sia a sintonizzatori-decoder del
tipo set-top-box sia a quelli integrati in apparecchi televisivi.
In particolare l’adozione di nuove specifiche tecniche da parte di AGCOM è volta al recepimento dello
standard DVB-T2, il quale (i) rappresenta un’evoluzione tecnologica dello standard DVB-T e (ii) fornisce
maggiore efficienza alle prestazioni della piattaforma digitale terrestre rispetto ai sistemi di prima
generazione.
Il testo della delibera è disponibile al seguente link.
SIC 2014: ricavi complessivi a 17 miliardi di euro
Con delibera n. 658/15/CONS del 1 dicembre 2015 l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM)
ha approvato la valutazione delle dimensioni economiche del Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC)
relativa all’anno 2014.
Dalla valutazione emerge che, per il 2014, il valore complessivo del SIC è pari a circa 17 miliardi di euro,
registrando una flessione del 2,8% rispetto al 2013.
L’area dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (anche sul web) rappresenta, con il 49,2% (pari a oltre
8 miliardi di euro), l’ambito con la maggiore incidenza sul totale delle risorse economiche. Seguono
l’editoria quotidiana e periodica (e le agenzie di stampa) anche sul web, con il 25,9% (oltre 4 miliardi di
euro). Il comparto editoriale è completato dai ricavi derivanti da editoria annuaristica e altra editoria
elettronica (anche sul web), pari complessivamente a 235 milioni di euro (1,4% del SIC).
I ricavi relativi alla pubblicità online ammontano a 1,6 miliardi di euro (9,5% del SIC). Il settore
cinematografico, con 811 milioni di euro, rappresenta il 4,7% del totale, mentre la pubblicità esterna, che,
nel 2014, incide per il 2,1% sui ricavi complessivi del SIC, vale 364 milioni di euro.
Quanto alle iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e alle sponsorizzazioni, queste aree
raggiungono complessivamente 1,2 miliardi di euro, pari al 7,2% del totale delle risorse.
Il testo della delibera è disponibile al seguente link.
AGCOM: approvato il regolamento sulla tenuta dell’elenco degli organismi ADR nel settore delle
comunicazioni elettroniche e postale
L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (“AGCOM”) ha approvato, con delibera n. 661/15/CONS,
l’istituzione dell’elenco di organismi ADR (Alternative Dispute Resolution) nel settore delle comunicazioni
elettroniche e dei servizi postali, come previsto dal D. Lgs. 130/2015 del 6 agosto scorso.
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Gli organismi ADR permetteranno di risolvere le controversie fra consumatori e le imprese fornitrici di
servizi postali o di comunicazioni elettroniche attraverso procedure apposite, una forma di risoluzione
extragiudiziale che si aggiunge e si pone come alternativa alla giustizia ordinaria.
In tale elenco, che sarà tenuto direttamente dall’AGCOM, potranno iscriversi gli organismi che svolgono
attività conciliativa in materia di consumo e dimostrino di avere i requisiti richiesti, sia quelli generali di
indipendenza e trasparenza prescritti dal D. Lgs. 130/2015, che quelli specifici introdotti con il regolamento
allegato alla delibera.
Gli organismi ADR offriranno la possibilità di risolvere in via extragiudiziale tutte le controversie che non
rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni sul tentativo obbligatorio di conciliazione, per le
quali restano ferme le competenze di Corecom, Negoziazioni paritetiche o Camere di Commercio, secondo
l’attuale procedura.
Le ADR possono dirimere anche controversie tra consumatori italiani e operatori di altri Paesi (nel caso
delle spedizioni internazionali per quanto riguarda il settore dei servizi postali, mentre per le comunicazioni
elettroniche questo assume importanza in vista del c.d. Connected continent, ovvero la creazione di un
mercato unico europeo delle comunicazioni).
Il testo completo della delibera è consultabile al seguente link.
AGCM: sanzione per 28 milioni di Euro nei confronti di Telecom Italia ed altre sei società per un’intesa
restrittiva della concorrenza
Con Provvedimento del 16 dicembre 2015 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito,
“AGCM”) ha irrogato una sanzione complessiva di 28 milioni di euro a carico di Telecom Italia ed altre sei
società per un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea (il provvedimento è disponibile al seguente link).
