Scuola di Dottorato in “Sociologia e Ricerca Sociale” – XXV° ciclo
Indirizzo specialistico: Information Systems and Organizations
Settembre 2010
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO
DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA E RICERCA SOCIALE
_______________________________________________________________________
Progetto di Ricerca
LA SOGGETTIVITÀ LAVORATIVA NELL’ECONOMIA INFORMALE
DUE CASI NEL CONTESTO DELLA METROPOLI PARIGINA
Denis Giordano
[email protected]
ISO XXV° ciclo
Progetto di ricerca – Giordano Denis
INDICE
1. FRAMEWORK TEORICO DI RIFERIMENTO .......................................................................... 3
1.1 INDIVIDUALIZZAZIONE .................................................................................................................3
1.2 SOGGETTIVITÀ – ASSOGGETTAMENTO ...........................................................................................7
2. AMBITO PROBLEMATICO ................................................................................................ 9
2.1 ECONOMIA INFORMALE ................................................................................................................9
3. DISEGNO DELLA RICERCA ............................................................................................ 12
3.1 CONTESTO EMPIRICO DI RIFERIMENTO .........................................................................................12
3.2 METODOLOGIA E TAPPE DELLA RICERCA .....................................................................................15
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ......................................................................................... 18
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ............................................................................................ 19
PAROLE CHIAVE:
Individualizzazione, economia informale, soggettività, assoggettamento, Grounded Theory
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ISO XXV° ciclo
Progetto di ricerca – Giordano Denis
ABSTRACT:
Nell’ultimo decennio la teoria sociologica ha messo in luce come tra i tratti peculiari utili per
considerare e comprendere il mondo contemporaneo vi siano i processi di individualizzazione.
Gli individui si trovano ad essere sempre più isolati e a doversi confrontare con un orizzonte incerto e
frammentato, anche a seguito di un ridimensionamento dell’influenza delle culture orientate al senso
collettivo. Tra i processi di individualizzazione si può sottolineare come si siano allentate le forze di
alcune forme dirette di autorità e controllo, sostituite da modalità meno prescrittive e all’apparenza
meno disciplinari che si basano sull’interiorizzazione della responsabilità.
Questa ricerca intende considerare l’individualizzazione come composta da un intricato intreccio di
soggettività ed assoggettamento. L’obiettivo della ricerca è quello di indagare i modi in cui le persone
plasmano e formano la propria soggettività lavorativa. Nel loro agire quotidiano, gli individui cercano
di costruire la propria esistenza seguendo le proprie aspirazioni, relazionandosi agli altri ed
autodeterminandosi; ma devono tuttavia confrontarsi con l’assoggettamento alle condizioni di
incertezza nella società. Nella situazione attuale, l’assoggettamento non agisce più solamente
attraverso l’obbedienza e la disciplina al lavoro, ma si esprime attraverso le retoriche specifiche
dell’autonomia e dell’iniziativa personale.
Al fine di dare particolare rilievo a tali fenomeni e processi, la ricerca si rivolgerà al campo
dell’economia informale che si configura come profondamente destrutturato, dove precarietà ed
incertezza si costituiscono come elementi peculiari. La ricerca avrà come riferimento empirico lo
spazio della metropoli parigina. Nello specifico, ci si concentrerà su due casi di lavoratori e lavoratrici
(quello dei meccanici di strada e delle scultrici-decoratori) aventi caratteristiche diverse dal punto di
vista delle attività e delle reti di relazioni in cui sono inseriti, ma che – proprio per questo – risultano
interessanti nell’ottica d’indagare le modalità in cui questi esprimono la propria soggettività.
L’approccio metodologico che si seguirà per la ricerca è quello qualitativo, attraverso l’impiego della
Grounded Theory e la combinazione di diverse tecniche di ricerca dall’osservazione partecipante alle
interviste narrative.
1. Framework teorico di riferimento
1.1 Individualizzazione
Le società capitalistiche europee, nel corso degli ultimi trent’anni, sono state teatro di notevoli
trasformazioni che le hanno modificate in profondità. Nell’individuare i tratti di questo cambiamento, è
possibile affermare che si è assistito ad una progressiva diffusione di una forma di governamentalità
(Foucault, 1978) votata ad esaltare la soggettività e l’individualismo.
L’individuo diventa sempre più centrale all’interno del contesto culturale ed economico delle società
europee contemporanee: questa tendenza emerge anche dall’insistenza con cui vengono promosse le
figure sociali del self-made-man e dell’imprenditore di se stesso, esempi chiari della messa al valore
delle capacità del singolo come elementi centrali per l’integrazione e la riuscita di quest’ultimo nella
società.
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Nell’ambito della teoria sociale, attraverso il concetto di individualizzazione (Beck e Beck-Gernsheim,
2002; Beck, Giddens e Lash, 1994), si è trovato uno strumento utile per descrivere ed analizzare tali
tendenze. Tuttavia, questa diffusa retorica dell’essere ognuno artefice del proprio destino nasconde
anche un confronto serrato e costante con una situazione di incertezza nei riguardi della propria
esistenza. In questo senso è opportuno sottolineare come, accanto ai processi di individualizzazione, vi
siano anche quelli di interiorizzazione della disciplina, effettuati attraverso l’autocontrollo e l’etica
della responsabilità.
Procedendo in questa direzione si possono riprendere le parole usate da Pierre Bourdieu nel descrivere
la società contemporanea come un luogo dove agisce una precarietà sempre più diffusa che si impone
come paradigma sulle vite:
“La précarité s’inscrit dans un mode de domination d’un type nouveau, fondé sur l’institution d’un
état généralisé et permanent d’insécurité visant à contraindre les travailleurs à la soumission, à
l’acceptation de l’exploitation”1. (Bourdieu, 1998, pag. 97)
In questo passaggio, il sociologo francese sottolinea come uno dei tratti innovativi della situazione
attuale sia dato da un nuovo modo di dominazione che deve però essere accettato e interiorizzato.
