FILOSOFIA E SOCIOLOGIA

Direttori
Alessandro Argiroffi
Università degli Studi di Palermo
Antonio La Spina
Università degli Studi di Palermo
Fabio Massimo Lo Verde
Università degli Studi di Palermo
Luisa Avitabile
Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale
Comitato scientifico
Luigi Alfieri
Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”
Francesco Cavalla
Università degli Studi di Padova
Vincenzo Ferrari
Università degli Studi di Milano
Pio Marconi
“Sapienza” Università di Roma
Eberhard Schockenhoff
Albert–Ludwigs Universität
Friburgo in Bresgovia
FILOSOFIA E SOCIOLOGIA
I punti di contatto, così come quelli di possibile differenza (e quindi di confronto, a partire
dei rispettivi statuti disciplinari) tra filosofia e scienze sociali sono moltissimi. La filosofia
analitica e la filosofia del linguaggio lavorano sui concetti, cosa che anche lo scienziato
sociale dovrebbe sempre fare, definendo o ridefinendo i concetti che usa, anche quando e
proprio quando questi vengono usati dal senso comune. L’epistemologia ha vaste aree di
sovrapposizione con le scienze sociali empiriche: il criterio di demarcazione tra scienza
e non scienza, le condizioni di accettabilità delle proposizioni scientifiche, in genere i
contributi di Popper, Lakatos, Hempel e di tanti altri filosofi della scienza sono essenziali
per lo scienziato sociale così come per quello naturale. La filosofia politica e la teoria
politica hanno a loro volta aree di contatto o intersezione con la scienza politica, così come
la filosofia del diritto e la teoria generale del diritto con la sociologia giuridica.
In tutti i campi suddetti l’interazione tra filosofia e scienze sociali potrebbe e dovrebbe essere feconda e cooperativa, visti gli interessi comuni. Vi sono poi anche casi di
competizione, così come casi di incomunicabilità.
Quanto a questi ultimi, ricercatori sociali senza spessore teorico e senza consapevolezza
e rigore sul piano metodologico non saranno buoni interlocutori per il filosofo (né per
altri). Anche il filosofo corre dei rischi, di segno opposto. Una speculazione orientata
prevalentemente alla metafisica, del tutto disancorata dalla vita concreta (e come tale
incapace di offrire spunti per leggere le trasformazioni del contemporaneo), porta anch’essa
all’incomunicabilità.
Vi può anche essere competizione. Sono fioriti, di recente, contributi a firma di filosofi
dedicati al telefonino, all’Ipad, all’Ikea e così via. D’altro canto, si hanno anche contributi di
studiosi noti come sociologi, impegnati a interpretare la società contemporanea (moderna
o post-moderna che dir si voglia), che tuttavia sono sforniti di ipotesi controllabili e di
un’appropriata considerazione di dati empirici. In casi del genere, il sociologo diventa in
effetti un filosofo della società, mentre il filosofo pretende di essere un osservatore delle
trasformazioni della vita sociale. In entrambe le eventualità, i prodotti possono risultare
interessanti dal punto di vista dell’industria culturale, ma difficilmente avranno un alto
valore nei rispettivi ambiti disciplinari.
Ecco dunque che sussistono tante ragioni, sia tradizionali sia recenti, in virtù delle quali
filosofia e sociologia si incontrano, dialogano, talvolta si scontrano, talvolta si contendono
argomenti e audiences. Ecco perché può essere utile e stimolante affrontare tali rapporti in
questa collana su Filosofia e Sociologia.
Laura Zavatta
Il diritto nella volontà di potenza
Saggi su Nietzsche
Prefazione di
Marco Cossutta
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: luglio 
Indice

Prefazione

Capitolo I
La visione moderna del diritto e dello Stato
.. La necessità della morale sociale e dell’obbligo giuridico,  – .. La
visione moderna e assolutistica dello Stato di Thomas Hobbes,  –
.. Lo Stato come opera dei signori in Nietzsche,  – ... Lo Stato
di diritto e la morte dello Stato,  – ... La pace tra gli Stati e il partito
della guerra,  – .. Morale e diritto come regole dell’esistenza e della
coesistenza,  – ... Lex in interiore homine e lex in exteriore homine, 
– .. La sfida attuale della Mondialisation,  – ... L’erosione dello Stato–nazione,  – ... Ripensare al cosmopolitismo,  – ... La spinta
totalizzante della Mondialisation,  – .. La grande opportunità della
società frammentata, .

