allenatore - Il Mister

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allenatore sul campo
di Daniel Fernandez García
A
cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, col
contributo di tecnici di indubbio prestigio come l’italiano Arrigo Sacchi, il colombiano Maturana e l’olandese Cruijff, abbiamo
assistito a un’autentica rivoluzione nel campo dell’allenamento e in partita, soprattutto per quanto
riguarda la fase di recupero del pallone.
Era proprio Sacchi che teorizzava che difendere era come attaccare.
Da questa filosofia nacque, nel calcio di allora,
una concezione della difesa a zona come un’unità
organizzata e strutturata, basata su sincronismi
quasi perfetti. Partendo da questo concetto, Sacchi impostava l’organizzazione difensiva delle sue
squadre non aspettando gli avversari, ma andando
a cercarli con la palla anche nella loro metà campo, con un pressing offensivo che aveva come
obiettivo principale quello di provocare l’errore
dell’avversario e di renderlo incapace di costruire
situazioni d’attacco vantaggiose per la propria
squadra.
Se in quel momento la filosofia difensiva di
Sacchi e del suo Milan ebbe molto successo, oggi
possiamo dire che col passare del tempo queste
idee sono state riadattate e semplificate nella forma: questo fa sì che molti allenatori considerino la
fase difensiva separata dal contesto globale del
gioco della propria squadra. Si arriva quindi a
considerare la fase di recupero del pallone come
un momento distinto dalla fase di attacco: pertanto la squadra non ha nessun collegamento fra le
due fasi, quella di difesa e quella di attacco.
Per molti tecnici, oggi, l’obiettivo principale
nelle partite è quello di difendere, accontentandosi poi di dichiarare che la loro, in campo, è una
squadra ordinata. È evidente che quando si fanno
affermazioni del genere è perché l’allenatore vede
che la propria squadra passa la partita a correre
dietro alla palla, che molto spesso viene conquistata vicino alla propria porta, con pochi giocatori
davanti a essa: e questo chiaramente non permette
di organizzare contrattacchi che abbiano successo.
Curiosamente, di queste squadre si dice che sono “squadre equilibrate”.
Molti allenatori oggi, si vantano con grande
convinzione di essere capaci di costruire squadre
che difendono bene, salvo non preoccuparsi se poi
la squadra perde subito la palla.
È così grande l’ossessione di “giocare con ordine” che a volte si confonde questo concetto col
trovarsi tutti sotto la linea del pallone: ma poi nella fase di attacco la squadra rischia di non essere
equilibrata e di trovarsi in difficoltà nello sviluppo
di una efficace fase offensiva.
Al contrario, una squadra ordinata tatticamente è quella che ha equilibrio sia in difesa che in at-
Arrigo Sacchi, artefice di una rivoluzione nei metodi di allenamento, oltre che nella concezione tecnico-tattica della gara,
tra gli anni Ottanta e Novanta.
Sin dall’allenamento occorre affermare il principio che fase difensiva e fase d’attacco sono tutt’uno.
l’ allenatore
Possesso palla: proposte per l’età evolutiva
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l’ allenatore
allenatore sul campo
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Tutti sappiamo che in un
campo di gioco di qualunque
sport ci troveremo davanti
a tre tipi di individui: quelli
che non sanno nulla di quel
che succede, quelli che
reagiscono davanti agli stimoli
di situazioni diverse
di gioco e quelli che sono
capaci di far evolvere una
situazione verso il successo
tacco e non solo quella che si preoccupa esclusivamente dell’equilibrio difensivo.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a una nuova rivoluzione nella teoria della metodologia di allenamento.
Il grande impegno di personaggi come Antón,
Paco Seirulo, Xesco Espar nell’ambito dei giochi
sportivi di squadra ha portato a nuove riflessioni
teoriche e alla nascita di un nuovo movimento di
pensiero che sta tracciando in campo metodologico nuove frontiere che prevedono che il gioco in
sé diventi il protagonista delle nuove proposte di
procedure di addestramento giovanile.
In definitiva, un nuovo paradigma che ha come obiettivo il miglioramento qualitativo nell’allenamento del gioco di calcio.