Questa modalità si può imporre grazie anche all’incertezza diffusa, data dal tramonto delle culture
collettive e dal senso di smarrimento ed isolamento provato dalle persone (Bauman, 1999 e 2007).
L’incertezza si declina attraverso una mancanza di punti di riferimento e dall’impossibilità di disporre
di previsioni razionali rispetto al futuro. Questa situazione d’insicurezza e confronto permanente con
situazioni di potenziale rischio (Beck, 2002) viene affrontata in maniera prevalentemente individuale
anziché essere condivisa con gli altri. Analogamente, la persona si deve confrontare con una
temporalità sempre più frammentaria costituita da orizzonti di breve periodo in continuo cambiamento
anziché, come in precedenza, avere di fronte delle progettualità strutturate di lungo periodo. Bauman,
nel suo testo “La società individualizzata” esprime così questa tendenza:
“L’incertezza odierna è un potente fattore di individualizzazione; essa divide anziché unire (…)
l’idea di “interessi comuni” diventa sempre più nebulosa e in definitiva incomprensibile. Paure,
ansie e risentimenti sono fatti in modo tale da essere sopportati in solitudine; non si sommano, non
si coagulano in una “causa comune”, non possiedono un “destinatario naturale”. Tutto ciò fa
1
La precarietà si inscrive in un modo di dominazione di tipo nuovo, fondato sull’istituzione di uno stato
generalizzato e permanente di insicurezza che mira a costringere i lavoratori alla sottomissione e all’accettazione
dello sfruttamento [trad. mia].
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dell’atteggiamento solidaristico una tattica non più razionale e suggerisce una strategia di vita del
tutto diversa da quella che condusse un tempo alla nascita delle organizzazioni difensive e militanti
della classe lavoratrice”. (Bauman, 2002, pagg. 35-36)
Il contesto contemporaneo dunque, si presenta come fortemente attraversato da un processo di
individualizzazione che comporta una maggior discrezionalità di manovra individuale a fronte delle
situazioni e dell’incertezza diffusa. Questo notevole passaggio non è tuttavia un semplice scatto verso
una maggiore libertà individuale nel contesto della vita sociale ma, al contrario, come illustra Beck,
questa tendenza di individualizzazione istituzionale si configura come un processo che coinvolge
numerose istituzioni sociali:
“It is, simply, that in modern societies news demands, controls and constraints are being imposed on
individuals. Through the job market, the welfare state and institutions, people are tied into a network
of regulations, conditions, provisos”. (Beck e Beck-Gernsheim, 2002, pag. 2)
Nei propri interventi, Ulrich Beck sottolinea come uno dei tratti peculiari dell’individualizzazione, non
si esprima solamente a partire da scelte e atteggiamenti degli individui, ma sia spinta e forgiata dalle
istituzioni come il sistema educativo, il mercato del lavoro e il welfare state, che alimentano
l’instaurarsi di una individualizzazione istituzionale.
Questi cambiamenti sono particolarmente evidenti nel momento in cui si osserva l’evoluzione
capitalista contemporanea che si mostra del tutto coerente con la tendenza dell’individualizzazione
istituzionale. Per Boltanski e Chiapello (1999), nella situazione attuale si può parlare di nuovo spirito
del capitalismo, nel quale il capitalismo si rivoluziona e si aggiorna in permanenza alle situazioni
contingenti per poter continuare la propria missione fondamentale di accumulazione. Per gli autori
francesi, ma non solo (Sennet, 2006), questo nuovo spirito è alimentato anche dalla capacità di
adattarsi agli scenari mutati nel campo dell’autorità e della disciplina autoritaria al lavoro:
“À bien des égards, les responsables d’entreprises ont entrepris de donner aux personnes ce
qu’elles réclamaient pour obtenir à nouveau leur implication au travail, ce qui revient à dire que
c’est le succès de la critique artiste qui l’a rendue moins dangereuse pour le capitalisme. Certes
pour de nombreuses personnes l’autonomie est fallacieuse et n’est faite que de précarité. Pourtant
le vieux chef hiérarchique qui exigeait qu’on obéisse sans discuter a largement disparu (…). C’est
un aspect de notre livre que les mouvements critiques ont du mal à comprendre : la force et le talon
d’Achille du capitalisme est qu’il doit séduire de très nombreux travailleurs pour fonctionner. C’est
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sa force parce que quand il est convaincant, il est peu vulnérable (…)”2. (Boltanski, MoulierBoutang e Chiapello, 2000)
Dal brano riportato, emerge quindi come una delle principali novità del capitalismo sia stata quella di
modificare la propria dipendenza dal lavoro ottenuto attraverso una disciplina autoritaria, riuscendo a
sussumere a proprio beneficio le spinte individuali e creative delle persone. Uno degli ambiti che
esprime maggiormente questa trasformazione è appunto quello del mercato del lavoro, che ha visto
negli ultimi decenni un vorticoso cambiamento di paradigma produttivo e l’avvento di un’economia
globale e reticolare (Castells, 1996). Le condizioni di lavoro per i singoli sono profondamente mutate,
le grandi culture collettive di operai ed impiegati declinano di pari passo al diffondersi di nuovi tratti
della produzione industriale, di un’economia dei servizi avanzati e del terziario, affiancata all’insieme
di attività peculiari dell’economia della conoscenza (Moulier-Boutang, 2002; Rullani, 2004; Gorz,
2004).
