Tematica 2 TEMATICA 2 METALLOPROTEINE COME CATALIZZATORI BIOLOGICI Alla realizzazione di questo progetto di Ricerca concorreranno tre unità operative, in cui sono localizzati gruppi di ricerca con competenze specifiche e complementari, in particolare: UNITÀ OPERATIVA DI PAVIA, UNITÀ OPERATIVA DI ROMA “LA SAPIENZA”, UNITÀ OPERATIVA DI FERRARA, UNITÀ OPERATIVA DEL SALENTO, UNITÀ OPERATIVA DI ROMA “TOR VERGATA”. UNITÀ OPERATIVA DELL’UNIVERSITÀ DI PAVIA Enzimologia di metalloproteine Gli studi che si intende proseguire da parte della UO di Pavia si svolgono nell’ambito delle ossidazioni biologiche catalizzate da metalloenzimi. Si è in precedenza dimostrato che una serie di eme proteine sono in grado di promuovere processi di nitrazione e ossidazione di substrati o di residui endogeni in condizioni che simulano lo stress ossidativo e nitrativo (1-11). L’aspetto che rimane da chiarire riguarda gli effetti che possono essere causati dall’eme proteina più abbondante nell’organismo, cioè l’emoglobina. Risultati preliminari in effetti dimostrano che questa esibisce uno spettro di attività simile a quello delle perossidasi e delle mioglobine, ma l’analisi delle modificazioni endogene è complicato dalla struttura più complessa di questa proteina, che contiene quattro subunità. Questa indagine verrà estesa ad altre proteine che possono agire da bersaglio per le specie nitranti e ossidanti generate in condizioni di stress ossidativo. Una estensione di questo lavoro ci ha recentemente portato ad iniziare degli studi di modificazione di proteine da parte di derivati chinonici. Questi derivati sono generati in vivo dall’ossidazione di catecolammine quali la dopammina, la L-Dopa e la noradrenalina e sono riconosciuti come composti neurotossici. La loro reattività si manifesta specialmente verso i residui cisteinici delle proteine, ma anche altri residui amminoacidici possono essere coinvolti. La modificazione covalente delle proteine neuronali da parte dei derivati chinonici produce delle alterazioni conformazionali e favorisce la loro aggregazione. Tuttavia i meccanismi capaci di generare i chinoni in vivo e soprattutto i siti delle proteine più sensibili a questi derivati non sono stati chiariti. Il nostro gruppo ha iniziato a occuparsi della modificazione di proteine da parte di chinoni reattivi utilizzando come precursore il 3-fluorofenolo, che con una reazione controllata enzimaticamente tramite la tirosinasi produce fluorochinone, il quale è stato a sua volta fatto reagire con la mioglobina umana, come bersaglio modello. Il pattern completo di derivatizzazione della mioglobina e gli effetti strutturali causati dai chinoni sono stati chiariti per questo sistema modello (12) e si vuole ora procedere con lo studio dei chinoni generati dalla dopammina, che presentano una reattività più complessa per la presenza del sostituente ammino-alifatico sull’anello catecolico, che può partecipare o competere con i residui amminoacidici nella reazione. La stessa tirosinasi costituisce di per sé un sistema di grande interesse per il nostro gruppo, sia per il suo meccanismo di azione, non ancora chiarito, che per la sua reattività. Proseguendo gli studi sull’enzima in criosolvente, effettuati di recente (13), e quelli su modelli biomimetici, in corso da diversi anni (14-17), si vuole arrivare a una precisa definizione di quale sia la specie attiva enzimaticamente competente a realizzare il processo monossigenasico che caratterizza questo rame enzima. Anche la sua reattività verso substrati non naturali può presentare interessanti risvolti applicativi. Sempre nel campo dello studio di rame enzimi si vogliono sviluppare nuovi studi su sistemi contenenti centri multinucleari, come quello trinucleare presente nelle ossidasi blu e quello tetranucleare presente