Musica nella Liturgia dicembre 2004

Ricominciamo da 4… un nuovo percorso
Una finestra si apre sul nostro cammino con nuovi «scenari»
nnanzitutto: salve a tutte e tutti voi! Come potete notare, qualcosa è cambiato, a cominciare
dal formato. Inoltre, Musica nella Liturgia è
diventata una pubblicazione in sintonia con Il
Seminatore, al quale vengono «dati in prestito»
alcuni degli argomenti che verranno proposti qui,
ed anche canti ed inni. Nel Seminatore saranno in
forma ridotta, per ovvie ragioni, mentre nella nostra
pubblicazione avremo le versioni integrali, anche
perché, usando un termine caro alla pubblicità, il
target a cui noi ci rivolgiamo è più specifico, cioè
rivolto in particolar modo alle musiciste, animatrici
musicali e, al maschile, ai musicisti nonché animatori musicali.
Novità interessante è che tutti i canti e gl’inni
che verranno pubblicati, sia in Musica nella Liturgia
che nel Seminatore, saranno registrati su un Cd
demo a cura sempre del Seminatore: il primo musicista che ha entusiasticamente lavorato a questa
iniziativa è stato Emanuele Aprile, il quale ha curato il cd pubblicato nella nuova serie del Seminatore
appena uscito. Altri musicisti e musiciste o appassionati hanno comunque dato la loro disponibilità. Il
cd, con i canti sia del Seminatore che di Musica
nella Liturgia quindi, sarà pubblicato nella rivista del
Seminatore.
In definitiva, possiamo dire, scherzosamente,
I
ma con cognizione di causa, che nell’anno 2004
Musica nella Liturgia e Il Seminatore si uniscono in
una felice, si spera, vita in comune!
Secondo: le offerte. Qui abbiamo da dare una
bella notizia. Questo numero di Musica nella
Liturgia potrà uscire completamente autofinanziato
(fotocopie, buste di spedizione, francobolli, spese di
inchiostro stampante ecc...) grazie alle offerte che
sono state fatte da: la Chiesa evangelica battista
di Genova, Via Vernazza; dal fratello Nazareno
Lucchin della Chiesa evangelica battista di
Rovigo e da altre sorelle e fratelli che hanno dato
un contributo all’Assemblea straordinaria Ucebi
svoltasi l’anno scorso. Giova ricordare che questa
rubrica, fotocopiata in proprio, si potrà reggere
soprattutto sulle offerte, non essendo in vendita e
non potendo pesare sul budget del D.E. se non per
pochi numeri, come è accaduto per il 2003.
Con «Ricominciamo da 4», titolo dell’ultima
pubblicazione, sembra che l’entusiasmo si sia alimentato. Vi presenteremo, dunque, nelle ultime
pagine, nuovi collaboratori e collaboratrici. Altri ed
altre si aggiungeranno nei prossimi numeri.
Insieme scopriremo nuovi inni, animazioni liturgiche, storie di artisti delle chiese, delle melodie di
fede di ogni cultura, e di ogni canto che lodi e narri
le opere del Dio creatore.
Aprile 2004
Appello ed evangelizzazione: solo nel 1922?
Un’analisi sulla situazione della musica evangelica in Italia
A
llora, la questione è questa: nell’indice tematico dell’Innario Cristiano del 1922, troviamo
una voce, esattamente la XIX, intitolata:
Adunanze di appello e di evangelizzazione.
Nell’indice tematico dell’Innario Cristiano del 1969
questa voce XIX scompare e ritroveremo la parola
«appello» insieme a «risveglio cristiano» nella seconda parte, alla voce L’anno liturgico, al punto B, intitolato «Occasioni e tempi particolari». Invece, la
parola «evangelizzazione» non c’è più. Andiamo poi
a vedere l’Indice dell’Innario Cristiano del 2000 e
notiamo che anche la parola «appello», conservata
nell’Innario del 1969, scompare. Come mai? Urge
dunque avere dei chiarimenti. Lo faremo ascoltando
alcuni fratelli che hanno lavorato nelle commissioni
di questi due innari, del 1969 e del 2000, e la reazione, da un punto di vista teologico e musicale, di chi
si è trovato a doverli utilizzare e riutilizzare secondo
le scelte delle commissioni.
Incominceremo con il maestro Ferruccio Corsani
che ha partecipato ai lavori delle commissioni
Innario sia del 1969 che del 2000. Seguiranno poi
nell’ordine il pastore Bruno Rostagno, il pastore
Alberto Taccia, curatori dell’Innario Fcei 2000, e concluderemo con il pastore Emmanuele Paschetto,
erede dell’Innario battista «Alleluia», Amei, 1959.
