ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA CHIUSURA DELLA PORTA SANTA Chiesa Concattedrale di Sant’Antimo Piombino, 5 novembre 2016 Carissimi, quasi a volo d’aquila abbiamo attraversato questo Anno Santo della Misericordia. Un anno in cui la parola «misericordia», pur presente nelle preghiere e nelle liturgie della Chiesa, ma non di rado troppo sommessamente annunciata e sperata, è stata fatta riemergere dalla nostra noncuranza e distrazione ed è stata messa sul lucerniere della Chiesa, delle nostre Diocesi e Parrocchie, perché tutti potessero ricevere luce e forza dal Padre Misericordioso, che Gesù Cristo ci ha rivelato. È il Signore Gesù, infatti, la porta della misericordia che ci riconduce al Padre. Per Cristo, con Cristo e in Cristo rendiamo al Padre ogni onore e gloria, e attraverso di Lui andiamo ai fratelli, per vivere quella misericordia che abbiamo ricevuto, così da formare giorno dopo giorno un popolo, che è capace di reciproca compassione e tenerezza. Un popolo che si lascia amare dal Signore, che accoglie i suoi doni e si lascia trasformare, così da divenire sempre più umano e cristiano. Proprio al termine di questa Santa Messa pregheremo con queste espressioni: «Ti ringraziamo dei tuoi doni, o Padre; la forza dello Spirito Santo, che ci hai comunicato in questi sacramenti, rimanga in noi e trasformi tutta la nostra vita» (PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE). È necessario però uscire dalla nostra autosufficienza, dalla nostra tracotanza. Non siamo noi al centro, ma è Gesù. «È Lui il centro della creazione», come scriveva papa Francesco, «e pertanto l’atteggiamento richiesto al credente, […], è quello di riconoscere e di accogliere nella vita questa centralità di Gesù Cristo, nei pensieri, nelle parole e nelle opere. E 1 così i nostri pensieri saranno pensieri cristiani, pensieri di Cristo. Le nostre opere saranno opere cristiane, opere di Cristo, le nostre parole saranno parole cristiane, parole di Cristo. Invece, quando si perde questo centro, perché lo si sostituisce con qualcosa d’altro, ne derivano soltanto dei danni, per l’ambiente attorno a noi e per l’uomo stesso. Oltre ad essere centro della creazione e centro della riconciliazione, Cristo è centro del popolo di Dio. E proprio oggi è qui, al centro di noi. Adesso è qui nella Parola, e sarà qui sull’altare, vivo, presente, in mezzo a noi, il suo popolo» (Omelia nella SOLENNITÀ DI CRISTO RE, 24.11.2013). Abbiamo bisogno di Lui, di essere istruiti e cresciuti da Lui. La fede dei sette fratelli, che oggi ci viene raccontata nel Secondo libro dei Maccabei, è grande; una fede che ascolta, intrepida, senza tentennamenti; una fede che oggi può sembrare frutto di fantasia, di un’epica che racconta di miti e di eroi, invece è la storia di uomini pii e credenti che si affidano alla parola e alla legge del loro Dio che credono essere il loro Padre! Come stride il confronto di questi valorosi con quei sadducei, di cui abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca, che sanno già tutto, gestiscono la loro vita, si fanno giudici di tutti e di tutto, trovano argomenti per confutare e negare ogni novità che essi non possono misurare con il loro egoismo, la loro mediocre esperienza, i loro oscuri ragionamenti e così si privano della novità di Dio, e di quale novità! Chiediamo al Signore il dono della fede nella vita eterna, per accogliere quel mistero di morte e di resurrezione che scandalizza anche ai nostri giorni. Un’immensa massa di sadducei si fa anche oggi sorda e scandalizzata alle parole di vita eterna che il Signore ha affidato alla Chiesa. Ecco perché la Chiesa pone sulle labbra, e soprattutto nel cuore dei suoi figli, la preghiera che pronunceremo sulle offerte. Espressioni chiare, non equivoche, gravide di fede e di speranza: «Volgi il tuo sguardo, o Padre, alle offerte della tua Chiesa, e fa' che partecipiamo con fede alla passione gloriosa del tuo Figlio, che ora celebriamo nel mistero». Quasi un riecheggiare quanto abbiamo ascoltato dalla Seconda Lettera di san Paolo ai Tessalonicesi: «Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene» (2,16). 