nella ossido nitroso riduttasi. La maggiore complessità strutturale di questi siti metallici crea l’opportunità di generare specie reattive tuttora sconosciute nell’ambito della 23 Tematica 2 chimica di coordinazione, che spiegano la loro capacità di catalizzare processi attualmente impossibili con composti di rame di sintesi. Partendo dalle esperienze condotte nel corso degli ultimi anni sulle ossidasi blu (18,19) e su composti biomimetici di rame tri- e tetranucleari (20-22) ci si propone quindi di esplorare queste nuove reattività. UNITÀ OPERATIVA DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA “La Sapienza” Sistemi Tetraazoporfirinici come Modelli per Studi di Problematiche attinenti alla Biochimica L’attenzione del gruppo di lavoro composto da C. Ercolani, F. Monacelli, M. P. Donzello ed Elisa Viola è stata rivolta negli ultimi anni alla sintesi e caratterizzazione di nuove classi di macrocicli ftalocianino-simili di tipo porfirazinico, come leganti liberi e loro derivati metallici. Le porfirazine sono solo recentemente divenute oggetto di maggiore attenzione, e molto si può fare, rispetto a quanto già riportato in letteratura, per l’ottenimento di nuove serie di macrocicli che presentino caratteristiche innovative in termini di struttura elettronica, comportamento chimicofisico e potenzialità applicative. Il lavoro scientifico svolto in questa direzione dal gruppo di ricerca è stato orientato alla sintesi di macrocicli che presentano, alla periferia del sistema porfirazinico centrale, anelli eterociclici fortemente elettron-attrattori a cinque, sei e sette termini di tipo, rispettivamente, tia/selenodiazolico (Donzello, M. P., et al., Coord. Chem. Rev., 2006, 250, 1530), dipiridinopirazinico (Villano, M. et al, J. Phys. Chem. B, 2006, 110, 24534) e difenildiazepinico (Donzello, M. P. et al., J. Amer. Chem. Soc., 2003, 125, 14190), in cui sono presenti eteroatomi quali N, S e Se che influiscono sensibilmente sulla distribuzione di carica elettronica all’interno del sistema macrociclico. Nella Figura 1 sono rappresentati schematicamente alcuni dei sistemi macrociclici porfirazinici sopra menzionati in forma di leganti liberi. S N N N N N Se N N N HN N N N NH N NH N N N N N S Se Se N N N N N N HN N S S N N N [TTDPzH2] Se N [TSeDPzH2] N N N N N N N N HN N N N N N N N N N N N N [Ph8DzPzH2] N N [Py8TPyzPzH2] Figura 1 24 N HN NH N NH N N N N N N N N N N N N Tematica 2 Nel lavoro condotto su alcune di queste classi di macrocicli particolarmente negli ultimi due o tre anni, è stata studiata la possibilità di una loro azione come fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto, 1O2, l’agente chimico che gioca un ruolo fondamentale nel campo della terapia fotodinamica (PDT), una modalità terapeutica oggi di grande attualità per la cura di tumori superficiali ed altre alterazioni dermatologiche. I risultati ottenuti su complessi di Pd(II), Zn(II) e Mg(II) sono di tutto rilievo in quanto caratterizzano questi derivati metallici come potenti fotosensibilizzatori, come è dimostrato in un recente brevetto ed altre pubblicazioni (Brevetto: C. Ercolani, et al.: RM2007A000571 - 29/10/07); Donzello, M.P., et al., Inorg. Chem., 2008, 47, in stampa; Donzello, M.P., et al., 2008, inviato per la pubblicazione). Facendo seguito a quanto premesso più sopra, diversi sono gli indirizzi di lavoro che saranno proseguiti o avviati nell’arco dei prossimi tre anni. Il lavoro di sintesi è una caratteristica propria del gruppo di lavoro e pertanto si procederà con determinazione nella direzione della preparazione di nuovi macrocicli porfirazinici. La terapia fotodinamica costituisce un argomento centrale sul quale sarà portato il massimo dell’attenzione. Si può prefigurare che, sulla base di risultati recentemente acquisiti sui sistemi