DIRETTIVE “PERMESSO UNICO”, “LAVORO STAGIONALE

DIRETTIVE “PERMESSO UNICO”, “LAVORO STAGIONALE”, “DISTACCO INTRA-SOCIETARIO”:
NO AL DOPPIO REGIME NEL MERCATO DEL LAVORO EUROPEO
La CES ha più volte invitato le organizzazioni affiliate ad intervenire nella discussione in corso sulla proposta
di direttiva COM(2007)638 relativa al cosiddetto “permesso unico”, al fine di superarne i limiti che
rischiano di essere introdotti nella parità di trattamento e non discriminazione tra lavoratori provenienti da
paesi terzi e lavoratori nazionali/comunitari.
La Cgil, insieme ad alcune categorie (Fillea, Fiom, Flai, Filcams, Filt) ha pertanto avviato un percorso di
approfondimento e discussione finalizzato a costruire una posizione comune, sulla base della quale
sollecitare un intervento fattivo ed urgente da parte delle forze parlamentari nazionali ed europee, nonché
l’attenzione dell’opinione pubblica.
Nella fattispecie, per quanto riguarda il “permesso unico”, la CES ha chiesto di intervenire per modificare la
proposta di direttiva sui seguenti punti:
inclusione di tutte le categorie di lavoratori (e in particolare dei lavoratori stagionali provenienti da
paesi terzi e personale trasferito internamente dalle aziende);
pari trattamento e remunerazione (previdenza sociale, sussidi di disoccupazione, formazione
professionale, tasse) per tutti i lavoratori provenienti da paesi terzi rispetto ai lavoratori
nazionali/comunitari.
Va qui tuttavia evidenziato, che la proposta di direttiva in questione, è strettamente collegata ad altre due
proposte di direttiva che affrontano i temi relativi a lavoratori provenienti da paesi terzi impiegati come
lavoratori stagionali ed in regime di trasferimento intra-societario (rispettivamente COM(2010)379 e 378).
Nello specifico la proposta sul lavoro stagionale fissa le condizioni di ingresso e di soggiorno dei lavoratori
provenienti da paesi terzi e ne definisce diritti e condizioni di lavoro, introducendo di fatto una differenza
tra lavoratori stagionali e non stagionali che svolgono lo stesso tipo di lavoro, contravvenendo quindi al
principio “pari retribuzione per pari lavoro”, aprendo in questo modo la via al dumping sociale ed al
livellamento verso il basso delle condizioni di lavoro.
La proposta sui trasferimenti intra-societari mira a semplificare le misure relative ad ingresso, soggiorno,
occupazione, mobilità e ricongiungimenti familiari per i lavoratori provenienti da paesi terzi quando questi
sono trasferiti in seno ad uno stesso gruppo verso l’area UE per un soggiorno di durata superiore a tre mesi,
senza fissare alcun tipo di limite sulle dimensioni e tipologie delle aziende, criteri di impiego, attività da
esercitare e senza fissare adeguate misure di controllo, ispezione o verifica. Non esiste alcun obbligo in
capo alle aziende che impiegano lavoratori di paesi terzi, né viene sancito alcun principio esigibile di
protezione sociale.
Per queste ragioni ed a causa di molte altre criticità contenute in queste proposte di direttiva (si veda anche
la nota riassuntiva allegata), riteniamo necessario ribadire che non possiamo:
condividere una legislazione dell’UE che discrimini i lavoratori provenienti da paesi terzi a livello
giuridico e pratico;
essere d’accordo con un sistema in base al quale i lavoratori provenienti da paesi terzi entrino nel
territorio europeo attraverso uno Stato membro e successivamente possano essere distaccati
senza problemi in un altro Stato membro, aggirando le disposizioni legislative e contrattuali di
tale Stato;
essere d’accordo sul fatto che la liberalizzazione dell’accesso al mercato del lavoro dell’UE si
trasformi di fatto nella creazione di un doppio regime, per di più in assenza di controlli preventivi
efficaci ed efficienti e sanzioni adeguate in caso di abusi da parte delle imprese.
In ragione di quanto qui esposto, sollecitiamo un intervento più forte e risolutivo per una sostanziale
modifica dell’impostazione della proposta di direttiva sul “permesso unico” che tenga conto dei principi qui
evidenziati e la massima attenzione affinché la discussione sulle proposte di Direttiva “lavoro stagionale” e
“trasferimento intra-societario” non introduca principi inaccettabili e lesivi dei diritti fondamentali delle
lavoratrici e dei lavoratori.
Tale intervento dovrà inoltre sollecitare il recepimento immediato nel nostro paese della direttiva
CE/2009/52 e riattivare la discussione sull’apertura di canali di ingresso legali per ricerca occupazione che
non possono limitarsi a lavoratori altamente qualificati (“carta blu”), nonché porre la questione della
necessità di superare l’impostazione securitaria dell’attuale legislazione immigrazione, non solo a livello
nazionale, ma anche a livello europeo.
La legislazione europea, in particolare in materia di lavoro e di diritti di cittadinanza, deve basarsi in ogni
sua articolazione sul fondamentale principio di “uguale trattamento per tutti i lavoratori” a prescindere
dal loro paese di origine e dalla tipologia di lavoro che svolgono.
Roma, 23 febbraio 2011