2 La speranza eterna ci faccia vivere intensamente i nostri giorni sulla terra come umili discepoli e figli del Padre della misericordia. Don Primo Mazzolari, in occasione dell’Anno santo del 1950, scriveva: «La morte di Gesù è una storia di mani. Una storia di povere mani che denudano, inchiodano, giocano ai dadi, spaccano il cuore. Il Signore lo sa, lo vede. Prima di giudicare, però, pensiamoci. Ci son dentro anche le nostre mani. Mani che contano volentieri il denaro; mani che legano le mani agli umili; mani che applaudono la prepotenza dei violenti; mani che spogliano i poveri; mani che invano cercano di lavare la propria viltà; mani che scrivono contro la verità; mani che trapassano i cuori. La morte del Signore è opera di queste mani che ne continuano nei secoli l’agonia e la passione ... ». «Meditando sulla Passione, il filosofo Blaise Pascal scrisse un giorno queste parole: “Cristo è in agonia fino alla fine del mondo: non bisogna dormire durante questo tempo”. […] Gesú è in agonia fino alla fine del mondo in ogni uomo o donna sottoposti agli stessi suoi tormenti. “L’avete fatto a me!” (Mt, 25, 40): questa sua parola, egli non l’ha detta solo dei credenti in lui; l’ha detta di ogni uomo e di ogni donna affamati, nudi, maltrattati, carcerati. Per una volta non pensiamo alle piaghe sociali, collettive: la fame, la povertà, l’ingiustizia, lo sfruttamento dei deboli. Di esse si parla spesso – anche se mai abbastanza -, ma c’è il rischio che diventino delle astrazioni. Categorie, non persone. Pensiamo piuttosto alle sofferenze dei singoli, delle persone con un nome e un’identità precise; alle torture decise a sangue freddo e inflitte volontariamente, in questo stesso momento, da esseri umani a altri esseri umani, perfino a dei bambini. Quanti “Ecce homo” nel mondo. Mio Dio, quanti “Ecce homo”. Quanti prigionieri che si trovano nelle stesse condizioni di Gesú nel pretorio di Pilato: soli, ammanettati, torturati, in balia di militari rozzi e pieni di odio, che si abbandonano a ogni sorta di crudeltà fisica e psicologica, divertendosi a veder soffrire. “Non bisogna dormire, non bisogna lasciarli soli”. L’esclamazione “Ecce homo!” non si applica solo alle vittime, ma anche ai carnefici. Vuole dire: ecco di che cosa è capace l’uomo! Con timore e tremore, diciamo pure: ecco di che cosa siamo capaci noi uomini! Altro che la marcia inarrestabile dell’homo sapiens, l’uomo che, secondo qualcuno, doveva nascere dalla morte di Dio e prenderne il posto». (R. CANTALAMESSA, Meditazione sulla Passione, Venerdì Santo, 2015). 3 Tutt’altro che una semplice celebrazione, allora, è stata l’indizione di questo Anno Santo della Misericordia. Abbiamo bisogno del perdono e della misericordia del Signore, abbiamo bisogno di salvezza, abbiamo bisogno di essere continuamente guariti e fatti nuovi per testimoniare al mondo l’amore e la misericordia di Dio. Il nostro mondo sembra sempre più rassegnato a subire e ad arrendersi, a chiudere gli occhi di fronte alla finta carità, a consegnarsi ai falsi profeti di oggi e di sempre, a idolatrare quello che la piazza impone. Affidiamo a Maria il nostro cammino di conversione. Sforziamoci di essere sempre più fondati nella Parola di Dio, instancabili a bussare alla sua porta per ricevere misericordia e perdono, fedeli commensali alla mensa del Corpo e Sangue del Signore, leali e onesti amici e fratelli degli uomini e delle donne del nostro tempo, senza farci intruppare in ammucchiate chiassose e dissacranti, senza divenire gruppuscoli di nostalgici che guardano con altera sufficienza, innalzando solenni monumenti a se stessi. «Santissima Sovrana, o Madre di Dio, per le tue sante e potenti preghiere, allontana da me, tuo umile e miserabile servitore, ogni scoraggiamento, tiepidezza, pigrizia, errore, ed ogni pensiero impuro, cattivo ed empio proveniente dal mio cuore miserabile e dalla mia intelligenza ottenebrata. Spegni la fiamma delle mie passioni, perché io sono povero e miserabile. Liberami dai miei numerosi e cattivi ricordi e azioni e preservami da ogni moto cattivo. Poiché Tu sei benedetta da tutte le genti e il tuo nome venerando è glorificato nei secoli dei secoli. Amen» (Preghiera alla Vergine- RITO BIZANTINO). A tutti rivolgo il mio augurio di vivere sempre la gioia del perdono e della pace del Cristo Risorto. + Carlo, vescovo 4