In tale scenario, si può osservare il procedere dell’individualizzazione istituzionale nel diffondersi
della retorica della competizione meritocratica e dell’imperativo della formazione individuale
permanente, divenuti capisaldi del sistema educativo europeo che prepara i giovani al mercato del
lavoro contemporaneo. Inoltre, si può notare come nella continua evoluzione in senso deregolativo
della legislazione sul lavoro, si assista al proliferare di una pluralità di contratti lavorativi e di una
logica sempre più individualizzante nel considerare i rapporti di lavoro.
Nel contesto europeo, questa tendenza di trasformazione si dipana a partire dagli anni ’70 del secolo
scorso, a seguito di modificazioni sostanziali delle forme di organizzazione produttiva, del tramonto
dell’epoca attraversata dal miraggio della piena occupazione, ma anche per via di un mutato scenario
culturale e sociale che mostra forme di insofferenza alla disciplina del lavoro di fabbrica (Berardi,
2001; Levaray, 2002) e una rinnovata vitalità di forme di lavoro autonomo (Bologna e Fumagalli,
1997). Il mercato del lavoro viene dunque a strutturarsi in una maniera assai differente da quello delle
società fordiste: la deregolarizzazione legislativa e le nuove modalità organizzative hanno portato al
moltiplicarsi di contratti di lavoro e figure professionali sempre più diversificate (Supiot, 1999). Tra i
2
Guardando bene, i responsabili d’impresa hanno cominciato a donare alle persone quello che esse chiedevano
per ottenere di nuovo il loro impegno al lavoro, ciò che ci fa tornare a dire che è il successo della critica artistica
che l’ha resa meno pericolosa per il capitalismo. Certo per molti l’autonomia è fallace e non è fatta d’altro che di
precarietà. Però il vecchio capo gerarchico che esigeva che si obbedisse senza discutere è ampiamente
scomparso (…). È un aspetto del nostro libro che i critici hanno difficoltà a comprendere: la forza e il tallone
d’Achille del capitalismo è che deve sedurre più lavoratori possibile per funzionare. È la sua forza perché
quando è convincente è poco vulnerabile (…). [trad. mia].
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tratti più peculiari della situazione contemporanea è da segnalare la diffusione di forme lavorative non
garantite (Gallino, 2001) e precarie dove, accanto ad una progressiva tendenza di contratti ad
personam, si staglia una retorica che spinge ad assumersi rischi ed imprevisti per portare avanti la
propria sopravvivenza economica.
Le nuove forme di lavoro atipiche e flessibili si sono progressivamente imposte come peculiari
dello scenario contemporaneo (Castel, 1995; Gallino, 1998; Sennet, 1999), sottolineando la maggior
diffusione di profili biografici e di esperienze sempre più individuali rispetto ad una volta (Cingolani,
1986 e 2005; Tiddi, 2001) e dove le traiettorie personali nel mondo del lavoro appaiono sempre più
singolari e sfaccettate.
In questo modo la precarietà si costituisce come una costante sempre più diffusa per una pluralità di
persone aventi biografie distinte e si collega dunque alle forme di individualizzazione istituzionale
(Castel, 2003). Quando le istituzioni chiedono all’individuo di diventare artefice e responsabile - egli
solo - del proprio destino, agiscono in simultanea delle forze contrapposte che lo spingono ad affrontare
le situazioni in maniera sempre più individuale e al contempo a confrontarsi con l’assoggettamento alle
condizioni di incertezza imposte nella società.
L’individualizzazione si manifesta con due facce profondamente intrecciate tra loro: quella della
soggettività e dell’assoggettamento. La valorizzazione e la contemporanea vulnerabilità della persona,
promosse dalle società attraversate dall’individualizzazione, evidenziano dunque come centrali i
processi di costruzione della soggettività, ma anche quelli legati alle forme di assoggettamento a cui le
persone devono confrontarsi. L’analisi ora si rivolgerà proprio in questa direzione.
1.2 Soggettività – assoggettamento
La soggettività individuale si costituisce socialmente attraverso le relazioni con gli altri (Schutz, 1974)
e viene in parte modellata dagli agenti istituzionali con cui gli individui si confrontano nel corso della
loro esistenza. Il passaggio postfordista ha reso la questione della soggettività particolarmente rilevante,
date le conseguenze delle trasformazioni legate ai processi di individualizzazione. Emiliana Armano,
nel suo testo dedicato ai lavoratori della conoscenza, si è occupata in maniera approfondita di
soggettività, sottolineando il ruolo fondamentale di quest’ultima per comprendere il senso dato dai
soggetti alle proprie azioni:
“La soggettività è sinonimo di intenzionalità e quindi di capacità relativa alla identificazione di fini
rilevanti e alla costruzione di corsi d’azione dotati di senso sia in riferimento a un attore che ad altri
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soggetti sociali. Nel postfordismo, la soggettività, intesa come intenzionalità, assume più peso che
in passato perché minori sono i percorsi istituzionali prestabiliti e formalizzati a cui affidarsi e
pertanto più alta è la valenza dell’apporto che il soggetto può dare ai processi sociali”. (Armano,
2010, pag. 38)
Volgendo l’attenzione al continuum tra soggettività e assoggettamento, intendo dunque soffermarmi
sulle modalità in cui l’individuo si confronta con la propria situazione tra attività lavorative, continuità
di reddito e le difficoltà a coniugare necessità materiali ed aspirazioni personali e professionali
(Lazzarato, 1994). È appunto l’esistenza di tutta una serie di ostacoli e dispositivi (Agamben, 2006) che
rendono difficoltoso il pieno dispiegamento delle aspirazioni individuali, ciò che spinge a considerare ed
a soffermarsi, oltre che sulla soggettività, anche sulle forme di assoggettamento. Nel capitalismo
contemporaneo l’assoggettamento della persona non passa più solamente attraverso l’obbedienza e la
disciplina al lavoro, ma si esprime attraverso le retoriche specifiche dell’autonomia e dell’iniziativa
personale, così in auge al giorno d’oggi (Corsani, 2009). Si tratta dunque di interiorizzare principi e
“buone condotte” che rendano compatibili i percorsi e le aspirazioni individuali alle esigenze delle
imprese e del mercato del lavoro, questione peraltro già individuata da Foucault (1979 e 1994) a
proposito del “governo attraverso l’individualizzazione”:
“Cette forme de pouvoir s’exerce sur la vie quotidienne immédiate, qui classe les individus en
catégories, les désigne pas leur individualité propre, leur attache une identité, leur impose une loi
de vérité qu’il leur faut reconnaître et que les autres doivent reconnaître en eux. C’est une forme de
pouvoir qui transforme les individus en sujets. Il y a deux sens au mot « sujet » : sujet soumis à
l’autre par le contrôle et la dépendance, et sujet attaché à sa propre identité par la conscience ou la
connaissance de soi”3. (Foucault, 1994, pag. 1046)
Nel corso della ricerca la mia attenzione sarà dunque rivolta ai modi in cui gli individui costituiscono
la propria soggettività attraverso le relazioni con gli altri, ma anche a quelle dinamiche che lasciano
emergere le condizioni di assoggettamento.