Capitolo II
Diritto e morale come tecniche o arti del fare
.. La Hauptgfrage heideggeriana,  – ... Il nichilismo nietzscheano, 
– ... L’essere non–senza–cura dell’uomo,  – .. Entlastungsprinzip. Le
arti o tecniche di rassicuramento,  – ... Le arti o tecniche giustificative.
Mito, religione, filosofia,  – ... Le arti o tecniche regolative. Politica, morale, diritto,  – .. Il diritto come equilibrio di potenze,  – .. La crisi
delle scienze europee e il dominio del mercato mondiale,  – ... La
sacralizzazione delle Istituzioni,  – .. L’angoscia kierkegaardiana,  –
... La situazione–limite del naufragio,  – .. La modalità ontologica
dell’“essere–con–gli–altri”,  – ... Müssen e sollen: l’orizzonte del possibile,  – .. Il senso autentico della “crisi”,  – .. Una communitas
nella societas, .

Capitolo III
Pena e giustizia come volontà di potenza
.. Der Mensch o l’uomo che misura,  – .. Diritto e torto nell’istituzione della legge,  – .. Affermazione e limiti della potenza,  –


Indice
... L’“ombra” del diritto nei rapporti di potenza,  – ... Il principio
della giustizia sotto l’egida della potenza,  – .. La volontà di potenza nel
sistema punitivo,  – ... La “maschera morale” del rimorso,  – .. Il
mondo dell’uomo come libera manifestazione di potenza,  – .. La
giustizia come affermazione di potenza,  – ... Volontà di potenza e
morte di Dio. Una lettura critica, .

Capitolo IV
La volontà di potenza nell’al di là del diritto
.. Dio è morto,  – ... I frutti della dolorosa privazione,  – ... L’eco
suggestiva del messaggio disperato,  – ... Gli uomini coreuti dionisiaci:
il nichilismo costruttivo,  – .. Schiavi e signori,  – ... La volontà
di potenza nelle forme di machiavellismo inconscio,  – ... Il tipo di
uomo “prevedibile”,  – .. Pena e disonore,  – ... La crudeltà
divinizzata,  – ... L’equivalenza tra danno e sofferenza,  – .. La
necessaria mitigazione delle pene,  – ... I trasgressori del patto sociale,  – ... I giudici implicati nella colpa,  – ... La fase morale
dell’umanità,  – ... L’esemplare più rispettabile della specie uomo: il
giusto giudice,  – .. Il soggetto come quantum di forza,  – .. Dal
trasgressore del patto sociale all’“al di là del diritto”, .

Capitolo V
Nietzsche e le utopie della socialità
.. Leggi e Stati come creazioni apollinee,  – .. L’Utopia comunitaria,  – ... Il Socialismo utopistico,  – ... Il Socialismo scientifico di Marx,  – .. Dal pensiero utopico al pensiero distopico,  –
.. L’oscuramento della civiltà,  – ... La scienza al servizio del potere
economico. Il fine del benessere come la fine dell’uomo,  – ... Leggi e
Istituzioni, da fini a mezzi in sé,  – .. I Diritti Umani come unica uguaglianza per l’umanità,  – .. La società dei ghetti,  – .. L’Eutopia
del post–socialismo. Il pari diritto degli uomini ad essere considerati
persone,  – .. Bobbio e le tre immagini di Wittgeinstein, .

Capitolo VI
Il profetismo di Nietzsche
.. Uno spettacolo in cento atti: il crollo della morale,  – ... Il senso
dionisiaco dell’esistere,  – ... Il nichilismo nietzscheano,  – ... La
“Trasvalutazione” dei valori,  – ... Un terreno più “puro” e la “volontà
di potenza” come unica morale possibile,  – .. L’homo communis,  –
.. Jaspers e il Nietzsche educatore,  – .. Il delitto contro l’umanità,  – .. L’Umwertung ,  – .. Lo spirito originale e i messaggi
Indice

di Zarathustra,  – ... L’“eterno ritorno”,  – ... Perché “Dio è
morto”,  – ... L’Übermensch come superuomo ,  – ... L’Übermensch come oltreuomo,  – ... Il “superuomo”: l’uomo trasformato con il
“martello”,  – ... La morte dell’“ultimo uomo”,  – ... Le “mille
salvezze” possibili nel regno della terra, .