«Sul piano puramente formale
io sono stato membro delle due
commissioni come maestro di
musica, quindi, non mi sono
assolutamente occupato delle
questioni che riguardavano la
strutturazione teologica; questo
aspetto bisogna chiederlo
appunto ai teologi. Nella commissione del 1969 il
teologo più di spicco, secondo me, era Pier Paolo
Grassi che era una persona a prima vista forse poco
appariscente, ma era in realtà un pozzo di scienza
2
teologica, poi c’era Edoardo Aime anch’egli molto
preparato; invece noi: Ettore Fanzilli della chiesa
battista di Roma, Italo Gratton della chiesa metodista, più tardi Giuseppe Belforte ed io, ci occupavamo della parte musicale; vari testi che Gratton proponeva, pur perfetti dal punto di vista metrico,
suscitavano perplessità nei teologi della commissione che correggevano le nostre espressioni poco felici e anche quelli degli inni del 1922. Anche nell’innario del 2000 c’è stato soprattutto un lavoro di correzione dei testi. Per l’edizione del 2000, dopo il lavoro di commissione svolto da Bruno Rostagno,
Alberto Taccia, Franco Tagliero e da me, con la collaborazione di Flavio Gatti per la stampa e la composizione, fu adottata la struttura teologica definitiva,
su proposta di Bruno Rostagno. Per la questione
della XIX voce «appello ed evangelizzazione» posso
rispondere con alcuni miei canti pubblicati nella raccolta della Fcei «Cantate al Signore»: Ben è la
messe grande, Canta mio cuore, ed altri pubblicati
nell’Innario Cristiano 2000, che lanciano un messaggio musicale che non definirei di appello, ma piuttosto di «apertura» cioè di invito ad ingranare una
marcia nuova nella nostra testimonianza; posso dire
che ho composto tali inni avendo in mente sia l’aspetto «apertura» ad alcuni problemi del nostro
tempo, sia la testimonianza e l’evangelizzazione: io
credo che per testimoniare ed evangelizzare occorre
uscire dalle chiese. Allora oggi io penso che un
repertorio di canti che abbia come spunto l’evangelizzazione, chiaramente non nel senso di proselitismo, dovrebbe essere rivolto contemporaneamente
al sociale ed al messaggio biblico, ma non è facile
sposare i due aspetti. Noi quando partiamo da un
argomento biblico non ci sentiamo spaesati perché
siamo stati abituati sin da ragazzini a parlare di queste cose; invece c’è chi sentirebbe il bisogno di sentir parlare in termini laici, sociali e da quelli arrivare
alla soluzione che, per noi cristiani, sta in Cristo.
L’inno Camminiamo insieme, n. 320 dall’Innario
2000, del quale ho curato il testo e ho restaurato il
ritmo originare della melodia, parla della fratellanza
umana e da questa idea giunge a parlare dell’amore
di Cristo che ci unisce nella libertà.
be creare anche una sezione giovani, una sezione
ragazzi. Tutto sta a vedere però cosa ci mettiamo
dentro, quali proposte nuove. Insomma, lo ripeto: è
da adesso che si deve cominciare a lavorare.
«Innanzitutto occorre un chiarimento: come ho già affermato
nella presentazione ufficiale,
l’innario 2000 non è il «nuovo»
innario; non potrebbe esserlo
anche perché non ci sono delle
innovazioni tali da poter giustificare la parola «nuovo»; lo
chiamerei piuttosto una «riedizione» dell’innario
del 69. Infatti, il nostro mandato era quello di correggere i testi, poi, grazie alla nuova tecnologia,
abbiamo fatto anche dei cambiamenti, tipo la
numerazione, o abbiamo tolto alcuni inni francamente ormai desueti e ne abbiamo aggiunti altri
più contemporanei. E affermai inoltre, sempre nella
presentazione: è da adesso che bisogna cominciare
a lavorare per un nuovo innario. Fino ad ora nessuno ha colto questo invito.
Per quanto riguarda invece la voce XIX oggi io
credo che «appello» è un termine che non si usa più
tanto. Può conservare il suo significato, ma non più
con le stesse modalità. Se si esercitano delle attività,
non richiamano più adunanze d’appello ma piuttosto
attività «evangelistiche». Tuttavia nell’innario non
troviamo più molte proposte adatte ad una evangelizzazione moderna perché non si usano più quei tipi
di inni ma si va ad attingere ad altra musica, ad
esempio al Negro-spiritual, al Gospel. L’innario è
diventato piuttosto uno strumento di culto e difficilmente si può prendere qualcosa se si fa un’uscita
verso l’esterno. Forse alcuni inni dell’innario come: Il
Regno tuo Signor nel mondo venga o altri più
energici, pochi in verità, potrebbero ancora andar
bene, ma occorrerebbe pescare tra le produzioni
nuove, ad esempio il Sud America; lavoro che è stato
fatto con la raccolta «Cantate al Signore», ma è mancato il tempo per creare un innario con le due parti.
Certo, oggi se dovessi pensare ad un nuovo innario
credo che si potrebbe anche fare una sezione intitolata «evangelizzazione», perché no, come occorrereb-
La voce «adunanza di appello e di
evangelizzazione» dell’innario del
1922 e quella «appello e risveglio cristiano» dell’innario del
1969 sono state, in parte, sostituite nel titolo «la missione» dell’innario del 2000. Inoltre 15 inni di
evangelizzazione della raccolta
del 1922 sono stati ripresi, in diverse collocazioni e
con qualche variante, nell’innario del 2000 (273=248;
275=237; 276=302=60; 304=318; 305=263;
306=292). Non solo, diversi inni del 1922, trascurati o
messi in appendice nel 1969, sono stati recuperati nel
2000. Inoltre molti canti dell’attuale raccolta hanno
un chiaro carattere evangelistico, senza far parte di
un’apposita categoria. La ragione per cui si è volutamente escludere una sezione riservata all’appello e
all’evangelizzazione deriva dal fatto che una tale evidenziazione sembrava voler separare i «giusti» che
nelle comunità «non hanno bisogno del ravvedimento» dalle pecore perdute e da condurre all’ovile. La
Parola dell’Evangelo, come annuncio di grazia e di
perdono, da cui nasce l’esigenza della nuova vita e a
cui il Signore ci chiama, deve sempre essere rivolta a
tutti e a tutti ripetuta. La suddivisione di inni in categorie deve conservare un carattere puramente indicativo e qualunque inno può essere diversamente
applicato alle situazioni considerate più opportune
nelle comunità, sia all’interno che all’esterno di esse.
