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Diabetologia: Hot Topics dai congressi 2013
L’approfondimento sulle novità dell’anno
Le complicanze cardiovascolari nel paziente
diabetico: dalla fisiopatologia alla clinica
Anna Leonardini, Francesco Giorgino
Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna,
Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche
Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Bari
Un servizio di aggiornamento scientifico realizzato con il contributo non condizionante di
Diabetologia: Hot Topics dai congressi 2013
Diabetologia: Hot Topics dai congressi 2013
L’approfondimento sulle novità dell’anno
Le complicanze cardiovascolari nel paziente diabetico:
dalla fisiopatologia alla clinica
Anna Leonardini, Francesco Giorgino
Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia,
Andrologia e Malattie Metaboliche
Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Bari
Esistono numerosi studi epidemiologici che riportano una relazione indipendente tra il diabete e
l’aterosclerosi. Il diabete è associato a una mortalità cardiovascolare che è da due a quattro volte
maggiore rispetto alla popolazione non diabetica, e l’aspettativa di vita delle persone affette da
questa patologia è ridotta di 5-10 anni. L’alta prevalenza della malattia aterosclerotica nel diabete è
spiegata, in parte, dall’aumentata frequenza dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare; tra
questi la dislipidemia e l’ipertensione giocano un ruolo particolarmente rilevante. Tra le anomalie
dei lipidi, bassi livelli di HDL (high-density lipoproteins) e alti livelli di trigliceridi rappresentano i più
riproducibili e specifici fattori predittivi di patologie cardiovascolari per i pazienti con diabete di tipo
2. Tuttavia, vi è una chiara evidenza che l’alto rischio cardiovascolare non è completamente
spiegato dai “classici” fattori di rischio e potrebbe essere legato, almeno in parte, agli effetti diretti
del diabete. Infatti, già nel 1993, lo studio MRFIT (Multiple Risk Factor Intervention Trial) (1), ha
dimostrato che a parità degli altri fattori di rischio (ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta e
ipercolesterolemia) i soggetti con diabete hanno una probabilità almeno doppia di morire per
malattia cardiovascolare rispetto a coloro che non ne sono affetti. E’ ovvio che se il diabete di per
sé è un fattore di rischio indipendente per l’insorgenza di macroangiopatia, l’iperglicemia, che ne è
l’elemento caratterizzante, è ritenuta uno dei fattori chiave di questa relazione. Dati epidemiologici
supportano l’associazione tra iperglicemia e aterosclerosi, anche se essa non è così forte come
per le complicanze microvascolari. Da alcuni anni, sono entrati a far parte dell’armamentario terapeutico del diabetologo i farmaci
basati sull’azione delle incretine, e cioè gli agonisti del recettore del glucagon-like peptide-1 (GLP1) e gli inibitori della dipeptidil-peptidasi-4 (DPP-4), l’enzima che degrada il GLP-1 e il glucosedependent insulinotropic polypeptide (GIP). Questi farmaci sono ampiamente utilizzati nel
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1 trattamento del paziente con diabete di tipo 2, quando la metformina e/o gli altri ipoglicemizzanti
orali non sono in grado di assicurare un adeguato controllo glicemico, per il loro effetto di
correzione della iperglicemia, solitamente non associato a rischio di ipoglicemia e con effetti
favorevoli sul controllo del peso corporeo.
Numerose evidenze dimostrano che il GLP-1 e i suoi analoghi hanno effetti benefici sul peso
corporeo, sulla pressione arteriosa e sul profilo lipidico, che rappresentano tre tra i più importanti
fattori di rischio cardiovascolare. E’ stato anche osservato che il GLP-1 e le molecole GLP-1mimetiche possono migliorare i livelli di biomarcatori dell’infiammazione, contribuendo
verosimilmente a un profilo di espressione genica più favorevole a livello endoteliale (2). Il
potenziale effetto di protezione cardiovascolare sembra più tipico degli analoghi del GLP-1 per la
loro capacità di agire sul recettore specifico e per gli effetti di riduzione del peso corporeo e della
massa grassa corporea; tuttavia, anche per gli inibitori della DPP-4 esistono evidenze di un
possibile effetto protettivo sulla funzione cardiaca nell’uomo. E’ interessante notare che gli effetti
degli inibitori del DPP-4 potrebbero estendersi ben oltre lo scenario della regolazione delle
incretine. Infatti, l’enzima DPP-4 è responsabile fisiologicamente della proteolisi di una serie di
substrati non incretinici, quali citochine, peptidi, molecole coinvolte nell’infiammazione,
nell’angiogenesi e nella regolazione immunitaria, e dunque l’inibizione della DPP-4 può modulare
una serie di fenomeni biologici con notevoli ricadute sulla funzione cardiovascolare. Ad esempio,
l’inibizione della DPP-4 sembra modulare la mobilizzazione delle cellule progenitrici endoteliali che
giocano un ruolo importante nei processi di omeostasi e di rigenerazione vascolare attraverso la
regolazione del fattore di derivazione stromale cellulare (SDF)-1α (3). La regolazione di questi
processi biologici apre prospettive nuove per considerare terapie finalizzate non solo alla
correzione delle alterazioni metaboliche, ma anche potenzialmente alla prevenzione delle
complicanze cardiovascolari (Tabella 1).
