6 Martedì 3 Luglio 2012 PRIMO PIANO Per fortuna che c’è la Confindustria di Squinzi che dice le cose che Bankitalia non sa più dire L’Europa sta uccidendo il cavallo Con tutta quest’austerità, il rapporto debito/pil sta crescendo DI O TABELLA 1 GUSTAVO PIGA* ggi non parlo. Faccio parlare altri. Confindustria. Sarò io, stavolta, in corsivo, le poche volte che ci sarà da aggiungere qualcosa. Dice il Centro Studi di Confindustria: «Non siamo in guerra. Ma i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto e a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia: l’industria manifatturiera e le giovani generazioni. Quelle da cui dipende il futuro del Paese… Le politiche improntate al solo rigore, invece di stabilizzare il ciclo, stanno facendo avvitare su se stessa l’intera economia europea. Ormai non c’è (quasi) più nessun economista che creda agli effetti espansivi non-keynesiani dei tagli ai bilanci pubblici attuati sincronicamente in più paesi fortemente integrati tra loro, come sono quelli dell’Ue e in particolare dell’Eurozona… Gli esiti dell’esperimento in atto nell’Area euro di diminuzione dei disavanzi pubblici in presenza di un’ampia capacità produttiva inutilizzata (pari in media al 2,6% del pil nell’Eurozona) dimostrano la validità delle prescrizioni contenute in ogni manuale di politica economica. In depressione economica la restrizione di bilancio abbassa il pil effettivo e, distruggendo base produttiva, quello potenziale, minando la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo… Un’importante cartina di tornasole della svolta europea sarebbe la concessione di più tempo alla Grecia per il risanamento dei conti pubblici. Dalla tragedia greca è partita la pessima euro gestione franco-tedesca dell’uscita dagli alti disavanzi pubblici e da essa non può non ripartire la strategia europea. I greci meritano una dilazione temporale perché hanno fatto sforzi enormi nella diminuzione del deficit pubblico (il saldo primario è passato da -10,4% a -1,0% del pil) e hanno pagato una sanzione inaudita in termini di perdita di benessere (-15,0% il reddito pro-capite dal 2009, quando è iniziata la cura, al 2012). Ciò, ovviamente, non li esime dal mostrare, con la condotta, di aver appreso la lezione della disciplina nelle finanze pubbliche… Come detto sopra, l’Eurozona tutta ha bisogno di una maggiore gradualità nell’aggiustamento degli squilibri, pena l’affossamento del progetto stesso dell’Unione europea, sul fronte politico e sociale non meno che su quello economico e finanziario. Adesso e di nuovo spetta alla politica cambiare rotta finalmente. Gli effetti maggiori e più rapidi, TABELLA 2 nel rinsaldare la fiducia e nel rimuovere l’incertezza e, quindi, nel rilanciare l’economia, si avrebbero se ci fosse un’esplicita ammissione degli errori commessi, condita dal riconoscimento delle cause degli stessi». Sin qui Confindustria. Incredibile linguaggio. Ma ecco il perché di questo linguaggio: (si veda la tabella 1) Ecco, guardate il crollo degli investimenti: come si fa a investire infatti in un Paese e in un Continente che mettono al centro delle politiche future l’austerità e non la crescita? E guardate il debito pubblico in rapporto al pil per favore, guardatelo. Con tutta questa austerità sale, non scende, ovviamente, perché l’economia crollando fa crollare la stabilità dei conti pubblici. Così poi continua il rapporto ricordandoci che l’unica vera riforma è quella della Pubblica Amministrazione ma che bisogna sfatare i facili stereotipi: «Secondo le stime della Commissione europea la spesa pubblica italiana in rapporto al pil, quest’anno, arriverà al 50,4%, contro il 45,6% tedesco e il 48,9% nella media UE. Tuttavia, un’ampia quota, nettamente superiore a quella degli altri principali paesi, è vincolata a destinazioni che sono eredità del passato: interessi sul debito pubblico e pensioni. Se togliamo dalla spesa pubblica complessiva tali due voci, che sono frutto di scelte errate compiute nel passato, restano uscite pari al 31,3% del pil nel 2009 (ultimo anno disponibile per il confronto internazionale), la quota più bassa tra i paesi dell’Area euro, a parte Malta. E dal 2009 tale spesa è scesa ancora, stando alla contabilità nazionale Istat, raggiungendo il 29,4% del pil nel 2011». (Si veda tabella 2) E ancora: (Si veda tabella 3) TABELLA 3 E dunque che direte ora? Che non abbiamo ragione quando col nostro appello chiediamo una Pubblica amministrazione giovane, che acquista beni e servizi in questa fase ciclica in cui nessuno domanda e che sia riformata verso la professionalità dei suoi dipendenti? Di nuovo Confindustria: «Il vero nodo da sciogliere riguarda il comportamento dei dipendenti pubblici: il funzionario competente, che privilegia la qualità del servizio e trova i modi per superare correttamente possibili ostacoli formali, è una risorsa preziosa che va valorizzata». Incredibile. È così. È così. Lavoro da 10 anni presso Confindustria dirigendo la rivista scientifica Rivista di Politica Economica e dunque sono in conflitto d’interessi. Ma lasciatemi dire grazie alla Confindustria. Sparita la Banca d’Italia che ha ormai perso la sua storica ed indipendente spinta propulsiva all’analisi critica dell’azione di governo (e così facendo, non aiutandolo) questa crisi ci restituisce un Centro Studi che ha una sua tradizione e che dice la verità ai cittadini, permettendoci con i suoi dati di capire la realtà, discuterne con maggiore precisione, richiedere alla politica le azioni più appropriate senza beneficio d’inventario. Che sia Confindustria a farlo, in questo momento così grave per il Paese, a me importa poco. Importa che ci aiuti a mobilitarci per salvare dallo spreco di cui parlava Stiglitz, la sparizione delle nostre imprese e dei nostri occupati. Importa che si possa stimolare il nostro Governo a fare meglio nell’interesse di tutti. Tutto qui. *www.gustavopiga.it