Il canto di «evangelizzazione» verso l’esterno è reso
più efficace se le parole vengono illustrate. La melodia dovrebbe essere il veicolo attraverso il quale si
trasmette la Parola, evitando, per quanto possibile, la
forma del concerto in cui è la bravura dei cantori che
appare in primo piano. Naturalmente è necessario
che le parole, i pensieri e le espressioni degli inni
non siano banali, incomprensibili o antiquate. Questo
è stato uno degli obiettivi nella trascrizione dei testi
nel nuovo innario, anche se i risultati non sono stati
sempre soddisfacenti.
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Ad Emmanuele Paschetto, erede
dell’ Innario Alleluia, composto
dal pastore Enrico Paschetto
(un’importante pubblicazione
che purtroppo non ha ricevuto
l’attenzione che avrebbe meritato) chiediamo, appunto, una
reazione…
«Io penso che come prima cosa noi non siamo più
capaci di fare evangelizzazione per cui può essere
anche una malignità dire che non sapendo fare una
cosa si elimina anche la parola, nel senso che l’evangelizzazione classica, quella del contatto con le persone o all’aperto, nelle piazze ecc… oggi chiaramente è
molto difficile farle, non hanno più molto successo;
dovrebbero essere piuttosto sostituite da altro tipo di
evangelizzazione, quella cioè che si è sempre fatta una
volta, personale, di contatti con amici e conoscenti,
vicini di casa e via di seguito. Seconda cosa, penso che
comunque da anni avremmo dovuto riflettere su questo fatto: se l’evangelizzazione sia ancora di attualità, e
io penso che lo sia, e come oggi andrebbe affrontata,
concretizzata. Circa vent’anni fa noi abbiamo avuto un
segnale stranissimo perché avevamo organizzato un
convegno sull’evangelizzazione e questo convegno fu
un disastro perché fu allora che morì la figlia di
Saverio Guarna che era il segretario dell’evangelizzazione. Da allora, su questo tema, abbiamo avuto solo
la non riflessione. Dunque, penso che se l’evangelizzazione in modo classico fino
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al 22 era chiaramente una delle attività principali che
si chiedevano ad una chiesa, nel 68 un po’ meno,
adesso evidentemente è stata sostituita da tutta una
serie di sinonimi che poi non entrano veramente nel
significato di quello che si attribuiva una volta. Ad
esempio, se noi usiamo la parola servizio cristiano la
affianchiamo a diaconia mentre l’evangelizzazione è
Kerygma, annuncio. La parola e l’azione vanno di pari
passo, questo è chiaro, ma la parola non si nasconde
nell’azione né viceversa. Allora oggi quando devo cercare inni attinenti l’evangelizzazione devo andarli a
cercare qua e là anche se mi fa già piacere che in quest’innario del 2000 si sia ripresa la vecchia melodia di
Vieni fratello che era uno dei classici, perché lego l’evangelizzazione ad un tipo di scelta molto forte. La
parola «evangelizzazione» deve ricomparire sia come
voce liturgica e come stanza di inni, ce ne sono tanti,
sia come l’azione più importante delle nostre chiese.
Evangelizzazione che non si confonda con il proselitismo, perché è chiaro che non diventando evangelico
che tu automaticamente sei convertito: la conversione
autentica è quella rivolta al Signore e non ad una particolare forma di cristianesimo. È ovvio che, nel presentare l’Evangelo, ad un certo punto tu possa anche
dire: vieni a viverlo insieme a noi. Infine, alla voce
evangelizzazione, aggiungerei anche l’appello al cambiamento di vita, accompagnati da una produzione di
nuovi inni ma anche di riscoperta dei più antichi, il cui
messaggio arriva ancor oggi fino a noi.
A passo di traduzioni
a cura di Francesco Romeo
I
l mio lavoro, che mi ha portato in varie località del
mondo, compreso il Nord America, ha inculcato in
me l’amore per la musica gospel e tradizionale
evangelica americana, detta anche «spiritual». Ho cercato quindi di trasportare «il feeling Battista» del sud
degli Stati Uniti d’America nella nostra lingua che, del
resto, è la più bella del mondo per il canto.
Dunque, tradurre
un inno, un gospel
o uno spiritual, dall’inglese all’italiano
può non essere
considerato un’eresia se la traduzione
porta con sé il feeling originale e,
soprattutto, se si fa
capire da quelli che
ascoltano o che eseguono tale canto. E per capire e
far capire, insomma per «ben tradurre», occorre
conoscerne un po’ la storia. Questa volta incomincerò il cammino insieme al fratello Dudley Graves,
che troverete nelle pagine seguenti, riportando la
biografia di due autori importantissimi:
Fanny Jane Crosby: nata a Putnam Country New
York il 24 marzo 1820; morta a Bridgeport
Connecticut il 12 febbraio 1915, è considerata la più
significativa autrice di inni evangelici che l’America
abbia avuto.