Oggi abbiamo capito che il giocatore è un soggetto tattico e che la tattica è in definitiva l’insieme di possibilità che un giocatore ha in un momento determinato, in un ambito di riferimenti
fondamentali che determineranno la sua decisione: pallone, compagni, avversari, spazio di gioco e
porta, come le esperienze vissute e non, come il
talento individuale capace di generare risposte che
neanche l’allenatore aveva immaginato.
Tutti sappiamo che in un campo di gioco di
qualunque sport ci troveremo davanti a tre tipi
di individui: quelli che non sanno nulla di quel
che succede, quelli che reagiscono davanti agli
stimoli di situazioni diverse di gioco e quelli che
sono capaci di far evolvere una situazione verso
il successo.
Ma l’aspetto determinante che troviamo nel campo teorico della tattica è sapere che nel calcio non esistono fasi separate e che l’attacco e la difesa sono la
stessa cosa.
Il vero equilibrio, in una squadra di calcio, si
basa sul fatto che i giocatori, in funzione delle loro possibilità d’intervenire attivamente nel gioco,
riequilibrano e cambiano la posizione sul terreno,
per compensare la squadra nelle situazioni negative di transizione del gioco stesso.
Oggi, nel calcio le partite si vincono o si perdono nelle situazioni dove si conquista o si perde
il pallone. D’altro lato, è necessario riflettere sull’ossessione dei tecnici, convinti che sia importante solo la ripetizione degli schemi che in passato
hanno permesso alle loro squadre di ottenere dei
successi.
Allora i giocatori, attraverso i loro comportamenti in campo, saranno apprezzati per le loro capacità di essere razionali o estrosi nelle varie situazioni di gioco che si sviluppano nella zona del pal-
Allenare agilità e coordinazione è importante, ma oltre alla
componente fisica l’allenamento dev’essere mirato a sviluppare
la fase cognitiva sotto il profilo tattico.
allenatore sul campo
Le caratteristiche dei giochi sportivi di squadra
“Il calcio è un gioco di squadra che richiede il
massimo livello di capacità di comunicazione e
collaborazione. Il giocatore deve acquisire la coscienza di sviluppare il senso del gioco collettivo,
la solidarietà, l’aiuto reciproco e deve subordinare
gli interessi personali a quelli del gruppo. L’individuo è formato per la squadra”. (José Maria Sanz
Sánchez).
• sono giochi nei quali hanno grande importanza
la tattica e la continuità nell’interpretare e risolvere le situazioni di gioco.
• dipende dalle esperienze acquisite e dalle conoscenze che il singolo ha dentro di sé il modo in
cui i giocatori mettono in atto la loro attitudine
tecnico-strategica.
• l’organizzazione tattica cognitiva è fondamentale.
• i giocatori collaborano fra di loro, con l’obiettivo comune di battere gli avversari.
• i giocatori devono imparare ad adattarsi e riadattarsi di continuo alle nuove situazioni create dallo sviluppo del gioco: contemporaneamente devono essere capaci di elaborare e produrre nuove
risposte alla costante variabilità delle situazioni e
alla grande incertezza spaziale, che fa sì che due
situazioni non siano mai uguali tra di loro.
• il gioco in sé non è mai lineare: è quindi impossibile prevedere in anticipo uno sviluppo preordinato e stabilito, ogni situazione di gioco ha
sempre diverse soluzioni.
• le capacità di percepire e decidere sono le più
importanti all’interno del ciclo dell’atto tattico.
• “sono sport situazionali, poiché l’atteggiamento
dei giocatori è strettamente collegato con la loro
capacità di dare risposte adeguate ed efficaci alle
costanti e diverse modificazioni che si creano nel
contesto del gioco”. (Bruno del Castello e Morcillo Losa, 2004).
