30 aprile 2017 - Nelle attività di montagnaterapia è necessaria una totale sinergia tra due tipologie di persone che accompagnano i pazienti: il medico, che deve possedere necessariamente conoscenze legate alla frequentazione delle terre alte, e l'accompagnatore (sia che sia una Guida alpina sia che sia un Titolato CAI), che deve avere una fiducia totale nel medico. Solo così si possono raggiungere dei risultati, che possono determinare una riduzione dei farmaci nel paziente (con conseguente risparmio economico) e un suo più rapido ritorno alla vita sociale. E' questo uno dei concetti usciti oggi al Trento Film Festival, in occasione della tavola rotonda “La montagna senza barriere: tra limiti e opportunità”, moderata dal Presidente della Commissione centrale medica del CAI Luigi Festi. E' stato un momento di confronto davvero costruttivo tra diversi portatori di esperienze di accompagnamento in montagna di persone con disagi, ormai diffuse in varie parti d'Italia, ma spesso senza coordinamento l'una con l'altra. Coordinamento necessario anche per riuscire ad arrivare alla validazione scientifica dei vari approcci.“Quest'ultima infatti ha bisogno di numeri, che nelle terre alte sono per forza quasi sempre ridotti. Di conseguenza il confronto con chi porta avanti attività simili e lo scambio di informazioni è fondamentale per raggiungerli”. Un altro tema posto da Festi è stato quello dell'inclusione che in determinati casi deve necessariamente portare all'esclusione: “la montagnaterapia deve essere personalizzata per capire qual è il percorso migliore che il paziente deve seguire.Spesso ciò non è possibile e quando i rischi, sempre presenti nella frequentazione dell'ambiente montano, sono troppo alti si deve lasciar perdere”. Un esempio? Se non si fa mai attività fisica nella vita quotidiana, a bassa quota, è meglio non farla in maniera estemporanea ad alta quota. A Trento si è parlato molto anche di bambini, per i quali, sia quelli con disagi o disabilità sia i normodotati, il movimento, soprattutto in montagna, è necessario per un corretto sviluppo psicofisico. “Il bambino che fa movimento ha vantaggi per lo sviluppo, anche del cervello e delle relazioni sociali”, è stato ricordato. “E calpestare l'ambiente naturale è importantissimo. Ormai i bambini di città non solo si muovono poco, ma quando camminano su un sentiero fanno fatica persino a mantenersi in equilibrio”. Per il futuro, è stato concluso, sono auspicabili delle linee guida sulla montagnaterapia,anche per le tutele assicurative di chi porta persone che hanno bisogno in montagna. La medicina di montagna deve poi uscire dalla nicchia, dall'ambito chiuso in cui si trova adesso. Sta infatti costruendo una cultura diversa che un giorno potrà diventare una specialità. E la montagnaterapia diventerà un suo capitolo fondamentale. Sono intervenuti Luca Calzolari, Sandro Filippini, Franco Perlotto,Jean Pierre Fosson, Guido Giardini, Hubert Messner, Cristiano Gobbi, Claudio Sartori e Sandro Carpineta. Lorenzo Arduini