STORIA MEDIEVALE *INTRO* […] Capitolo 1 - Il mondo Ellenistico – Romano e la diffusione del cristianesimo Tra il I e il II secolo d.C., sotto l’esigenza di nuovi bisogni di tipo spirituale, entra in crisi la religione politeista (quella ufficiale), che al confronto con le nuove dottrine orientali e concetti filosofici (stoicismo), si stava rilevando inadeguata. Questo fenomeno non si sviluppò soltanto nel mondo romano, ma investì anche gli altri sistemi socio-culturali delle regioni Euro-Asiatiche. Nel mondo romano erano molto le religioni che si facevano concorrenza. Il culto di Mitra ad esempio ebbe grande diffusione all’interno della corte imperiale, ma nel corso del IV sec, per via dei riti orgiastici non conciliabili coi valori morali che stavano dilagando, venne sostituito dal cristianesimo. Il cristianesimo, dapprima diffuso nelle comunità giudaiche del mondo ai livelli più bassi della società, divenne maggioritario quando adeguò i toni tipici della religione alla società del tempo (toni apocalittici, di contestazione alla ingiustizie, contro la schiavitù). Paolo di Tarso (apostolo delle genti) ha il merito di aver reso universale il messaggio di Cristo fuori dalla Palestina grazie alle sua “lettere” che costituiscono la prima sistemazione dottrinale e del messaggio evangelico. La sua predicazione si svolse soprattutto nelle città (le campagne quindi rimasero legate ai culti tradizionali, quindi rifiutando il cristianesimo divennero pagani). Impero Romano: nonostante fosse tollerante con le diverse religioni, conduce persecuzioni contro i cristiani. È una persecuzione di natura politica, in quanto i cristiani vennero più volte assimilati agli ebrei, ribelli dell’impero romano. Crisi II – III secolo: investe ogni fondamenta della società romana, per cercare di uscirne si accentua l’intervento dello stato in ogni settore della vita sociale, economica e il carattere sacrale del potere imperiale. Quest’ultimo punto risultava inaccettabile ai cristiani che rifiutavano qualsiasi forma di adorazione nei riguardi dell’imperatore. [origine crisi: inflazione romana dovuta soprattutto alle ingenti spese contro Germani] Diocleziano fu un personaggio chiave, frena la crisi nel 284 rifacendosi al modello delle monarchie orientali (divise le autorità in 2 cesari e 2 augusti) e introducendo controlli statali su tutta la città. Essendo egli stesso 1° Augusto accentua il ruolo sacrale che i cristiani non riconoscono. Diocleziano vedeva nei cristiani un elemento di pericolo e nel 303 diede vita ad una grande persecuzione. Costantino: Successore di Diocleziano vede, al contrario, nei cristiani un punto di forza. Emana dunque l’editto di Milano riconoscendo alle chiese cristiane libertà di culto e restituzione dei beni confiscati. Organizzazione della chiesa: - Chiesa locale in comunione con chiesa universale - Chiesa metropolica = formata nella metropoli della provincia in seguito alla predicazione degli apostoli chiesa apostolica - Sedi vescovili più importanti: Roma, Gerusalemme e Costantinopoli che nel 330 Costantino proclama come nuova Roma e capitale dell’Impero. Roma = Santa Sede poiché lì il martire Pietro fondò la 1° Chiesa apostolica. La diffusione della cultura e dei dibattiti filosofici manteneva alto il livello culturale dei vescovi; i cristiani, dalle semplici parole del Vangelo, passano ai dibattiti teologici, soprattutto rivolti contro altre religioni, quindi cresce l’intolleranza. Si sviluppano 2 visioni del cristianesimo: 1) Rifiuto compromessi e forti valori morali, si aspetta il ritorno del Messia e l’Apocalisse 2) Concezione più moderata dove il Cristianesimo diventa più comprensibile alle debolezze dell’uomo. Rifiuta ogni concezione dualistica come gnosticismo (contrapposizione tra Dio irraggiungibile e mondo materiale), manicheismo (2 principi, bene e male e la lotta tra il mondo superiore spirituale e quello inferiore materiale) ARIANESIMO: Agli inizi del ‘300 si diffonde l’Arianesimo dal prete Ario di Alessandria, che sosteneva che il figlio di Dio incarnatosi in Cristo, non aveva la stessa divinità del padre, ma gli fosse subordinato. Dopo il primo Concilio Ecumenico tenuto a Nicea nel 325 da Costantino, la dottrina di Ario venne condannata. La dottrina cattolica venne dichiarata valida per la chiesa universale e comincia quindi da adesso la lotta alle eresie, ovvero tutte quelle dottrine che si oppongono alla verità della chiesa. Nel 451 nel concilio di Calcedonia, Cristo viene dichiarato vero Dio e vero Uomo (in contrasto coi Nestoriani, che contestavano la figura di Maria in quanto madre di Cristo uomo, ma non di Dio). Monachesimo: è uno degli elementi più importanti della società del medioevo. In questo periodo si andava affermando sempre di più un apparto ecclesiastico dotato di crescente autorevolezza civile e politica. Nasce in Egitto nel III secolo. Diffuso soprattutto tra le classi inferiori, il monachesimo cristiano è caratterizzato da una grande rozzezza di costumi, ricerca della solitudine e totale sfiducia verso ogni speculazione intellettuale. - Pacomio: Ispirato alla 1° comunità cristiana di Gerusalemme, fonda la creazione dei monasteri nel 346 d.C. - Basilio: Vescovo di Cesarea di Cappadocia, nel 378, indirizza le sue regole ai monasteri e cristiani che vivono in comunità. Entrambi ebbero molto successo in occidente, soprattutto per le famiglie nobili di Roma che cominciarono pellegrinaggi e le esperienze nel monachesimo. - Gerolamo: eremita del deserto, giunge a Roma ottenendo enorme successo tra le nobili donne romane; da cui comincia la diffusione dei monasteri in tutta Roma e province. - Cassiodoro (collaborazione con Teodorico): istituisce una sorta di scuola dove venivano svolte attività culturali di scrittura tra cultura sacra e scrittura profana. - Martino: diffonde il monachesimo in Gallia, da militare abbraccia la vita ascetica e diventa vescovo. Al momento della sua morte, sulla sua tomba, viene costruita una basilica e la sua biografia diventa un manuale per tutti i cristiani. - Giovanni Cassiano: diffonde ideali del monachesimo in Provenza (In Spagna, Britannia, Irlanda, dove c’era meno diffusione) - Benedetto Da Norcia: fondatore ed abate del monastero di Montecassino. Nel 540 scrive “regole”, documento importantissimo ed educativo per i fedeli. Ebbe una enorme diffusione a partire dal VII – VIII sec. Cristianesimo in Britannia: Difficile espansione per l’assenza delle città. Capitolo 2 - L’Occidente romano germanico Germani: non una razza unica, ma comunità originaria omogenea dal punto di vista culturale e linguistico. Civiltà formata lentamente dall’agglomerarsi e fondersi di popoli indoeuropei e popolazioni indigene. Primo contatto con in romani nel II sec a.C., questo contatto nel corso del tempo influenzò notevolmente gli usi e costumi dei germani, non solo attraverso scambi commerciali, ma anche grazie all’ingaggio sempre più frequente di gruppi germanici all’interno delle truppe romane. Organizzazione società germanica: L’organizzazione della società e del potere ruotava intorno alla guerra. (popolo germanico = popolo di uomini in armi) L’unica gerarchia esistente era quella dei “duces” (capi militari riconosciuti tramite prestigio acquisito in guerra), titolo che si trasmetteva ereditariamente. Tuttavia nonostante il loro prestigio, non erano considerati superiori agli altri uomini liberi. Già a partire dal I secolo d.C. i germani cominciarono ad essere fondamentali per il reclutamento delle legioni romane, poste a difesa dei confini dell’impero. Nel III secolo la presenza germanica all’interno dell’esercito era già prevalente. Nel momento in cui sembra essere stato raggiunto un equilibrio tra mondo romani e mondo germanico, l’arrivo degli Unni (raggruppamento di popoli Turco-Mongoli) rimette in discussioni i traguardi raggiunti. Goti: Polo che si formò per successive aggregazioni della Scandinavia al Nord del Mar Nero, già nel II sec d.C. Ostrogoti: Goti dell’est Visigoti: Goti dell’ovest (dopo aver tentato di resistere ottennero dall’autorità imperiale di poter varcare i confini stanziandosi in Tracia, attuale Romania) Teodosio: Stipula accordo con Visigoti concedendo il loro trasferimento nell’Illirico (Albania, Bosnia, Grecia) Divide l’impero e ne affida le parti ai figli. La tutela di questi viene affidata ai comandanti germanici tattica che prevedeva un’apertura verso questo popolo e il loro ingresso nel Senato. Alla morte si Teodosio l’impero venne diviso definitivamente tra i suoi due figli, Onorio e Arcadio; rispettivamente alla guida dell’Impero D’Occidente con capitale Milano e l’impero di Oriente con capitale Costantinopoli. Avviene l’ingresso dei Germani in Senato; cominciò quindi a crescere all’interno della corte un’opposizione verso gli elementi di origine barbarica e i germani orientali risentivano della pressione che gli Unni avevano ripreso. Nel 406 il confine del Reno fu superato da Vandali, Alani e Svevi che diretti in Gallia si spinsero fino in Spagna. Ad essi si aggiunsero Franchi e Burgundi. Si aprirono così le porte per i Visigoti (sotto il re Alarico I) verso l’Italia, che nel 410 attraversarono la penisola. saccheggio di Roma e crollo della città. Dopo il sacco di Roma l’autorità romana si limitò ad essere esercitata su un territorio limitato dell’Italia stessa. Tutti i popoli barbarici vennero riconosciuti come successori e federati di Onorio. Ora non erano più soldato stanziati sui confini, ma vivevano con le proprie famiglie sotto un proprio re con autonomia illimitata. Da qui l’autorità dell’impero romano d’occidente si ridusse sempre di più. La capitale, per ragioni di sicurezza, viene spostata da Milano a Ravenna. Per quanto si fosse creata l’illusione da parte dei romani di poter estromettere dai vertici del potere i germani, appariva chiaro che essi erano indispensabili per la sopravvivenza dell’impero d’occidente. Gli Unni, sotto Attila, invadono la Gallia minacciando l’Italia, ma vengono sconfitti nel 425 da un esercito di Burgundi e Visigoti. Tuttavia, l’anno dopo Attila riesce ad invadere l’Italia; la sua marcia viene arrestata da papa Leone I e l’impero Unno si sfalda rapidamente. Regni Romano-barbarici: Teodorico: Re Ostrogoto educato alla corte di Costantinopoli che nel 489 porta in Italia il suo popolo stringendo un’alleanza con l’aristocrazia e l’episcopato. Con gli Ostrogoti, per la prima volta, si stanzia in Italia un intero popolo. Questo non comportò la dominazione Ostrogota, bensì una coesistenza di comunità con diversi ordinamenti giuridici sotto la figura di Teodorico (re d’Italia). Vandali in Africa: In continuo contrasto con le popolazioni locali a causa della brutalità delle conquiste e per le persecuzioni che attuavano contro la chiesa cattolica. Nel 533-534 furono travolti dell’espansionismo di Giustiniano sparendo dalla scena politica. I due organismi più saldi nati da questo disfacimento furono il regno dei Visigoti e quello dei Franchi. Visigoti: dopo il sacco di Roma avevano ottenuto dall’imperatore Onorio di stanziarsi come federati nella Provenza e parte della penisola iberica. Vennero però bloccati dai Franchi nel 507 che li sospinsero fino alla penisola iberica definitivamente. Il trasferimento in Spagna non modificò la fisionomia originaria dei Visigoti, ma segnò un precoce connubio con l’aristocrazia