Tale intesa, in particolare, ha riguardato il coordinamento, tra il 5 luglio 2012 e il 1° febbraio 2013, delle
offerte economiche e di altre condizioni contrattuali nelle procedure per la selezione dei fornitori
predisposte dalle società Wind e Fastweb nonché quello sulle informazioni relative all’erogazione dei servizi
di manutenzione correttiva effettuata per ripristinare il servizio in caso di guasti segnalati dai clienti finali o
per malfunzionamenti della rete, a cui Telecom consente l’accesso da parte degli operatori telefonici
alternativi (“OLO”).
Secondo l’AGCM, le condotte lesive della concorrenza consistono nella determinazione coordinata delle
condizioni economiche contrattuali e delle informazioni trasmesse al regolatore, con l’obiettivo di limitare il
confronto competitivo e prevenire l’evoluzione delle forme di erogazione disaggregata dei servizi tecnici
accessori.
In particolare, l’istruttoria ha permesso di accertare l’esistenza di incontri e contatti tra le imprese
sanzionate, volti a concordare le offerte economiche da presentare a Wind Telecomunicazioni e Fastweb
per il servizio disaggregato di manutenzione correttiva end-to-end e, in generale, a condividere un piano di
comunicazione univoca relativo alle condizioni di erogazione del servizio stesso.
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Garante Privacy: vietato il trattamento dei dati per finalità di marketing e profilazione senza consenso
Con provvedimento del 18 novembre 2015 l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali (di
seguito, “Garante Privacy” o anche solo “Garante”) ha ritenuto illecito e ha vietato ad una società attiva
nel settore e-commerce il trattamento dei dati personali degli utenti per finalità di marketing, profilazione e
comunicazione dei dati a terzi per finalità promozionali di questi ultimi, svolto senza il previo consenso
espresso e specifico degli interessati.
Dagli accertamenti ispettivi svolti dal Garante era emerso che la società raccoglieva dati personali
attraverso tre siti, di cui uno operativo in più lingue straniere e destinato ad utenti di Paesi comunitari e
non. Il consenso richiesto, però, era preselezionato e unico per varie finalità, comprese quelle di marketing
e comunicazione dei dati a soggetti terzi per finalità promozionali di questi ultimi, anche se era prevista la
possibilità per l'utente di deselezionare il predetto consenso e procedere comunque alla registrazione sul
sito.
Con particolare riguardo, poi, all'attività di profilazione, la società faceva uso di un software finalizzato
all'invio di newsletter personalizzate utilizzando i dati relativi agli ordini effettuati dai clienti e i dati di
navigazione degli stessi nonché di una piattaforma destinata all'invio di e-mail agli utenti sulla base dei
prodotti inseriti nel proprio carrello e il cui ordine non era stato finalizzato.
Alla luce di quanto sopra, il Garante ha disposto il divieto di trattamento dei dati degli utenti acquisiti
illecitamente e ha prescritto alla società di adottare, entro sessanta giorni, le misure necessarie e
opportune al fine di rendere i trattamenti dei dati personali conformi alle disposizioni del Codice Privacy. La
società dovrà, in particolare: (i) integrare l'informativa fornita agli utenti del sito indicando le aziende
(anche per categorie economiche o merceologiche) alle quali intende comunicare i dati; (ii) informare i
soggetti terzi, ai quali i dati siano stati eventualmente comunicati per finalità promozionali o ceduti, che
non possono utilizzare i dati in questione per tali finalità se non dopo aver acquisito uno specifico consenso
degli interessati; (iii) prevedere e attuare uno o più tempi di conservazione dei dati raccolti, alla scadenza
dei quali la società dovrà provvedere all'immediata cancellazione dei dati degli utenti o alla loro
anonimizzazione permanente.
Accordo sulla riforma della normativa privacy europea
Il 15 dicembre 2015 la Commissione europea, il Parlamento e il Consiglio hanno raggiunto un accordo sulla
riforma della normativa europea sulla protezione dei dati personali.