Le esercitazioni in spazi delimitati contribuiscono ad acuire la concentrazione e l’immedesimazione dei giocatori, sempre al centro
dell’azione, ma hanno il limite di non stimolarli al gioco reale. Lo scopo principale dell’allenamento dev’essere proporre obiettivi
specifici e far sviluppare le competenze e le capacità per raggiungerli cooperando nel collettivo.
l’ allenatore
lone, oppure quando non si trovano in situazione
d’intervento diretto sulla palla, ma sono chiamati
a eseguire i giusti movimenti di posizionamento
che permettono alla squadra di avere sempre un
buon equilibrio tattico.
Si elimina così la visione stereotipata del calcio
che ci porta a collocare i giocatori in un contesto
che tende a riprodurre movimenti “tattici” automatici, che non tengono conto delle loro differenti qualità cognitive.
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l’ allenatore
allenatore sul campo
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Quale metodologia per il gioco del calcio?
Il conseguimento di questi obiettivi dipenderà
dall’impiego sul campo di una specifica metodologia sostenuta dai principi del nostro gioco, che
anteponga gli obiettivi tecnico-tattici a quelli fisici. Si possono elaborare esercitazioni globali e integrali. Qui desidero presentare il metodo in cui
credo, definito strutturale.
Considerando che la missione dei tecnici è sviluppare un modello di allenamento che abbia
l’obiettivo di ricostruire le tematiche della partita,
cercando di conferire ai giocatori una formazione
adeguata, e di far sì che le sedute consentano di
raggiungere ottimi livelli di prestazione, rivolta soprattutto allo sviluppo della dimensione cognitiva,
ponendo in secondo piano lo sviluppo della diLa cultura tattica
mensione fisica, diventa fondamentale, dopo aver
analizzato le caratteristiche del gioco, evidenziare
Gli allenatori debbono impostare il loro lavoro
gli obiettivi generali dell’allenamento che si desidesull’obiettivo d’insegnare ai propri giocatori a inra raggiungere in ogni seduta
terpretare, sentire e leggere
e che devono guidare la nole situazioni di gioco.
Il conseguimento
Il processo comincia dalla
stra proposta pratica, nel
base,
allorché i tecnici domodo che segue:
di questi obiettivi
vrebbero offrire un’ampia
dipenderà dall’impiego gamma di conoscenze tattia. ridurre progressivamente le incertezze e le insiche che permettano ai giocasul campo di una
curezze provocate dal
tori di potere scegliere semgioco. (Cano Moreno e
pre la migliore soluzione.
specifica metodologia
Morcillo Loca);
Il giocatore deve conoscere
b. ottimizzare il rendimensostenuta dai principi
il perché di ogni cosa ed è per
to, nella prospettiva del
del nostro gioco
questo che deve conoscere il
giocatore, significa ottigioco. Conoscere il gioco signimizzare tutte le sue cache anteponga
fica porsi sempre queste dopacità in relazione alle
perché? per quale moesigenze di ogni attività
gli obiettivi tecnico-tattici mande:
tivo? come? quando? dove? a
(Seirulo Vargas);
chi o con chi? Allora nei conc. ottenere il massimo rena quelli fisici
tenuti quotidiani di allenadimento individuale e
mento, se vogliamo aumentare il suo grado d’efficacollettivo;
cia nella competizione, dovremo inserire proposte rid. inculcare cultura tattica.“La mia grande misvolte a fortificare i meccanismi decisionali tecnicosione come allenatore è creare cultura tattica.
cognitivi, come ci insegna Manuel Conde.
Insegnare al giocatore a interpretare le situazioni, dandogli più informazioni possibili e
motivandolo a capire bene i principi del gioLe attività nell’insegnamento del calcio
co. Alla fine in campo decide il giocatore e
non l’allenatore”. (J.M. Lillo);
Quali caratteristiche debbono avere dunque le
e. far sì che le esercitazioni proposte in allenaattività di allenamento?
mento siano adatte a raggiungere obiettivi
a. devono essere di difficoltà crescente, dal facile
specifici e vengano assimilate dai giocatori;
al difficile;
f. “Il migliore allenamento è quello che riesce a
b. devono stimolare a prendere decisioni: evitare
riprodurre fedelmente una situazione nella
di ripetere di continuo quello che i giocatori
quale il giocatore riesce a ottimizzare certi
debbono fare e quello che non dovrebbero fare;
meccanismi, da lui accettati e riconosciuti imc. devono offrire ai giocatori orientamenti e rifeportanti per aiutarlo a risolvere quella situarimenti, affinché conseguano da soli gli obietzione proposta” (Seirulo Vargas).
