EDOARDO ALDO CERRATO, C. O. Vescovo di Ivrea Omelia della Messa in onore del S. Martire Ippolito Festa Patronale, Bardonecchia, 13 Agosto, 2015 Carissimi Fratelli e Sorelle, sia lodato Gesù Cristo! 1. Essere qui a celebrare con voi la festa di sant’Ippolito martire è una grande gioia per un duplice motivo: innanzitutto perché partecipo alla festa patronale della vostra Comunità della quale oggi sono ospite, ma, poiché tutti apparteniamo, quale che sia il luogo in cui viviamo, alla Chiesa «Una, Santa, Cattolica ed Apostolica» che professiamo nel Credo, mi sento parte anche della vostra comunità, ricordando la parola dell’Apostolo: “Non ospiti e stranieri ma concittadini dei santi”; l’altro motivo e che sant’Ippolito è compagno di vita e di martirio di altri santi – Maurizio, Besso, Tegolo, Giovenale, Costanzo,Vitale, Vittore, Celestino, Solutore, Sulpizio…– che in varie comunità parrocchiali della mia diocesi sono venerati come patroni, e alcuni di essi anche come compatroni della diocesi stessa che ne venera le Reliquie in Cattedrale. 2. Noi guardiamo oggi a sant’Ippolito e a tutti i suoi santi compagni martiri, ascoltando quanto dice il Martirologio Romano, prezioso testo che sinteticamente presenta tutti i Santi della Chiesa: «Nell’antica Agauno nel Vallese, territorio dell’odierna Svizzera, santi martiri Maurizio e compagni della Legione Tebea, soldati, che, come riferisce sant’Eucherio di Lione, furono uccisi per Cristo sotto l’imperatore Massimiano, adornando la Chiesa con la loro gloriosa passione». Con le parole di un testo della Chiesa dei primi tempi, la Didaché, desidero dirvi, carissimi Fratelli e Sorelle: «Cercate ogni giorno il volto dei santi». E’ invito a tenere rivolto ad essi il nostro sguardo per avere l’intima gioia di vedere delle belle realizzazioni del Vangelo, e per ricordare il “compito” che il Signore ci assegna. Abbiamo un compito, infatti: un’opera da compiere: la nostra configurazione a Cristo dentro alla specifica vocazione di ognuno. Il cristiano è uno che si configura a Cristo, ne assume la forma, poiché Gli appartiene, è parte di Lui…, uno che può dire con san Paolo: «Membra sumus corporis eius, de carne eius et de ossibus eius», siamo membra del Suo corpo, siamo del Suo sangue e delle Sue ossa (Ef.5,30), e quindi: «mihi vivere Christus est»: vivere è Cristo; è Cristo la mia vita (Fil.1,21); «vivo io, non più io solo: Cristo vive in me e questa vita che io vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal.2,20). Gesù Cristo non è un’idea, è una Persona che ci viene incontro, una presenza viva che introduce nella nostra vita la novità che non possiamo darci: la possibilità di vivere la vita in un “di più”, in un «centuplo»: cento volte tanto in gusto, passione, appassionamento per la vita; la possibilità di conoscere e sperimentare la «perfetta letizia» di cui ha parlato san Giacomo nella II Lettura (Giac 1, che deriva – ci ha detto – non da un certo benessere, ma dalla «prova della fede» che «produce la pazienza», la costanza nell’impegno, e conduce alla vittoria, a ricevere «la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano». Dal rapporto di comunione con Cristo dentro al quale siamo chiamati a vivere tutto – ogni parola, ogni gesto, ogni scelta, ogni palpito del nostro cuore – scaturisce allora anche la missione che ad ognuno è data: annunciare agli altri ciò che io sto vivendo; un annuncio che è come il calore che promana da un corpo vivo… 2-4.12), 3. Guardiamo, dunque, Amici, al volto di sant’Ippolito e degli altri suoi compagni, intrepidi testimoni della fede cristiana, ai quali la pietà popolare si è sempre rivolta con particolare devozione nelle nostre terre piemontesi, ma non solo in esse. Non ne conosciamo i lineamenti fisici, ma conosciamo di lui e dei suoi compagni molto di più attraverso la legenda (che non è una “leggenda”, una favola, ma un testo da leggere; e la Chiesa da secoli lo legge come la fonte storicamente più attendibile sul martirio di quei soldati cristiani): la “Passio martyrum Acaunensium” attribuita a Sant’Eucherio di Lione, da noi conosciuta nella versione del IX secolo, ma già citata dal santo vescovo lionese in una lettera del 440, dove affermava che la tradizione orale era attestata da almeno un secolo, cioè da subito dopo il martirio di questi santi. Secondo questa narrazione, l’imperatore Massimiano Erculeo guidò un esercito per contrastare la rivolta di un gruppo di abitanti della Gallia, i Bagaudi, molti dei quali convertiti al cristianesimo; giunto nei pressi di Octodurum (l’odierna Martigny), oltre il passo del Gran San Bernardo, diede ordine ai suoi uomini di compiere un sacrificio in onore degli dei per impetrare il successo della spedizione. Un’unità dell’esercito imperiale era appunto la Legione Tebea, i cui membri erano stati reclutati nell’Egitto settentrionale ed erano cristiani. Essi rifiutarono fermamente, senza eccezioni, di sacrificare agli dei pagani e si ritirarono nella vicina Agaunum (l’odierna Saint-Maurice-enValais), guidati dal loro “primicerius” Maurizio. L’imperatore ordinò la decimazione. Eucherio attribuì loro queste parole, che, se anche non sono alla lettera quello che dissero, contengono però il senso della loro scelta: «Siamo tuoi soldati, Imperatore, ma anche servi di Dio. A te dobbiamo il servizio militare, a lui l’integrità e la salvezza, da te abbiamo percepito il salario, da lui il principio della vita [...]