La riforma è composta da una Direttiva sul trattamento dei dati per finalità giudiziarie e di polizia e da un
Regolamento concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la
libera circolazione di tali dati (cd. Regolamento generale sulla protezione dei dati, che abroga la Direttiva
1995/46/CE). Entrambi gli atti normativi mirano ad armonizzare la normativa sulla protezione dei dati
all’interno dell’Unione europea e a rafforzare i diritti degli interessati rispetto alla protezione dei propri
dati.
Ricordiamo che la riforma è stata proposta dalla Commissione europea il 25 gennaio 2012 (si veda al
riguardo la nostra newsletter nostra newsletter di maggio 2012 e di gennaio 2015). La procedura prevista
per l’approvazione del Regolamento e della Direttiva (denominata procedura legislativa ordinaria) prevede
il coinvolgimento, in posizione di parità, del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea.
Il Regolamento e la Direttiva dovranno essere ora formalmente approvati dalle istituzioni comunitarie e
saranno pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’UE (si prevede che ciò avverrà nella primavera del 2016). Le
nuove norme entreranno in vigore due anni dopo la loro pubblicazione.
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Il Regolamento si applicherà anche al trattamento di dati personali da parte di aziende stabilite al di fuori
dell’UE che offrano beni o servizi (anche a titolo gratuito) a persone che si trovano nell’UE o che svolgano
attività di controllo del loro comportamento (ad esempio, attività di profilazione).
Il Regolamento specifica gli obblighi dei titolari e dei responsabili del trattamento, tra i quali l’obbligo di
attuare misure di sicurezza adeguate in funzione del rischio relativo alle attività di trattamento dei dati
effettuate (cd. risk-based approach). I titolari del trattamento sono inoltre tenuti, in taluni casi, a
comunicare le violazioni di dati personali (cd. data breach). Inoltre, tutte le autorità pubbliche e le imprese
che svolgono talune operazioni di trattamento dei dati rischiose dovranno nominare un responsabile della
protezione dei dati (data protection officer).
Sono previste sanzioni elevate in caso di violazione delle norme del Regolamento (in particolare, sanzioni
fino a 20 milioni di Euro o al 4% del fatturato globale annuo), che saranno irrogate dalle autorità nazionali
preposte alla protezione dei dati.
Approfondiremo il contenuto del Regolamento nei prossimi numeri della nostra newsletter.
Direttiva UE sull’uso dei dati del codice di prenotazione (PNR): raggiunto l’accordo tra Consiglio e
Parlamento Europeo
Il 4 dicembre 2015 il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato il testo di compromesso, concordato con il
Parlamento Europeo, della proposta di direttiva sull’impiego dei dati del codice di prenotazione (Passenger
Name Record – “PNR”) a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei
reati di terrorismo e dei reati gravi.
I dati PNR sono costituiti dalle informazioni fornite dai passeggeri ai vettori aerei al momento di prenotare
un volo e di effettuare il check in, come: il nome, le date di viaggio, l'itinerario, i dati sul biglietto, i dati di
contatto, l'agente di viaggio presso cui è stato prenotato il volo, le modalità di pagamento utilizzate, il
numero del posto e informazioni sui bagagli.
La maggior parte delle forme di criminalità organizzata e delle attività terroristiche comporta viaggi
internazionali con finalità che comprendono il traffico di esseri umani o di stupefacenti oppure l’accesso di
terroristi a campi di addestramento al di fuori dell'Unione europea. In risposta a tale crescente minaccia e
in considerazione dell’abolizione dei controlli alle frontiere interne in virtù della convenzione di Schengen,
l’Unione europea ha adottato misure per la raccolta e lo scambio di dati personali tra le autorità di
contrasto. Dette misure, tuttavia, si concentrano su dati riguardanti persone già sospette. Il trasferimento e
il trattamento dei dati PNR consentirebbero alle autorità di contrasto di identificare sospetti non
precedentemente noti.
L’Unione europea ha già concluso accordi che consentono ai vettori europei di trasmettere i dati PNR agli
Stati Uniti, all'Australia e al Canada.