allenatore sul campo
l’ allenatore
Le attività proposte in allenamento debbono sempre tenere conto della logica del gioco, prevedendo l’impiego sistematico delle porte: i principi tattici debbono essere strettamente legati alla filosofia di gioco.
d.
e.
f.
g.
h.
tivi dell’allenamento, evitando di dare loro soluzioni precostituite;
non dobbiamo insegnare loro a eseguire esercizi a memoria, bensì dobbiamo fare in modo
che imparino a giocare a calcio.
devono tenere sempre in conto la logica del
gioco, e quindi prevedere sempre l’uso di porte che abituino il giocatore al gioco di difesa e
di attacco;
non si devono scomporre le fasi del gioco. Perché proponiamo attività in cui alcuni giocatori attaccano, mentre gli altri, una volta recuperata la palla, concludono il loro esercizio?
i principi tattici sviluppati devono essere strettamente collegati alla filosofia di gioco;
l’allenamento in spazi ridotti è necessario, ma
dobbiamo sempre considerare che per ovvi
motivi, sia a priori che a posteriori, ha il limite
di non stimolare il giocatore al gioco reale.
Sappiamo comunque che, nelle fasi iniziali, il
gioco in spazi ridotti mette il ragazzo in condizione d’essere sempre al centro dell’azione, col
problema della perdita e della riconquista della
palla. Questo aspetto, evidenziato in precedenza, è comunque molto importante, perché sono le situazioni in cui si decidono le partite;
i. le capacità condizionali debbono essere allenate sfruttando le condizioni di variabilità che
abbiamo nelle diverse situazioni di gioco.
La struttura della seduta di allenamento
Organizzando le nostre sedute di allenamento dobbiamo tenere conto di una serie di
dettagli che arricchiranno il nostro lavoro, partendo dalla struttura del gioco e finendo con la
dinamica delle relazioni che derivano dal gioco
stesso:
1. il gioco del calcio ha una valenza collaborativa e dinamiche situazionali variabili;
2. queste dinamiche situazionali possono
manifestarsi attraverso la superiorità numerica
o di posizione;
3. la maggior parte delle situazioni di gioco
non coinvolgono più di sette giocatori per volta, considerando i compagni e gli avversari;
4. è fondamentale la conoscenza e la padronanza di una serie di situazioni che possono
considerarsi basilari: 1vs1, 1vs2, 2vs1, 2vs2,
2vs3;
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l’ allenatore
allenatore sul campo
L’allenamento deve rispecchiare e sviluppare i principi fondamentali del gioco della squadra, vissuti come un tutt’uno e non come
fasi separate.
5. la situazione del 3vs3 è la più complessa e la
più ricca di variabili decisionali. Caneda Pérez afferma: “Il calcio, per essere un vero gioco collettivo, deve sviluppare il senso del ‘noi’, ed è per questo che il numero minimo e il più adeguato per attivare il sistema nervoso centrale è il 3vs3. Le attività di 3vs3 massimizzano la capacità di elaborazione” (da La zona nel Calcio, Raúl Caneda Pérez);
6. le attività devono stimolare le capacità di
anticipazione su quelle di reazione. La capacità
di anticipare un fenomeno di carattere tattico è
un retaggio dei grandi campioni della storia del
calcio che non possiamo ignorare e che dobbiamo sempre considerare come esempio, quando
andiamo in campo per allenare;
7. dobbiamo allenare partendo dai principi
fondamentali del gioco;
8. stabiliti i principi fondamentali e quelli
secondari del nostro gioco, dobbiamo avere la
capacità di articolarli in modo che diventino un
tutt’uno e non rimangano parti separate dentro
una realtà impossibile da scomporre, come il
gioco di squadra.
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Una pletora di autori ha teorizzato sull’organizzazione della sessione di allenamento o unità
temporanea di lavoro, poiché è la più ricorrente
durante tutta la vita degli sportivi.