Diventata cieca all’età di sei anni a causa di un’intervento medico sbagliato, conseguì la sua istruzione
presso la New York School for Blind (Scuola per
Ciechi di New York). Possedendo, sin da bambina, un
dono naturale per la poesia, si guadagnò una considerevole esperienza nella scrittura di versi laici (o
profani) fornendo testi per le composizioni dei menestrelli e le cantate, prima che dedicasse il suo talento
alla scrittura di poesie sacre, all’età di 44 anni.
Durante la sua lunga esistenza, di oltre 90 anni, la
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Crosby scrisse fra 8.500 e 9.000 testi, molti dei quali
musicati dai più importanti compositori di musiche
sacre dell’epoca, fra cui vanno citati William B.
Bradbury, Robert Lowry, George Root, William
Howard Doane, e Ira D. Sankey. Crosby usò più di
duecento pseudonimi per firmare i suoi lavori.
Trascorse la maggior parte della sua vita nella città di
New York e da buona metodista a vita, frequentò la
Chiesa Metodista Episcopale di John Street di
quella città.
William Howard Doane, nato a Preston nel
Connecticut ( USA) il 3 Febbraio 1832, morto a South
Orange New Jersey ( USA) il 24 Dicembre 1915, fu il
principale collaboratore musicale della Crosby nella
produzione di inni evangelici. Doane aveva una formazione religiosa e studiò alla Woodstock Academy
dove presto manifestò un’attitudine per la musica
anche come esecutore (infatti suonava il flauto e l’organo), nonché come direttore di coro.
Si convertì nel 1847, fu battezzato nel 1851 diventando così un membro attivo della comunità battista, dove rimase per tutta la vita. Subì un attacco di
una grave malattia, ancora giovane, e decise di dedicare il meglio del suo tempo e del suo talento a scrivere melodie di canti evangelici e a pubblicare collezioni di canti spirituali.
Degli oltre 2.000 pezzi che scrisse più di 30 sono
tutt’ora di uso frequente nelle chiese. Egli fu editore
insieme ad altri, quale ad esempio Robert Lowry , di
circa 40 collezioni di inni. Doane fu anche l’editore
musicale dell’Innario Battista ( The Baptist Hymnal
- Philadelphia 1883).
Egli è dunque ricordato soprattutto per le melodie dei suoi canti evangelici.
Ed ora comincia il mio vero compito per Musica
nella Liturgia che sarà quello di lavorare sulle traduzioni. Questa volta, come apertura per il primo
numero, ho voluto comunicare un approccio alla traduzione che non è solo quello di «tradurre delle
parole», ma di capire l’autore nella sua anima spirituale, e culturale.
Nella pagina seguente vi riporto una mia traduzione, appunto, di un bell’inno di Crosby e Doane,
tra l’altro non molto conosciuto, dal testo originale in
inglese: Tread Softly (Con Passo soave).
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L’innologia battista
a cura di Dudley Graves
T
raendo spunto proprio dalla biografia di Fanny
Jane Crosby, che il fratello Francesco Romeo ci
ha così bene trasmesso, incomincerò il percorso sull’innologia battista. Un percorso nel quale, più
che parlare di storia, si presenteranno inni che parlano di storie e che man mano ci condurranno ad individuare un repertorio, diciamo, «tipicamente battista». E subito, come primo approccio, vi facciamo
notare che gli «intrecci denominazionali», cioè tra
poeti o musicisti che non sono solo battisti, come nel
caso della Crosby ed altri, renderanno ancor più
ricco e particolare il carattere dell’ innologia battista.
È questo un monito, oggi, per cercare di comprendere che «insieme» si creano opere senza tempo, e che
solo nell’incontro e nel dialogo si può costruire.
Inoltre, quando si fa ricerca, si scoprono le verità
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del «dopo». Il «Cantiamo insieme», sia il 1° che il 2°
volume, opera criticata a volte anche aspramente,
edita dal Seminatore e curata dal pastore Saverio
Guarna, si rivelerà in queste nostre ricerche, una
pubblicazione dalle informazioni molto interessanti.
Partiremo, dunque, insieme a Francesco Romeo,
proprio dalla nostra Fanny Jane Crosby, per continuare poi con altri autori.
Credo che molti di noi non sanno che alcuni inni
riportati dai nostri innari e da noi stessi cantati sono stati
appunto scritti da autori che si inquadrano nella letteratura dell’innologia battista, a partire proprio dalla
Crosby. Ad esempio, l’inno A Dio sia la gloria, che troviamo nell’Innario Cristiano della Fcei, con il numero
50, è anche esso un lavoro di Crosby per il testo e
Doane per la musica. Questa informazione, per quanto
riguarda il testo originale, la ritroviamo soltanto nell’autore del testo in italiano di questo inno, il pastore Enrico
Paschetto, il quale nell’Innario Alleluia, pubblicato nel
1959, da lui stesso composto e curato, ci riportò sia l’inno che la fonte: «libera versione in italiano (di Enrico
Paschetto) della poesia di Fanny Jane Crosby».