La proposta di direttiva, presentata dalla Commissione europea cinque anni fa, si propone di fornire una
disciplina unitaria europea del trattamento e del trasferimento dalle compagnie aeree alle autorità degli
Stati membri di tali dati dei passeggeri dei voli internazionali. Il trattamento dei dati PNR sarà comunque
consentito soltanto per le citate finalità di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale di reati di
terrorismo e di reati gravi.
In particolare, il testo approvato dal Consiglio prevede:

l’obbligo delle compagnie aeree di trasferire alle autorità degli Stati membri i dati PNR per tutti i
voli in arrivo o in partenza dall’UE (prevedendo invece, per i voli intra UE, la possibilità dei singoli
Stati membri di raccogliere i dati PNR in relazione a voli selezionati);
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



l’istituzione di “unità d’informazione sui passeggeri”, ossia apposite autorità nazionali per la
ricezione dei dati PNR;
un periodo di conservazione massimo di tali dati pari a sei mesi; successivamente, i dati verranno
conservati in forma “mascherata” per altri quattro anni e mezzo;
disposizioni a tutela della privacy degli interessati e, in particolare, la nomina di un responsabile
della protezione dei dati (data protection officer) in ogni unità d’informazione sui passeggeri;
protocolli e formati comuni per il trasferimento dei dati.
Il testo così approvato, che può essere consultato qui, sarà sottoposto all’esame della Commissione per le
libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo e sarà quindi trasmesso al Parlamento
europeo per la votazione in prima lettura e al Consiglio per l’adozione finale.
Successivamente, gli Stati membri avranno due anni per recepire nei rispettivi ordinamenti la direttiva.
Il Gruppo di Lavoro Articolo 29 per la protezione dei dati prende posizione sulla proposta di direttiva sulla
protezione dei dati personali trattati per finalità di giustizia e polizia
In data 1 dicembre 2015, il Gruppo di Lavoro Articolo 29 per la protezione dei dati (Article 29 Data
Protection Working Party, organo consultivo indipendente istituito in conformità all’art. 29 della Direttiva
95/46/CE sulla protezione dei dati personali) ha adottato il parere 3/2015 in merito alla proposta di
direttiva europea sulla protezione dei dati personali trattati per finalità di giustizia e polizia. L’intento era
quello di coadiuvare gli addetti ai lavori allora impegnati nelle discussioni sul pacchetto di riforma della
normativa privacy europea (inclusa la citata direttiva) nell’ambito del trilogo Commissione-ParlamentoConsiglio, con l’obiettivo di raggiungere un accordo tra le istituzioni comunitarie sul pacchetto in questione
nei primi mesi del 2016.
Si sottolinea che il 15 dicembre 2015 la Commissione europea, il Parlamento e il Consiglio hanno raggiunto
un accordo sulla riforma della normativa europea sulla protezione dei dati personali, i cui testi finali sono
ora pronti per l’approvazione formale.
In linea generale, nell’analizzare punto per punto le previsioni della proposta di direttiva, per quanto
concerne il livello minimo di protezione dei dati personali da assicurare nell’ambito europeo, il parere si
richiama ai princìpi stabiliti nella Raccomandazione N. R(87)15 del Comitato dei Ministri del Consiglio
d’Europa (il testo completo è reperibile al seguente indirizzo).
Per quanto riguarda, invece, l’utilizzo che le pubbliche autorità possono legittimamente fare dei dati
personali, il Gruppo di Lavoro, sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte Europea
dei Diritti dell’Uomo, insiste come aveva già fatto in passato sulla necessità di assicurare che il trattamento
avvenga nel rispetto di adeguate garanzie e salvaguardie per quanto concerne, ad esempio, la piena
responsabilità e trasparenza nei confronti degli individui.
E ancora: i rappresentanti dei garanti europei auspicano che vi sia maggiore coerenza tra la direttiva e il
regolamento, in merito, in via meramente esemplificativa, alle definizioni, ai princìpi, agli obblighi e ai diritti
e poteri dei singoli, in considerazione della sempre più accresciuta rilevanza delle interazioni fra il settore
privato e quello dell’applicazione della legge.
Venendo allo specifico, il Gruppo di Lavoro analizza una serie di aspetti sui quali formula, a vario titolo,
proposte, commenti e osservazioni, basandole sui propri precedenti orientamenti e sulla giurisprudenza
delle Corti europee in materia.