Nel gioco del calcio, sino alla fine degli anni
Ottanta, il modello classico di una seduta si organizzava in questo modo: riscaldamento, parte
principale e parte finale o di rilassamento. Questo modello può essere enormemente positivo
in sport a carattere prevalentemente fisico, ma
per le caratteristiche precedentemente dette si
evidenza come questa proposta sia lontana e abbia poca attinenza con un nuovo modo d’intendere il gioco del calcio.
Partendo dunque da questo presupposto,
pensiamo sia corretto proporre un’evoluzione
della seduta di allenamento, basata su attività
diverse:
1. messa in azione
2. attività di collaborazione
3. attività di collaborazione-opposizione
4. attività di gioco reale.
Queste attività debbono poi essere programmate all’interno di un progetto che preveda una
progressione didattica nell’ambito dell’apprendimento tattico.
allenatore sul campo
La metodologia di allenamento, sostiene Daniel Fernandez
García, autore di questo articolo e allenatore dei giovanissimi dell’Espanyol di Barcellona, deve articolarsi su quattro tipi di attività fondamentali: messa in azione, attività di collaborazione, attività di collaborazione-opposizione, attività
di gioco reale.
Questa attività ha l’obiettivo di preparare i giocatori sia mentalmente che fisicamente. Benché a
prima vista possa sembrare uguale al classico riscaldamento che si eseguiva tempo addietro, vogliamo sottolineare che invece dev’essere molto
più specifica e rivolta allo sviluppo dei vari gesti
tecnici e della tattica individuale.
L’attività di messa in azione deve essere utilizzata anche per proporre azioni tecniche isolate che
nel corso della seduta occuperanno un posto determinante per i vari obiettivi tattici che intendiamo sviluppare (esempio: vari tipi di guida della
palla che possiamo poi combinare a una situazione di gioco 2vs1). Si possono poi inserire vari tipi
di corsa semplice senza palla che risultino interessanti per risolvere problemi tattici.
È importante inserire anche attività a carattere
ludico che riproducano situazioni simili a quelle
su cui i giocatori lavoreranno dopo (esempio: il
gioco di toccare più avversari possibile senza palla
può essere abbinato a esercitazioni specifiche per
lo smarcamento). Le attività ludiche debbono
contenere delle variabili che impegnino il giocato-
Nell’attività di messa in azione rientrano azioni tecniche isolate come ad esempio vari tipi di conduzione della palla.
l’ allenatore
Introduzione all’allenamento o messa in azione
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l’ allenatore
allenatore sul campo
Le esercitazioni per allenare la collaborazione si rivelano utilissime per la gara, abituando a conseguire gli obiettivi tattici proposti dal gioco.
re a pensare di continuo, nel contesto di una sfida
cognitiva con se stesso e con gli altri compagni.
Ripetere gli esercizi comporta creare una routine e abituare il giocatore: questo produce noia ed
è un fattore negativo, perché il giocatore non sviluppa più il proprio pensiero tattico. Se quindi
vogliamo che il giocatore pensi e prenda decisioni,
dobbiamo abituarvelo già da questa fase dell’allenamento.
Per rafforzare la nostra idea, utilizziamo questa
sottolineatura di Seirulo Vargas: “I riscaldamenti
delle sedute di allenamento devono mantenere
una piccola parte di “allerta fisiologica” [ma noi
aggiungeremo: anche allerta psicologica e cognitiva] propria dell’atleta che pratica sport individuali, mentre una seconda parte dev’essere adeguata
alla domanda e al contenuto della sessione, che
comunque non deve mai essere standardizzata”.