molecolari aventi alla periferia frammenti dipiridinopirazinici, che hanno portato alla verifica della possibilità di una coordinazione periferica con formazione di specie multinucleari sia omo- che eteronucleari, nelle quali sono presenti in coordinazione esoclica Pd(II) o Pt(II), si arrivi alla preparazione di specie cromoforiche nelle quali siano presenti funzioni cisplatino. Le proprietà farmacologiche del cis-platino, (NH3)2PtCl2, sono ben note e trovano ancora larga applicazione. Avendo il gruppo di lavoro a disposizione macrocicli mononucleari, con il metallo (es. Pd(II), Zn(II)) inserito nella cavità centrale, che si comportano come potenti fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto, 1O2, si andrà nella direzione di innestare su questi sistemi cromoforici una funzione esterna di tipo cis-platino in modo da creare unità molecolari a funzionalità multipla anticancro. Poiché si ha a che fare con sistemi insolubili nel mezzo acquoso, il problema ulteriore che emerge è quello di rendere questi sistemi trasportabili all’interno dei tessuti malati. Anche questa problematica sarà affrontata ed in una doppia direzione. Da un lato si tenterà di preparare sistemi macrociclici già di per sè acquosolubili con la formazione di specie “salt-like”, nelle quali il macrociclo è pluricarico, cosa attuabile con l’inserimento, tramite processi di quaternarizzazione, ad esempio, di atomi di azoto piridinici quali quelli presenti in pirazinoporfirazine già studiate. La Figura 2 schematizza un ipotetico sistema che presenta le caratteristiche adatte di materiale con proprietà di solubilità in acqua, con alta attività di fotosensibilizzatore di ossigeno di singoletto e fornito allo stesso tempo di una funzionalità di tipo cis-platino. Una seconda via è quella della veicolazione mediante la formazione di aggregazioni liposomiali in grado di raggiungere le cellule malate per svolgere la loro azione farmacologica. Lo studio dei processi di aggregazione macrociclo/agente veicolante è già stato iniziato con alcuni risultati che sono da considerare incoraggianti e che saranno ulteriormente sviluppati. N + +N H3C CH3 N + N N N H3C N M N H3C N N + CH3 N N + N N N N N N N N N + N CH3 N N Pt Cl Figura 2 25 Cl Tematica 2 Bio-X-ray Absorption Spectroscopy (BioXAS) La spettroscopia d’assorbimento ai raggi X applicata ai campioni biologici (BioXAS) sta assumendo da alcuni anni un ruolo fondamentale. Può provare la presenza di metalli in tessuti organici, è applicabile a proteine complesse con alto peso molecolare, a proteine insolubili (come le proteine di membrana), ad intere cellule, in studi di catalisi enzimatica. La caratterizzazione BioXAS è di particolare significato in studi di relazioni struttura-funzione di sistemi biologici e di complessi molecolari rilevanti per i materiali biologici, in studi di biologia strutturale, di genomica strutturale e di metalloproteomica. Per ottenere un’alta risoluzione della struttura fine dei centri metallici coinvolti, c’è interesse a combinarla alla diffrazione ai raggi X di proteine o alla spettroscopia NMR strutturale, sfruttando la sinergia e la complementarità dei due o tre approcci spettroscopici possibili. L’impatto di BioXAS è progressivamente aumentato nell’ultimo decennio, come indicato dal crescente numero di studi pubblicati sui principali giornali ad alto indice scientifico. Parallelamente, riunioni scientifiche dei ricercatori coinvolti in questa tematica e corsi pratici, dedicati a diffondere sia l’aspetto teorico sia l’applicazione tecnica del metodo, sono stati organizzati in Europa con la partecipazione dei maggiori esperti internazionali del settore (23-25). I sincrotroni attuali (ed i nuovi in costruzione), hanno esteso (ed estenderanno) le possibilità degli esperimenti di BioXAS