Nonostante l’impiego clinico corrente di questi farmaci e la conoscenza dei principali effetti del
GLP-1 sul pancreas endocrino e su altri organi, molti aspetti relativi al meccanismo di azione del
GLP-1 restano ancora da chiarire, e questa considerazione riguarda sia gli effetti sulla correzione
dell’iperglicemia che gli effetti cosiddetti extraglicemici.
E’ noto che l’asse incretinico comprende il recettore del GLP-1, il recettore del polipeptide
insulinotropico glucosio-dipendente e l’enzima DPP-4, ed è ampiamente espresso nel sistema
cardiovascolare: precedenti lavori hanno suggerito che il legame del GLP-1 col suo recettore, sia
nei cardiomiociti sia nelle cellule endoteliali, determina un miglioramento nella sopravvivenza e
nelle funzioni cellulari. Tuttavia non sono completamente noti i meccanismi responsabili di questi
effetti. I lavori scientifici che sono stati presentati nei due meeting annuali più importanti in ambito
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2 diabetologico, rispettivamente dell’American Diabetes Association (ADA) e dell’European
Association for the Study of Diabetes (EASD), hanno illustrato alcuni aspetti nuovi che si
riferiscono al meccanismo di azione degli agonisti del recettore del GLP-1 (exenatide, liraglutide,
lixisenatide) e degli inibitori della DPP-4 (sitagliptin, vildagliptin, saxagliptin, linagliptin) a livello
dell’apparato cardiovascolare.
Per quanto riguarda gli effetti protettivi vascolari degli inibitori della DPP-4, i più recenti lavori
dimostrano la capacità di questi farmaci di prevenire o rallentare i processi aterosclerotici. La
somministrazione in modelli sperimentali murini del vildagliptin (4) per via orale e la
contemporanea infusione per via sottocutanea dell’antagonista del recettore del GLP-1, l’Ex-9 e/o
dell’antagonista del recettore del GIP, il (Pro3)GIP, ha dimostrato che il vildagliptin svolge
un’azione antiaterosclerotica in larga arte mediata dall’azione delle due incretine. Comunque, una
riduzione parziale delle lesioni aterosclerotiche si osservava anche quando venivano bloccati
entrambi i recettori incretinici: questo dimostrerebbe che il vildagliptin di per sé ha un parziale
effetto antiaterogenico indipendente dal recettore del GLP-1 e del GIP.
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3 E’ stato in parte anche chiarito come gli analoghi del GLP-1 siano in grado di modulare la
disfunzione endoteliale: la liraglutide ridurrebbe la disfunzione endoteliale indotta dalle citochine
infiammatorie e dall’iperglicemia modificando l’espressione delle molecole di adesione VCAM e
ICAM da parte delle cellule endoteliali e l’adesione dei monociti all’endotelio (5). E’ stato proposto
che sia la proteina AMPK a mediare l’effetto benefico del GLP-1 (6). AMPK rappresenta un target
terapeutico per la prevenzione della malattia cardiovascolare grazie ai suoi effetti sul metabolismo
lipidico, sulla riduzione dell’infiammazione e di altri eventi proaterogenici nelle cellule vascolari. Il
GLP-1 aumenta la concentrazione di calcio intracellulare e l’attivazione transitoria di AMPK in
cellule endoteliali HAEC; ciò condurrebbe ad una riduzione dell’infiammazione evidenziata
dall’incrementata espressione di VCAM, ICAM e TNF-alfa indotti dall’iperglicemia, dall’esposizione
ai lipolisaccaridi e dalle citochine proinfiammatorie. Tuttavia, ulteriori studi saranno necessari per
determinare se gli effetti del GLP-1 sono attribuibili ad AMPK o se vi sono meccanismi addizionali
che lavorano in sinergia.