Un altro inno, famosissimo potremmo dire, è
Lieta Certezza e qui c’è una breve storia da raccontare «Nell’anno 1873 - disse la Crosby - scrissi Lieta
certezza. Una mia amica, la signora Joseph Knapp,
compose una melodia e me la fece ascoltare due o
tre volte al pianoforte. Poi mi chiese: cosa ti dice
questa melodia? Le risposi:
Lieta certezza, sono di Gesù!
O che anticipo della gloria divina!
Un erede di salvezza, un acquisto di Dio.
Lei disse di avere scritto il testo con la sua fedele
macchina da scrivere «Braille» dopo aver «ascoltato»
la melodia composta dalla sua amica; «ascoltato»
perché come ci ha raccontato Francesco Romeo,
Fanny Crosby era cieca, da quando all’età di sei anni
fu vittima di ‘malasanità’.
E concludiamo questo nostro percorso con un
altro inno composto insieme al musicista John R.
Sweney: Dimmi la storia di Cristo. Anche qui il
carattere della sua poesia emerge con forza e abban-
dono nella fede in Dio. Vi riportiamo dunque il testo
in italiano con una versione riportata nel “Cantiamo
Insieme 1” realizzata da un anonimo e revisionata
da Paolo Marziale.
1. Dimmi la storia di Cristo, scrivila dentro il mio cuor:
su d’una croce l’han visto patire un grande dolor.
Per la sua morte ora io vivo Gesù nel mio cuor:
gloria al figlio di Dio che mi mostrò il suo amor.
Egli morì sulla croce per salvar l’uomo quaggiù.
2. Dimmi la storia di Cristo, dimmelo quanto mi amò:
in una tomba l’han visto perché per me lui pagò.
Parlami ancora di pace, quella che dona Gesù.
Egli morì sulla croce per salvar l’uomo quaggiù.
Dimmi la storia di Cristo...
3. Dimmi la storia di Cristo quando afflitto io son:
egli è risorto, l’han visto, e m’assicura il perdon.
Dimmi la storia di nuovo, parlami del suo amor;
la vita mia ricevo solo dal mio Salvator.
Dimmi la storia di Cristo...
Dimmi la storia di Cristo scrivila dentro il mio cuor:
dar la sua vita l’han visto per me, il mio Redentor.
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Nata dallo Spirito Santo, lavata nel Suo sangue.
Questo è la mia storia, questo è il mio canto,
lodando il mio Salvatore per tutta la giornata.
Innari & Inni d’oggi
a cura di Domenico D’Elia
D
a circa 30 anni la produzione di nuovi canti e
inni coinvolge decine di autori alla ricerca continua di stili e forme espressive in grado di presentare il messaggio evangelico alle giovani generazioni.
Così nasce la «Praise and Worship», la «Lode e
Adorazione», movimento che coinvolge milioni di credenti in tutto il mondo uniti dal semplice, ma potente
messaggio di salvezza musicalmente annunciato e
testimoniato.
Il canto che oggi vi propongo s’intitola: Che
immenso amore ci mostrò. Il titolo originale in inglese è «How deep the Father’s love for us», canto com-
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posto da Stuart Townend, da anni esponente del
«British Awakening» (risveglio britannico), autore di
brani conosciuti in tutte le chiese evangeliche di lingua
inglese. Questo canto focalizza la sua attenzione sull’amore che il Padre ci ha mostrato nella morte e resurrezione di Suo Figlio, un amore incommensurabile che ci
ha eternamente riscattati e salvati.
Il canto ben si adatta ad una voce solista accompagnata dal semplice, ma coinvolgente arpeggio di una
chitarra acustica; la comunità può aggiungersi man
mano che il canto prosegue e con essa tutti gli strumenti di cui dispone per l’accompagnamento musicale.
È un canto di confessione di peccato, ma anche di
fede; può essere cantato durante la Cena del Signore o
al termine del momento dedicato alla confessione di
peccato personale e/o comunitaria; nelle animazioni
evangelistiche può essere utilizzato come canto di
meditazione e di riflessione.
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L’animazione
musicale liturgica
Note in musica
I
O
a cura di Virginia Mariani
tempi sono ormai maturi per far sì che un rinnovamento possa concretizzarsi nelle nostre chiese.
Rinnovamento che non significa abbandono o
rinuncia delle forme liturgiche, cultuali e di vita comunitaria che ci sono familiari e non significa neppure critica
assoluta dei modelli tradizionali. Piuttosto il contrario:
rinnovamento come riscoperta di ciò che abbiamo perduto nel tempo, ma con i nostri linguaggi e la cultura del
nostro tempo. Il «nuovo» è appunto in questo: una ritraduzione del messaggio in cui crediamo. Il terreno, quindi, passando via la paura d’intendere il rinnovamento
come sovvertimento radicale della nostra tradizione,
man mano si va spianando; occorre, dunque, lavorarci.
Le chiese sono più pronte ad ascoltare le novità, sia per
condividerle, creando nuove forme liturgiche, sia per
confutarle, conservando le forme tradizionali.
Una delle novità maggiori è appunto quella della figura dell’animatore e dell’animatrice musicali per la
liturgia. Di che cosa si tratta?
