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L'esperienza: quando diventa fattore di formazione e di sviluppo
di Renato D. Di Nubila e Monica Fedeli
Ecco finalmente, grazie all'importante lavoro di ricerca di Renato Di Nubila e del suo
gruppo, un compendio utile allo studente in scienze della formazione per orientarsi meglio in quella
multiforme costellazione di associazioni semantiche che l'aggettivo "esperienziale" genera quando
viene attribuito a termini quali "formazione", "apprendimento" o "sapere".
Dopo un breve accenno di Mino Conte alle diverse letture che la filosofia dell'educazione ha
sviluppato del concetto di "esperienza", e il richiamo, da parte di Renato Di Nubila, delle varie
tappe che hanno puntuato l'evoluzione di questo concetto nel campo delle pratiche formative,
l'opera si articola in due grandi sezioni: la prima, elaborata da Renato Di Nubila con l'ausilio di
alcuni suoi collaboratori, propone una sistematizzazione articolata delle diverse correnti di pensiero
che maggiormente hanno contribuito alla promozione dell'apprendimento esperienziale, inteso sia
come oggetto di studio e di teorizzazione che come principio guida nel campo delle pratiche
formative; la seconda, a cura di Monica Fedeli, illustra una serie di interventi formativi concreti
proposti come strategie esemplari di questa forma particolare di apprendimento.
Nella prima sezione si dà ampio spazio all'opera di David Kolb, della quale vengono
presentati i principali aspetti nonché i filoni concettuali che l'hanno ispirata. Fra questi, l'Autore ne
individua tre principali che fanno capo ad altrettanti grandi nomi della psicopedagogia moderna:
John Dewey, Kurt Lewin e Jean Piaget. L'analisi dell'opera di Kolb serve anche come filo
conduttore per richiamare e situare, rispetto a quella, alcuni autori di rilievo che hanno anch'essi
contribuito in modo significativo – sia pur in tempi, in modi e con assunti ideologici diversi – alla
promozione dell'apprendimento esperienziale: Paulo Freire, Karl Rogers, Donald Schön. La prima
sezione si conclude poi con un'analisi delle principali pratiche formative attuali che si ispirano
all'apprendimento esperienziale, sottolineandone in particolare la necessità di prevedere nel loro
impianto uno spazio consacrato alla riflessione, sia individuale che gruppale, sull'esperienza
effettuata.
La seconda sezione si apre con una sorta di diario di bordo ragionato che Monica Fedeli ha
elaborato a proposito di un suo recente viaggio di studio presso diverse istituzioni universitarie e
centri di ricerca della East Coast statunitense particolarmente attivi nel campo della formazione
esperienziale. In questa sua analisi, l'Autrice sottolinea come nella cultura di quella regione vi è di
fatto assai diffusa la convinzione che l'esperienza concretamente vissuta possa costituire
un'occasione di formazione altrettanto legittima che le altre forme di apprendimento strutturato in
vigore nelle istituzioni educative, e come ciò possa costituire un terreno predisposizionale
particolarmente favorevole all'implementazione di pratiche formative esperienziali a diversi livelli e
in diversi ambiti della società. Vengono poi presentate due ricerche empiriche effettuate su due
campioni di operatori implicati a diverso titolo in attività formative, l'uno in Svezia e l'altro in Italia,
e dal loro confronto emerge tra l'altro – come prevedibile – una maggior diffidenza nei confronti
dell'apprendimento esperienziale presso il campione italiano. Sulla base di questi dati e
dell'esperienza statunitense, Monica Fedeli propone allora una sorta di scheda argomentata su come
dovrebbe delinearsi il profilo del "formatore esperienziale-riflessivo". Nella sua ultima parte, la
seconda sezione propone un certo numero di testimonianze che illustrano degli esempi significativi
di formazione esperienziale, riferiti soprattutto alle diverse declinazioni delle metafore teatrale e
sportiva. Conclude il volume una breve ma toccante testimonianza di una giovane studentessa
miracolosamente sopravvissuta al terremoto dell'Aquila dell'aprile 2009: in questa sua nota
autobiografica Marta Valente racconta con vivida precisione i numerosi apprendimenti che l'hanno
arricchita in occasione di quella tragica esperienza.