3
“Questa forma di potere che si esercita sulla vita quotidiana immediata, ordina gli uomini in categorie, li
designa con un’individualità propria, attacca loro un’identità, impone loro una legge di verità che essi devono
riconoscere e che gli altri devono riconoscere in loro. È una forma di potere che trasforma gli individui in
soggetti. Ci sono due significati della parola “soggetto”: soggetto sottomesso all’altro per il controllo e la
dipendenza, e soggetto attaccato alla propria identità per la coscienza o la conoscenza di sé” [trad. mia].
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La direzione della ricerca sarà quella di prestare una notevole attenzione ai differenti modi di vita
(Virno, 2001) e forme di governamentality (Foucault, 1994) che possono svelare gli intrecci tra
soggettività e diverse forme di assoggettamento.
Sennet ha sottolineato come questi intrecci si moltiplichino e divengano oggi più trasparenti, poiché
non si alimentano solo di forme dirette di autorità, ma anche di processi di interiorizzazione della
responsabilità:
“La nuova ideologia del lavoro si concentra su ciò che il lavoratore sente; d’altra parte, ciò che il
lavoratore o la lavoratrice sono capaci di sentire dipende dallo sviluppo interiore e dalla disciplina;
il padrone, infine, scompare come persona e resta l’influenza che non si capisce da dove giunga,
ma che agisce con efficacia (…)”. (Sennet, 2006, pag. 100)
Quale peculiare contesto di riferimento per la ricerca, sceglierò il terreno dell’economia informale, in
quanto ambito privilegiato per osservare l’intrecciarsi dei processi di costruzione della soggettività con
le forme di confronto all’assoggettamento. Come vedremo tra breve, infatti, l’economia informale è un
terreno empirico e analitico assai complesso, che si presta però ad interessanti spunti di riflessione per
la comprensione delle trasformazioni contemporanee del lavoro e per considerare le modalità di
costruzione della soggettività lavorativa.
2. Ambito Problematico
2.1 Economia Informale
Percorrendo la bibliografia esistente, si può notare una contemporaneità tra l’inizio delle recenti
trasformazioni produttive, la crescita relativa di disoccupazione ed il volgere attenzione alle dinamiche
dell’economia informale. Proprio questo contesto storico, con la diffusione di una prima crisi del
sistema economico della “relativa piena occupazione”, ha portato alcuni ricercatori (Adair, 1980;
Carboni, 1990; Windebank, 1991) a voler comprendere cosa succede al di fuori del mercato del lavoro
ufficiale. L’attenzione per questo tipo di tema si è successivamente raffreddata, ritornando però in auge
negli ultimi anni (Lucifora, 2003; Schnaider e Klinglmair, 2004; Pfau-Effinger, Flanquer e Jensen,
2009). Lo scenario dell’attualità europea, attraversata e a tratti sconvolta dalla crisi economica, ha
infatti riportato al centro del dibattito il ruolo dell’economia informale e i suoi effetti sulla società; in
particolare in quei contesti territoriali, come è il caso della Grecia, dove essa ha un impatto notevole nel
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bilancio economico nazionale4.
Considerare l’economia informale, i profili di attività e le pratiche di coloro che vi agiscono è
assai complesso per una difficoltà teorica di partenza legata alla definizione stessa dei confini
dell’economia informale. La questione di una definizione di ciò che significa economia informale è
ardua, lo si desume chiaramente dalla pluralità di sinonimi utilizzati correntemente per indicarla:
“economia soldi in mano”, “nera”, “sommersa”, “nascosta”, “ombra”. Si può tuttavia considerare la
seguente come una definizione condivisa di lavoro nell’economia informale:
“Off the books work is widely accepted as involving only the production of goods and services that
are licit in all respects besides the fact they are unregistreted by or hidden from the state for tax,
benefit, and/or labour law proposes. Where good and service are provided that are themselves illicit
(e.g. drug trafficking) these have been normally excluded by what is considered off-the-books work
(…)”. (Williams e Ram, 2009, pag. 655)
Questa definizione indica le frontiere di ciò che si considera parte dell’economia informale che include
dunque tutti quei beni e servizi leciti, la cui produzione, vendita e/o acquisto non è tuttavia registrata e
tassata dallo Stato, mentre esclude ciò che è legato alla produzione e al consumo di beni e servizi
illeciti (De Soto, 1989).
L’economia informale, sebbene sia di difficile quantificazione precisa, è un aspetto assai importante
all’interno dell’economia complessiva di molti Paesi, anche all’interno dello spazio europeo. Ad
esempio, secondo le stime stilate dall’Istat per il caso italiano, l’impatto di quest’economia si
aggirerebbe tra il 16 e il 17% del Prodotto Interno Lordo (Pil)5, mentre per la Francia6 è stimata attorno
al 14%7.