Anche il saxagliptin sembra svolgere un’azione protettiva a livello cardiovascolare proteggendo la
vitalità delle cellule endoteliali da stimoli proapoptotici ed infiammatori. L’esposizione delle cellule
HUVEC al palmitato (7) determina una ridotta fosforilazione di Akt, un incremento dell’espressione
delle molecole di adesione ICAM1 e del mediatore proapoptotico Bax e si associa a un incremento
dell’apoptosi cellulare. Il pretrattamento con il saxagliptin ripristina la fosforilazione di Akt e abroga
completamente l’apoptosi indotta dal palmitato. Il pretrattamento con l’antagonista del recettore del
GLP-1, l’exendin(9-39), non modifica la capacità del saxagliptin di prevenire l’apoptosi indotta dal
palmitato. Quindi le azioni del saxagliptin si verificherebbero indipendentemente dal recettore del
GLP-1. Questi dati suggeriscono che il saxagliptin potrebbe promuovere la sopravvivenza cellulare
attraverso l’incremento della disponibilità di peptidi diversi dal GLP-1 o comunque con meccanismi
indipendenti dall’attivazione del recettore del GLP-1. Risultati analoghi sono stati ottenuti in cellule
progenitrici cardiache isolate dal cuore umano (7). Queste cellule hanno la capacità di proliferare
indefinitamente e di differenziarsi nelle principali linee presenti nel tessuto miocardico maturo
(miocardiociti, cellule muscolari lisce, cellule endoteliali). Pertanto, esse rappresentano un
fondamentale mediatore della capacità del cuore di reagire e di ricostituirsi in seguito a danno
indotto dall’ischemia o da fattori metabolici. A conferma dei dati in vitro sugli effetti protettivi del
saxagliptin, sempre al meeting dell’EASD, uno studio condotto in vivo (8) ha mostrato la capacità
di questo inibitore della DPP-4 di migliorare la funzione ventricolare sistolica e diastolica dopo
infarto in un modello di diabete tipo 1 contrariamente alla liraglutide che non mostrava effetti
protettivi. Questi risultati suggeriscono che effetti GLP-1-indipendenti, come il potenziamento
dell’SDF-1α, potrebbe essere responsabile degli effetti cardioprotettivi conseguenti alla inibizione
della DPP-4.
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4 Alla base del possibile effetto protettivo nei confronti degli eventi cardiovascolari maggiori,
attribuito alle terapie con gli analoghi del GLP-1 vi potrebbe essere la capacità dell’exendin-4 di
contrastare il meccanismo intracellulare che media l’apoptosi cellulare indotta dal palmitato e che
coinvolge l’aumento della via biosintetica delle ceramidi e l’attivazione della stress-chinasi JNK (9).
E’ stato dimostrato che in presenza di palmitato, le cellule progenitrici cardiache vanno incontro ad
apoptosi, e questo potrebbe ridurre il potenziale rigenerativo del miocardio. Attraverso la
modulazione di JNK l’exendin-4 è in grado di contrastare l’effetto proapoptotico degli acidi grassi
saturi e di aumentare la sopravvivenza delle cellule progenitrici cardiache umane.
A conferma di questo ruolo protettivo degli analoghi del GLP-1 sul cuore, al meeting dell’ADA un
gruppo di ricerca ha dimostrato l’effetto protettivo della lixisenatide in un modello sperimentale di
infarto del miocardio, indotto dalla legatura permanente dell’arteria coronarica discendente
anteriore (10). Quattro settimane dopo l’induzione dell’infarto, gli animali di controllo mostravano
una significativa riduzione globale dei parametri cardiaci con peggioramento della contrattilità
sistolica, alterata funzione diastolica e incremento significativo della mortalità. La somministrazione
giornaliera di lixisenatide migliorava invece i parametri cardiaci. Questo studio conferma l’efficacia
della lixisenatide nel proteggere dal danno da ischemia-riperfusione nel ratto ed estende l’evidenza
dell’effetto cardioprotettivo anche in presenza di infarti più severi in modelli sperimentali con
occlusione permanente delle arterie coronarie.