Complessivamente, questo volume si iscrive bene nel filone che da tempo caratterizza i
lavori pubblicati da Di Nubila e il suo gruppo: opere multiformi costruite integrando interventi di
diversa natura e di più autori, in modo da offrire al lettore – soprattutto studente, ma anche
operatore già inserito nella pratica formativa – più percorsi possibili di studio, in funzione degli
specifici interessi individuali. La ricca bibliografia corredata da un'interessante sitografia
costituisce un utile strumento di lavoro per chi volesse proseguire autonomamente in questo ambito
di ricerca. Ma uno dei meriti principali di quest'opera è indubbiamente quello di rendere accessibile
allo studente soltanto italofono l'opera di David Kolb che, essendo già disponibile in lingua inglese
da ormai un quarto di secolo – assume un valore storico preciso.
Gli Autori dichiarano esplicitamente più volte e sin dall'inizio dell'opera di volersi riferire in
primo luogo agli apporti statunitensi riguardo la problematica dell'apprendimento esperienziale: non
ci si può quindi lamentare se in effetti è essenzialmente in quest'ottica che questo argomento viene
qui presentato. Giudiziosamente però Di Nubila non dimentica di accennare, anche se di sfuggita,
al contributo determinante che studiosi europei, soprattutto francofoni, vi hanno apportato, citando
quel documento ormai storico sulla formazione esperienziale dell'adulto elaborato per il governo
francese da Bernadette Courtois e Gaston Pineau nel 1991. In esso si trovano infatti raccolti
importanti interventi programmatici delle maggiori personalità che da ormai quasi mezzo secolo
contribuiscono allo sviluppo di questa problematica in Europa e in Canada, come ad esempio, oltre
ai curatori stessi: Guy Bonvalot, Pierre Dominicé, Marie-Christine Josso, Edmée Ollagnier, Pierre
Vermersch. Peraltro, nel contributo di Emilio Rago sulla formazione esperienziale basata sulla
metafora teatrale sono citati altri riferimenti ad autori francofoni che hanno apportato un contributo
di rilievo nella promozione di queste pratiche.
Il richiamo poi sul quale più volte insiste Di Nubila alla necessità di promuovere una
consapevole epistemologia della pratica contribuisce a bilanciare il commento sulle radici
piagetiane del pensiero di Kolb. Di Jean Piaget infatti la maggior parte degli autori americani
ricordano soprattutto la teoria degli stadi dello sviluppo cognitivo del bambino, allorché sono
piuttosto i suoi lavori di epistemologia genetica ad offrire i riferimenti più pertinenti riguardo la
problematica dell'apprendere dall'agire – come noi stessi, con Donata Fabbri, abbiamo dimostrato
con la nostra Epistemologia Operativa da ormai più di trent'anni, sia pur con approcci e tematiche
diverse.
Infine, è interessante notare come la trattazione che viene qui proposta del Work-Related
Learning vada a confermare i princìpi teorico-metodologici che sottendono il Progetto PARIMUN,
iniziativa che proprio l'Università di Padova ha promosso con notevole successo da ormai tre anni
nell'ambito della formazione Magistrale in Scienze della Formazione Continua – alla quale
validamente contribuisce lo stesso Di Nubila – e che costituisce un'esperienza particolarmente
esemplare di questo moderna declinazione dell'apprendimento esperienziale in ambito universitario.
In conclusione, questa nuova importante e necessaria pubblicazione di Di Nubila e del suo
gruppo può costituire un utile strumento di studio per elaborare una visione critica articolata di
questo terreno dove già si intrecciano numerosi sentieri di pratiche assai diverse ed eterogenee fra
loro, ma non ancora sono sufficientemente presenti i riferimenti teorici e i suggerimenti
metodologici che opere come questa sono in grado di apportare.
Alberto Munari
Gennaio 2012
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