Una delle cautele da prestare nell’analisi dell’economia informale è quella di non considerarla
come un settore a sé stante, impermeabile alle influenze e le relazioni con l’esterno, in prima istanza
all’economia formale. Vi è infatti un continuo legame tra ciò che è formale ed informale a livello
economico e non è dunque possibile considerare le due realtà come separate. L’economia informale
interagisce in permanenza con il sistema economico formale, adattandosi spesso alle caratteristiche
4
Per Schneider e Klinglmair in Shadow economies around the world, in Grecia l’economia informale peserebbe
il 28,3% del Pil (Schenider e Klinglmair, 2004).
5
Fonte dati Istat, rilevazione del 2005.
6
Fonte dati Insee, rilevazione del 2006.
7
Si può anche aggiungere che nel particolare periodo di crisi economica che sta attraversando l’Europa il ruolo
dell’economia informale all’interno dei Pil nazionali dei paesi più toccati aumenta. È il caso della Spagna e della
Grecia; fonte: “L’economia sommersa frena l’Italia che produce” di D. Pesole, Il sole 24 ore, 28 giugno 2009).
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produttive del territorio in un confronto continuo con le forme produttive e finanziarie, con le
infrastrutture e soprattutto con il tessuto sociale esistente (Lucifora, 2003).
Questo continuo rapporto tra economia formale ed informale è evidente anche nel momento in cui si
considerano le tendenze di flessibilizzazione e deregolamentazione del lavoro avvenute negli ultimi
anni: non è certo scomparsa la diffusione del lavoro informale, se ne sono modificati i contorni con lo
sviluppo di nuove figure professionali coinvolte nell’informalità (Reyneri, 2005). Le trasformazioni
produttive delle ultime decadi hanno portato alla nascita, in particolare nel settore dei servizi, di
numerose situazioni dove l’incidenza dell’economia informale è considerevole, un ruolo che però non
è così separato dal contesto formale. Un altro esempio lo evidenziano i complessi intrecci di subappalti
che spesso “lasciano entrare” all’interno del sistema economico ufficiale una serie di attori che giocano
nel campo dell’informalità (Jounin, 2008).
In questo progetto di ricerca intendo dunque concentrarmi sui modi di vita agiti dagli attori
presenti nel contesto dell’economia informale.
La scelta di concentrarmi sull’economia informale deriva dal fatto che tra le persone che vivono in
questo contesto è particolarmente marcata la consapevolezza di essere alle prese con una situazione
incerta e individualizzata. La continuità dei rapporti lavorativi ed economici è di una fragilità
strutturale, così come le persone che vi lavorano sono dipendenti da relazioni informali nelle quali non
esistono nemmeno le garanzie più basilari (certezza di una paga, orario di lavoro concordato). Si tratta
di una situazione dove l’individuo si confronta intensamente con una precarietà esistenziale che, nel
mondo dell’economia informale, si esplicita in maniera diretta: ognuno è artefice del proprio destino o
della propria sventura, a seconda degli imprevisti e delle situazioni che dovrà affrontare.
L’economia informale, tuttavia, non è un terreno dove gli individui si muovono soli ed isolati, è un
terreno dove agiscono in maniera intensa le relazioni sociali: contatti personali, conoscenze, rapporti
amicali e familiari sono alla base di una tela di connessioni che stabiliscono le condizioni
dell’esperienza nell’economia informale. Questo aspetto viene sottolineato anche da Reyneri:
“L’importanza delle relazioni sociali in cui il lavoro nero è inserito va oltre il mero aspetto
funzionale. (…) Tra i contraenti di un rapporto di lavoro in nero vi sono spesso legami personali e
diretti, che affondano le loro radici in reti di relazioni familiari e comunitarie”. (Reyneri, 2005, pag.
172)
Un altro tema particolarmente rilevante nell’approcciarsi all’economia informale è quello del rapporto
con le istituzioni che erogano i servizi del welfare state (Rosanvallon, 1995; Sennet, 2004): per molte
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persone i sussidi messi a disposizione dallo Stato non sono sufficienti, si crea dunque una situazione
dove diviene frequente il ricorso al mercato informale, poiché nella gran parte dei casi è proibito
l’accumulo di reddito da lavoro con quello dei sussidi. In questa maniera è diffusa la pratica di
combinare forme di lavoro informale con i benefici sociali (Benarrosh, 2003; OECD 2004), strategia
usata soprattutto da coloro che appartengono alle fasce più svantaggiate della popolazione,
maggiormente soggette a disoccupazione o a marginalità occupazionali.
Questo insieme di fenomeni che caratterizzano l’economia informale, la configurano dunque come un
terreno assai ricco di spunti per considerare le modalità in cui le persone affrontano la propria
quotidianità e forgiano così la propria soggettività.
3. Disegno della ricerca
3.1 Contesto empirico di riferimento
L’economia informale, come visto precedentemente, è diffusa in maniera eterogenea e non riguarda
esclusivamente i paesi meno sviluppati economicamente. La sua importanza è, al contrario, notevole
anche nelle economie avanzate dei Paesi europei. L’impatto dell’economia informale non è limitato
alle aree più svantaggiate o maggiormente colpite da disoccupazione, come possono essere ad esempio
certe regioni rurali, ma si manifesta anche nelle zone più sviluppate e ricche (Portes e Sassen, 1987;
Williams e Windebank, 1995; Reyneri, 2005).
Lo spazio metropolitano, con la sua concentrazione umana ed economica, diviene un terreno fertile alla
diffusione dell’economia informale. Lo sfaccettato mondo dei servizi e la densità di popolazione tipici
dello spazio metropolitano contribuiscono, infatti, ad una notevole presenza di attività informali
(Portes, Castells e Benton, 1989). Il sistema economico metropolitano ospita diverse nicchie di forme
lavorative informali, mentre nelle vaste zone delle periferie si sviluppano intrecci di relazioni di servizi
informali tra i vari abitanti dei quartieri (Le Marchand, 2004).
