La crisi finanziaria internazionale e i suoi riflessi sullo Stato regolatore: La crisi finanziaria internazionale scoppiata nell’agosto del 2007 ha avuto significative ripercussioni nell’economia e nelle politiche degli stati, in quanto questi si sono dovuti adoperare per ovviare ad una serie di problemi quali il rischio di recessione, la regolamentazione dei mercati finanziari, il sovraindebitamento, la crescente disoccupazione, la riduzione del PIL, la stagnazione dell’economia, problemi che hanno assunto dimensioni internazionali e costretto lo Stato istituzione ad adeguarsi a situazioni nuove non previste, o previste con modi e tempi molto diversi da quelli che si son verificati, mediante politiche diverse. Si analizzano cause e conseguenze della crisi finanziaria internazionale del ’29, osservando come gli Stati Uniti si siano mossi per uscire da una situazione nuova e mai vista prima, passando poi agli effetti di tale crisi in Italia, vedendo come i due paesi abbiano cercato di uscire da una crisi economica, mediante quali politiche, e le conseguenze di queste. Crisi finanziarie di varia natura sono succedute a quella del ’29, non correlate, e ovviamente di portata minore rispetto alla crisi attuale o a quella del 2007 considerando la dimensione internazionale. Le casse di risparmio degli Stati Uniti nel 1986, i paesi scandinavi nello stesso anno, il Messico nel 1994, il Sud-est asiatico nel 1997, l’Argentina nel 2001 sono i fatti storici analizzati e comparati, per vedere quali cause generarono tali crisi, quali conseguenze portarono, e quali politiche adottarono gli stati per uscire dalla situazione di difficoltà. La situazione di difficoltà economica odierna è figlia di svariate cause, ma ha come padre principale la crisi che ha colpito il settore finanziario nel 2007, nata negli Stati Uniti con la crisi dei mutui subprime, dove il governo americano ha scelto la strada dell’intervento diretto per scongiurare il crollo nel baratro, nazionalizzando istituti bancari e di credito, dando aiuti economici, abbandonando il classico approccio liberista al mercato. Tra le varie cause di questa crisi non vanno sottovalutate le responsabilità delle agenzie di rating che hanno fornito valutazioni non veritiere figlie, tra le altre cose, di loschi interessi. Non tutti i paesi sono stati colpiti allo stesso modo, anche se tutti sono coinvolti in quanto le diverse economie, direttamente o indirettamente, sono collegate. Le nazioni maggiormente provate dalle conseguenze, per motivi diversi, sono il Portogallo, l’Irlanda, la Grecia e la Spagna, chiamate con l’acronimo PIGS. Tratti simili si evidenziano nella gestione di problemi comuni da parte dei singoli stati, ma anche soluzioni diverse dettate da conseguenze alla crisi aventi ragioni, cause, e implicazioni differenti. Non troppo distante dai paesi PIGS c’è l’Italia schiava del suo enorme debito pubblico che per cercare di non affondare ha dovuto modificare scelte politiche e linee guida del Paese. Il fenomeno ha una portata internazionale, ed internazionali sono gli interlocutori, come l’Unione Europea che, nello specifico, ha usufruito dei suoi poteri in ambito fiscale creando un insieme di norme, quelle relative al patto di stabilità e crescita e al patto di stabilità e convergenza aventi il fine di coordinare le politiche di bilancio all’interno dell’Unione economica e monetaria. Interlocutore protagonista è lo Stato tedesco, il quale ha un ruolo determinante nella direzione verso cui far andare il futuro dell’economia, sia di singoli stati, che internazionale. La crisi finanziaria internazionale ha avuto vari riflessi sullo Stato regolatore, obbligandolo quasi ad intervenire sulla propria economia, accantonando per il momento un approccio più liberista, per cercare di trovare risposte a problemi che ad oggi paiono di difficile soluzione.