locale e ne nacque una profonda collaborazione. Nel 589 questo legame si unificò ulteriormente per via della conversione al cristianesimo da parte dei Visigoti. Si solidificò quindi un periodo di pace e stabilità che durò fino al 711, anno dell’invasione araba che ne provocò la fine. Franchi: nel 732 il regno dei Franchi respinge l’espansione araba che stava cercando di stringere l’Europa da tutti i lati. I Franchi non facevano parte originariamente di organismo politico unitario, in quanto divisi in tanti piccoli aggregati. Nel 482 furono inglobati nel dominio di Clodoveo, re dei Franchi Sali e iniziatore della dinastia Merovingia. Nel 486 elimina dalla Gallia ogni presenza romana e si schiera contro le altre popolazioni germaniche della Gallia, ponendole sotto la propria tutela e scacciandole dai loro territori. L’unico contrasto fu Teodorico, re degli Ostrogoti, che si oppose e coordinò sotto di sé tutti i gruppi etnici minacciati dai Franchi. Alla base dei successi di questi ultimi c’era la forte collaborazione con l’aristocrazia gallo-romana e con l’episcopato cattolico. Nel 498 avviene la conversione di Clodoveo, che portò alla fusione totale tra l’aristocrazia franca e gallo-romana, nonché la fusione tra i due popoli. Questa fusione portò alla creazione di un nuovo ceto dirigente e a un cambiamento di vita negli usi e costumi del nuovo popolo. Clodoveo viene definito il nuovo Costantino. Alla sua morte il regno venne diviso in parti uguali tra i suoi 4 figli. Questo sistema di successione basato sulla spartizione portò a violente guerra fratricide e odi familiari, quindi i franchi non furono in condizione di esercitare un direzione politica salda. Capitolo 3 - L’Oriente romano-bizantino e slavo Differenze tra occidente e oriente: In occidente si delineava una nuova realtà attraverso la fusione della civiltà germanica e di quella romano-cristiana; la parte orientale dell’impero mostrava grande capacità di resistenza di fronte alle pressioni estreme e tensioni interne. Tale resistenza era alimentata dalla forte fedeltà alle tradizioni e dalla capacità di adattamento a situazioni politiche in continuo mutamento. L’oriente non aveva avuto lo sviluppo di un’aristocrazia maggioritaria. Il ceto aristocratico non godeva di superiorità sociale nei confronti del resto della popolazione e non formava una casta chiusa, a differenza dell’occidente. L’assenza di una aristocrazia forte consentì una maggiore libertà di azione al governo imperiale. Un’altra forte differenza fu il pieno controllo che lo stato riusciva ad esercitare sulla Chiesa in oriente, oltre che al rafforzamento della flotta e un esercito non numeroso ma ben addestrato. Infine in Occidente si faceva affidamento sui germani, reclutandoli e inserendoli nei quadri dirigenti; in oriente c’era una totale chiusura (inoltre fu decisiva la politica di dirottamento da oriente a occidente dei Visigoti e gli altri popoli germani inquieti per la pressione degli Unni). Crescita di Costantinopoli: nel 330 Costantino inaugura, dandole il suo nome, la nuova capitale sul Bosforo. Nata come monumento a sé stesso, con Costantino e suo figlio Costanzo II, la città visse un periodo di intensa fioritura, configurandosi come rivale di Roma. Costanzo II, emulando Roma, dotò Costantinopoli di un Senato, provvide a una giusta distribuzione del grano, creò un ippodromo (corrispondente del Circo Massimo) collegato al palazzo reale, ma soprattutto data l’esaltazione del ruolo dell’imperatore (difensore della dottrina cristiana e responsabile della salvezza del popolo cristiano) fu decisiva la sacralizzazione dell’imperatore. Così finì per essere lui a eleggere vescovi, convocare concili ecumenici nonché sedi vescovili importanti (Costantinopoli, Gerusalemme, Antiochia e Alessandria). Giustiniano e la ripresa dell’iniziativa imperiale: L’impero d’Oriente, dopo aver respinto la pressione germanica, poté concentrarsi su due importanti problemi che lo affliggevano: 1) Le continue rivolte degli Isauri (popolo suddito dell’impero) 2) Le continue rivolte a sfondo religioso a cui non riuscivano a porre fine le deliberazioni dei concili La questione degli Isauri venne risolta con la loro deportazione. Una politica più conciliante verso il Monofisismo (prevalente in Siria e Egitto) aveva come risultato l’insorgere di numerose rivolte a Costantinopoli e contrasti con la Chiesa di Roma. Tutto ciò sfociò al tempo di Giustiniano (527-565) che concepì il disegno di riportare l’occidente sotto l’autorità dell’impero, recuperando l’unità con il papa, infranta dalle politiche religiosi dei suoi predecessori. Giustiniano nel 535 inizia la riconquista dell’Italia per ripristinare l’ordine che c’era prima dell’invasione germanica. Conquista inoltre la Spagna dei Visigoti e riprende il controllo del Mediterraneo, con conseguente vantaggio commerciale. Costantinopoli diviene così il punto d’incontro di 3 continenti. I problemi sorsero per questioni religiose, poiché il papa non voleva concedere a Giustiniano nessuna rivisitazione di quanto detto dal concilio di Calcedonia. Giustiniano prese con a forza il papa trattenendolo a Costantinopoli e costringendolo ad accettare il suo punto di vista. Ne conseguì un vero e proprio scisma tra impero d’oriente e episcopato di Roma (che durò fino al VII secolo) che non aveva radici solamente teologiche. Dall’impero universale all’impero bizantino: Il progetto di Giustiniano era quello di restaurare l’impero universale di Roma sul piano politico, militare ed ideale, ma le tensioni religiose erano irrisolvibili. Inoltre la capitale con la grande crescita demografica costituiva una perenne minaccia per l’ordine pubblico, dando vita a violente rivolte contro l’imperatore a causa della fame. Le conquiste in Italia e Spagna andarono perdute alla morte di Giustiniano e l’impero ridimenzionò le sue mire all’Africa, Balcani e Medio Oriente. Nel corso del VI sec nei territori dei Balcani bizantini apparvero gli Slavi (dalle origini poco chiare, ma con precisa identità linguistica e culturale che si andò affievolendo dopo le assimilazioni di popolazioni locali). Molto forte fu la pressione di Bisanzio da un lato e della Chiesa di Roma con l’impero romano-germanico di Carlo magno dall’altro; ma nel VI secolo la pressione degli Slavi unita a quella degli Avari (popolo mongolico) culminò con l’occupazione dei Balcani e l’assedio di Tessalonica e Bisanzio, in un momento in cui l’impero era impegnato a respingere l’invasione araba e i Persiani. Solo alla fine del VII secolo i bizantini recuperarono la loro presenza nei Balcani, tuttavia i Bulgari subirono un lungo processo di slavizzazione con il risultato della formazione politica Bulgaro-Slava riconosciuta nel 681 da Bisanzio con un trattato di pace. Nelle regioni rimaste si alternarono momenti di massacri terribili a un’opera di evangelizzazione, che portò a una bipartizione tra i popoli slavi che ricevettero il cristianesimo da Bisanzio e da Roma. (Slavia Ortodossa, Slavia Romana contrasti ancora viventi tra Serbi e Croati) Bisanzio riuscì a sopravvivere grazie a una riorganizzazione delle strutture dell’impero, avviata da Maurizio e continuata da Eraclio muovendosi tra forti contrasti sociali, religiosi e invasioni di Persiani, Avari, Slavi e arabi. L’uccisione di Maurizio portò alla rovina dell’impero che permise ai Persiani di guadagnare terreno, facendosi protettori delle minoranze religiose perseguitate dall’impero. Salì al trono l’imperatore Eraclio, che puntò su riforme militari e riuscì a sconfiggere i Persiani e gli Avari nel 626-630. Capitolo 4 - L’Italia tra Bizantini e Longobardi Nel 535 Giustiniano avviò la conquista dell’Italia. La 1° fase si concluse con la respinta dei Goti oltre il Po e la conquista di Ravenna. L’intento di Giustiniano era quello di riprendere i rapporti con la chiesa di Roma, quindi regalò ad alcune chiese romane parte delle terre conquistate e consegnò alcuni beni ai vecchi proprietari. Ma tutto ciò, insieme al saccheggio in tutta Italia da schiere di Franchi e Alemanni (che i Goti avevano chiamato in loro aiuto) e la divisione dell’Italia in distretti, portò ad un forte malcontento che culminò nella la disfatta con l’arrivo dei Longobardi. I Longobardi e la rottura dell’unità politica dell’Italia: I Longobardi erano una popolazione di origine Scandinava, giunta in Italia sotto la guida di Alboino. A differenza delle altre popolazioni germaniche, i Longobardi non avevano mai avuto contatti rilevanti con i romani, quindi la loro era una vera invasione, poiché ostile all’impero e avvenuta senza alcun accordo e non attuato secondo il principio dell’ospitalità. Il loro regno si pose ai latini come una dominazione straniera. Si stanziarono soprattutto nella regione padana, Friuli e Toscana; il resto era ancora nelle mani dei bizantini. I Longobardi, tra tutti i popoli germanici, erano quelli che meno si erano allontanati dai propri costumi. Il regolare svolgimento dei vescovi venne sconvolto dalla privazione dei loro titoli da parte dell’istituzione longobarda, convertiti dal politeismo al cattolicesimo ariano (non riconoscevano la figura di Cristo come divina) e non avevano alcun rispetto per il cristianesimo cattolico. I vescovi si rifugiarono così a Bisanzio. Ben presto i longobardi dovettero darsi un orientamento politico di stampo romano per prevenire un’eventuale offensiva bizantina. Nel 584 quindi per mano del re Autari avvenne la restaurazione dell’autorità regia. A lui successe Agilulfo, che comprese la necessità di una alleanza con il papato, allora guidato da Gregorio Magno, personaggio chiave che concepì il disegno di comprendere autonomo il papato dall’impero bizantino, facendo da guida alla chiesa universale. In occidente infatti non c’era una figura forte e di riferimento, ma lui si propose di essere quella guida unitaria. Iniziò l’opera di evangelizzazione dell’Inghilterra, Spagna e Italia (Visigoti e Longobardi). Inizia inoltre un’opera di difesa della città di Roma dagli attacchi dei Longobardi (si sostituisce all’autorità imperiale). L’intento di Gregorio Magno era quello di stabilire un contatto regolare con la corte regia e ciò fu reso possibile nel 603 con il battesimo dell’erede al trono longobardo. Questo non portò però ad una conversione di massa al cattolicesimo, per via dei duchi troppo legati alle proprie tradizioni. Ne conseguirono lotte tra ariani e cattolici e continui re alternati delle due fazioni. Tra i più importanti sono Rotari che emanò nel 643 l’editto di Rotari dove raccolse per iscritto le leggi longobarde e Liutprando (il cattolico), il più grande re longobardo sotto il quale avvenne la totale conversione al cattolicesimo ed il superamento della divisione etnica tra romani e longobardi. Essendosi completata la conversione al cattolicesimo, i vescovi venivano per gran parte dall’aristocrazia longobarda, tuttavia in Italia non unirono mai potere politico con quello episcopale, per questo motivo sotto Desiderio (ultimo re longobardo), non fu possibile mantenere calmo il rapporto tra le due parti, cosicché il papato chiamò in aiuto i Franchi prima con Pipino Il Breve, poi con Carlo Magno (774) per bloccare lo slancio espansionistico della monarchia longobarda. Le origini dello stato della Chiesa: Dall’invasione Longobarda si ebbero a Roma numerosi sviluppi