Alla luce di tali considerazioni, la ricerca intende quindi svilupparsi attraverso un’analisi
focalizzata sullo spazio metropolitano parigino. La scelta del caso di Parigi è conseguente alla volontà
di concentrarsi su un territorio caratterizzato dalla diffusione dell’economia informale, che qui acquista
un ruolo ed una importanza che non hanno eguali nel resto della Francia (Gobillon e Selod, 2005;
Arsac e Mary-Portes, 2007). Un’ulteriore peculiarità della metropoli parigina è rappresentata
dall’economia che l’attraversa: la concentrazione di milioni di persone comporta un mondo del lavoro
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assai sfaccettato, che comprende l’universo dei servizi (basti pensare al settore del turismo nella città
più visitata del mondo), il lavoro artistico (Menger, 2005) e quello cognitivo e immateriale (Corsani,
Lazzarato e Negri, 1996). L’economia informale è assai diffusa e si sviluppa accanto alle attività che
caratterizzano la regione, non si concentra solo all’interno dei quartieri popolari e nelle banlieues
(Tievant, 1982; Hatzfeld, 2004), ma è presente in molti settori economici, non da ultimo quello del
lavoro artistico e artigianale.
La ricerca avrà come riferimento empirico due tipologie di lavoratrici e lavoratori tra loro
differenti, ma che si muovono entrambi in questo terreno: i meccanici di strada e le scultricidecoratori8.
o Il primo caso su cui intendo focalizzare la mia attenzione è quello delle scultrici-decoratori,
un’attività questa che, situandosi ai confini tra arte, artigianato e amatorialità di sussistenza
risulta quantomai particolare. Si tratta di persone che ideano, sviluppano, realizzano, espongono
e vendono opere di arti plastiche. Le scultrici-decoratori sono solo una parte, sebbene
consistente, di una più vasta serie di profili inseriti all’interno della definizione degli “artisti
delle arti plastiche”. Le scultrici-decoratori, dunque, si trovano spesso in condizione di forte
instabilità economica e sono largamente attivi all’interno dell’economia informale in quanto le
possibilità di lavori in regola sono limitate e, soprattutto per chi – la maggioranza – non è
conosciuto e ritenuto “famoso”, la vendita delle proprie opere avviene grazie a transazioni
informali senza alcun inquadramento fiscale.
I miei interessi di ricerca mi porteranno a calarmi in questo ambiente e a considerare le pratiche
degli scultrici-decoratori. Mi rivolgerò a loro sia come persone singole impegnate in svariate
attività volte ad ottenere un reddito di sussistenza e continuare la propria arte, ma anche in
quanto attori (e autori) di un tessuto di relazioni sociali. Mi concentrerò su quelle modalità di
azione, che si possono definire “strategiche”, ossia ritenute utili per districarsi con le difficoltà
di trovare reddito (non solo derivante dal lavoro), per utilizzare gli aiuti sociali disponibili ad
integrare le proprie finanze e per avere a disposizione un proprio spazio per creare. Inoltre,
valuterò l’esistenza di una rete sociale professionale tra le scultrici-decoratori in quanto la
conoscenza, la competenza e la reputazione sono, in questo mestiere (come molti altri del
8
Per non appesantire il testo sceglierò di indicare con questo “nome ibrido” di genere l’insieme di scultoridecoratori e scultrici-decoratrici che costituiscono uno dei casi specifici della ricerca.
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resto), un patrimonio che si costruisce e condivide socialmente tra le persone che svolgono
queste attività.
o Il secondo caso a cui intendo rivolgermi è quello dei “meccanici di strada”, le persone che
riparano auto, furgoni e moto ai bordi delle strade e nelle piazze dei quartieri popolari. Sono dei
meccanici a tutti gli effetti, che tuttavia operano come attori dell’economia informale non
avendo un’officina ufficiale e portando con sé in pesanti cassette degli attrezzi gli strumenti di
lavoro. Si tratta di quelle persone che, esperte di motori, svolgono delle riparazioni – piccole o
importanti che siano – a prezzi convenienti e rivolgendosi sostanzialmente ai propri vicini e
conoscenti. Valuterò quindi in maniera approfondita il ruolo che la dimensione spaziale assume
per i meccanici di strada: il quartiere, il gruppo dei vicini o la cité9 sono il luogo dove avviene
fisicamente l’attività dei meccanici, ma anche l’origine dei contatti per i clienti e più in generale
per quelle risorse relazionali ed amicali che consentono la pratica continua dell’attività. Si
costituisce dunque una serie di relazioni che sembrano configurare una rete di sostegno e
prossimità composta dai vicini e dai conoscenti che permettono lo svolgere delle riparazioni
sotto le proprie finestre e costituiscono la gran parte degli utilizzatori di questo servizio.
La scelta di rivolgersi a meccanici di strada e scultrici-decoratori è stata compiuta anche per
studiare i modi di vita e le modalità organizzative peculiari di due situazioni che condividono
l’esistenza nell’economia informale sebbene si situino in contesti professionali profondamente diversi e
distanti come quello dell’arte e quello della meccanica.
In una visione come quella contemporanea, dove l’essere imprenditori di se stessi si applica come una
rischiosa scommessa permanente che coinvolge trasversalmente moltissimi mondi professionali, le
nette distinzioni tra lavoro manuale e quello artistico e creativo vengono a cadere lasciando spazio alla
nebulosa di una situazione di incertezza diffusa (Bauman, 2002).