Bibliografia

Appendice bibliografica
Prefazione
di M C∗
Il diritto di altri è la concessione che il nostro sentimento di potenza fa al
sentimento di potenza di questi altri. Quando la nostra potenza si mostra
profondamente scossa e infranta, i nostri diritti vengono meno; per contro,
quando diventiamo molto più forti, vengono meno i diritti degli altri verso
di noi, quali finora glieli avevamo attribuiti.
Così possiamo leggere all’aforisma  della Morgenröte. Gedanken
über die moralischen Vorurtheile redatta fra il  ed il .
Demistificando i pregiudizi su cui si fonderebbe la vita sociale, Nietzsche, con pochi ed essenziali tratti, ci illumina sulla sua concezione
del diritto: il diritto è manifestazione di potenza, null’altro che manifestazione di potenza. Poco giova rivedere questa rappresentazione al
richiamo che in altri luoghi il pensatore tedesco fa al sentimento di
giustizia (si vedano a titolo esemplificativo le riflessioni contenute in
alcuni brani del Menschliches, Allzumenschliches di poco antecedenti al
passo sopra richiamato).
L’esperienza giuridica è pertanto, in questa prospettiva, intimamente connessa alla forza (Macht) dispiegata dai consociati, tanto da
far richiamare alla mente un passo stirneriano, tratto da Der Einzige
und sein Eigentum, secondo il quale « chi ha il potere ha il diritto: se
non avete il primo non avete nemmeno il secondo ». Lungi da voler
ancorare il fenomeno giuridico a sistemi assiologici, non importa se
assoluti o relativi, o a bisogni sociali collettivi, i due autori, che non a
caso vengono assimilati nei trattati di storia del pensiero giuridico nel
computo degli Irrazionalisti, fondano il diritto sulla potenza, che se
viene meno fa crollare ogni costruzione giuridica.
Questo problema viene ora indagato, in una prospettiva squisitamente filosofico-giuridica, nel lavoro presentato da Laura Zavatta,
autrice non nuova nel cimentarsi proficuamente con il pensiero giuri∗
Professore associato presso l’Università degli Studi di Trieste.


Prefazione
dico nietzschiano (rammentiamo la recente monografia su Nietzsche
nello sviluppo della filosofia giuridica e morale). In questa raccolta di saggi,
qui presentati dopo ampia revisione, la Zavatta affronta il tema centrale del rapporto fra diritto e forza, questione su cui ruota tutto lo
sviluppo del (e tutta la critica al) positivismo giuridico classico; basti
pensare alla definizione kelseniana del diritto, che non si discosta da
centralità della forza nell’esperienza giuridica esaltata secoli prima da
Hobbes. Ed è su questo filone che si innesta, a detta dell’autrice, la speculazione nietzschiana sul fenomeno giuridico, itinerario di pensiero
che qui viene indagato con indubbio rigore metodologico e preciso
riferimento alle fonti.
Il rapporto giuridico sorge da una opzione di natura utilitaristica nel
momento in cui, come rileva il filosofo tedesco, è più saggio sottoporsi
a regole comuni che soccombere all’arbitrio del più potente; sullo
sfondo degli studi qui presentati traspaiono assonanze kantiane sulla
necessità di una convivenza degli arbitrî individuali suggerita dalla
saggezza (la nietzschiana Klugheit).
Se vi è infatti un filo conduttore che lega il proto-positivismo a là
Hobbes a quello più maturo di Kelsen, questo è offerto dall’accettazione incondizionata della forza quale elemento essenziale del diritto;
per lo stesso Nietzsche, infatti, il diritto, in quanto tecnica scevra dalla
morale, consolida i rapporti di forza presenti in un dato momento ed
in ciò si riconduce alla prospettiva positivistica.
Possiamo, quindi, ritenere che i pensatori Irrazionalisti, fra i quali
spicca un Nietzsche, qui espressamente indagato, non scevro dalla
lezione stirneriana, non rappresentino fenomeni isolati nel panorama
del pensiero giuridico, ma, all’incontrario, se colti senza pregiudizio,
possano ricollegarsi pienamente al filone del positivismo. Certo, come
evidenzia la lettura dei saggi della Zavatta, con distinguo dovuti alla
precipuità del loro speculare, non tale però da renderli avulsi da una
rappresentazione del fenomeno giuridico che risulta dominata a cavaliere del secolo Diciannovesimo e Ventesimo – e che produce ancor
oggi i suoi effetti influenzando profondamente il modo di cogliere il
sorgere e lo svilupparsi della giuridicità.
La Zavatta, a partire dalle provocazioni nietzschiane in tema di
diritto, affronta con tono critico anche le attuali vicende del mondo
occidentale, impregnato da forme di democrazia sempre più invase
da una soffocante tecno-burocrazia, che autolegittimandosi ed auto-
Prefazione

riproducendosi con incedere ermafroditico, soffoca e piega alle sue
esigenze quei cittadini, oramai spogliati di ogni sovranità, che, all’incontrario, avrebbe dovuto, in prospettiva diacronica, promuovere e
valorizzare.
Trieste  luglio 