che portarono (alla metà del VIII sec) alla fine della dominazione bizantina, sostituita con il dominio pontificio protetto dai Franchi. A questo esito si arrivò grazie alla capacità dei pontefici di stabilire un’egemonia elettiva nel Lazio e di legarsi alla nobiltà grazie a concessioni del vasto territorio di San Pietro. Capitolo 5 - Il Mondo arabo e il Mediterraneo [libro pag. 82] Capitolo 6 - Economia e società nell’alto Medioevo [libro pag. 109] Capitolo 7 - Impero carolingio e le origini del feudalesimo Il regno dei franchi conobbe dopo la morte di Clodoveo un progressivo indebolimento del potere regio e l’emergere di 4 organi politici (ducati) in concorrenza tra loro: la neustria, l’austrasia, l’Aquitania e la borgogna. Nel corso del VII sec la lotta per l’egemonia si restrinse all’austrasia e neustria (unita con la borgogna). Alla fine riuscirono ad imporsi i maestri di palazzo (i veri detentori del potere) dell’austrasia, detti Pipinidi, poiché discendenti da Pipino di Landen (Pipino il Vecchio). Artefice delle fortune dei Pipinidi fu Pipino di Heristal, il quale detenne il potere assoluto dell’austrasia, neustria e borgogna (687-714), mentre l’Aquitania si andava configurando come realtà indipendente. Suo successore fu il figlio Carlo Martello il quale intraprese un’opera di ricomposizione politico-territoriale, risaldando il suo potere ed esercitandolo anche in quei territori dove il dominio Franco non si era ancora imposto. Infine passò ad occuparsi del pericolo arabo, che avevano travolto i Visigoti. La vittoria di Carlo Martello gli conferì un enorme successo e prestigio nonché rilievo nell’ambito della religione cristiana. Questo lo portò a comportarsi come un re effettivo alla morte di Teodorico IV, ultimo re Merovingio e di dividere il regno tra i suoi 2 figli, Pipino il Breve e Carlomanno. I due fratelli non riuscirono a supportare l’opera del padre, così per sedare i contrasti costituirono un re fantasma, Childerico III dei Merovingi. Nel 747 Carlomanno abdica ritirandosi in monastero e lascia tutto nella mani del fratello Pipino il Breve. Quest’ultimo nel 750 chiede al papa chi dovesse essere re, se chi ne aveva titolo o chi ne deteneva il potere. Il papa si pronuncia a favore di quest’ultimo e così Pipino il Breve si fece incoronare dal papa dopo aver rinchiuso Childerico III. L’approvazione pontificia e l’unzione con l’olio sacro conferivano al potere di Pipino un fondamento sacro. Le basi della potenza dei Pipinidi e l’origine del feudalesimo: ciò che aveva consentito ai Pipinidi di affermarsi fu nella loro capacità di investire nelle potenzialità politiche e militari della clientela armata. In origine i popoli germanici erano popoli di guerra, che lentamente erano divenuti proprietari terrieri. Con il susseguirsi delle guerre era facile ricompensare l’esercito coi bottini di guerra, ma col terminare di esse i proprietari terrieri concedevano una parte delle terre ai soldati, che tramite giuramento si impegnavano a difendere il loro signore con un vincolo di fedeltà. Per indicare la ricompensa della fedeltà e del servizio si usava il termine “FEUDO”, che dal significare bestiame, mutò a “bene fondiario”. Diveniva “vassallo” colui il quale garantiva maggiore efficacia in combattimento e con le nuove tecniche belliche era necessario possedere armature o cavalli e la famiglia dei Pipinidi ne disponeva in maggiore quantità rispetto alle altre famiglie aristocratiche. Sotto Carlo Martello si puntò sull’ampliamento delle clientele vassallatiche attingendo alle terre regie e possedimenti pontefici, garantendo protezione alla cristianità minacciata dagli arabi. Ripresa dell’espansionismo Franco e la conquista dell’Italia: iniziò una nuova fase di espansione di Pipino in Italia e i primi a farne le spese furono i Longobardi che avevano intrapreso anch’essi la medesima politica mirando ai residui territori Bizantini. Di fronte alla avanzata di Astolfo (re longobardo), il papa Stefano II rinnova l’unzione con olio a Pipino e i suoi figli (Carlomanno e Carlo Magno), conferendogli il titolo di patrizio dei romani, ossia protettore della chiesa di Roma; titolo su cui fece leva per chiedere protezione dai longobardi. La spedizione di Pipino nel 755 mostrò la grande differenza belliche tra Franchi e longobardi. Astolfo fu sconfitto e Pipino impose la cessione dei territori Bizantini alla chiesa di Roma. Con Desiderio, successore di Astolfo, si saldò una pace tra Franchi e Longobardi, culminata nel matrimonio tra i figli di Pipino e le figlie di Desiderio. In breve tempo morirono Stefano II, Pipino il Breve Carlomanno (fratello di Carlo Magno). Rimasto unico sovrano, Carlo ripudia la moglie e la vedova del fratello che si rifugiarono da Desiderio. Quest’ultimo sferrò un attacco ai territori pontefici, ma il nuovo papa Adriano I chiese aiuto a Carlo che sconfisse Desiderio e lo imprigionò. Il dominio di Carlo si estendeva in un vastissimo territorio che andava da tutta l’Europa Centrale, alla Spagna, all’Italia Centrale. Attorno a questo c’era un’altra area assai vasta sulla quale esercitava una forte influenza, ovvero l’Italia Meridionale, e una fascia di territorio dell’Europa dell’est. L’incoronazione imperiale di Carlo Magno: Carlo Magno era sempre più consapevole dell’immenso potere di cui disponeva e dell’obbligo che aveva nei confronti della Chiesa di Roma. Egli si ispirava al modello imperiale, in particolare Costantino e come lui fondò Aquisgrana (in Germania). A Costantinopoli invece la situazione andava degenerando, sul trono vi era l’imperatrice Irene, salita al trono dopo aver imprigionato suo figlio. Il papato anche era in crisi per via di Leone III, contestato come papa in quanto considerato adultero e spergiuro. Per questo nel 799 venne aggredito e imprigionato. Riuscì a fuggire implorando l’aiuto di Carlo Magno. Il 1° Dicembre dell’800 riottenne la riabilitazione e poco dopo Leone III pone sulla testa di Carlo la corona del regno, celebrandolo nuovo imperatore. Con questo gesto il papa riafferma la supremazia religiosa della Chiesa di Roma, l’unica in grado di dare legittimità e funzione sacrale ad un potere. Questo comportò l’insorgere di scontri tra oriente e occidente (che considerava i re occidentali semi barbari). Con l’ascesa al trono di Niceforo, dopo Irene, scoppiò un duro conflitto tra i due imperi, che cessò nel 812, quando il nuovo imperatore Michele I riconobbe a Carlo il titolo imperiale. Ora Carlo oltre che imperatore a tutti gli effetti, era anche detentore della sicurezza della Chiesa di Roma. Carlo Magno mirò a creare distretti di varia grandezza con a capo dei funzionari pubblici col titolo di conte, con il compito di provvedere alla giustizia e alla difesa. Nelle zone di conquista o di frontiera i distretti venivano chiamati marche, che avevano maggiore estensione e venivano affidate ai marchesi. I ducati erano invece grandi distretti a carattere nazionale. Conti, marchesi e duchi venivano ricompensati con potenza che la carica comportava e prestigio, sotto un rapporto di vassallaggio. Nelle mani dei funzionari pubblici quindi veniva a concentrarsi un grande patrimonio. I funzionari pubblici erano controllati dai missi dominici, fedeli diretti del re. Carlo Magno tentò di omogenizzare l’impero con una intensa attività legislativa, di cui i capitolari erano l’espressione. (leggi date da brevi articolari) attraverso di essi si equilibrò anche il settore monetario e fiscale. Molti capitolari furono destinati alla riforma della chiesa e dei monasteri. In questa riforma Carlo si impegnò a fondo, scegliendo vescovi e abati con attenzione. Ciò permette il corretto funzionamento delle istituzioni ecclesiastiche che contribuivano a dare stabilità al dominio carolingio. Con Carlo Magno avviene anche il picco massimo della riforma culturale e dell’istruzione. Riunì presso la sua corte di Aquisgrana un gruppo di d’intellettuali ecclesiastici, dando vita alla scuola Platina o Accademia, cenacolo di uomini di varia cultura che animavano e riorganizzavano le scuole dell’impero. La costruzione politica di Carlo entrò in crisi dopo la sua morte, ma ciò non impedì la rinascita culturale. Capitolo 8 - La crisi dell’ordinamento carolingio e lo sviluppo dei rapporti feudali Il problema più grande dell’impero carolingio riguardava la successione. Carlo decise di attenersi all’usanza Franca di dividere il regno e così lo spartì tra i suoi tre figli, Carlo, Ludovico il Pio, e Pipino. Tuttavia la morte prematura di Pipino e Carlo fece sì che Ludovico si ritrovasse tra le mani l’intero impero (814). Ludovico si occupò immediatamente di risolvere il problema della successione, proclamando l’indivisibilità dell’impero, destinata quindi al primogenito Lotario. Quest’ultimo associato al governo e mandato in Italia, emanò dei capitolari nei quali stabiliva che il papa eletto dal clero avrebbe dovuto prima giurare fedeltà all’imperatore e poi prendere la carica. 843: trattato di Verdun, dove i figli di Ludovico si divido il regno. In breve tempo tra Lotario e i suoi fratelli Carlo il Germanico e Pipino nacquero tensioni sulla divisione dell’impero, che portarono a scontri che videro lo stesso Lotario ribellarsi al padre. Ludovico aumentò il numero di vassalli impoverendo però il patrimonio del fisco e in concomitanza con tutto ciò, la chiesa intraprese mosse che puntavano a cambiare gli assetti ed equilibri, attribuendosi il compito di guidare e giudicare il sovrano qualora questi non si fosse dimostrato all’altezza; si ponevano le premesse per l’intervento pontificio nella sfera politica. La situazione precipitò con la morte di Ludovico il Pio, che portò a scontri tra Lotario, suo fratello Carlo e Carlo il Calvo, successore di Pipino. Lotario morì nel 855 e gli successe Ludovico II, impegnato nella lotta contro i Saraceni. Alla sua morte salì al trono Carlo Il Calvo, acquistando finalmente la corona imperiale. Non avendo eredi diretti passò l’impero a Carlo il Grosso, figlio di Ludovico II che riunì nelle proprie mani tutti i domini. Venne così ripristinata l’unità imperiale. Invasioni: in questo momento di crisi imperiale, furono molte le popolazioni semi nomadi che fecero pressioni in Europa. Tra queste gli Ungari, provenienti dalla Russia centrale; l’unico modo per fermare la loro avanzata era quello di pagare grossi tributi in denaro. Il declino degli Ungari fu dovuto a due eventi: 1, La riorganizzazione del regno di Germania sotto la dinastia di Sassonia, Ottone I sconfigge gli Ungari. 