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Tra i punti principali meritano di essere menzionati i seguenti:
i princìpi sulla correttezza del trattamento dei dati personali dovrebbero includere specifiche
previsioni di legge che vietino di raccogliere i dati mediante tecniche automatiche di sorveglianza o altri
mezzi automatici;
il trattamento dei dati per uno scopo differente rispetto a quello per cui i dati sono raccolti
dovrebbe avere una sua specifica base giuridica. La finalità di applicazione della legge in sé considerata non
dovrebbe, secondo l’opinione del gruppo di lavoro, essere considerata uno scopo specifico, esplicito e
legittimo;
la direttiva dovrebbe considerare il trattamento dei dati sensibili proibito e dovrebbe porre in
essere specifiche salvaguardie. Nello specifico, il gruppo di lavoro chiede che venga data una specifica
definizione nell’art. 3 della direttiva anche ai dati biometrici;
il Gruppo di Lavoro supporta la versione dell’art. 9, paragrafo 2, della direttiva come proposta dalla
Commissione e dal Parlamento che proibisce la profilazione svolta sulla base di soli dati sensibili;
delle operazioni di trattamento svolte con mezzi automatici e non automatici dovrebbero essere
tenuti dei registri dettagliati, al fine di assicurare la tracciabilità del trattamento dei dati;
il trasferimento massivo, ripetitivo e strutturato di dati personali alle autorità di paesi terzi deve
essere vietato. Il Gruppo di Lavoro concorda, sul punto, con l’art. 36, paragrafo 2, lett. b), introdotto dal
Parlamento Europeo.
A questo link è possibile consultare il parere del Gruppo di Lavoro Articolo 29.
Sfide e opportunità dei Big Data: pubblicato il parere del Garante europeo per la protezione dei dati
In data 19 novembre 2015 è stato pubblicato il parere n. 7 del Garante europeo per la protezione dei dati (il
“Garante”) dal titolo “Affrontare le sfide dei Big Data” (“Meeting the Challenges of Big Data”). Con esso, il
Garante europeo intende dare avvio a un nuovo dibattito sui modi per sfruttare i vantaggi connessi ai Big
Data garantendo al contempo il rispetto dei diritti e le libertà fondamentali individuali.
Il parere in esame si colloca sulla scia della precedente Opinion sull’Etica Digitale (pubblicato dallo stesso
Garante l’11 settembre 2015 e di cui abbiamo parlato nella nostra newsletter dell’ottobre 2015.
Il Garante ha infatti ribadito l’invito, rivolto agli operatori, a valorizzare una dimensione etica nella gestione
dei dati personali da essi compiuta e ha sottolineato come assicurare il rispetto della normativa sulla
protezione dei dati personali rinforzi la fiducia dei consumatori e sia dunque una possibile strategia di
business.
Il Garante ha quindi invitato le organizzazioni a implementare una serie di principi mantenendo lo stesso
approccio innovativo che viene utilizzato per trovare nuovi modi di impiego dei dati personali:
•
trasparenza: le organizzazioni dovrebbero garantire al consumatore un adeguato grado di
informazione circa il trattamento dei dati che li riguardano, ivi compresi i dati inferiti e le finalità perseguite
dal trattamento;
•
controllo dell’utente: le organizzazioni dovrebbero assicurare il controllo dell’utente sulle
informazioni che lo riguardano, mettendolo in condizione di correggere eventuali errori da un lato e
dall’altro dandogli la possibilità di esprimere un consenso informato sul trattamento. Strumenti
indispensabili in questo senso sono il diritto di accesso, la data portability e meccanismi efficaci di opt-out;
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•
accountability: secondo tale principio, le organizzazioni dovrebbero dotarsi di meccanismi interni di
controllo che assicurino il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali.
Infine, il Garante europeo ha rinnovato la necessità, già espressa in precedenza, di coerenza fra i vari settori
normativi della protezione del consumatore, della tutela della concorrenza, della ricerca e dello sviluppo.
Il testo completo dell’Opinion 7/2015 è consultabile al seguente link (al momento solo in lingua inglese).