Anche in questo caso, la scelta di considerare l’economia informale consente una prospettiva inusuale:
all’interno di questo moltitudinario ambiente si mescolano, accumunate dallo stesso destino, attività
assai eterogenee che dimostrano dunque di non essere esclusivo appannaggio di una élite detta creative
9
Cité è il termine francese che indica un insieme di case popolari, generalmente costituite da una forte
concentrazione di alloggi in poco spazio (grattacieli o grandi edifici). Si indica dunque con questo termine lo
spazio fisico e sociale che ospita gli agglomerati urbani dell’edilizia popolare.
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class (Florida, 2002), ma condividono le quotidiane difficoltà di altre professioni dotate di minor
prestigio e comunemente considerate all’interno dell’ambito del lavoro manuale.
La scelta di concentrarmi sul territorio della metropoli parigina, oltre alle motivazioni esposte in
precedenza e legate alla specificità del ruolo dell’economia informale nel contesto metropolitano, è
dovuta anche alla mia familiarità con il campo di ricerca, derivante da un periodo di due anni di
residenza in loco, nel corso dei quali ho avuto modo di approfondire la conoscenza dello sfaccettato
mondo delle persone che, a diverso titolo, lavorano nell’ambito dei mestieri dello spettacolo e dell’arte.
Divenire familiari ed avere accesso agli ambienti dell’economia informale non è infatti un atto
semplice, data la natura illecita che la caratterizza. Si tratta inoltre di un ambiente che si alimenta
attraverso reticoli di conoscenza anch’essi informali, per i quali non sono previste procedure standard
per ottenerne l’accesso, che deve essere dunque concordato in maniera personale di volta in volta.
3.2 Metodologia e tappe della ricerca
La ricerca intende inscriversi all’interno dell’ampio panorama della ricerca sociale che segue
l’approccio metodologico qualitativo (Silverman, 2000). La scelta deriva dal fatto che per fare ricerca
all’interno dello sfaccettato e composito universo dell’economia informale ritengo indispensabile una
conoscenza approfondita del contesto specifico della ricerca. Uno degli obiettivi di questo progetto è
quello di concentrarsi su due particolari gruppi di lavoratori e lavoratrici agenti nell’economia
informale e non ha dunque aspirazioni di descrivere l’intero sistema di questa particolare forma di
economia. Ritengo coerente una scelta orientata all’approccio qualitativo per indagare le modalità di
vita messe in atto dagli attori presenti nei due casi considerati: credo che per poter comprendere le varie
attività svolte e il significato che esse hanno per le persone che le intraprendono sia utile immergermi
nel contesto scelto come terreno di ricerca. Intendo dunque procedere con un periodo sul campo nella
metropoli parigina per conoscere in maniera diretta il terreno all’interno del quale si muovono gli attori
al centro della ricerca.
La volontà di confrontarsi con la soggettività lavorativa e le forme di assoggettamento che coinvolgono
le persone negli specifici contesti considerati, mi spinge a voler dedicare notevole attenzione alle
dinamiche che incontrerò nel campo e alle parole delle persone coinvolte. Seguirò dunque un percorso
di progressiva immersione nel campo della ricerca, coerentemente con lo sviluppo di una familiarità
con i contesti e gli attori considerati.
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La scelta metodologica sarà indirizzata all’utilizzo della Grounded Theory (Glaser e Strauss,
1967). Essa è fondata su di un processo di ricerca di carattere prevalentemente induttivo per il quale,
man mano che si procede nella ricerca, si cerca di ottenere gradualmente livelli di astrazione sempre
più elevati.
La Grounded Theory si caratterizza quindi per il minuto processo di costruzione di una teoria che si
sviluppa a partire dai dati di cui si dispone e la peculiarità di questo metodo di ricerca è il rapporto,
svincolato il più possibile da presupposti teorici, del ricercatore con i dati raccolti sul campo
d’indagine.
Ritengo utile riferirmi a questo tipo di tradizione metodologica poiché la ritengo adatta per
indagare una realtà complessa, sfaccettata e scarsamente conosciuta come quella dell’economia informale
e dei casi considerati. Avvicinarsi in questa maniera aperta alla ricerca sul campo può consentirmi di
seguire traiettorie nuove rispetto a quelle già intraprese in altri studi: la complessità delle relazioni sul
campo fa sì che risulti difficile e probabilmente rischioso formulare ex ante delle ipotesi rispetto alle
dinamiche e ai processi. Il rischio è quello di riprendere i “temi classici” legati alla vita nel terreno
dell’informalità perdendo così la ricchezza potenziale derivante da un’immersione progressiva nel
campo e nel continuo modificarsi dell’orizzonte della conoscenza a partire dal materiale di ricerca.
L’approccio qualitativo così declinato è coerente con un utilizzo di diverse tecniche di ricerca a
discrezione delle condizioni di opportunità e coerenza ritenute dal ricercatore (Cardano, 2003;
Marzano, 2006). Mi riserverò quindi di usare una combinazione di soluzioni specifiche (Beaud e
Weber, 2003) come l’osservazione partecipante e/o le interviste narrative (Poggio, 2004), a seconda di
come evolveranno le relazioni con il campo di ricerca.