2,la conversione al cristianesimo che provoca l’esaurirsi della spinta Ungara. Contemporaneamente l’Europa cristiana veniva aggredita da bande di ladri e predoni chiamati Saraceni. Queste invasioni durarono fino ai primi anni del nuovo millennio, quando il mondo cristiano riuscì a limitarle. Le regioni scampate alle invasioni Ungare e Saracene, furono colpite da quelle di Normanni (Uomini del Nord) e Vichinghi (Pirati), provenienti dalla Scandinavia. Saccheggiavano ed invadevano città e monasteri, e cessavano l’assedio solamente in cambio di pesanti somme di denaro. Carlo Il Grosso collaborò coi Vichinghi e per i suoi metodi poco dignitosi fu privato del trono. Il suo successore Carlo il Semplice tentò di renderli federati concedendo loro la regione della Normandia come feudo. Insieme a loro anche i Danesi diventarono da nomadi a sedentari, da pretoni a proprietari, sempre sotto il rapporto vassallatico-beneficiario. Incastellamento: i sovrani dei regni nati dalla dissoluzione dell’impero carolingio sentono sempre maggiormente il bisogno di organizzare i propri territori, innalzando fortezze, e sbarrando fiumi. Fu inevitabile coinvolgere nelle fortificazioni tutte le forze locali, autorizzando costrizioni di castelli e altre opere difensive. Costruzione e impatto sul territorio del castello: la costruzione di un castello influenzava fortemente la vita e l’organizzazione del territorio. Tutti gli abitanti collaboravano alla costruzione, aiutando il signore che impartiva ordini e assegnava ruoli. Il signore diveniva anche il depositario della giustizia nel territorio. All’interno del castello vi era anche una chiesa, sia per colore che vi abitavano che per coloro che vi si rifugiavano in caso di pericolo. Il territorio incastellato appariva come un organismo politico completo, influenzando enormemente la sfera politica, economica e sociale. I domini Signorili non erano compatti, un signore radicato nel territorio in cui stava consolidando il proprio potere, aveva possedimenti inferiori in località dove operavano altri signori. Sotto la spinta delle incuriosi di Normanni, Ungari e Saraceni ci fu la tendenza di coordinare tutti i poteri concorrenti. Rapporti vassallatico-beneficiari: anche le relazioni di vassallaggio furono coinvolte nella crisi. In origine la cosa più importante era il vassallaggio, ovvero la fedeltà che il vassallo giurava al signore. Successivamente la fedeltà veniva ricompensata con un feudo che diveniva un impegno per i servizi futuri. Ora (secolo X) il feudo diventava l’elemento deciso per cui si entrava nel vassallaggio di qualcuno; la fedeltà, prima necessaria, ora dipendeva dalla grandezza del feudo. Crisi dell’ordinamento ecclesiastico: si ebbe parallelamente a quella dell’ordinamento pubblico. Ormai i vescovi dedicavano più tempo all’esercizio dei loro poteri signorili che all’attività religiosa. Inoltre impegnarono le risorse della chiesa come feudo ai loro vassalli per servizi di natura militare. Inoltre i potenti tendevano sempre di più a far ricoprire ruoli rilevanti ai vertici della chiesa ai loro protetti. Capitolo 9 - L’Italia tra poteri locali e potestà universale Italia nel X secolo: ° Italia settentrionale + parte centrale = Regno D’Italia ° Italia meridionale + parte centrale = parte dei domini bizantini ° Sicilia = occupata dai Saraceni ° Principati autonomi di Salerno e Benevento = possedimenti longobardi sottratti a Carlo Magno ° Lazio, Abbruzzo, Molise, Campania = sotto il controllo del papato (funzioni religiose e politiche) Il regno d’Italia: la situazione del regno d’Italia vedeva un gran numero di schieramenti contrapposti sulla base di interessi del momento senza che nessuno riuscisse a imporre la propria autorità. Durante questo clima di guerra il papa Giovanni XII, che vede minacciati i propri territori, chiede l’aiuto di Ottone I e nel 962 lo incorona re. Per Ottone la corona imperiale era il culmine di una carriera politico-militare condotta al cuore dell’Europa dal 936. All’epoca il regno di Germania era articolato nei ducati di Sassonia, Franconia, Baviera, Svevia e Lorena. Questi ducati avevano una forte individualità etnica, conservata nonostante l’inserimento nell’impero Carolingio. Questo portò ad una formazione di coscienza nazionale tedesca. Ottone I impose la sua autorità a tutti i ducati e strinse forti alleanza con la chiesa tedesca, coinvolgendo vescovi nel governo facendone signori territoriali. Ottone operò anche in ambito religioso, frenando tutti quei comportamenti indecorosi che colpivano le cariche ecclesiastiche in tutta Europa. Ottone può disporre liberamente nella scelta di vescovi e abati tra i membri della propria famiglia, il che lo portò quindi a divenire anche il capo della chiesa tedesca. Dopo la sua incoronazione nel 962 inizia un periodo definito di restaurazione del tempo di Carlo Magno. Incorona suo figlio Ottone II imperatore e si dirige in Italia meridionale riuscendo ad imporre la sua autorità. Più difficile fu ottenere i territori bizantini, concessi dall’imperatore bizantino Giovanni Zimisce come dote per il matrimonio tra Ottone II e la principessa Tofane nel 972, una volta riconosciuto ad Ottone I il titolo di imperatore. Quest’ultimo muore nel 973e con la sua morte crollano gli equilibri. I saraceni tornano all’attacco, i bizantini non rispettano gli accordi presi, i longobardi cercano di riprendere territori e l’aristocrazia romana uccide il papa filoimperiale sostituendolo con Bonifacio VII. Ottone II muore nel 983, lasciando il trono al figlio Ottone III. Quest’ultimo cercò di ristabilire l’ordine mostrando una linea dura ponendo come papa un suo parente e pretendendo la sottomissione di tutte le monarchie indipendenti. Questo generò molti malcontenti, sia in Germania, sentendosi trascurata, sia in Italia, per via dell’aristocrazia abituata all’indipendenza. Tutto sfociò in sollevazioni da parte di feudatari italiani guidati da Arduino d’Ivrea. Ottone III morì nel 1002. A lui succedette suo cugino, Enrico II. Come Ottone I si impegnò contro il degrado del clero e indirizzò tutta la sua attenzione in Germania, che lottava contro l’invasione Slava e l’aristocrazia che pretendeva indipendenza. Nel frattempo, in Italia, l’aristocrazia che non vede di buon occhio la monarchia di Enrico II approfitta della sua assenza per eleggere Arduino d’Ivrea prima re nazionale. Nel 1004 Enrico II scende però in Italia e sconfigge Arduino appropriandosi della corona d’Italia. Nel 1014 Enrico II di fa incoronare imperatore da papa Benedetto VIII, ma per i sovrani tedeschi era sempre più difficile rendere il proprio potere effettivo. Corrado II, della casa di Franconia, succede ad Enrico II e cerca di riaffermare l’autorità imperiale in Lombardia. Viene però sconfitto e torna in Germania. Questa sconfitta è dovuta alla popolazione cittadina, dove combattevano in prima linea non solo gli esponenti di nobiltà minore, ma anche i nuovi ceti emergenti (come gli artigiani); si andava verso la vita del COMUNE. Capitolo 10 - Splendore e declino di Bisanzio La Grecizzazione dell’impero: dalla fine del VIII secolo l’impero bizantino si era di molto ridimensionato visti i continui attacchi di Ungari, Slavi e Saraceni. A questo si tentò di porre rimedio con la creazione dei temi, ovvero zone affidati a dei strateghi inviati da Bisanzio col compito di provvedere alla sicurezza e garantire un collegamento con il potere centrale. Inoltre in questo modo i soldati si radicavano nel terreno rendendoli colonizzatori e proprietari terrieri. Impegnato dunque in una lotta difensiva alle frontiere, l’impero fu costretto a rinunciare alle mire di dominio universale, acquistando un carattere rurale e orientale. Il latino, lingua ufficiale, fu sostituito dal greco e termini come “Caesar, imperator” dal termine greco “basileus”. Venne superato il diritto romano e introdotte consuetudini di origini orientale. La controversia sul culto delle immagini: la lotta contro il culto delle iconografie rappresentanti Cristo, la Vergine ecc. partì dalle province dell’impero influenzate da Giudaismo e Islamismo. Questo risentimento arrivò alla corte quando salì al potere Leone III, che nel 726 emanò un decreto con il quale proibiva il culto di tutte le immagini, ordinandone la distruzione. In questo modo puntava sia a dare un’immagine del potere centrale accogliente verso le richieste e esigenze delle province orientali, sia diminuire il potere dei monaci, troppo influenti sul popolo e autonomi. Il papa e patriarca di Costantinopoli Gregorio III scomunicò l’imperatore. Il figlio Costantino V seguì le orme del padre, ripotando vittorie su arabi, slavi e bungari e colpendo duramente i monaci. Il VII secolo fu molto controverso, con l’alternarsi di imperatori talvolta a favore, talvolta contro il culto delle immagini. L’ultimo concilio di Nicea condannò l’iconoclasmo come eresia. La contesa fu chiusa nel 843 con l’imperatore Michele III che affermò di diritto la libertà del culto delle immagini. In questo periodo avviene anche la crisi delle proprietà, dovuta all’impoverimenti dei contadini che non riuscivano più a pagare le tasse per le proprie terre e che quindi preferivano cederle ai ricchi. Soltanto alcuni anni dopo, sotto Giovanni Zimisce e Basilio II fu intrapresa una politica antinobiliare vietando la cessione di terre dei piccoli proprietari a favore dell’aristocrazia. Rafforzamento del potere imperiale: grazie ad un efficiente apparato burocratico, l’imperatore aveva lentamente riacquistato prestigio e potere. Ora era il vero rappresentante di Dio in terra, capo dell’esercito e dell’amministrazione, garante di giustizia e della pace, difensore della chiesa e della fede. La chiesa tentò di cambiare questa visione, senza riuscirvi. Inoltre grazie all’imperatore Romano Lecapeno e alle strategiche alleanze con Russi, serbi e croati, fu possibile sottomettere i Bulgari e prendere il controllo dell’area balcanica. Concorrenza e scisma della chiesa romana e greca: la cristianizzazione degli slavi e altre popolazioni balcaniche si traduceva in realtà in un ampliamento politico del dominio Bizantino che avveniva però in concorrenza con la chiesa di Roma ed i Franchi. Si accese un intenso conflitto tra le due parti. Il patriarca di Costantinopoli era Fozio, non riconosciuto dal papa Niccolò I. Fozio, nel 867 fece scomunicare il papa da un concilio riunito a Costantinopoli, la questione riguardava il filioque, in Occidente si professava la dottrina che lo Spirito Santo derivi sia dal Padre che dal Figlio, in Oriente solo dal Padre. Sulla decisione del concilio posò l’autorità l’imperatore Basilio I, che per non interrompere i rapporti con la chiesa e il papato sacrifica Fozio salvaguardando gli interessi della chiesa di Costantinopoli. La tensione si abbassò, per poi esplodere maggiormente quando alle vecchie questione se ne aggiunsero altre, come il matrimonio tra preti (vietato in occidente) e l’uso del pane lievitato (vietato in oriente). I contrasti si fecero sempre più aspri anche per vie delle figure intransigenti dell’epoca, da una parte papa Leone IX, dall’altra il patriarca Michele Cerulario. Quest’ultimo nel 1053 ordinò la chiusura di tutte le chiese di rito latino. Tutta questa tensione portò a una serie di scomuniche reciproche tra papa romano e patriarca di Costantinopoli, fino a giungere allo scisma tra le 2 chiese. I teologi bizantini accusavano la controparte occidentale di non rispettare l’assetto elaborato in passato, con un cristianità raccolta in 5 patriarcati (Roma, Costantinopoli, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme) anziché una gerarchia che culminava nella figura del papa romano. Inizio del declino e costoso aiuto veneziano: nel 1056 inizia la fase di declino dell’impero bizantino dovuto a lotte interne per la spartizione e conquista tra l’alta burocrazia e nobiltà e aristocrazia fondiaria. La vittoria di quest’ultima portò all’abbandono della politica a sostegno della proprietà contadina e alla concessioni di ampi privilegi ai signori fondiari; riducendo le risorse finanziare dello Stato; il tutto mentre aumentava la pressione alle frontiere e necessitava