Le collaborazioni
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Le esercitazioni per allenare le collaborazioni,
attività in cui il giocatore si trova nella condizione
di essere sempre coinvolto nel gioco, debbono
avere i seguenti prerequisiti:
• partecipano meno di cinque giocatori, cioè meno della metà del totale della squadra;
• sono situazioni che si realizzano normalmente in
spazi ridotti. Attenzione a come utilizzare gli spazi di gioco e a come gestire la disposizione dei
giocatori in essi per ottenere una buona riuscita;
• le esercitazioni debbono avere un solo obiettivo
tattico, che deve essere il punto di partenza e il
punto di arrivo. Quando i giocatori hanno raggiunto un buon livello di esecuzione, bisogna
terminare il lavoro;
• introducendo nuove regole possiamo variare il
livello di difficoltà dell’esercitazione;
• le esercitazioni debbono essere strutturate in
modo che il giocatore sia costretto a risolvere gli
obiettivi tattici proposti;
• gli obiettivi tattici debbono essere risolti nel minor tempo possibile, poiché quanto più tempo
richiede la soluzione del problema, quanto più si
perde d’imprevedibilità nella fase di attacco e si
rallenta l’organizzazione difensiva.
allenatore sul campo
Attività di gioco reale
A questo tipo di esercitazioni partecipa un numero elevato di giocatori, a volte persino tutti.
Si debbono proporre alla fine della sessione di
allenamento e a volte si possono non fare.
L’obiettivo per l’allenatore è quello di verificare
se il concetto tattico esposto è stato assimilato dai
giocatori e se riescono a trasporlo all’interno del
gioco di squadra.
Questa attività è importante per gli allenatori,
che possono osservare i comportamenti e gli atteggiamenti dei giocatori e possono verificare se
mettono in pratica gli obiettivi allenati.
Inoltre, permettono loro di valutare il rendimento globale della squadra e di capire se il livello
di difficoltà dei concetti tattici proposti va bene o
è da cambiare.
A volte, un obiettivo ha bisogno di più esercizi
sulle collaborazioni che un altro.
Soprattutto è decisivo considerare sempre i
principi fondamentali del nostro gioco, per decidere di allenare in base al modello di gioco che
abbiamo scelto.
• gli allenatori debbono osservare se tutti i giocatori favoriscono la soluzione del problema esposto nell’attività di collaborazione;
• sono esercitazioni che permettono di ridurre il
livello d’individualismo del singolo giocatore;
• sono esercitazioni che permettono di collegare le
differenti situazioni di sviluppo della collaborazione reciproca fra i giocatori;
• sono esercitazioni che hanno come obiettivo
principale l’unione di una situazione di gioco
con un’altra;
• sono esercitazioni che ci permettono d’introdurre regole per provocare e condizionare le risposte
dei giocatori;
• l’obiettivo finale di dette esercitazioni, è quello
di abituare i giocatori a dare le stesse risposte
nella stessa situazione di gioco.
Una fase fondamentale dell’allenamento nella concezione di Fernandez García è l’attività di collaborazione-opposizione, importantissima nel collegare una situazione di gioco con l’altra nel continuo alternarsi che contraddistingue la gara.
l’ allenatore
Attività di collaborazione-opposizione
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l’ allenatore
allenatore sul campo
ro
vi
L’obbiettivo dell’attività di gioco reale è verificare se i giocatori hanno assimilato il concetto tattico esposto e se riescono a trasporlo
all’interno del gioco di squadra.
Le fasi del gioco
Il gioco di calcio si esplica a partire da alcuni
concetti generali che gli danno un senso. Il suo
sviluppo dipende dalla costruzione di un linguaggio tattico comune che ci permetta di fondare un
funzionamento di carattere collettivo.
Dalla figura di cui sopra si deduce che il gioco
ha un grado di cambiamento costante, dovuto al
fatto che le squadre si trovano ad affrontare situazioni diverse, all’interno delle quali i giocatori
possono trovarsi anche in ruoli diversi.
Possesso palla
Palla recuperata
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Non possesso palla
Il grande problema nella comprensione del calcio è considerare ogni fase di gioco come un compartimento stagno, filosofia che nasce dalla chiusura mentale di molti allenatori. Per fortuna, da
qualche parte del globo, nascono nuove idee che
sono portatrici di un cambiamento di mentalità.
La filosofia da me utilizzata per pianificare gli allenamenti si basa sul principio di sviluppare le
“transizioni di gioco”, cioè il rapido passaggio da
una fase di gioco all’altra.