Aperta la consultazione pubblica europea sulla modernizzazione del quadro normativo in materia di
copyright
Il 9 dicembre scorso la Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica sulla valutazione e
modernizzazione del quadro normativo in materia di diritto d’autore. La consultazione sarà aperta fino al 1°
aprile 2016.
L’iniziativa della Commissione si inserisce nell’ambito della strategia per il Mercato Unico Digitale (Digital
Single Market), consistente in una serie di azioni mirate che permettano ai contenuti online di viaggiare
insieme agli utenti, “svecchiando” le norme sul diritto d’autore e assicurando, al contempo, un’adeguata
protezione ai rispettivi titolari.
L’obiettivo primario della consultazione consiste nell’individuare come la direttiva 2004/48/CE sul rispetto
dei diritti di proprietà intellettuale (c.d. direttiva enforcement) possa trovare applicazione nell’ambiente
online, riconoscendo criticità da migliorare basandosi sull’esperienza di questi anni di applicazione della
stessa.
La consultazione si compone di cinque diversi questionari, differenti a seconda dei gruppi di stakeholder
interessati. I questionari relativi alla consultazione sono disponibili al seguente link (al momento solo in
lingua inglese).
Pacchetto Marchi: novità in materia di registrazione e lotta alla contraffazione
Il 23 e il 24 dicembre 2015 sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea i testi del
regolamento 2015/2424/UE e della direttiva 2015/2436/UE, che compongono il cd. “Pacchetto Marchi”
relativo alla riforma della disciplina europea dei marchi di impresa.
Il Pacchetto Marchi innova profondamene la normativa in materia di protezione dei marchi comunitari,
prevedendo da un lato misure volte a rendere meno oneroso il processo di registrazione dei marchi, e
dall’altro promuovendo e sostenendo la lotta alla contraffazione (avevamo parlato della proposta della
Commissione europea nella nostra newsletter di maggio 2013.
Obiettivo della direttiva, entrata in vigore in data 12 gennaio 2016, è rendere più accessibile ed efficiente
l’iter di deposito di marchi, nell’ottica di semplificare ed armonizzare le diverse procedure nazionali,
assoggettandole alle medesime formalità e tempistiche in tutto il territorio UE. In particolare, specifiche
misure sono state introdotte al fine di rendere più agevole la registrazione di nuove tipologie di marchi,
come i marchi sonori, e di garantire un miglior coordinamento tra i diversi uffici nazionali e l’agenzia
europea per i marchi, anche attraverso la predisposizione di common practise e banche dati interconnesse.
Sul fronte della lotta alla contraffazione, particolare attenzione è dedicata al tema delle merci in transito, al
fine di evitare che il territorio UE possa divenire crocevia per lo smistamento di prodotti contraffatti.
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Il regolamento 2015/2424/UE dispone una sostanziale ristrutturazione dell’Ufficio per l’Armonizzazione del
Mercato Interno (UAMI), rinominato “Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale” (EUIPO),
anche attraverso l’istituzione di un centro di mediazione per la risoluzione amichevole delle controversie
relative ai marchi e ai disegni comunitari, nonché il cambio di denominazione del marchio comunitario in
“marchio dell’Unione Europea”. Il regolamento, inoltre, prevede una riduzione significativa delle tasse di
registrazione dei marchi comunitari, fino ad un massimo del 37%, e previsto nuovi moduli di domande e di
calcolo delle tasse, che saranno aggiornati automaticamente con l’entrata in vigore dell’atto normativo,
previsto per il 23 marzo 2016.
Brevetti: continua il trend di crescita delle domande di brevetto a livello mondiale. La Cina costituisce il
motore di tale crescita
Il 2014 è ancora un anno di crescita a livello mondiale: sono state, infatti, depositate circa 2,7 milioni di
domande di brevetto. La Cina è capolista, a seguire Stati Uniti e Giappone.
Accanto a tale crescita si registra, tuttavia, un calo per quanto riguarda le domande di registrazione di
disegni e modelli industriali. Infatti, il numero di tali domande è diminuito per la prima volta in vent’anni,
così come risulta dal rapporto annuale pubblicato dall’OMPI (Organizzazione mondiale per la proprietà
intellettuale) sugli Indicatori mondiali relativi alla proprietà intellettuale per il 2015 (disponibile al seguente
link).