e già stazioni sperimentali forniscono la possibilità di combinare più tecniche. E’ già possibile studiare campioni biologici ultra-diluiti per condurre esperimenti BioXAS di nuovo tipo, impraticabili in passato, in condizioni quasi fisiologiche di catalisi biologica. In futuro condizioni “native” diverranno disponibili per lo studio di metalloenzimi alla loro temperatura di lavoro, senza la necessità di scendere con la temperatura, permettendo accurati studi di relazioni struttura-funzione in tempo reale, tenendo conto della generazione d’intermedi di reazione. L’analisi dei dati XAS è basata sul confronto tra calcoli teorici e dati sperimentali accurati, sia per il raffinamento della regione EXAFS (Extended X-ray Absorption Fine Structure) sia per la simulazione XANES (X-Ray Absorption Near Edge Structure). Sono disponibili diversi programmi d’analisi e simulazione per ambedue le regioni dello spettro XAS. Per applicazioni BioXAS in particolare è importante l’analisi quantitativa della zona XANES dello spettro, poichè il segnale XANES è di almeno due ordini di grandezza più intenso del segnale EXAFS, che nelle metalloproteine cade a bassi valori di k nello spettro. L’approccio XANES permette di ridurre la concentrazione della proteina e dei complessi molecolari modello. Nel corso del prossimo triennio verranno continuati gli studi sulla caratterizzazione strutturale di centri binucleari a rame di tipo 3 di derivati di emocianine e di composti modello correlati condotti nel trienno scorso. Per l’assenza di dati cristallografici e per la presenza d’accoppiamento antiferromagnetico, che influenza le proprietà spettroscopiche di questi centri a rame, la spettroscopia XAS si è rivelata una metodica fondamentale e complementare. L’esperienza maturata nella simulazione degli spettri XAS (26) ci permetterà di completare questi studi, indirizzati sempre di più a determinare il contributo strutturale per i due diversi centri a rame. La risoluzione dei dettagli strutturali dei due siti in un centro assorbitore binucleare è tuttora un problema complesso ma di grande interesse in BioXAS. È stato dimostrato che può essere considerato e risolto solo con accurate simulazioni della regione XANES dello spettro (27). Un nuovo campo di studi (28) si è aperto in collaborazione con l’Unità dell’Università di Bari sulla caratterizzazione strutturale di addotti di composti antitumorali a Pt con platinofili intracellulari e proteine coinvolte nel trasporto di rame. Nell’ambito di questa tematica questa unità ha attivato nel 2007 presso il laboratorio EMBL ad Amburgo un progetto di spettroscopia XAS, alla soglia L3 del Pt, ed una prima serie delle misure previste è stata effettuata. Il progetto XAS è parte di un approccio combinato (NMR strutturale, ESI-MS, CD-UV/Vis) che si pone l’obiettivo di contribuire a spiegare il meccanismo di trasporto cellulare del platino. Si ritiene che l’analisi e la simulazione quantitativa dei dati XAS (nell’approccio EXAFS e XANES) permetteranno di meglio comprendere e caratterizzare la natura e la quantità dell’informazione chimica (Z-tipo del legante, distanze ed angoli tra i leganti) contribuendo alla risoluzione strutturale degli addotti “attivi” nel processo di trasporto cellulare del platino. 