Infine, è stata ulteriormente rinforzata la sicurezza delle terapie basate sulle incretine dal risultato
di due studi clinici sulla safety cardiovascolare, il SAVOR-TIMI 53 (11) e l’EXAMINE (12). Questi
due grandi trial di intervento hanno utilizzato due inibitori della DPP-4, il saxagliptin (nel SAVOR) e
l’alogliptin (nell’EXAMINE), per valutarne la sicurezza cardiovascolare: entrambi i trial hanno
dimostrato una sostanziale neutralità, cioè una sicurezza a livello di rischio cardiovascolare.
L’unico dato che dovrà essere ancora oggetto di ulteriori valutazioni è che nello studio SAVOR è
stato osservato un piccolo numero di casi di ospedalizzazione per scompenso cardiaco, in eccesso
rispetto al gruppo di controllo, ma senza che questa condizione un aumentato rischio di mortalità.
Nello studio EXAMINE tra l’altro, erano stati reclutati pazienti con una diagnosi recente di sindrome
coronarica acuta. I dati di sicurezza relativamente a questa nuova categoria di farmaci sono quindi
oggi più solidi e forniscono una sostanziale indicazione di sicurezza anche per quanto riguarda il
rischio cardiovascolare. Un aspetto, quest’ultimo, che verrà ulteriormente esplorato e valutato nel
prossimo futuro da altri studi sulla safety cardiovascolare in corso, come ad esempio lo studio
LEADER (con liraglutide), l’EXCEL (con exenatide LAR), l’ELIXA (con lixisenatide), il CAROLINA
(con linagliptin) e il TECOS (con sitagliptin). Relativamente al linagliptin, al 73° meeting annuale
dell’ADA tenutosi nel giugno scorso a Chicago, sono stati annunciati i risultati di una prima analisi
degli studi di fase III dai quali è emerso che il trattamento con linagliptin non è associato ad
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5 aumento del rischio di eventi cardiovascolari nel trattamento di pazienti affetti da diabete di tipo 2,
rispetto ad altri farmaci di confronto (placebo, glimepiride e voglibose) (13). Nello specifico, 19
centri hanno partecipato allo studio in doppio cieco per più di tre mesi. L’endpoint primario era
rappresentato da un composito di morte per cause cardiovascolari, ictus non fatale, infarto del
miocardio non fatale e ospedalizzazione per angina pectoris instabile. Sono stati anche valutati
altri endpoint secondari e terziari cardiovascolari. Di 9459 pazienti, 5847 sono stati affidati al
gruppo linagliptin e 3612 al gruppo controllo. L’outcome primario si è realizzato in 60 soggetti del
gruppo linagliptin e 62 del gruppo controllo: pertanto l’incidenza dell’endpoint primario è inferiore
nel gruppo linagliptin rispetto a quello di controllo.
Tutti questi dati, ottenuti in modelli sperimentali animali e in studi clinici in fase avanzata o
recentemente conclusi, mettono in risalto il potenziale di protezione degli analoghi del GLP-1 e
degli inibitori della DPP-4 sul sistema cardiovascolare, sebbene a fronte di dati clinici che non
hanno ad oggi dimostrato una evidente capacità di prevenire gli eventi cardiovascolari e la
mortalità per cause cardiovascolari. Gli agonisti del recettore del GLP-1 e gli inibitori della DPP-4
controllano l’iperglicemia ma possiedono anche effetti diretti sulle cellule vascolari e cardiache ed
effetti indiretti su importanti fattori di rischio cardiovascolari (eccesso di peso, ipertensione
arteriosa, alterazioni lipidiche – in particolare gli agonisti del recettore del GLP-1). Ad oggi gli
analoghi del GLP-1 e gli inibitori della DPP-4 non sono indicati per la prevenzione primaria della
malattia cardiovascolare nel diabete di tipo 2. Gli studi a lungo termine, in corso di svolgimento,
specificamente disegnati per la valutazione di endpoint cardiovascolari (quali ad esempio la morte
da cause cardiovascolari e l’infarto del miocardio non fatale), permetteranno di stabilire se le
terapie basate sulle incretine possiedono caratteristiche farmacologiche e cliniche utili per
realizzare un intervento multifattoriale nel diabete di tipo 2.
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