di arruolare nuove truppe. Nel 1070 i Turchi, sotto il califfo arabo, conquistarono Gerusalemme. Alessio Comneno sconfigge i turchi nel 1081 riprendendo un po’ di potere in alcuni territori. Un’altra grande minaccia era costituita dai Normanni che si dirigevano direttamente contro Costantinopoli dopo aver espulso i bizantini dall’Italia. Per far fronte a questa minaccia Alessio Comneno chiede aiuto alle flotte Veneziane che sconfiggono i Normanni, ma ottengono in cambio il potere assoluto dei mercati e negoziati. Capitolo 11 - Incremento demografico e progressi dell’agricoltura nell’Europa del XI-XIII secolo Nel XI secolo, per la prima volta dalle conquiste romane si ha un’invasione da occidente verso oriente. Questo perché l’Europa occidentale era in una forte crescita demografica, il che comportava al ripopolamento delle città, il sorgere di nuovi villaggi, il prosperare di famiglie nobili e la necessità di più vie commerciali e proprietà terriere (grazie soprattutto all’arresto delle devastazioni di Normanni, Saraceni e Ungari). Un altro fenomeno che colpì tutta l’Europa fu l’ampliamento dello spazio coltivato. I proprietari terrieri cedevano con un contratto le terre ai contadini nelle zone già popolate che prima erano incolte. Ruolo importante dell’espansione dello spazio coltivato fu intrapreso da nuovi ordini monastici (certosini e cistercensi), fondati nel XII secolo e desiderosi di riscoprire le origini della regole benedettina e insofferenti alle ricchezze delle abazie. Si ritirarono in solitudine nelle foreste iniziando lavori di bonifica. Ben presto però si formarono intorno a questi monasteri villaggi di contadini che desideravano la guida dei monaci, ricreando presupposti di ricchezza e potere. Le opere di disboscamento e bonifica andarono a colpire tutta Europa, cambiando notevolmente l’assetto territoriale. I grandi proprietari terrieri finanziavano queste opere vedendo aree incolte divenire produttive. A questo seguì una grande opera di colonizzazione verso l’oriente; domini slavi e popolazioni pagane baltiche furono assorbite e convertite. Per evitare ai contadini di partire alla volta di terre da colonizzare, i signori feudatari offrirono loro maggiori diritti e libertà. La grande rivoluzione agraria fu possibile anche grazie alle innovazioni rilevanti operate dai contadini come la ferratura dello zoccolo, aratro pesante ma soprattutto la rotazione triennale, che consisteva nel dividere il terreno in tre parti lasciando un terzo a riposo, un terzo dedicato al frumento e l’ultima parte a legumi, orzo e avena. Questa tecnica non si diffuse subito in tutta Europa, per via della chiusura mentale dei contadini. Capitolo 12 - La ripresa del commercio e delle manifatture I progressi dell’agricoltura del nuovo millennio portarono la ripresa del commercio e dell’artigianato. Le popolazioni più attive erano quelle che si trovavano in punti d’incontro tra aree economiche diverse, come i veneziani, amalfitani, frisoni e vichinghi. Questo incremento commerciale portò a due importanti fenomeni: l’ampliarsi dei ceti dei mercanti e crescita delle fiere. Vennero a crearsi importanti rapporti fra zone di commercio diverse, collegate da rotte marittime, itinerari fluviali e terrestri. Le fiere favorirono un incontro periodico tra commercianti di lingue, culture e usi diversi dando la spinta ad uno spirito europeo che sfociò nella formazione di un sistema economico unitario. Questo contesto portò allo sviluppo e miglioramento dei trasporti, con l’introduzione della bussola, mappe nautiche, costruzioni di navi più grandi e sicure. Il mercante diventa colui il quale col proprio lavoro unisce aree diverse; inoltre oltre alla produzione e vendita si occupa di elargire prestiti ottenendo facilitazioni e privilegi. L’aumento della popolazione incrementò l’artigianato; nascono così le prime botteghe artigiane, dove oltre al titolare (maestro) lavorano i propri famigliari, salariati, apprendisti e collaboratori. In questo periodo ci sono importanti innovazioni tecnologiche, tra le più importanti i mulini che sfruttavano l’energia idraulica e poi i mulini a vento. Capitolo 13 - Sviluppo dei centri urbani e origini della borghesia Grande importanza per lo sviluppo delle città lo ebbero i vescovi, punto di riferimento delle popolazioni contadine e dintorni. Città Romane: Ruolo economico modesto, centri di consumo più che di produzione. Il ceto dirigente si occupava di politica lasciando ai cittadini di 2°classe (schiavi e liberti) le attività produttive e commerciali. Erano sprovviste di cinte murarie e strettamente collegate con le campagne. Città Medievali: Centro di produzione e scambi. Ci risiedono grandi proprietari terrieri che danno vita a corporazioni e attività economiche affiancandosi alla politica. Citta marinare dell’Italia centro-settentrionale (Venezia, Genova, Pisa): Venezia: città medievale a lungo contesa tra i 2 imperi, resta collegata all’orbita politica bizantini, dalla quale si stacca divenendo autonoma. Grazie alla propria flotta da guerra sconfigge i Saraceni conquistando terreno commerciale. La sua posizione di forza e vantaggio fu sancita nel 1082 dalla bolla d’oro, con la quale l’imperatore bizantino Alessio Comneno concedeva privilegi e piena libertà di commercio. Pisa e Genova: liberano il tirreno dai saraceni, e cacciano quest’ultimi dalla Sardegna che diviene territorio di Pisa. I Pisani si concentrano inoltre alle incursioni in Sicilia e Tunisia, mentre i genovesi si dedicano alle città islamiche della Spagna. Urbanizzazione nel resto d’Europa: [Dopo il mille la figura del vescovo divenne centrale nella vita cittadina, poiché visto come espressione della città egli partecipava alla vita politica]. Dove l’eredità romana era stata più debole, si assiste alla nascita di nuove città mediante due modi: 1) Un signore feudale prendeva l’iniziativa di creare un centro fortificato nei pressi di un mercato 2) Un gruppo di mercanti crea un proprio insediamento nei pressi di un castello o centro fortificato per ricavarne protezione (BORGO) In questo contesto si assistette al fenomeno della megalopoli, aree molto urbanizzate (Milano, Firenze, Parigi, Venezia e Genova). Società tripartita e nascita della borghesia: La grande crescita delle città era dovuta soprattutto ai grandi flussi migratori dalla campagne, questo perché la città offriva grandi opportunità lavorative e conquista ella libertà personale. Borghesi = abitanti del borgo: cittadini impegnati nel commercio e artigianato, tendente al continuo miglioramento perché agguerriti dalla competizione mercantile. Società tripartita: - Coloro che pregavano e predicavano Oratores - Coloro che combattevano per il popolo e della chiese Bellatores - Coloro che lavoravano la terra per sé e gli altri Laboratores Movimento comunale: La tendenza che accumunava le città europee nel XI-XIII secolo era quella di dotarsi di una sempre crescente autonomia nei confronti dei signori e principi territoriali. Nella Fiandre e Francia il movimento di autonomia (nascita dei comuni) nacque per iniziativa dei cittadini, che sotto la guida di personaggi illustri stipulavano accordi tra loro con giuramenti di pace per esercitare i vasti spazi un potere autonomo. La carta di comune, ovvero l’autorizzazione per fare il comune non si otteneva solo con diplomazia e situazioni favorevoli, ma anche con rivolte. Capitolo 14 - Il Rinnovamento della vita religiosa e la riforma della chiesa La crescita della società europea coinvolse anche la sfera religiosa, che esigeva cambiamenti vista la grande crisi in cui si trovava. La sfiducia nel mondo clericale era dovuta a vari fattori: 1: Bassezza morale del clero (vescovi che non adempivano ai propri doveri e guardavano ai propri interessi) 2: Crisi dell’impero che priva l’ordinamento ecclesiastico di potere politico (cariche elette dai laici) 3: Diffusione della simonia (compravendita di cariche ecclesiastiche e vendita delle indulgenze) 4: Problema del celibato (chierici che si ammogliavano nelle campagne o vivevano in concubinato) Clunny e la riforma dei monasteri: I primi segni di cambiamento si manifestarono nei monasteri. Il monastero di Clunny è tra i primi a sperimentare alcune novità: Ottenne ad esempio la totale indipendenza e reggeva la direzione delle comunità locali garantendone protezione. Inoltre diede un nuovo equilibrio tra lavoro e preghiera. Il lavoro manuale scomparve, per dedicare tempo alla preghiera, allo studio e all’aiuto dei poveri. Eremitismo: forma di vita monastica praticata fin dai primi secoli del cristianesimo. È espressione di una nuova religiosità, aderente alla povertà evangelica. Riprende piede in opposizione alla corruzione e alla sfarzosa ricchezza del papato. Comunità canonicali: componente decisiva per la riforma che prevedeva la vita nel clero; considerata il miglior rimedio al concubinato. Si formarono così importanti movimento canonicali costituiti da comunità di chierici che vivevano in comune per imitare gli apostoli e prepararsi all’esercizio sacerdotale. L’esigenza di un rinnovamento della vita religiosa diventava sempre più sentito anche nel mondo laico, stanco dei corrotti costumi del clero. In questo clima si accendono movimenti di contestazione del mondo laico; la reazione del clero fi quello di scomunica dei contestanti. Riforma imperiale: sin dai tempi di Ottone I, l’imperatore si era sempre interessato al corretto funzionamento dell’ordine ecclesiastico. Quando l’esigenza di un rinnovamento fu largamente diffusa l’imperatore Enrico III, succeduto a Corrado II, la appoggiò. Nel 1046 si rivolse completamente alla crisi della chiesa, dove lotte tra l’aristocrazia avevano portato all’elezione di 3 papi contemporaneamente. Enrico III li scomunicò tutti ed elesse Clemente II al loro posto. Tuttavia gli intellettuali impegnati nella riforma di mossero contro l’imperatore, poiché si esigeva l’indipendenza religiosa dal potere politico. La morte di Enrico III impedì lo scoppiare dei contrasti. Il papato alla testa del movimento riformatore: ci sono 2 schieramenti, uno che pretendeva assoluta indipendenza della chiesa dal potere regio e imperiale e una condanna decisa per la simonia; l’altro per l’unione del potere regio e potere religioso, che andava sicuramente migliorato, ma non separato. Nel frattempo il papato si rafforza politicamente e attua una serie di provvedimenti, tra cui: migliorare il rapporto coi Normanni, un concilio in cui vennero modificate le procedure dell’elezione papale (non più clero e popolo romano ma collegio dei cardinali), risoluzione del problema della simonia (i vescovi vengono deposti ma non si annullano i sacramenti da loro impartiti). Scontro tra Enrico IV e Gregorio VII: nel 1066, Enrico IV si rese conto delle devastanti conseguenze che i provvedimenti adottati dal papato avrebbero avuto sul piano politico. Nel frattempo saliva al trono del pontefice Gregorio VII, grande moralista e riformatore che già da tempo rivendicava il primato romano, ovvero la suprema autorità del papa all’interno della chiesa e nell’ambito della società cristiana. Nacque una profonda spaccatura, dove anche alcuni vescovi e prelati si schierarono con Enrico IV in quanto contrari alla riforma. Nel 1075 il pontefice pretese che la giurisdizione papale fosse estesa anche in ambito temporale, attribuendosi