Penso comunque che dovrebbe essere una cosa
normale per tutti gli allenatori adottare una mentalità univoca: quella di giocare.
Seguendo il concetto che la fase difensiva e
quella offensiva sono tutt’uno, possiamo affermare che il gioco ha quattro momenti o cicli:
Palla persa
• il possesso del pallone
• il recupero del pallone
• la transizione negativa o difensiva quando si
perde il possesso del pallone
• la transizione positiva o offensiva quando si
riconquista il possesso del pallone.
allenatore sul campo
l’ allenatore
I momenti fondamentali del gioco: possesso palla, recupero del pallone, transizione negativa o difensiva, transizione positiva o offensiva. Ma – ribadisce Fernandez García – fase difensiva e offensiva sono tutt’uno.
Se prima evidenziavo che entrambe le fasi di
transizione sono fondamentali per stabilire chi
vince, ora è importante ribadire il concetto che
tutti i principi del gioco del calcio e le fasi che
derivano da essi (attacco, contrattacco, fase difensiva e recuperi) sono interconnessi gli uni con
gli altri.
Le buone squadre sono quelle che durante
tutte le fasi del gioco hanno questi principi nel
loro bagaglio e attraverso movimenti di compensazione sono in grado di riequilibrare costantemente la loro organizzazione tattica, anticipando
le possibili perdite o le possibili riconquiste del
pallone.
Inoltre, il gioco è tanto imprevedibile che
queste fasi cambiano a una velocità sorprendente. In un attimo una squadra che eseguiva un
possesso di palla si trova a raccogliere la medesima in fondo alla rete.
Abbiamo citato poco sopra Caneda Pérez
quando dichiarava che “un errore abituale nel
calcio è quello di considerare due fasi distinte nel
gioco: una di attacco, in possesso di palla, e
un’altra di difesa, senza la palla”. Nel calcio que-
ste due fasi si sovrappongono in tal modo che il
ragionamento precedente è valido esclusivamente per sport come la pallamano, dove lo spazio
per l’attacco e la difesa è differente, dato che la
zona centrale serve solo per il transito della palla.
Concludiamo con una segnalazione: nel calcio, al contrario della pallamano, è proprio la zona di centrocampo dove si sviluppa il fulcro del
gioco, in modo tale che è realmente decisivo il
momento della transizione veloce, come passare
immediatamente alla difesa dopo la perdita della
palla. Come saper organizzare nel minor tempo
possibile la fase di attacco, quando si smette di
difendere, a causa della perdita del pallone da
parte della squadra avversaria.
È giunto il momento di tenere in conto di
questa filosofia di gioco, che ci porta a proporre
in allenamento situazioni che contengano molte
variabili tattiche, attraverso chiamate di movimenti compensatori che possono verificarsi in
partita.
Una considerazione finale: la filosofia appena
espressa è testimoniata dal calcio a sette, che in
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l’ allenatore
allenatore sul campo
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Spagna si gioca nella fascia di età della scuolacalcio e che rappresenta il passaggio intermedio
prima di arrivare al calcio a undici all’età di dodici anni. Ciò a causa della velocità di svolgimento delle azioni, del fatto che obbliga i giocatori a passare rapidamente da un ruolo ad un altro e inoltre perché è un gioco dove le azioni di
contrattacco e le risposte difensive sono frequenti e continue.
Ed è perciò che diventa fondamentale inserire
sempre le porte, o delimitare spazi analoghi, nelle attività che proponiamo in allenamento, dove
segnare e difendere stimolano il pensiero e
l’istinto alla protezione e alla penetrazione, abituando così il giocatore al rapido cambiamento
delle fasi di gioco.
Daniel Fernandez García
è allenatore giovanissimi nazionali
del RCD Espanyol di Barcellona.
La filosofia di allenamento e di gioco espressa da Fernandez García in questo articolo è esemplificata dal calcio a sette, giocato in
Spagna nella fascia di età della scuola-calcio, poiché privilegia la velocità di svolgimento delle azioni, incentiva a passare rapidamente da un ruolo all’altro e soprattutto perché le azioni di contrattacco e le risposte difensive sono continue.
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