L’animazione musicale ha, come
primo compito, quello di scoprire
innanzitutto nuovi talenti, di coinvolgerli e appassionarli e, nello
specifico liturgico, di aiutarli e seguirli nel lavoro della
testimonianza evangelica attraverso la musica. Come
secondo compito, l’animatore o l’animatrice hanno
quello di realizzare una «regia» insieme al pastore e
alla pastora della comunità, ai predicatori, coordinando i musicisti e la comunità nel canto, nella musica,
durante i culti, negli incontri di evangelizzazione. Vale
sempre la pena ricordare la regola d’oro per ogni
animazione che si possa definire «ottima»: l’animatore
e l’animatrice sono coloro che ci sono, ma non si vedono, perché a vedersi saranno i talenti che essi stessi
hanno scoperto e valorizzato. Inoltre sarà loro compito
far emergere «il gruppo», mai il singolo individuo né
tantomeno solo se stessi; accade, ed è umano, ma l’animazione è madre della «condivisione».
Anche questo si chiama «rinnovamento».
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gni volta che penso alla liturgia o devo curarla,
in occasione del culto domenicale di adorazione o in celebrazioni più solenni, penso alla
liturgista o al liturgista come a chi conduce per mano
la comunità che sempre, anche per esortazione di
Gesù, è come una fanciulla. Ai piccoli e ultimi del
Mondo, infatti, è promesso di entrare nel Regno di
Dio e le comunità sono chiamate a esserlo anche nel
predisporsi all’ascolto della Parola, oltre che nell’affidarsi completamente alla Sua volontà.
E così, umile pedagoga della liturgia, per iniziare
questo percorso insieme vi propongo un piccolo studiotest al quale anch’io mi sono sottoposta prima di occuparmi di animazione musicale e biblica. Ritengo, inoltre,
che sia importante avere le idee chiare su quale funzione abbia la musica e il canto nella comunità di appartenenza in particolare: per questo vi invito a condividere
questo studio in uno o più gruppi di lavoro, offrendo
l’opportunità di approfondire l’argomento e, contemporaneamente, proponendo già una semplice animazione.
La chiave di lettura del nostro lavoro in comunità è
il servizio con l’allegrezza della condivisione: l’evangelizzazione s’intona con predicazione, ma anche con
personale e continua conversione! Se proponete l’animazione durante uno studio biblico o in un gruppo,
iniziate introducendo l’argomento attraverso alcune
letture, a mo’ di safari biblico, scelte fra quelle che suggerisco alla fine del mio intervento. L’intento è quello di
far rilevare la notevole presenza della lode, cantata e
suonata, nella Bibbia: noi notiamo che la prevalenza è
nell’Antico Testamento, ma indugiare su questo ci porterebbe verso altre riflessioni. Per il momento possiamo chiederci semplicemente come mai Gesù abbia
‘trascurato’ tutto questo, così come le prime comunità
cristiane, se si tratta soltanto di un’impressione superficiale e se noi chiese del terzo millennio di tradizione
protestante possiamo ignorare questo aspetto, chiamate come siamo all’annuncio e alla predicazione nell’accoglienza della differenza che l’intercultura e l’interreligiosità ci donano di vivere quotidianamente.
Queste cinque domande faranno da guida nel lavoro in gruppo che seguirà la breve presentazione e che
durerà 15/20 minuti: fondamentale è la figura del «facilitatore» di gruppo che garantirà la partecipazione di
tutti i presenti e prenderà appunti.
1. A tuo parere, quale importanza e ruolo ha in
genere la musica?
2. Quale posto occupa per te la musica e il canto
nella liturgia e nei momenti comunitari in genere? E’
più importante durante un culto o lo è anche durante
lo studio biblico, gli incontri fra donne, giovani, bambini/e…?
3. Quando sei a casa o anche sul lavoro, intoni piacevolmente inni o canti di chiesa? Perché?
4. Ascolti, anche o soltanto, musica religiosa?
Perché?
5. Quale strumento, secondo te, è più adeguato per
accompagnare il canto in chiesa? Ritieni che sia piacevole accompagnare la lode al Signore col battito delle
mani?
Nella seconda parte si leggeranno insieme i brani
biblici che seguono, curando che la lettura sia non
improvvisata e che sia musica essa stessa, e si aprirà il
confronto aperto e ordinato. Vi consiglio dunque di leggere Lamentazioni 5, 1-22 soffermandosi sui versi 14 e
15; di seguito leggere Luca 15, 25 (parabola de “ Il figliuol
prodigo”). Quali considerazioni sorgono spontanee?
A conclusione, si leggerà un salmo e l’incontro terminerà con una domanda aperta che sarà di stimolo e
riflessione personale; potrà seguire un canto o un inno
confortevolmente eseguito e cantato come l’uso comunitario comanda, come per esempio Te celebriamo, o
Padre con fervore dall’ Innario Cristiano.
Per concludere, leggere il salmo 100: ti senti in ‘sintonia’ con l’invito fatto dal salmista?
Vi voglio lasciare indicandovi alcuni riferimenti biblici sempre in rapporto alla musica ed al canto.