così la facoltà di deporre vescovi e imperatori, creando le basi per una monarchia universale incentrata sul pontefice romano. Questa situazione era inaccettabile per Enrico IV e così scoppiò una lunga lotta per le investiture. La lotta per le investiture: la prima mossa del pontefice fu l’emanazione di alcuni decreti e la convocazione di un concilio in cui ribadiva la pena per la simonia. Enrico IV, dopo aver sedato una rivolta dei feudatari tedeschi, convocò a Worms nel 1076 un’assemblea (dieta) di nobili ed ecclesiastici nella quale depose e fece scomunicare il papa con il pieno appoggio dei vescovi tedeschi e lombardi. Gregorio VII in risposta non solo scomunicò i vescovi presenti alla dieta, ma depose e scomunicò anche l’imperatore, sciogliendo i sudditi dal dovere di fedeltà. Con questo provvedimento riprese la rivolta dell’aristocrazia tedesca che impose l’imperatore di sottoporsi al giudizio del papa convocando un’apposita dieta nel 1077. Enrico IV ritenne troppo umiliante il giudizio papale in pubblica assemblea, così lo supplicò in segreto di assolverlo dalla scomunica. Il papa ritenendolo pentito gli concesse il perdono. Questa scelta permise ad Enrico IV di concentrarsi sulla rivolta, ma nel frattempo i principi tedeschi elessero un nuovo re che però non riuscì ad imporsi. L’imperatore, contrastati i suoi oppositori, si mosse contro il papa, che nel 1080 rinnovò la scomunica. Nello stesso anno Enrico IV convocò altri 2 concili e scomunicò Gregorio VII, eleggendo Clemente III antipapa. Nel 1081 si diresse verso Roma e riuscì a prelevare il papa ponendo al suo posto Clemente III. Urbano II e la ripresa dell’iniziativa papale: sotto la guida di Urbano II, nuovo pontefice, molti vescovi schierati con l’antipapa Clemente III, lo abbandonarono. Il nuovo pontefice si mosse molto tra Italia e Francia tenendo concili e richiamando le autorità politiche al rispetto delle leggi della chiesa. Fu attivo anche nell’Italia meridionale per contrastare l’influenza dei normanni e della chiesa greca. Nel 1093 convocò 2 concili esortando coloro i quali furono impegnati nelle lotte fratricide tra cristiani di intraprendere un viaggio di purificazione nella Terra Santa, minacciata dagli infedeli (inizio della crociata a livello ideologico). Mentre aumentava il potere di Urbano II, si indeboliva quello di Enrico IV e Clemente III. Pasquale II e l’utopia di una chiesa povera: successore di Ubaldo II fu Pasquale II. Nel concilio del Laterano del 1102 il pontefice limitò i beni e i poteri della chiesa. Questa soluzione trovò d’accordo l’imperatore Enrico V che in comunità con il papa, divide i 2 poteri, che però erano ancora visti come profondamente in sintesi. Pasquale II, in balia dell’imperatore fu costretto ad incoronarlo e concedergli simboli spirituali, ma nel concilio del 1112 annulla la concessione e 4 anni dopo lo scomunica. Alla ricerca di un compromesso, concordato di Worms: il compromesso tra le 2 parti avvenne nel concordato do Worms, nel 1122 con l’elezione di papa Callisto II. Questo era una vittoria per la chiesa, in quanto le concedeva libertà sull’elezione senza intervento politico, ma fu importante anche per l’imperatore in quanto poteva rifiutare il candidato se non fosse stato di suo gradimento. Tuttavia le concessioni da parte della chiesa sembravano limitate al solo imperatore Enrico V e non alla carica imperiale. Evoluzione del papato in senso monarchico: il concordato di Worms fu rettificato nel 1123 dal concilio lateranense. L’assemblea fu considerata un concilio ecumenico universale, il primo che si svolgesse in Occidente dopo quello di Costantinopoli nel 870. Con esso si avviò il processo che poneva il papato al vertice della società cristiana ed alla piena realizzazione del primato papale (come teorizzato da Gregorio VII). Il potere ecclesiastico si poneva in netto vantaggio rispetto a quello imperiale. Ora il pagamento di varie tasse diventa una caratteristica del bilancio pontificio. Grande potere derivò dall’istituto della legazione: i legati (rappresentanti) venivano inviati temporaneamente presso sovrani ed enti ecclesiastici per trattare questioni particolari con potere decisionale in merito a controversie, il potere di poter deporre vescovi e quello di presiedere concili locali. Grazie a loro il papato riuscì nel XII secolo ad attuare una riforma avanzata di centralismo monarchico. La Santa Sede divenne così il punto di riferimento di tutta la politica europea. Capitolo 15 - Riuscita culturale e nuove esperienze religiose Nata dall’intenzione di Carlo Magno di far rifiorire la cultura, essa sbocciò a pieno nel XII secolo, grazie soprattutto ai monasteri, depositari della cultura a partire dal dominio carolingio. Nel XII secolo nascono anche le università, associazioni di professori e studenti che si configuravano come le corporazioni tra maestri e allievi. Si sostenevano degli esami per la licenza di insegnamento (laurea). Presentavano 4 facoltà: arti (trivio e quadrivio), diritto, medicina e teologia. [trivio: retorica, grammatica; quadrivio: aritmetica, geometria, musica, astronomia] I corsi si tenevano nelle case dei maestri o in luoghi da loro affittati. Le assemblee, esami e dispute nelle chiese o nei conventi. L’insegnamento era basato su lezione, disputa e determinatio. Con la nascita delle università si presenta la necessità per maestri e studenti di disporre di testi; questo modificò le condizioni in cui erano prodotti i libri. Fino ad allora i libri erano rari e costosi, ma visto l’aumento e l’utilizzo che doveva esserne fatto i libri dovevano costare poco in modo che gli studenti potessero anche prendervi appunti. La lingua dei testi universitari era ovunque il latino, tuttavia dai primi anni del medioevo, i laici non erano più in grado di parlare e capire il latino. Tra il secolo XI e XII si assistette alla diffusione della lingua volgare. Inizialmente il fenomeno si manifesta negli ambienti feudali della Francia, dove si era evoluta la lingua romanza, se ne formano 2, la lingua d’oc a sud e quella d’oil a nord. A rendere veramente diffusa la letteratura e scrittura in volgare fu la scelta delle autorità cittadine di creare scuole aperte a tutti. L’aumento di coloro che erano in grado di leggere determinò l’immissione sul mercato della nuova produzione libraria in volgare. laicizzazione della cultura. Gli ordini mendicanti: insieme alla rivoluzione culturale si assistette anche ad un rivoluzione ecclesiastica dai parte degli ordini minori, opponendosi agli obblighi e la sottomissione imposti dalla chiesa. La confraternita di Francesco D’Assisi fu uno degli ordini che creò più scompiglio. Con il principio che i frati dovevano condividere la sorte dei più poveri come il modello di Cristo, si offriva un’immagine della chiesa del tempo molto negativa che non tardarono a scomunicare i nuovi movimenti religiosi. Anche l’ordine dei domenicani operava un completo rifiuto della ricchezza, ma a differenza dei francescani operavano una dura lotto contro gli eretici. Questo fa sì che nel 1231 il papato apportasse a una svolta contro gli eretici creando il tribunale degli inquisitori. Capitolo 16 - Rapporti feudali e processi di ricomposizione politico-territoriale. L’impero e l’Italia dei comuni La società in grande crescita aveva bisogno di più sicurezza e per farlo era necessario superare lo stato di guerra. In mancanza di un potere forte, fu la chiesa ad occuparsene come con il movimento delle paci di Dio. I vescovi furono i protagonisti di questo movimento, organizzando grandi assemblee pubbliche incitando alla non violenza. Questo permise l’autorità di opere di repressione contro sovrani e principi, prospettando al ceto dei cavalieri l’ideale del guerriero = al servizio dei deboli e della fede cristiana. Nel XII secolo l’ideale cavalleresco mutò ulteriormente grazie agli ideali cortesi cantati da poeti e scrittori. Nel 1054 in un concilio si affermò che non era lecito versare sangue cristiana, poiché sarebbe stato come versare quello di Cristo stesso. Questo porta alla premessa per il Miles Christi, il cavaliere che combatte in nome di cristo contro gli infedeli. Questo sviluppo della nuova ideologia cavalleresca sfociò nelle crociate in Oriente, Spagna e Sicilia musulmana. Rapporti feudo-vassalitici come rinnovato strumento di governo: la ripresa sul piano politico nel XIII secolo si concentrò sui rapporti feudali che si erano modificato nel tempo. La proprietà terriera infatti era divenuta ereditaria per il vassallo e la garanzia della terra gli permetteva si scegliere signori più potenti. Si diffusero quindi rapporti tra vassalli molto rapidamente. Nasce l’immagine della piramide feudale: società in cui il potere dall’alto viene delegato verso il basso, fino a raggiungere, tramite una rete di valvassori e valvassini (alleati o sottoposti del vassallo), i ceti rurali. Origini dei comuni d’Italia: in Italia le comunità cittadine erano formate da mercanti e artigiani e piccola-media nobiltà. Le grandi tensioni interne tra papato e potere regio non garantivano sicurezza e stabilità. Era il periodo delle lotte delle investiture, e queste si rilevarono particolarmente utili allo sviluppo dell’autonomia cittadina, data la necessità dei pontefici e imperatori di guadagnare consensi essi concedevano larghi benefici. Nel 1097 a Milano, approfittando del potere vescovile indebitato, alcune potenti famiglie nobiliari avevano dato vita ad associazioni giurate che garantivano la sicurezza della città assumendone direttamente il controllo. Nasceva così il ceto dirigente comunale. Del nuovo ceto dirigente comunale facevano parte esponenti nobiliari e mercantili che prendevano il nome di consoli (il resto del popolo era escluso). In tutte le città la nascita dei comuni avveniva tramite elementi precisi: - Il periodo: i comuni nascono ovunque nel periodo della lotta delle investiture (1080-1120) - Iniziativa del ceto aristocratico - I gruppi consolari che non formavano un ceto chiuso - I consoli promettevano di curare gli interessi di tutta la società - Modalità di elezione, durata della cariche, organismi di governo uguali ovunque - Il comune non nasceva come rivoluzione violenta contro il precedente assetto politico, ma collaboratori di esso. Federico Barbarossa e i comuni italiani: dopo l’accordo di Worms del 1122 il potere imperiale era stato privato del ruolo sacro. Per ristabilire il potere puntò sui rapporti feudali e sul potere imperiale fondato sul diritto romano e non più su motivazioni religiose. Protagonista di questa svolta fu Federico Barbarossa I. Enrico V al momento della sua morte non lasciò eredi diretti. Ne seguirono aspri contrasti tra le casate tedesche di Baviera e Svevia (Guelfi e Ghibellini) che indebolirono ulteriormente il potere imperiale. Un accordo fu preso con l’elezione a re di Germania di Federico I, duca di Svevia la cui madre apparteneva alla casata di Baviera. Il nuovo sovrano ridiede forza alla autorità imperiale, indicendo una dieta nella quale affermava che chiesa e impero dovevano collaborare come pari, ribadendo i suoi diritti in materia di elezioni dei vescovi tedeschi. Garantì la potenza della chiesa di Roma in cambio della sua incoronazione dal papa. Subito dopo si focalizzò sull’Italia, dove avveniva lo sviluppo delle autonomie comunali in maniera