Ritengo particolarmente importante coniugare una sensibilità rivolta ad osservare e
comprendere le pratiche degli attori mentre esse sono svolte nei contesti a loro familiari e teatro
quotidiano del loro agire, con un’attenzione specifica rivolta alle parole e alle narrazioni di queste
persone. La scelta di privilegiare un approccio narrativo è legata alla volontà di concentrarsi sulla
persona e sull’interpretazione della propria biografia (Bertaux, 1997) per ricostruire le motivazioni e il
senso che viene dato alle azioni svolte e alle situazioni affrontate. Per questo motivo, dato che l’oggetto
della ricerca è rivolto a come le persone si confrontano e gestiscono il continuum soggettivitàassoggettamento, si ritiene questo strumento utile per indagare la visione soggettiva e per dare voce alle
riflessioni delle persone. Ciò verrà svolto anche nell’ottica di considerare la dimensione più ampia,
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relazionale e collettiva degli attori considerati. Per indagare nel campo delle soggettività, ritengo
indispensabile ascoltare i racconti e far emergere le visioni personali delle persone facenti parte
dell’economia informale. Lasciare spazio alla narrazione del sé diviene infatti una forma di conoscenza
(Czarniawska, 1998), che consente di focalizzarsi tanto sul singolo come soggetto dell’azione, quanto
sulle pratiche e le strategie che connettono i soggetti a dimensioni più generali dell’agire sociale e che
contribuiscono a creare un “sentire comune” tra gli attori protagonisti della ricerca.
A tal fine, in un primo momento, mi concentrerò sul contesto dell’economia informale. La
prima attività che verrà intrapresa sarà dedicata allo studio della letteratura esistente, a partire dai nuclei
problematici che si intendono affrontare. Si prenderà in considerazione una bibliografia
specificatamente indirizzata a riflessioni teoriche riguardanti le trasformazioni delle forme del lavoro
ed in particolare quelle dedicate all’analisi delle conseguenze sociali dei nuovi assetti capitalistici
contemporanei (Boltanski e Chiapello, 1999; Fumagalli, 2007; Chicchi e Roggero, 2009). La questione
dell’economia informale sarà uno dei nuclei tematici della rassegna bibliografica e, in questo ambito,
intendo fare maggiore riferimento a quelle ricerche che si sono occupate delle forme lavorative
relazionali ed organizzative in contesti di economia informale (Bourgois, 1995; Venkatesh, 2006; Ram,
Edwards e Trevor, 2007). Quest’attenzione al mondo dell’informalità verrà declinata anche nella
situazione specifica in Francia ed in particolare all’interno del contesto dei quartieri popolari delle
banlieue parigine (Lepoutre, 1999; Burgi, 2006; Wacquant, 2006) e verso il mondo degli artisti in
perenne confronto con precarietà amatorialità ed informalità della propria attività (Guilloteau, 2007;
Corsani e Lazzarato, 2008). Un’altra direzione bibliografica è quella legata alla riflessione attorno alle
modalità di costituzione della soggettività intesa come espressione della propria volontà ed influenzata
dalle relazioni con gli altri. (Lazzarato, 2004; Bertho, 2008; Demichelis e Leghissa, 2008).
La scelta di utilizzare l’approccio della Grounded Theory, basato sul progressivo disvelamento
di idee ed intuizioni, comporta l’impossibilità di formulare ex ante delle ipotesi di ricerca in forma
precisa. Le categorie di analisi si svilupperanno perciò a partire dal lavoro sul campo e
dall’organizzazione dei primi materiali raccolti, e sarà la loro “saturazione (Glaser e Strauss, 1967) a
strutturare più analiticamente le ipotesi della ricerca.
Per quanto riguarda i meccanici di strada, intendo prioritariamente individuare le aree dove essi
operano ed in seguito, attraverso l’aiuto di conoscenti residenti in questi quartieri (in qualità di
gatekeeper), intendo procedere all’osservazione delle attività quotidiane dei meccanici di strada e
all’approfondimento delle loro situazioni personali. Fondamentale sarà lo sviluppo di una serie di
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contatti e rapporti diretti con tali gruppi, per poter ascoltare e comprendere i significati e il senso che
essi attribuiscono alle proprie azioni ma anche le aspettative, le difficoltà e i sentimenti rivolti alla
propria quotidianità e ai rapporti con gli altri.
Per quanto riguarda le scultrici-decoratori è invece l’esercitare una certa attività, più che il territorio
d’azione, il comune denominatore. Per questo motivo intendo procedere attraverso uno sviluppo
progressivo di contatti che, dopo aver raggiunto le prime relazioni con le scultrici-decoratori
incontrate, si evolverà grazie alle reti di conoscenza e di prossimità (ad esempio la condivisione di
atelier collettivi).
La ricerca sul campo sarà accompagnata dalla stesura delle note di campo che mi
permetteranno di tenere traccia delle forme tipiche dell’agire in contesti di economia informale e
porteranno al progressivo emergere di ulteriori tematiche e problematiche.
Ritengo quindi fondamentale dedicare un periodo di circa un anno alla ricerca sul campo (dicembre
2010 – settembre 2011). Tale scelta è legata all’importanza di essere presenti sul territorio per
condividere lo spazio attraversato dalle persone protagoniste della ricerca e seguirne l’evolversi.
Considerazioni conclusive
Questo progetto di ricerca intende occuparsi di come si costituiscono gli intrecci tra soggettività ed
assoggettamento in un mondo sempre più caratterizzato da processi estensivi di individualizzazione e
interiorizzazione diffusa della responsabilità.
La scelta di considerare l’ambiente dell’economia informale è quindi funzionale a poter osservare le
traiettorie di vita di chi “sceglie” (e sondare l’autenticità di tale scelta sarà necessariamente uno dei
punti di approfondimento della ricerca) di confrontarsi permanentemente con la responsabilità e
l’incertezza delle proprie scelte e delle proprie azioni. La precarietà diffusa nei rapporti lavorativi e
nelle condizioni di retribuzione all’interno dell’economia informale è strutturale: spetta dunque ai
singoli elaborare una serie di soluzioni, composte da azioni, decisioni e tattiche (De Certeau, 1990), per
poter garantirsi una continuità di reddito di sussistenza.
Grazie al prisma dei due casi considerati, si potranno delineare i tratti delle modalità di vita qui esistenti
e avviare dunque una riflessione analitica volta a vagliare le forme e gli intrecci dei processi di
costruzione della soggettività presenti nell’economia informale.
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