A ben vedere, secondo il commento offerto dal Direttore generale dell’OMPI, tale evoluzione mette in luce
non solo il ruolo determinante che ricoprono le nuove tecnologie e i marchi, ma anche l’importanza della
procedura di esame di merito, al fine di mantenere un elevato livello qualitativo.
Brevetti
Gli uffici brevetti che hanno ricevuto il maggior numero di domande sono quelli della Cina (928.177
depositi), degli Stati Uniti (578.802), del Giappone (325.989), della Repubblica di Corea (210.292) e
dell’Unione europea (152.662).
Se la tendenza innanzi esposta dovesse confermarsi anche per il prossimo anno, l’Ufficio di Stato della
proprietà intellettuale della Cina (SIPO) diverrebbe il primo ufficio ad aver ricevuto un milione di domande
in un solo anno.
Gli americani hanno depositato il più alto numero di domande all’estero (224.400) seguiti da giapponesi
(200.000) e tedeschi (105.600). I cinesi, invece, ne hanno depositato un numero ridotto di estensioni
internazionali (circa 36.700).
Secondo i dati analizzati, nel 2014 sono stati concessi 1,18 milioni di brevetti nel mondo. Dopo cinque anni
consecutivi caratterizzati da un forte aumento di tali concessioni, nel 2014 si è registrato un aumento di
solo 0,3%. Questo dato è dovuto in gran parte alla diminuzione del numero di brevetti concessi dall’Ufficio
brevetti del Giappone: 50.000 in meno rispetto al 2013.
Marchi
Le domande di registrazione di marchi sono raddoppiate dal 2000. La Cina, anche in questo caso, è in vetta
alla classifica dei paesi che ne ricevono il più alto numero, a seguire gli Stati Uniti, l’Ufficio per
l’armonizzazione nel mercato interno (OAMI) dell’Unione europea, la Francia e il Giappone.
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La pubblicità e la gestione di affari commerciali sono stati all’oggetto di numerose domande. Nel 2014, tale
categoria ha rappresentato il 9,8% dell’attività di deposito. È stata seguita dall’abbigliamento, dagli
apparecchi e strumenti scientifici, fotografici e di misurazione.
Il numero totale dei marchi registrati nel mondo durante il 2014 è fortemente aumentato rispetto al 2013
(+ 16,3%) ed è arrivato a 3,49 milioni. Ancora una volta la Cina si trova al primo posto.
Disegni e modelli
Per la prima volta dopo più di venti anni, il 2014 è stato segnato da una diminuzione (circa 8,1%) del
numero complessivo di disegni e modelli presenti nelle domande di registrazione.
Tale situazione, non a caso, è dovuta a una netta diminuzione delle domande depositate dai residenti
cinesi.
Brevetto nuove varietà vegetali
Nuovo record raggiunto nel 2014: circa 15.600 domande sono state depositate nel mondo. L’aumento è
pari al 3,3% e quindi siamo di fronte al quarto anno consecutivo di crescita.
All’Ufficio comunitario delle varietà vegetali (UCVV) dell’Unione Europea viene attribuito il primato per aver
ricevuto il più alto numero di domande (3625 depositi), seguito dalla Cina (2026 depositi) che ha superato
gli Stati Uniti (1567 depositi) e l’Ucraina (1447 depositi).
FLASH NEWS DAL WEB
Garante privacy interviene sui limiti all'utilizzo di tecnologie biometriche per rilevare presenze dipendenti
European Network and Information Security Agency Issues Study on Security Measures for Smart Home
Environments
EU Parliament Strikes Deal with Council on Trade Secrets Protection
Cybersecurity: National Institute of Standards and Technology Suggests Methods for Protecting Data from
Cyber Attacks
EDPS Issues Guidelines on the Use of eCommunications and Mobile Devices
EDPS priorities 2016
Federal Trade Commission Issues Warning Over Big Data Discrimination
EU Cyber Security Rules Approved by Parliament’s Internal Market Committee
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