discorde alla volontà dell’imperatore (troppo autonome da non collaborare e muovere guerra contro altri sudditi, a differenza della Germania che invece collaborava). Nel 1154 Federico Barbarossa si recò in Lombardia indicendo una dieta. Gli ambasciatori di Milano presentarono una grossa somma di denaro per vedersi riconoscere i poteri regi, ma Federico rifiutò mettendo la città al bando. Si diresse quindi verso Roma per l’incoronazione imperiale, liberando la città dal regime comunale che contestava il potere temporale dei papi. Dalla rottura con il papato alla pace di Costanza: Barbarossa nel 1158 emanò una seconda dieta nella quale ribadiva i diritti dell’autorità imperiale dei quali i comuni si erano appropriati. L’imperatore si dimostra disposto a lasciarli a patto che i comuni avessero versato ogni anni un tributo riconoscendo nell’impero la fonte di tutti i poteri. Emanò poi la costituzione sulla pace nella quale proibì le leghe tra le città e le guerre private. Lo scopo di Federico era quello di ricostruire uno stato nel quale tutti i poteri derivassero dall’imperatore. Dopo si occupò anche della parte ecclesiastica, imponendo controlli che non rispettavano gli accordi del trattato di Worms. Il risultato fu un movimento di opposizione di cui facevano parte molti comuni veneti e lombardi appoggiati dal papa Alessandro III. L’imperatore rispose con l’elezione di un antipapa, Vittore IV e rase al suolo Milano. I comuni dunque si allearono formando la lega lombarda nel 1167. Nel 1176 si complica la situazione anche in Germania e Barbarossa decide di dedicarvisi, ma la sconfitta inferta dalla lega portò ad un accordo tra le due parti: l’imperatore abbandona l’antipapa e restituisce i territori alla chiesa, mentre il pontefice avrebbe mediato coi comuni. Questi ultimi tuttavia non accettarono la mediazione. Al trattato di pace si arrivò solo nel 1183 a Costanza: un compromesso fra le 2 parti che salvaguardava il principio che tutti i poteri derivano dall’imperatore e che garantiva ai comuni della lega la facoltà di riprendere quei diritti di cui godevano ni passato (come quello di costruire fortezze e unirsi in leghe) in cambio di un contributo annuo da donare all’imperatore. Le concessioni fatte erano rivolte ai comuni della sola lega lombarda, ma ben presto finirono per essere valide per tutti i comuni. Dopo la morte di Federico Barbarossa e del figlio Enrico VI (1197) l’autorità imperiale conobbe un periodo di crisi, del quale approfittarono i comuni consolidando le loro istituzioni. Furono costruiti edifici pubblici lontano da punti religiosi, per sottolineare l’autonomia dei comuni rispetto al potere vescovile e la laicizzazione delle istituzioni comunali. Fase podestarile: la magistratura collegiale dei consoli viene sostituita con il podestà. Il tutto nacque dalle attività produttive dei mercanti che potenziavano sempre di più la loro forza e non erano più disposti a lasciare la gestione delle cariche politiche in mano alla vecchia classe aristocratica. Si formarono 2 schieramenti, ovvero quello della nobiltà che deteneva il potere da un lato, e dall’altro i nuovi ceti emergenti e altre famiglie nobili immigrate. Il podestà non era un leader politico, ma un garante della politica e del diritto, con il compito di applicare leggi e amministrare la giustizia. Inizialmente il podestà garantì la pace, ma verso la metà del 1200 le tensioni riesplosero violentemente e si riformarono i due schieramenti, Guelfi e Ghibellini. I Guelfi erano aderenti al partito filopapale; i Ghibellini erano sostenitori di un saldo legame con l’impero. Il popolo era unito semplicemente dalla necessità di combattere la nobiltà. Il comune popolare e l’affrancazione dei servi: fenomeno del fuoriuscitismo: espulsione dalla città della parte sconfitta con relativa confisca dei beni. Gli espulsi non accettavano la propria sorte, costituendosi a loro volta in comuni e allacciando rapporti con comuni rivali cercando di rientrare in città ed espellere i nemici. L’esito delle lotte fu la presa del potere da parte del popolo. Il potere veniva così diviso tra podestà e i capi del popolo (gli anziani), ai quali si affiancò un capitano che disponeva dei diritti militari ceduti dal podestà. Servi della gleba: contadini legati ad un terreno pagando un fitto al proprietario terriero. Capitolo 17 - Diffusione dei Rapporti feudali. L’Inghilterra, il mediterraneo e le crociate Sotto Edoardo Il Confessore l’Inghilterra ottenne l’indipendenza. Col suo successore Guglielmo il Conquistatore l’Inghilterra si legò strettamente alla Francia con rapporti feudo-vassallatici. Il re inglese essendo anche duca di Normandia era vassallo del re di Francia, anche se di fatto, più potente. L’obiettivo del Conquistatore e dei suoi successori era quello di far accettare alla popolazione il nuovo ceto dirigente e rafforzare il potere monarchico. I cavalieri normanni e francesi venuti sotto Guglielmo furono ricompensati con feudi e sottoposti al re con obblighi militari ben definiti. Normanni: i normanni in Italia arrivarono non come conquistatori, bensì come gruppi in cerca di fortuna. Ben presto però le loro conquiste e vittorie contro bizantini e longobardi (mettendo in mostra i fratelli Altavilla e in particolare Il Guiscardo) finirono per essere viste come una forte minaccia; così papa Leone IX si fece capo di una colazione contro di loro, venendo però sconfitto e imprigionato. Fu liberato e venne stipulato un accordo: il papa avrebbe dovuto riconoscere le conquiste normanne in cambio del loro servizio militare. Il Guiscardo giurò fedeltà al pontefice Niccolò II nel 1059. Forte di questa investitura papale cercò di consolidare il suo potere in Puglia e Calabria spingendosi poi fino alla conquista di Costantinopoli, che dovette smettere per contrastare Enrico IV in Italia. Il Guiscardo morì nel 1085 e venne così destabilizzato nuovamente il poter da lui costituito. Il Normanno Ruggero II rivendicò i suoi diritti su Sicilia, Puglia e Calabria, scontrandosi anche col pontefice Onorio II. Approfittando della crisi interna della chiesa di fece eleggere re dall’antipapa Anacleto II. Si formava così un regno destinato a durare fino al 1860. Caratteri del regno di Sicilia: dopo la conquista di Napoli, Ruggero II si concentrò sull’organizzazione del suo regno. Ruggero ed i suoi successori Guglielmo e Guglielmo II seppero sfruttare le strutture di governo ereditate dagli arabi (Sicilia) e dai bizantini (Puglia e Calabria). I sovrano normanni costituivano il vertice di una piramide feudale. L’impedire la nascita dei comuni nel sud d’Italia portò però un danno a livello economico rispetto al resto della penisola. Le origini delle crociate: il papa Urbano II incentivò i pellegrinaggi in guerra santa recriminando il passato fratricida fra cristiani. Oltre alla purificazione, era necessario inoltre recare aiuto alla cristianità minacciata dai fedeli. Queste parole ebbero una forte risonanza per varie motivazioni: popolazione in aumento, nuove terre coltivabili, mercanti occidentali che sostenevano il mercato mediterraneo insieme ai musulmani, aristocrazia in cerca di nuovi domini, inquietudine religiosa. La religione influenzava tutta la vita dell’uomo. I cavalieri cristiani, spinto dal desiderio di avventura e conquista, nonché da entusiasmo religioso, si diressero sempre più numerosi in terra santa. In questo clima aumentano episodi di intolleranza verso ebrei e musulmani. Di questo entusiasmo si fece portavoce Pietro l’eremita, che nel 1095 promosse la crociata dei poveri poveri ed emarginati in viaggio verso oriente saccheggiando e massacrando ebrei. Furono massacrati a loro volta dai musulmani Turchi e i sopravvissuti si rifugiarono a Costantinopoli in attesa della crociata ufficiale. Prima crociata nel 1096: Attuata su pressione di Urbano II, preoccupato dai viaggi dei fanatici che non sottostavano al potere politico ed ecclesiastico. All’appello del pontefice rispose tutta la feudalità francese, che si stazionò a Costantinopoli, dove Alessio Camneno provò a farla partire considerando la concentrazione di truppe occidentali in città troppo pericolosa. In cambio di viveri e armi ai crociati, l’imperatore Alessio Camneno ottenne la restituzione dei territori appartenuti all’impero. La spedizione si mosse nel 1097 e dopo settimane di assalto, nel 1099 Gerusalemme fu conquistata accompagnata al massacro di ebrei e musulmani. Gli stati crociati e l’esportazione dei rapporti feudali in oriente: All’interno dell’esercito crociato, alcuni capi preferivano fermarsi in quei territori che sarebbero divenuti proprio dominio lasciando agli altri il compito di andare avanti, assottigliando sempre di più le fila. Il regno di Gerusalemme fu affidato a Goffredo di Buglione e alla sua morte, al fratello Baldovino che assunse titolo di re. Egli avviò un procedimento di consolidamento del regno, puntando sui rapporti coi crociati che avevano ottenuto un feudo dal sovrano, senza però riuscirvi poiché la classe dominante rimase sempre divisa e in lotta. Fondamentale fu l’aiuto delle città marinare (Venezia, Genova, Pisa) che ottennero privilegi commerciali una volta formati gli stati crociati. La riscossa musulmana, II e III crociata: il successo dei crociati fu possibile anche per le lacerazioni interne del mondo musulmano, che però nel XII secolo si riunì ed esercitò forte pressione sugli stati crociati che dimostrarono di non essere in grado di fronteggiarli. Di questo insuccesso si fece interprete Bernardo di Chiaravalle, monaco francese, che organizzò una nuova crociata mobilitando i più potenti sovrani d’occidente (imperatore tedesco Corrado III, re di Francia Luigi VII, re di Sicilia Ruggero II). L’iniziativa si rilevò un fallimento, perché tutti i sovrani finirono per concentrarsi sui propri interessi personali. La piena riscossa musulmana arrivò con Saladino il quale creò un sultanato che nel 1187 sconfisse i franchi ed entrò a Gerusalemme. Questo portò ad una terza crociata, alla quale parteciparono l’imperatore Federico Barbarossa, il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone e il re di Francia Filippo Augusto, ma di nuovo la situazione precipitò e Gerusalemme rimase in mano ai musulmani. L’entusiasmo religioso della 1° crociata si era dissolto. La quarta crociata e la formazione dell’impero latino in oriente: la III crociata si concludeva nel 1192. Sul trono imperiale sedeva Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa che controllava tutto il regno normanno. Tuttavia la morte prematura di Enrico VI impediva ai cristiani di sfruttare il vantaggio in terra santa dovuta alla morte di Saladino con conseguente indebolimento politico. Di ciò ne aveva consapevolezza il pontefice Innocenzo III, che di fece promotore di una grande crociata per recuperare Gerusalemme e ricondurre la chiesa d’oriente sotto la sovranità pontificia. Nel frattempo l’impero di Bisanzio era in forte crisi, dovuta alle continue pressioni di slavi, normanni e musulmani e l’egemonia commerciale di Venezia. In questo contesto fu bandita la IV crociata da Innocenzo III; i crociati si radunarono a Venezia nel 1202 per raggiungere l’oriente, ma non avendo i mezzi necessari per farlo fecero un accordo con il Doge di Venezia Enrico Dandolo, che promise la flotta gratuita a patto di uno scalo a Zara