26 Tematica 2 UNITÀ OPERATIVA DELL’UNIVERSITÀ DI FERRARA Complessi metallo porfirinici come modello di ossigenasi in sistemi compositi Collaborazioni: Università di Parma, Università di Pavia, Università di Parigi V (Francia), Università di Valencia (Spagna), Università di Blida (Algeria), Università di Ciudad Real (Spagna) L’Unità operativa dell’Università di Ferrara intende svolgere il suo progetto di ricerca sviluppando la seguente tematica: sistemi compositi biomimetici fotoeccitati come sistemi modello di monoossigenasi. E’ nostra intenzione proseguire lo studio su complessi ferro porfirinici fotoeccitati in qualità di sistemi modello di monoossigenasi citocromo P450 dipendenti. In particolare, vogliamo sviluppare l’indagine riguardante la loro eterogeneizzazione su supporti solidi; infatti studi precedenti in cui i complessi ferro porfirinici sono stati inglobati in sistemi eterogenei e microeterogenei (micelle e membrane polimeriche)( 29,30) hanno dimostrato che una scelta conveniente del supporto può portare al controllo della chemoselettività del processo ossidativo, in quanto favorisce le reazioni in prossimità del centro metallico (verso la formazione di specie ossigenanti efficienti così come accade nel ciclo catalitico del citocromo P-450), inibendo contemporaneamente i processi bulk di autoossidazione. Quindi la modulazione dell’intorno chimico che circonda il sistema modello consente al supporto solido di mimare la catena proteica che circonda il gruppo prostetico nell’enzima nativo. Tutto questo senza dimenticare che la eterogeneizzazione del complesso ferro porfirinico ne aumenta la stabilità fotochimica. Un’ulteriore implementazione già in parte realizzata negli scorsi anni in soluzione omogenea (31) consiste nell’individuare e mettere a punto sistemi compositi, costituiti da un componente fotosensibile, dotato di elevata stabilità fotochimica, che è in grado di trasferire un elettrone alla ferro porfirina. Questa nella sua forma ferrosa può coordinare l’O2 mimando il ciclo catalitico del citocromo P450. Questi sistemi compositi presentano alcuni interessanti vantaggi: in primo luogo il componente fotosensibile è un riducente non chimico che può essere ciclicamente generato e che non va ad interferire con la specie elettrofila ipervalente del ferro. In questo senso, esso mima l’azione del NADH in vivo. In secondo luogo la stabilità del complesso porfirinico aumenta significativamente dal momento che non è più direttamente coinvolta nel processo fotochimico. Uno degli obiettivi principali della ricerca sarà la eterogeneizzazione di sistemi compositi, con lo scopo di ottenere un proficuo sinergismo tra i componenti e la matrice solida. I sistemi compositi eterogenei che abbiamo in programma di caratterizzare e studiare sono i seguenti: i) anione decatungstato e Fe porfirina tetrasolfonata immobilizzati su resine scambiatrici di anioni. Ci aspettiamo che la resina possa garantire la vicinanza controllata delle due specie, in modo che il decatungstato ridotto possa trasferire un elettrone al complesso. D’altro canto dato che l’anione decatungstato fotoeccitato in particolari condizioni è in grado di accumulare H2O2 nell’ambiente di reazione (32), è possibile immaginare una reazione diretta tra i perossidi formati in situ e la ferro porfirina (ciclo abbreviato del citocromo P450). ii) sistemi compositi decatungstato/porfirina e TiO2 nanocristallino/porfirina inglobati in matrici siliciche mediante tecnica sol-gel. L’obiettivo è di includere e distanziare in modo controllato la componente attiva fotochimicamente (decatungstato o TiO2) dal complesso porfirinico. La scelta della matrice silicica è motivata dal fatto che diversi studi hanno messo in evidenza che le proprietà fotochimiche del decatungstato non vengono alterate a seguito della sua eterogeneizzazione su silice amorfa, silice mesoporosa MCM-41 e silice funzionalizzata con cationi ammonio (33,35) L’utilizzo della tecnica sol-gel consente di ottenere un sistema eterogeneo ad elevata area superficiale, che può essere utilizzato anche in mezzi disperdenti acquosi, più simili cioè alle condizioni cellulari. Particolare attenzione sarà rivolta ai vari steps del meccanismo di inserzione di atomi di ossigeno in legami C-H non attivati. La spettroscopia paramagnetica elettronica