Breve percorso biblico – musicale
Bibbia, versione Luzzi
MUSICA
Lam. 5, 1-22 (14 e 15)
Luc. 15, 25
CANTO
Salmo 69: 29-36 (30)
I Cronache 6: 31-32; 25: 1-31 (6 e 7)
Dopo la plenaria, durante la quale i gruppi espongono le proprie considerazioni, si può cantare un canto
o un inno di lode dal ritmo brioso senza l’accompagnamento strumentale riassaporandone così parole e melodia, come per esempio Masithi!, Terra e cielo cantano insieme, Lui venne dalla raccolta Cantate al
Signore edito dalla Fcei o anche il classico Celebriamo
il Signore dall’ Innario cristiano cantato due volte, con
un po’ più di ritmo e col battito delle mani la seconda
volta. Nell’occasione si potrebbe ricordare che nell’antichità non vi era organo o tastiera, ma voce mani e semplici strumenti (timpani, cembali, tamburelli, flauti…)
che ci riconducono alle nostre radici ma contemporaneamente ci avvicinano alle altre culture lontane soltanto geograficamente.
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CANTICO
Giu. 5, 1: “Debora cantò questo cantico.”
Salmo 40, 3: “l’Eterno ha messo nella mia bocca un
cantico nuovo”
Salmi 96, 98, 149, 1: “cantate all’Eterno un cantico
nuovo”
Apo. 5, 9: “cantavano un nuovo cantico”
CANZONE
Giob. 30, 9: “sono il tema delle loro canzone”
Ecc. 7, 5: “meglio la riprensione del savio che la canzone degli stolti”
Salmo 69, 12: “sono oggetto di canzone ai bevitori di
cervogia”
INNO & INNI
I Re 4, 32: “gli inni di Salomone furono 1005”
Salmo 47, 7: “cantate a Dio un bell’i.”
Col. 3,16: “cantando di cuore a Dio inni”
Musicisti ieri e oggi:
Carlo Corsani
a cura di Carlo Lella
A
vevo tredici anni e mi ero da poco trasferito da
Barletta a Chiavari, in provincia di Genova.
Mio padre, il pastore Nicola Lella, dopo dodici
anni di ministerio nella comunità di Barletta aveva
deciso di cambiare sede e ci eravamo trasferiti
appunto in questa cittadina ligure. Per me fu un trauma molto forte in quanto il cambiamento, soprattutto
a quell’età mi sembrava troppo radicale: lasciavo
amici, affetti, giochi...
La comunità si mostrò subito accogliente, desiderosa di creare un ambiente confortevole e pian piano
ricostruii la mia vita.
Così incominciai a studiare la musica tre volte più
di quanto facevo prima, prediligendo la chitarra che
era lo strumento più adatto a comunicare con gli altri
ragazzi, fino ad arrivare ad una chiamata dell’allora
pastore Santilli della chiesa battista di Genova, il
quale mi invitò a suonare per una festa di natale.
Decisi di accettare, anche se con molto timore, non
mi sentivo all’altezza, ma il fatto che si trattava di
eseguire solo tre brani musicali e che potevo incontrare altri giovani mi diede la forza.
Ricordo ancora la scena: era di sera, entrai nella
sala di culto, pienissima, panico! e aspettando il mio
turno osservai alla mia sinistra un organo e accanto
un ometto dal viso simpatico, ma austero. Ad un certo
punto si posizionò meglio sull’organo, provò qualche
accordo, cominciò a suonare e tutta la chiesa si
ammutolì in silenzio ed in ascolto. Non era più un
ometto. «Santa pazienza! ma questo è un maestro
vero», dissi tra me e me in silenzio e mi salì una tale
tensione, per non dire paura, che non vedevo l’ora di
andare subito a suonare in quel palchetto preparato
per l’occasione per poi andarmene al più presto.
Finalmente arriva il mio turno, vado, mi siedo, prendo
un bel respiro mentre le gambe cominciano a sussultare con un tremolio che sposta maldestramente la
cassa della chitarra poggiata sulla gamba sinistra e mi
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rendo conto che o comincio subito o non riesco più a
suonare. E cominciai con Villa Lobos.
Mentre suonavo, vidi con la coda dell’occhio quell’ometto-maestro che improvvisamente si sporse per
vedere meglio chi suonava, rimanendo lì, in quella posizione, ad ascoltare. Il suo sguardo su di me era rassicurante ...e da quel momento in poi non ebbi più paura, la
musica suonava da sé, con le mie dita.
Finita la mia esecuzione, mentre stavo per allontanarmi, mi accorsi che mi chiamava con un gesto invitandomi ad avvicinarmi all’organo e lì mi disse: bravo, hai
talento, e mi raccomando, non abbandonare mai lo
studio della musica perché è un dono che Dio ti ha
dato ed è soprattutto per Lui che devi coltivarlo. Poi, si
presentò a mio padre che nel frattempo si era avvicinato all’organo dicendo: buonasera pastore, io sono Carlo
Corsani. E rimasi stupito, perché non si presentò come
maestro, ma semplicemente: io sono Carlo Corsani. Fu
questo per me un grande insegnamento.
Carlo Corsani è stato un fedele servitore del Signore per
tutta la sua vita, mettendo a
disposizione della comunità e
del Signore il suo dono della
musica, dietro a quell’organo
che non hai mai smesso di
suonare, pur essendo molto
impegnato come musicista in altre sue attività. Ancora
oggi, se vi capiterà di andare a visitare la chiesa battista
di Genova, vi accorgerete che la sua eredità ed il suo
esempio hanno raccolto frutti fertili e abbondanti.