per conquistare la città. Dopo la conquista di Zara il doge ottenne dai capi crociati anche l’aiuto per la presa di Costantinopoli, appoggiati dal pretendente al trono Alessio. Così nel 1203 i crociati si impadronirono della città e Alessio salì al trono, non riuscendo però a governare la forte ostilità del popolo. Il risultato fu che i crociati si impadronirono di Costantinopoli dopo averla saccheggiata nel 1204 e procedettero alla fondazione dell’impero latino d’oriente, sotto il potere del doge di Venezia Enrico Dandolo. La fine dell’impero latino d’oriente e l’agonia dell’ideale della crociata: a causa delle ostilità delle popolazioni, l’impero latino d’oriente si rilevò subito politicamente debole e naufragò l’ideale di Innocenzo III si riunificare le due chiese. Inoltre non tutto il territorio era sotto il dominio dei latini, molti staterelli erano stati infatti formati dall’aristocrazia locale. A questo si aggiunse l’insofferenza di Pisa e Genova all’egemonia veneziana. Nel 1261 Genova stringe un patto con Michele Paleologo, signore del più forte dei piccoli stati bizantini sottratti all’autorità dell’impero latino. Michele salì al trono bizantino e diede inizio alla dinastia dei Paleologi (che retano al potere fino al 1453). Intanto Innocenzo III fece bandire dal IV concilio lateranense una nuova crociata che partì nel 1217 sotto la guida del re d’Ungheria e finì miseramente nel 1221. Alcuni decenni dopo fu il re francese Luigi IX a guidare altre due crociate, la VI e VII, che fallirono entrambe con esiti disastrosi. Tra la V e VI crociata ce ne fu un’altra particolare guidata da Federico II re di Sicilia, grazie alla quale Gerusalemme tornò in mano ai cristiani nel 1229 senza alcun combattimento, ma tramite un patto con il sultano del Cairo. L’accordo però permise ai Turchi di impadronirsi della città. Nel frattempo i mamelucchi (schiavi guerrieri del Cairo) nominarono un nuovo sultano discendente di Saladino che avviò la conquista dei territori rimasti in mano ai cristiani. Capitolo 18 - Ripresa della lotta tra papato e impero e le monarchie d’Europa occidentale All’inizio del XIII secolo, dopo vari contrasti, sale al trono Federico II con l’appoggio del papa Innocenzo III. Innocenzo III convocò nel 1215 il IV concilio lateranense dove si prendevano provvedimenti contro l’eresia. Filippo Augusto, re di Francia, era impegnato a risaldare l’immagine della monarchia fortemente indebolita dal predecessore Luigi VII. Dotato di grande abilità politica impose ai feudatari l’impegno ai loro obblighi, cercò di indebolire il vassallo inglese, suscitò rivolte nei domini di Enrico II e si accaparrò la benevolenza di Riccardo Cuor di Leone, figlio di Enrico II. Riccardo e Filippo parteciparono alla stessa crociata (3°), ma nonostante il rapporto amichevole finirono allo scontro quando Riccardo si mosse contro il re si Sicilia Enrico VI, appoggiato invece da Filippo Augusto. Quest’ultimo ottenne così il giuramento di vassallaggio di Riccardo. Il regno di Inghilterra entrò in declino quando a Riccardo succedette Giovanni Senzaterra, soprattutto a causa dell’offerta al papato del regno come feudo in cambio di un’allenza. Dopo altre manovre appoggiate dal papa Innocenzo III, Filippo Augusto conquistò altri terreni inglesi, vincendo una guerra contro Giovanni. Alla sua morte il regno francese era triplicato. I suoi successori Luigi VIII e Luigi IX continuarono la sua opera ampliando ulteriormente il regno. Magna Carta: Per fronteggiare Filippo Augusto, Giovanni Senzaterra fu costretto a tassare pesantemente il popolo inglese, che in seguito alla sconfitta si rifiutò di prestare fedeltà al re che fu costretto a concedere una serie di privilegi confermati dalla magna carta. Federico II: mentre Filippo Augusto vinceva contro Giovanni Senzaterra, Federico II si trovava in Germania, dove trovò un ambiente ostile che però sedò grazie all’iuto dei vescovi. Nello stesso anno divenne re di Germania. Nel 1213 Federico II rinuncia ai privilegi del concordato di Worms, portando al pieno appoggiò dei vescovi verso il sovrano. A Innocenzo III succede Onorio III. Il nuovo pontefice in cambio dell’aiuto militare di Federico, lo incorona imperatore dei romani, sottolineando che le due corone sono una concessione rivolta solamente a lui e non ereditaria. Nel 1222 risolve il problema dei saraceni in Sicilia, deportandoli in Puglia e attuando una politica di tolleranza verso le loro usanze e religione, permettendo il loro appoggio militare. Nel contempo adottò misure vincenti per l’economia del regno. Nel 1227 muore Onorio III e gli succede Gregorio IX che impone a Federico II di partire per la terra santa, da troppo rimandata. In procinto per la partenza, l’esercito del re viene colpito da una epidemia di peste, annullando la crociata. Il papa non crede alla malattia scomunica Federico II nel 1227. Appena guarito Federico II parte comunque per la terra santa e qui grazie ad una simpatia intellettuale con il sultano, stipula con esso un accordo (crociata particolare). Questo accrebbe le ire di Gregorio IX, che riteneva scandaloso un rapporto con gli infedeli. Organizza così una crociata contro Federico II al suo ritorno, trovando l’appoggio dei baroni pugliesi. Nel 1230 le truppe crociate furono sconfitte e si arrivò alla pace che prevedeva la ritira della scomunica in cambio della rinuncia dell’imperatore al controllo sull’elezioni di vescovi. In Germania le tensioni con l’aristocrazia sfociarono con la ribellione di Enrico, figlio di Federico che venne sconfitto e privato dei diritti al trono (furono ceduto al fratello Corrado IV). Tornato dalla Germania con un forte esercito, Federico II impose la sua volontà alla lega lombarda, ma le città continuarono la resistenza forti dell’appoggio del papa, che infatti scomunica nuovamente l’imperatore nel 1239. Federico II si appellò ai sovrani europei, esponendo la minaccia del potere vescovile e dei comuni. A sua volta il papa scatenò una campagna diffamatoria contro l’imperatore. Federico II morì nel 1250. Quattro anni dopo muore anche il figlio e successore Corrado IV, lasciando il regno vagante per molti anni. Capitolo 19 - Le origini della Russia e l’impero mongolo Capitolo 20 - L’autunno del medioevo e le origini del mondo moderno Agli inizi del 1300 ci fu un arresto brusco della crescita demografica che aveva investito i precedenti secoli dovuto a epidemie, prezzi sempre più alti degli alimenti, terre meno produttive. Inoltre in questo periodo si sviluppò un tipo di guerra (come quella del Vespro) che puntava alla distruzione delle risorse del nemico. Guerre e carestie incidevano pesantemente sulla vita dei cittadini contribuendo a sempre più frequenti rivolte contadine e tensioni sociali. Capitolo 21 - Il consolidamento delle istituzioni monarchiche in Europa Nel 1300 c’era la tendenza a mettere in discussione le forti cariche, tra cui imperatori e papi che di conseguenza sentivano la necessità di incentrare il potere. Fu il caso di papa Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo il Bello. Il pontefice chiese l’aiuto del re per sostenere la sua campagna a Firenze in cambio di alcuni benefici. Questo accordo durò poco, a causa dell’imprigionamento di un vescovo molto vicino a Bonifacio VIII che quindi annullò gli accordi presi. Di tutta risposta Filippo il Bello emanò nel 1302 la bolla unam sanctam, dove si affermava la sottomissione del pontefice al sovrano. Dopo una violenta campagna scandalistica contro il papa, il re lo sottopose a giudizio del tribunale francese. Nel 1303 raggiunse Bonifacio VIII a d Anagni umiliandolo (schiaffo di Anagni) e trascinandolo a Parigi. La popolazione però insorse e l’esercito si ritirò. Poco dopo Bonifacio morì, consentendo a Filippo di esercitare un forte potere sul papato trasferendo la sede pontifica da Roma ad Avignone. Guerra dei cent’anni: alla guerra dei cent’anni tra Francia e Inghilterra si arrivò a causa del desiderio della monarchia inglese di consolidare il proprio potere e dello strano rapporto vassallatico tra i due sovrani. (re d’Inghilterra vassallo del re di Francia, ma troppo potente per essere dominato). Alla morte di Carlo IV, figlio di Filippo il bello nel 1328, il trono di Francia fu conteso tra due pretendenti, Filippo IV ed Edoardo III, re d’Inghilterra. Quest’ultimo vedendosi sottrarre il trono, marciò su Parigi nel 1337 sconfiggendo l’esercito francese. Dopo intensi anni di battaglie, nel 1360, viene concordata una pace, dove il re d’Inghilterra rinunciava alla corona francese in cambio di piena sovranità senza vincoli feudali di un terzo del regno francese. Nove anni dopo riprendono le battaglie, dove l’esercito francese ha la meglio puntando sul logoramento delle truppe che dovettero abbandonare i territori conquistati con il trattato. A partire dal 1380 sia in Francia che Inghilterra il potere monarchico veniva scosso da continue lotte dinastiche. Questo portò sul trono inglese la dinastia dei Lancaster con Enrico V alleato col duca di Borgogna Giovanni Senza Paura contro il re di Francia Carlo VI. Quest’ultimo cadde nel 1415 in mano al sovrano inglese e fu costretto a trasferirgli il potere. Nel 1429 una pastorella francese rivela di aver avuto delle visioni da Dio che la incaricavano di liberare la Francia dall’oppressione inglese. Il fenomeno patriottico di Giovanna D’Arco portò la Francia alla vittoria, e permise a Carlo VII, figlio di Carlo VI di farsi incoronare re. Nel 1430 Giovanna D’Arco fu imprigionata dall’esercito inglese e condannata a morte. Tuttavia la Francia continuò la sua riscossa, aiutata dal distaccamento dall’Inghilterra del nuovo Duca di Borgogna, Filippo il Buono. Nel 1436 furono conquistati quasi tutti i territori francesi e nel 1453 cessavano tutte le guerre, lasciando agli inglesi solo pochissimi territori. La Francia si riprese subito dalla guerra dei cent’anni, grazie ad un forte spirito nazionalistico sui fece leva Carlo VII e dopo di lui Luigi XI. Più incerta era invece la situazione in Inghilterra che sfociò nella guerra delle 2 rose (1455-1485), ovvero una sanguinosa lotta dinastica tra la casata degli York e dei Lancaster. Inizialmente la guerra vide sedersi sul trono la prima casata, ma dopo una rivolta capeggiata da Enrico Tudor, discendente dei Lancaster, il regno degli York finì. Inizia così la dinastia Tudor. Monarchie iberiche e ideologia politica catalano-aragonese: […] Angioini: capostipite è Carlo D’Angiò, che correndo in aiuto del papa in Italia Meridionale, ottenne la prima la Sicilia, poi Napoli (1266) come vassallaggio. Suo successore fu Carlo II D’Angiò (lo zoppo). Caduta di Costantinopoli: il XIII secolo aveva visto l’impero turco ingrandirsi, organizzarsi e conquistare innumerevoli territori. Sotto Maometto II, l’esercito turco si concentrò sulla conquista di Costantinopoli. La città accerchiata non poteva contare sull’aiuto dell’occidente, dilaniato dalla guerra dei cent’anni, conflitti interni e crisi della chiesa. L’assedio inizia nel 1452. Costantino IX fu l’ultimo imperatore. Il tasso dei morti fu enorme. Nel 1453 Maometto II offrì la pace, ma i bizantini preferirono la morte alla conquista; così quando l’esercito turco sfondò in città, lo stesso Costantino IX morì nella battaglia. Costantinopoli, ora con il nome Istanbul, diventava la capitale dell’impero turco.