è una valida tecnica investigativa per quanto riguarda lo studio di stati di spin di ioni metallici paramagnetici presenti in 27 Tematica 2 complessi di coordinazione (come ad esempio il ferro porfirinico) ma anche di studiare la formazione di specie radicaliche a seguito del processo fotochimico primario. In particolare, la tecnica dello spin trapping consente di intrappolare i radicali, che normalmente hanno un tempo di vita troppo breve per essere rivelati, in addotti paramagnetici più stabili e quindi più facilmente rivelabili. L’analisi della struttura dello spettro e la misura delle costanti di accoppiamento iperfine permette spesso di identificare la natura del radicale intrappolato, dando importanti informazioni sul meccanismo d’azione del sistema modello impiegato. UNITÀ OPERATIVA DELL’UNIVERSITA’ DEL SALENTO L’anidrasi carbonica è il metallo enzima che catalizza la reazione reversibile di idratazione della CO2 a bicarbonato e protoni. Negli ultimi anni sono state caratterizzate oltre 13 isoforme in animali, piante e procarioti. Le varie isoforme di anidrasi carbonica presentano un atomo di zinco nel sito catalitico (36,37) fondamentale per il processo catalitico che si realizza in due passaggi successivi. Il primo consiste nel rapido attacco nucleofilo all’atomo di carbonio della CO2 effettuato da uno ione ossidrile legato allo zinco, la cui carica positiva stabilizza la carica negativa dello ione ossidrile, consentendone l’attacco al diossido di carbonio: E-Zn2+-OH– + CO2 ⇌ E-Zn2+-HCO3 ⇌ E-Zn2+-H2O + HCO3 Il secondo passaggio consiste nella rigenerazione del sito attivo mediante la ionizzazione della molecola di acqua legata allo zinco e la rimozione di un protone dal sito attivo, che rappresenta lo stadio limitante la velocità della reazione: E-Zn2+-H2O ⇌ +H- E-Zn2+-OH– ⇌ E-Zn2+- OH– + +H-Base La velocità di reazione è influenzata dalla temperatura (aumenta di 17-30 volte da 0°C a 28°C e dal pH; l’enzima è relativamente stabile e opera in un intervallo di pH che va da 6 a 10 unità, presentando la massima attività a pH 8). L’enzima anidrasi carbonica svolge un ruolo chiave in molti processi fisiologici, come la respirazione, il trasporto ionico, l’omeostasi protonica, la calcificazione, la regolazione acido-base, in alcuni processi secretori, come la formazione del fluido oculare (38), da cui l’uso di inibitori dell’anidrasi carbonica per il trattamento del glaucoma (39), e nella fotosintesi (40) nelle piante. L’anidrasi carbonica è inibita da una serie di sostanze, sia di natura organica che inorganica, in grado di interagire direttamente o indirettamente con il sito catalitico. Gli “inibitori inorganici” comprendono una serie di sostanze a basso peso molecolare, anioniche o cationiche, che esercitano la loro azione sull’attività enzimatica in maniera meno efficace rispetto agli inibitori organici. Tra gli inibitori inorganici sono compresi gli alogeni Clֿ, Iֿ e Brֿ, il cianuro (CNֿ) e il solfuro (S2ֿ). L’inibizione da parte di questi anioni è dovuta all’interazione di tali molecole con il sito attivo della forma non protonata dell’enzima, ostacolando in questo modo il legame della CO2. Gli “inibitori organici” dell’anidrasi carbonica comprendono le sulfonammidi aromatiche caratterizzate da una struttura R-SO2-NH2 (di seguito riportata), dove R è un residuo aromatico o eteroaromatico (41). Le sulfonammidi (l’acetazolamide, methazolamide, ethoxazolamide, dichlorphenamide) legano lo zinco sostituendo la molecola di solvente e bloccando così la funzione Electrometric and colorimetric determination of carbonic anhydrase.catalitica. E’ una reazione reversibile, non competitiva e specifica. Recentemente nel laboratorio di Fisiologia Generale e Ambientale dell’Università di Lecce è stata studiata l’inibizione di tale