Infatti, in questa comunità di sicuro non manca la
musica ed i musicisti, e musicisti impegnati, guarda
caso, nell’annuncio dell’Evangelo.
Prima di concludere vi riporto una delle sue composizioni che mi inviò non molto tempo fa, accompagnate
da queste sue parole: ...come Le avevo promesso (mi
dava del lei perché mi aveva rincontrato dopo tanto
tempo oramai adulto!), Le ho mandato delle musiche
per organo da me composte... Lungi da me credere che
siano musiche di alto livello, certamente sono musiche
sentite dal mio spirito. Voglia gradirLe, e se possono
servirLe come brevi intermezzi per qualche assolo, ne
sarò ben lieto, perché tutto è fatto alla gloria di Dio.
Suo Fratello in Cristo, Carlo Corsani.
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La redazione presenta:
Virginia Mariani, della Chiesa
Battista di Mottola. Predicazioni,
liturgie, musica sono tra le sue attività
principali supportata dai continui stimoli offerti dalla vivace comunità di
Mottola, rimasta per diversi anni
senza pastore. Così, attraverso la
Scuola Domenicale, la FGEI, della
quale è stata segretaria regionale, le
fugaci esperienze con il GRANT e il
GRUME, la costante collaborazione con Riforma, ora sta muovendo i suoi passi anche in direzione del Movimento
Femminile Battista e della FDEI, della quale è segretaria nazionale. «La volontà di comunicare e evangelizzare, di coinvolgere e coinvolgermi quasi travolgendo, e travolta io stessa dall’amore di Dio, è la colonna sonora della mia vita a volte
anche dissonante: ma è soltanto una questione di armonizzazione, si capisce».
Dudley Graves arriva in Italia nel
1972, fino al 1974, come missionario
per l’International Mission Board e,
ritornato in Italia nel 1986, lavora,
sempre come missionario, in collaborazione con l’Ucebi. Conseguiti nel
1972 dall’University of Alabama il
Bachelor of Education, il Master of
Religious Education nel 1979 dal
Southwestern Baptist Theological
Seminary (Ft.Worth,Texas,USA) e il
Master of Divinity nel 1982, è stato pastore dal 1989 al 1995
nella chiesa battista di Roma-Montesacro e dal 1996 è il referente a Viterbo per la Missione.
Appassionato conoscitore dell’innologia battista si è fatto
promotore di varie iniziative musicali, come organizzazione di
cori e gruppi musicali provenienti dagli USA.
Francesco Romeo, della
Chiesa Battista di Casorate
Primo. Nel 1963 si iscrisse
«all’Istituto Musicale Corelli» di
Messina e in due anni conseguì
il «diplomino» di canto artistico, voce di baritono, con la
professoressa Rosa la Rosa
Uccello, soprano di ottimo livello. Per i successivi due anni si
trasferì a Milano e al Conservatorio di Musica «Giuseppe
Verdi» dove conseguì il diploma di canto. «Dopo aver fatto
due audizioni, che puntualmente andarono male», come egli
stesso ci racconta, «decisi di trovare un lavoro stabile e formare una famiglia, tenendo il canto, che nell’ambizione primaria
voleva diventare una professione, come mezzo per dare gloria a Dio insieme agli altri fratelli e sorelle. Oggi fa parte del
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Complesso Internazionale Cameristico di Milano dove, insieme a tanti altri professionisti di diverse nazionalità, esegue
concerti di musica sacra e classica, con finalità di beneficenza,
traendone un grande beneficio spirituale.
Domenico D’Elia, della Chiesa
Battista di Mottola, ha cominciato
lo studio della musica a 6 anni;
suona in chiesa dall’età di 12.
«Questo è il mio 25° anniversario di
ministero musicale! Eppure continua ad essere esaltante suonare e
cantare, imparare ed insegnare
classici inni e nuovi canti». Ha iniziato come organista, poi dal tradizionale armonium è passato al piano digitale, alle tastiere, il tutto per
meglio valorizzare i nuovi canti della produzione internazionale, i
Gospel, la «Praise and Worship». E, come egli stesso afferma, «è
allora che si diventa animatore musicale, worship leader, insomma
scegliete voi la dizione che più vi garba. Resta il fatto centrale dai
Salmi ad oggi: adorare e lodare il Signore con tutta la mente, con
tutto il cuore, con tutto il corpo».
Pietro Romeo, della Chiesa battista di
Rivoli lavora, ormai da dieci anni, come
grafico impaginatore per il Settimanale
Riforma, giornale delle chiese battiste valdesi e metodiste italiane. Da diversi anni si
occupa anche del settore stampa del
Dipartimento di Evangelizzazione dell’
Ucebi e cura personalmente l’impaginazione e la stampa della pubblicazione storica “Il Seminatore”.
Ora si inserisce nella redazione di “Musica nella liturgia”,
impaginandolo, con l’entusiasmo e la gioia di lavorare anche
in questo settore cosi’ importante.
Quando riesce, si occupa anche dell’animazione musicale
della comunità alla quale appartiene ormai da trent’anni.
Musica nella Liturgia è un materiale di divulgazione a cura del Dipartimento di Evangelizzazione, fotocopiato in proprio e non in vendita. Si regge soprattutto
sulle offerte (viene qui accluso un bollettino).
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che divulga. Lo stesso vale per i materiali coperti da
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