. Metteremo le nostre mani contro qualunque nemico, ma non le macchieremo col sangue degli innocenti [...]. Noi facciamo professione di fede in Dio Padre Creatore di tutte le cose e crediamo che suo Figlio Gesù Cristo sia Dio. Ecco deponiamo le armi [...] preferiamo morire innocenti che uccidere e vivere da colpevoli». Il culto di questi Ss. Martiri dal IV secolo, quando, per ospitarne le reliquie, fu edificata la basilica ancora oggi esistente, si diffuse rapidamente anche per un evento prodigioso accaduto in occasione della visita di san Martino di Tours: la terra iniziò a trasudare sangue che egli raccolse in ampolle per distribuirlo a varie chiese: due di esse sono venerate nella mia diocesi, nella chiesa di S. Giorgio Canavese. “Molti – ricorda Eucherio – giungevano da diverse province per onorare devotamente questi santi, e offrire doni d’oro, d’argento, e altri oggetti”, oggi conservati nel piccolo museo adiacente la basilica, presso la quale, 1500 anni fa, il 22 settembre 515, fu fondata l’Abbazia ancor oggi abitata dai monaci. 4. Carissimi Fratelli e Sorelle, sono risuonate poco fa tra noi le parole del Signore Gesù (Mt 10, «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». Parole forti, che scuotono la coscienza e ci indicano la via per sperimentare la vera pace, poiché non ci lasciano in una fasulla tranquillità mentre il pericolo di perderci incombe… 28-33): Oggi regna su di noi non un Imperatore, ma un «pensiero unico» che esercita il dominio sulla società, denunciato apertamente e più volte anche dal Santo Padre Francesco, il quale diceva, ad esempio il 10 aprile scorso: «Oggi se tu non pensi così [secondo i dettami di questo pensiero] non sei moderno, non sei aperto o peggio. Anche oggi c’è la dittatura del pensiero unico» che nel XX secolo «ha finito per uccidere tanta gente». E’ il «pensiero unico» già delineato con chiarezza all’inizio del ‘900, ad esempio da Robert Benson, nel romanzo “Il padrone del mondo” che lo stesso Papa Francesco recentemente ha invitato a leggere e di cui ha detto: «Quasi come fosse una profezia, Benson immagina cosa accadrà. Ha visto proprio quello spirito della mondanità che ci porta alla apostasia». I santi martiri, Amici, i martiri di tutti i tempi – quelli dei secoli cui appartengono Ippolito e i suoi compagni, e quelli di oggi, che muoiono uccisi in numero impressionante e in modi terribili – non sono stati e non sono “super-uomini”, ma uomini veri che in Dio hanno riconosciuto e riconoscono la fonte della vera libertà e nell’obbedienza a Lui l’autentica realizzazione della vita umana; uomini e donne, giovani e anziani, persino bambini, che hanno scelto di non rinnegare Cristo, sapendo che Cristo si rinnega non solo bruciando materialmente incenso agli idoli, ma anche piegandosi inerti a mentalità secolarizzate, spesso in contrasto con la santa Legge di Dio e con la stessa legge di natura, posta dal Creatore e Signore del cielo e della terra; mentalità che si oppongono alla Verità cristiana che afferma il valore trascendente della persona umana, il valore della famiglia fondata sul matrimonio, unione stabile di un uomo e di una donna, il valore della paternità e della maternità, della preziosa complementarietà della donna e dell’uomo, della preziosa distinzione dei due generi, riguardo ai quali valori tanto e chiaramente ha parlato Papa Francesco, quasi sempre silenziato, su questi temi, da chi ha il potere della comunicazione sociale. I nostri martiri, testimoni della fede cristiana, sono, al tempo stesso, anzi, proprio perché testimoni della fede, i testimoni del valore dell’essere umano, della sua dignità di creatura unica e irripetibile, del valore della vita! «Essi hanno vinto – abbiamo ascoltato da san Giovanni nella I Lettura (Apoc 12,10-12) – per mezzo del sangue dell’Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio; poiché hanno disprezzato la vita fino a morire»: hanno tenuto in conto la Verità più che la comodità, la vita eterna più che il fugace trascorrere degli anni di quella terrena. «Il diavolo – continua l’Apostolo – è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo». In alcune occasioni, in particolare, sembra proprio di vedere in atto questo suo furore, ma «Non abbiate paura, – ci ha detto il Signore – uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima». Il santo martire Ippolito, il suo sangue versato, la sua bella testimonianza di fede, la sua libertà di uomo che non si inginocchia se non a Dio, sia davanti ai nostri occhi, Amici. «Contemplate ogni giorno il volto dei santi»! Buona festa! Buona vita! Sia lodato Gesù Cristo!