enzima da parte di metalli pesanti quali rame, cadmio e mercurio (42). Obiettivi e metodi Data l’importanza dell’enzima anidrasi carbonica nella fisiologia dell’organismo, obiettivo del presente programma di ricerca consiste nello studio della sensibilità dell’enzima anidrasi carbonica a diverse classi di contaminanti chimici quali pesticidi (in particolare organofosfati e carbammati), policlorobifenili, idrocarburi policiclici aromatici, ftalati e stireni. Lo studio verrà approfondito con l’analisi delle cinetiche di inibizione. L’attività enzimatica di anidrasi carbonica verrà determinata elettrometricamente attraverso una modifica del metodo proposto da Wilbur e Anderson (43). Il metodo consiste nel misurare a 0°C la 28 Tematica 2 variazione di pH di una miscela di reazione contenente CO2 come substrato dell’enzima. L’attività enzimatica viene espressa in unità enzimatiche; ogni unità enzimatica di questo enzima è rappresentato da una µmole di CO2 idratata in un minuto, vale a dire da una µmole di ioni H+ che in 1 min si formano nella miscela di reazione, in base alla stechiometria della reazione catalizzata dall’enzima. UNITÀ OPERATIVA DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA “Tor Vergata” Per il triennio 2009-2011 l’UO di Roma Tor Vergata intende effettuare studi secondo le seguenti linee di ricerca: 1) Emoproteine 2) Enzimi Proteolitici Emoproteine In questo ambito si intende continuare la ricerca sulla modulazione dell’interazione con legandi esogeni, sia della forma Fe(II) (quali O2, CO e NO) che della forma Fe(III) (quali N3-, SCN e NO), di emoproteine da organismi procariotici (44,45), in particolare del tipo “troncato”. Tali emoproteine infatti presentano una struttura drasticamente diversa da quella di emoproteine da organismi eucariotici (46), in particolare da quelli di organismi superiori (quali pesci,uccelli, rettili e mammiferi), che presuppongono anche una diversa funzionalità. In effetti, non è ipotizzabile che tali emoproteine “troncate” svolgano una funzione di trasporto di gas in organismi procariotici od eucariotici inferiori, date le ridottissime dimensioni di tali organismi, nei quali la semplice diffusione di ossigeno è sufficiente per mantenere attiva la fosforilazione ossidativa. Pertanto, si deve prevedere che tali emoproteine svolgano funzioni alternative, quali “scavenging” di gas o trasporto di elettroni. Si intende quindi investigare su tali possibilità, anche perché alcune di queste emoproteine presentano anche un dominio flavoproteico associato a quello eminico. Inoltre, si intende proseguire nell’indagine sui processi di “folding/unfolding” nelle emoproteine, già iniziati nel Triennio precedente (47-49), che riguardavano prevalentemente mioglobina e citocromo c (entrambe nella forma olo) di origine eucariotica. Tale indagine, che si avvale dell’utilizzo di metodiche di mescolamento rapido (stopped-flow), sarà principalmente focalizzata sui processi indotti sia da salti di pH (prevalentemente da pH neutro a pH acido) sia dall’azione di reagenti chimici che inducono denaturazione a pH neutro (quali Guanidina-HCl ed Urea). La possibilità di isolare intermedi della reazione di “unfolding” e, tramite mescolamento sequenziale, poter osservare il processo di “refolding” di tali intermedi apre ulteriori scenari di indagine in tali fenomeni. Tale studio sarà esteso anche a emoproteine “troncate” di origine procariotica, sui processi di “folding/unfolding” delle quali non è ancora disponibile alcuna informazione, che si prevede mostreranno dei comportamenti drasticamente differenti. Infine, si intende proseguire nello studio della modulazione funzionale delle perossidasi (sia di origine animale che vegetale) da parte di metaboliti ossidanti o riducenti prodotti da cellule sotto stress