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Martedì 3 Luglio 2012
PRIMO PIANO
Per fortuna che c’è la Confindustria di Squinzi che dice le cose che Bankitalia non sa più dire
L’Europa sta uccidendo il cavallo
Con tutta quest’austerità, il rapporto debito/pil sta crescendo
DI
O
TABELLA 1
GUSTAVO PIGA*
ggi non parlo. Faccio
parlare altri. Confindustria. Sarò io, stavolta, in corsivo, le poche
volte che ci sarà da aggiungere
qualcosa.
Dice il Centro Studi di Confindustria: «Non siamo in guerra. Ma i danni economici fin qui
provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto e a
essere colpite sono state le parti
più vitali e preziose del sistema
Italia: l’industria manifatturiera
e le giovani generazioni. Quelle
da cui dipende il futuro del Paese… Le politiche improntate al
solo rigore, invece di stabilizzare
il ciclo, stanno facendo avvitare
su se stessa l’intera economia
europea. Ormai non c’è (quasi)
più nessun economista che creda
agli effetti espansivi non-keynesiani dei tagli ai bilanci pubblici
attuati sincronicamente in più
paesi fortemente integrati tra
loro, come sono quelli dell’Ue e
in particolare dell’Eurozona…
Gli esiti dell’esperimento in atto
nell’Area euro di diminuzione dei
disavanzi pubblici in presenza
di un’ampia capacità produttiva
inutilizzata (pari in
media al 2,6% del pil
nell’Eurozona) dimostrano la validità delle prescrizioni contenute in ogni manuale
di politica economica.
In depressione economica la restrizione di
bilancio abbassa il pil
effettivo e, distruggendo base produttiva, quello potenziale,
minando la sostenibilità dei conti pubblici
nel lungo periodo…
Un’importante cartina di tornasole della
svolta europea sarebbe la concessione di più tempo alla Grecia per il risanamento dei conti
pubblici. Dalla tragedia greca è
partita la pessima euro gestione
franco-tedesca dell’uscita dagli
alti disavanzi pubblici e da essa
non può non ripartire la strategia europea. I greci meritano
una dilazione temporale perché
hanno fatto sforzi enormi nella
diminuzione del deficit pubblico
(il saldo primario è passato da
-10,4% a -1,0% del pil) e hanno
pagato una sanzione inaudita in
termini di perdita di benessere
(-15,0% il reddito pro-capite dal
2009, quando è iniziata la cura,
al 2012). Ciò, ovviamente, non li
esime dal mostrare, con la condotta, di aver appreso la lezione
della disciplina nelle finanze
pubbliche… Come detto sopra,
l’Eurozona tutta ha bisogno di
una maggiore gradualità nell’aggiustamento degli squilibri, pena
l’affossamento del progetto stesso dell’Unione europea, sul fronte
politico e sociale non meno che
su quello economico e finanziario.
Adesso e di nuovo spetta alla politica cambiare rotta finalmente.
Gli effetti maggiori e più rapidi,
TABELLA 2
nel rinsaldare la fiducia e nel
rimuovere l’incertezza e, quindi, nel rilanciare l’economia, si
avrebbero se ci fosse un’esplicita
ammissione degli errori commessi, condita dal riconoscimento
delle cause degli stessi».
Sin qui Confindustria. Incredibile linguaggio. Ma ecco il perché
di questo linguaggio: (si veda la
tabella 1)
Ecco, guardate il crollo degli
investimenti: come si fa a investire infatti in un Paese e in un
Continente che mettono al centro
delle politiche future l’austerità
e non la crescita? E guardate il
debito pubblico in rapporto al pil
per favore, guardatelo. Con tutta
questa austerità sale, non scende, ovviamente, perché l’economia
crollando fa crollare la stabilità
dei conti pubblici.
Così poi continua il rapporto
ricordandoci che l’unica vera
riforma è quella della Pubblica
Amministrazione ma che bisogna
sfatare i facili stereotipi:
«Secondo le stime della Commissione europea la spesa pubblica italiana in rapporto al pil,
quest’anno, arriverà al 50,4%,
contro il 45,6% tedesco e il 48,9%
nella media UE. Tuttavia, un’ampia quota, nettamente superiore
a quella degli altri principali paesi, è vincolata a destinazioni che
sono eredità del passato: interessi sul debito pubblico e pensioni.
Se togliamo dalla spesa pubblica complessiva tali due voci,
che sono frutto di
scelte errate compiute nel passato,
restano uscite pari
al 31,3% del pil nel
2009 (ultimo anno
disponibile per il
confronto internazionale), la quota
più bassa tra i paesi dell’Area euro, a
parte Malta. E dal
2009 tale spesa è
scesa ancora, stando alla contabilità
nazionale Istat,
raggiungendo il
29,4% del pil nel
2011». (Si veda tabella 2)
E ancora:
(Si veda tabella 3)
TABELLA 3
E dunque che direte ora? Che
non abbiamo ragione quando
col nostro appello chiediamo
una Pubblica amministrazione giovane, che acquista beni e
servizi in questa fase ciclica in
cui nessuno domanda e che sia
riformata verso la professionalità dei suoi dipendenti? Di nuovo
Confindustria:
«Il vero nodo da sciogliere riguarda il comportamento dei
dipendenti pubblici: il funzionario competente, che privilegia la
qualità del servizio e trova i modi
per superare correttamente possibili ostacoli formali, è una risorsa preziosa che va valorizzata».
Incredibile. È così. È così.
Lavoro da 10 anni presso Confindustria dirigendo la rivista
scientifica Rivista di Politica
Economica e dunque sono in
conflitto d’interessi. Ma lasciatemi dire grazie alla Confindustria.
Sparita la Banca d’Italia che ha
ormai perso la sua storica ed
indipendente spinta propulsiva
all’analisi critica dell’azione di
governo (e così facendo, non aiutandolo) questa crisi ci restituisce
un Centro Studi che ha una sua
tradizione e che dice la verità ai
cittadini, permettendoci con i suoi
dati di capire la realtà, discuterne
con maggiore precisione, richiedere alla politica le azioni più
appropriate senza beneficio d’inventario. Che sia Confindustria
a farlo, in questo momento così
grave per il Paese, a me importa
poco. Importa che ci aiuti a mobilitarci per salvare dallo spreco di
cui parlava Stiglitz, la sparizione
delle nostre imprese e dei nostri
occupati. Importa che si possa stimolare il nostro Governo a fare
meglio nell’interesse di tutti.
Tutto qui.
*www.gustavopiga.it