ossidativo. Tale indagine si propone in particolare di osservare e determinare quali prodotti di reazione si formano nel corso dei meccanismi di risposta immunitaria, in particolare nei macrofagi, nei quali le perossidasi umane (quali mieloperossidasi ed eosinofilo perossidasi) svolgono un ruolo fondamentale nella risposta antibatterica innata. Enzimi Proteolitici Lo studio in questione rappresenta un’estensione ed evoluzione di quanto già svolto nel corso del triennio passato riguardo al meccanismo d’azione di metalloproteinasi di matrice (quali la collagenasi MMP-8 e la gelatinasi MMP-2) nei confronti dei due principali collageni presenti nella matrice extracellulare (50,51). In tal senso, intendiamo da un lato completare uno studio comparativo fra le varie collagenasi (cioè la MMP-1, MMP-8 e MMP-13) del meccanismo proteolitico nei confronti del collagene I fibrillare e fra le due gelatinasi (cioè MMP-2 e MMP-9) nei confronti del collagene IV. Inoltre, poiché i neutrofili durante i processi infiammatori secernono 29 Tematica 2 vari tipi di enzimi proteolitici, sia metalloproteinasi (quali MMP-8 e MMP-9) che proteasi a serina (quali elastasi e catepsina G), ci proponiamo di studiare le interrelazioni funzionali fra questi enzimi nel processamento di substrati naturali, presenti nell’area dell’infiammazione, quali collageni, chemochine e citochine. Inoltre, intendiamo proseguire nello studio della modulazione funzionale di una metalloproteinasi coinvolta in processi neurologici, quale l’insulisina. Questo enzima, che è in grado di processare, oltre all’insulina (il suo substrato naturale) anche altre molecole amiloidogeniche, in particolare il β-amiloide (rendendolo solubile e non neurotossico), viene modulato in questa attività da molecole presenti nei tessuti nervosi, quali le dinorfine (52). Recentemente, abbiamo iniziato una serie di osservazioni preliminari sulla modulazione di questo enzima da parte della somatostatina, un ormone ipofisario, che gioca un ruolo fondamentale nei processi cognitivi (53,54). Intendiamo estendere tale indagine durante il prossimo triennio anche ad altri metaboliti dei tessuti nervosi, con particolare riguardo, anche in questo a caso, a quelli che si producono nel corso di processi infiammatori cronici. BIBLIOGRAFIA 1. S. Nicolis, E. Monzani, R. Roncone, L. Gianelli, L. Casella. Chem. Eur. J., 10, 2281-2290 (2004). 2. E. Monzani, R. Roncone, M. Galliano, W. H. Koppenol, L. Casella. Eur. J. Biochem., 271, 895906 (2004). 3. A. Sala, S. Nicolis, R. Roncone, E. Monzani, L. Casella. Eur. J. Biochem., 271, 2841-2852 (2004). 4. R. Roncone, E. Monzani, S. Nicolis, L. Casella. Eur. J. Inorg. Chem., 2203-2213 (2004). 5. R. Roncone, E. Monzani, M. Murtas, G. Battaini, A. Pennati, A. M. Sanangelantoni, S. Zuccotti, M. Bolognesi, L. Casella. Biochem. 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Chem., in corso di stampa. 23. BioXAS Workshop on X-ray Absorption Spectroscopy for Biology using a third generation source (ESRF, Grenoble, Francia 1999); BioXAS 2000 European Workshop on X-ray Absorption for biology (LURE, Orsay, Francia 2000); BioXAS 2001. 3rd European Workshop on X-ray Absorption for Biology (Università, Siena, Italia 2001). 24. First BioXAS Study Weekend-“Contribution of BioXAS to structural genomics: developments in theory & refinement methods” (LURE, Orsay, Francia 2001); Second BioXAS Study Weekend “Genomics and BioXAS” (LURE, Orsay, Francia, 2003); Sino-Europe Workshop on Advances in Synchrotron Radiation Studies of Metalloproteins (Beijing, China 2004); 3rd BioXAS Study Weekend - “Metalloproteomics” (SOLEIL, Sain-Aubin, Francia 2007). “BioXAS and Structural Genomics”, J. Synchrotron Rad., 2003, 10; “BioXAS and Metallogenomics”, J. 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